Due Scuole di Architettura. Valparaiso, Zurigo e un'idea progettuale

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Due Scuole di Architettura. Valparaiso, Zurigo e un’idea progettuale



POLITECNICO DI TORINO

i facoltà di architettura corso di laurea magistrale in architettura costruzione città

Due Scuole di Architettura. Valparaiso, Zurigo e un’idea progettuale

relatore

Marco Trisciuoglio

Elisabetta Maniga Settembre 2014



INDICE

_sui perché

5

_i quaderni di Mendrisio

11

_nel contesto

15

_ due storie, La Escuela de Arcquitectura y Design, Valparaiso

21

La storia La poetica La Ciudad Abierta La travesia La poesia e gi atti poetici La didattica I ritmi Studiare architettura all’Ead Il primo anno La Observaciòn

_ due storie, La Eidgenössische Technische Hochschule, Zurigo

La storia La teoria Marc Angèlil Texas Rangers Architectural Association La didattica I ritmi Studiare architettura all’ETH Il primo anno

_ PER IL primo anno, E[ad]

49

_ PER il primo anno, ETH

91

Premessa Fare un croqui Formulare l’afirmaciòn Formulare l’acto Individuare l’e.r.e. Definire la forma Il Taller Inicial Il Taller de Construcciòn La Travesia

Premessa Il laboratorio Spazio Programma Tecnologia Contesto Forma

_inconclusi

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_bibliografia ragionata

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Riferimenti bibliografici



SUI PERCHè 5


sui perché

L’ESPERIENZA

A metà strada tra il centro di Valparaiso e quello di Viña del Mar, in Cile, si trova il “Cerro”1 Recreo. E’ un colle composto per la maggior parte da case in legno e ville padronali, popolato per la maggior parte da famiglie e anziani e, come in tutto il Cile, da numerosi cani randagi. Ha un piccolo centro con le botteghe e la farmacia, un parco giochi per i bambini e due scuole primarie. La vista da Recreo, come da tutti i 41 colli circostanti, si estende sull’oceano pacifico ed è delimitata a destra dalle alte dune di sabbia dorata di Con Con, e a sinistra dalla schiena del promontorio oltre il quale esplode, come una macchia di colore, Valparaiso. Tra le ville che occupano il bordo più basso di Recreo ce n’è una, completamente bianca e con grandi finestre, che si sviluppa in numerosi padiglioni, evidentemente costruiti in tempi diversi rispetto alla struttura principale. La villa è la sede della Escuela de Arquitectura y Design di Valparaiso2 . Le aule in cui si tengono le lezioni non sono dotate di banchi, ma c’è sempre un sovrannumero di sedie, e anche quando la classe è al completo ne rimangono sempre alcune impilate l’una sull’altra in un angolo della classe. Ci sono inoltre, appese, delle grandi lavagne nere, che portano sempre i segni delle lezioni precedenti o di quelle imminenti; Raramente si tratta di formule, e sono in genere una serie di parole non sempre connesse tra loro, o disegni che possono ritrarre un paesaggio, uno schema su come strutturare il layout di un taccuino, o la sagoma di una persona seduta. Le lezioni di progettazione, tenute da uno o più docenti e dai rispettivi assistenti, hanno una durata definita giorno per giorno (possono essere venti minuti come tre ore), e trattano temi progettuali non facilmente riconducibili alle tradizionali lezioni di un’università tradizionale: l’osservazione nel disegno, l’atto di soffermarsi, la contemplazione, l’ospitalità. Ogni mercoledì mattina l’intera scuola raggiunge la Città

Aperta, un terreno con poche e insolite case, in cui si svolgono due corsi fondamentali nella storia della Scuola (e di cui si parlerà più avanti), Cultura del Corpo e il “Taller de Amereida”. Quest’ultimo corso è stato tenuto fin dal principio da Alberto Cruz (1917-2013), architetto e fondatore della Scuola, exdocente di Composizione alla Facultad de Arquitectura de la Universidad Católica de Chile, di Santiago. Quando Cruz faceva il suo ingresso, avvicinandosi lentamente alla sedie lasciata libera per lui, il brusio che poco prima aveva animato la lezione si affievoliva, e gli ultimi passi che faceva prima di sedersi erano accompagnati da un silenzio sospeso. Per dieci mesi, da Febbraio a Dicembre 2012, ho frequentato, grazie a una borsa di studio ottenuta tramite il programma di Intercambio, la Scuola di Architettura e Design della Pontifica Universidad Catolica di Valparariso (PUCV). Con grande stupore e in breve tempo, ho compreso che il Politecnico di Torino mi aveva offerto la possibilità di trascorrere l’ultimo anno dei miei studi in una Scuola di Architettura e Poesia. Una delle particolarità della Scuola risiede nel metodo dell’insegnamento, chiamato “observaciòn”. La observaciòn si compone di diversi passaggi: dall’osservazione della realtà - che si traduce nel disegnare dal vero il luogo in cui si fa il progetto - alla generazione della forma architettonica - che rappresenta l’insieme dei pregi e delle azioni pertinenti al luogo. Da più di sessant’anni la E[ad] vive in una dimensione propria dell’architettura con l’intento di ricercarne il vero significato e di donarla alla collettività. In questa affermazione sono raccolti tre dei principi portanti su cui verte l’ educazione della Scuola: l’attitudine all’indagine continua, l’idea dell’architettura come dono e l’idea di una collettività come destinatario.

1 Traduzione: colle 2 Da ora in avanti nominata con la dicitura Scuola o la sua sigla E[ad], con le parentesi quadre come vuole la tradizione storica dell’istituto cileno. 6


L’esperienza cilena non si è limitata solamente a mettere in discussione le mie capacità, conseguenza molto costruttiva nella dinamica del viaggio; Ha sollevato tante domande in merito alla pratica dell’architettura, alla figura professionale, all’etica nel mestiere nonché in merito all’apprendimento, al metodo e all’insegnamento come veicolo di educazione e di formazione della persona, non solamente del professionista. Queste domande si sono tradotte nella volontà di approfondire lo studio sulla Scuola di Valparaiso, in particolare sul metodo di insegnamento e sulle lezioni fondamentali che l’E[ad] trasmette agli studenti del primo anno.

Trovarlo è stato un caso fortuito. Un incontro casuale con uno studente di Architettura mi ha chiarito che Marc Angèlil non corrispondeva all’immagine del professore con un orario di ricevimento predefinito con il quale dilungarmi; Marc Angèlil infatti somiglia più a una star benvoluta da tutti, studenti, collaboratori e inservienti, ma poco presente per via dei suoi molteplici impegni internazionali. Per poterlo incrociale sono andata ad ascoltare una conferenza sulle periferie di Baltimora che aveva luogo nella sede distaccata dell’ETH in cui, temporaneamente, causa lavori in corso nella sede centrale, si trova il dipartimento di Urban Design. Qui, un suo assistente mi ha comunicato che difficilmente Marc Angèlil avrebbe dedicato il suo tempo a me - il lavoro da insegnante è uno dei tanti che porta avanti tra Zurigo e Los Angeles- e che avrei potuto provare a fermarlo dopo la conferenza, alla quale avrebbe assistito. Così ho fatto. Dopo aver superato la doppia fila di assistenti e simpatizzanti, sono riuscita a presentarmi e a raccontargli della mia tesi - di cui si ricordava per via di una mail scritta tempo prima a cui non aveva trovato il tempo di rispondere - e, dopo avermi gentilmente detto che non aveva tempo a disposizione per via di un “meeting” che sarebbe iniziato nei successivi dieci minuti, ha radunato la sua squadra e mi ha chiesto di seguirli dentro un ascensore per raggiungere il suo ufficio: uno studio grande come una classe per 50 studenti, con terrazza longitudinale, una ventina di tavoli con altri assistenti al lavoro, tre pareti ricoperte di libri e una libreria sua da cui ha estratto tre testi, che mi avrebbe lasciato e in cui avrei trovato tutto il necessario per capire il metodo e il suo lavoro. Negli ultimi secondi disponibili, si è scusato di non poter proporre un incontro nei giorni successivi (per via di un volo a Los Angeles che l’avrebbe tenuto fuori dall’Europa per un tempo indefinito in quel momento), e ha chiesto di Torino, raccontando di quanto gli piacesse il

E’ sorto spontaneo decidere di portare avanti lo studio attraverso un lavoro di confronto con un istituto che presentasse un background completamente diverso da quello della scuola cilena, e in cui fosse evidente e sancita la presenza di un metodo di insegnamento. La ricerca della seconda scuola è stata guidata quindi dall’intenzione di far emergere due diverse tipologie di metodo, per capire dove e quali fossero le differenze. La scelta è ricaduta sul Politecnico Federale di Zurigo3 in cui il primo anno del corso di Architettura è diretto da Marc Angèlil, docente di Urban Design, che ha pubblicato nel 2008 un manuale, Deviations, Designing Architecture4, in cui spiega il metodo di insegnamento che utilizza con i propri studenti per sviluppare in loro il pensiero critico. Il corso si compone di 24 lezioni (12 per il semestre autunnale, 12 per il semestre primaverile ) durante le quali gli studenti sono stimolati ad aumentare le proprie capacità critiche. Il metodo proposto da Marc Angèlil porta gli studenti ad una continua rivalutazione e rielaborazione del loro lavoro, attraverso il confronto con le procedure proposte. Una volta che ho scelto di fare un confronto tra l’E[ad] e l’ETH ho deciso di contattare Marc Angèlil. 3 Da ora in avanti nominato con la sigla ETH 4 MARC ANGÉLIL, DIRK HEBEL, Deviations, Designinh Architecture, Birkhäuser, Verlag AG, Berlino, 2008 7


cioccolato. Poi mi ha salutata, augurandomi buona fortuna e raccomandandomi di andare ad assaggiare i cioccolati della Confetteria di fronte alla stazione di Porta Nuova. Così, nel giro di dieci minuti, ho conosciuto Marc Angèlil, la sua frenesia, i suoi modi informali e la sua capacità di fare la star benvoluta da tutti.

attualmente scomposta in tanti specialisti della disciplina - e l’invito a promuovere un’educazione che miri, in primo luogo, a fornire agli studenti, prima delle risposte, gli strumenti per poter conoscere, aumentando l’attitudine a porre delle domande, a ragionare e ad aumentare il proprio spirito critico e autocritico. Il secondo capitolo, Nel contesto, vuole essere una panoramica sulle scuole e sulle università di architettura esistenti. La rivista Domus, sotto la direzione di Nicola Di Battista da Settembre 2013, ha dedicato ogni mese un articolo a una scuola diversa esponendo, (secondo la presentazione data dai rettori delle Università stesse), gli obiettivi formativi e i punti di forza del Massachussets Institute of Technology, dell’ Università di Waterloo (Canada), della Design Academy Eindhoven, della Arkitektur- og designhøgskolen, AHO (Scuola di Oslo, con cui ho avuto il piacere di collaborare nella costruzione di una catenaria antisismica in mattoni secondo il metodo tridimensionale di Antoni Gaudì, per uno studio svolto dalla ricercatrice Defne Sunguroglu Hensel, svolto alla Città Aperta nell’Aprile 2012), della Bezalel Academy (Gerusalemme), del College of Architecture dell’Illinois Institute of Academy, della Facultade de Arquitectura Universidade do Porto, della Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Madrid. Inoltre la lettura del saggio di Li Xiadong and Chong Keng Hua, Implications of Chinese architectural education in contemporary Chinese architecture,6 e della tesi di Laurea Specialistica in Costruzioni al Politecnico di Torino di Irina Belkina, La composizione nel processo di elaborazione dell’idea architettonica: le avanguardie razionaliste russe e gli esercizi di N. Ladovsky, ha permesso di offrire un piccola cornice allo scenario cinese e alla Ural State Academy di Yekaterinburg. Nel terzo capitolo, Due storie, si danno, separatamente, i profili della Escuela de Arquitectura y Design di Valparaiso e dell’Eidgenössische Technische Hochschule di Zurigo,

LA STRUTTURA Con questa tesi si vuole quindi approfondire la ricerca su due metodi utilizzati in due scuole agli antipodi, dal punto di vista geografico e didattico, che si propongono di educare dei futuri architetti e, prima ancora, degli individui. Il lavoro è stato svolto inizialmente leggendo i testi di Alberto Cruz, raccolti negli archivi della Scuola e quelli di Marc Angèlil. Contemporaneamente ho letto il libro L’Architetto Generalista5, nella raccolta dei Quaderni dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, curato da Christoph Frank e Bruno Pedretti, che è risultato essere di grande importanza nell’estensione dei ragionamenti, per la ricchezza di contenuto in merito all’insegnamento della disciplina architettonica nell’ultimo secolo e all’evoluzione della figura professionale. A questo testo viene dedicato il primo capitolo del mio lavoro, I quaderni di Mendrisio, sottolineando l’importanza data al saggio di Stefano Francesco Musso - attualmente professore ordinario di Restauro Architettonico nell’Università di Genova, nonché membro della EAAE (European Association for Architectural Education) - intitolato L’umanesimo salverà l’architettura? Le tradizioni generaliste alla luce degli indirizzi europei. Di questo saggio ho conservato in particolare l’attenzione riposta nella necessità di riportare l’uomo al centro degli interessi progettuali dell’architetto - una figura 5 CHRISTOPH FRANK, BRUNO PEDRETTI (a cura di), L’architetto Generalista, Mendrisio Academy Press|SilvanaEditoriale, Milano, 2013

6 LI XIADONG, CHONG KENG HUA, “Implications of Chinese architectural education in contemporary Chinese architecture” in The Journal of Architecture, Volume 8, n.3, Oxfordshire, Taylor & Francis Group, 2003, 303-320 8


raccogliendo le informazioni sotto tre macro categorie: la storia, la teoria7 e la didattica. Il quarto capitolo, Per il primo anno, si sviluppa in due parti: una dedicata allo svolgimento del metodo della “observaciòn” e agli studi propedeutici per il Laboratorio di Progettazione nella E[ad]; L’altra dedicata alla schematizzazione dei ventiquattro esercizi di Marc Angèlil. Entrambi gli studi sono presentati in modo da mostrare le peculiarità dei due approcci: nel caso della scuola Cilena vengono mostrate le lavagne su cui avvengono le lezioni, si delineano le consegne, le finalità e le dimostrazioni del lavoro eseguito dagli allievi; Nel caso della classe di Marc Angèlil si schematizzano il processo del lavoro richiesto e i suggerimenti (personalità, film, opere letterarie, brani musicali) con i quali elaborare la consegna. Nel quinta parte della tesi, denominata Inconclusi, perchè oltre alle mie considerazioni finali contiene le (non) conclusioni, vengono messi a confronto i due approcci analizzati approfondendo il senso di ogni esercitazione. L’obiettivo è di far emergere le lezioni principali impartite al primo anno e le peculiarità dei due approcci. In ultimo si raccontano per quali ragioni i due metodi, apparentemente molto distanti, sono in realtà legati da un forte legame di parentela - tra l’impeto nascente della scuola di Valparaiso e l’approccio di Marc Angèlil - che sorge nella [storia], attraversa la [teoria] e sfocia nella [didattica]. Nell’ultimo atto di questo lavoro, Bibliografia ragionata, vengono presentati i testi principali che mi hanno consentito di articolare l’intero ragionamento. Senza queste fonti, sarebbe stato difficile inoltre mettere da parte la curiosità preponderante di capire quale dei due metodi fosse il migliore ai fini di educare un architetto.

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Riconoscendo pertanto la complessità del tema della formazione e dell’educazione, e non volendo cadere nell’errore di poter rispondere con semplicità a una domanda tanto complessa, questo studio non si propone di dare un giudizio inerente la correttezza dei metodi o la loro efficacia. Si auspica invece di sollevare delle riflessioni in merito ai metodi, in particolare a quelli in cui il procedimento per raggiungere il sapere è parte del sapere stesso.

la poetica, per definire il pensiero dell’E[ad]

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I QUADERNI DI MENDRISIO 11


i quaderni di Mendrisio I primi tre saggi del libro - Per l’uso del Mondo, Il respiro culturale dell’architettura, scritto da Werner Oechslin, L’umanesimo salverà l’architettura? Le tradizioni generaliste alla luce degli indirizzi europei di Stefano Francesco Musso e Lunga vita al bricoleur. Sulla resistenza dell’arte moderna allo specialismo scritto da Bruno Pedretti - raccontano la genealogia della figura professionale e etica dell’architetto e la sua evoluzione nel corso del tempo, per far riflettere sulla la necessità di una formazione generalista. Secondo Oechslin, è attraverso un’ampia cultura e una conoscenza crescente, che un architetto può essere in grado di mettersi al servizio della società dando dell’architettura la massima utilità possibile; fa inoltre riferimento all’immagine che viene data da Philibert Delorme (1648) del “buon architetto”, con le mani raddoppiate, paragonata a quella del “cattivo architetto”, senza occhi e senza mani, per sottolineare l’invito alla ricerca di una figura professionale che riunisca i suoi saperi in un atteggiamento di modestia al fine di raggiungere la saggezza. Bruno Pedretti, apre con la di frase di Charles Baudelaire, “Per sua natura, per pura necessità, il selvaggio è enciclopedico, mentre l’uomo civilizzato si trova ristretto fra i confini estremamente esigui della specializzazione”, il saggio dedicato al bricoleur, in cui vengono esaltate “le pratiche degli artisti che operano con forme inattuali e non esclusivamente funzionali”come strategie di un’intelligenza alla pari di quella degli specialisti e dei funzionalisti. Stefano Francesco Musso offre un quadro sulla storia dell’architetto, attraverso un confronto tra definizioni opposte: generalista versus specialista, educare all’architettura versus formare un architetto, qualificazione accademica versus qualificazione professionale, mobilità e universalità versus specificità e localismo, complessità delle domande versus semplificazione delle risposte.

La ricerca è cominciata ragionando sulle finalità dell’architettura secondo l’idea dell’Accademia di Mendrisio, che ha pubblicato, nel 2013, il libro L’architetto generalista all’interno della raccolta dei Quaderni dell’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana di Mendrisio. Questo libro è composto sia da numerosi saggi teorici, che danno ampio rilievo alla disciplina dell’architettura, sia da alcuni brani in cui si racconta in cosa consiste il progetto accademico dell’Accademia di Mendrisio. Infatti, all’inizio degli anni ‘90, si stava vivendo un momento storico in cui le dinamiche dello sviluppo tardo-moderno e i loro conseguenti guasti sociali, facevano intendere che fosse necessario domandarsi quale futuro ci si aspettasse per la disciplina dell’architettura e quale figura fosse in grado di affrontare criticamente gli scenari in avvenire. Al fine di esaltare la cultura architettonica, e volendo evitare di riproporre il profilo formativo dei Politecnici di Zurigo e Losanna, l’Accademia di Mendrisio ha deciso di impegnarsi per offrire un modello alternativo con l’ambizione di formare una “nuova figura di architetto generalista in grado di esercitare un ampio controllo che riporti l’uomo al centro degli interessi progettuali"1. Come viene raccontato da Mario Botta nella premessa, l’architetto ha sempre basato la sua identità su una visione umanistica ricca di sfaccettature legate alla progettazione , alla cultura del territorio, al sapere artigiano, al recupero del patrimonio e alla proposta di nuove soluzioni dell’abitare. Tutto questo era presente nei Politecnici ma in modo scomposto. Ogni qualità era identificata come specialità singola econ la conseguente implicita suddivisione delle competenze e del sapere che, esasperata, porta a possedere una formazione che non rende più forti in merito alla disciplina, bensì espone maggiormente al rischio di rimanere disarmati davanti alla sua complessità.

1

Mario Botta, Necessità dell’architetto generalista, 2013, in CHRISTOPH FRANK,

BRUNO PEDRETTI (a cura di), L’architetto Generalista, pg. 7 12


E’ in quest’ultimo confronto, in conclusione, che Musso invita a riflettere sull’importanza di infondere il fondamento umanistico che induce all’interrogazione e alla ricerca delle domande, sostenendo che ciò che davvero incide sulla formazione è il metodo dell’insegnamento e che una delle lezioni più difficili da insegnare sia insegnare a imparare. Stefano Francesco Musso, è un architetto e attualmente professore ordinario di Restauro architettonico nell’Università degli studi di Genova (di cui è stato Preside di Facoltà dal 2009 al 2012), e Direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici. La sua intensa attività di ricerca nell’ambito del restauro urbano e della tutela del patrimonio architettonico non gli ha impedito di interessarsi ai temi dell’educazione, scrivendo numerose pubblicazioni scientifiche - sia nazionali sia internazionali - sui temi di ricerca e sulla formazione in ambito architettonico. La rilevanza di tali studi ha avuto riscontro nella sua nomina a presidente della EAAE (European Association for Architectural Education) dal 2010 al 2012. Alla luce del suo ruolo nella EAAE, il suo punto di vista acquisisce un significato che va oltre l’iniziale interesse generato per affinità di idee con la Scuola di Valparaiso. Musso conclude con un rimando a Cino Zucchi in un’intervista rilasciata per Wise Society2, domandandosi: “l’umanesimo, (quale e in quali forme?) potrà dunque salvarci?”. E’ sulla base di questi ragionamenti su ciò che deve stare alla base della professione e dell’educazione che sono cominciate le prime considerazioni sulle scuole e sui metodi.

1.

1. Copertina del testo di CHRISTOPH FRANK, BRUNO PEDRETTI (a cura di), L’architetto Generalista, Mendrisio Academy Press|SilvanaEditoriale, Milano, 2013

2 Giornale online. Per visualizzare l’intervista si rimanda a http://wisesociety.it/ video/cino-zucchi-lumanesimo-ci-salvera/ 13


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NEL CONTESTO 15


nel contesto Contemporaneamente al procedere dei miei ragionamenti sui temi della scuola, la rivista Domus annunciava la sua chiave di lettura per la “nuova” Domus, non più diretta da Joseph Grima, bensì da Nicola Di Battista. A Settembre 2013 usciva il primo numero di Domus, La città dell’uomo. Sotto questo titolo, Nicola di Battista ha cominciato a manifestare da subito la sua passione per la professione e per l’etica, dedicando degli articoli non solo alla sensibilità per l’ambiente, alla solidità dei progetti e alla continuità nella ricerca volta a massimizzare la risposta del progetto alle esigenze dell’uomo, ma anche alla riflessione critica sull’architettura e sulla sua disciplina, proponendo ogni mese una scuola diversa, descritta dai propri presidi e docenti. Avvertire l’esigenza di trattare il tema delle scuole di Architettura in una rivista tanto diffusa come Domus, fa riflettere sulla necessità, in questo momento, di capire che tipo di architetti si stanno educando e che tipo di cultura architettonica si sta promuovendo, e di trattare l’argomento non come tema di attualità, da cui ci si può distaccare cullandosi nell’assunto scontato che i tempi cambiano, ma come questione collettiva di cui prendersi le proprie responsabilità.

una discussione”2. Per sottolineare questo approccio critico e propositivo, è stato istituito il FabLab, una falegnameria e officina di metalli di 213 m2, che voleva segnalare un’inversione di mentalità: di solito la costruzione e la fabbricazione sono il risultato finale di un ragionamento, invece al MIT si vuole che sia l’esatto contrario, che la fabbricazione venga considerata come punto di partenza di una ricerca intellettuale. Attualmente la scuola conta 167 studenti iscritti al Master e 55 al PhD, con 34 docenti e 35 addetti allo staff. L’idea portante è che il MIT non insegni un mestiere, ma che fornisca alcuni modi su cui cominciare a lavorare per trasformare tutto il settore e per produrre nuove forme di conoscenza, insegnando a sperimentare, a correre dei rischi, a testare il limite di rottura. In Canada, l’Università di Waterloo, nata nel 1962, è stata invece la prima scuola di Architettura situata fuori dall’area metropolitana. Nel 2001 ha compiuto un trasferimento nella città di Cambridge, nell’Ontario, a circa 30 Km dal campus principale. L’università di Architettura conta 60 professori e quasi 400 studenti, ma ogni anno fanno domanda in 1392 e ne vengono accettati 77. Nella propria offerta accademica propone due programmi di mobilità, molto diversi tra loro. Il primo ha a che fare con la cooperazione e riguarda la possibilità di trascorrere un periodo, che va dai 4 agli 8 mesi, lavorando nel campo del design e dell’architettura in studi privati. La maggior parte degli incarichi si trova oltre i confini del Canada e questo fa si che si crei una rete di contatti e di scambio molto vasta. L’altro programma invece ha a che fare con la ricerca e il patrimonio, e consiste nella possibilità di svolgere il primo semestre del quarto anno al Rome Campus, un’estensione dell’Accademia di Waterloo, a Trastevere, svolgendo un lavoro di ricerca per la creazione di un nuovo dialogo tra forma urbis e le nuove architetture che Roma è 3

Tra le scuole americane viene scelto il MIT, Massachusetts Institute of Technology, prima scuola di Architettura negli Stati Uniti. Dalla nascita si è sempre confermato come un istituto con tendenze moderne, volte allo sviluppo tecnologico. Inauguratao nel 1862 nel campus storico, il Rogers Building, nella Back Bay, viene trasferito nel 1916 nel nuovo campus Bosworth, sull’altra sponda del fiume. Nel 2004, con la nomina di Adéle Naudè Santos a decana della scuola, si è nuovamente riposta l’attenzione sulla ricerca nell’ambito della progettazione e sull’etica della fabbricazione, mettendo l’accento non tanto sulle opere realizzate, quanto “sulle speculazioni, sui fallimenti, sul materiale adatto per innescare 1

1

2 NADER TEHRANI, “MIT School of Architecture and Planning” in Domus, n.978, Domus Edizioni, 2014 3 in Domus, n.977, Domus Edizioni, 2014

in Domus, n.978, Domus Edizioni, 2014 16


destinata a ospitare. Ciò che salta all’occhio di queste due scuole è il modo in cui mirano a responsabilizzare i propri studenti, infatti la possibilità di sperimentare e di partecipare a situazioni che includono dimensioni didattiche distinte, permette non solamente di apprendere in più forme ciò che si sta studiando, ma anche di vivere realmente le logiche che stanno dietro al mestiere, imparando a relazionarsi con professionisti diversi e ad adattarsi a situazioni in cui non esistono figure assolute.

viene continuamente stimolato e messo a confronto.

La Arkitektur- og designhøgskolen (AHO), la scuola di Oslo, e la Bezalel Academy, l’Accademia di Gerusalemme, mantengono invece una formazione più legata alle scuole d’arte, puntando a un’educazione in cui si da largo spazio alle discipline umanistiche e alle scienze sociali. L’aspetto innovativo sta nel modo in cui riescono a intrecciare gli aspetti tradizionali e distintivi del proprio paese con i possibili casi della vita di un uomo oggi. L’AHO viene fondata nel 1945-46, con l’intento di formare gli studenti ce avevano interrotto gli studi per via della guerra. Inizialmente faceva parte della Scuola d’arte e artigianato di Oslo e si è specializzata in Architettura solamente nel 1961. In tutto conta 700 studenti, 27 professori e 135 assistenti. L’AHO è una scuola che fa molta attenzione a rispettare e a mantenere vive le tradizioni norvegesi, quindi non solamente propone lavori manuali, tra cui disegni a mano e modelli, ma approfondisce gli studi sulla tradizione architettonica norvegese, che vanta l’utilizzo di materiali tradizionali e la capacità di contestualizzare gli edifici nel paesaggio, tematica fondamentale nel programma accademico dell’AHO che le ha permesso di allacciare rapporti con le scuole della costa orientale americana per sviluppare l’urbanistica del paesaggio e con l’università di Tromso, in Norvergia, lavorando su progetti paesaggistici per la regione di Barents. 5

In Belgio, alla Design Academy Eindhoven, si riscontra invece un forte approccio fisico e partecipativo all’apprendimento. Fondata nel 1947 come scuola di disegno industriale, la direzione di Lucassen, dal 1986 al 1988, fa si che la didattica passi da una formazione volta al disegno industriale a un’educazione incentrata sull’uomo e sui bisogni della persona. Dal primo anno gli studenti vengono incoraggiati ad affinare le loro capacità pratiche trovando autonomamente le risorse necessarie e imparando a usarle. Il senso di questo approccio è dato dalla consapevolezza che il design è in costante cambiamento e che non ha senso offrire un insegnamento basato interamente sulle pratiche attuali, quindi si propone di osservare e studiare al di fuori dell’ambito accademico. Gli stimoli vengono dati attraverso le lezioni di professori e professionisti, che hanno le loro attività indipendenti e che sono un ponte verso il mondo esterno, ma anche attraverso il lavoro degli studenti stessi, infatti alla DAE non esistono propriamente le classi. Esistono invece dei grandi open space suddivisi in tre livelli: un piano dedicato al primo anno, un piano dedicato al master, e l’ultimo piano dedicato agli studenti del secondo, del terzo e del quarto anno. Negli open space ci sono diversi laboratori dove si lavorano tessuti, plastica, legno e ceramica, e grazie a questa promiscuità il lavoro e tutto ciò che ogni studente apprende 4

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La Bezalel Academy, nata nel 1906 con l’obiettivo di educare gli abitanti di Gerusalemme alla conoscenza delle pratiche artigianali e dell’arte ebraica, cresce in un contesto geografico e storico turbolento che la porta a chiudere nel 1917, prima che gli Inglesi entrino a Gerusalemme, e dopo la riapertura rischia nuovamente di chiudere agli inizi degli anni ‘40. Dal 1950 in poi però ha mantenuto la stabilità e nel 1993 6

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in Domus, n.981, Domus Edizioni, 2014 17

in Domus, n.980, Domus Edizioni, 2014 in Domus, n.979, Domus Edizioni, 2014


inserisce tra i suoi dipartimenti quello di Architettura. Nel totale la scuola conta 2000 studenti e 450 docenti distribuiti tra otto dipartimenti - Architettura, Design di ceramica e vetro, Arte fine, Storia e Teoria, Disegno Industriale, Gioielli e Moda, Fotografia, Comunicazione. La scuola di Architettura sviluppa specificatamente laboratori di ricerca sul tema dell’emergenza, si lavora quindi a progetti di alta tecnologia che hanno a che fare con il benessere dell’uomo - sono numerosi i progetti per sviluppare prodotti per la popolazione di una grande città in caso di catastrofe.

non è mai stata insegnata formalmente, esistevano infatti le scuole d’arte e i corsi di costruzioni. Si è cominciato a parlare di architettura all’inizio del secolo scorso, quando decine di studenti provenienti dalla Cina cominciarono a partire per gli Stati Uniti, per la Germania, per l’Inghilterra e per il Giappone. L’educazione dell’architettura cominciò a svilupparsi al rientro di questi studenti. Inizialmente l’insegnamento avveniva maggiormente sulle discipline tecniche e strutturali, rimanendo fedele alle scienze delle costruzioni, soltanto dopo gli anni ‘40 cominciò a diffondersi la tendenza verso ai metodi americani delle Beaux- Arts, introducendo di conseguenza corsi di storia, di design e di arte fina, ma rimanendo sempre molto tendente a porre l’enfasi sull’approccio tecnico.

Ancora negli Stati Uniti, il College of Architecture dell’Illinois Institute of Academy vanta, oltre alla direzione dal 1938 al 1958 di Mies van der Rohe e la residenza nella sede del campus da lui stesso progetta, un programma di ricerca sulle tecnologie all’avanguardia. L’istituto proclama una specifica attitudine focalizzata sulla città con un approccio definito “rethinking metropolis” , che si traduce con l’interesse nei confronti del rapido sviluppo tecnologico, materiale, strutturale e sociale, dei nostri tempi. Il College of Architecture si offre come piattaforma di ricerca e come luogo di dibattito in cui l’approccio critico e il dubbio sono gli strumenti fondamentali per apprendere. Un importante canale di scambio è dato dalla “convivenza”, sotto lo stesso tetto, dei diversi programmi - bachelor, master, PhD - facendo si che gli studenti, poco più di 700, lavorino a contatto con chi tiene seminari, con chi insegna e con chi studia, alimentando la circolazione dei saperi. Augurandosi di condurre i propri studenti a correre dei rischi attraverso il dubbio e la ricerca, l’approccio allo sviluppo delle nuove tecnologie è stato nominato “nowness”, con l’obiettivo di raggiungere un pubblico più vasto a cui dimostrare il carattere multidisciplinare dell’architettura, riflettendone la sua profondità e originalità. 8 Legata alla cultura americana è la scuola cinese di architettura. Bisogna considerare che in Cina l’architettura 7

Tra le scuole strettamente legate all’Ecole de BeauxArts si fa riferimento alla Escuela Técnica Superior de Archiquectura de Madrid, ETSAM. L’istituto spagnolo ha un ruolo fondamentale la fondazione, nel XIX secolo, delle scuole d’ingegneria, che obbligò lo Stato spagnolo alla creazione di una Scuola di Architettura, distinta da quella delle Belle Arti, nella quale si dava grande rilievo alle discipline di tipo tecnico e scientifico in modo da permettere ai nuovi architetti spagnoli di acquisire delle competenze per poter dialogare e interagire con la classe degli ingegneri. La carenza di laboratori tecnici e le difficoltà a stringere rapporti con le aziende riduce notevolmente le possibilità di fornire agli studenti una formazione pratica sul campo della professione, ed è per questo motivo che l’istituto ha a disposizione circa duecento accordi di collaborazione con le altre università. L’ETSAM si presenta quindi come un istituto in cui vige un importante dualismo tra materie creative e materie tecnologiche, che punta sull’amplificazione delle conoscenze attraverso l’esperienza e la crescita personale dell’allievo, in modo che possa comprendere la complessità e la flessibilità del mondo globalizzato. 9

7 in Domus, n.976, Domus Edizioni, 2014 8 LI XIADONG, CHONG KENG HUA, “Implications of Chinese architectural education in contemporary Chinese architecture” in The Journal of Architecture, Volume 8, n.3, Oxfordshire, Taylor & Francis Group, 2003, 303-320

9 in Domus, n. 983, Domus Edizioni, 2014 18


In Portogallo invece spicca la FAUP, Facultade de Arquitectura Universidade do Porto. Erede di una lunga storia nell’insegnamento dell’architettura e delle arti, la scuola mantiene vivo il proprio patrimonio didattico arricchito dalle importanti figure di riferimento, come Tàvora e Siza. Senza perdere mai di vista l’importanza della funzione sociale dell’architettura, la FAUP si impegna nella comprensione e trasmissione delle componenti indispensabili nella formazione di un architetto, tra queste il disegno nei suoi diversi modi di essere utilizzato come strumento di conoscenza affiancato da componenti poetiche. Nonostante non sia una scuola con un basso numero di studenti, se ne contano circa 2000, l’organizzazione dello studio è organizzata in classi da 25 e questo permette che ogni studente sia seguito in modo regolare e costante, innescando uno stretto rapporto docenti-studenti che collima in una profonda conoscenza individuale, e in un’intensità di dialogo che genera una maggiore riflessione critica su ciò che viene prodotto. Non solo nella pedagogia, ma anche nelle collaborazioni internazionali cresciute negli ultimi anni per le ricerche sui programmi di abitazioni economiche portoghesi, o nelle ricerche sulle nuove metodiche strumentali e tecnologiche di rappresentazione digitale o negli studi sulle metropoli, il lavoro viene condotto sotto una prospettiva etica considerando l’architettura come arte, servizio e prodotto di carattere sociale e culturale.

essere: elaborare le superfici di un parallelepipedo regolare, con una base quadrata 20x20m e un’altezza di 30m, in modo che l’osservatore da qualsiasi scorcio, possa riconoscere precisamente le sue proporzioni, comprendendo quindi che si trova davanti a un volume delle dimensioni di un cubo e mezzo -. Oltre alle elaborazioni formali vengono richiesti modelli tridimensionali. Gli esercizi astratti consistono nel ricercare e trovare delle alternative progettuali per una composizione spaziale-tridimensionale. E’ interessante notare come questa scuola, per quanto eccentrica, riesca a sviluppare nei suoi studenti la capacità di liberarsi dal panorama di forme in cui vivono, stimolandoli attraverso le possibili combinazioni compositive e con le relative conseguenze che queste hanno sulla distribuzione, sulla struttura e sulle scelte tecnologiche.

10

In questo panorama si inseriscono la Scuola di Architettura e Design di Valparaiso e il Politecnico Federale di Zurigo, specificatamente scelti per trattare la formazione del primo anno di Architettura. A queste due scuole si dedicano i prossimi quattro capitoli.

Distinta è la Ural State Academy che trae le sue origini e i suoi metodi, rispettandoli coerentemente tutt’ora, dal VChuTEMAS, una scuola d’arte e di pensiero nata circa negli stessi anni del Bauhaus. La Ural State Academy (più di 3000 studenti e 300 docenti) approccia l’architettura con un’impostazione figurativo-formale, stimolando i suoi studenti con esercizi compositivi legati alla geometria e all’impatto visivo - per esempio, un esercizio potrebbe 11

10 in Domus, n.982, Domus Edizioni, 2014 11 Irina Belkina, tesi di Laurea Specialistica in Costruzioni, La composizione nel processo di elaborazione dell’idea architettonica: le avanguardie razionaliste russe e gli esercizi di N. Ladovsky, marzo 2011 19


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DUE STORIE

ESCUELA DE ARQUITECTURA Y DESIGN, VALPARAISO 21


La Escuela de Arquitectura y Design di Valparaiso

LA STORIA La scuola di Valparaiso è nata nel 1952, quando un gruppo di architetti, allora docenti della Pontificia Università Cattolica di Santiago, decise di spostarsi a Valparaiso per sperimentare un nuovo modo di approcciare l’architettura. I personaggi più rappresentativi di questo gruppo erano Alberto Cruz Cavazzubias, architetto cileno trentacinquenne, e Godofredo Iommi, poeta argentino suo coetaneo. Il decano dell’Istituto della PUC (Pontifica Universidad Catolica) Carlos Bresciani Bagattini, fu in grado di strutturare un gruppo di docenti che all’interno della PUC rappresentò una tendenza sempre più radicale che tra il 1949 e il 1952 portò a una serie di avvenimenti, tra cui una cerimonia in cui vennero bruciati in pubblico i libri del Vignola che costituivano i testi di riferimento per i primi anni di studio. L’idea che stava dietro era di “liberare l’architettura dalla sua dottrina sepolta nella matematica e di incentrarla sulla poesia”1. Giunti a Valparaiso, alcuni exallievi insofferenti dei canoni accademici convenzionali cominciarono a vivere insieme come una comunità in un gruppo di case nel Cerro Castillo, a Viña del Mar. Negli anni successivi Alberto Cruz, attraverso l’aiuto di Bagattini, riuscì a trovare una sede alla scuola di Architettura che aveva in mente di formare. L’edificio si trova a Recreo, un colle al confine tra Valparaiso e Viña del Mar e negli anni sono state costruite dagli stessi docenti nuove sale espositive e laboratori di costruzione. Una delle caratteristiche di questo gruppo era la sua varietà, infatti era costituito non solo da architetti ma anche da scultori, pittori e poeti e questo faceva si che ci fosse una continua connessione tra l’architettura e le arti, incentivando un legame più intimo tra la parola e l’azione. Nell’arco dei dodici anni successivi il gruppo si ingrandì e partecipò a numerosi progetti in parte collettivi, che ne manifestarono sempre di più l’identità. Il 1964 fu un anno molto importante perché si compì la prima “travesia” (di cui si parlerà nelle prossime pagine), letteralmente traversata, detta Amereida.

Il viaggio del 1964 cominciò da Punta Arenas, nell’estremo sud del Cile, e terminò in Bolivia a Santa Cruz de la Sierra, considerata il centro simbolico del continente americano. La guerriglia comandata da Ernesto Che Guevara era attiva in quegli anni, e il viaggio venne interrotto prematuramente. Questa prima travesia segnò nella Scuola un evento cruciale e fondativo che sarà seguito e sottolineato il 15 Giugno del 1967 dalla pubblicazione di un manifesto che denunciava una serie di fatti: • la sudditanza delle università sudamericane alle ideologie importate dalle università maggiori di altri continenti; • la mancanza di chiarezza nella distinzione tra ricerca, docenza e professione e nella relazione tra l’università e la società; • l’uso delle cariche accademiche come trampolino di lancio nella politica con la conseguente mancata comprensione della dignità politica e di quella dell’università, intesa come servizio per gli studenti; • la mancanza della ricerca, confusa con l’esercizio di tecniche peculiari o con la semplice descrizioni di fenomeni; • la svalutazione della testimonianza religiosa in una università cattolica e la confusione della testimonianza con il sociale e con la solidarietà; A queste denunce seguivano delle affermazioni che si possono così sintetizzare: • la rivalutazione della dignità della docenza che è principalmente pedagogia, mezzo e metodo di trasmissione di conoscenze e non solo pratica scientifica astratta; • l’affermazione dell’importanza dei primi quindici anni della UCV (Universidad Catolica Valparaiso) n merito a: • comunità di vita reale e concreta, formata da maestri professori e allievi, che lottano al fine di instaurare la libertà di studio e l’apertura verso l’architettura nel continente americano in cui si manifesta; • peculiarità dell’università come movimento rivoluzionario; • la coincidenza tra contemplazione e libero studio.2

1

2

ANN M. PENDLETON-JULLIAN, The Road which is not a Road and the Open City, Ritoque, Chile, MIT Press, 1996 22

Tratto da MASSIMO ALFIERI, La ciudad abierta, Editrice Librerie Dedalo, 2000,


1.

Manifiesto del 15 de Junio de 1967 TipO de RefeRenCiA: TíTulO del libRO:

TíTulO: AuTOR: ediCión:

CiudAd: AñO: CódigO pedidO: COleCCión: nOTA de lA ediCión:

nOTA COn§Tel:

Sección de Libro Fundamentos de la Escuela de Arquitectura, Universidad Católica de Valparaíso Manifiesto del 15 de junio de 1967 Godofredo Iommi M. Escuela de Arquitectura ucv. Impreso en los Talleres del Consejo de Rectores de las Universidades Chilenas Santiago 1971 711.409 esc Oficio Declaración hecha pública el 15 de Junio de 1967, a propósito de un conflicto universitario suscitado entre esta Unidad Académica y la Rectoría, conflicto que posteriormente se hizo extensivo a la Universidad entera. Para paliar, en parte, los ineludibles equívocos que normalmente suscita toda acción publica, profesores y alumnos de la Escuela de Arquitectura de la Universidad Católica de Valparaíso deciden dar a publicidad sus fundamentos y propósitos. Deliberadamente se omite en todas las denuncias concretas que se le hacen a la dirección de la u.c.v; por estimar que son materia de discusión interna. Declaración del Consejo de Profesores, del Instituto y del Pleno de Alumnos de la Facultad de Arquitectura y Urbanismo de la Universidad Católica de Valparaíso. El manifiesto se publicó también el domingo 16 de Junio de 1968 en El Mercurio de Valparaíso (pg. 5253), un año después y con una serie de anotaciones y observaciones de los principales involucrados en el proceso de Reforma Universitaria. Utilizamos para esta edición el texto publicado en el libro de los Fundamentos. El documento original del Manifiesto corresponde a una carta fechada el 15 de Junio de 1967 de la Escuela de Arquitectura ucv dirigida al Sr. Obispo de Valparaíso, Mons. Emilio Tagle C.; (se puede revisar el facsímil del original en http:// archivohistorico.ucv.cl/files/historia/19670615_ManifiestoArquitectura.pdf). El original difiere de los Fundamentos en su extensión y agrega un análisis más exhaustivo de la situación universitaria de la época.

1. stralcio del manifesto pubblicato nel testo di GODOFREDO IOMMI., Fundamentos de la escuela de Arquitectura, 1971 23

Una ola de cobardía cubre nuestra América. Cobardía que nos oculta ya en la frustración o el complejo de inferioridad o en la desesperación de las violencias. Frente a tal cobardía nosotros proclamamos el lúcido coraje que, lejos del arrebato y las transacciones, es viril porque es virtud. Desde la Independencia hasta nuestros días –unas veces más, otras menos, algunas con fortuna, otras con reveses–, nuestra América ha sido continuamente velada por sus propios hijos, importando sin cesar y mudando veleidosa y continuamente nociones e ideologías puestas al servicio de quienes detentaron o aspiraron al poder. Y, sin embargo, entre los vaivenes del verbalismo ad usum en que a la postre se convierten las ideologías importadas y los estallidos de violencia, nuestra América existió, existe e irrumpe invitándonos sin tregua al coraje. Coraje para abrirnos a su realidad, coraje para aceptar su historia y sus medidas, coraje para conformarnos en el riesgo y la aventura de ser lo que podemos ser. Abrirnos en todos los frentes y en todos los niveles con la lucidez, la serenidad y la hombría del coraje, es la única manera de disipar la niebla de cobardía que nos recubre y envenena. Por una tradición incontrovertible, la Universidad, en aquello que le atañe, fue y es en América la depositaria del coraje con que contamos. Por eso, aquí y ahora, en Chile, acaso el país donde existió y existe una tradición civilista, y donde se intenta una renovación americana allende la frustración y la violencia, en esta ya casi antigua Universidad Católica de Valparaíso, cuya existencia a través de generaciones anticlericales testimonia del libre modo de convivir que tienen los chilenos, en esta Escuela de Arquitectura que desde hace 15 años funda una comunidad real y concreta de vida formada por maestros, profesores y alumnos luchando sin paz ni tregua para instaurar en tierras americanas un lugar donde la libertad del estudio y la abertura hacia lo propio, sin prejuicios, dogmatismo ni chauvinismo, sea una realidad, nosotros levantamos nuestra denuncia y damos el paso irrevocable para exigir la reorganización entera de la Universidad en todos sus aspectos. Desde el movimiento conocido bajo la denominación de Reforma Universitaria, que surgiera en la ciudad de Córdoba en el año 1918, la conciencia de autonomía y co-gobierno (tantas veces obtenidas, perdidas o vueltas a ganar) es una realidad impostergable en las Universidades del continente. Pese a las nuevas perspectivas establecidas con mayores o menores alcances que desde entonces se ganaron, las Universidades latinoamericanas no fueron capaces de esclarecer y cimentar sus propios fundamentos para zafarse realmente de su interno carácter colonial (dependiente). Incapaces de comprender y distinguir lo que es investigación, estamento científico, docencia, profesión, relación universitaria con la sociedad, ha vivido y viven fascinadas –y por eso sin consistencia– por Universidades mayores de otros continentes y sometidas a meras transposiciones que, por falta de lucidez y fundamento, han sido –en la mayoría de los casos– simples ensueños y continúas improvisaciones. Buena prueba de ello son los contados casos de permanencia en una tarea específica, pues cuando se supera el decenio parece ya extraordinario. Debemos reconocer la falta real de investigación generalmente confundida con el ejercicio de sus técnicas peculiares o con la descripción de fenómenos, Biblioteca con§tel pues no hayColección investigación Oficio fundamental sino don de comparece o una relación distinta de causa a efecto o una estructura o relación peculiar [ + ]]]] ni hay investigación aplicada sin esa base, pues ésta es de orden lógico, archivo histórico José generalmente consecuencia devial aquella; reconocer que para su probable Abril 2011 existencia®se requiere la consolidación de instituciones y personas que se ejercitan y transmiten durante no pocas promociones de estudiosos, siquiera e[ad] EscuEla dE arquitEctura y disEño una práctica científica; reconocer la peculiaridad de tales condiciones no accesibles a todos y en consecuencia revalorizar y dignificar la docencia, que es principalmente pedagogía, medio y método de eficaz transmisión de conocimientos y no investigación ni práctica científica; reconocer el valor exacto que ocupan las profesiones u oficios (Sic) dentro de la Universidad para no convertirlas en el criterio casi exclusivo y ordenador de los fondos y orientación universitaria, es la tarea decisiva de esta hora. Únicamente a la luz de esta autocrítica, surgida y pulida a través de los 15 años de existencia y permanencia en torno a un propósito, a un método docente y a un ininterrumpido estudio que nos llevara a fundar y sostener hasta hoy una real comunidad de maestros, profesores y alumnos, nuestra


la poetica

La CIuDaD abIERTa La Ciudad Abierta, Città Aperta, è un terreno che si potrebbe definire “sacro” per la Scuola e per tutti coloro che ne fanno parte. La sua storia comincia nel 1970, quando in Cile fu varata dal presidente Frei una riforma agraria, in cui si rendeva possibile acquistare a buon mercato terreni non coltivati. Il gruppo dei docenti della UCV decisero di consorziarsi e di creare una cooperativa, chiamata Ciudad Abierta, dove fecero affluire tutte le risorse economiche del gruppo e con le quali comprò a Ritoque, a nord di Valparaiso, un terreno di 300 ettari, attraversato da una strada, il “Camino” Quintero. La parte a valle, tra il la strada e il mare, è caratterizzata da alte dune di sabbia che rendono il suolo in continuo cambiamento, mentre la parte a monte ha carattere più collinare. La scelta del gruppo ricadde su questo terreno perché ricordava la fisionomia della costa sudamericana e in qualche modo sottolineava quel legame speciale con il Continente. La ragione per cui il gruppo si interessò all’acquisto di queste terre era dovuto alla volontà di concretizzare un nuovo progetto formativo in cui coinvolgere allo stesso modo maestri e studenti, nella realizzazione di costruzioni decise dalla comunità, sulla base delle decisioni prese all’unanimità nelle assemblee, denominate agorà. La Ciudad Abierta bisogna immaginarla come un ampio terreno in cui i percorsi vengono definiti da strade sterrate progettate seguendo la linea naturale del terreno per disturbarlo il meno possibile, non vi è illuminazione artificiale, a parte quella dentro le case. Non esiste una gerarchia degli spazi pubblici, tutti gli spazi aperti, definiti agorà, sono raggiungibili da stradine intrecciate che sagomano il terreno. I materiali utilizzati per dare forma agli edifici sono i più semplici: mattoni calcestruzzo e legno per la maggior parte. La Ciudad Abierta nasce come terreno di sperimentazione e dimostra esattamente quest’intenzione. E’ evidente che tutto ciò che c’è, è stato costruito secondo una logica e un ordine che non seguono quelli convenzionali, ogni variazione della forma e del modo di utilizzare la materia è frutto di

2.

2. fotografia aerea della Ciudad Abierta, Ritoque. 24


3.

un’analisi e di una ricerca tra le alternative del costruire. Tutta la Città Aperta è stata costruita con i fondi della comunità, solo dal 1995 l’ente di Stato cileno che finanzia i programmi di ricerca, la Fondecyt, ha cominciato a stanziare fondi per alcune opere alla CA. Il lavoro viene eseguito dai professori e dagli stessi allievi: l’idea non è mai stata infatti solo quella di progettare e sperimentare, ma anche di rivelare la mano del costruttore, valorizzando l’aspetto dell’artigianato, un altro tema molto caro alla Scuola. La concezione del costruire e la materialità sono gli elementi che mettono in comunione tutte le opere della CA, ma soprattutto l’atteggiamento verso il luogo costituisce la chiave con la quale si è data vita a questo grande progetto, non solo per ciò che riguarda la CA, ma anche per quanto riguarda l’insegnamento alla progettazione. Ciò che colpisce quando si arriva alla CA è il panorama spettacolare dell’oceano, eppure le case non hanno aperture su quel fronte proprio perchè la sua presenza è così forte, in questo senso gli edifici non diventano soggiogati al mare, ma conservano la loro autonomia, mantengono la giusta distanza in modo che chi vive in quelle case possa riflettere sulle qualità essenziali del mare che emerge nella memoria. Ogni intervento nella CA viene pensato in relazione a un’appartenenza superiore, esiste un profondo rispetto per la sabbia, che cerca di essere mantenuta vergine ma di cui si accetta la variabilità, lo stesso vale per la luce del sole, che non viene pensata solamente in relazione all’illuminazione ma per caratterizzare meglio il passaggio del tempo. La CA è l’emblema di un atteggiamento che si propone di costruire e reinventare basandosi sull’intuito e sull’esperienza quotidiana, elementi collettivi ai quali si da spazio nell’ incontro e nella ri-scoperta del luogo.

4.

5.

6.

3. Hospederia de las Rosas de los vientos, Grupo CA, 1997. 4. Anfiteatro al aire libre, Jorge Sánchez, Juan Purcell e Grupo CA, 1999. 5. Hospederia Colgante, David Luza (docente di progettazione), 2006. 6. Hospederia del Errante, Grupo CA, 1981. 25


LA TRAVESIA La travesia viene considerata una tappa all’interno del laboratorio di progettazione del terzo trimestre, SettembreDicembre, e come tale viene pianificata e organizzata all’interno delle lezioni settimanali: la classe viene suddivisa in gruppi di lavoro (mobilità, ospitalità, cucina, materiali da lavoro, area di progetto) e settimanalmente si dedica una parte della lezione all’esposizione delle ricerche in merito al campo che si sta approfondendo. La travesia viene organizzata interamente dagli studenti e viene considerata un lavoro di gruppo che viene osservato e valutato dai docenti come un corso normale, considerando quindi lo stato iniziale del lavoro di ognuno, lo svolgimento e la partecipazione all’opera (generalmente una struttura - piazza, belvedere, area di breve permanenza - legata al paesaggio) durante la travesia e gli esiti complessivi a fine laboratorio. La prima travesia, come già detto precedentemente, fu compiuta nel 1964 e fu denominata Amereida. Amereida è anche il titolo del poema che venne scritto in quell’occasione dai docenti. Questa parola è un neologismo, infatti deriva dall’unione dei vocaboli Aeneida e America. L’Amereida potrebbe essere considerato l’Eneide d’America. Il testo dell’Eneide è un testo fondamentale per la Scuola perché i suoi fondatori, per primo Godofredo Iommi, volevano che quel loro primo viaggio segnasse la capacità di produrre una “nuova cultura originale”. La travesia che il gruppo compì nel 1964 venne intrapresa con lo spirito di un viaggiatore che partendo per l’ignoto scopre una terra e ne diventa fondatore, sottolineando però che il viaggio non era fatto con lo spirito di conquistare una terra

La travesia è un viaggio che ogni anno, dal 1965, tutta la scuola compie all’interno del programma accademico. La scelta della meta avviene durante una delle lezioni del Taller de Amereida, classe dedicata all’origine e ai fondamenti della scuola con stampo filosofico, estraendo il nome della destinazione (sempre in Sud America) a caso, oppure decidendola secondo una logica - ad esempio, nel 2012 la travesia si tenne a San Paolo in occasione della Biennale di Arte Contemporanea alla quale la Scuola era stata invitata formalmente a esporre alcuni lavori. Ogni classe successivamente organizza la data migliore in cui partire, in genere comunque avviene intorno a Ottobre e può durare dai cinque giorni alle tre settimane.

7.

Colon nunca vino a America, buscaba las Indias en medio de su afan esta tierra irrumpe en regalo

7. Mappa delle luci del Continente, in Amereida, Volumen Primero, 2006 26


Il senso delle travesie rimarrà sempre quello di partire per una destinazione che verrà considerata come un regalo e a cui la Scuola donerà un’opera. Non esiste il senso della conquista di una terra, esiste invece la gratitudine per averla incontrata. Alla fine di quel viaggio, venne tracciata una mappa dell’America capovolta, con il sud rivolto a nord.

Questa mappa divenne il simbolo distintivo della nuova cultura. Infatti, fino alla scoperta dell’America l’uomo europeo si riferiva solamente al polo nord. La traversata verso le Indie fece scoprire l’emisfero sud, non più ignoto e degno quindi di essere considerato un riferimento come il nord.

8.

9.

8. Mappa invertita, disegnata da Joaquín Torres-García nel 1943 come manifesto di una nuova pratica artistica in America Latina. E’ interessante notare che il Poema Amereida riveli tracce di un pensiero latente sulla volontà di cambiare il punto di vista con cui osservare il Sud America. 9. Mappa invertita, in ALBERTO CRUZ (a cura di), Amereida, Volumen Primero, E[ad] Taller de Ediciones, Valparaiso, 2006 27


LA POESIA E GLI ATTI POETICI

La componente poetica è molto sentita quando si tratta di elaborare il proprio taccuino (ogni studente ha il proprio taccuino). Nel taccuino vengono appuntate le osservazioni che vengono fatte nel quotidiano, non strettamente accademico. E’ come se fosse un’agenda, con la differenza che è un’agenda portata a essere mostrata per raccontare qualcosa, e quindi gode di una cura particolare sia nel modo in cui vengono scritte le proprie osservazioni, sia nel modo in cui viene organizzata. Il taccuino più discusso è quello iniziato e finito nel periodo della Travesia. In genere in quell’occasione ogni studente produce artigianalmente il proprio taccuino su cui registrerà l’intera Travesia, dal momento in cui è stato organizzato il viaggio al momento in cui è terminato. E’ una sorta di diario in cui si raccolgono i disegni, le consegne del giorno, le lezioni svolte, gli schemi di costruzione sulla struttura che si sta progettando, ma anche elenchi della spesa, scontrini, oggetti trovati, mappe e in generale tutto ciò che ha arricchito l’esperienza.

L’attività poetica è sempre stata centrale per il gruppo che aveva dato inizio alla Scuola e ancora oggi, seppur con alcune differenze rispetto al passato, rimane una componente importante nelle attività che vengono svolte. La poesia da cui la Scuola ha preso ispirazione è quella dei francesi moderni - Baudelaire, Rimbaud, Breton - e gli atti poetici di Alberto Cruz e Godofredo Iommi si sono ispirati ai metodi di Breton e dei surrealisti, cercando di liberare l’immaginazione e di correlare la proposta architettonica alla poesia della natura. Questi atti consistevano nel radunare gli allievi e i docenti della scuola in un luogo prestabilito nella città e nel leggere dei brani scritti da un poeta di riferimento o anche da uno dei docenti stessi. Talvolta l’atto poetico si trasformava in una breve scena teatrale improvvisata o in performance di voci che si alternavano nell’elencare delle parole chiave in merito alle tematiche emerse durante l’atto. Attualmente gli atti poetici si svolgono per la maggior parte alla Ciudad Abierta, prima del Taller de Amereida e durante le festività importanti per la Scuola, come il giorno del patrono di Valparaiso, o il giorno di apertura dell’esposizione dei progetti di laurea; Ma posso avvenire anche in momenti inaspettati, acquisendo in questo modo più l’aspetto di un momento di raccoglimento in cui si sospende ciò che si sta facendo per riunirsi. Per quanto la poesia sia una componente fondamentale nella definizione della Scuola stessa, che si definisce “di architettura e poesia”, non esistono corsi di scrittura. La poesia - o l’uso di un linguaggio pensato non solamente per esprimersi ma anche per “celebrare” - entra in tutte le discipline attraverso la scrittura di relazioni o di brani sintetici in merito al lavoro che si sta eseguendo, o in merito alle lezioni svolte in classe o a ciò che è accaduto nella giornata.

28


10.

11.

12.

10. Atto poetico per la apertura del terreno della Ciudad Abierta, 1971 11. Opera costruita nella travesia all’Isola di LlancahuÊ, 2001 12. Lezione del Taller de Amereida, 2013 29


la didattica Gli anni di studio sono cinque. Il sesto anni viene occupato interamente dallo svolgimento della tesi. L’anno accademico si suddivide in tre trimestri intervallati tra loro da una o due settimane di vacanze. Al termine di ogni trimestre avviene la sessione esami che consiste nel consegnare i lavori eseguiti per ciascuna disciplina e i propri quaderni.

Nell’area tecnica vengono considerati i corsi di: Strutture, Tecnologia dei materiali, Esempi strutturali, Disegno grafico, Strutture antisismiche. L’area scientifica comprende i corsi di Fisica e Chimica.

Il programma didattico si suddivide in cinque categorie: l’area matematica, l’area artistico-umanistica, l’area laboratorio, l’area tecnica, l’area scientifica.

Le classi non sono numerose, si contano circa trenta studenti di ogni anno accademico di entrambi i corsi di laurea in Architettura e in Design.

L’area matematica include lo studio della disciplina della matematica e delle sue declinazioni con le arti. L’area artistico-umanistica comprende i corsi : Cultura Religiosa, Cultura del Corpo (equivalente di un corso di educazione fisica e teatrale), Presentazione (che si traduce in un corso di Storia dell’Architettura attraverso il disegno), Taller di Amereida (che comprende delle lezioni sulle origini della Scuola di stampo filosofico) L’area laboratorio (taller) comprende il laboratorio di progettazione che si svolge nel primo e nel terzo trimestre. All’interno del laboratorio di progettazione del terzo trimestre si compie il viaggio di istruzione (chiamato “travesia”) e la valutazione finale dedica una parte all’attitudine dello studente nel viaggio.

13. Calendario disciplinare della E[ad] 30


e[ad] Escuela de Arquitectura y Diseño

Decreto de rectoría académico nº 7 / 2085 de 2001 conducente al grado académico y licenciado en Diseño y el título Profesional de arquitecto.

Pontificia Universidad Católica de valparaíso

13.

segUndo año terCer año CUarto año qUinto año

ArEA MateMatiCa

area artistiCo - HUManista

FUndaMento de las MateMátiCas

estUdios generales

CUltUra del CUerPo

PresentaCión de la arqUiteCtUra

Cultura del Cuerpo 1 Fundamentos de las Matemáticas 1

ICR 205-01 (2c) Cultura religiosa Moral Profesional

Cultura del Cuerpo 2

Presentación de la Arquitectura 0

ICR 105-01 (2c) Fundamentos religión Cristiana ARQ 251 (1c) Cultura del Cuerpo 3 MAT 229 (4c) Fundamentos de las Matemáticas 2

Estudios Generales 1

Estudios Generales 2

MAT 429 (4c) Fundamentos de las Matemáticas 4

Estudios generales 3

ARQ 341 (2c) Presentación de la Arquitectura 2

ARQ 352 (1c) Cultura del Cuerpo 6

ARQ 451 (1c) Cultura del Cuerpo 7

ArEA TAllEr

area teCniCa

TAllEr DE AMErEIDA

TAllEr arqUiteCtóniCo

línea ConstrUCtiva

Taller de Amereida 1

Taller Inicial 1ª etapa Taller de Construcción 1

Taller de Amereida 2 Taller de amereida 3

Taller Inicial travesía 2ª etapa

ARQ 266 (1c) Taller de amereida 4

ARQ 250 (10c) Taller arquitectónico 3

ARQ 267 (1c) Taller de Amereida 5

ARQ 252 (1c) Cultura del Cuerpo 4

ARQ 351 (1c) Cultura del Cuerpo 5 MAT 329 (4c) Fundamentos de las Matemáticas 3

ARQ 241 (2c) Presentación de la Arquitectura 1

Decreto De rectoría acaDémico nº 7 / 2085 De 2001 conducente al Grado académico y licenciado en arquitectura y el título Profesional de arquitecto.

ARQ 268 (1c) Taller de Amereida 6

ARQ 255 (10c) Taller arquitectónico 4

ARQ 366 (1c) Taller de Amereida 7

ARQ 350 (10c) Taller arquitectónico 5

ARQ 367 (1c) Taller de Amereida 8

ARQ 441 (2c) Presentación de la arquitectura 3

ARQ 368 (1c) Taller de Amereida 9

ARQ 355 (10c) Taller arquitectónico 6

ARQ 466 (1c) Taller de Amereida 10

ARQ 450 (10c) Taller arquitectónico 7

ARQ 467 (1c) Taller de Amereida 11

ARQ 452 (1c) Cultura del Cuerpo 8

ARQ 468 (1c) Taller de Amereida 12 ARQ 541 (2c) Presentación de la arquitectura 4

ArEA CientiFiCa

línea estrUCtUral

línea instrUMental

ARQ 200 (2c) Taller de Construcción 2

FIS 206 (2c)

FIS 207 (2c) Conceptos Físicos de Calor y ondas

ARQ 300 (2c) Taller de Construcción 3

ARQ 306-01 (2c)

FIS 305 (2c) Física de los Materiales

ARQ 400 (2c) Taller de Construcción 4

ARQ 405 (2c)

Casos Constructivos Estructurales

ARQ 406 (2c) dibujo asistido por Computador

ARQ 500 (2c) Taller de Construcción 5

ARQ 505 (2c) Diseño estructural asísmico

ARQ 506 (2c) Concepto de redes y Sistemas

Conceptos Físicos de equilibrio en sólidos

equilibrio y resistencia de la Forma Construida

ARQ 455 (10c) Taller arquitectónico 8

MAT 529 (4c) Fundamentos de las Matemáticas 5 ARQ 555 (10c) Taller arquitectónico 10 ARQ 600 (14c) Taller de titulación 1 ARQ 650 (14c) Taller de titulación 2 ARQ 655 (14c) Taller de titulación 3

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línea CientíFiCa

ARQ 150 (37créditos) el taller inicial de arquitectura de primer año es una conjunción de módulos convergentes al taller que se propone abrir la mirada a la observación de la realidad como un lenguaje articulador, creativo y constructor del mundo y la Arquitectura.

ARQ 550 (10c) Taller arquitectónico 9

sexto año

terCer CiClo

CiClo disCiPlinar

segUndo CiClo

CiClo de ForMaCión

PriiMer año

PriiMer CiClo

malla curricular arquitectura


LA OBSERVACION

UNA CLASSE SULL’OSSERVAZIONE di Fabio Cruz Prieto1

Dal primo anno la scuola punta ad aprire lo sguardo degli studenti attraverso l’osservazione della realtà, come se questa fosse un linguaggio da apprendere. Bisogna precisare che nessun professore della scuola parla di metodo, perchè considerato un processo vincolante e definitivo, che porta a un’unica soluzione. Preferiscono quindi parlare di approccio. Gli allievi vengono mandati durante le classi di laboratorio a disegnare la città. Si lavora per temi: lo spazio pubblico, lo spazio privato, le persone, le attività, le ombre, la luce, il confort etc . L’esercizio consiste prima di tutto nell’imparare a disegnare a mano libera e ad apprendere le tecniche del disegno facendo pratica, non esiste infatti un corso di disegno nella scuola. Quest’esercizio, ha come obiettivo finale quello di esprimere attraverso il disegno e attraverso l’uso della parola, la realtà di ciò che si sta osservando. Inizialmente, il lavoro che viene fatto sui disegni è quello di individuare “l’ovvio”, ciò che sta davanti all’osservatore. Il passo successivo è riscoprire quello che si sta osservando, vedere di nuovo allontanando ciò che si conosceva precedentemente (es: indagando sulle linee geometriche che segnano il luogo, sulle ragioni che lo rendono tale, su come viene vissuto, sui fattori che ne influenzano il carattere). La convinzione alla base è che ciò che si vuole sapere della città, si possa imparare domandandolo alla città stessa. L’insegnante è per l’allievo un punto di riferimento e di confronto, il rapporto che si fonda sul disegno apre un dialogo che mette in discussione l’allievo tanto quanto il professore. Questo tipo di relazione tra studente e professore, viene arricchito da un altro valore della scuola, che è il lavoro in gruppo, “trabajo en ronda”, che è il principio con cui è nata la Scuola con il quale si è costruita la Città Aperta.

“Bisogna innanzitutto specificare i concetti di “schizzo” e “osservazione”, senza considerarli due discorsi separati e di ugual importanza: prenderemo in considerazione lo schizzo, o disegno, contenuto nella Osservazione, come una parte di questa. Parleremo poi meglio dell’osservazione, precisamente dell’osservazione architettonica. La prima affermazione che si dovrebbe fare è che l’Osservazione, come la intendiamo qui nel suo senso più radicale, è possibile perchè “la condizione umana è una condizione poetica, e perchè questa l’uomo vive liberamente nella nascita di creare un mondo” (Expo Escuela 1972) L’uomo è irrimediabilmente chiamato e obbligato a fare e rifare il mondo. Vale a dire a reinventarlo più volte (da notare che la parola inventare ha a che fare con avventura). E questa urgenza e questo dovere, può compierla perché tiene la possibilità di vedere il mondo, il suo mondo, sempre nuovo, di vederlo come se fosse la prima volta (Vedere è da considerare nel senso ampio del termine; talvolta si potrebbe parlare di “percepire”). Quindi abbiamo a che fare con questo fatto che ci coinvolge, e dove trascorriamo la nostra vita e che sembra tanto concreto e obiettivo, ma non lo è. Dipende infatti dal nostro modo di osservare, dal nostro punto di vista, per manifestarsi e rivelarsi con delle caratteristiche e connotati profondamente differenti. “Osservare” sarebbe dunque questa attività dello spirito, e del corpo che ci permette di accedere, un’altra volta, a una nuova, e fino al allora sconosciuta, visione della realtà. Osservare, in questo senso, si converte in una reale apertura. Si tratta di qualcosa di profondamente artistico

1 F. Cruz Prieto, durante il Taller de Amereida del 23 Settembre 1993 32


un metodo che conduce direttamente al successo. Cercando di capire meglio di cosa si tratta quando si parla di Osservazione, andiamo a vedere come questa si colloca rispetto al processo creativo di una opera di architettura. Per questo approfittiamo dell’esperienza accumulata nello sviluppo del Laboratorio di Architettura a cui ho partecipato nella Scuola di Architettura e Disegno della PUCV. Distinguiamo tre passaggi o momenti fondamentali: Prima di entrare nel vivo dell’opera bisogna formulare un incarico. Questo incarico deve riferirsi alle necessità e alle esigenze che la proposizione architettonica dovrà sviluppare. Il lavoro comincia dall’esterno dell’opera e si esprime per mezzo di termini conosciuti. Il processo architettonico propriamente tale ha luogo dopo la raccolta di tutte le informazioni necessarie per l’incarico. 1. il tempo dell’ OSSERVAZIONE 2. la delucidazione dell’ATTO ARCHITETTONICO che ospiterà l’opera. 3. la discussione della FORMA (non moduli) che finalmente si genera in un ordine materiale concreto. Se ci atteniamo a questi momenti, ci renderemo conto che il momento della Osservazione è all’inizio del processo e quindi in un certo senso influenza tutto quello che segue. Però, cosa osserviamo? Generalmente tutto il fondamentale, come si vive e i rapporti tra le cose. Ad esempio, osserviamo il quartiere (la sua vita e il suo spazio)... le strade principali... l’area di progetto... E nel contempo: pensiamo alle attività che l’opera deve includere. Questo modo di osservare, ci permette di guardare una nuova realtà. Grazie all’osservazione tutto ciò che avevamo visto prima esce dal suo stato neutro e inizia ad

e poetico. A proposito di questo “veder di nuovo”, voglio raccontare cosa successe durante una falena fatta tempo fa, in Francia di cui mi parlarono (io non ero lì). La falena è una sorta di Atto o Gioco Poetico, che si compiono in vari luoghi della città o fuori. Possono partecipare sia i residenti del luogo sia gli esterni. Però nel gruppo deve esserci un poeta che in un certo senso guida lo svolgimento. Il risultato della falena è un poema, o un qualcosa di tangibile. Esattamente questa faena fu così: Andarono in una campagna francese, non lontano da Parigi, in due auto, era un gruppo di 8 persone. Ad un certo punto, colpiti dalla luce particolare che illuminava la collina, uno dei partecipanti ha chiesto di fermarsi (regola della faena), per l’atto poetico. Scesero cosi dall’auto e cominciarono a salire la collina quando in mezzo a un campo appare un albero solitario. Si avvicinano e fanno un cerchio intorno. Lì i poeti coinvolti iniziano a recitare delle poesie, elogiando l’albero. Il poeta allora chiede agli artisti di fare un gesto poetico per elogiare l’albero. Poiché non avevano niente con cui farlo però dovevano pur sempre far qualcosa data l’urgenza della situazione, presero una pietra di grandi dimensioni e la spostarono, la sollevarono e la posizionarono tra i rami dell’albero. Coloro che erano presenti all’atto erano stupiti perchè guardavano l’albero come per la prima volta. Dunque questo è il succo dell’osservazione “vedere come per la prima volta”. Per quanto possa sembrare esagerato, attraverso l’Osservazione ci aspettiamo di avere una sorta di “chiaroveggenza” (citando Rimbaud) di alcuni aspetti della realtà. Ovviamente si tratta di qualcosa di non garantito, di un regalo, di un dono; non è una procedura o

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aggiuntivo, per spiegare ad esempio i suoni, la temperatura o altre cose che riguardano il luogo disegnato e che non si possono rappresentare con il disegno. Però si usano anche parole più sottili, complesse e radicali per accompagnare il disegno e che nascono simultaneamente da questo. E’ una parola che indaga su ciò che si sta osservando, una parola che nomina, che pone dei nomi. E’ una paro la che cerca di spiegare il senso di ciò si osserva. La parola che appare permette di riordinare il caos delle possibilità. A partire da questi nomi si può iniziare a pensare questa sorta di gioco combinatorio di informazioni che si alimentano e si moltiplicano. Per concludere, tornando all’opera architettonica e soffermandoci sul secondo punto La delucidazione dell’ATTO ARCHITETTONICO. E’ chiaro che un’opera abitata ha funzioni distinte e svariate, però si tratta di trovare una sorta di obiettivo, di funzione che ingloba tutto, per questo si chiama Atto, azione, dell’opera. Quindi ad esempio nel caso dell’abitazione di potrebbe scrivere “abitare nel ritmo dell’andare..”, “abitare in altezza..”. E’ evidente che questi nomi non sono certi, e che sorgono da una profonda ricerca e discussione con noi stessi. E’ un processo, tutto questo, che si potrebbe definire dialettico dove ogni nome o parola usata ci mostra altri aspetti e ci fa cercare un nome più affinato. Sottolineo, l’Osservazione o Elogio, ci porta a veder di nuovo, nuovi aspetti fino a quel momento sconosciuti. L’opera, e la discussione della Forma, deve nascere da questa osservazione e deve portarci all’Atto. Come si è capito, l’Osservazione tenta di dare all’opera un fondamento trascendentale, a partire da quella discussione della Forma che si combina con un discorso più fisico e materiale.

avere un senso che sorprende. E’ come se l’osservazione ci fornisse una chiave per accedere al segreto intimo di un certo luogo, si un un certo corpo. L’osservazione ci ha portati a una nuova realtà. A questo punto, è in questa nuova realtà che l’opera architettonica si dovrà collocare ed è a queste nuove esigenze che dovrà rispondere. Adesso si tratta di entrare in una realtà complessa, instabile, sconosciuta. Si tratta di un’opera trascendentale. E l’opera, di conseguenza, dovrà partecipare a questa trascendenza. Siamo nel pieno dell’arte! Siamo nel campo della emozione e dell’ammirazione! Siamo nel mondo della bellezza! Qui avvengono tutte le spiegazioni! Dunque, l’osservazione di cui abbiamo parlato, si esplica con il disegno, schizzi, e con la parola. Il disegno non è un semplice procedimento, o un meccanismo automatico inequivocabile. La realizzazione di un disegno obbliga necessariamente a compiere delle scelte tutte le volte, significa astraersi. Scegliere da dove cominciare, scegliere una prima caratteristica, poi un’altra ancora. Scegliere il tipo di linea per interpretare ogni caratteristica. Scegliere, scegliere, scegliere ogni volta e cento volte. E scegliere anche dove e quando fermarsi (come diceva Picasso). Però in funzione di cosa si sceglie e ci si astrae? E’ necessario aver appurato una certa struttura ordinatrice in questa infinità di volte. Diciamo che la realizzazione di un disegno è un data da un dialogo difficile tra la testa che scegli e la mano che disegna, o tra la mente che si astrae e la mano che interpreta e scorre. Che tipo di parole si usano? Le parole servono per descrivere il disegno in modo

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I RITMI

L’anno accademico nella Scuola di Architettura e Design di Valparaiso comincia a Marzo e si conclude a metà Dicembre. Si suddivide in trimestri alla fine dei quali avvengono le consegne finali dei lavori e le valutazioni dalle quali dipende la possibilità di seguire i corsi successivi passando al livello superiore. La maggior parte delle discipline infatti consta di più tappe, nel caso dei laboratori di progettazione, ad esempio, si contano dieci tappe, due per ogni anno accademico. Il non superamento di una tappa del laboratorio non implica di seguire il corso l’anno seguente, ma semplicemente di iscrivere il laboratorio successivo con lo stesso codice della tappa che non si ha superato. Sta al docente, in ogni caso organizzare il lavoro di chi è rimasto indietro rispetto al resto della classe, in modo che non recuperi la tappa precedente e che allo stesso tempo capisca la differenza con la tappa avanzata. Non è così invece per le altre discipline, dove il non superamento di una data tappa preclude di seguire il corso avanzato del periodo successivo.

E a proposito della forma aggiungo che la scelta della Forma è anche questa artistica, molto artistica, si estende ai confini con l’ignoto, quindi anche quello che succede dentro non sempre si può definire o concettualizzare pienamente.”

Nonostante gli studenti di Design e quelli di Architettura occupino aree diverse nella scuola, l’organizzazione degli spazi è gestita dai professori stessi in accordi quotidiani. Anche gli orari delle lezioni e la loro durata spesso vengono accordati il giorno prima e alterati il giorno stesso. Il lavoro degli studenti è previsto che venga svolto nelle proprie case o negli edifici della scuola (sono presenti laboratori di informatica dotati di computer e plotter, laboratori di modelli, sale espositive) ma anche nelle zone esterne; L’atrio, su cui si affacciano la biblioteca e alcune classi e da cui si accede alla scala che porta alla caffetteria e alla mensa, è considerato un’agorà, e oltre alle lezioni avvengono anche le comunicazioni più importanti e alcuni atti poetici.

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STUDIARE ARCHITETTURA ALL’ E[ad]

La Scuola (Alberto Cruz e i docenti) afferma che la missione che si prefissa è di formare architetti con la vocazione di concepire opere che diano risalto all’espressione dell’abitare umano. Le qualità che si augura di trasmettere sono la visione poetica del contesto, la capacità di riflessione e la creatività di proporre, progettare e costruire opere architettoniche e urbane che soddisfino le necessità della società in tutte le scale e in tutte le grandezze del progetto1. Tra le competenze fondamentali che promette di insegnare, sottolinea l’offerta di un’educazione integrale a favore della crescita armonica di tutte le dimensioni che costituiscono la persona umana, sia da punto di vista della prospettiva intellettuale sia dal punto di vista di quella legata al vivere quotidiano, promuovendo quindi la coerenza tra conoscenza, verità e vita. Si privilegiano per questo i valori che alimentano l’integrità e le competenze umanistiche libertà, solidarietà, rispetto e accettazione della diversità, responsabilità sociale e etica - che permettono di accedere al metodo della Observaciòn. Per quanto riguarda le competenze disciplinari, offre: le capacità che permettono all’architetto di formulare il processo progettuale che dalla osservazione conduce alla forma; La facoltà di integrare gli aspetti poetici e sociali presenti nel luogo; L’abilità creativa che permette di pensare in modo innovativo la forma architettonica dello spazio abitabile in una corretta relazione tra luogo e contesto. E’ interessante invece notare che le capacità razionali per coordinare, integrare e derivare i distinti aspetti scientifici, tecnici e legali vengono inserite all’interno delle competenze professionali.

Tra gli elementi fondamentali che ogni disciplina della Scuola si impegna a trasmettere e a coltivare, denominandoli “magnitudes del arte arquitectònico”2, grandezze dell’arte architettonica, sono: _la capacità di osservare la realtà; _la capacità di riflettere sulle proprie azioni e le proprie conoscenze in modo da relazionarle con quelle altrui, con il fine ultimo di imparare a lavorare in gruppo; _la capacità critica, autocritica e propositiva, in modo che si generino opinioni fondate e si impari a lavorare su se stesso.

1 GODOFREDO IOMMI, Manifiesto del 15 de Junio de 1967, Escuela de Arquitectura UCV, Santiago, 1971

2 ALBERTO CRUZ, Estudio acerca de la Observaciòn en Arquitectura, Taller de Investigaciones Graficas, Viña del Mar, 1982

IL PRIMO ANNO L’intero programma accademico si suddivide in tre cicli. Il primo anno costituisce il primo ciclo, mentre dal secondo al quinto anno si è nel secondo ciclo. La tesi di laurea, che occupa un anno di tempo, appartiene al terzo ciclo. Il primo anno è l’anno in cui gli studenti vengono iniziati ai fondamenti dell’architettura attraverso la frequentazione obbligatoria di tutti i corsi previsti nelle rispettive aree disciplinari. I corsi del primo trimestre sono: _Cultura del Cuerpo _Taller de Amereida _Taller Iniziale 1° Tappa Nel secondo trimestre invece il programma consiste: _Fondamenti di Matematica 1 _Cultura religiosa morale e professionale _Cultura del cuerpo 2 _Presentazione dell’architettura _Taller de Amereida 2 _Taller di Costruzione 1 _Taller iniziale di Architettura

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14.

Nel secondo trimestre si sviluppano i corsi di: _Fondamenti di religione cristiana _Taller de Amereida 3 _Taller iniziale 2° Tappa e Travesia _Taller iniziale di Architettura Il Taller Iniziale di Architettura consiste in un insieme di moduli che convergono nel Taller della 1° e della 2° tappa, in cui si propone di aprire lo sguardo alla Observaciòn, e focalizza l’attenzione sulla pratica del disegno e della riflessione sulla realtà per tradurla in architettura. Per questo motivo il primo anno di Architettura e il primo anno di Design svolgono insieme il Taller Iniziale. Dall’anno successivo invece i due indirizzi disciplinari seguono il proprio calendario.

15.

16.

14. Atto poetico nel cortile centrale della Scuola, 2010 15. Taller dei prototipi (laboratorio modelli) 16. Esposizione dei progetti di laurea, 2013 37


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DUE STORIE

EIDGENöSSISCHE TECHNISCHE HOCHSCHULE, ZüRICH 39


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Eidgenössische Technische Hochschule

LA STORIA

Per evitare i conflitti all’interno della Divisione, vengono istituiti due corsi della durata di un semestre, per permettere che entrambi insegnassero la propria disciplina. L’offerta accademica proposta prevedeva così un’attenzione forte sia alla progettazione sia all’ analisi strutturale e costruttiva. Nel 1959 Dunkell va in pensione e viene riorganizzata completamente la didattica: i nuovi fondamenti vengono emessi sostanzialmente da Bernard Hoesli che promuoveva i principi dell’architettura moderna cercando di studiarli e apprenderli in tutte le sue tendenze. Viene allargato il gruppo docenti e dal 1972 al 1974 viene nominato professore Aldo Rossi, considerato ancora oggi una delle influenze più forti che ha subito l’istituto. Nel 1960 la durata degli studi viene estesa a otto semestri, più la tesi, e la Divisione di Architettura sviluppa un crescente orientamento scientifico. Vengono introdotte nuove discipline, tra cui la Sociologia, e vengono fissati ufficialmente i principi dell’insegnamento da Hoesli. Nella metà degli anni ‘70 l’istituto conta 1000 studenti e nel 1976, malgrado le forti proteste, la Divisione di Architettura viene collocata a Honggerberg, un campus annesso all’Eth a venti minuti dalla sede principale. Negli anni ‘80 il profilo dell’istituto, basato sul modernismo, viene messo in discussione: il rigoroso concetto didattico del corso base all’inizio del programma viene frammentato. La scuola, che prende il nome di Dipartimento di Architettura dal 1999, ottiene maggior autonomia. D’accordo con le politiche dell’ETH basate sull’eccellenza internazionale, la ricerca acquista maggior significato e questo spiega il crescente numero di pubblicazioni e di dottorati. Nel 2007, in linea con gli standard definiti nel Processo di Bologna, l’Eth introduce il programma del bachelor di sei semestri e il programma del master di quattro.

La Storia dell’Eth comincia nel 1854, quando il Parlamento stabilisce l’istituzione di una scuola politecnica a Zurigo sulla base della costituzione del 1848. Il 15 Ottobre dell’anno successivo viene aperto ufficialmente la Scuola Politecnica Federale Svizzera con sei dipartimenti, tra cui la Scuola di Ingegneria e la Scuola di Costruzioni. Nel 1856 Gottfried Semper, considerato non solo un architetto di costruzioni monumentali ma anche un teorico dell’architettura, viene nominato professore e direttore della Scuola di Costruzioni. Il suo modello educativo basato sulla scuola delle Belle Arti di Parigi entra però in conflitto con il profilo del politecnico, più orientato alle tecniche. Semper decide di cambiare il titolo della laurea da “mastro costruttore” a “architetto” ma non riesce a allungare la durata degli studi a tre anni. Il suo dipartimento, costituito anche da Julius Stadler e George Lasius, continua a operare secondo lo spirito di Sempre fino al 1871, ma la scuola si sta ossificando. Intanto la Scuola di Costruzioni viene rilocata al piano terra nelle ali ovest e est del complesso e nominata nel 1899 Scuola di Architettura, e successivamente nel 1924 Divisione di Architettura. Nel 1900 viene istituita da parte di Gustav Gull, architetto municipale e professore, la disciplina dell’Urban Design, perchè la distinzione tra architettura monumentale e civile è ormai considerata obsoleta. Nel mentre, gli studi vengono estesi a sette semestri. Nel 1911 il politecnico viene rinominato Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Zurigo. Nel 1929 avvengono alcuni cambiamenti relativi all’impostazione ideologica dell’istituto: Gull aveva un’idea regressiva, mentre Karl Moser, considerato uno dei padri dell’architettura moderna (professore dal 1915 al 1928) aveva dato una forte impronta progressista, portata avanti da William Dunkell.

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la teoria

MARC ANGELIL

I TEXAS RANGERS

Marc Angèlil, nasce nel 1954 ad Alessandria d’Egitto. Dopo aver conseguito il dottorato in Scienze Tecniche all’ETH di Zurigo nel 1987, comincia a lavorare come assistente ad Harvard dal 1981 al 1987 e nel 1997 gli viene assegnata una cattedra nel Dipartimento di Urban Design all’ETH di Zurigo. I numerosi contatti con gli Stati Uniti gli permettono di insegnare all’Università della California a Los Angeles, dove attualmente ha degli uffici con alcuni colleghi statunitensi. La sua ricerca nell’istituto di Urban Design ha raggiunto importanti sviluppi relativamente al tema delle periferie delle grandi regioni metropolitane. L’enfasi è riposta sulle strategie per supportare processi urbani sostenibili, con particolare attenzione verso la formazione della citta e la sua trasformazione. Quando Angelil comincia a insegnare all’ETH, lo studio dell’architettura era già stato modificato da Bernhard Hoesli (1923-1984). Dovranno passare ancora dieci anni prima che si sviluppi concretamente il suo metodo di insegnamento. Tuttavia, le scuole di pensiero che si trovano alla base dell’insegnamento utilizzato sono l’Università del Texas e la Architectural Association di Londra. Dalla prima viene preso l’approccio all’apprendimento, basato sull’esperienza dell’allievo, mirando allo sviluppo delle sue facoltà intellettuali, all’accrescimento dello spirito di critica e di un’etica contestualizzata, attraverso esercitazioni sulle possibilità geometriche e spaziali. Dalla seconda invece vengono presi gli studi sulla dimensione sociale e politica dell’architettura, attraverso letture mirate e l’approfondimento di casi studio.

Negli anni ‘50, un gruppo di architetti e artisti vengono chiamati a insegnare alla Università del Texas nella Scuola di Architettura. Nel 1951 Harwell Hamilton Harris ebbe la nomina a direttore della scuola e intendeva cambiare il piano di studi. Nell’autunno dello stesso anno, Bernard Hoesli (1923-1984) fu nominato professore in Progettazione architettonica all’Università del Texas Bernhard Hoesli (1923-1984), nacque in Svizzera e si laureò in Architettura presso il Politecnico federale di Zurigo nel 1944. Dopo aver lavorato per Fernand Leger, pittore, a Parigi e poi per due anni per Le Corbusier, nel 1950 è partito per gli Stati Uniti per vedere il lavoro di Frank Lloyd Wright. Nel 1950-1951 lavorò negli uffici newyorkesi di Fellheimer e Wagner, dove conobbe e divenne amico di John Hejduk. All’inizio del 1954, Harris affidò a Bernhard Hoesli e Colin Rowe il compito di sviluppare una riforma del programma. Colin Rowe (1920-1999) aveva studiato architettura presso l’Università di Liverpool e intorno al 1951 si trovava negli Stati Uniti per proseguire gli studi con Henry-Russel Hitchcock, alla Yale University. Nel gennaio 1954 cominciò a insegnare a Austin. Quando fu affidato a Hoesli e Rowe il compito di riformare il programma accademico dell’Università texana, Hoesli fece emergere la sua inclinazione intelletturale e metodica in merito all’importanza dell’esperienza pratica. Rowe invece propose un’educazione basata sulla ricerca e sul ragionamento critico con il fine di portare lo studente a muoversi in una dimensione intricata che, una volta superata, gli avrebbe dato maggior consapevolezza intellettuale. Nel marzo del 1954 il nuovo piano accademico è pronto redatto sotto richiesta di H.H. Harris e viene pubblicato come Manuale per la conduzione del progetto e adottato nell’autunno dello stesso anno.

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Nella prefazione si introducono i principi che animano il nuovo programma:

1.

Lo scopo dell’educazione architettonica – come di tutta l’educazione – non e solo quello di formare lo studente per l’occupazione professionale, ma e soprattutto quello di stimolare la sua crescita spirituale e intellettuale, di sviluppare le sue facolta intellettuali e permettergli di cogliere la natura e il significato dell’architettura. Qualsiasi programma educativo di una scuola di architettura non puo essere basato sulla meccanica dell’occupazione professionale, ma solo sul contenuto intellettuale dell’architettura. I nostri obblighi verso i nostri studenti sono due: 1. Consentire allo studente attraverso l’educazione di sviluppare le sue capacita di scelta per mezzo dell’esercizio del giudizio. 2. Dotarlo delle competenze e le conoscenze necessarie per l’esercizio della sua professione.1 A quel punto era necessario trovare gli insegnanti, che volessero adottare quei concetti educativi e che volessero attenersi al nuovo programma di studi. Vennero chiamati Robert Slutzky (1929-2005), appena laureato e Lee Hirsche (1927-1998), entrambi avevano studiato colore e disegno alla Yale School of Fine Arts. Per la progettazione architettonica Bernhard Hoesli chiamò John Hejduk. Hejduck aveva all’epoca 25 anni ed era laureato all’Harvard School of Design. Nonostante le esperienze date dagli anni trascorsi nello studio di Wagner e all’Universitò degli studi di Roma, furono gli anni come docente alla Texas University a essere cruciali per la sua formazione. L’idea di Hoesli e Rowe era quella “di stimolare la crescita spirituale e intellettuale dello studente e di sviluppare le sue facoltà intellettuali per metterlo nella condizione di cogliere la

1 WIM VAN DEN BERG, John Hejdu’s teaching by osmosis in ANTONELLA GALLO (a cura di), The Clinic of Dissection of Art, Marsilio, Venezia, 2012 pg 68

1. Appunti sull’insegnamento, nel taccuino di Hoesli 43


natura e il significato dell’architettura2. Tuttavia dalla struttura del nuovo programma non era chiaro come cià si potesse ottenere. Erano entrambi convinti che la cosa più importante per uno studente non fosse solo assimilare un catalogo di conoscenze e competenze, ma acquisire l’effettiva capacità di comprendere pienamente e valutare criticamente. Nell’autunno del 1956, tutta la prima generazione dei Texas Rangers, ad eccezione di Hoesli, viene costretta a lasciare la Scuola di Architettura di Austin. Prendendo nota metodicamente sul suo personale processo di apprendimento, per capire come poter imparare dal proprio metodo di insegnamento, nei suoi taccuini Hoesli elabora per se stesso una sorta di mappa. Su un lato di una delle due pagine, viene indicato un percorso che mediante una freccia parte dal soggetto materia di esercizio per terminare in una casella contrassegnata dalla parola space e sul lato opposto una freccia segnalante un percorso contraddistinto da una serie di annotazioni, una sorta di manuale per l’utente, che termina in una casella marcata dalla scritta “design as a process”.

2.

Hoesli scrive 3: familiarizzare lo studente con lo “spazio” come definito in architettura. Architettura come organizzazione dello spazio. 1. per riconoscere lo spazio, la sua esistenza. 2. proprietà dello spazio. MA non in astratto, come nei cosiddetti progetti “basici”. immediatamente, fin dall’inizio come un problema di architettura.

2 WIM VAN DEN BERG, John Hejdu’s teaching by osmosis in ANTONELLA GALLO (a cura di), The Clinic of Dissection of Art, Marsilio, Venezia, 2012, pg 69 3 immagine 1 pg 43

2. consegna di un problema nel Nine Square Grid Exercise 44


ARCHITECTURAL ASSOCIATION

Questo era il vero “traguardo”, l’obiettivo del loro insegnamento in quanto tale era quello di far capire lo “spazio definito dall’architettura, di riconoscere la sua esistenza e le sue proprietà”.4 Uno degli esempi migliori è rappresentato dal Nine Square Grid Exercise, che era nato da un incrocio tra la parte di progettazione tridimensionale sviluppata nel corso di disegno tenuto da Slutzky e Hirsche, e il Nine Square Grid Exercise inizialmente ideato da Hejduk per il corso di progettazione di interni nel Dipartimento di Economia domestica. Si tratta di una griglia a nove quadrati. L’apprendimento, sta nel “giocare”, e il risultato è aperto e non ci sono soluzioni definitive; però, per avere soddisfazione nel giocare, bisogna avere il coraggio di provare e riflettere, prima di prendere decisioni definitive. Hejduck, nel catalogo del 1971 per la mostra Education of an Architect: a Point of View, the Cooper Union School of Art & Architecture5, scrive: “Il Nine Square Problem viene utilizzato come strumento pedagogico per l’introduzione all’architettura dei nuovi studenti. Lavorando su questo problema lo studente comincia a scoprire e capire gli elementi dell’architettura. Griglia, struttura, corrispondenza, trave, pannello, centro, periferia, campo, limite, linea, piano, volume, estensione, compressione, tensione, taglio, ecc. Lo studente comincia rendersi conto di ciò che significano pianta, alzati, sezioni e dettagli. Impara a disegnare. Comincia a comprendere le relazioni fra disegni bidimensionali, tra proiezioni assonometriche e forma tridimensionale (modello). Lo studente studia e disegna il suo schema in pianta e in assonometria, e ne scopre le implicazioni tridimensionali sul modello. Si giunge cosi a una comprensione degli elementi – nasce un’idea su “come fabbricare”.

Per quanto riguarda l’AA l’attenzione viene invece riposta nelle lezioni dei primi anni ‘70 e in particolare nei progetti di Robin Evans, Bernard Tschumi e Rem Koolhaas, tutti e tre influenzati dai testi di Michel Foucault. La ricerca sull’uso del potere da parte dell’architettura, la sua capacità di istigare forme alternative di stili di vita e relazioni umane, fa si che ci si scolleghi dalla geometria dell’architettura e ci si concentri sugli effetti sociali e politici, sperimentando con nuovi strumenti possibilità alternative di vita, domandandosi quale sia la macchina che ordina i comportamenti umani, e come si presenta quel tipo di mondo, quali sono le sue forme di aggregazione. Questa linea può mettere in luce che nuove forme non necessariamente producono nuovi stili di vita, e che certi modi di vivere (non più riducibili a qualche categoria di consumo) non sempre richiedono forme eccezionali e contorte.

4 WIM VAN DEN BERG, John Hejdu’s teaching by osmosis in ANTONELLA GALLO (a cura di), The Clinic of Dissection of Art, Marsilio, Venezia, 2012, pg 72 5 ibidem 45


3.

la didattica

I RITMI Gli anni accademici del bachelor di Architettura all’ETH sono suddivisi in semestri. Il primo viene dedicato alle discipline teoriche, il secondo viene dedicato al laboratorio e ai seminari. I due anni del master invece consentono allo studente di poter scegliere di seguire corsi elettivi e i corsi proposti dal singolo corso di laurea.

STUDIARE ARCHITETTURA ALL’ETH Le discipline, obbligatorie, che si affrontano nel primo semestre degli anni del bachelor sono:

Principi basilari di progettazione Architettura I, II, III Tecnologia dell’Architettura I, II, III Economia Materiali e Fisica costruttiva I, II Design Strutturale I, II Processi costruttivi Matematica Sociologia Storia dell’Arte e dell’Architettura I, II Teoria dell’Architettura Ricerca sul Patrimonio Progetto e strategie urbane Storia dell’Urbanistica Paesaggio Norme Norme sulle costruzioni Design Architecture I, II, III

3. Schema di movimento del salto di Flop. 46


Il secondo semestre invece si dedica interamente alla Design Unit, che viene scelta in base al tema e alla disciplina che lo studente preferisce tra quelli proposti per l’anno che si sta seguendo: il primo anno è dedicato all’urbanistica, invece nel secondo e nel terzo anno si può scegliere un laboratorio di tecnologia o di strutture, tenendo in conto che entro la fine del bachelor è necessario aver affrontato entrambe le discipline.

Questi ultimi esercizi si dividono in due grandi temi: il Contesto e Forma. In tutte le lezioni sono presenti una parte pratica (modellini, collages, foto, video, elaborati tecnici, locandine..) e una parte teorica (letture di testi o brevi saggi da elaborare). Il primo anno comincia con l’insegnamento di tecniche di produzione, concentrandosi sulle condizioni normali e sugli standard della pratica. L’obiettivo non è semplicemente imparare delle tecniche e applicarle, bensì capirle in modo da essere in grado di trasformarle. Per raggiungere questo scopo il corso promuove un processo progettuale che si genera attraverso l’appropriazione e la manipolazione di quelle norme basandosi sulla ricerca e sulle argomentazioni. La forma non è prodotta a priori ma è permesso raggiungerla attraverso una serie di operazioni. L’enfasi di questo approccio varia dall’apprendimento delle tecniche al generarle. Per raccontare meglio il senso di questo ragionamento Jesse Le Cavalier2, usa come analogia il salto che Dick Fosbury, atleta olimpico salto in alto, che passò alla storia con il nome di Flop. Il Flop consiste in un salto approciato da una curva attraverso un movimento del piede interno e di una torsione, quando comunemente si tendeva a saltare con il piede interno e a superare l’asta fronteggiandola, e non di schiena, come avviene nel salto di Fosbury. “Fosbury oltre a risolvere un problema, è un inventore che ha usato la sfida come punto di inizio per generare una nuova tecnica performativa. Il problema, la sbarra, rimarrà sempre. Quindi, il ruolo del progettista non è eliminare la sbarra ma sviluppare nuove tecniche efficaci per superarla. Un progetto architettonico deve agire allo stesso modo. La sbarra dell’architettura rimarrà sempre e contiuerà a crescere, la sfida dei progettisti quindi è adoperarsi per migliorare le performance.”3

IL PRIMO ANNO L’approccio che Marc Angelil utilizza con gli studenti del primo anno si basa sullo sviluppo del pensiero critico. L’obiettivo è mettere in discussione le norme e il prodotto della normalità per mezzo di una disciplina. Le esperienze collezionate dagli studenti con le norme della vita quotidiana sono la base sulla quale si manda avanti il corso. Il senso di questa linea di insegnamento, per Angèlil, è di dare agli studenti una serie di strumenti con cui poter capire concretamente cosa significa lavorare con l’ architettura L’anno accademico è suddiviso in due semestri. Nel primo semestre, gli studenti sono liberi di definire la loro propria concezione di normalità attraverso delle sessioni di esercizi inerenti a tre temi: Spazio, Programma e Tecnologia. Si contano dodici esercizi, quattro per ogni tema, che mirano a rendere gli studenti più attenti, consapevoli e curiosi. Questi esercizi vengono ripresi durante il secondo semestre, attraverso l’approfondimento di ogni esercizio, secondo la riscoperta fenomenologica dell’ambiente quotidiano (prendere coscienza del problema), il riconoscimento del sistema di regole per la produzione della normalità (rimettere in discussione il meccanismo), e la trasformazione creativa (adattamento sovversivo) di queste regole dal punto di vista delle potenzialità architettoniche.1

2 Assistente di Marc Angèlil 3 MARC ANGÉLIL, Inchoate, an experiment in architectural education, Liat Uziyel, Zurigo, 2003, pp 28

1 MARC ANGÉLIL, Inchoate, an experiment in architectural education, Liat Uziyel, Zurigo, 2003, pp 23 47


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PER IL PRIMO ANNO E[ad] 49


premessa

Prima di mostrare come si svolge un primo anno tipo nella Scuola, è necessario spiegare che il metodo della Observaciòn, citato precedentemente, è un approccio che accompagna gli studenti dal primo giorno. A differenza degli anni seguenti, il primo anno è quello in cui si lavora in modo intensivo su questo approccio, sia per prendere confidenza con il disegno come strumento di conoscenza, sia per capire la relazione tra il disegno, il croqui, e la parola poetica e come sviluppare da questa relazione il processo verso la forma architettonica. Bisogna dunque immaginare che durante lo svolgimento di un taller architettonico, negli anni successivi, gli studenti implicitamente sanno che devono cominciare a disegnare e fare schizzi della realtà che li circonda, a prescindere che esista o meno una consegna definita dal professore. Per dare una dimostrazione di cosa significhi concretamente il metodo della Observaciòn, seguiranno una serie di esempi sui momenti chiave, in tutto se ne contano cinque, di questo metodo. Nella fase progettuale, i primi due momenti - croqui e afirmacion - sono legati alla lettura del luogo e dell’area, gli ultimi tre invece - acto, e.r.e., forma - sono legati alla definizione del progetto. disegnare, fare un croqui1 formulare l’affermazione formulare l’atto individuare l’ e.r.e.2 definire la forma

1 In cileno: schizzo, disegno 2 Acronimo di “estructura radical de la extension”, concetto spiegato a pp.60 50


1.

1. Un croqui (schizzo) durante la pausa pranzo. 51


FARE UN CROQUI

Sitrattadiprocurarsiunapennaedeifoglibianchisucuidisegnare. I disegni vengono chiamati croquis, che sta per schizzi. Non si può usare la matita perché non è un esercizio di estetica, e la matita rallenterebbe il lavoro perché porterebbe a cancellare e ridisegnare ciò che si sta guardando riponendo l’attenzione sul disegno e su come la nostra memoria ricorda cosa si sta osservando, invece l’attenzione deve essere posta unicamente su ciò che si osserva nel momento in cui si osserva. La penna impone di prendersi un tempo maggiore per disegnare. Scattare una foto e disegnare sulla foto non porta lo stesso risultato perchè il tempo di una foto è un tempo troppo breve per riuscire a conoscere il carattere di qualcosa, invece il tempo della penna sul foglio è un tempo prezioso, è il primo momento in cui si comincia a conoscere un luogo.

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2.

2. Disegno delle persone nella Plaza O’Higgins per lo studio del rapporto tra l’uomo e il clima.

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FORMULARE UN’ AFFERMAZIONE

Questo momento segue immediatamente quello del croqui , consiste nello scrivere una frase su ciò che si sta disegnando, quindi dev’essere una frase descrittiva basata su ciò che si ha disegnato, di conseguenza il disegno dev’essere leggibile attraverso la frase e la frase deve annunciare il disegno.

una parola che nomina, che pone dei nomi. E’ una parola che cerca di spiegare il senso di ciò si osserva. La parola che appare permette di riordinare il caos delle possibilità.”1 Qualsiasi sia la frase, bisogna fare attenzione a non riportare un’emozione o una percezione personale, la frase deve essere oggettiva e su ciò che si sta osservando, non su ciò che si sta provando, deve inoltre essere affermativa, cioè non devono esserci negazioni. La ricerca dell’affermazione si fa considerando i pregi e il valore del luogo, non bisogna pensare a ciò che non piace, o a ciò che manca, perché così facendo ci si imbatterebbe nell’errore tipico, secondo la Scuola, di ipotizzare presuntuosamente le necessità del

“Le parole servono per descrivere il disegno in modo aggiuntivo, per spiegare ad esempio i suoni, la temperatura o altre cose che riguardano il luogo disegnato e che non si possono rappresentare con il disegno. Però si usano anche parole più sottili, complesse e radicali per accompagnare il disegno e che nascono simultaneamente da questo. E’ una parola che indaga su ciò che si sta osservando,

1 ANN PENDLETON JULLIAN, “La strada che non è una strada e la Città aperta di Ritoque, Cile” in Spazio e Società, n. 66, Gangemi Editore, 1994, 26-40

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3.

“E’ necessario distanziarsi dall’edificio con una diagonale che fronteggia l’angolo (delle strade) di Salvador Donoso e Eleuterio Ramirez dall’angolo nord-ovest, in modo da trovarsi di fronte alla totalità del volume. Il fronte dell’edificio è l’angolo, dove appaiono entrambe le facciate. L’insegna comprime l’ingresso e dà una “dimensione di quartiere” all’edificio.”

3. Nella didascalia esprime i ragionamenti sullo studio di facciata.

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luogo, dando vita a un processo che si fonda sul pregiudizio. Dalle affermazioni si possono evidenziare le qualità del luogo su cui fondare il progetto, in modo che venga messo in risalto ciò che c’è nel luogo, e non il contrario. Quando ci si sofferma a pensare all’affermazione l’allievo è portato ad analizzare non solo il luogo che ha visto ma anche il modo in cui lo ha rappresentato. Spesso le osservazioni possono cominciare osservando la prima cosa che è stata disegnata, e da lì cominciare a cercare perchè quel primo oggetto è stato catturato dall’occhio e poi dalla mano; oppure l’osservazione si può concentrare sulla densità del tratto in alcuni punti, e trovare il perché nella varietà del suolo, ad esempio, o nella presenza di forti contrasti dovuti alla luce e all’inclinazione del terreno.

Si può anche cominciare osservando invece il disegno con occhio “geometrico”, e quindi capire quali linee inquadrano il disegno, e quindi ragionare su quali generano un certo tipo di spazio, cercare di capire se c’è un legame tra la linea e la percorrenza di un luogo, che cosa accelera il passo, che cosa invece lo rallenta, o lo interrompe. Oltre a portare l’allievo a definire nel modo più oggettivo possibile il proprio disegno, questo momento aiuta a cercare il modo migliore per descriverlo, cercando esattamente le parole più adatte e efficaci. E’ un incentivo a a saper argomentare il proprio progetto secondo un’idea che nasce dalla propria esperienza e dalla propria analisi, inoltre consapevolizza l’allievo dei suoi ragionamenti durante il lavoro e alimenta le ragioni per mettersi in discussione.

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4.

“La proporzione tra la larghezza del marciapiede e l’altezza dell’edificio lascia che il corpo si muova lungo l’orizzontale bassa dell’edificio, il resto scompare dalla linea dell’orizzonte che raggiunge lo sguardo. Le colonne intercalano la luce e l’ombra dando un ritmo costante al transito”

4. Dalla didascalia, scritta da uno studente, si può notare che attraverso il disegno si sta compiendo un’analisi geometrica dello spazio.

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FORMULARE UN ATTO

Con atto si intende il gesto dell’abitare in cui si compie il progetto nel luogo. “E’ chiaro che un’opera abitata ha funzioni distinte e svariate, però si tratta di trovare una sorta di obiettivo, di funzione che ingloba tutto, per questo si chiama Atto, azione, dell’opera. Quindi ad esempio nel caso dell’abitazione di potrebbe scrivere “abitare nel ritmo dell’andare..”, “abitare in altezza..”. E’ evidente che questi nomi non sono certi, e che sorgono da una profonda ricerca e discussione con noi stessi. E’ un processo, tutto questo, che si potrebbe definire dialettico dove ogni nome o parola usata ci mostra altri aspetti e ci fa cercare un nome più affinato”. Esistono due tipi di atti: un atto del luogo e un atto del progetto. L’atto del luogo può essere una constatazione di ciò che succede nel luogo in cui si sta facendo il progetto. L’atto del progetto si lega all’atto del luogo. Entrambi si possono schematizzare con una formula:

atto + come si svolge l’atto + da/in/verso/sopra/sotto che luogo

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L’atto è un movimento che il corpo umano compie: soffermarsi, camminare, correre, percorrere, camminare, fermarsi, bloccarsi, avvicinarsi, allontanarsi, avanzare, indietreggiare, ritirarsi.. Il modo dell’atto è una caratteristica di quel movimento. Lo stato in luogo ne indica una proiezione spaziale. L’atto è quindi una sorta di gesto che emerge dall’analisi dei disegni, delle affermazioni e che guida lo sviluppo del progetto. In questa fase la concentrazione viene riposta unicamente sul senso dell’opera, nel caso in cui si stia parlando dell’atto dell’opera. Per aiutare il pensiero, gli allievi cercano di trovare la “plenitud “(senso di pienezza, di appagamento). Un esempio con cui mi spiegarono cos’era la plenitud:

le mettete da parte. Poi passate alle carni, le ripulite e le fate in piccoli pezzi. Lo stesso per le spezie e per tutti i gusti che volete aggiungere. Siete in una casa con un grande tavolo che vi ospita e finalmente, dopo che avete lasciato cuocere per ore la cazuela, vi sedete tutti intorno al tavolo e e mangiate soddisfatti il lavoro di una giornata insieme, pasteggiando con vino rosso, e a destra, dalla finestra, scorgete il Pacifico blu enorme, invece alla vostra sinistra, la Cordigliera si staglia rossa imponente. Ecco, quella è la plenitud.” Il senso della ricerca della plenitud sta nel trovare il senso dell’opera. Nel caso della descrizione data per esempio, l’atto dell’opera potrebbe essere, per esempio, quello di soffermarsi, fermarsi, lasciarsi accogliere, ospitare, e quindi l’idea intera del progetto potrebbe avere come fulcro uno spazio pensato per quell’atto su cui poi si articolano tutti gli altri spazi. Una volta trovato, quelle che sono le scelte legate alla distribuzione, alle aperture, alla forma, ai materiali, cominciano ad articolarsi per fare eco all’atto dell’opera.

“Immagina di passare un’intera giornata a raccogliere da un campo tutti gli ingredienti che ti servono per preparare una “cazuela”1 per tanti amici. Passate quindi la mattina a raccogliere le verdure, a lavarle, ad asciugarle, le tagliate e

1

Tipico piatto cileno che si presenta come un brodo di pollo con verdure e patate

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INDIVIDUARE L’ E.R.E.

L’e.r.e. è un acronimo che sta per struttura (in spagnolo: estructura) radicale dell’estensione. Si tratta di un elemento architettonico, e a differenza dell’atto e dell’affermazione, l’ere si può applicare a qualsiasi tema del progetto. L’ere può essere un elemento legato alla distribuzione, oppure può essere legato al materiale utilizzato, o a un preciso ordine che regola la struttura, o a un oggetto fondamentale per la manifestazione dell’atto. L’ere non ha una definizione precisa però valgono queste tre affermazioni:

Mantenendo valido l’esempio precedente sulla ricerca dell’atto attraverso la ricerca della plenitud, e quindi dando per buono che l’atto sia quello del soffermarsi, l’ere allora potrebbe essere individuato in una forma accogliente. Potrebbe essere la progettazione di un luogo specifico, di una zona interna studiata apposta per la sosta, oppure potrebbe trovarsi in un incrocio di più spazi, o potrebbe anche rivelarsi sotto-forma di oggetto, come ad esempio in un tavolo fisso. Una volta individuato, l’ere dev’essere nominato, perché solamente con il nome si legittima l’esistenza delle cose e quindi l’ere prende un nome come:

• si deve poter spiegare con un gesto delle mani; • se si immagina che il modellino del progetto cada in terra e vada in pezzi, l’ere è quella cosa che rimane integra; • è l’elemento che caratterizza il progetto e che impone la gerarchia tra le parti.

soglia che raccoglie; passaggio che rallenta il ritmo dell’andare;

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5.

ATTO: affaccio frontale in un giro raccolto e sommerso ERE: terrazzamento di livelli che fronteggiano l’estensione FORMA: bordo curvo di fronte all’estensione

5. Modello cartaceo di un e.r.e

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DEFINIRE LA FORMA

Durante questo processo la forma si è già presentata sia attraverso gli schizzi che evidenziano la generazione dell’atto sia attraverso l’ere. La forma è quindi ciò che rispecchia tutto il processo progettuale e diventa il primo momento per comprendere l’opera intera, o per cominciare ad approcciarla. In quest’ultima fase viene introdotto il tema della distribuzione e degli standard, e quindi ci possono essere delle variazioni formali, sull’ere, e concettuali, sull’atto del progetto. Anche nella definizione della forma è sempre presente l’atteggiamento investigativo e argomentativo delle scelte. Con la forma entrano in gioco i temi del contesto circostante, delle proporzioni dell’opera e della coerenza con il processo progettuale.

62


6.

6. Studi sulla forma.

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il taller inicial

Il Taller Iniziale è composto da una serie di lezioni, due alla settimana, volte a sviluppare il metodo della Observaciòn e il laboratorio di progettazione. Il tema del primo anno è Lo Spazio Pubblico e i contenuti del Taller son riferiti alla città come luogo in cui avviene e si manifesta la dimensione pubblica. I temi attraverso i quali gli studenti mettono in pratica l’apprendimento della Observaciòn sono:

Questi temi, portati all’interno del Taller, mettono in luce una visione rinnovata della città. In questo modo si cerca infatti di svelare il tempo, riscoprire gli atti e proclamare il carattere pubblico della città e, attraverso un processo di astrazione, raggiungere le forme. Oltre al disegno un’altra componente importante è la parola poetica, in grado di rivelare il presente. Il Taller ha carattere collettivo, e poichè viene organizzato come un processo ciclico di compiti, esposizioni e correzioni individuali e collettive, permette che la classe avanzi insieme, in questo modo l’esperienza di uno diventa patrimonio di tutti. I contenuti del laboratorio entrano in contatto non solamente con il tema dello spazio pubblico ma anche con i fondamenti della scuola legati al lavoro di gruppo, agli atti poetici e alla elaborazione di manufatti artigianali. Tuttavia vengono comunque richiesti gli elaborati tradizionali per rappresentare un progetto (tavole, modelli e relazioni) ai quali si lavora con maggiore intensità nell’ultimo periodo del trimestre.

_la città come luogo di abitudini e i suoi ordini _la città nei suoi usi e cicli _la città come luogo in cui si trasita _la città come luogo in cui ci si ferma e le sue componenti _la città come luogo esposto e le sue estensioni _la città come luogo dei suoni e i suoi atti _la città come luogo che si guarda e i suoi spazi _la città come luogo della festa e la sua componenti effimere _la città come luogo di tradizione e il suo presente _la città come luogo del giorno e della notte

Il Taller Iniziale, si completa con il Taller di Costruzioni I - in cui si studiano le nozioni basilari delle strutture, attraverso l’uso di programmi specifici e la costruzione di un elemento strutturale - e con la Travesia, in cui si realizza una struttura - in genere legata alla contemplazione del paesaggio - con i materiali reperibili nel luogo in cui si svolge il progetto.

Questi temi si cercano negli spazi in cui si compie l’incontro, il momento in cui la collettività raggiunge la sua massima espressione: la piazza, il belvedere, i passaggi, le scale. Con l’obiettivo di avere una visione totale, dalla città al corpo che la abita (studiando la postura del corpo delle persone e il modo in cui approcciano questi luoghi di incontro) e di conoscere il proprio territorio.

64


Caso arquitectónico /

7.

SOLEDAD DEL HUESPED

HOSPEDERIA TRES CUBICULAS CIUDAD ABIERTA FUNDAMENTO

TALLER DE OBRA

OBSERVACIONES CONDUCENTES

a.

DETENCION POR ARRIMO A FIGURAS LEGIBLES: EMPLAZAMIENTO LA OBRA EN LO VASTO POSICIONA EL DESCANSO

En conjunto con el taller de Oslo, y como parte de las actividades a realizar en el Workshop Ciudad Abierta-Valparaíso, llevamos a cabo la empresa de contruir tres lugares de detención para la Ciudad Abierta. Previo al encuentro de los dos talleres, nuestro taller dividido en cuatro equipos de obra, recibe los proyectos para emplazarlos segun el estudio observacional sobre la detención y lo vasto. Llegado el taller de Oslo, las faenas de construcción duraron tres rigurosas semanas, tiempo en el que se sostuvo diálogos constructivos y propositos arquitectónicos sobre el habitar de la obra. ¿Cuales son las dimenciones a conservar, eliminar e implementar del taller de obras? La voluntad de trabajo en equipo y la inquietud constante sobre los propósitos del otro, permitió una instancia de nutritivo conocimiento compartido. Aún asi esta dimención a concervar debio ser potenciada con diálogos que concluyeran las jornada y encausaran la siguiente, permitiendo así que esta potencia se reflejace en la obra y no solo en el aprendizaje individual.

Hospederia Colgante y taller de America - Ciudad abierta La hospederia se emplaza sobre pilotis que liberan el suelo natural sin irrumpir el contorno de la extensión, la magnitud y amplitud que visualmente abarca la hacen parte de los elementos articuladoresde la disposicion de los cuerpos en el taller, como también lo hace la duna y el camino.

b.

ACCEDER COMO UMBRAL DE PROPIEDAD Y RETIRO: VIALIDAD DISTANCIAMIENTO PAULATINO HACIA LA SOLEDAD

FACTIBILIDAD • • • • • • • ••• •• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Acceso hacia la Hospederia Colgante. La vegetación es el contorno que define el lugar de transito permanente -el camino- con la hospederia que es retiro hacia lo intimo. Este tramo es umbral de propiedad publico y privado que define un momento de adetrarse o retirarse.

NOMBRE DEL LUGAR : LARGOS DE ENTREVER ESCORZADO VIRTUD DEL LUGAR : PERMEABILIDAD DEL RETIRO PARTIDO ARQUITECTONICO : RETIRO EXPUESTO

Tutelaje

8

• • •• •• • •• • • •• • • • • • • • • • • • • • • •

Tutelaje

Desde el camino. La arboleda aparece como un conjunto próximo que centra una porción del paisaje por medio de la curvatura del camino que permite ir encausado pero visualmente detenido por este tramo que se extiende en puntos de vista que lo recorren con el ojo por medio dela figura del camino que guia. Viento Norte de invierno Viento NE permanente

PLANO TEMÁTICO DE FACTIBILIDAD

Camino principal Camino secundario Propuesta de emplazamiento

Lugar de la obra

SIMBOLOGIA RED DE AGUA SIMBOLOGIA RED ELECTRICA Redes de agua Red electrica Cámaras • • • • •• • • • • • • • • • • • • • •• • •• • •• • •• • • • • • • • • • • • • • • • • • • Subestación aerea • • • • •de • ••impulsión • ••• • • •• •• • • • • • • • • • • • • • • • Camara • • • • • de paso Bombas Estanques de agua Punteras

• • •• de • •• red • •••aerea • •• • ••con • ••red • • ••• • •• • • •• ••• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Unión subterranea

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CIELO

Las áreas íntimas como el baño y el dormitorio (2.4mt) poseen cielo falso pintado blanco, las areas de 3,2 mt de altura, poseen una techumbre ligera que hace de cielo, con su respectivo aislante y cubierta interior de Terciado Revestimiento Ranurado que son planchas de 1220x2440x90mm que traen mayor facilidad y eficacia en el tiempo de montaje.

INTERIORES

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internit 40x1200x2400 mm

perfil de terciado ranurado

Voluntad de diferencia ACCEDER / Distanciamiento hacia la soledad del huesped Se contruye los accesos de cada cubícula como un tramo que es umbral hacia el retiro. La soledad del huesped es configurada por los tres distintos modos de acceder para cada una respecto a su orientación y la porción unica del paisaje que contempla el habitante en cada una, esto es lo que distancia una de otra. PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT

La obra es proyectada con estructura de madera, pie derecho cada 60 cm y areas que aproximan sus lados a las medidas multiplos de los paneles de internit para la cubierta exterior. Así se manejan dos alturas, 2,4 mt en las areas de descanso y retiro y 3.2 mt en las areas de acceso, que se aproximan en magniud, al exterior entreviendo por las aberturas pensadas con tablones de 2x4” de largo 3,2 o 2,4 mts según el tipo de area a cubrir ya mencionada. Ademas de las medidas dadas por el módulo de los elementos constructuvos a utilizar; los espacios se proyectan rectangulares para facilitar su trazado y montaje.

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ESTRUCTURA Y EXTERIOR

RELACIONES ESPACIALES

Voluntad de similitud EMPLAZAMIENTO/ Proximidad que construye un conjunto La obra se emplaza lateral al sendero que encausa el camino hacia las torres de agua. Desde el camino principal y en su curvatura aparece la obra como conjunto, leyendose como tal por los elementos arquitectonicos que componen las tres cubiculas pero que difieren en su orientación y sentido programático.

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Se utiliza un sistema modular para la ejecución de la obra que permite producción de relación tiempo/costo, eficiencia del montaje y lectura del proyecto, y demás, la posibilidad de mantención que permiten estos materiales y sus tecnologías:

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PRODUCCIÓN, EFICIENCIENCIA Y MANTENCIÓN

ACTO : RETIRARSE ENTREVIENDO FORMA: LARGO APORTICADO VOLCADO AL CIERRE ELEMENTOS ARQUITECTONICOS

A.GALERIA UMBRAL DE ENTREVER HACIA EL RETIRO LUMINOSO, VENTANA EN ESCORZO B. DISTRIBUIDOR DE LA EXTENSIÓN

los muros interiores son proyectados con tableros de terciado estrutural de 12x1220x2440xmm con alta resistencia a la humendad, características estructurales, constructivas y térmicas adecuadas para la zona.

SUELOS

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Machiembrado que permite un calce que unifica las superficies fortaleciendolas para resistir las cargas aplicadas de la mejor manera.

machihembrado 0.75”x4”x320 mm

La galería es margen entre lo vasto y el retiro ensimismaensimisma do que permiten las ventanas curvas, en las que se vislumbra en escorzo luminosamente atraido por la extención

Las cubiculas construyen un frente que encausa el ancho visual del sendero, se recorre distinguiendo los accesos como tramo de retiro hacia la intimidad del huesped.

Galeria como margen que es umbral hacia el retiro donde se va entreviendo el exterior y expectante a la permanencia en soledad. El tramo largo permite un tiempo de paso que es la pausa para retirarse entreviendo.

65

E.R.E

7. Esempio di Tavola del Fundamento, anche detta Tavola Zero.


8.

8. Disegno sulla lavagna durante le lezioni. 66


L’IMMAGINE DI SE prime esercitazioni

A gruppi di tre bisogna mettersi in cerchio e ogni studente disegna il suo vicino che ugualmente disegna il proprio vicino. Per la lezione successiva si richiede che venga disegnato il proprio riflesso di scorcio su un specchio nel formato della Gioconda, e inoltre si richiede un disegno della propria immagine al completo in un foglio 5x5 cm, che servirĂ come immagine di presentazione nel taccuino del professore.

9.

9. Schizzi dell’esercitazione svolta.

67


68


LA MASSIMA LONTANANZA serie di disegni sulla prospettiva

10.

Disegnare 25 croquis alla Ciudad Abierta in cui si rappresentano la vicinanza e la lontananza, le due distanze che ci permettono di renderci conto dello spazio. Elaborare successivamente una tavola in cui raccogliere i disegni e aggiungere altri 25 disegni in cui rappresentare prima un oggetto in lontanza visto dalla posizione di chi disegna, e successivamente disegnare la propria posizione vista dall’oggetto in lontananza. E’ importante che si riconosca il cambiamento di punto di vista. “Stare in alto in un terreno che si proietta verso la lontananza. Dalla duna più alta si distinguono tre altezze che costruiscono la profondità del disegno: 1) le persone che danno vita a un corpo affondato al centro della piana che si espande frontalmente davanti alle lavagne; 2) il contorno delle dune, fatto da un suolo irregolare che connette il bordo lontano con quello vicino e 3) gli alberi che chiudono lo spazio.”

10. Svolgimento dell’esercitazione alla Città Aperta. 69


70


11.

STUDIO DELLA LUCE serie di esercitazioni sullo studio della luce

Nominare una qualità dello spazio e costruire un modello di carta, partendo da cubo (30x30x30cm), che rappresenti quella qualità spaziale nominata. Il cubo dev’essere inserito all’interno di una cornice di fil di ferro. Attraverso il cubo studiare l’effetto della luce e lo spazio generato.

*Il Corso dello Spazio era un corso tenuto da Alberto Cruz all’Università di Santiago prima della “scissione” e della nascita della Scuola di Valparaiso. Il corso focalizzava l’attenzione sulla luce come elemento fondamentale che origina lo spazio e consisteva nell’elaborare una serie di modelli di studio sugli effetti della luce.

11. Modello cartaceo di studio sulla luce. 71


72


12.

STUDIO SUI VOLUMI serie di esercizi e esperimenti con oggetti del quotidiano

Prendere una mela e dividerla a metà. Disegnare su ogni metà un quadrato e scavarlo in modo tale che unendo le due metà si componga un lato delle stesse dimensioni di quelle tracciate. Riempire il vuoto del cubo con una gelatina e richiudere la mela (con l’aiuto dello scotch adesivo) Riporre la mela nel congelatore e attendere tutta la notte che l’interno si congeli. Estrarre la mela dal congelatore, aprirla e recuperare il cubo di gelatina. Con l’aiuto di una taglierina studiare le alterazioni del volume attraverso il comportamento della luce sui tagli apportati.

12. Esempio dell’esercitazione svolta. 73


74


LE PERSONE serie di disegni per comprendere l’abitare

13.

Disegnare 30 croquis che esprimano la vita nella città e l’atto della percorrenza e del soffermarsi. Disegnare il modo in cui le persone vivono quegli spazi. I disegni, oltre agli schizzi e alle affermazioni, talvolta vengono supportati dalle letture dei disegni stessi. Gli schemi servono a spiegare i concetti che il disegno non è in grado di rappresentare, come la differenza tra lo stare fermi e il camminare (due azioni che nel disegno possono essere rappresentate allo stesso modo).

13. Esempio dell’esercitazione svolta.

75


76


LO SPAZIO PUBBLICO serie di disegni per osservare il tema di progetto: Progettare una piazza nel vuoto concavo di una valle abitata

14.

Disegnare 30 croquis che rappresentino il tema dello spazio pubblico. Poichè il tema specifico del laboratorio di progettazione del primo anno verte sulla progettazione di una piazza, i disegni iniziali servono a confrontarsi con il tema principale. Gli studenti trascorrono le giornate a studiare le piazze di Valparaiso e delle zone limitrofi, con lo scopo di individuare gli elementi fondamentali che rendono tale una piazza.

14. Rappresentazione dello spazio pubblico proposto.

77


78


LO SPAZIO PUBBLICO serie di disegni per osservare l’area di progetto 15.

que es la referencia del estar dentro o los arboles, en sombra.

Calle Condell. La fachada continua y la estrechez de la calle respecto del alto de los edificios que la configuran es habitada un ir y venir inmerso en sombra y corrientes de aire que apresuran el paso ensimismado.

1ra ETAPA, 2008

iggins) es conteá asomandose nta que son un

Disegnare 30 croquis che rappresentino l’area di progetto.

Cerro Sto Domingo/ Camino Cintura. La quebrada curvada construye el horizonte en dos tiempo: proximidad y lejanía sin transición intermedia. El espacio no edificado es la antesala de un fondo panorámico ,así, estar en el cerro es ante la extensión a travez de un espacio intermedio que como margen, distan. cia,disegni permitiendo dominio visualla delQuebrada espacio profundo y vertical 15. Schizzi volumetrici dell’area di progetto, nei è rappresentata Martinez (Insenatura Martinez)

2da ETAPA, 2008

79


22.

80


LO SPAZIO PUBBLICO elaborazione di un modello in cartone per studiare la topografia dell’area di progetto 16.

Costruzione dell’area di progetto, scala 1:100 Il modello tridimensionale è considerato alla pari del disegno nel metodo dell’observaciòn. Il disegno rappresenta l’osservazione, il modello invece la concretizza.

16. Modello dell’Insenatura Martinez 81


82


LO SPAZIO PUBBLICO serie di disegni per studiare la proposta progettuale

17.

Elaborare le planimetrie del progetto (a mano o con l’uso di un programma grafico) Durante il primo anno solo una piccola parte del laboratorio avviene attraverso l’uso del computer.

17. Planimetria dell’area di progetto.

83


84


LO SPAZIO PUBBLICO serie di disegni per studiare la proposta progettuale

Disegnare a mano viste della proposta progettuale. Le viste sono il modo in cui il progetto finale viene rappresentato. Anche al quinto anno non vengono contemplati i render o le rese grafiche dei progetti, perché emblematici di un luogo non realmente esistente. La parola con cui sostituiscono il termine render è Opera Abitata. Quando si viene incaricati di svolgere “l’opera abitata” si eseguono disegni e viste della propria proposta progettuale con l’inserimento delle persone.

18.

19. 18,19. Elaborazioni progettuali. 85


86


LA TRAVE taller di costruzioni

20.

Il Taller di Costruzioni consiste in una serie di lezioni del secondo trimestre ddattico, in cui si apprendono, mettendole in pratica, le basi della disciplina delle strutture. Vengono costruiti, all’interno dei laboratori di costruzione , i prototipi degli elementi che si stanno approfondendo durante il corso. Il corso consta di una parte in cui l’allievo lavora individualmente, su un prototipo in scala inferiore, e di una parte in cui l’intera classe lavora alla scala 1:1.

21.

20. 21. Modello di studio di una trave. 87


22.

88


LA TRAVESIA costruzione di un’opera

23.

La travesia del 2003 si è compiuta a Barreal, in Argentina. Le classe del quarto anno, accompagnata dal professore del Corsi di Strutture Antisismiche, ha progettato un’opera per “l’atto della permanenza” (“acto del permanecer”). Nella pagina a fianco si mostrano gli studi prospettici in AutoCad. L’opera finale è una passerella in legno, concepita come un insieme di aree dimensionate per la una sosta celebrativa del luogo.

22. Prospetti della struttura costruita in occasione del viaggio Travesìa Barreal nel 2003. 23. Foto della struttura. 89


90


PER IL PRIMO ANNO L’ETH 91


premessa Le lezioni del primo anno di Architettura avvengono in un grande spazio collettivo, chiamato “studio” che consiste in un’ampia stanza in cui le classi, suddivise da pannelli mobili, possono unirsi e aprirsi completamente verso un grande corridoio distributivo che funge anche da laboratorio modelli e da spazio espositivo. Nello Studio si svolge gran parte della vita degli studenti del primo anno, la possibilità di poter entrare e uscire dall’edificio 24 ore su 24 fa si che quello spazio diventi una confortante casa-laboratorio in cui sono presenti tutte le strumentazioni necessarie per poter svolgere qualsiasi tipo di manufatto. Il primo semestre, che Marc Angèlil ha formulato come una serie di 12 esercizi apparentemente creativi e visionari suddivisi nelle categorie Spazio, Programma e Forma, punta a infondere la capacità di maneggiare un processo analitico attraverso espressioni diverse. Nel secondo semestre si affronta il tema progettuale, declinandolo in lezioni sul Contesto e lezioni sulla Forma. Nella fase architettonica inerente alla Forma, si affrontano i temi della tecnologia e delle strutture, ma trattandosi di Unità di progetto per un primo anno non si arriva mai al dettaglio. Tuttavia lo studio compiuto sui modelli tridimensionali, permettono allo studente di avere consapevolezza della struttura che sta progettando. Il modello tridimensionale è per Angèlil un modo di rappresentare le idee alla pari di un disegno grafico, di uno schizzo o di uno schema.

1. Vista su parte dello Studio, spazio in cui Marc Angèlil svolge le lezioni del primo anno. 92


1.

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il laboratorio

“Lo spazio è il tema dei primi quattro esercizi. Questi avranno a che fare con l’immaginazione, l’esperienza e la creazione di uno spazio architettonico, in modo da capire i modi e le tecniche esistenti per dargli forma. Per il primo esercizio vorremmo che sognaste.”

94


SPAZIO

2.

1° esercizio: Spazio di un sogno a occhi aperti Piegare, spiegare

input film: Peter Fischli e David Weiss, Il corso delle cose documentario: Jack Johnson, Thicker than water persone: Gerrit Rieveld Elizabeth Diller e Ricardo Scofido, “Bad press”

step A immaginare uno spazio, usare 5 aggettivi per descriverlo: leggero, sfumato, trasparente, intrecciato, ... step B definire usando dei verbi: piegare, tagliare, incollare, ... step C montare lo spazio immaginato e definito usando un A3 avendo cura di usare solo 1/4 del foglio step D assemblare lo spazio all’interno del campo collettivo (lavoro di gruppo con la classe)

lettura assegnata Paul Feyerabend , Against method. Outline of an anarchistic theory of knowledge

consegna prevista per le 18.00 del giorno stesso. cosa si acquisisce: abilità nell’immaginare lo spazio - relazioni tra aggettivi e costruzioni spaziali - uso di tecniche di produzione precisione del modello - leggibilità dell’approccio. 2. I modelli di studio vengono usati per esplorare le potenzialità del progetto. Queste evoluzioni sono parte della presentazione finale, agli studenti viene chiesto di rendere il processo più trasparente possibile. 95


“Il secondo esercizio utilizza lo spazio tra due ballerini di tango per esplorare le relazioni tra due figure nello spazio architettonico�.

96


SPAZIO

3.

2° esercizio: Una performance di tango Lo spazio in-between

input film: Bernardo Bertolucci Ultimo tango a Parigi persone: Bruce Nauman Rachel Whiteread

step A osservare e disegnare lo spazio tra i ballerini step B fare schizzi e modelli dello spazio in-between (spazio determinato da sei barrette di cioccolato) step C organizzare i piani di lavoro step D costruire la forma in legno step E modello in gesso

lettura assegnata Colin Rowe, Robert Slutzky, Bernard Hoesli, Transparency

cosa si acquisisce: comprensione dello spazio attraverso lo schizzo traslazioni di spazi interstiziali - fare chiarezza su ciò che si disegna - precisione del modello.

consegna e discussione alle 20.00 del giorno stesso.

3. Disegnare i vuoti tra i ballerini è il primo step per apprendere le relazioni spaziali nel tempo. Gli studenti sono chiamati a sviluppare una forma che implementi il tempo in un modello statico. 97


“Nell’esercizio di oggi il piano che avete letto dev’essere analizzato, interpretato e trasformato in un oggetto architettonico”.

98


SPAZIO

4.

3° esercizio: Un testo aperto Analisi spaziali interpretative

input persone: Pablo Picasso Bernard Hoesli, Diagrams of Le Corbusier’s Villa Stein, 1968 Theo van Doesburg György Kepes, The language of vision László Moholy-Nagy, Vision in motion Sigfried Giedion

step A fare un’analisi spaziale di una pianta data step B selezionare un frammento 9x12 cm della pianta e disegnare un’analisi sintattica step C con l’aiuto di una carta trasparente produrre delle interpretazioni spaziali (pubblico, semi-pubblico, privato, semi-privato) step D trasformazione dalla pianta alla sezione, ruotare di 90° la carta trasparente step E fare un diagramma pop-up step F rendere il piano 2D in una sezione 3D

lettura assegnata Robert Venturi, Complessità e contraddizione nell’architettura cosa si acquisisce: potere espressivo di un’analisi - concetti di trasparenza qualità del progetto - traduzione del disegno in modello

consegna e discussione alle18.00 del giorno stesso. 4. Il modello è sviluppato attraverso una precedente analisi della pianta. Viene richiesto di leggere la pianta come una sezione e di sviluppare un modello tridimensionale per studiare un’alternativa spaziale. 99


“In questo esercizio l’intenzione è dare un nuovo contesto al lavoro precedentemente prodotto. L’obiettivo è creare un spazio assemblato in cui le relazioni tra tutte le parti vengono messe in discussione.”

100


5.

SPAZIO

4° esercizio: Un montaggio di spazi Dall’oggetto al campo

input persone: Pablo Picasso Bernard Hoesli, Diagrams of Le Corbusier’s Villa Stein, 1968 Theo van Doesburg György Kepes, The language of vision László Moholy-Nagy, Vision in motion Sigfried Giedion

step A tagliare e fare un collage con fotografie, fare un fotomontaggio in un foglio A3 in scala 1:200 step B analizzare il montaggio in relazione al campo, trasformarlo successivamente in un modello 3D step C assemblare il modello dentro il quadro collettivo

lettura assegnata Umberto Eco, La poetica dello spazio

consegna e discussione alle18.00 del giorno stesso.

cosa si acquisisce: relazioni tra le parti - articolazione degli spazi in-between - qualità spaziale degli spazi - visione d’insieme 5. In considerazione dei modelli e delle piante prodotte nelle esercitazioni precedenti, lo studente traduce le soluzioni trovate in un nuovo modello. 101


“I prossimi quattro esercizi hanno a che fare con il tema del programma. L’organizzazione del semestre include tanto lavori concettuali quando lavori legati alle funzioni. Attraverso questi esercizi verrà investigata la connessione tra programma e spazio.”

102


6.

PROGRAMMA

5° esercizio: Una notazione Cartoline dal quotidiano

input musica Pierre Boulez, Première Sonate pour Piano persone: Konstantin Stanislawski, Paul Klee, Daniel Libeskind

step A esposizione di testi da parte di un attore professionista step B identificare una sintassi primaria del modello iniziale step C sovrapporre parti di testo su analisi sintattiche step D disegnare con penna grafica la notazione

lettura assegnata Michel Foucault, Other Spaces

consegna e discussione alle18.00 del giorno stesso.

cosa si acquisisce: interazione tra spazio e azioni - leggibilità dei concetti qualità tecniche e estetiche del disegno 6. Schizzi per lo studio sui cambiamenti d’uso della camera da letto nell’ultimo secolo. 103


“La richiesta programmatica dell’architettura sta escludendo in modo crescente gli schemi puramente lineari e monofunzionali, in favore di una complessità fatta di condizioni ibride che si connettono, si intrecciano e si sovrappongono.”

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7.

PROGRAMMA

6° esercizio: Azzonamento multi-dimensionale Classificazioni districate

input persone: Marcel Duchamp, Robert Walser, Cy Twombly Rem Kppòhaas, OMA, Project for Seoul, 1995 Andy Warhol, Do It Yourself

step A identificare e disegnare un piano di azzonamento basato sul modello e sulla notazione dei precedenti esercizi step B montare un piano di azzonamento 2D usando cartoncini colorati e termini specifici, scala 1:200

_giallo: spazio pubblico _verde chiaro: spazio semi-pubblico _verde: semi-privato _verde scuro: privato step C interpretazione del montaggio 2D in un modello tridimensionale

lettura assegnata Deborah Berke e Steven Harris, Ugly and Ordinary. The representation of the everyday cosa si acquisisce: relazioni tra gli spazi - complessità di un sistema coerenza di ciò che si attribuisce - traduzione da un piano 2D a uno 3D

consegna e discussione alle 18.00 del giorno stesso.

7. Modello di studio che evidenzia le diverse destinazioni d’uso della casa (spazi pubblici/privati). 105


“Il programma e la circolazione sono sempre relazionati tra loro. La sequenza dei movimenti e il modo in cui sono collegati e si susseguono è materia di progettazione architettonicaâ€?.

106


8.

PROGRAMMA

7° esercizio: Una macchina in movimento Spazi fluenti

input film: Alain Resnais, L’anno scorso a Marienbad Baz Luhrmann, Moulin Rouge! Michelangelo Antonioni, Professione Reporter documentario: Godfrey Reggio, Koyaanisqatsi persone: Bernard Tschumi, Le Fresnoy Eadweard Muybridge, Human and Animal Locomotion

step A disegnare un’assonometria (60°/30°) di un sistema di circolazione step B produrre un modello degli elementi che definiscono lo spazio usando legno e cartoncino, scala 1:200 step C assemblare la macchina nel campo collettivo

lettura assegnata Bernard Tschumi, Spaces and Events

consegna e discussione alle18.00 del giorno stesso.

cosa si acquisisce: misure sulle sequenze spaziali e sulle definizioni dello spazio - relazioni tra le zone - coerenza del sistema circolatorio - qualità del disegno e del modello 8. Modelli grafici tridimensionali di supporto per la visualizzazione di concept iniziali e la simulazione di processi attraverso lo spazio. 107


“Oggi osserviamo in modo piĂš profondo il programma. Le funzioni quotidiane devono essere intrecciate con elementi formali e movimenti guidati per creare sequenze spaziali.â€?

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9.

PROGRAMMA

8° esercizio: Un piano a strati Dal diagramma alla mappa

input film: Luis Buñuel, Das Gespenst der Freiheit, 1974 persone: Andrea Zittel, Liivin Units Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, Montage

step A disegnare un piano usando 5 layer preimpostati step B disegnare digitalmente il piano a strati

_zona ingresso multi-uso _spazi di aggregazione _circolazione _zone secondarie/infrastrutture _zone amministrative lettura assegnata Roland Barthess, The eiffel tower, and other mythologies

strati _matita (matrice geometrica) _inchiostro (componenti dello spazio) _frottage (zone funzionali) _carta lucida (luci e ombre) _testo (funzioni potenziali)

cosa si acquisisce: qualità spaziali - interazione tra funzioni - qualità dei piani stratificati

consegna e discussione alle18.00 del giorno stesso. 9. Modello grafico che rappresenta aspetti non visibili dello spazio (proprietà termiche). 109


“Nei prossimi step, esamineremo il ruolo della tecnologia in architettura, ritenuta come la relazione tra pensiero e azione. Non appena la progettazione comincia a coinvolgere entrambi gli aspetti dell’architettura, quello concreto e quello astratto, questo ampiezza di comprensione della tecnologia offre la possibilità di negoziare tra i due regni”.

110


10.

TECNOLOGIA

9° esercizio: Struttura contro Struttura Astrazione concreta

input persone: Robert Mapplethorpe, Damien Hirst, Noam Chomsky, Peter Eisenman

step A disegnare con penna grafica un’assonometria spaziale e sintattica di una struttura step B fare un modello, scala 1:200 step C usare il legno per costruire il modello “struttura contro struttura” , scala 1:200 consegna e discussione alle18.00 del giorno stesso.

lettura assegnata Adolf Loos, Ornamento e Delitto cosa si acquisisce: coerenza nella struttura, sia fisica sia di contenuto strutturazione spaziale e sviluppo - qualità del modello - grado di astrazione del lavoro

10. Gli studenti utilizzano il calcestruzzo per modellare i loro concept.

111


“La distinzione tra struttura superficiale e struttura profonda fonda le basi teoretiche di questo esercizio. Dopo aver sviluppato nel nono esercizio delle strutture spaziali, adesso andiamo a osservare l’aspetto dell’involucro come un’ interfaccia e le sue qualità spaziali”.

112


11.

TECNOLOGIA

10° esercizio: Involucro Avvolgimento superficiale

input persone: Issey Miyake, Body-envelops Javacheff Christo, Frank Gehry, Gottfried Semper

step A disegnare una sezione di uno spazio avvolto, scala 1:200 step B usare il rame o un altro materiale, un tessuto, per creare la pelle del modello, scala 1:200

consegna e discussione alle18.00 del giorno stesso. lettura assegnata Antony Vidler, Unhomely Houses cosa si acquisisce: relazione tra struttura e involucro - assemblaggio dell’involucro - qualità e funzioni degli strati - qualità del rivestimento - estetica 11. Vengono utilizzati e testati diversi materiali nella costruzione dei modelli, così da descrivere le relazioni dei diversi elementi dell’edificio. 113


“In questo esercizio metteremo in discussione la tecnologia esaminando da vicino una piccola porzione del vostro progetto. Continuando il vostro concept, usate tutti gli esercizi precedenti come base per investigare e sviluppare un dettaglio architettonico�.

114


12.

TECNOLOGIA

11° esercizio: Spazi interstiziali Architettura al microscopio

input film Jean-Luc Godard, Le mepris Jan De Bont, Speed persone: Gaston Bachelard, La poetica dello spazio Sigmund Freud, Salvador Dali Peter Fischli e David Weiss

step A disegnare spazi serventi e serviti a matita, scala 1:400 step B ritagliare gli spazi dal blocco di linoleum e stamparli, scalal1:400 rosso spazi serviti, accessibili rosso scuro spazi serventi, accessibili bianco spazi serventi, inaccessibili

lettura assegnata Daniel Libeskind, Between the lines

consegna e discussione alle18.00 del giorno stesso.

cosa si acquisisce: intenzioni/concetti in termini di contenuto - sistemi spaziali - sistemi funzionali - struttura interna - apparenza volumetrica - processo di lavoro - qualitĂ del disegno

12. In questa esercitazione lo studente è chiamato a disegnare un dettaglio architettonico, attraverso diverse tecniche: spaccato assonometrico, manuale di istruzioni, disegno su lavagna. 115


“In quest’ultimo esercizio, siete chiamati a sviluppare un progetto composto dagli esercizi sui quali avete lavorato durante il semestre autunnale - un loop valutativo�

116


13.

TECNOLOGIA

12° esercizio: Un loop valutativo Processo - Prodotto

input film Peter Collinson, The italian job Lars Von Trier, Dogville persone: William Forsythe, Marcel Duchamp, The green box Robert Smithson, Andrè Corboz

step A elaborazione generale di tutto il percorso

_relazione _piante, scala 1:500 _sezioni, scala 1:200 _prospettive _disegni ibridi, combinazione digitale e manuale _diagrammi _schizzi step B assemblare il portfolio

consegna e discussione alla fine della settimana alle 17:00.

cosa si acquisisce: intenzioni/concetti in termini di contenuto - sistemi spaziali - sistemi funzionali - struttura interna - apparenza volumetrica - processo di lavoro - qualità del disegno e del modello

13. La ricomposizione dell’intero percorso avviene attraverso la connessione di tutti i suoi frammenti. La sfida è di mettere in relazione tra loro più esercizi possibili in modo da sottolineare la comprensione dell’architettura come un campo in evoluzione. 117


“Il semestre primaverile estende l’investigazione sulla normalità a luoghi fisici nella periferia urbana locale. La città non viene più considerata come oggetto chiuso, ma come un sistema aperto di cui i processi hanno un impatto sugli aspetti della vita, specialmente nella vita collettiva. Usando questa posizione come punto di partenza, inizierete a investigare e successivamente progettare strutture urbane”.

118


14.

CONTESTO, PROGETTO URBANO

1° fase: Cartografie transitorie Terreni estratti

input film Luc Besson, Taxi taxi Gerarad Depardieu, Vidoco persone: Aldo Rossi, Camillo Sitte Rem Koolhaas, Asger Jorn

step A studiare un territorio periferico dato e produrre delle mappe che siano esplicative ma anche propositive.

“Mappare, non tracciare” - Gilles Deleuze e Felix Guattari tempistica: quattro settimane

lettura assegnata Fumihiko Maki, Investigations in Collective Forms cosa si acquisisce: approcci metodici

14. La cartografia viene utilizzata come un mezzo per fare esperimenti e per avviare un’indagine. 119


“I differenti aspetti dello sviluppo urbano possono essere interpretati come strati reciprocamente influenti. Adottando una lente specifica per analizzare il sito, siete chiamati ad avanzare proposte strategiche per lo sviluppo urbano. In questo modo, l’interpretazione e la progettazione si mischiano insieme leggere diventa scrivere�.

120


15.

CONTESTO, PROGETTO URBANO 2°fase: Strati Urbani Leggere e scrivere

input persone: Peter Eisenmann, Jasper Johns, Robert Smithson, Claudio Parmiggiani Clase Oldenberg

step A analizzare le componenti del territorio dato step B fare una mappa tridimensionale step C

aggiungere 5000 m3 di volume al sito step D costruire un modello step E inventare una cartolina

letture assegnate Christopher Alexander, The City is not a Tree Gilles Deleuze / Felix Guattari, Rhizome

tempistica: due settimane

cosa si acquisisce: metodi analitici e tipi di interpretazione - chiarezza argomentativa - approccio inventivo - qualità del modello

15. Il lavoro consiste nel tradurre una mappa in un’altra cambiando tecniche di rappresentazione. 121


“La città incorpora la vita collettiva, sia quei soggetti collettivi che vi abitano, sia quegli organismi di investimento collettivo, che la producono. Questo esercizio porta fuori questi punti in modi diversi, perché i fenomeni del lavoro di gruppo dinamiche, complessità, networking, eterogeneità - sono anche criteri dello sviluppo urbano.

122


16.

CONTESTO, PROGETTO URBANO 3° fase: Palinsesti collettivi Time Lapse urbano

input persone: Daniel Libeskind, Guy Debord step A formulare uno scenario step B discutere le strategie in gruppo step C organizzare l’unità in gruppi che svolgono strategie diverse step D sviluppo parallelo _costruire un modello _disegnare un piano urbano _scegliere una piattaforma multimediale per esprimere la propria strategia

letture assegnate Andrè Corboz, The land as Palimpsest Jacques Derrida, Freud and the scene of writing

scala 1:200 tempistica: cinque settimane

cosa si acquisisce: visione, idea, approccio, argomento, urbani - sviluppo urbano

16. Il processo oscilla tra la produzione di modelli e disegni. La forma si materializza attraverso il processo di traduzione e trasformazione. 123


“La seconda parte del semestre primaverile testa la proposta urbana in scala architettonica. Siete chiamati a selezionare una porzione del sito e progettare un progetto architettonico basato su chiare argomentazioni. Come punto di partenza in questo esercizio, dovrete sviluppare entrambe le tesi relative al programma e all’architettura�.

124


17.

FORMA, PROGETTO ARCHITETTONICO

4째 fase: Produzione del programma Costruire situazioni

input persone: Bernard Tschumi, MVRDV, Dean Simpson and Cebra

step A utilizzando il materiale degli esercizi precedenti, sviluppare un programma step B disegnare uno scenario con possibili situazioni step C cominciare a fare degli schizzi sugli arrangiamenti spaziali step D disegnare schemi e diagrammi step E costruire modelli disegnati

letture assegnate Rem Koolhaas, Delirious New York Michel de Certeau, Practice of everyday life cosa si acquisisce: investigazione pragmatica dei codici associati alla funzione - investigazione narrativa sui possibili protagonisti- investigazione sintattica che considera il programma come una struttra astratta manipolabile - investigazione sui meccanismi nascosti del comportamento socio-culturale - investigazione sul dominio di altri

tempistica: una settimana

17. Vengono combinate diverse tecniche di disegno

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“Basandovi sulle vostre ricerche, sul progetto urbano della terza fase, sulle vostre argomentazioni, siete ora chiamati a sviluppare un lavoro di architettura insieme al sito. La vostra tesi dovrebbe offrirvi tecniche per sviluppare il vostro lavoro attraverso la produzione ricorsiva e attraverso un’indagine architettonica�.

126


18.

FORMA, PROGETTO ARCHITETTONICO 5° fase: Architetture Elaborazione ricorsiva

input persone: Thomas Virnich, D’Arcy Thompson, step A selezionare una porzione della proposta urbana, sviluppare una strategia architettonica, sviluppare degli scenari possibili step B mettere in discussione, sviluppare un linguaggio architettonico, costruire modelli step C disegnare piante e sezioni e render step D sviluppare disegni ibridi (digitali e manuali), progettare un modello digitale step E costruire un modello fisico, sviluppare un dettaglio, preparare la discussione step F preparare un power-point e presentare il progetto tempistica: sei settimane 18. Il progetto consiste in una serie di trasformazioni dei diversi modi di produzione. 127

letture assegnate Paul Ricoeur, On Interpretation Gregory Ulmer, Teletheory. Grammatology in the Age of Video cosa si acquisisce: processo della progettazione


128


INCONCLUSI 129


IL PRIMO ANNO DELLA SCUOLA DI VALPARAISO

Il Laboratorio di Progettazione del primo anno consiste in un corso che si svolge nel primo e nel terzo trimestre, il Taller Inicial, e viene implementato dal Laboratorio di Costruzione del secondo trimestre e dal lavoro che si svolge durante la "travesia" nel terzo trimestre Ciò che si insegna si può suddividere in due categorie (posto che la Observaciòn sia un modus operandi); La prima categoria è quella del luogo. Comprende gli elementi primari che offrono i riferimenti di uno spazio: se stessi, le distanze, l'effetto della luce, i volumi, le persone. Sono questi i temi portanti su cui si costruisce lo studio dello Spazio Pubblico, argomento trattato al primo anno e che culmina con un progetto finale (in genere un belvedere o una piazza). L'esercizio Immagine di sé, include una serie di esercitazioni in cui non solamente gli studenti si disegnano reciprocamente. Talvolta l'esercizio può essere di disegnare, dal proprio punto di vista, un oggetto che il docente ha posizionato in un dato punto della classe, o può essere disegnare qualcosa osservandola, e poi disegnarla senza guardarla. Sono esercizi propedeutici al disegno, per prendere confidenza con questo tipo di tecnica. La massima lontananza comprende una serie di esercitazioni di rappresentazione e comprensione delle due distanze presenti nello spazio. Gli esercizi sono svolti sia disegnando un punto lontano dall'osservatore, sia disegnando in che modo quell'oggetto si trasforma attraverso un diverso punto di vista (più lontano, più vicino, dal basso, dall'alto). Gli esercizi e i modelli sullo Studio della Luce - che deriva dal Corso dello Spazio, tenuto da Alberto Cruz all'Università di Santiago - viene proposto anche negli anni successivi nell'ambito del laboratorio di progettazione. Inizialmente il materiale richiesto è il foglio bianco, ma con l'avanzare delle tappe lo studio si articola sui nuovi effetti studiati e vengono

inseriti il legno e il ferro. Gli esperimenti sullo Studio dei Volumi vengono proposti sugli oggetti più semplici e reperibili nel quotidiano. Un esercizio simile, volto però alla comprensione degli elaborati grafici necessari per rappresentare un progetto architettonico, consiste nel prendere un'arancia, tagliarla a fette orizzontali e disegnare le sue planimetrie e le sezioni, e poi fare lo stesso con uno spicchio. Le persone sono un tema fondamentale in tutte le tappe del laboratorio. E' molto raro sentir parlare di utenza, o committenza. E' raro, nella scuola di Valparaiso, utilizzare termini che non siano immediatamente connessi all'origine di ciò che si sta trattando (es: il complesso residenziale è l'unione delle abitazioni). Questa attenzione al termine utilizzato è data dalla volontà, e necessità, di focalizzare l'attenzione sul singolo e sulle sue abitudini, o su una collettività, cercando però di evitare il rischio che vengano interpretati come i destinatari di edifici, oggetti, e forme, generici. Alcuni degli esercizi precedenti sono propedeutici allo studio del tema di progetto, che avviene osservando la città e prendendo confidenza con i fattori che la determinano e elaborando modelli tridimensionali. Trattandosi del primo laboratorio, gli allievi sono ancora molto confusi in merito alla observaciòn. Il tema dello Spazio Pubblico è quindi trattato nelle sue espressioni più immediate (non si parla di piani urbanistici nè di funzioni specifiche), per agevolare la comprensione del metodo. La seconda categoria è quella dedicata alle costruzioni. Nella classe di costruzioni del primo anno si studiano i fondamenti delle strutture e si procede con un lavoro svolto dalla classe intera in merito allo studio di un elemento architettonico portante da testare (es: la trave). Parallelamente alle lezioni teoriche, gli studenti prima lavorano su dei prototipi in miniatura, sui cui svolgono alcuni test, e successivamente sviluppano le idee per realizzare una trave in scala 1:1 capace

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di sostenere un determinato carico. Tra la categoria sui luoghi e quella sulle costruzioni si posiziona l'esperienza della travesia, in cui si mette alla prova la classe, costituita da docenti e studenti, come collettività. La scelta del progetto da realizzare avviene, in genere, dopo un'attenta analisi delle proposte concettuali di ogni studente. Attraverso un lavoro di "mescolamento" si lavora a un'idea iniziale e si aspetta di arrivare nel luogo in cui si deve realizzare la struttura per confrontarsi con lo spazio e con il contesto reale. Una volta definita la forma e fatto il calcolo dei materiali necessari nelle loro quantità, si comincia con l'esecuzione dell'opera.

costruzione, che permette di dare corpo concretamente a ciò che si sta studiando. La fortuna di avere la Ciudad Abierta, infatti, offre la possibilità di fare un'esperienza di cantiere costante durante gli anni formazione. Se quindi si riconoscono delle forti lacune teoriche nelle discipline tecniche, o un'eccessiva leggerezza nel trattarle, allo stesso modo si riconosce l'apporto formativo dato dalla possibilità di metterle in pratica studiandole attraverso la propria esperienza sul campo.

L’ESPERIENZA DI CANTIERE

LA OBSERVACION

Nella proposta formativa della E[ad] è interessante considerare che le capacità razionali per coordinare e derivare i distinti aspetti tecnici e scientifici sono inserite all'interno delle competenze professionali, mentre tra quelle fondamentali e disciplinari si inserisce tutto ciò che concerne la comprensione dell'uomo e dello spazio al fine di concepire un progetto in cui siano integrati tutti gli aspetti di un luogo. E' risaputo, tra le Università del Sud America, che la Scuola di Architettura e Design di Valparaiso propone una formazione in cui le abilità tecniche comunemente intese (conoscenza approfondita delle discipline tecniche attraverso l'utilizzo di software specifici e l'uso dei programmi avanzati per la rappresentazione grafica) hanno un ruolo marginale nell'insegnamento. Non bisogna però convincersi che quella proposta dalla Scuola sia un tipo di formazione astratta, poichè legata all'osservazione, al disegno e a una continua messa in discussione di atti e gesti dell'abitare. Quella che potrebbe essere considerata una mancanza tecnica, è sostituita dalla presenza della disciplina della

Un altro tema su cui è importante sfatare il mito della Scuola di Valparaiso, considerata come una scuola che si distacca dalla realtà che la circonda, è il tema della Observaciòn. Il metodo della Observaciòn nasce dalla convinzione che non si può fare Architettura se prima non si conoscono profondamente le dinamiche del luogo. L'accento che si da al disegno e alla messa in discussione di ciò che si sta osservando è un modo per dimostrare, a chi vuole fare l'architetto, l'importanza di prendersi il tempo per conoscere lo spazio che si sta affrontando prima di far qualsiasi proposta progettuale. Questo non significa che non si lavori successivamente su una planimetria o su una carta tecnica per capire come agire su un dato territorio. La Observaciòn è un approccio che guida il processo della forma (di un edificio o di un complesso urbano) all'interno della disciplina della progettazione. Quando si è nella fase successiva al disegno e all'affermazione - nella ricerca dell'atto e nella ricerca dell'e.r.e - ciò che realmente si sta cercando nella mente che concepisce il progetto, è un atto di coerenza nei confronti di quanto si sta facendo.

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E' un processo che appare libero e etereo, ma è invece estremamente rigido, perché non concede colpi di fulmine nei confronti, ad esempio, di un riferimento “azzeccato” trovato in una rivista, o di un materiale "in voga" inserito in un contesto diverso, o di una forma che, semplicemente, piace. Questo non significa però che un allievo della scuola di Valparaiso non consideri l'architettura, passata o attuale, come esempio o riferimento valido, o che pensi che l'oggetto finale debba essere omologato inevitabilmente al contesto per essere coerente. Nella pratica, le lezioni che si imparano dal metodo della Observaciòn, sono: _ l'importanza di giustificare qualsiasi scelta progettuale, anche la più piccola e apparentemente innocua, attraverso un processo nato nel confronto diretto con tutto ciò che riguarda la proposta; _la consapevolezza che il panorama di idee e progetti circostanti sono opere legate a un proprio contesto (e quindi non automaticamente funzionali in qualsiasi luogo), imparando a comprendere quindi la varietà di fattori che incidono su un esito positivo, o negativo, di un progetto; _lo sviluppo di uno spirito di iniziativa nella ricerca e nella sperimentazione.

IL PRIMO ANNO DI MARC ANGèLIL

I grandi temi su cui Marc Angèlil sviluppa le esercitazioni propedeutiche al lavoro sul progetto del secondo semestre, sono Spazio, Programma e Tecnologia. Il fine dei primi quattro esercizi, Spazio di un sogno a occhi aperti, Una Performance di Tango, Un montaggio di spazi e Un testo aperto, appartenenti al tema dello Spazio, è quello di permettere all'allievo di sviluppare il desiderio per la disciplina, di comprendere che anche il progetto dei vuoti è architettura e che le esperienze precedenti devono essere utilizzate come le condizioni per la novità. L'importanza di questi esercizi principalmente, sta nel far accadere due cose contemporaneamente: da una parte costruiscono la crescita dell'allievo, incoraggiandolo a prendere confidenza con la materia, dall'altra trasmettono un senso di incompletezza, stimolando quindi il desidero di qualcos'altro. Una notazione, Azzonamento multi-dimensionale, Una macchina in movimento e Un piano a strati fanno invece parte del tema del Programma. Il primo esercizio mira a evitare le corrispondenze lineari tra forma e contenuto, in modo da inventare un diagramma aperto sulle attività che le persone svolgono. Gli esercizi successivi perseguono lo stesso obiettivo entrando nello specifico della distinzione degli spazi, sia nella comprensione delle differenze tra pubblico, semipubblico, privato e semi-privato e delle possibili definizioni di spazi serviti e spazi serventi, sia nell'elaborazione di un piano di circolazione. L'ultimo esercizio sintetizza gli esercizi precedenti in una sorta di "mappa stratificata" in cui si identificano: la matrice geometrica, le componenti dello spazio, le zone funzionali, le luci e le ombre e le funzioni potenziali. Nella serie finale, dedicata alla Tecnologia, si annunciano i temi legati alla struttura e all'involucro. Struttura contro Struttura e

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Involucro vengono assegnati come esercizi simultanei, senza priorità di svolgimento. Questa scelta deriva dalla volontà di incoraggiare un processo di "feedback" in cui ragionare sulle possibili inflessioni reciproche, e di enfatizzare le potenzialità offerte dagli sviluppi tecnologici in merito alla possibilità di concepire separatamente la struttura e la pelle degli edifici. L'esercizio sugli Spazi interstiziali riprende in modo figurato il senso delle trasformazioni e delle mutazioni e consiste nell'esplorare tutti quegli spazi nascosti (sale tecniche, spazi interstiziali, zone interdette o parti sconosciute all'interno di un fabbricato architettonico), e investigare sulle loro possibili potenzialità. Con questo esercizio finale si richiede agli studenti di mettere in dubbio le logiche presunte che stanno dietro alle cose, sottolineando il proprio approccio nel tentativo di tracciare gli spazi nascosti e renderli parte del progetto. L'ultimo compito, Un loop valutativo, propone un riavvolgimento dell'intero semestre svolto, con l'invito a legare tutti i frammenti disparati del processo. La sfida è di mettere in relazione tra loro più esercizi possibili in modo da sottolineare la comprensione dell’architettura come un campo in evoluzione. Il secondo semestre si apre con il laboratorio di Urban Design, suddiviso in una parte in cui si studia il Contesto, e una in cui si approfondisce il tema della Forma. Il lavoro pone l'attenzione sul contesto fisico e socioculturale, in cui l'architettura si trova e che parzialmente definisce. I tre grandi temi su cui si focalizza l'attenzione sono “l'ecologia dell'ambiente, delle relazioni sociali e della soggettività umana. Questi tre domini devono essere considerati relazionati tra loro, e i loro effetti, vanno intesi come in costante sviluppo.”1 Per quanto riguarda l'ecologia dell'ambiente, il lavoro deve proporre un'architettura nel proprio contesto fisico, relazionandosi con il paesaggio, con le infrastrutture e con

gli edifici (senza soffermarsi troppo su ciò che è naturale e ciò che è artificiale). In vista dell'ecologia del sociale, l'enfasi è data nella comprensione dell'architettura come impresa collettiva, dando luce a tutti i frammenti della società e puntando a produrre spazi di cultura. L'ecologia della soggettività riguarda la considerazione delle attività fisiche, mentali e dei sensi di chi usa, o produce, l'architettura (tema dell'utenza). Questi domini vengono attraversati dal progetto in cui, secondo lo stesso processo di indagine, il volume viene trattato come atto di sperimentazione. La prima fase del laboratorio, Cartografie transitorie, riguarda la produzione di mappe che devono essere da una parte rappresentative del territorio, dall'altra esplorative e propositive sulle possibilità del progetto. Nelle successive settimane, Strati Urbani, si prosegue l'approccio urbano del modello. Vengono analizzate le componenti del territorio in esame e viene richiesta una mappa tridimensionale in scala 1:500 o 1:1000. L'intera classe viene suddivisa in gruppi di due, ognuno dei quali approfondisce un tema tra quelli emersi dalle analisi precedenti (es: paesaggio, infrastrutture, fabbricati, spazi di aggregazione, programma, ...) e si producono ulteriori modelli in cui si richiede di inserire 5000 m3 di volume. Queste inserzioni, che sarebbero i temi "architetturalizzati", vengono successivamente discusse e trasformate. L'ultima fase di studio del contesto termina con il lavoro sui Palinsesti Collettivi, in cui gli studenti, radunati in macrogruppi, lavorano per sviluppare un progetto urbano, con il fine di identificare le possibili strategie e di comprendere le loro possibili prospettive. Il significato del palinsesto è dato dalla percezione della città come un sistema in movimento, e le strategie proposte non devono risultare soluzioni definitive, bensì dei vettori da cui sviluppare altri processi.

1 MARC ANGÉLIL, Deviations, Designinh Architecture, Birkhäuser, Verlag AG, Berlino, 2008, pp 413 133


La fase della Forma viene approcciata attraverso una breve esercitazione, Produzione del programma, in cui gli studenti, lavorano sulla proposta di un programma con diversi scenari possibili in vista dell'ultima fase, Architetture, in cui, gli studenti sono chiamati a scegliere una porzione del territorio e di sviluppare una strategia architettonica con i suoi possibili scenari. A questo punto del semestre, le discipline del progetto e della costruzione emergono con il fine di instaurare un dialogo di tipo tecnologico. Agli allievi vengono richiesti tutti gli elaborati necessari per rappresentare il proprio progetto, in questa fase vengono mischiate le diverse tecniche espressive apprese durante l'interno anno.

IL METODO DI MARC ANGèLIL

Il processo di apprendimento che Marc Angèlil propone, nasce dall'esigenza di dover insegnare a un alto numero di studenti, in un tempo limitato a una volta alla settimana (per un totale di 24 lezioni complessive, poco più di tre settimane di lavoro). Era dunque fondamentale pensare a un metodo efficace per raggiungere più di 200 studenti alle prime esperienze accademiche, era necessario prima di tutto progettare secondo Angèlil, un'architettura dell'educazione . Volendo evitare la tradizionale simulazione della pratica, e quindi le prove della professione, considerate poco efficaci nel suo caso, ha deciso di sviluppare invece un insegnamento basato sulle prestazioni. L'apporto dato da Bernard Hoesli all'insegnamento del primo anno di Architettura - il Grundkurs - dal 1959 al 1981 - ha largamente ispirato Angèlil, non solamente nell'approccio informale e flessibile, ma soprattutto nell'importanza riposta nel modo in cui vengono fatte le cose, e quindi nel metodo*. “E' infatti attraverso il metodo, che il cosa e il perché possono essere continuamente aperti alla negoziazione e alla ridefinizione. Il processo dato non deve però far pensare

che ci sia una fine prestabilita, anzi, è attraverso il processo che gli obiettivi e gli assunti iniziali vengono costantemente trasformati. In questo modo, il corso del primo anno non è una disciplina, ma istiga una disciplina” 2. Un aspetto importante da considerare inoltre nell'insegnamento di Angèlil, sta nell'organizzazione degli spazi dell'ETH, a disposizione 24 ore su 24. Ogni studente infatti possiede un badge elettronico personale attraverso il quale può accedere alle sale dell'Università, alla Biblioteca e ai laboratori di costruzione. Questo fatto non è di poca rilevanza in una struttura universitaria, perché consente a ogni studente di avere uno spazio in cui poter imparare. Se da una parte gli aspetti teorici dell'apprendimento vengono compressi e inseriti in un calendario che sembra dettare i margini dell'apprendimento dell'allievo, dall'altra gli viene data la possibilità di mettere in pratica il proprio studio, teorico o manuale, attraverso gli strumenti di cui necessita e senza limiti. E' anche grazie a questa apertura totale degli ambienti a disposizione, che il metodo di Angèlil, basato su un dialogo costante tra la teoria e pratica attraverso la modellazione, riesce ad avere la sua efficacia.

2 MARC ANGÉLIL, Inchoate, an experiment in architectural education, Liat Uziyel, Zurigo, 2003, pp 11 134


DUE SCUOLE

Questo confronto è volto a raccontare in che modo due istituti, che si trovavano agli opposti sotto qualsiasi punto di vista, insegnano la disciplina architettonica. Nei retroscena di questo lavoro c'erano dieci mesi trascorsi nella Scuola di Architettura e Design di Valparaiso, al quinto anno, e la consapevolezza che il primo anno di architettura dell'ETH era guidato da un docente che aveva sviluppato un modo personale di insegnare la propria disciplina. Per rendere più omogeneo questo dialogo, si è deciso di confrontare i primi anni di entrambe le scuole, dando un quadro di quali conoscenze vengono trasmesse e quali competenze - teoriche, tecniche, manuali - vengono sviluppate. Ciò che emerge da entrambe le scuole è il costante richiamo al lavoro personale, non solamente inteso come elaborazione di un compito assegnato, ma soprattutto come modellazione di un proprio artefatto su cui migliorarsi. I risultati infatti in certi casi possono essere esteticamente e concettualmente sofisticati, ma in altri casi si rivelano goffi o prevedibili. Quest'ultimo aspetto, non è condannato in nessuna delle due scuole, perché fa parte di un processo di educazione. La reazione, in questi casi, è la medesima in entrambe le scuole: i lavori "goffi" vengono presi come il segno che ciò che si sta facendo è una novità, mentre la prevedibilità diventa la dimostrazione che il concetto su cui si sta lavorando è in qualche modo già stato disciplinato, o suscettibile di un'istituzionalizzazione. In entrambi i casi è la pratica costante che permette di migliorare. Il primo anno della Ead investe le sue energie nella trasmissione e nella comprensione del metodo della observaciòn, con la costante esortazione a sviluppare la capacità di imparare attraverso il disegno; l'attitudine a ricercare il significato di ciò che si ha davanti; l'abilità a produrre degli artefatti. Poiché l’observaciòn non è un corso di disegno, bensì un approccio collettivo, le discipline tradizionalmente insegnate in una

scuola di architettura, vengono parallelamente trattate e approcciate sfruttando e sviluppando le nuove capacità emergenti da questo metodo, promuovendo un continuo scambio e un costante richiamo reciproco. L'insegnamento del primo anno tocca sfere diverse nell'ambito dell'architettura. Attraverso il metodo dell’observaciòn si insegna un approccio etico alla professione: si mette l'accento sull'importanza di avere una relazione diretta con l'area di progetto e con il modo in cui viene vissuta, indagando su come i luoghi incidono sulla vita delle persone e su come il luogo e le persone si influenzano; si mette in discussione ciò che si è sempre dato per scontato, con il fine di essere sempre disposti a ricercare soluzioni alternative; si sottolinea l'importanza del rispetto dei luoghi e delle persone che li vivono, prestando attenzione a trattare ciò che si sta facendo come un'opera per la collettività. Attraverso l'elaborazione di manufatti - disegni, modelli tridimensionali, mappe, studi, taccuini, strutture - si trasmette la lezione della manualità che richiama il valore artigianale e sociale dell'architettura. Un fattore che incide fortemente sulle costruzioni della Ciudad Abierta, o su quelle costruite durante la travesia, è l'importanza data ai materiali, ai modi con cui vengono assemblati nella costruzione, e soprattutto all'apporto di tutti nella costruzione di un'opera. La maggior parte delle strutture costruite utilizzano legno e ferro, e questo avviene non solamente per la facilità a reperirli in Sud America, ma anche per la semplicità a lavorarli. Così facendo si richiama il concetto per cui l'architettura, come la parola, deve poter essere di tutti e fatta da tutti. (Alberto Cruz, Godofredo Iommi). La scelta di organizzare il laboratorio del primo anno sul tema dello Spazio Pubblico, deriva dalla distribuzione di cinque macro temi dell'architettura, nei cinque anni di studio. Infatti al secondo anno si studia La Casa, indagando sulla dimensione

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intima e umana per imparare a formulare uno spazio e per entrare in contatto con aperture, materiali, spessori e dettagli tecnologici; Il terzo anno si studia La sede (uno spazio a uso collettivo); Nel quarto anno ci si dedica alla dimensione del Complesso residenziale al fine di approfondire gli aspetti urbanistici legati alle norme e alle infrastrutture, e infine nel quinto si studia un Programma complesso (es: un centro culturale, un rifugio). Per la Scuola lo spazio pubblico è il tema del primo anno perché è negli spazi pubblici che risiede la collettività e in cui ha origine la città. Trattandosi di una classe alle prime armi, i docenti ritengono che la prima lezione che dev'essere insegnata sia quella sull'abitare, di cui gli spazi della città e la collettività sono la massima espressione. La formazione del primo anno guidato da Marc Angèlil invece, punta sulla ricchezza della varietà tematica, volendo stimolare l'immaginario e il sapere dell'allievo attraverso delle esercitazioni che, apparentemente, mirano a scuotere la creatività o a proporre uno schema, e nell'insieme, generano una mente capace di articolare il pensiero progettuale e di svilupparlo in più soluzioni. Questo è possibile grazie anche al suggerimento costante di una bibliografia e una filmografia ad ampio raggio che accresce la cultura dello studente e lo rende consapevole dei possibili legami interdisciplinari con l'architettura. L'insegnamento di Angèlil, come già affermato più volte, punta a sviluppare negli studenti il pensiero critico. Le strategie che utilizza sono volte ad aumentare la conoscenza di ogni allievo in merito alla cultura generale, proponendo la lettura di testi sul tema dell'architettura, della sociologia, della filosofia, alternando Rem Koolhaas, Aldo Rossi, Michel Foucault, Umberto Eco, Daniel Libeskind, Italo Calvino, o la visione di film o l'ascolto di brani musicali per studiarne l'atmosfera e il ritmo e tradurli in rappresentazione. In questo modo l'intera classe sviluppa nuove conoscenze e la

curiosità a comprendere i possibili legami con l'architettura. Questa lezione, in realtà, si estende a qualsiasi disciplina e campo. Nelle esercitazioni iniziali si mette spesso l'accento sul cambiare il punto di vista, proponendo letture diverse di un concetto attraverso l'utilizzo dei diversi strumenti di rappresentazione. Nelle esercitazioni, oltre a sviluppare quindi il dubbio e il desiderio di alterare costantemente ciò che si sta facendo, aumenta anche la capacità di utilizzare strumenti grafici o manuali, permettendo così la crescita delle proprie abilità simultaneamente all'aumento delle proprie conoscenze in merito alle tecnologie e alle strutture. Le esercitazioni finali del primo semestre mostrano una grande varietà di idee all'interno della classe, e questo è la conseguenza della circolazione degli stimoli e dell'attitudine a interpretare un progetto in continua evoluzione. Per quanto riguarda il semestre dedicato al laboratorio di progetto, si riscontra un profondo studio del territorio attraverso le mappe, bidimensionali e tridimensionali. L'approccio di Angèlil, inserito nel campo dell'Urban Design, in questo momento dell'anno è portato a ricalcare il suo approccio nella professione. E' stato notato infatti che viene riposta sempre una particolare attenzione ai temi del sociale, questo lo si evince sia dal nome dei suoi laboratori sia da come gli studenti vengono chiamati a svolgere le indagini sul campo. Si può fare l'esempio del laboratorio svolto nel 2007, intitolato La donne e il tempo libero in periferia, siti per soggettività emergenti. L'obiettivo del laboratorio era di sviluppare dei panorami architettonici e urbani che potessero ospitare la crescente classe di persone - soprattutto donne - sopra la mezza età, lungo le periferie. Lo svolgimento del laboratorio cominciava l'approfondimento della parte sul Contesto e quindi con l'analisi e lo studio del territorio e di tutti i suoi livelli (dati demografici, dati economici, vincoli, storia e trasformazione, paesaggio,

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topografia, infrastrutture, mobilità, programma e funzioni, eventi, spazi pubblici e sociali, spazi interstiziali, attrattori per gli anziani). Successivamente, nella fase dedicata alla Forma, si procedeva con la proposta di un programma architettonico pensato per soddisfare le esigenze specifiche di una donna di terza età. In questa fase ogni gruppo di due studenti doveva cercare una donna che rispondesse ai canoni richiesti e che simulasse il ruolo di cliente. I progetti sviluppati e dai nomi emblematici - La casa dei cuccioli, La casa a rotelle, La casa per gli Alzheimers, La casa per le vesciche deboli, ...- sono il risultato di un lavoro che una volta unito, rappresentava una periferia pensata collettivamente dal punto di vista dei servizi e delle funzioni pubbliche, e individualmente dal punto di vista dell'abitazione. Il susseguirsi dei diversi tavoli di discussione, tipico nell'impostazione del lavoro di Angèlil, incentiva i meccanismi di partecipazione e genera un'atmosfera di squadra e di condivisione. Queste due scuole, scelte inizialmente con l'intento di mostrare due lavori diversi, hanno dimostrato invece di avere più analogie che differenze. Tra queste, la più eclatante sta nell'offerta degli strumenti digitali, radunando in questa categoria le abilità legate all'uso dei programmi, dei software, dei macchinari da laboratorio e quindi all'elaborazione dell'idea: il primo anno di Zurigo mette l'accento sul modello tridimensionale e digitale, mentre in quello di Valparaiso si ragiona sempre in termini di artefatto e pezzo unico, e tutto ciò che viene prodotto è generalmente richiesto a mano. Un'altra forte differenza sta nella fonte da cui far partire la ricerca: a Valparaiso il metodo della Observaciòn tende a limitare il campo di ricerca della forma a ciò che si osserva e alle intuizioni che ne derivano dalla propria esperienza, di conseguenza qualsiasi fattore esterno non realmente vissuto non ha valore e viene quindi escluso dalle possibilità, salvo

che non si abbia la possibilità di osservarlo dal vero. Angèlil promuove invece l'apertura a 360° e tutto ciò che può essere relazionato con l'architettura vale come possibile input da cui lasciar scorrere la creatività e l'elaborazione di una soluzione formale. Ripensando alle lezioni insegnate, in entrambe è presente la componente sociale dell'architettura, pensata come qualcosa per la società e per un bene collettivo: l'importanza data alle analisi e all'osservazione, l'attitudine a interrogarsi e a mettere in discussione il proprio lavoro, l'autocritica e la ricerca a migliorarsi. Anche la capacità a relazionarsi nel gruppo è promossa in entrambe: a Valparaiso vi è un implicito e continuo richiamo al “Nosotros”, intendendo la classe, la Scuola e la comunità Amereida. A Zurigo non è così forte il tema dell'appartenenza al gruppo, ma è comunque sottolineato, sia nell'invito alla discussione, o nella distribuzione del lavoro in classe, sia nella possibilità di avere il libero accesso alla stessa struttura, potendo usufruire di uno spazio sempre aperto e in condivisione. Un aspetto su cui si riscontra una reciproca somiglianza, nonostante l'apparente differenza di atteggiamenti e ragionamenti, riguarda il metodo e il modo in cui viene inteso, infatti sia la Scuola di Valparaiso sia Marc Angèlil preferiscono parlare di approccio, per definire una serie di movimenti in evoluzione costante. Ciò che accomuna questi due processi di ricerca è che l'allievo viene sempre portato a distaccarsi dalle sue conoscenze e a vedere con occhi nuovi (secondo la E[ad]) e cambiando punto di vista (secondo la Angèlil) la realtà. Entrambi i metodi propongono di approfondire un dato tema, allontanandosene inizialmente - andando alla ricerca dell'origine di quel tema o delle possibili sue declinazioni - e successivamente riprendendolo con una conoscenza più ampia acquisita durante la fase di osservazione e ragionamento.

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Il modo in cui il metodo viene espresso è diverso, a Valparaiso la consegna è di interrogare la città e si manifesta nell'immagine dello studente pensoso con il taccuino alla mano, a Zurigo la consegna è di alterare il punto di vista e si traduce nello studente che osserva due ballerini di tango con l'intenzione di modellarne le sagome e studiare gli spazi "in-between". L'obiettivo però in fondo è lo stesso, sviluppare degli strumenti culturali e concettuali per imparare a conoscere. E' importante sapere che la convinzione di avere a che fare con due scuole agli opposti si è dissolta durante le ricerche storiche iniziali. Infatti entrambe hanno un forte legame con le pedagogie radicali della seconda metà del ventesimo secolo. Lo studio sulle Radical Pedagogies in Architectural Education, svolto da Beatriz Colomina, Esther Choi, Ignacio Gonzalez Galan e Anna Maria Meiste nel 2012, racconta di come gli esperimenti pedagogici abbiano giocato un ruolo cruciale nella modellazione della pratica del mestiere nella seconda metà del ventesimo secolo. Quel periodo viene descritto come un momento di sfiducia collettiva nei confronti delle strutture capitaliste e delle istituzioni, ma anche nei confronti del panorama politico - trasformato dalla Guerra Fredda e dalla Guerra in Vietnam - o dell'ambiente domestico costruito con materiale plastico e con oggetti di produzione di massa. Vi era un crescente scetticismo nei confronti dell'utopia tecnologica che avanzava sotto forma di gadget e computer. Anche nell'architettura avvenivano dei cambiamenti all'interno delle relazioni tra il territorio e le trasformazioni sociopolitiche. Ma mentre alcune forme di pratica architettonica celebravano l'integrazione della disciplina all'interno di un panorama più esteso, altre per contro, rispondevano ritirandosi, consapevolmente preoccupate per l'identità dell'architettura in un mondo che si stava trasformando. L'educazione allora divenne un veicolo per azioni sovversive. La pedagogia operava attivamente all'interno del processo in

cui era coinvolto, contestando le istituzioni dell'educazione e esaminando le proposte disciplinari dell'architettura con l'intento di disturbare le sue relazioni con i processi sociali, politici ed economici, destabilizzando le istituzioni e generando di conseguenza forme di critica istituzionali. In questo scenario di protesta compare la scuola di Architettura di Valparaiso, che agiva destabilizzando le tradizionali strutture dell’università attraverso delle pratiche pedagogiche che hanno cancellato, volutamente, i confini tra formazione, lavoro e vita. Ma anche i Texas Rangers - di cui uno dei promotori fu Bernard Hoesli - viene ricordato come uno dei gruppi che esploravano nuovi metodi di insegnamento per interrogare l’architettura. La forma mentis di entrambe le scuole risiede quindi nel medesimo ambiente di sovversione. Alla luce di questo scenario e degli atti conclusivi del mio studio, si potevano prendere strade diverse: si poteva approfondire il tema sulla formazione, andando a delineare e scovare che tipo di architetto forma la E[ad], in che modo lavora, e come si approccia al mondo reale e istituzionalizzato, in cui non vale la parola della Ciudad Abierta; Sarebbe stato allo stesso modo interessante capire e osservare se e come il metodo di Marc Angèlil, esteso ai cinque anni di studio, poteva portare alla formazione di una figura professionale polifonica; Sarebbe potuto essere altrettanto interessante approfondire il tema delle pedagogie radicali, andando a conoscere quali delle altre scuole sovversive riescono ancora a far sentire, nei modus operandi, il loro spirito di ribellione; Si sarebbe allora potuto estendere il confronto, tra scuole sovversive e scuole istituzionalizzate, indagando sul perché di tale formazione, in vista di che tipo di architetto. Questi, e altri, potrebbero essere nuovi spunti di ricerche future nell'ambito delle scuole e dei possibili modi per formare la categoria degli architetti.

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BIBLIOGRAFIA RAGIONATA 141


bibliografia ragionata

Poichè questo lavoro tratta di due metodi d'insegnamento, e poichè una tesi di laurea è, a sua volta, un processo di apprendimento, mi sono esercitata nel visualizzare il mio lavoro come l'insieme di una serie di passaggi. La tesi, d'altronde, è un processo di apprendimento che: ha un inizio; è nutrito da ragionamenti e concetti più antichi che ne influenzano il corso; ha uno sviluppo concreto. Per questo ho deciso di ordinare le fonti della mia tesi secondo le medesime categorie utilizzate per inquadrare la scuola cilena e la scuola svizzera: Storia, Teoria e Didattica Fanno parte della categoria Storia i testi da cui sono cominciati i ragionamenti di questo progetto di tesi e che hanno fatto crescere la curiosità sul tema dell'educazione e del metodo. In particolare si fa riferimento a: ÁLVARO SIZA, Antonio Angelillo (a cura di), Scritti di architettura, Skira editore spa, Milano, 1997 MASSIMO ALFIERI, La Ciudad Abierta, una architettura fatta in comune, una comunità di architetti, Editrice Librerie Dedalo, Roma, 2000 MARCO TRISCIUOGLIO, Scatola di Montaggio, L'architettura, gli elementi della composizione e le ragioni costruttive della forma, Carocci editore, Roma, 2008 BRUNO MUNARI, Da cosa nasce cosa, appunti per una metodologia progettuale, Editori Laterza, Bari, 2009

WIM VAN DEN BERG, John Hejduk's teaching by osmosis in ANTONELLA GALLO (a cura di), The Clinic of Dissection of Art, Marsilio, Venezia, 2012 CHRISTOPH FRANK, BRUNO PEDRETTI (a cura di), L'architetto Generalista, Mendrisio Academy Press|SilvanaEditoriale, Milano, 2013

Nella sezione dedicata alla Teoria, sono raccolti invece i testi che hanno arricchito le riflessioni in merito all'Architettura, alle Scuole e alla figura dell'architetto nella società. Oltre agli articoli della rivista Domus, specificati nella bibliografia, si menzionano: SPIRO KOSTOF, The Architect. Chapters in the History of the Profession, Oxfort University Press, New York, 1977 ROBERTO GABETTI, Introduzione alle presenti difficoltà dell'architettura in PIO LUIGI BRUSASCO, Architettura antimoderna. La resistibile ascesa della nuova accademia, Alinea Editrice, Firenze, 1984 FRÉDÉRIC SEITZ, Une entreprise d'idee. L'École spéciale d'architecture, 1865-1939, Picard, Parigi, 1995 ROBERTO GABETTI, Sisto Giriodi (a cura di), Imparare l'Architettura. Scritti scelti sul sapere architettonico, Umberto Allemandi & C., Torino, 1997 GIORGIO GRASSI, Un parere sulla scuola e sulle condizioni del nostro lavoro (1989) in Scritti Scelti 1965-1999, Franco Angeli, Milano, 2000

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MARCO TRISCIUOGLIO, Il muratore e il latino, introduzione alla teoria architettonica, Agit Beinasco, Torino, 2000

ALBERTO CRUZ (a cura di), Amereida, Volumen Primero, E[ad] Taller de Ediciones, Valparaiso, 2006

Della categoria Didattica fanno parte tutti i testi indispensabili per poter sviluppare il lavoro di confronto svolto tra il primo anno della Scuola di Architettura e Design di Valparaiso e il primo anno del Corso di Urban Design di Marc Angèlil, non solamente quelli cartacei ma anche tutto il materiale compreso nell'Archivio Storico e Fotografico di Jose Vial Armstrong http://wiki.ead.pucv.cl/index.php/ Archivo_Histórico_José_Vial. Tra i testi fondamentali si ricordano:

MARC ANGÉLIL, DIRK HEBEL, Deviations, Designinh Architecture, Birkhäuser, Verlag AG, Berlino, 2008

GODOFREDO IOMMI, Manifiesto del 15 de Junio de 1967, Escuela de Arquitectura UCV, Santiago, 1971 ALBERTO CRUZ, Estudio acerca de la Observaciòn en Arquitectura, Taller de Investigaciones Graficas, Viña del Mar, 1982 GODOFREDO IOMMI, Eneida-Amereida, Taller de Investigaciones Graficas, Viña del Mar, 1982 GODOFREDO IOMMI, ALBERTO CRUZ, La Ciudad Abierta: de la Utopìa al Espejismo, Revista Universitaria n.9 PUCCH, Santiago, 1983 MARC ANGÉLIL, Inchoate, an experiment in architectural education, Liat Uziyel, Zurigo, 2003

BRETT STEELE (a cura di), AA Book: Projects Review 2010, Kari Rittenbach, London, 2010 ALBERTO CRUZ, "Cooperativa Amereida Chile" in Zodiac, n. 8, Edizioni Abitare, 1992, pp.189-193 GIANCARLO DE CARLO, "L'Utopia di Ritoque" in Spazio e Società, n. 66, Gangemi Editore, 1994, 24-25 ANN PENDLETON JULLIAN, "La strada che non è una strada e la Città aperta di Ritoque, Cile" in Spazio e Società, n. 66, Gangemi Editore, 1994, 26-40 RODRIGO PEREZ DE ARCE, "Ciudad Abierta" in Abitare, n. 353, Editrice Segesta, 1996, pp.82-87 OPEN CITY GROUP, "Città Aperta, Valparaiso, Cile" in Domus, n. 789, Domus Edizioni, 1997, pp. 22-31 MARíA BERRíOS, "Arquitectura invisibles y poesia de la acciòn", Esposizione tenuta al Museo Nacional Centro de Arte, Desvíos de la deriva Experiencias, travesías y morfologías, Madrid, 2010, 5 maggio - 23 agosto

MARC ANGÉLIL, Textbuch, architecture und entwurf I& II, Herbst, Zurigo, 2004

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