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cap.2 • Cane Nero
Dopo due sole strofe si fermò, batté un pugno sul tavolo e gridò a Livesey: «Ehilà, un po’ di silenzio, per mille cannoni!»
«Dite a me, signore?» chiese il dottore.
Il capitano accompagnò il suo ‘sì’ con una parolaccia.
Livesey rispose calmo: «Credo che, se continuerete a bere come una spugna, il mondo si libererà presto di una canaglia. E non ne sentiremo la mancanza».
Tutti risero. Il capitano scattò in piedi, estrasse un coltellaccio e lo puntò contro il dottore minacciandolo: «Ritirate quello che avete detto o vi inchiodo alla parete!»
«Oltre che medico sono anche magistrato e amministro la giustizia. Se non riponete subito il coltello, vi prometto che domani penzolerete sulla forca».
Il capitano restò immobile per pochi secondi, poi mise via l’arma e si sedette tremando dalla rabbia.
«I tipacci come voi non mi fanno paura» proseguì il dottore. «Non mi piacete per niente e vi farò tenere d’occhio».
Pagò, salutò i presenti e se ne andò.
Dopo quell’incidente il capitano se ne stette calmo e per alcuni mesi non accadde nulla di nuovo. Finché una mattina, Jim ebbe una sorpresa.
Capitolo 2
Quella mattina di gennaio soffiava un vento gelido, ma il capitano uscì di buon’ora.
«Jim, vado alla scogliera. Tornerò per colazione» e si incamminò con il cannocchiale sotto il braccio.
Il ragazzo stava apparecchiando la tavola quando uno sconosciuto entrò nella locanda. Era pallido come uno straccio e gli mancavano due dita alla mano sinistra. Però aveva tutte e due le gambe.
«Del rum, ragazzo. Ma prima vieni qui» ordinò. Poi, indicò la tavola imbandita: «Quello è il tavolo del mio amico Bill?»
«O no, signore, è il tavolo del capitano».
«Bill... il capitano... fa lo stesso. Scommetto che
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il tuo... capitano ha una cicatrice sulla guancia destra. Dov’è ora?»
«È andato alla scogliera, a passeggiare».
«Bene, vuol dire che gli farò una sorpresa. Lo aspetterò qui. Intanto, portami del rum, lo berrò alla sua salute».
Lo straniero si sedette in un angolo semibuio della stanza, appoggiò sul tavolo un coltello e incominciò a canticchiare sottovoce.
Aveva l’espressione del gatto che sta per balzare sul topo.
Jim notò che, mentre portava il bicchiere alla bocca, la mano gli tremava e la fronte era sudata.
Quando il capitano tornò, si diresse al suo tavolo senza guardarsi attorno.
«Salve, Bill» esclamò lo sconosciuto.
Il capitano si voltò e impallidì, come se avesse visto un fantasma.
«Dai, Bill, non riconosci il tuo vecchio compagno di mare?» proseguì lo straniero.
«Cane Nero!»
«In persona, sono venuto a trovare il caro amico Bill Bones. Ah, quante ne abbiamo combinate noi due, prima che io perdessi questi artigli» e alzò la mano senza le due dita.
«Mi hai scoperto» borbottò il capitano. «Che
vuoi da me? Su, sputa l’osso!»
«Calma, Bill! Non sei proprio cambiato, ti arrabbi subito. Siediti e parliamo, da vecchi amici. E tu, ragazzo, portaci altro rum».
Jim si diresse in cucina e cercò di ascoltare quello che i due uomini si dicevano.
«Maledizione!» gridava il capitano. «No, no e poi no! Se finirò sulla forca, tu mi farai compagnia!»
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Poi accadde il finimondo.
Jim sentì un fracasso di tavoli e sedie rovesciate, seguito dal rumore di due lame che si incrociavano. SBAM! CLING CLANG!
Infine, un grido di dolore.
Il ragazzo non riuscì a trattenersi: corse nella sala e rimase a bocca aperta. Il capitano impugnava il coltello e inseguiva Cane Nero, che sanguinava dalla spalla sinistra.
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Arrivato alla porta, vibrò un colpo che avrebbe potuto uccidere l’avversario, ma la lama si conficcò nell’insegna della locanda.
Il duello finì.
Cane Nero, malgrado la ferita, corse verso la collina e sparì tra gli alberi. Il capitano fissò per un attimo il pugnale conficcato nel legno, poi rientrò barcollando.
«Jim… del rum... subito!»
Era pallidissimo e aveva gli occhi che fissavano il vuoto davanti a sé.
E Jim, spaventato: «Vi ha ferito?»
«Del rum, ho detto. PORTAMI DEL RUM!» e si allentò il foulard che portava al collo. Respirava a fatica. Poi aggiunse: «Devo andarmene... devo andare via di qui».
Jim corse in cucina, versò del rum nel bicchiere e sentì un tonfo. Tornò indietro e vide il capitano disteso a terra.
Accorse anche sua madre, richiamata dal rumore: «Che cosa è successo? Oh, mio Dio! È... è morto?»
Jim si inginocchiò accanto all’uomo.
«No, ma respira a fatica».
«Presto, Jim, corri a chiamare il dottor Livesey».
Il ragazzo corse come una lepre fino al villaggio