MURI .
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Modellare Un Ritmo Interno Valentina Paticella Eleonora Peris
POLITECNICO DI MIL ANO
SCUOLA DEL DESIGN
Corso di Laurea Magistrale in Interior Design a.a. 2014/2015 M.U.R.I. Modellare Un Ritmo Interno Valentina Paticella matricola: 797357 Eleonora Peris matricola: 798169 relatore: Prof. Matteo Pirola
Valentina Paticella Eleonora Peris
MURI .
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Modellare Un Ritmo Interno
Relatore: Matteo Pirola
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
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MODELLARE UN RITMO INTERNO
LA DIVISIONE È barriera invalicabile ostacolo permeabile diaframma attraversabile parete dinamica muro statico
IL MURO E la sua pelle il suo abito
LA BARRIERA COME supporto abitabile supporto attrezzato supporto comunicativo
IL LIMITE NEL segno monodimensionale disegno bidimensionale
ALTRI MURI
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LA SEPARAZIONE COME FORMA D’AUTORE LA SEPARAZIONE nello sviluppo dimensionale nelle percezioni spaziali
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DIVISIONI PROGETTUALI
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CONCLUSIONI
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Modellare Un Ritmo Interno Barriere che si innalzano tra stati, muri che ci dividono, veli che ci proteggono. Cosa comporta la creazione di una separazione, come cambiano le relazioni spaziali e personali intorno ad essa? È nella natura dell’uomo separare, dividere ciò che è mio da ciò che è tuo, costruire continuamente muri senza mai abbatterli. Al giorno d’oggi le divisioni fisiche o intangibili sono ancora moltissime e in continuo aumento, per questo ci siamo volute interrogare sull’atto del separare, indagandone le diverse caratteristiche formali e spaziali. Quando parliamo di muro le prime immagini che ci vengono in mente sono per lo più negative e conferiscono ad esso un significato di isolamento, divisione e separazione. Tuttavia, a ben vedere, i muri ci proteggono, ci circondano e ci dividono passando spesso inosservati nella nostra quotidianità; li diamo per scontati, sono li e non si muovono e spesso non li riteniamo degni della nostra attenzione. In realtà hanno molto da raccontarci e da trasmetterci. Sono la base dell’architettura, della casa e dell’abitare, la separazione decisa e a volte intangibile tra le persone, la divisione fisica tra interno e esterno, tra pubblico e privato. Con la nostra tesi vogliamo capire la forza che essi assumono nella modifica degli spazi interni, il valore che acquisisce l’oltrepassare un limite, che sia segnato a terra o invisibile all’occhio, e come il loro innalzamento modifichi la percezione dello spazio e le relazioni personali.
“Se alzi un muro pensa a ciò che resta fuori!” 1
1- ITALO CALVINO, Il barone rampante, 1957
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“Di fronte alla casa a due piani, lungo la strada – quasi sempre deserta, perché finiva contro la ferrovia – c’era un muro; un bel muro di intonaco bianco, senza pubblicità, senza manifesti, anche senza graffiti. Era un muro calmo. Sopra quel muro spuntavano le cime di alti alberi verdi, alberi grandi, antichi, come sono gli alberi dei parchi. Si potevano anche vedere statue bianche appoggiate su una villa che spuntava lontano, colorata di rosa sbiadito. Doveva essere una grande villa antica. Dicevano che la villa era del “conte” e anche il parco. Grande mistero. Il muro, il parco, la villa, il conte: l’oscuro enigma di chi viveva chiuso dietro un muro alto e non si vedeva mai. Chi è il conte? Perché sta dietro il muro?” 2 Ci divide, ci ripara, ci protegge da tutto quello che sta fuori ma allo stesso tempo ci isola, ci fa sentire soli in un mondo ancora da scoprire. Ma alla fine un muro cos’è? È la parete della nostra camera, che ci ha accolto durante i temporali estivi, in un cantuccio che ci siamo scavati affidandoci a lei; sono le pareti della scatola dei giocattoli che quando eravamo piccoli ci sembravano barriere insormontabili, è una tenda che tiriamo quando non vogliamo essere disturbati, è un elemento che non permette al nostro corpo o al nostro sguardo di andare oltre. Una barriera. Una parete. Un foglio. Un muro.
2- ETTORE SOTTSASS, Scritto di notte, 2010
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“Il muro ha fatto del bene agli uomini: li ha protetti con il suo spessore e la sua forza. Ma ben presto, il desiderio di guardare fuori ha indotto gli uomini a praticare dei fori nelle murature. Il muro ne ha sofferto e ha detto: “Cosa mi stai facendo? Ti ho protetto, ti ho fatto sentire sicuro e tu ora mi fori!” Ma l’uomo ha risposto: “Non posso guardare fuori?! Vedo cose meravigliose e voglio guardare fuori”. Ma il muro ha continuato a sentirsi molto triste. L’uomo non ha fatto solo un foro nel muro; ha creato un’apertura per vedere, l’ha rifinita con pietre squadrate, l’ha sormontata con un architrave e il muro si è sentito meglio. Dall’ordine del fare un muro è derivato l’ordine del fare un muro con un’apertura. Successivamente, è arrivata la colonna, una sorta di ordine meccanico, che scandisce il vuoto e il pieno. Lo stesso muro ha così stabilito il ritmo delle aperture, ma la successione delle colonne e delle aperture lo ha trasformato.” 3 Che cos’è un muro oggi? Secondo la sua posizione ogni elemento può costituire un muro, che sia esso spesso ed insormontabile o leggero e fragile come un foglio di carta, è il modo con cui ci rapportiamo ad esso che determina la sua essenza. A più di cinquant’anni dalla posa della prima pietra del muro di Berlino, ancora oggi il mondo sembra inesorabilmente attraversato da tanti muri. Muri che dividono, esasperano le differenze, alimentano odi etnici e religiosi; muri che innalzano barriere tra le razze e i colori della pelle; muri che creano conflitti in ogni
3- MARIA BONAITI, L‘architettura è. Louis Kahn, gli scritti, 2002
parte del mondo. Ma i muri spesso ci circondano e ci proteggono passando inosservati nella nostra quotidianità; li diamo per scontati, sono lì, non si muovono e la maggior parte delle occasioni non li riteniamo degni della nostra attenzione. In realtà hanno molto da raccontarci e da trasmetterci. Sono la base dell’architettura, della casa e dell’abitare, la separazione decisa ma intangibile tra le persone, la divisione fisica tra interno ed esterno, tra pubblico e privato.
“Metto un quadro su un muro. Poi dimentico che c’è un muro. Non so più che cosa c’è dietro il muro, non so più che c’è un muro, non so più che questo muro è un muro, non so più che cos’è un muro. Non so più che nel mio appartamento ci sono dei muri, e che se non ci fossero muri, non ci sarebbe l’appartamento. Il muro non è più ciò che delimita e definisce il luogo in cui vivo, ciò che lo separa dagli altri luoghi in cui gli altri vivono, non è più che un supporto per il quadro. Ma dimentico anche il quadro, non lo guardo più, non lo so guardare. Ho messo il quadro sul muro per dimenticare che c’era un muro, ma dimenticando il muro dimentico anche il quadro. Ci sono i quadri perché ci sono i muri. Bisogna poter dimenticare che ci sono dei muri e quindi non si è trovato niente di meglio che i quadri. I quadri cancellano i muri. Ma i muri uccidono i quadri. Oppure, bisognerebbe cambiare di continuo, o il muro, o il quadro, mettere senza posa altri quadri sui muri, o cambiare sempre il
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quadro di muro.”
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Muri come l’opera “Wall of oil barrels” di Christo e Jeanne-Claude che ci bloccano la strada, creando una barriera solida e insormontabile che rende impossibile il passaggio; muri che grazie alle loro aperture sono attraversabili dallo sguardo o dal corpo, come le pareti della “House N” di Fujimoto; muri effimeri e leggeri della “Curtain wall house” di Shigeru Ban, che dividono in modo temporaneo lo spazio aprendo l’interno della casa verso il paesaggio esterno; e infine muri che bloccano ma allo stesso tempo possono essere aggirati o spostati come un paravento. Chiunque guardi un muro vede oggi un enigma: è un oggetto immutabile – per massa, solidità, peso – o un insieme provvisorio che può essere rimosso o modificato senza sforzi particolari.
4- GEORGES PEREC, Specie di spazi, 1989
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“E loro per rendere più difficile mettono un muro; ma dimmi che cosa guadagnano mettendo un muro?!” “Niente. Per me questo è ingiusto perché il muro divide i paesi, ma unisce i cuori, le speranze, le illusioni; potranno mettere anche le telecamere e le altre cose, costruiranno un altro muro, ma il giorno dopo il messicano troverà il modo per poter passare.” 5 Il muro invalicabile, la barriera che ci protegge dai nemici, il limite che non deve essere oltrepassato o l’ostacolo che non può essere superato. Quando un muro diventa insuperabile? Dove c’è una barriera c’è un problema che rifiutiamo di risolvere, o un problema che si crede di contenere dentro i confini di questa recinzione. Dove c’è un muro c’è una diversità, una separazione tra il dentro e il fuori, tra chi viene privato della libertà e chi conserva il proprio libero arbitrio; dove c’è un limite c’è un segnale di fermo, di avviso a non scavalcare senza cognizione di causa quella soglia che viene segnalata come una precisa demarcazione.
“In un piccolo angolo di mondo, il sentiero che lo percorre è interrotto ad un tratto da un muro. Si può pensare che il sentiero finisca li, oppure immaginare che il muro sbarri il sentiero. La solita cosa degli uomini: dividere. Un qui e un di là, senza il vano di una porta. Murata è la via e la testa. Ma non bisogna prendersela troppo, sia per l’ostacolo sia per il troppo.” 6
5- CONVERSANO - GRIGNAFFINI, Cortometraggio “Muri”, 2012 6- RICCARDO CAPOROSSI, Mura, 2014
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Nello spettacolo “Mura” messo in scena al teatro della Triennale da Riccardo Caporossi, la barriera viene smantellata per evocare tutti quei numerosi chilometri che ancora oggi sono indice di separazione. Ogni tentativo di comunicare resta bloccato da quella barriera; non necessariamente concreta e reale come un muro ma eretta con lo stesso miscuglio di odio, paura e mancanza di immaginazione. Lo stesso misero impasto di muri immateriali che separano gli uomini per razza, religione, cultura, ricchezze. Baluardi, barriere, cortine, recinzioni, sbarramenti, steccati, insomma i muri che ancora resistono e tengono in ostaggio uomini e storia, costruzioni mentali e costrizioni sociali.
“E tu adesso dove andrai?” “Io di là del muro non ci vado più sono già vecchia, per me è molto diverso; ormai non ci provo più, è meglio che torni a casa.” 7
di un recinto, lontano dall’attacco della disciplina umana, sottile ma allo stesso tempo impenetrabile. Gli artisti statunitensi Christo e Jeanne Claude ci insegnano che una barriera può essere anche leggera e impalpabile, la luce e il vento la possono attraversare rendendola viva, oppure essa può diventare un ostacolo immobile e pesante che influisce sulla vita di chi vi entra in contatto. Anche grazie a questi esempi possiamo vedere come a seconda della composizione, della forma e del materiale, il muro possa assumere diverse caratteristiche che lo rendono invalicabile senza essere necessariamente costruito in duro cemento. Ogni elemento che costituisce un blocco insormontabile, che impedisce il passaggio fisico del nostro corpo, può essere una barriera, che sia esso formato da blocchi di pietra, da un leggero tessuto o da un essere umano.
Non poter uscire o non poter entrare. Essere al di qua o al di là. Quando ci troviamo davanti ad una barriera, uno sbarramento o una recinzione sono diversi i punti di vista che possiamo adottare; come ci poniamo davanti all’ostacolo? L’artista Mouna Karray documenta la perdita degli spazi comuni della sua città natale, attorno ai quali sono stati costruiti muri per impedire l’accesso; Alberto Garutti, nella sua opera “Come se la natura avesse lasciato fuori l’uomo”, documenta la libertà che essa stessa assume crescendo all’interno
“But it was only fantasy The wall was too high as you can see No matter how he tried he could not break free And the worms ate into his brain Hey you! Out there on the road Always doing what you’re told, can you help me Hey you! Out there beyond the wall Breaking bottles in the hall, can you help me Hey you! Don’t tell me there’s no hope at all Together we stand, divided we fall” 8
7- CONVERSANO - GRIGNAFFINI, Cortometraggio “Muri”, 2012
8- PINK FLOID, Hey you, album “The Wall”, 1979
christo e jeanne-claude wall of oil barrels - the iron curtain, parigi, 1962
La sera del 27 giugno 1962, Christo e JeanneClaude chiudono Rue Visconti con 89 barili di petrolio, bloccando il traffico verso la Rive Gauche. Questo “muro di ferro� poteva essere utilizzato come barricata durante i lavori pubblici o per trasformare qualsiasi arteria cittadina in una strada senza uscita.
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// fig. 01
la divisione è / barriera invalicabile
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ja nn is kou ne llis untitled,
1969
// fig. 02
L’opera, presentata per la prima volta nel 1969, è composta da massi di pietra locale posizionati in modo casuale; ogni volta che viene esposta viene ricostruita da capo, andando a chiudere completamente un passaggio della galleria o del museo nel quale viene esposta.
la divisione è / barriera invalicabile
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moun a k a r r a y murmurer, sfax, 2007 - 2009
// fig. 03
Sfax è la città natale dell’artista; in quattro decenni, i luoghi pubblici della città si sono progressivamente trasformati in zone non accessibili, senza alcuna funzione. I luoghi scompaiono, ma i loro confini sono ancora presenti, tracciati da pesanti muri che ne impediscono l’accesso. L’artista ha fotografato queste aggiunte, a sottolineare la perdita del luogo attraverso la creazione di questi sbarramenti.
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da n f lav in
untitled (to jan and ron greenberg),
guggenheim museum, new york, collezione panza, 1973
// fig. 04
La parete trasforma completamente il corridoio, bloccandone il passaggio; i colori in forte contrasto, (verde da un lato e giallo dall’altro) compenetrano l’uno nell’altro dall’intercapedine lasciata dal neon mancante; in questo modo Flavin blocca nettamente il passaggio fisico ma non quello visivo.
la divisione è / barriera invalicabile
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pedr o c a b r i t a r e is il muro di palermo, palermo, 2009
// fig. 05
L’artista crea un “compartimento stagno” che imbriglia l’architettura dell’edificio, attraverso un’interruzione ottica e una modifica spaziale. I mattoni nudi e rotti che compongono l’alto muro, barriera che impedisce l’accesso al cortile, richiamano le pareti scorticate dell’ultimo piano del museo, traducendo in immagine l’evidente segno del passaggio del tempo.
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walter de maria
the new york earth room,
new york, 1977
// fig. 06
L’installazione non consiste in altro che terra, dalla quale non ci si aspetta nulla e dalla quale non crescerà mai nulla. La particolarità dell’opera, è la sensazione che queste tonnellate di terra conferiscono all’ambiente, le stanze sono più umide e il suono ovattato. L’autore voleva riconoscere ed elevare la natura stessa, creando un mare di terra che sembra richiamarci verso di lui.
la divisione è / barriera invalicabile
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doris s a l c e d o abyss, castello di rivoli, torino, 2005
// fig. 07
Al castello di Rivoli, l’artista ha trasformando interamente lo spazio esistente attraverso un’installazione muraria che si configura come il prolungamento della volta in mattoni. Il muro arriva quasi a toccare il pavimento, lasciando intravedere uno spiraglio luminoso delle finestre ma bloccandone totalmente l’accesso.
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nik lau s we ng er untitled, neuchâtel, 2008
// fig. 08
Per quest’opera l’artista stende uno strato di pittura acrilica sul pavimento; successivamente stacca delicatamente la patina e la capovolge su se stessa attaccandola alle pareti creando una continuità di superfici. La parete che si viene a creare risulta fragile ma al tempo stesso impenetrabile, modificando lo spazio in modo definitivo.
la divisione è / barriera invalicabile
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allor a & c a l za d i l la revolving door,
palazzo cusani, milano, 2011
// fig. 09
Un gruppo di persone accoglie gli spettatori schierato in fila, tagliando a metà lo spazio da una parete all’altra, come una barricata umana. I performers si muovono ritmicamente seguendo una coreografia circolare che li trasforma in una porta girevole. I visitatori possono attraversare la stanza seguendo solamente il movimento della porta girevole, assecondandone il ritmo.
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christo e jeanne claude
running fence, sonoma e marin counties, 1976
// fig. 10
Per gli artisti il recinto incarna i grandi temi di libertĂ e vincolo della civiltĂ umana. La bellezza della luce e del vento che giocano attraverso i tessuti del recinto sono in netto contrasto con il significato di divisione e limite che generalmente viene attribuito alle barriere.
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w hitevoid border of light, berlino, 2014
// fig. 11
L’installazione è stata pensata per la celebrazione dei 25 anni dalla caduta del muro di Berlino. Luci dalla forma sferica sono state sollevate su esili supporti per raggiungere l’altezza del muro. L’opera non ricrea una vera e propria barriera ma richiama, in modo esplicito, quella che è stata la divisione netta della città per quai 30 anni.
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alb er t o ga r ut t i
come se la natura avesse lasciato fuori gli uomini, villa manin - centro d’arte contemporanea, passariano, 2005
// fig. 12
Una barriera, un recinto effimero che impedisce all’uomo di agire sullo scorrere del tempo, di contrastare la crescita della natura che continuerà indisturbata il suo percorso, abbandonata al suo destino, in forte contrasto con l’esterno molto curato. Al suo interno gli uomini non sono ammessi.
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lar a fav a r e t t o momentary monument, trento, 2009
// fig. 13
Una barriera imponente auto portante di sacchi in iuta riempiti di sabbia, doveva ergersi maestosa davanti ai visitatori, impedendo la vista di quasi tutto il monumento di Dante Alighieri. Celare il monumento, nasconderlo, frapporre il muro fra le persone e la statua ottenendo una scissione, un cambiamento radicale nel linguaggio della piazza stessa, questo era l’intento dell’opera.
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luis barragan cuadra san cristobal,
città del messico, 1968
// fig. 14
Il muro-fontana di cuadra san cristobal riversa acqua continuamente nella vasca dei cavalli, fungendo inoltre da barriera tra la casa stessa e l’area a loro dedicata. Grazie al suo colore rossastro crea un netto contrasto tra il verde dell’erba e l’azzurro chiaro dell’acqua, dando vita a un forte gioco di colori, rappresentativo dell’architettura di Barragan.
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sissi t,
macro, roma, 2003
// fig. 15
L’opera, realizzata in gommapiuma rosa, è posta all’interno di un ponte vetrato che unisce due ale del MACRO. É un’interruzione, all’interno della quale si trova l’artista, che spinge contro le pareti della struttura facendola muovere. La presenza dell’opera obbligava il pubblico a seguire un altro percorso, a secondo di dove questa si trovasse.
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“Una volta il rapporto di spazio tra muro e finestra si definiva «vuoto e pieno»: pieno perché il muro era un solido, vuoto perché le finestre erano un buco. E nel volume chiuso il pieno prevaleva sempre sul vuoto. Oggi il muro non è più un vero muro, un solido, un pieno: è una superficie; è un rivestimento sopra uno scheletro di cemento armato, o di ferro, (un vuoto): la finestra oggi si è portata avanti sul filo esterno, non è più fonda, e si è fatta grande, prevalente. Nella Montecatini, e nelle ville di Planchart, le ho volute, le finestre, rigorosamente col cristallo al filo stesso esterno del muro, sullo stesso piano. Buchi, porte, finestre, passaggi; il muro a volte li nasconde, li cela attraverso inganni che solo l’occhio più esperto può cogliere, altre volte li dichiara, come se sfidasse l’uomo dicendo “Avanti, attraversami!”. Il desiderio dell’abbattere un muro, attraversarlo, scoprire cosa c’è al di là è molto più forte del sentirsi protetti, è voglia di capire, di scoprire, è essere curiosi ed è la voglia di essere liberi che ci porta ad abbattere il muro e ad attraversarlo. La casa perfetta è quella che ci arresta sulla soglia aperta, intimiditi dal suo segreto umano e dalla sua bellezza architettonica. Entrare in una casa altrui la prima volta è un po’ violare la casa. Quando ci è permesso, la prima volta di inoltrarci in essa, entriamo in punta di piedi, e trattenendo la voce, e ringraziamo gli ospiti della concessione di entrare”. 9 Cosa significa attraversare un muro?
9- GIO PONTI, Amate l’architettura, 1957
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Si percepisce la sua sostanza, il suo peso sopra la nostra testa, significa essere ammessi in un luogo che altrimenti rimarrebbe a noi sconosciuto. Un ostacolo permeabile svolge sempre la sua funzione primaria di divisione, ma al tempo stesso funge anche da tramite fisico e visivo tra i due spazi che separa, diventando quasi uno schermo con il quale l’uomo si rapporta, prima di varcare la soglia o di oltrepassare la breccia che si è creato con la forza. Una breccia come quella nel muro che separa Israele dalla Cisgiordania, un’apertura creata con un colpo di martello che ha ancora più valore perché sferrato nella ricorrenza dei 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino. Un gesto dal grande valore simbolico che suona come un grido di speranza.
I sentence you to be exposed Before your peers TEAR DOWN THE WALL! 10 Non esiste spazio senza margine in architettura. Sinteticamente, si può dire che la dialettica dei materiali dell’architettura è quella che si stabilisce fra un –aperto- , cioè un invaso spaziale circoscritto nei suoi margini e accogliente; tali margini o limiti, che lo perimetrano verso un esterno; i divisori, che come diaframmi sensibili lo articolano al suo interno; e le cose, gli arredi fissi e mobili che lo attrezzano. Sarebbe importante potere immaginare dei muri che avessero tutti delle aperture sul mondo esterno. Ma è quando il muro e le sue aperture vengono
10- PINK FLOID, The trial, album “The Wall”, 1979
celate che la nostra curiosità aumenta; ci chiediamo che cosa ci sia al di là, perché un’altra persona voglia nascondere quella stanza, e quando la porta è chiusa a chiave spiamo dal buco della serratura, nella speranza di scorgere qualche indizio. Ed è così che andiamo avanti, cercando e creando spiragli, brecce, porte, buchi, passaggi per andar “di là”, andare avanti e non fermarci, per avere nuove prospettive e cambiamenti. Cambiamento come quello che stanno creando in questi ultimi anni i muri verdi di Africa e Cina. Così la Great Green Wall africana, che si estende dal Senegal a Gibuti attraversando l’Africa per una lunghezza 7500 Km e una larghezza di 15, e la Green Great Wall cinese, cintura forestale di 4500 Km, cercano di respingere l’avanzata del deserto che a causa della deforestazione e della siccità si sta espandendo a dismisura. Al contrario nei progetti per ville mediterranee di Gio Ponti, i muri sono appositamente forati per permettere alla natura di entrare fisicamente all’interno delle mura domestiche; molti decenni dopo, l’architetto giapponese Sou Fujimoto utilizza lo stesso concetto per gli interni creando spazi di diverse dimensioni, dal più privato al più pubblico, direttamente collegati tra loro grazie alla realizzazione di aperture nelle pareti che dovrebbero formare la stanza. Allan Wexler e Steven Holl creano delle aperture per consentire il passaggio di oggetti specifici da una parte all’altra del muro senza rinunciare alla funzione di divisione propria della parete.
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// fig. 16
la divisione è / ostacolo permeabile
le c or b us ie r
villa le lac,
corseaux, svizzera, 1924 Villa Le Lac è la casa che Le Corbusier costruisce per la madre in Svizzera. In contrapposizione alla grande vetrata presente all’interno, Le Corbusier costruisce in giardino un muro dal quale ricava una piccola apertura, andando a creare uno specifico punto di osservazione. La parete costruita appositamente crea intimità nello spazio aperto, mentre un enorme albero proteso verso il lago, protegge il tavolo con le sedute.
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gio po nt i
studi per ville mediterranee,
1932 - 1938
// fig. 17
Ponti disegna una serie di piccole abitazioni dove il patio assume il ruolo di transizione tra interno ed esterno, diventando anche uno spazio relazionale tra quello domestico e quello naturale all’esterno dei muri. Il muro in questi casi assume il ruolo fondamentale di tramite, esso viene attraversato dalla vegetazione che entra a far parte della casa grazie ad esso.
// fig. 18
la divisione è / ostacolo permeabile
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car lo m o l l i n o casa devalle, torino, 1940
// fig. 19
Una parete specchiata cela la porta che conduce alla camera da letto. Sono i contatti tra un materiale e un altro, a diventare intense occasioni di progetto: tutto questo congiura contro la parete che andrà polverizzandosi, ammantandosi di tendaggi, di doppie pelli, fino a non essere più un muro “credibile”.
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s o u f u jim o to
casa N,
oita, japan, 2008
// fig. 20
Muri comunicanti, attraversabili. La casa è composta da tre gusci di dimensioni progressiva annidati uno dentro l’altro. Il guscio esterno copre tutta l’area, creando un’area con giardino coperto. La seconda scocca racchiude uno spazio limitato all’interno dello spazio esterno coperto, mentre la terza crea uno spazio interno ancora più piccolo.
la divisione è / ostacolo permeabile
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krijn d e ko n i n g
dwelling (margate / folkestone), margate, england, 2014
// fig. 21
L’installazione comprende una serie di pareti ad angolo forato con aperture che creano un percorso per i visitatori di navigare attraverso. I setti murari si intersecano, si inseguono e si attorcigliano delineando gli spazi senza mai chiuderli totalmente.
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a llan wex ler
bed/sitting room for an artist in residence,
pittsburg, 1988
// fig. 22
Dice Allan Wexler del suo lavoro: “ [...] Il mio suggerimento era quello di creare uno spazio per i futuri ospiti-artisti. La parete che divide le due camere ha una serie di aperture attraverso le quali i componenti mobili possono parzialmente o completamente passare. Queste trasformazioni sono decise dagli ospiti e vengono eseguite in pochi secondi. �
la divisione è / ostacolo permeabile
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steve n h o l l - v i t o a cc on ci storefront for art and architecture, new york, 1992
// fig. 23
Il progetto della facciata dello Storefront for Art and Architecture mira a portare l’arte sulla strada, alla portata di tutti, al di fuori dell’esclusività della galleria. Utilizzando cemento unito a fibre riciclate, vengono inseriti dei pannelli incernierati che compongono una configurazione a puzzle; i pannelli possono essere bloccati a completare la facciata o aprirsi verso l’esterno.
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jo hn he jdu k
wall house,
groningen, 1973 - 2001
// fig. 24
“La parete è una condizione neutra. Ecco perché è sempre verniciata di grigio. Essa rappresenta la stessa condizione dell’ipotenusa nelle Diamond house - è il momento di maggior riposo, e allo stesso tempo la massima tensione. È un momento di passaggio. Il muro aumenta il senso di passaggio, e per lo stesso motivo, il suo spessore ridotto aumenta...” John Hejduk
// fig. 25
la divisione è / ostacolo permeabile
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james s t i r l i n g
neue staatsgalerie, stuttgart, 1984
// fig. 26
Particolare molto interessante del muro del parcheggio della Neue Staatsgalerie; anziché progettare una griglia di areazione, Stirling toglie - o per meglio dire, butta a terra - parte del muro di mattoni. In questo modo lascia dei fori che permettono il ricambio d’aria all’interno del parcheggio senza aggiungere elementi esterni al muro.
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a nt o nio m a nu el
occupation - discoveries, nicosia, 2005
// fig. 27
Una linea taglia in due la città di Nicosia. Le due parti, hanno costruito una linea chiamata Green Line che si compone di fili spinati, guarnigioni militari ed per alcuni tratti di vero e proprio muro. Le case abbandonate nella zona che divide la capitale sono state collegate tra loro grazie a quest’opera site specific, composta da una serie di fori/vie di fuga che fanno da scudo in caso di nuovi conflitti.
la divisione è / ostacolo permeabile
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space c av i a r
broelschool demolition workshop, kortrijk, 2014
// fig. 28
Durante la Biennale Interieur 2014, i visitatori hanno avuto l’ultima opportunità di esplorare questo edificio prima di essere demolito; i partecipanti al workshop sono stati invitati a costruire un percorso alternativo attraverso l’edificio. Il loro lavoro rivela aspetti nascosti della costruzione originale creando scorciatoie attraverso le pareti.
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Un’impalpabile leggerezza ci avvolge, divide lo spazio intorno a noi creando nicchie effimere dove possiamo nasconderci per un breve istante. Nicchie che creiamo per sentirci protetti quando la sera ci nascondiamo interamente sotto le coperte, come in Cabriolet di Joe Colombo, che con una tenda gialla incappuccia il letto rendendolo completamente chiuso, creando un’atmosfera intima e privata, uno spazio solo per noi. Le nicchie che trovavamo da bambini nelle tende dei nostri nonni, quelle di tessuto spesso e polveroso, che oscuravano la casa dalla luce del sole, lo stesso che con il tempo le ha rese più chiare e sottili. Era lì che ci nascondevamo, perché il loro spessore e la loro ricchezza di tessuto, di fronzoli e di decori celava perfettamente le forme del corpo, senza lasciare trapelare la nostra presenza. Ci si poteva nascondere solo in quelle di tende, perché quelle che trovavamo a casa erano diverse, più nuove, più sottili, più trasparenti, più semplici. Tende e tendaggi evocano atmosfere ovattate, alludono alle coperte e ai gusci, a tutti quei mondi passati. La modernità, invece, per raggiungere purezza e trasparenza sembra si sia liberata dalle tende, spogliandosi da qualsiasi separazione tra interno ed esterno per rivelare spudoratamente i suoi spazi privati. Pare quasi che tra l’architettura odierna e i tendaggi esista una contraddizione metodologica e che, in qualche misura, le tende vadano a “sporcare” le superfici. Si deve a Petra Blaisse la riconciliazione dell’architettura moderna d’autore con queste separazioni impalpabili.
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Progettista attratta dagli spazi temporanei, mutevoli e flessibili, ha concentrato la sua attenzione sui giardini e sui tendaggi, cercando di ridisegnare il rapporto tra interno ed esterno.
“Un tempo si denaturalizzavano i giardini, disegnandoli come dei tappeti e, per contro, si tessevano per gli interni tappeti simili a giardini. Lavorando sui diaframmi tento di ricostruire la natura all’interno, non mimeticamente, ma attraverso porzioni di visione, sapienti filtraggi della luce e fluidità di movimenti”. 11 I lavori dello studio Inside/Outside nascono e si sviluppano dalla collaborazione con gli architetti sin dal primo disegno; i loro non sono interventi di aggiunta, di rifinitura ma sono strutture attive, come la pelle, che generano spazi temporanei e che rendono mutevoli le superfici smaterializzando l’architettura. Sono un progetto di confine, tra il dentro e il fuori, tra il naturale e l’artificiale. Queste separazioni attraversabili hanno dinamiche silenziose, ondeggiano al passaggio delle persone quasi possedessero una propria vitalità. Sono, in un certo senso, elementi vivi, al pari di quelli naturali. Le tende scendono dal soffitto, oppure escono dal muro. Hanno andamenti verticali o orizzontali, appaiono e scompaiono, oscillano, ondeggiano, fluttuano, rendendo dinamica l’architettura. Ma una tenda non è solo coprire uno spazio dagli occhi indiscreti, è un separarci momentaneamente dal mondo esterno, trovarci avvolti in una coperta,
11- PETRA BLAISSE - The plan “Ridisegnando il rapporto tra
interno ed esterno”
soli in un mondo che appartiene solo a noi stessi. La tenda ci dona un senso di estraneità che solo pochi altri elementi sono in grado di darci; si alza con il vento, gioca con la luce, porta la nostra mente a mondi lontani, a quando eravamo bambini e ci nascondevamo dietro la tenda della nonna pensando di non esser visti. La tenda è un finto muro, è un velo talmente leggero che lascia intravedere l’ombra del nostro corpo o una cortina di velluto che si sposta con i nostri movimenti.
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// fig. 29
la divisione è / diaframma attraversabile
car lo m o l l i n o casa miller, torino, 1939
In casa Miller, Mollino trasforma il muro della camera da letto in una tenda. L’accesso alla camera, una delle stanze che in casa richiede maggiore privacy, avviene attraverso una porta nascosta in uno specchio. Tuttavia la presenza della tenda rende superflua e inutile l’esistenza di tale porta, in quanto l’accesso alla stanza può essere effettuato semplicemente attraversando la tenda stessa.
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f r an co alb ini
appartamento albini in via de togni,
milano, 1938
// fig. 30
Nell’appartamento si osserva una ricerca di continuità spaziale, lo stesso ruolo unificante attribuito alla luce, con l’espediente della tenda continua a celare la superficie rotta dalle aperture delle finestre. Nel soggiorno, diviso in tre aree, una tenda svolge un ruolo fondamentale in questa divisione passando tra due armadi messi di schiena uno contro l’altro, raccontando un muro in realtà inesistente.
// fig. 31
la divisione è / diaframma attraversabile
49
oma
monditalia,
biennale di venezia, 2014
// fig. 32
Una riproduzione di una cartina dell’Italia del V secolo divide le corderie dell’arsenale per tutta la loro lunghezza; da una parte i film scelti da Koolhaas e dall’altra i 41 progetti selezionati che raccontano l’Italia da sud a nord. Questa tela permette il collegamento tra le due parti fornendo al tempo stesso una separazione.
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c or r ad o lev i
cinture,
bergamo, 1992
// fig. 33
L’opera è un’installazione costituita da un filo metallico agganciato a una parete ad un’altezza di due metri, con l’obiettivo di dividere in due parti lo spazio. Durante l’inaugurazione della mostra viene chiesto ai visitatori presenti, di togliersi la cintura e appenderla al filo. L’artista è interessato al comportamento del visitatore: per attraversare lo spazio è costretto a passare fra le cinture, stabilendo così un contatto con altri corpi.
la divisione è / diaframma attraversabile
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r on a n & er wan bo ur ou l l ec algue,
vitra, 2004
// fig. 34
Un componente decorativo e funzionale allo stesso tempo. Elementi in plastica dalla forma vegetale connessi l’un l’altro per creare una struttura che può essere appesa proprio come una tenda, creando una divisione leggera ma solida tra due spazi distinti.
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s hig er u b an curtain wall house,
tokyo, 1995
// fig. 35
La casa è aperta verso l’esterno e utilizza materiali contemporanei in una nuova interpretazione dello stile tradizionale giapponese. Ampi spazi coperti sono aperti ai lati est e sud del soggiorno al secondo piano e tende, grandi come sipari, sono appese sulla facciata esterna tra il secondo e terzo piano; grazie ad essi si può controllare la temperatura all’interno dell’abitazione.
la divisione è / diaframma attraversabile
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inside o u t s i d e re - set,
biennale di venezia, 2012
// fig. 36
// fig. 37
L’installazione è apparentemente molto semplice: due cortine di tessuto a tutta altezza scorrono lentamente attraverso lo spazio interno dell’edificio storico di Rietveld, prendendone possesso; il loro movimento, guidato da binari fissati al soffitto, è regolato da un timer, programmato per alternare scorrimento e pausa. Per essere colto nella sua essenza, l’intervento ha dunque bisogno di tempo.
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an dr e a z it t e l
privacy panel, 1993
// fig. 38
Un velo di lino bianco ci avvolge portando il nostro sguardo verso la parete. Il pannello è un perfetto esempio di forma amorfa che può scivolare tra categorie e ruoli sociali a seconda dell’ambiente. È interessante in quanto sostanzialmente piatto, ma può superare lo spazio bidimensionale per diventare un oggetto tridimensionale dinamico.
la divisione è / diaframma attraversabile
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shige r u b a n pps4 - landslide, hiroshima, 2014
// fig. 39
A causa delle forti piogge che hanno colpito la zona di Hiroshima durante l’agosto 2014, circa 1600 persone sono state sfollate e accolte in strutture temporanee. Durante la sua visita ha deciso di installare il sistema “Paper Partition System units”, utilizzando semplici tubi di cartone e stoffe, garantendo così la privacy e suddividendo gli ampi spazi in piccole unità.
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jo e c olo m b o
letto cabriolet,
1969
// fig. 40
Nel letto Cabriolet una tenda gialla fa da cappuccio al letto, rendendolo completamente chiuso, proprio come fosse la copertura di un’automobile, andando a creare un’atmosfera intima e privata. La testata del letto contiene al suo interno un pannello di controllo per il funzionamento di un ventilatore, un accendisigari, una radio e un telefono.
// fig. 41
la divisione è / diaframma attraversabile
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ugo la p i e t r a mediterraneo, 1969
// fig. 42
La manifestazione di un interno disequilibrante è circoscritta ai progetti dedicati agli interni alla fine degli anni sessanta; è un interno tutto interno, dove il rapporto con l’esterno è completamente negato. La Pietra utilizza piani inclinati per scardinare completamente la percezione consueta dello spazio.
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a nn ha m ilt o n
filament, 1996
// fig. 43
Una struttura in acciaio sostiene un drappo d’organza, ruotando su se stessa il tessuto crea un vortice al centro della stanza, il movimento si ferma ogni 15 secondi circa per permettere alle persone di entrare. Un’opera che ricorda l’allegria delle bambine quando riescono a fare la ruota con la gonna.
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do ho s u h
home within home,
national museum of modern and contemporary art, korea, 2013
// fig. 44
Una ricostruzione in scala della prima abitazione dell’artista negli USA, a Providence, Rhode Island che circonda “Seoul home”, una replica della casa tradizionale coreana, dove è cresciuto. Quest’ultima struttura è sospesa al centro della casa di Rhode Island, diventando il fulcro di essa. Le pareti sono intangibili, prive di dimensione, ma disegnano alla perfezione le case dell’artista.
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Pareti che si spostano, diaframmi che frapponiamo tra noi e lo spazio che ci circonda. I muri si muovono, scorrono su binari o sono liberi da qualsiasi vincolo assumendo le sembianze di veli solidi, di pareti di carta, al tempo stesso forti e delicate. Questi schermi ci aiutano a creare stanze, a separare gli spazi in modo deciso ma non definitivo, a creare piccole nicchie o superfici sulle quali raccontare storie, diventando castelli o intere città.
“Come potevo dire i miei racconti rendendo anche utile l’oggetto su cui li raccontavo? (...) Ne ho disegnati a motivi senza fine, a perlopiù essi sono un modo per permettermi di raccontare certi miei sogni. Una città con montagne e villaggi, Il muro e il suo essere permanente tutta di carte da gioco, coi personaggi che se ne vanno a spasso e che ci rimirano dalle finestre; un cielo notturno col suo prezioso blu, raffina l’immaginazione in modo che il sogno rimanga oggetto, sia un mobile...” 12 Ruotando su se stesse possono creare diversi ambienti con i quali interfacciarsi, come nell’appartamento Bignardi, dove Angelo Mangiarotti crea una divisione pivottante con una faccia dipinta prevalentemente di nero e l’altra di bianco, modificando in questo modo la luce e la percezione della parete stessa; qualche anno più tardi, l’artista di arte povera Alberto Burri progetta il teatro continuo in parco sempione, dove sei pareti in alluminio creano delle quinte teatrali con una faccia nera e una bianca con cui gli attori possono
12- PIERO FORNASETTI,
Mostra Triennale “100 anni di follia
pratica”, sezione - i paraventi, 2014
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giocare modificando la luce e l’ambientazione. Tessuto, alluminio, cartone, legno, qualsiasi materiale più essere utilizzato per comporre queste pareti; esse possono essere talmente leggere da poter essere sollevate e trasportate in qualsiasi punto dell’ambiente oppure scorrere su binari, come accade in casa Schroder, progettata da Rietveld alla fine degli anni ‘20, dove l’ambiente al piano superiore subisce continue modifiche grazie allo spostarsi delle pareti, creando stanze e annullandone altre; successivamente Gio Ponti, nel progetto mai realizzato degli alloggi uniambientali per quattro persone, riprende questo concetto unendo il movimento della parete scorrevole a quello della tenda che può chiudersi su se stessa occupando poco spazio, in questo modo l’ambiente rimane fluido mentre le pareti - da un lato gialle e dall’altro blu - fungono da schermi visivi. Altre volte la parete può essere sollevata, spostata e posizionata da un’altra parte, è questo il caso del paravento che con la sua funzione di elemento architettonico mobile, e quindi intrinsecamente teatrale, è adatto ai giochi illusionistici. Durante il corso dei secoli sono stati inventati e progettati migliaia di queste piccole pareti trasportabili a due o più ante, che all’inizio, come dice anche il nome stesso, fungevano da riparo dal vento, venendo utilizzati negli spazi aperti. La villa imperiale di Katsura, i cui interni estremamente semplici fanno risaltare i pannelli scorrevoli che ne disegnano la pianta, venne presa come esempio di studio da numerosi architetti
del secolo passato. La villa divenne il luogo dove si legarono strettamente l’architettura occidentale del novecento a quella classica giapponese, dando importanza a come i materiali e gli elementi architettonici mobili disegnassero lo spazio in modo semplice e pulito. Durante gli anni ‘20 Eileen Gray, affascinata dalla cultura giapponese e soprattutto dalla laccatura a mano, progetta un sofisticatissimo paravento composto da pannelli più piccoli in legno, quasi come fossero mattoni, che creano separazioni dove la vista non viene bloccata. Nel corso degli anni ‘50 è diventato uno degli oggetti d’elezione di Fornasetti, ne studia la storia e le declinazioni nei diversi contesti culturali e periodi storici. Ad affascinarlo è la sua natura lineare, di superficie ideale per la decorazione ed il trompe-l’oeil. In anni più recenti troviamo pareti mobili che seppur richiamando la tradizione del paravento, sono in grado di assumere svariate forme e composizioni a seconda delle esigenze o andando a comporre addirittura pareti intere. A giocare un ruolo fondamentale nella divisione è la dinamicità, che sia essa vincolata o libera, è lei che aiuta il fruitore a cambiare lo spazio, a modificarlo e a renderlo più piccolo o più grande a seconda delle esigenze.
eileen g r a y brick screen, aram, 1922
Il paravento “Brick screen” è una delle sue più note creazioni nella quale ha sperimentato diverse dimensioni e finiture di pannelli. Più che un divisorio, questo paravento con la sua eleganza sobria, sembra una scultura. I pannelli fissi e mobili sono laccati a mano - strato su strato - in un processo che richiede diverse settimane; ogni strato prima viene lasciato asciugare completamente, poi levigato a mano e infine lucidato per ottenere un effetto immacolato.
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// fig. 45
la divisione è / parete dinamica
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
ha chijo to s hih ito katsura villa,
kyoto, 1620
// fig. 46
Per gli architetti del modernismo classico, la villa imperiale di Katsura è diventata una fonte d’ispirazione. Il fotografo Ishimoto è stato commissionato dal MOMA per fotografare la villa. Lo spazio è caratterizzato dalla presenza di pareti mobili che, secondo la tradizione giapponese, separano l’ambiente in diversi spazi.
// fig. 47
la divisione è / parete dinamica
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ger rit r i e t ve l d casa schröder, utrecht, 1924
// fig. 48
// fig. 49
All’interno della casa non si trova un gruppo statico di stanze, ma un open space dinamico. Il soggiorno si trova al piano superiore, ed è praticamente una singola stanza se si esclude il bagno. Mrs Schröder, voleva che il soggiorno si potesse usare sia aperto che suddiviso. Questa richiesta venne soddisfatta con un sistema di pannelli scorrevoli ed a ribalta. Quando veniva diviso, il piano del soggiorno formava tre camere da letto, un bagno e tre piccoli soggiorni.
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gio po nt i
alloggi uniambientali per quattro persone, 1956
// fig. 50
L’ambiente è pensato per ospitare quattro persone al suo interno. La pianta è libera con soli due setti di separazione in quanto le divisioni degli ambienti sono date da tende che dai setti vengono stese nell’ambiente a seconda dell’ora del giorno. Le pareti fisse sono posizionate in modo tale da nascondere il letto in determinati punti della casa.
// fig. 51
la divisione è / parete dinamica
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joe co l o m b o abitazione a milano, milano, 1970
// fig. 52
// fig. 53
Questa è la casa che Joe Colombo ha realizzato per sé e per la moglie. Ciò che lo ha appassionato qui, è l’idea delle due grandi “macchine” per dormire e per mangiare. Per aumentare il gioco con effetti di specchio, la grande parete è in plastica cromata: sorretta a soffitto da un binario con scambio consente di isolarsi in una parte dell’ambiente o nell’intero ambiente, disimpegnandolo dall’ingresso.
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a ng elo m a ng iar o tt i
appartamento bignardi, milano, 1952
// fig. 54
Mangiarotti disegna questo elemento di divisione in grado di modificare la luce dello spazio a seconda delle esigenze; i quattro pannelli ruotano attorno ad un asse centrale garantendo una divisione totale o dei passaggi in base alle necessitĂ .
la divisione è / parete dinamica
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alber t o b u r r i teatro continuo,
parco sempione, milano, 1973
// fig. 55
Nel 1973, in occasione della XV Triennale, Alberto Burri ideò per il Parco Sempione il Teatro Continuo. L’opera si presentava come una struttura palcoscenico composta da una piattaforma in cemento e da sei quinte rotanti in acciaio dipinto; essa è una macchina scenica predisposta sia per attività e spettacoli artistici, che per un utilizzo indipendente da parte di chiunque.
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pie r o fo r n as e tt i paravento acrobati,
1952
// fig. 56
“Come potevo dire i miei racconti rendendo anche utile l’oggetto su cui li raccontavo? Ne ho disegnati a motivi senza fine, a perlopiù essi sono un modo per permettermi di raccontare certi miei sogni. Una città con montagne e villaggi, tutta di carte da gioco, coi personaggi che se ne vanno a spasso e che ci rimirano dalle finestre; un cielo notturno col suo prezioso blu, raffina l’immaginazione in modo che il sogno rimanga oggetto, sia un mobile...”
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enzo m a r i
il posto dei giochi, danese, 1961 - 1967
// fig. 57
Un foglio di cartone ondulato lungo tre metri è trasformato da Enzo Mari in una parete merlata “a difesa” di un posto dove giocare: dieci pannelli con forme e decorazioni diverse per liberare la fantasia, inventare storie e personaggi sempre nuovi. Una leggera fortificazione da innalzare in pochi istanti in ogni luogo e ogni volta che si vuole, per creare una parentesi di immaginazione all’interno della vita di tutti i giorni.
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luig i ba r o li
cartoons screen,
baleri italia, 1992
// fig. 58
Cartoons crea una divisione speciale, funzionale e minimalista allo stesso tempo. L’idea dello paravento è una mistificazione sublime: un muro che non è un muro. Il materiale utilizzato è cartone ondulato; due fogli affiancati, garantiscono la massima facilità di apertura e chiusura del paravento, e sono collegati ad una struttura autoportante in alluminio spazzolato.
// fig. 59
la divisione è / parete dinamica
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steph a n i e fo r s y t he & to d d m ac alle n softwall, softblock modular system, molodesign, 2003
// fig. 60
// fig. 61
Softwall + softblock consiste in un sistema modulare di partizioni flessibili e autoportanti che si possono espandere e contrarre per ottenere forme personalizzate e arredare piccoli o grandi spazi. La struttura a nido d’ape consente di ammorbidire l’acustica degli ambienti mentre la superficie può modellare la luce.
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e r wa n & r o na n b ou r o ulle c
clouds,
kvadrat, 2006
// fig. 62
Clouds è un innovativa piastrella tessile progettata dai designer francesi Bouroullec. Queste piastrelle sono tenute insieme da una banda elastica che consente di creare una struttura piÚ o meno compatta a seconda delle esigenze. Possono essere unite tra loro per creare una parete di dimensione variabile che può essere usata per dividere gli spazi e assorbire i suoni.
la divisione è / parete dinamica
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gamfr at e s i screen system, cappellini, 2015
// fig. 63
“Screen System” nella tradizione di Alexander Calder sono appesi al soffitto, dividendo lo spazio in aree più intime. Il progetto mira ad industrializzare queste sculture attraverso la ripetizione di elementi modulari. L’equilibrio fisico degli elementi ne permette la composizione con differenti “petali” in tessuto, dando la possibilità di creare numerose configurazioni.
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La d i vi si o ne è b arriera inva l ica b ile o sta c o l o p erme a b i l e d iaframma attraver sa b i l e p arete d inam ica muro stati c o
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“Il significato del muro è variabile quanto possono esserlo gli usi delle superfici verticali, ma le sue funzioni essenziali sono almeno due: dare struttura e suddividere lo spazio. Queste due funzioni si possono distinguere tra loro, e quindi il muro si divide a sua volta in due, il muro portante e divisorio: il muro “necessario”, che separa il letto dal suolo, e il muro contingente, che organizza il movimento all’interno del contenitore che viene a prodursi. Il primo sembrerebbe stabile quanto il bisogno umano di un riparo, il secondo mutevole come le nostre forme di socialità. […]” 13 È una parete che ci ferma, devia il nostro cammino non bloccandoci del tutto. Possiamo aggirarla, ci aiuta a dividere in modo netto lo spazio senza però essere definitiva. La parete che si presenta davanti a noi è priva di fessure, buchi o porte, non possiamo oltrepassarla né abbiamo necessita di abbatterla; è leggera ma al tempo stesso forte e presente. Svolge la funzione primaria per cui costruiamo un muro: dividere; può essere fatta di stracci, come nell’opera “muro di stracci” di Michelangelo Pistoletto, dove degli abiti sono stati assemblati tra loro per formare dei “mattoni” con il quale è costruito il muro. A contrario di quanto accade per le barriere invalicabili, questi muri possono essere aggirati in quanto creano un ostacolo non definitivo; essi dividono gli spazi, li separano per creare altri ambienti, diventano divisioni che fanno parte dell’ambiente stesso, senza di loro essi cambierebbero totalmente forma e aspetto.
13 - FUNDAMENTALS, catalogo, 14 Biennale di Venezia, 2014
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Esempio lampante è l’opera di Richard Serra nella quale una lastra di acciaio leggermente inclinata viene posata al centro di una piazza di New York; essa ha modificato nettamente la fruizione che il pubblico aveva di quella piazza, ne ha modificato i percorsi e i punti di sosta e grazie alla sua inclinazione, ha modificato l’aspetto globale in quanto cambia conformazione ad ogni passo. Questi muri possono essere carichi di memorie, ogni oggetto che li compone può essere parte di un immaginario più grande, come nell’opera di Adrian Paci, composta da taniche d’acqua del canale di Otranto, simbolo di barriera fisica intangibile tra Italia e Albania che si palesa di fronte a noi, o come l’opera di Fabio Mauri, richiamo diretto al muro di Berlino, che per decenni ha diviso la Germania, e più in generale, l’Europa. Questi muri sono statici, sono presenze che ci accompagnano nel quotidiano, rimanendo immobili.
“I muri non sono soltanto quello che sono. Sono anche quello che vorremmo che fossero: supporto di speranze, protezione del presente, cassaforte di memorie o anche previsione di rovina.” 14 Ci raccontano una storia, anche se molte volte passano inosservati, sono storti, sono perfettamente perpendicolari l’uno con l’altro, sono materici o semplicemente rivestiti, sono dritti di fronte a noi ma a volte si sgretolano su se stessi, come nelle opere di Tuazon e Chinneck, mostrandoci la loro parte più intima, la materia di cui sono fatti.
14- ETTORE SOTTSASS, Foto dal finestrino, Adelphi, Milano 2009
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// fig. 64
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r ich ar d s e r r a tilted arc,
new york, 1981 L’opera site specific, distrutta nel 1989, consisteva in una grande lastra di acciaio corten della lunghezza di 37 metri. Era leggermente inclinata e curvata su se stessa in modo tale da assumere diverse forme ogni qual volta che lo spettatore cambiava posizione all’interno dello spazio. La parete di metallo tagliava in due la piazza, modificando il percorso di chi la attraversava tutti i giorni.
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l u d w ig m ie s v an de r r o he
brick country house, 1923
// fig. 65
La pianta della Brick Country House viene spesso paragonata ad un disegno De Stijl. Radicale per il suo tempo, egli sostituisce le tradizionali stanze, racchiuse da quattro pareti, con ambienti aperti, fluidi. I muri si prolungano al di fuori della casa, proiettandosi nel paesaggio esterno, come a suggerire un ulteriore fluiditĂ tra lo spazio interno e quello esterno.
// fig. 66
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juliaa n l a m p e n s
vandenhaute-kiebooms house, belgio, 1967
// fig. 67
Il modernista belga Juliaan Lampens, sperimenta l’uso di cemento grezzo per creare spazi-scultura aperti sul panorama. La sua architettura va oltre i disegni per la vita quotidiana, suggerendo invece un utopico nuovo modo di vivere “senza barriere”. Vediamo nell’immagine una nuova concezione della cucina: la stanza rimane aperta con le pareti che scendono dal soffitto.
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m i ch ela ng elo pis t o let t o muro di stracci,
1968
// fig. 68
Pistoletto crea un muro i cui mattoni sono composti da stracci. Opera di arte povera, in cui ci si misura con i materiali del mondo, in questo caso lo straccio altro non è se non una forma di scarto e di rifiuto. Nonostante il materiale morbido che costituisce il muro, esso crea comunque una divisione e un blocco per cui siamo obbligati ad aggirarlo per poter proseguire oltre.
// fig. 69
la divisione è / muro statico
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mona h at o u m hanging garden, vienna, 2009
// fig. 70
L’opera è composta da 770 sacchi di juta, impilati fino a raggiungere l’altezza di una persona. Tutti insieme, formano una parete lunga 10 metri, che richiama le barricate di sacchi di sabbia utilizzati come difesa. Nonostante il rimando alla guerra, i sacchi sono pieni di semi che germogliano, rendendo il muro verde e donando un’immagine di crescita e prosperità.
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o s ca r t u azon
dead wrong,
museum boijmans van beuningen, rotterdam, 2011
// fig. 71
In quest’opera Tuazon mette in scena il volto più umano dell’architettura, il suo aspetto più intimo; il materiale con il quale è stata creata fuoriesce come se la parete si stesse sgretolando su se stessa.
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alex ch i n n e ck a pound of flesh for 50p, londra, 2013
// fig. 72
L’artista ha creato un muro di mattoni che si sciolgono al sole con l’intento di costruire una casa in grado di deteriorarsi. L’intento è quello di far dipendere dal sole il destino dell’architettura, da sempre studiato e calcolato nei minimi dettagli. I mattoni, di dimensione reale, sono in paraffina alla quale è stata aggiunta della sabbia per rendere ogni mattone diverso dall’altro e dotato di imperfezioni.
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fa b i o m a u r i
muro d’europa/la barca-automobile,
fondazione de appel, amsterdam,1979
// fig. 73
E’ un’installazione composta da un muro di mattoni che divide per la lunghezza una barca di legno di 8m. Chiaro il riferimento al Muro di Berlino, cicatrice che divide l’Europa. Il Muro d’Europa inaugura una serie di opere-installazioni realizzate nel corso degli anni Ottanta e Novanta.
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adria n p a c i
after the wall there are some walls, kaufmann repetto, milano, 2001
// fig. 74
L’artista si è recato a bordo di uno scafo nella zona di frontiera tra Italia e Albania, nel canale di Otranto, riempendo taniche di plastica con l’acqua del mare. Queste sono state usate per costruire un muro sul quale viene proiettato un video che mostra i dialoghi difficili tra lo scafista italiano e la guardia costiera, presentando oltre il muro politico anche i muri della comunicazione tra le persone.
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Il m ur o e la sua p e l l e il su o a b i to
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L’impulso di lasciare un segno su una superficie vuota è universale ed eterno, come un bambino che disegna sulle pareti, anche l’uomo comunica attraverso esse, lo ha sempre fatto, lasciando tracce indelebili nel tempo.
“Alle origini l’uomo delle caverne, prima di arredarle, ornò le grotte: è inequivocabile il fatto che non ci siano pervenuti esempi di arredi cavernicoli, bensì di meravigliose forme estetiche di decorazione. Nei primi segni tracciati alla cieca nell’oscurità, vediamo due caratteristiche: il gesto irrazionale, spontaneo, istintivo, barbarico, privo di tecnica, e poi, quasi immediatamente dopo, una parvenza di razionalità nei segni diagonali, nei cerchi che contengono quadrati, segni istintivi ma tracciati da una mente ordinatrice.” 15 Ci rapportiamo quotidianamente con queste superfici, le vediamo tutti i giorni, ma forse siamo talmente abituati alla loro presenza che le guardiamo senza osservarle, non notando i particolari di cui sono ricoperte. Il muro è la vittima inconsapevole degli agenti atmosferici, dell’uomo e dell’abbandono: quello che dovremmo cercare sono le loro diverse sfaccettature dovute alle stratificazioni del tempo, al degrado e allo sgretolamento dei materiali, a tutti quei segni che l’uomo ha lasciato con il suo passaggio. Sono pareti che hanno vissuto e che non sono invecchiate inutilmente, hanno qualcosa da dirci, da raccontarci.
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Dobbiamo ricercare l’individualità e la storia di ogni superficie, provando a fissare un istante della vita di quel muro che già poco dopo non sarà più lo stesso; dobbiamo esser pronti a cogliere le tracce del tempo, le muffe, le incrostazioni, le scritte, i colori, le vernici sovrapposte, i dipinti. Su questi muri sono stati lasciati dei messaggi, sono stati affissi manifesti che ormai si leggono a stento; s’intravedono insegne che si sono perfettamente conservate, mentre altre sono scritte del passato ormai indecifrabili e inevitabilmente perdute, una leggerissima traccia di quello che fu.
“Ricordo una meravigliosa funzione di arredamento che diviene fatto architettonico e plastico in un interno di una capanna africana. La fotografia era a colori e così ho potuto rendermi conto dei valori cromatici dell’ambiente. Il pavimento era in terra battuta, più perfetto di un pavimento in gomma dei nostri giorni. [...] In quella capanna africana mancavano completamente il senso della decorazione, l’idea della bellezza e dell’adornare. Mentre a Pompei, invece, in quella evolutissima civiltà, troviamo la decorazione... Gli esempi che faccio vogliono dimostrare che l’architettura moderna non può fare a meno della conoscenza di valori architettonici che sono sempre esistiti.” 15 A ben vedere il muro è come la tela di un pittore, come il foglio bianco dello scrittore.
“Abbiamo creato il nulla intorno alle cose. Che
15- CARLO SCARPA, Prolusione tenuta in occasione dell’inaugurazione
dell’anno accademico 1964-65 all’istituto universitario di architettura di Venezia.
potremo offrire quando decideremo di partecipare con le nostre opere alla creazione di una vita più eloquente per le persone? Non abbiamo più muri di grosso spessore: noi tendiamo a spessori estremamente sottili, abbiamo persino abolito il muro qualche volta diciamo che tutto ciò è un fatto spaziale, ma non lo è affatto, perché il valore spaziale è...è difficile a dirsi. […] Ma uno potrebbe dirmi: “Vedi, dunque, che la decorazione non c’entra?”. Eppure vi dico che c’è un momento in cui dovrete pur immaginare il cromatismo delle cose - farete pure un pavimento, un soffitto, delle pareti: le volete tutte bianche? Anche nella progettazione di un semplice spazio cubico intervengono dei piccoli ragionamenti, un alfabeto, forse una grammatica.” 15
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Il m ur o e la sua p e l l e il su o a b i to
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Freddo, caldo, umido, secco, polvere, frammenti, tracce indelebili accumulate nel corso del tempo che hanno fatto diventare il muro quello che è oggi. Tutti i muri hanno da raccontare una storia, dirci qualcosa riguardo il loro passato, essere ammirati per quello che sono, senza l’aggiunta di alcun rivestimento. Ogni muro ha in sé un’anima materica che si presenta per quella che è, si fa conoscere nei suoi schemi, nel suo processo costruttivo, nella sua texture e nel profumo che emana.
“Allora gli uomini si aggiravano tristi tra le vetrine e si vergognavano della loro impotenza, ogni età ha avuto il suo stile e solo alla nostra dovrà essere negato uno stile? Per stile s’intendeva l’ornamento. Dissi allora: non piangete! Guardate, questo appunto costituisce la grandezza del nostro tempo, il fatto cioè che esso non sia in grado di produrre un ornamento nuovo. Noi abbiamo superato l’ornamento, con fatica ci siamo liberati dell’ornamento. Guardate, il momento si approssima, il compimento ci attende. Presto le vie della città risplenderanno come bianche muraglie! Come Sion, la città santa, la capitale del cielo. Allora sarà il compimento.” 16 Liberarsi del superfluo per far risplendere quello che è, lavorare con la materia per esaltarla; di cosa è fatto un muro? Cemento, laterizio, pietra, strati su strati si fanno conoscere per quello che sono, muschi e funghi ne hanno alterato la sua consistenza iniziale, facendoci vedere un muro
16- ADOLF LOOS , Parole nel vuoto , 1972
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fragile, a tratti sgretolato; la polvere che si è depositata su di lui ci fa scoprire mondi passati, ci invita a seguire tracce di una vita vissuta in precedenza, mobili scomparsi, quadri che erano stati appesi proprio in quel punto, segni di ciò che c’era e ora è scomparso; come l’opera di Parmiggiani, il fumo immobilizza il segno dei libri e degli oggetti che erano presenti nella stanza sui suoi muri. Altre volte il muro è semplicemente composto da parti di altri muri che hanno in sé un’altra storia e la raccontano in un giubilo di segni, parti mancanti, tracce di vita andando ad uniformarsi al racconto finale. Le Corbusier, all’interno del Molitor decide di lasciare sulla parete di laterizi, la presenza della canna fumaria del vecchio camino, tipicamente parigino, mantenendo viva la memoria dello spazio. Analogo il ragionamento di Rem Koolhaas che decide di lasciare muratura e cartongesso a vista, lasciando viva la pelle originale del muro. Ci sono casi in cui, invece, la pelle viene coperta, nascosta da rivestimenti e finiture ed è necessario scavare, togliere gli strati più esterni per riportarla in vita. Così fa Michael Asher, che attraverso un processo di sabbiatura elimina lo strato di vernice riportando alla luce il materiale originario che compone il muro e a prima vista il visitatore della galleria penserà di trovarsi in un ambiente con lavori in corso, oppure, come ha fatto Andrea Mastrovito, il quale ha scolpito i bassorilievi dei quadri presenti prima del suo lavoro scavando nella muro e facendone affiorare la sua stratificazione.
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// fig. 01
il muro e / la sua pelle
cl a u d i o p a r m i g g i a n i delocazione,
1970
L’artista sceglie uno spazio e in seguito satura di fumo e fuliggine la stanza, in questo modo le pareti si anneriscono totalmente, lasciando, però, l’ombra degli oggetti che erano presenti. Attraverso questo lavoro possiamo vedere l’azione del tempo che, un granello di polvere dopo l’altro, lascia la sua impronta sulle pareti.
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l e c o r b us ie r immeuble molitor, parigi, 1931 -1934
La parete di fondo dello studio di Le Corbusier è composta da mattoni a vista. I laterizi posti nella parte destra fanno parte del vecchio camino della casa; l’architetto ha voluto mantenere traccia del passato dell’edificio, mostrandone la sua vecchia pelle.
// fig. 02
il muro e / la sua pelle
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a l v ar a alt o
muuratsalo experimental house, muuratsalo, finlandia, 1953
Aiutata dall’ambientazione, questa architettura si stacca dallo stile modernista precedentemente usato da Aalto. La composizione è semplice: due volumi perpendicolari al cortile con un’ala separata per gli ospiti. La facciata che affaccia sulla corte è composta da cinquanta diversi tipi di mattoni e di ceramiche, mentre quelle che le fanno da cornice sono verniciate di bianco.
// fig. 03
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
h e l e n e h ar d the naked garden,
manifesta bolz, bolzano, 2008
The naked garden è un’opera site specif; un attento studio dell’architettura ha rivelato diversi microrganismi che nel corso del tempo hanno occupato ed invaso la fabbrica. L’opera vuole sottolineare lo stato transitorio dell’ambiente e, grazie ad un robot programmato, si è scolpita e perforata la parete. Le nuove aperture modificano la luce, l’acqua e il vento migliorando le condizioni di proliferazione dei funghi.
// fig. 04
il muro e / la sua pelle
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om a
fondazione prada, milano, 2015
Per la Fondazione Prada di Milano, come giĂ per progetti precedenti, Rem Koolhaas lascia intenzionalmente visibili i segni della struttura e delle sue pareti, offrendo un promemoria fisico dei segni lasciati in precedenza.
// fig. 05
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
m i ch a el a s he r untitled,
galleria toselli, milano 1973
L’opera che l’artista Michael Asher ha realizzato per la Galleria Toselli a Milano, consiste nell’aver sabbiato le pareti e il soffitto della galleria, eliminando lo strato bianco neutro di vernice per rivelarne l’intonaco marrone sottostante. L’effetto ottenuto è quello di trovarsi in un sito in costruzione, piuttosto che in una galleria d’arte.
// fig. 06
il muro e / la sua pelle
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a n d r e a m a s tr ov it o lo studio testori,
casa testori, novate milanese, 2011
Queste opere sono state realizzate scolpendo il muro di casa Testori, in onore della mostra Easy come Easy go; grazie a questi bassorilievi la storia del muro ci appare in tutti i suoi strati della vita precedente.
// fig. 07
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
e n s a mble s tu dio la trufa,
spagna, 2010
È stato scavato un buco nel suolo, su cui è stato appoggiato un cumulo di balle di paglia, poi ricoperte da una serie di colate di cemento, sulle quali è stata poi riportata la terra estratta dallo scavo. Nel corso del periodo di maturazione il cemento, che non possiede armatura, ha acquisito alcune delle proprietà della terra: colore, grana e forma, determinate dalle diverse forze di compressione in atto. La pietra artificiale è successivamente stata tagliata, utilizzando seghe da cava, e rivelando la massa vegetale della paglia, compressa dal peso del cemento e del terreno.
// fig. 08
il muro e / la sua pellepelle propria
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p e t er z u m t h or cappella di bruder klaus, germania, 2011
Centododici pali disposti a cono, formano una struttura attorno alla quale sono state posate 24 gettate di calcestruzzo di 50 cm ciascuna, senza l’uso di addensanti e della vibrazione. Al fine di rimuovere il telaio di legno è stato tenuto acceso un fuoco all’interno della cappella per tre settimane, in modo che i tronchi, carbonizzando, si riducessero staccandosi cosÏ dal calcestruzzo.
// fig. 09
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
a n n h a m ilt o n kaph,
contemporary art museum, houston, 1997-1998
L’opera (il cui titolo significa palmo della mano), consiste in due muri bianchi affiancati che tagliano la galleria del museo, lasciando piccole aperture alle due estremità. La superficie dei muri è cosparsa da 3000 forellini; un tubo che passa all’interno delle pareti immette All’interno delle pareti passa una rete di piccoli tubi capillari nei quali scorre acqua distillata unita a bourbon collegati ai fori. L’effetto è quello di vedere una pelle che trasuda e piange come un organismo vivente.
// fig. 10
il muro e / la sua pelle
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a i we i we i
souvenir from shangai,
martin-gropius-bau museum berlino, 2014
All’inizio del 2008, Ai Weiwei è stato invitato a Shanghai per costruire uno studio in Malu Town. Non appena terminata la costruzione, nel 2010, è stato informato che l’edificio sarebbe stato distrutto, un castigo per la sua critica sempre più aperta verso il governo. L’opera è realizzata con le macerie di cemento e mattoni prese dal sito dello studio distrutto di Shanghai.
// fig. 11
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
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Il m ur o e la sua p e l l e il su o a b i to
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“Noi appesi al muro, avevamo i manifesti dei nostri eroi: attori, cantanti, calciatori, i poster dei nostri film più amati, dei nostri quadri preferiti. Poi sono venuti quadri veri e propri, opere di amici: dipinti, foto, collage. Ora preferisco un muro vuoto, pieno di possibilità, come una pagina bianca.” 17 Intonaco, malta, rivestimenti, pittura, carta da parati; perché rivestire un muro? Perché dipingerlo? Fin dalla preistoria l’uomo ha sempre lasciato segni sulle pareti della caverna, dapprima tracciando delle semplici linee fino a documentare vere e proprie scene di caccia. Abbiamo sempre sentito il bisogno di colorare, decorare, rivestire i muri che ci circondano, che ci sono vicini, come se il materiale del quale sono composti non fosse abbastanza nobile, come se volessimo nascondere quello che in realtà sono. Di grande importanza per la pittura murale è stato il contributo dato da Sironi durante la V triennale; lo si apprende dal catalogo generale della manifestazione e dalla maggior parte dei commenti dell’epoca, tra cui la lapidaria ed entusiastica affermazione di Gio Ponti: “La prima, grande, audace esperienza del ritorno delle arti pittoriche scultore nell’architettura, l’ha voluta la triennale di Milano e l’ha condotta Mario Sironi con una volontà che punta dritta verso le più alte ambizioni.” Sironi chiamò intorno a sé tutti i pittori che stimava per partecipare a un’avventura nuova, creando i presupposti e animando il clima che ha fatto della quinta triennale la più grande
17- GAE CASOLARI, Muri , 2013
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
testimonianza della pittura murale in Italia negli anni trenta. L’impegno di Sironi, nel caso del salone, non si limitò a quello di pittore e regista: egli svolse anche mansioni relative alla scenotecnica studiandone accuratamente tutti i dettagli, tra cui quello fondamentale dell’illuminazione.
“Tema per le pitture del salone d’onore è stato l’Italia nelle varie manifestazioni del lavoro, dello sport, dello studio, e della vita familiare. Sì è studiata una dimensione obbligata delle figure tale da non generare discordanze ma si era ritenuto di lasciare agli artisti libertà nell’interpretazione E nello stile onde non venissero aggravate le già notevoli difficoltà di coprire le pareti tanto vaste in così breve tempo e in qualche caso senza nessuna speciale preparazione da parte degli artisti stessi.” 18 Con queste parole viene introdotta la sezione relativa alla pittura murale, parole che ancorché anonime, con ogni probabilità sono state scritte da Sironi. Nella pittura murale “Il lavoro”, concepita da Sironi, si strutturava valentemente secondo linee verticali, sembrando concepita da un grande architetto, benché Sironi fosse al suo debutto. Per lui il lavoro non rappresentava soltanto una necessità come mezzo di sostentamento e di progresso sociale, ma delineava anche l’unica retta via esistenziale. Il rivestimento cambia la faccia del muro, del luogo in cui siamo; una testimonianza importante di questo tipo la offrono i bassorilievi
18- MARIO SIRONI, Discorso durante la V Triennale , 1932
pensati da Costantino Nivola, il quale introduce la tecnica del sand casting, modellando prima il negativo del bassorilievo sulla sabbia e versando poi al suo interno una colata di cemento, il quale indurendosi inglobava al suo interno delle particelle di sabbia, donando all’opera un aspetto molto più naturale. Grazie all’utilizzo della superficie muraria come fosse una grande tela bianca, l’arte può diventare pubblica. Le facciate “cieche” delle città sono spesso dipinte da artisti – ne sono un caso particolare i muri a Berlino di Blue o il progetto Gentle Wall a Rio de Janeiero – in questi casi essa è ammirata dai passanti e assume un ruolo “contestatorio” riguardo l’arte rinchiusa tra le mura. Il fenomeno del graffitismo caratterizza la pelle della città con rapidi colpi di segni, producendo trasformazioni nello spazio urbano di notevole interesse, trasformando l’elemento architettonico; il muro da elemento inerte diventa parlante, acquista uno spessore espressivo, creando una rete all’interno della città. Ma il desiderio di personalizzare la pelle avviene anche e soprattutto negli spazi interni, nelle nostre abitazioni. A questo proposito troviamo opere di Denis Santachiara, Simon Heijdens, Carnovsky, che grazie all’uso di particolari tecnologie, trasformano la carta da parati in una pelle in grado di trasformarsi. In altre opere è invece l’uomo o il segno del suo passaggio a completare l’abito che riveste la muratura.
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// fig. 12
il muro e / il suo abito
tia go e g a b r i e l p r im o à parede,
rio de janeiro, 2010 Per questo progetto un artista e un collezionista sono invitati a realizzare un’opera sulla parete esterna della galleria “A gentil carioca” a Rio de Janeiro, dove rimane esposta per quattro mesi. Con il sostegno del collezionista, si sottolinea l’importanza del termine “collettivismo”, trasformando la collezione privata di opere d’arte in qualcosa di pubblico. In questo modo si prende l’arte di strada e la si rende accessibile ed educativa per il pubblico in generale attraverso il muro di confine tra la galleria e la strada.
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
d e n i s san ta chia r a carta da parati luminosa, 1980
Questa carta da parati, decorata a mano dall’artista e rappresentante dei fuochi d’artificio, è dotata di una tecnologia particolare. In assenza di luce nella stanza, delle piccole lampadine elettriche poste in corrispondenza dei fuochi d’artificio, s’illuminano rendendo la carta da parati interattiva.
// fig. 13
il muro e / il suo abito
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s i m o n h eijd en s moving wallpaper, 2002
L’artista ha progettato una carta da parati che ha la possibilità di cambiare pattern. Ci sono tre opzioni possibili: una carta da parati da uomo, il pattern è una macchinina, una carta da donna con un motivo floreale, e una carta da parati neutra per entrambi i sessi. Il pattern della carta cambia grazie alla presenza di un circuito che, se attivato, rende possibile il cambio di immagini.
// fig. 14
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
m i ch el b laz y mur de poils de carotte, francia, 2000
L’artista crea delle sculture a partire dalle piccole cose di casa che normalmente ci ispirano solo l’inattenzione dedicata agli oggetti del quotidiano. Questo sapiente insieme di materiali naturali ed artificiali costituisce il supporto delle investigazioni dell’artista. Le opere diventano così metafore della fragilità, del tempo che passa e della brevità della vita.
// fig. 15
il muro e / il suo abito
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c a r n ov s k y
rgb fabulous landscape,
fondazione adolfo pini, milano, 2013
RGB Fabulous Landscapes alla Fondazione Adolfo Pini a Milano è composta da carte da parati che mostrano scene differenti quando tonalità diverse di luce le illuminano.
// fig. 16
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
g i u s e ppe pe no ne respirare l’ombra,
castello di rivoli, torino, 1999
L’opera consiste in una stanza nella quale le pareti sono composte da uno spesso strato di foglie di alloro contenute all’interno di reti metalliche. É una sorta di cripta naturale dove all’interno del muro dalla superficie più ampia si trova il calco in bronzo dorato di due polmoni.
// fig. 17
il muro e / il suo abito
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wolfgang laib the wax room,
the phillips collection, usa, 2011
Nelle “wax room” le pareti vengono completamente ricoperte di cera. Illuminate da una sola lampadina che crea un’atmosfera surreale, sono stanze che ci separano in modo fisico dal mondo attivando tutti i sensi in particolare l’olfatto e il tatto.
// fig. 18
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
c o s t a n t ino nivola ospitalitĂ ,
negozio olivetti, new york, 1954
L’allestimento realizzato dai B.B.P.R. per il negozio olivetti di NY, è completato da un bassorilievo che occupa quasi interamente la parete di sinistra, lungo circa 25 metri. Nivola adotta una tecnica particolare, da lui sviluppata, consistente nel realizzare la scultura sulla sabbia bagnata; quando la sabbia asciuga viene ricoperta con gesso di Parigi che si rapprende inglobando nella sua superficie anche un velo di sabbia.
// fig. 19
il muro e / il suo abito
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j a n n is ko un ellis metamorfosi,
hallen für neue kunst, svizzera, 1984
Questo lavoro, visualizza la storia come stratificazione. Kounellis ha costruito un muro con pietre e tavole dalle rovine di una casa coprendo l’intera parete. Motivato dalla trasformazione della fabbrica tessile Schaffhausen in un museo d’arte, Kounellis ha legato la posizione e la sua storia ad un soggetto più grande: la metamorfosi di una forma in un’altra.
// fig. 20
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
p a o l o ulia n pagina, 2001
Piastrella in ceramica per il rivestimento di bagni pubblici. La pagina bianca di un quaderno come palese invito alla scrittura per l’inevitabile opera clandestina di tutti i WC writers.
// fig. 21
il muro e / il suo abito
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ar ch i t e c t e n d e v y lde r v in ck t a illieu rot ellen berg house, belgio, 2012
La facciata nord dell’edificio, recentemente ristrutturato dallo studio ADVVT, è rivestita da mattonelle quadrate sulle quali è stato disegnato un pattern di mattoni; questi riprendono la posa delle vecchie file di laterizi, garantendo però un ottimo isolamento termico.
// fig. 22
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
m a r t i g uix è
camper temporary shop, milano, 2000
Era il primo temporary shop del marchio Camper. Guixè decise di lasciare le scarpe esposte sulle scatole di cartone al centro dello spazio, lasciando così liberi i muri. A disposizione del pubblico vi era un pennarello rosso (colore del brand) con cui era possibile lasciare scritte sul muro del negozio.
// fig. 23
il muro e / il suo abito
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m at t e o r a g ni time after time,
jannelli & volpi, 2011
Sovente capita di scorgere sotto l’intonaco dei muri di una casa la traccia di un passato piÚ o meno recente: una mano di pittura azzurra, una carta da parati, oppure un vecchio affresco. I muri sono testimoni di una stratificazione temporale ed esperienziale, cosÏ partendo da una partizione geometrica dello spazio come una quadrettatura di un quaderno, nascono infinite combinazioni di pattern.
// fig. 24
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
a n g e l a s t r as s h eim evidence n. 1, stati uniti, 2008
Le fotografie sono state scattate in case in cui si sono verificati degli omicidi. Nonostante gli spazi siano stati ripuliti, riverniciati e riabitati, utilizzando una particolare soluzione che attiva la memoria fisica del sangue attraverso il contatto con le proteine di DNA presenti sulle pareti, appaiono delle tracce che testimoniano l’accaduto.
// fig. 25
il muro e / il suo abito
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j o a n n a r ajkow s k a the uhyst refugee asylum, germania, 2008
La serie di fotografie nasce in occasione di un’azione realizzata in Germania, presso un edificio oggi abbandonato trasformandolo in asilo immaginario per rifugiati provenienti da venti paesi del mondo oggi in guerra. I nomi dei paesi sono stati riportati sulle pareti delle stanze a loro assegnate e scelte in base alla condizione dello stato - i piÚ poveri e devastati sono stati associati alle camere piÚ fatiscenti.
// fig. 26
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
g i ov a n ni m or b in ibridazione 2 - bodybuilding, verona, 2004
In bodybuilding, è il muro di un edificio a diventare il possibile interlocutore della comunicazione, messa in atto attraverso l’ibridazione del corpo dell’artista con la massa dell’edificio. La performance, della durata di otto ore, assunte a sistema di misurazione sociale, rende reale l’evento perchè trasforma i due esseri in qualcosa di nuovo: il corpo subisce l’immobilità dell’edificio che allo stesso tempo si dota di un’appendice umana.
// fig. 27
il muro e / il suo abito
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m a r k us s ch inwa ld orient,
padiglione austriaco, biennale di venezia, 2011
Il video, proiettato all’interno del padiglione austriaco alla 54 Biennale di Venezia, tratta la tematica della costrizione del corpo svelata con personaggi impegnati in movimenti che diventano il ritratto della paura e dell’ansia che il quotidiano ci riserva. Gli attori interagiscono in maniera brutale con lo spazio, coi muri nei quali rimangono imprigionati.
// fig. 28
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La b ar ri er a c om e supp or to a b i ta b i l e supp or to attre zz ato supp or to c omun i cati vo
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Barriere che ti proteggono, barriere che ti racchiudono, barriere che integrano una funzione al loro interno, barriere che comunicano un ideale di libertà e di desiderio che quella barriera non esista, barriere che comunicano fisicamente la presenza di qualcosa o di qualcuno che sta dall’altra parte. A seconda del ruolo che la barriera assume all’interno di una costruzione, varia di materiale e spessore per poter svolgere al meglio la sua funzione di sostegno e divisione degli spazi. Non sempre essa si limita a ricoprire il suo ruolo primario di divisione, talvolta, a secondo le esigenze, si trova a doversi prendere carico di altre funzioni più complesse. La barriera acquisisce un nuovo scopo che è quello di supporto; certo, è un supporto per i mobili, che spesso le vengono appoggiati contro nascondendola, è un supporto per i chiodi ai quali i quadri vengono appesi, ma, in questo caso, non funge da semplice appoggio ma diventa essa stessa supporto di arredo e di funzioni che solitamente vengono svolte intorno ad essa fino ad arrivare ad integrarle interamente all’interno della sua materia. Altre volte, invece, la barriera esiste laddove non dovrebbe esserci, dove nessuno ne desidera la presenza, quando non vogliamo, e non scegliamo, di essere separati da qualcosa o da qualcuno, in questo caso il desiderio di abbattimento è talmente intenso che ci spinge a voler oltrepassare l’ostacolo in ogni modo, fisicamente oppure idealmente.
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La b ar ri er a c om e supp or to a b i ta b i l e supp or to attre zz ato supp or to c omun i cati vo
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“Al di là dei valori plastici, più o meno bidimensionali, che tradizionalmente si associano alla facciata, questa frangia si può assumere come una entità spaziale all’interno della quale si riconoscono e si esplorano, contemporaneamente, 19 le possibilità di abitare a una scala differente.” Chi non ha mai sentito la necessità, almeno una volta, di nascondersi, di trovare un proprio angolo, una nicchia dove non poter essere trovato, come se si provasse il bisogno di scomparire, di integrarsi con la parete in modo da risultare invisibili e immuni verso il mondo esterno? Provare la sensazione di diventare parte del muro, proprio come fece Francesca Woodman nelle sue fotografie, in cui emerge il suo desiderio di fondere il suo corpo con la parete, oppure di andarsi a mimetizzare con essa, come la protagonista di Wallflowers in bloom, di Emiliano Ponzi, che si sente insicura al punto tale di sparire nella carta da parati che ricopre il muro. E’ forse perché l’essere umano si sente perso e spaventato di fronte agli spazi grandi e vuoti, come se si sentisse oppresso dalla grandezza del mondo che lo circonda e per questo motivo manifestasse la necessità e la volontà di avere un rifugio, di sentirsi protetto da quattro mura. La superficie di un muro è una barriera, ma la materia è modificabile e lancia un invito a scavarne l’interno, fisicamente o metaforicamente. Esattamente come un blocco di marmo che ha in sé il potenziale per divenire una scultura, la sostanza solida che costituisce il muro contiene dello spazio
19- MANUEL A. MATEUS, Abitare il limite, 2011
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
che può essere utilizzato. Si è abituati a pensare e ad identificare i luoghi costruendo elementi nella loro positività spaziale ma lo spazio può essere ottenuto anche attraverso il processo negativo di sottrazione, estraendo materiale e non aggiungendolo. Abitare un muro, entrare al suo interno e diventare parte integrante di esso; la separazione tra interno ed esterno diventa il progetto stesso, come costruire un muro per abitare? Come abitarlo? Essere a contatto con queste pareti ci fa sentire protetti e accolti, i luoghi più privati dell’abitare diventano solo nostri, il muro ci nasconde dal mondo esterno, ci accoglie come la terra accoglie un seme. Scavare all’interno di una roccia per crearsi spazio può avere significati religiosi e spirituali; può essere associato alla volontà di cercare un luogo di protezione in cui si è circondati dalla materia, nella quale ritagliarsi uno spazio fuori dal mondo. Ricavare uno spazio nella materia vuol dire crearsi un posto sicuro tra la sua solidità ed il mondo che ci circonda; esso può essere trovato e ricavato all’interno dei muri, nel loro spessore. Tornando indietro nel tempo ci ritroviamo nei castelli medioevali, in cui i muri perimetrali sono talmente profondi da poter contenere al loro interno una stanza, e le cui mura difensive circondano il perimetro rendendolo allo stesso percorribile. In tempi più recenti diversi architetti e artisti si sono cimentati in questa sfida, i fratelli Mateus hanno proposto in diversi progetti l’abitare il limite risolve problemi spaziali e crea un collegamento spaziale tra una stanza e l’altra. Un’altra opera significante è quella degli artisti
Hofner & Sachs, dove a prima vista il fruitore crede di essere in una stanza completamente bianca, solo se camminerà seguendo la parete che si trova di fronte scoprirà una porta dalla quale accedere all’”abitazione”, dove chiunque si trovi al suo interno risulta invisibile al mondo esterno. Al contrario, al giorno d’oggi si tende ad eliminare la presenza dei muri, andando alla continua ricerca di ambienti fluidi e aperti in cui la divisione sia determinata da pareti sottili, quasi inesistenti, come veli o tende, che nonostante siano in grado di bloccare lo sguardo, lasciano trapelare ogni altro segreto.
“Quesito della modernità: si può veramente abitare in una pellicola o in un film (intesi come nastri continui di una materia senza spessore)? In architettura ho assottigliato a tal punto il limite che mi separava dall’esterno che oggi esso si è quasi annullato, tanto da farmi ritrovare “in vetrina” proiettato nel fuori attraverso spessori pressoché inesistenti. Per contro all’interno mi accorgo che per non sentirmi completamente senza centro e perso nel vuoto un qualche limite da qualche parte anche nel liberatorio open space lo vorrei. Ed eccomi a ricostruirlo quel limite e a evocare il muro, nel quale nel corso dei secoli ho faticosamente aperto prima feritoie, poi vani, quindi specchiature, e che oramai è ridotto a ben poca cosa.” 20
20- MANOLO DE GIORGI, Inventario 03, 2011
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// fig. 01
la barriera come / supporto abitabile
the ch a p u i s at b r o th er s intra-muros #1, zurigo, 2006
L’installazione si presenta esternamente come un normale muro spesso 50-60cm. Il visitatore è invitato ad attraversare uno sportello entrando fisicamente nel muro; si accede ad un tunnel buio in cui si perderà il senso dell’orientamento. Guardandosi intorno si scorgeranno passerelle e arredi semplificati che lasciano intendere le funzioni domestiche svolte nell’ambiente.
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kazuyo s e j i m a
casa in un giardino di pruni, tokyo, 2001-2003 Uno spazio in cui far convivere più persone tenendo conto dell’importanza della privacy e dell’autonomia di ognuno. Lo spazio viene sfruttato al massimo, l’interno dei muri assume un ruolo fondamentale, inglobando arredi e spazi funzionali.
// fig. 02
la barriera come / supporto abitabile
hof ner & s a ch s interieur, walk in wall piece,
centre d’art contemporain, metz, 2004 Il visitatore si ritrova in una grande sala dove l’unica altra presenza è data da muri bianchi. Camminando lungo il muro si scopre una porta che invita ad entrare in esso. Ci si ritrova in un appartamento labirintico, una normale casa, ma dalle dimensioni consentite dallo spessore del muro. Da un ambiente freddo, bianco, ci si trova in micro ambienti dai colori caldi.
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fr atelli m at e u s casa ad alvalade,
portogallo, 1999 - 2000 Gli spazi dell’abitazione si organizzano in due gruppi distinti: quelli ausiliari - ripostigli, bagni e corridoi - e quelli principali - saloni, cucina, camere. In particolare, i primi sono concepiti come uno spesso muro abitato: il muro si sdoppia in due pareti continue e parallele distanziate il tanto che basta per avere uno spazio percorribile al loro interno.
// fig. 04
la barriera come / supporto abitabile
g r e g o r s ch n e i d e r totes haus u r,
padiglione tedesco, biennale venezia, 2001 L’artista ricostruisce le stanze della Haus u r nel padiglione tedesco; esse sono formate da ambienti costruiti l’uno nell’altro e non visibili in un primo momento dal pubblico. Solo ad uno sguardo più attento è possibile scorgere dei passaggi segreti che, conducendo il visitatore all’interno dei muri, raggiunge altre stanze.
// fig. 05
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christian pottgiesser val de grâce house, parigi, 2007 - 2008
L’appartamento si trova all’interno di un edificio di fine Ottocento, caratterizzato da un corridoio centrale, privo di luce naturale. La volontà di voler illuminare gli spazi con luce naturale porta alla creazione di nuovi spazi che non toccano la struttura esistente. I muri si espandono attraverso appendici creando ambienti nuovi e formando delle isole funzionali che definiscono lo spazio.
// fig. 06
la barriera come / supporto abitabile
jean p a s c a l fl av ie n no drama house, londra, 2009
Dall’esterno sembra un muro bianco, stretto e alto con delle aperture. Attraverso una piccola scala, il visitatore entra nel muro trovandosi in questa casa insolita di due piani non comunicanti, infatti il piano inferiore è accessibile attraverso una finestra. L’ambiente interno non presenta pareti di partizione, tutte le funzioni vengono svolte in un unico ambiente.
// fig. 07
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La b ar ri er a c om e supp or to a b i ta b i l e supp or to attre zz ato supp or to c omun i cati vo
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“Disegno soffitto e pavimento di un piano: divido l’altezza, per esempio, in quattro parti, per mezzo di tre lastre di cemento armato, dello spessore di qualche centimetro, e che vanno da un muro all’altro, oppure che si fermano a metà del vano. Posso murare delle tavelle sia su un lato che sull’altro delle mie lastre, a seconda delle necessità. Dei piccoli profilati a U, sistemati sul lato superiore ed inferiore di ogni lastra, alloggeranno dei pannelli scorrevoli di lamiera di acciaio, di alluminio, di cristallo, di legno o di marmo. Ecco costruite delle magnifiche pareti-armadio, e anche qui potremo sistemare gli scomparti interni di cui si è già detto.” 21 I muri diventano un’appendice umana e accolgono al loro interno quello che prima si trovava intorno a loro, il nostro desiderio di integrarci con il muro diventa reale. Quando si parla di architettura si ha a che fare con un involucro durevole, che ha il compito e la necessità di resistere nel tempo a contrario degli elementi di arredo che hanno un ciclo vitale molto più breve. Tuttavia, nel corso del tempo, architettura e arredamento hanno avuto modo di integrarsi l’una con l’altra, si pensi alle tende nomadi dove tutto è arredamento o alle case in pietra dei contadini dove la muratura lascia spazio a nicchie e piani di appoggio, fino ad arrivare ai giorni nostri dove questo rapporto è sempre meno presente.
“Il muro generava nicchie, recinti, sacche, grembi: la materia dell’architettura tradizionale con i suoi
21- LE CORBUSIER, 1929
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pesi specifici importanti non aveva difficoltà a segnare pertinenze e proprietà con degli spessori che erano anche volumi e a marcare il passaggio tra una gerarchia e una servitù, tra una funzione maggiore e una funzione minore, tra uno spazio che veniva prima e uno che veniva dopo, in sequenza. Con quei muri a forte spessore si regolavano non solo il rapporto con l’esterno e le questioni ambientali tipiche di una facciata, ma anche tutti i comportamenti domestici e l’arredo, perché il muro era l’arredo prima dell’arredo (panca, piano d’appoggio, zona di illuminazione in nicchia, ripostiglio, storage” 22 Alcuni muri assolvono una duplice funzione di separare gli ambienti inglobando, al tempo stesso, elementi di arredo. Essi hanno per lo più lo scopo di contenere ciò che, per questioni di spazio e di costo (uso frequente negli anni 20 e 70), non ha trovato un suo posto nell’ambiente. Il muro va a formare delle nicchie, delle aperture e dei pertugi nei quali vengono integrati i suppellettili, rendendo in questo modo possibile avere uno spazio libero e fluido intorno, razionalizzando il risparmio di superficie abitativa. Diversi sono gli arredi che trovano spazio all’interno dei muri, se per la maggior parte ricoprono il ruolo di contenitori, numerosi sono i casi in cui anche sedute, letti e mobilio di altro genere vengono integrati o fatti scomparire in essi. Questo espediente, in grado di trasformare totalmente lo spazio che si trova intorno è stato utilizzato da numerosi architetti nel corso della storia. Le Corbusier e Pierre Jeanneret, ad esempio,
22- MANOLO DE GIORGI, Inventario 03, 2011
nel loro progetto per la casa bifamiliare al quartiere Weissenhof a Stoccarda del 1927, progettano una parete nella quale inserire in letto; lo spazio cambia totalmente nel corso della giornata, presentandosi libero e fluido durante le ore del giorno, e andando a creare delle vere e proprie camere da letto indipendenti durante la notte. Anche in Casa Leucheur del 1929, le pareti attrezzate ricoprono un ruolo fondamentale: oltre a dividere lo spazio comune da quello destinato ai figli, contenere parzialmente i letti, fungono da filtro acustico tra gli spazi, che diventano separati solo durante le ore notturne grazie allo scorrimento di pareti mobili. Talvolta le pareti diventano accessibili da entrambi i lati, raggiungendo uno spessore maggiore del normale, e vengono usate come divisione di spazi interni a un’abitazione o anche come divisione tra due appartamenti distinti. Interessante in questo contesto, l’intervento di I. Diotallevi e F. Marescotti per un intervento di edilizia economica nel quartiere Varesine a Milano nel 1947. Nella zona notte delle abitazioni sono presenti di muri attrezzati che non solo dividono gli ambienti interni ma sono anche l’elemento di separazione tra due alloggi. Un altro esempio significativo è quello della casa di Gropius a Dessau in cui le pareti attrezzate sono molto complesse e in esse vengono introdotte una gran varietà di funzioni. Nelle camere da letto le pareti sono fruibili su entrambi i lati, raggiungendo uno spessore di quasi 1m, in cui la cabina armadio e gli altri elementi son inseriti in una nicchia che accoglie
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anche la toeletta con specchio e uno sgabello. Una proposta simile si trova anche in Schema dell’inserimento delle pareti attrezzate in un alloggio, 1946 di G.Nelson e D.Wright, in cui, in una casa a due piani, gli spazi sono separati da muri contenitori che possono essere utilizzati su entrambi i fronti, integrando in questo modo gran parte degli elementi di arredo. Un’interessante soluzione di parete attrezzata fu proposta anche da Mangiarotti nel 1965 con il Sistema CUB 8, in cui elementi di tre diverse profondità (32cm, 48cm e 64cm) venivano fatte ruotare e scorrere l’una sull’altra fino a formare un pacchetto di pareti compatte e di grosso spessore. Altre volte, il muro oltre ad essere contenitore di arredi, si configura in modo tale da creare dei piccoli ambienti, delle nicchie al suo interno. Gli arredi posti all’interno di queste nicchie possono essere fissi e quindi integrati nella muratura, oppure mobili consentendo una maggiore flessibilità dello spazio. Esempio emblematico è la Casa dell’Avvenire di Alison e Peter Smithson del 1956. Questa casa, realizzata come prototipo sperimentale che materializza l’ideale di casa futuribile, è interamente in plastica e presenta delle forme organiche che sembrano delle sculture abitabili. Lo spazio è fluido e cosparso di varie unità in cui le pareti si richiudono su se stesse, mentre la cucina è connessa alla struttura perimetrale. Tutti gli arredi, fatta eccezione per le sedie, sono fissati e integrati con la struttura. Le forme degli elementi di arredo sono semplificate e prive di spigoli vivi.
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christian pottgiesser st luis house,
francia, 1998 - 2003 St Louis House è una casa di soli 35 mq costruita all’interno di un cortile semi abbandonato. L’ambiente è stato studiato scavando nicchie all’interno dei muri in modo da avere angoli attrezzati i cui arredi sono fatti su misura per esservi inseriti all’interno. Si vengono a creare microambienti intimi e protetti che conferiscono alla casa un senso di accoglienza nonostante le dimensioni ridotte.
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la barriera come / supporto attrezzato
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eileen g r a y E-1027,
roquebrune-cap-martin, 1924 All’ingresso della casa progettata da Eileen Gray nel 1924, troviamo una piccola parete attrezzata. La prima parte del muro di ingresso è costruito in cemento, mentre la parte finale in legno curvato è utilizzata come appendiabiti. Grazie alla leggerezza del materiale esso può essere spostato e separato dal resto del muro.
// fig. 09
la barriera come / supporto attrezzato
jkmm a r ch i t e c t s city library in seinäjoki, finlandia, 2013
Nella piccola città di Seinäjoki in Finlandia si trova un centro urbano, progettato da Alvar Aalto; completato di recente con una nuova biblioteca. Gli spazi interni si fondono l’uno nell’altro in un open space, aprendo viste progettate con cura. Alcune pareti sono scavate per formare delle nicchie all’interno delle quali è possibile distendersi per leggere in tutta tranquillità.
// fig. 10
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sou fuji m o t o
musashino art university library, tokyo, 2009 - 2010
I muri che compongono la biblioteca sono composti da scaffali. La libreria crea una spirale, nel centro dell’edificio, rivestito con ripiani in legno. All’esterno la struttura è visibile grazie a pannelli polimerici trasparenti, in questo modo i passanti possono vedere gli scaffali e l’idea dei muri-libreria è continua.
// fig. 11
la barriera come / supporto attrezzato
quinte l a / s i m o n vertigo climbing cafè, lisbona, 2014
Il vertigo climbing cafe è un piccolo padiglione all’interno di un centro di arrampicata sportiva situato nel centro di Lisbona. La struttura presenta una base in cemento con al di sopra delle pareti scalabili in legno di pino dipinto di vernice rossa, così come il famoso ponte cittadino. Le assi in legno sono disposte l’una sopra l’altra in modo da creare un pattern che può essere usate dagli scalatori per arrampicarsi.
// fig. 12
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“Il recinto, il limite, il muro incorpora gli oggettifunzione che dovrebbe contenere, si può supporre che al suo interno sia sufficiente un grande (o piccolo) spazio vuoto. Quale che sia il suo destino, il muro perde la sua funzione separatrice e diventa altro: una membrana permeabile” 23 Può un elemento di divisione fare al tempo stesso da tramite? Annullare la sua funzione primaria di separazione e farci sentire la presenza di qualcuno o qualcosa dall’altra parte della stanza? Un muro può dirci molto riguardo al suo scopo, al luogo in cui è stato costruito, al modo in cui è stato costruito; esso è il risultato dell’espressione artistica del suo artigiano e ce ne trasmette la bravura. Sono tante le cose che può raccontarci su di sé ma, talvolta esso diventa una via di comunicazione in senso fisico, con il nostro consenso o senza, tra gli ambienti che divide. Anche se è li per separarci da qualcosa e da qualcuno, ci rendiamo conto che premendo l’orecchio contro di lui riusciamo a sentire dei rumori, dei suoni, delle voci, delle grida, il silenzio. Altre volte ci sorprendiamo ad ascoltare involontariamente la vita altrui, senza volerlo sentiamo i rumori della casa, le voci sommesse dei segreti e le urla dei litigi, diventiamo partecipi di un’altra vita.
“Ma ciò che soprattutto stimolava la mia fantasia erano le voci, i rumori e i suoni che mi raggiungevano attraverso l’esile muro che divideva
23- ALLAN WEXLER
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il nostro piccolo appartamento da quello, assai più vasto, dei nostri vicini. Una parete davvero sottile, un tramezzo che era stato eretto per dividere l’abitazione in due parti.” 24 Ma questo elemento comunicante non è solo ciò che è stato costruito a fine di separare due abitazioni, sono le barriere create dall’uomo per dividere due popoli che hanno lo stesso padre, è il muro di separazione tra interno ed esterno, è la cinta di un giardino. Ora di fronte a noi non c’è più solo una divisione, un muro, c’è un mezzo comunicativo, tramite il quale non abbiamo mai uno scambio diretto da una parte all’altra, essa rimane statica e invalicabile fisicamente ma oltrepassabile attraverso l’uso dell’immaginazione.
“Quei muri che mi schermavano la vista erano anche lo schermo sul quale proiettavano le immagini che i suoni raccolti mi suggerivano.” 25 Anche le immagini giocano un ruolo fondamentale per rendere possibile il superamento, l’annullamento o la dissoluzione dell’elemento divisorio e della sua sostanza; esse sono in grado di smaterializzare il limite aprendo dei varchi al suo interno, ne sono una perfetta testimonianza i lavori degli artisti JR e Bansky; attraverso l’utilizzo di foto o murales abbattono idealmente il muro di confine tra Cisgiordania e Israele, mostrando a entrambe le popolazioni come il desiderio di
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24/25 - ENRICO REGAZZONI Una parete sottile, 2014
libertà e di uguaglianza sia presente sia da un lato che dall’altro della divisione che gli stessi uomini hanno voluto costruire. Altre volte sfruttiamo la presenza della parete e la rendiamo un supporto per la comunicazione, in questo modo essa, seppur dividendo, ci rende attivamente partecipi di quello che succede al di là. Ci troviamo di fronte ad un mezzo comunicativo immaginario, non abbiamo mai uno scambio diretto da una parte all’altra del muro, esso rimane statico e invalicabile fisicamente ma oltrepassabile attraverso l’uso dell’immaginazione. Altre volte la comunicazione può essere garantita attraverso una piccola breccia, piccole aperture, tanto piccole da non essere in grado da garantire un varco di passaggio, ma tanto grandi da consentire alla vista e all’immaginazione di superare l’ostacolo fisico. È questo il caso di Enzo Mari e di Roman Ondak che applicando dei piccoli fori negli elementi divisori, creano un contatto visivo diretto da una parte all’altra del muro, senza rendere visibile il resto del corpo sono in grado di osservare ciò che l’elemento di ostruzione mi impedisce di vedere, superando il limite che esso stesso impone. In altri casi il muro rimane integro nella sua forma ma viene costruito o trattato in modo tale che in determinate occasioni lasci visibile ciò che si nasconde dall’altra parte; esempio lampante sono le pareti vetrate con cristalli liquidi usate da Denis Santachiara per dividere il bagno dalla camera da letto e quelle usate da Oma per i camerini dello store di Prada.
banks y
flying balloons girl cisgiordania, 2005
L’artista vede nel West Bank un ostacolo che, dividendo due culture, va superato. Attraverso la sua opera tenta di smaterializzare il limite. La bambina raffigurata dallo stancil è aggrappata a dei palloncini, grazie ai quali supera in volo l’ostacolo, aprendo un varco sul confine. La leggerezza dei palloncini è sufficiente per superare il pesante e possente muro; grazie a lei l’immaginazione si fa strada al di là della barriera che divide due popoli.
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// fig. 13
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jr
face2face,
israele - palestina, 2007 “Palestinesi e Israeliani hanno lo stesso aspetto, parlano quasi la stessa lingua, come due gemelli cresciuti in famiglie differenti.” Loro non lo vedono, bisogna metterli “faccia a faccia”. Il progetto Face2Face consiste nel prendere ritratti di palestinesi e israeliani che fanno lo stesso lavoro e metterli faccia a faccia, utilizzando un grande formato, da entrambe le parti.
// fig. 14
la barriera come / supporto comunicativo
f lavia m i e l n i k quadro 122, san paolo, 2007
L’opera di Flavia Mielnik va a collocarsi all’interno di edifici abbandonati, distrutti o in disuso all’interno della sua città natale, San Paolo. Attraverso il disegno e l’immaginazione riesce a far rivivere ciò che è scomparso. L’edificio è quasi totalmente distrutto, ma alcune parti di muro sono ancora presenti e ci fanno intuire la divisione interna degli ambienti.
// fig. 15
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enzo m a r i the big stone, carrara, 1968
Otto lastre di marmo circoscrivono un quadrato con il pavimento di lavagna, a livello del prato, su cui è possibile disegnare con il gesso. Ogni lastra presenta due piccoli fori delle stesse dimensioni, la cui altezza varia di lastra in lastra. Se la lastra nasconde il corpo dei bambini durante il gioco, i fori consentono allo sguardo di andare oltre al muro, offrendo un punto di vista nascosto. // fig. 16
// fig. 17
la barriera come / supporto comunicativo
r om an ondak keyhole,
deutsche guggenheim, berlin, 2012 Keyhole è costituito da un buco della serratura che Ondåk pone all’interno della facciata anteriore di un edificio. Chi vi guarda attraverso, vede un piccolo estratto di vita quotidiana, ma a contrario di quanto accade di solito, qui si guarda dallo spazio privato del museo verso lo spazio pubblico esterno. Questo piccolo foro crea una connessione tra i due ambienti.
// fig. 18
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denis sa n t a ch i a r a art’otel,
dresda, 1995 La parete divisoria tra la camera e il bagno è costituita da un vetro all’interno del quale sono presenti dei cristalli liquidi che a comando, rendono la parete opaca, creando l’effetto di un quadro luminoso. In questo modo il bagno gode della privacy necessaria e della luce della camera trasmettendo la presenza o l’assenza di una persona all’interno della stanza.
// fig. 19
la barriera come / supporto comunicativo
oma
prada dressing room, los angeles, 2001
I camerini dello store sono dotati di “specchi magiciâ€?: uno schermo al plasma invisibile incorporato nella grande superficie a specchio che permette ai clienti di vedersi sia dalla parte anteriore e la parte posteriore allo stesso tempo. Le ante sono in vetro con cristalli liquidi, può passare da trasparente a traslucido e controllare la privacy dello spogliatoio a seconda che il camerino sia libero o occupato.
// fig. 20
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alber to g a r u t t i senza titolo,
galleria galliani, genova, 1997 Nelle abitazioni adiacenti lo spazio espositivo sono stati collocati dei sensori in grado di registrare i movimenti delle persone che vi abitano: quando qualcuno si muove nella stanza attigua, sul muro corrispondente dello spazio si accende una lampadina. La luce aumenta di intensitĂ per 30-40 secondi e poi si spegne. Questo dispositivo annulla la distanza tra le persone che il muro separa.
// fig. 21
la barriera come / supporto comunicativo
super m a ch i n e s t u dio lo-fi pixel wall,
bangkok university creative center, bangkok, 2013 Questa parete è formata da tanti elementi in plastica che svolgono una funzione simile a quella dei pixel; di diversi colori, sono forati ed inseriti in sbarre metalliche che fungono da perno consentendogli di ruotare su se stessi. Ruotandoli gli studenti possono lasciare messaggi per gli amici, fare disegni o cambiare la composizione della parete.
// fig. 22
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Il l i m i te n el se g no mono d imensi ona l e d ise g no b i d imensi ona l e
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Finora abbiamo parlato della matericità della divisione, della sua fisicità, della sua sostanza, ma non sempre la separazione deve essere necessariamente palpabile per essere in grado di dividere. Le divisioni che esercitano maggior forza su di noi sono spesso, proprio quelle che non riusciamo a vedere, perché prive di effettive dimensioni spaziali. Pensiamo infatti a tutte quelle linee che sono tracciate a terra, di cui siamo circondati e che hanno un peso enorme sulla nostra percezione dello spazio. Seduti al tavolino di un bar osservando quello ci circonda, possiamo notare come la terra, il suolo su cui camminiamo tutti i giorni sia pieno di linee: la strada è divisa in due carreggiate da una linea bianca frammentata o continua, le strisce pedonali segnano il luogo in cui è concesso attraversare (e sul quale vigono diverse leggi), lo stesso marciapiede è delimitato da una linea di blocchi di cemento e così via. Tuttavia ci sono barriere ancora più immateriali e ancora più difficili da abbattere: sono quelle che si creano tra gli uomini. Muri immateriali che separano gli uomini per razza, religione, cultura e ricchezza. Qualunque sia la ragione, il risultato è una linea di divisione.
“La gente sotto il cielo, anche, era sempre la stessa gente...dovunque, in tutto il mondo, centinaia o migliaia di milioni d’individui, tutti eguali, ignari dell’esistenza di altri individui, tenuti separati da mura di odio e di bugie, eppure quasi gli stessi […]” 26
26- GEORGE ORWELL, 1984, 1949
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Quindi, che cos’è un muro? Qualsiasi elemento di divisione può essere un muro, muro è anche la linea a terra che ti intima di non oltrepassarla, muro è una cornice che racchiude un piano al suo interno, muro è una barriera nella mente. Muro è tutto ciò che ci blocca, ci ostacola impedendoci di andare oltre, di andare avanti.
“Chi è escluso o si trova sulla soglia dell’esclusione viene sospinto a forza e saldamente rinchiuso all’interno di muri invisibili, ma del tutto tangibili, che dominano i territori dell’emarginazione, aumentando considerevolmente la sensazione dell’insicurezza e dell’incertezza.” 27
27- UMBERTO GALIMBERTI, I miti del nostro tempo, 2009
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Se delle semplici linee a terra hanno il potere di bloccarci, lo stesso non possiamo dire di quando ci troviamo di fronte a elementi verticali che segnano un contorno, un perimetro. Nonostante abbiano la stessa bidimensionalità che hanno dei segni a pavimento, in presenza di questi elementi si provano sensazioni differenti, quasi contrastanti. Se la linea orizzontale ci blocca, provocandoci un senso di ansia che ci impedisce di proseguire, la stessa linea presa nella sua verticalità non ci trasmette nessun senso di limite o di blocco. Vedendo questa cornice, ci viene da domandarci cosa sia e perché sia stata messa lì, tuttavia non la percepiamo affatto come un ostacolo, anzi forse ci indica esattamente dove passare, dove attraversarla. Essa però definisce uno spazio ben preciso, trovandocela di fronte abbiamo l’impulso di scavalcarla, passarle sotto e schivarla, annullandone la sua effettiva valenza di muro. Linee verticali che segnano un contorno vengono identificate come porte, come passaggi e quindi non ci trasmettono la sensazione di timore e obbligo di fermarci, ma al contrario il loro essere porte ci spinge ad andare oltre, ad attraversarle. Il potere della divisione viene meno e subentra un senso di fragilità e leggerezza legato agli elementi che si sviluppano in altezza, anche se stiamo pur sempre parlando di elementi di separazione, in grado di creare e dividere gli spazi. Così si interroga Sottsass che costruisce una stanza a cielo aperto utilizzando solo delle asticelle di legno e delle corde
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o Ishigami che utilizzando fili sottili indaga il confine tra la struttura esistente e lo spazio attorno ad essa, rendendo le pareti, l’architettura aria, priva di peso. Altre volte le linee servono a ricostruire ciò che c’era e adesso non c’è più; Robert Venturi ricrea le mura di quella che era la casa di Benjamin Franklin, demolita in precedenza, mantenendo in questo modo, vivo il ricordo e valida l’idea dello spazio circostante. Nel padiglione belga della Biennale di Architettura di Venezia elementi metallici bianchi ridisegnano quelli che sono i contorni di un muro invisibile, ma perfettamente percepibile che grazie anche alla dinamicità data a questo profilo, disegna porte e varchi, quasi obbligando il visitatore -che potrebbe passare ovunque nello spazio- ad attraversare determinati punti. Anche elementi naturali come la luce e l’acqua sono in grado di creare delle divisioni, nonostante siano elementi privi di dimensione e fisicità. Il loro essere temporanei e, molte volte occasionali, non li fa percepire come muri invalicabili, tuttavia l’attraversare un elemento che ha una collocazione precisa nello spazio, lo fa percepire come superamento di un ostacolo. Maria Nordman crea uno spazio totalmente buio in cui due tagli nel muro che lasciano entrare due lame di luce che squarciano la parete di fondo lasciando tuttavia difficile la percezione dello spazio intorno. Sempre a villa Panza troviamo il Ganzfeld di Turrel che ci fa immergere in un’atmosfera surreale ricreata grazie a particolari luci e vernici che non
creano ombre sulle pareti; la percezione è quella di trovarsi sospesi in uno spazio immerso di colore, di cui non si riesce a intuire dove finisca la parete e dove inizi il vuoto. Con l’acqua lavorano Jeppe Hein e Carlo Ratti, creando delle separazioni che cambiano forma e posizione. Il primo crea un labirinto i cui muri si innalzano dal pavimento, mentre il secondo crea una pioggia programmata all’ingresso del padiglione expo di Saragoza, alternando momenti in cui è presente il muro ad altri in cui il passaggio viene lasciato libero. Entrambi gli artisti lavorano sulla modifica temporanea ma netta dello spazio.
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il limite nel / segno monodimensionale
ja m e s tu r r e ll ganzfeld,
villa panza, varese, 2013 “Non si è più sicuri di quale sia l’alto e quale il basso” dice l’artista “Sono interessato a un nuovo paesaggio senza orizzonte”. Il gioco di luci crea l’immagine di una parete che non esiste, è un muro di luce, un piano di colore che modifica la percezione dello spazio.
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ettor e s o t t s a s s architettura virtuale, 1973
Metafore fisiche e fotografiche. Fragili nella composizione, disarmanti nella loro essenza. CosĂŹ, la delimitazione di uno spazio che non esiste si rende manifesta e inequivocabile.
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jun ya is hig am i
architettura come aria, biennale di venezia, 2010
L’opera esplora una nuova forma di trasparenza che va oltre la densità e l’opacità delle componenti strutturali di un edificio. Sfocando i confini tra spazio e struttura, il progetto mira ad illustrare l’architettura come aria, che trascende i concetti di leggerezza e peso; in 14m di profondità, 4m in altezza, l’installazione è un modello fisico di un edificio previsto per qualche parte in Europa.
// fig. 03
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
fr ed sa n d b a ck untitled, 1980 - 2011
L’artista americano Fred Sandback lavora con corde in acrilico ed elastiche per delineare spazi tridimensionali, creare ambienti e forme volumetriche con il minor materiale possibile. Nonostante la semplicità e la quantità minima di materia usata, le opere sembrano farci riflettere su come percepiamo e viviamo lo spazio.
// fig. 04
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fe l i c e v a r i n i
trapezio con due diagonali n 1, lugano, svizzera, 1996
I dipinti di Varini sono caratterizzati da un unico punto di vista dal quale lo spettatore può vedere l’opera completa, mentre da altri punti lo spettatore vedrà forme frammentate “rotte”. Da un solo punto di vista riusciamo a vedere questo muro formato da linee, sembra volerci bloccare il passaggio, ma non appena ci spostiamo è scomparso.
// fig. 05
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r o b e r t vent ur i
ghost structure-franklin court, filadelfia, stati uniti, 1976
Per la Franklin Court di Filadelfia, Venturi usa una struttura aperta per analizzare la memoria storica in rapporto alla griglia, di solito invisibile, della pianta cittadina. La cornice d’acciaio crea, come la chiama Venturi, una ‘struttura fantasma’ che disegna la presenza invisibile della casa demolita di Benjamin Franklin insieme col panorama urbano circostante della Filadelfia del XX secolo.
// fig. 06
il limite nel / segno monodimensionale
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c ar los g ar aic oa
untitled,
moma, new york, 2004
L’artista di quest’opera immagina, camminando per le vie dell’Havana, come di Los Angeles, l’aspetto delle facciate dei palazzi che non ci sono più, che sono stati distrutti. Ne disegna quindi una rappresentazione, che viene posta accanto alla foto dell’edificio ancora esistente. Il vuoto lasciato dalla demolizione riprende vita grazie ai volumi da lui disegnati.
// fig. 07
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
fa h r 0 2 1 . 3 serious house,
san vito, italia, 2014 Serious House è un intervento artistico nelle rovine di un edificio abbandonato, nella località di San Vitto. L’idea è quella di ricreare gli spazi che sono andati persi, attraverso l’utilizzo di cornici in legno dipinte con colori brillanti, che ricostruiscono i volumi dei muri e degli elementi che costituivano l’edificio.
// fig. 08
il limite nel / segno monodimensionale
175
b a r at / d u bo is / lev y / wie lan de r
interiors. notes and figures,
padiglione belga, biennale di venezia, 2014
Elementi metallici dipinti di bianco si snodano nello spazio dandoci l’idea di come esso sia sviluppato; essi disegnano il contorno di quello che è un muro invisibile, che tuttavia, riusciamo perfettamente a percepire.
// fig. 09
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
ga brie l e d e ve c chi
ambiente-strutturazione a parametri virtuali, museo del novecento, milano, 1973
Una piccola stanza all’interno della quale, tramite una fessura, la luce generata da due proiettori crea i contorni di due rettangoli luminosi che si muovono continuamente alterando la percezione visiva dello spazio.
// fig. 10
il limite nel / segno monodimensionale
177
m a ria no r dm an
varese room,
villa panza, varese, 1976
Uno spazio fisico buio, in cui ci si immerge dopo aver attraversato una piccola anticamera, che isola dal mondo esterno e ci prepara all’oscurità . Entrando nella stanza si ha l’impressione di essere completamente al buio ma dopo pochi minuti si notano due lame di luce che squarciano la parete di fondo. Lo spazio siderale, fuori dal tempo, ci dona la sensazione di essere sospesi nel vuoto.
// fig. 11
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
r o b e r t ir w in varese scrim,
villa panza, varese, 1973 Una grande tela modifica lo spazio della stanza in cui è installata, portando alla creazione di un corridoio illusorio. Ciò che è indagato non è l’esperienza in sé della tela ma la sua relazione con lo spazio in cui è inserita. Vi è un processo continuo di definizione e ridefinizione spaziale, la relazione che si instaura tra tela e spazio è il motore dell’esperienza visiva, dell’esperienza artistica.
// fig. 12
il limite nel / segno monodimensionale
179
m as s im o u be r t i light,
design miami, 2014 L’opera, realizzata dall’artista per conto della Bentley Motors, riproduce la sagoma dell’area del controllo qualità della casa automobilistica. Lo spazio è incorniciato dalla presenza di tubi al neon soffiati e assemblati in loco; essi definiscono i confini delle pareti, che pur non esistendo fisicamente, sono facilmente individuabili.
// fig. 13
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
j eppe h e i n appearing rooms, perth, australia, 2004
L’opera consiste in un labirinto di forma quadrata il cui interno è diviso da quattro pareti, alte 2.30 m e composte da uno spruzzo d’acqua. L’acqua è spruzzata in modo casuale, per cui in alcuni momenti è possibile passare da un ambiente all’altro. Le pareti coprono tutte le possibili configurazioni per un tempo di dieci secondi prima di cambiare nuovamente posizione.
// fig. 14
il limite nel / segno monodimensionale
181
c ar lo r att i
padiglione expo, spagna, 2008
Progettato per il Saragozza Expo 2008, il padiglione è uno spazio flessibile e multifunzionale. Le pareti sono composte di goccioline d’acqua a controllo numerico, che può generare scrittura, modelli o spazi di accesso. Il risultato è uno spazio interattivo e riconfigurabile dove ogni parete può potenzialmente diventare un ingresso o un’uscita.
// fig. 15
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
04
Il l i m i te n el se g no mono d imensi ona l e d ise g no b i d imensi ona l e
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E’ sempre necessario una divisione fisica per segnare il confine tra due spazi? Ci troviamo continuamente di fronte a delle linee disegnate a terra, che sono lì per indicare qualcosa: un’area nella quale non è possibile entrare o dalla quale non è permesso uscire, una soglia che non può essere varcata o un limite da non oltrepassare. Non importa che colore abbiano o quale sia il loro spessore, non appena entrano nel nostro campo visivo ci rendiamo conto che non possiamo continuare oltre, a meno che qualcuno o qualcosa ci dia il via libera per poter procedere. Forse perché quando tracciamo un segno su un foglio sappiamo che stiamo segnando un confine, un ostacolo, che all’interno di una planimetria altro non è che un muro.
“Ho cominciato come fanno quasi tutti i bambini, tenendo la matita stretta nel pugno come un’arma di difesa, perché la matita in quei primi anni è un’arma di difesa. Depositare un segno sul vuoto del foglio bianco è appunto un modo improvviso di difendersi dal vuoto dello spazio sconosciuto; da un corridoio buio senza luce.” 28 Da bambini si gioca con le linee, quelle che si trovano a terra, che siano la fuga tra le piastrelle o strisce di vernice sul marciapiede; la loro larghezza rappresenta la porzione di terra sulla quale si può camminare, se si esce da questa si cade in un burrone immaginario, e il gioco finisce. Una semplice linea fatta con un gessetto colorato delimitava la porzione
28 - ETTORE SOTTSASS, Scritto di notte, 2010
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di campo il “di qua della squadra blu” e il “di là della squadra rossa”. Il loro potere di separazione è molto forte, nonostante non costituiscano un blocco visivo o materiale. Tuttavia sappiamo che sono la base di un muro che si innalza al di sopra di esse, un muro oltre il quale non è possibile procedere, un muro che è intrinseco in noi, che cresce e si sviluppa con la nostra conoscenza. Linea è anche il confine, quello tra due stati, tra due città, tra proprietà; ma cos’è un confine, dopotutto?
“In Italia l’arte ha da essere italiana in Polonia polacca in Turchia turca e se un turco va a dipingere in Polonia che arte ha da fare? e se la polonia occupa la Turchia? in Italia arte italiana e a un metro e ottanta dal confine francese? in Italia arte italiana in Sicilia siciliana in Piemonte piemontese a Milano milanese e in corso Garibaldi 89? in Italia l’arte ha da essere arte in Polonia arte l’etichetta verrà dopo.” 29 Il confine è una linea immaginaria che separa due
29 - BRUNO MUNARI, Verbale scritto, 1982
luoghi, in maniera netta e decisa; da una parte della linea sei un forestiero, dall’altra, invece, sei a casa. Eppure, qual’è la differenza effettiva che troviamo tra le due parti divise? Dove finisce veramente un paese e dove inizia l’altro? Ci accorgiamo di cambiare stato e di passare il confine solo perché un cartello lo ricorda, perché se guardiamo sulla cartina geografica notiamo una linea sottile, appositamente disegnata per indicarci che se la oltrepassiamo ci troviamo al di là, in un altro paese. Ma che differenze ha questo “altro paese” rispetto a quello dove eravamo prima? Se non avessimo avuto l’aiuto dei cartelli, probabilmente non ci saremmo neanche accorti di aver cambiato stato, se non dopo aver percorso diversi metri dall’effettivo confine. E’ il fatto stesso di aver valicato una frontiera che orienta la nostra attenzione a notare le differenze piuttosto che le somiglianze.
“I paesi sono separati gli uni dagli altri da frontiere. Oltrepassare una frontiera ha sempre qualcosa di commovente: un limite immaginario, - materializzato da una barriera di legno che tra l’altro non è mai proprio sulla linea che dovrebbe rappresentare, ma a qualche decina o centinaia di metri al di qua o al di là, -basta per cambiare tutto, perfino il paesaggio stesso: è la stessa aria, la stessa terra, ma la strada non è più esattamente uguale, la grafia dei cartelli stradali cambia, le panetterie non corrispondono più esattamente a quello che, ancora un attimo prima, chiamavano panetteria; il pane
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non ha più la stessa forma, non si vedono più gli stessi pacchetti vuoti di sigarette, qua e là per terra... (Notare ciò che resta identico: la forma delle case? la forma dei campi? i visi? i simboli “Shell” nelle stazioni di servizio, le insegne “Coca-cola”, quasi sempre uguali a se stesse, come l’ha dimostrato una recente mostra fotografica, dalla Terra del Fuoco alla Scandinavia e dal Giappone alla Groenlandia, le norme di guida (con qualche variante), lo scartamento delle ferrovie (fatta eccezione per la Spagna), ecc.).” 30 Eppure queste linee di confine hanno un potere fortissimo su di noi; esse nella realtà sono inesistenti, esistono solo sulle carte geografiche, niente – a terra – ci indica che stiamo attraversando qualcosa o che stiamo valicando un confine; anche se, dopotutto, sono inesistenti solo dei semplici segni a terra, privi di matericità e di dimensione spaziale.
“Le frontiere sono linee. Milioni di uomini sono morti a causa di queste linee. Migliaia di uomini sono morti perché non sono riusciti a oltrepassarle: la sopravvivenza era allora legata al superamento di un semplice fiumicello, d’una collinetta, d’un bosco tranquillo: dall’altro lato, la Svizzera, il paese neutrale, la zona libera... (La grande illusione: non si sparava sui prigionieri evasi dal preciso istante in cui avevano oltrepassato la frontiera). Si è combattuto per minuscoli frammenti di spazio, per pezzi di collina, qualche metro di lungomare, qualche picco roccioso, l’angolo di una strada.” 31
30/31- GEORGES PEREC, Specie di spazi, 1989
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
mel bo ch n e r theory of syntax #2, new york, 1971
L’artista disegna con un gessetto una circonferenza a terra; attraverso l’uso delle tre parole “in, on, out” viene evidenziata la forza che assume una semplice linea.
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// fig. 16
il limite nel / disegno bidimensionale
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
alex web b border crossing, messico, 1979
Le foto di Alex Webb ritraggono persone e merci intenti nell’attraversamento illegale di un confine. Nonostante i confini spesso non siano identificati dalla presenza di barriere e muri, possiamo ugualmente percepire il potere di divisione che essi esercitano su di noi.
// fig. 17
il limite nel / disegno bidimensionale
189
fo l d e r
italian limes,
monditalita, biennale di venezia, 2014
Il progetto analizza i confini dell’Italia, dati da limiti naturali. Lo scioglimento dei ghiacciai alpini sta modificando il confine settentrionale. Folder hanno costruito una macchina connessa a rilevatori GPS posti sul ghiacciaio del Similaun. Un braccio meccanico, programmato con Arduino, disegna il confine italiano in base ai segnali ricevuti via satellite dai sensori sul ghiacciaio.
// fig.18
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
r o m a n ondak
do not walk outside this area deutsche guggenheim, berlin, 2012
Tutti conoscono le linee di demarcazione sulle ali degli aerei; ed è sempre la stessa domanda che ci poniamo: “Come potrei camminare sull’ala dell’aereo a quest’altezza?” Supponiamo che l’istruzione sia diretta ai meccanici degli aerei, ma sembra rivolta proprio a noi. L’opera conduce il visitatore dove non dovrebbe essere: dall’altra parte della linea, la zona “proibita”.
// fig. 19
il limite nel / disegno bidimensionale
191
no ok
roc-cube,
barcellona, 2013 Lo studio Nook Architects ha ristrutturato questo appartamento a Barcellona lasciando i vecchi pavimenti intatti. Il risultato è una forte presenza dei muri che c’erano, i quali vengono rappresentati dalle semplici divisioni dei pavimenti, dalle decorazioni e dai diversi colori.
// fig. 20
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
vittorio c o r s i n i walkabout, bologna, 2008
L’opera fa riflettere sulla percezione dello spazio, in particolare come uno spazio interno si riduca ai margini astratti del perimetro, contorni tangibili e fragili allo stesso tempo. Nonostante la percezione dell’ambiente sia data dalla planimetria, il movimento al suo interno è vincolato dalla presenza dei muri che, anche se non fisicamente presenti, determinano i nostri spostamenti.
// fig. 21
il limite nel / disegno bidimensionale
193
m a ide r lo pe z
intermedio, cordoba, 2008
Lo spazio vuoto tra due edifici a Cordoba è stato pavimentato con un film grigio dall’artista Maider Lopez. Su di esso sono state disegnate le planimetrie delle case che verranno costruite sul lotto in questione. Delle linee bianche indicano la posizione dei muri, mentre lo spazio interno è stato campito di nero.
// fig. 22
M.U.R.I. - Modellare Un Ritmo Interno
05
Altri m u ri
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La storia è fatta di muri, da sempre gli uomini ne hanno costruiti e mai abbattuti. Alcuni fanno parte della storia passata altri, tanti, troppi, sono la storia di oggi che divide paesi e popoli. Il muro di cemento e il muro nelle menti, non si nasconde, è visibile, palpabile e lascia delle tracce nei corpi e nelle anime; un muro con il quale si può convivere, che si vede quando ci si abita di fianco, che ci impedisce di andare a vedere i nostri alberi e i nostri vicini, a volte la nostra famiglia; un muro che si può scegliere di distruggere, con il quale si può scegliere di non convivere. Muri per proteggersi dai nemici, come la Grande Muraglia o il Vallo di Adriano, muri di separazione tra i popoli, come il West Bank tra Israele e Palestina, muri di segregazione e ghettizzazione come la Peaceline di Belfast o il recente muro anticrimine di Padova, muri di contenimento come quello che corre lungo il confine tra Messico e Texas, muri di preghiera e speranza come il Muro del Pianto e muri commemorativi come il Vietnam Veterans Memorial. E ancora, muri come divisioni architettoniche di ogni genere, tipo, materiale, forma e composizione.tra popoli, come il West Bank tra Israele e Palestina, muri di segregazione e ghettizzazione con la Peaceline di Belfast o il recente muro anticrimine di Padova, muri di contenimento come quello che corre lungo il confine tra Messico e Texas, muri di preghiera e speranza come il Muro del Pianto e muri commemorativi come il Vietnam Veterans Memorial. E ancora, muri come divisioni architettoniche di ogni genere, tipo, materiale, forma e composizione.
// fig. 01
ri cc a r d o c a p o r o ssi
// fig. 02
mura, 2014
// fig. 03
tr o p ic a l sp a c e
le cittĂ minime, 2012
// fig. 04
termitary house, vietnam, 2014
// fig. 05
t o k u jin yo sh io k a rainbow church, seoul, 2010
m atte o m e z z a d ri
g r a m a z i o & ko h l e r cantina gantenbein, zurigo, 2008
// fig. 06
h ir o s h i n a k a m u r a optical glass house, hiroshima, 2013
// fig. 07
a lva r o s iz a leça swimming pools, portogallo, 1966
// fig. 09
ta d a o a n d o
// fig. 08
// fig. 10
conference pavilion, vitra museum, basilea, 1993
// fig.11
wang shu zhongshan lu pedestrian street, giappone, 2007-2009
h e rzo g & d e m e u r o n
stabilimento packaging e distribuzione ricola, svizzera, 1992-1993
v a le rio ol g i at i villa alĂŠm, portogallo, 2014
// fig. 12
ja n d e v y l d e r les ballets c de la b, belgio, 2012
// fig. 13
b bpr
// fig. 14
tomba di rocco scotellaro, tricarico, 1957
// fig. 15
ma ya lin vietnam veterans memorial, washington, 1982
// fig. 17
a ld o mo n d in o il muro del pianto, 1988
a n g e lo m a n g ia r o tti chiesa mater misericordiae, baranzate, 1958
// fig. 16
lu d wig m ie s v a n d e r r o h e
monumento a karl liebknecht e rosa luxemburg, berlino, 1926
// fig. 18
fa b i o m a u r i il muro occidentale o del pianto, 1993
// fig. 19
r o & a d a r ch ite ct e n
// fig. 20
graphic design office in eindhoven, germania, 2011
// fig. 21
oma
// fig. 22
villa dall’ava, parigi, 1991
// fig. 23
atelier yok yok the shooting vaults, francia, 2015
kengo kuma mème, giappone, 2011
rem koolhaas/petra blaisse maison Ă bordeaux, francia, 2013
// fig. 24
a ld o r o s s i la cassa abbandonata, san donĂ di piave, 2001
// fig. 25
st eve n h o ll
// fig. 26
fukuoka housing, giappone, 1989-1991
// fig. 27
n a f a r ch ite c t
// fig. 28
3 way house, tokyo, 2012
// fig. 29
nendo illoiha omotesando, tokyo, 2006
a lb e r to g a r u t ti
nei muri di questa stanza è stata nascosta una lastra d’oro 20 cm alta 20 cm e con uno spessore di 3 mm, 2004
c a r o lin e o ’d o n n e ll party wall, MoMA PS1, long island city, 2013
// fig. 30
o s m a n k a lin baumhaus an der mauer, berlino, 1980
// fig. 31
rich a r d se r r a
// fig. 32
east-west/west-east, doha, qatar, 2014
// fig. 33
ma r k u s sch in wa ld
// fig. 34
installazione, museum leuven, belgio, 2015
// fig. 35
su p p o se d e sig n o f f ic e house in kamiosuga, hiroshima, 2009
fa b i o n ove m b r e allestimento tdm5, milano, 2012
e m ilia n o p o n z i wallflowers in bloom, 2014
// fig. 36
s a s a k i a r ch i t e c t s wall cloud, tokyo, 2014
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09
Co n cl usi oni b ib l io g ra fia ind i c e d e l l e imma g in i
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Acocella Alfonso, L’architettura del mattone faccia a vista, Laterconsult, Roma 1989 Albiero Roberta, Coccia Luigi, Abitare il recinto: introversione dell’abitare contemporaneo, Gangemi, Roma 2008 Atelier Bow-wow [Yoshiharu Tsukamoto, Momoyo Kaijima], Pet architecture guide book, World photo press, Tokyo 2002 Balderi Ivo, Senigalliesi Livio, Graffiti metropolitani : arte sui muri delle città, Costa & Nolan, Genova 1990 Basilico Gabriele, 1946-2006 Immagini del costruire / nelle fotografie di Gabriele Basilico, Skira, Milano 2006 Bertoni Franco, Claudio Silvestrin, Octavo, Firenze 1999 Bonaiti Maria, L’architettura è Louis I.Kahn, gli scritti, Electa, Milano 2002 Bonfanti Ezio, Porta Marco, Città, museo e architettura: il Gruppo BBPR nella cultura architettonica italiana 1932-1970, Hoepli, Milano 2009 Briatore Virginio, Denis Santachiara, Abitare Segesta Edizioni, Milano 2002
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