Water Earth Fire Air! Wefa! Nonsense, delirante, incoerente, inutile. Catartico, attraente, vomitevole, stimolante. Viviamo in un flusso inarrestabile di immagini, dovremmo difenderci? Qualcuno disse che la miglior difesa è l'attacco, e allora Wefa! Tra una fanzine e un catalogo, con l'aspirazione di diventare una rivista di gossip. Quattro sezioni per tante idee, in particolare fotografia, mixed-media, letteratura, design.
progetto grafico
Elisa Lacicerchia
Indice
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Self Portrait
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La societĂ dello spettacolo
23 Rgb
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R come radical
Water Earth Fire Air!
Self ANNE
ALL
YOUNG
MY
PRETTY
SEXTON
ONES
Portrait foto, collage, illustrazioni
ELISA LACICERCHIA
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1962
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I HAVE DONE IT AGAIN. ONE YEAR IN EVERY TEN I MANAGE IT— A SORT OF WALKING MIRACLE, MY SKIN BRIGHT AS A NAZI LAMPSHADE, MY RIGHT FOOT A PAPERWEIGHT, MY FACE A FEATURELESS, FINE JEW LINEN. PEEL OFF THE NAPKIN O MY ENEMY. DO I TERRIFY?— THE NOSE, THE EYE PITS, THE FULL SET OF TEETH? THE SOUR BREATH WILL VANISH IN A DAY. SOON, SOON THE FLESH THE GRAVE CAVE ATE WILL BE AT HOME ON ME AND I A SMILING WOMAN. I AM ONLY THIRT Y. AND LIKE THE CAT I HAVE NINE TIMES TO DIE. THIS IS NUMBER THREE. WHAT A TRASH TO ANNIHILATE EACH DECADE. WHAT A MILLION FILAMENTS. THE PEANUT-CRUNCHING CROWD SHOVES IN TO SEE THEM UNWRAP ME HAND AND FOOT— THE BIG STRIP TEASE. GENTLEMEN, LADIES THESE ARE MY HANDS MY KNEES. I MAY BE SKIN AND BONE, NEVERTHELESS, I AM THE SAME, IDENTICAL WOMAN. THE FIRST TIME IT HAPPENED I WAS TEN. IT WAS AN ACCIDENT. THE SECOND TIME I MEANT TO LAST IT OUT AND NOT COME BACK AT ALL. I ROCKED SHUT AS A SEASHELL. THEY HAD TO CALL AND CALL AND PICK THE WORMS OFF ME LIKE STICKY PEARLS. DYING IS AN ART, LIKE EVERY THING ELSE. I DO IT EXCEPTIONALLY WELL. I DO IT SO IT FEELS LIKE HELL. I DO IT SO IT FEELS REAL. I GUESS YOU COULD SAY I HAVE VE A CALL. IT ’S EASY ENOUGH TO DO IT IN A CELL. IT ’S EASY ENOUGH TO DO IT AND STAY PUT. IT ’S THE THEATRICAL COMEBACK IN BROAD DAY TO THE SAME PLACE, THE SAME FACE, THE SAME BRUTE AMUSED SHOUT: “A MIRACLE!” THAT KNOCKS ME OUT. THERE IS A CHARGE FOR THE EYEING OF MY SCARS, THERE IS A CHARGE FOR THE HEARING OF MY HEART— IT REALLY GOES. AND THERE IS A CHARGE, A VERY LARGE CHARGE FOR A WORD OR A TOUCH OR A BIT OF BLOOD OR A PIECE OF MY HAIR OR MY CLOTHES. SO, SO, HERR DOKTOR. SO, HERR ENEMY. I AM YOUR OPUS, I AM YOUR VALUABLE, THE PURE GOLD BABY THAT MELTS TO A SHRIEK. I TURN AND BURN. DO NOT THINK I UNDERESTIMATE YOUR GREAT CONCERN. ASH, ASH— YOU POKE AND STIR. FLESH, BONE, THERE IS NOTHING THERE— A CAKE OF SOAP, A WEDDING RING, A GOLD FILLING. HERR GOD, HERR LUCIFER BEWARE BEWARE. OUT OF THE ASH I RISE WITH MY RED HAIR AND I EAT MEN LIKE AIR.
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LADY LAZARUS BY SYLVIA PLATH
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Water Earth Fire Air!
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Oggi è consuetudine dire che "tutto è spettacolo": la politica è spettacolo, la giustizia è spettacolo, la vita privata è spettacolo. Ebbene, qualcuno l'aveva detto già 40 anni fa, precisamente nel 1967, anno della prima edizione de La società dello spettacolo. Nelle pagine seguenti vi proponiamo un'introduzione al saggio di Debord ed una selezione delle tesi che compongono l'opera. Aujourd'hui, il est d'usage de dire que «tout est spectacle»: la politique est un spectacle, la justice est un spectacle, la vie privée est un spectacle. Bien, quelqu'un l'avait déjà dit il y a 40 ans, en 1967, l'année de la première édition de La societé du spetacle. Dans les pages suivantes, nous présentons une introduction à l'essai de Guy Debord et une sélection des thèses pris du livre.
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GUY DEBORD
La Société du spectacle est l'un des textes fondamentaux pour la lecture et la critique du capitalisme du XXe siècle dans son développement. Le travail de Debord représente un point de non-retour dans le cadre de cette critique, ce qui signifie qu'ils seront toujours en compagnie du spectacle qui devrait être pris en compte pour comprendre pleinement les stratégies d'auto-reproduction et de l'accumulation capitaliste. La Société du spectacle correspond donc à une phase historique de restructuration du capital dans la seconde moitié du « 900 qui consolide certaines stratégies de domaine dans la production et donne lieu à de nouvelles directives de consommation liées à avoir passage et pour simuler baudrillardiano . La Société du spectacle reflète tout cela avec une conscience critique indéniable. La lecture peut maintenant vous offrir la Société le spectacle ne peut pas emprunter à savoir la technique du détournement: 1) à partir de l'analyse critique liée à son débat théorique du mouvement ouvrier à la fin des années 60; 2) prendre note d'un processus critique qui englobe des questions telles que le temps, le territoire et la culture; 3) la terre portée si prophétique de la société de la phénoménologie du spectacle, aspect fondamental et constitutif des critiques du capitalisme compris dans son développement historique.
Introduzione di Pasquale Stanziale a La società dello spettacolo Buchet/Chastel, Paris 1967 Massari editore, 2002
Introduction par Pasquale Stanziale de La société du spectacle Buchet/Chastel, Paris 1967 Massari editore, 2002
LA SOCIÉTÉ DU SPECTACLE
"Tutta la vita delle società in cui regnano le moderne condi zioni di produzione si presenta come un’immensa accumu lazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente —TESI 1 vissuto si è allontanato in una rappresentazione."
La Società dello spettacolo rappresenta uno dei testi fondamentali per la lettura e la critica del capitalismo novecentesco nel suo sviluppo. Il lavoro di Debord rappresenta un punto di non ritorno nell'ambito di questa critica, nel senso che sarà sempre della Società dello spettacolo che occorrerà tener conto per comprendere in pieno le strategie di autoriproduzione ed accumulazione capitalistiche. La Società dello spettacolo corrisponde, pertanto, a una fase storica di ristrutturazione del capitale nella seconda metà del '900 che consolida talune strategie di dominio nell'ambito produttivo e dà origine a nuove direttrici di consumo relative al passaggio all'avere e al baudrillardiano simulare. La Società dello spettacolo riflette tutto ciò con una consapevolezza critica innegabile. La lettura che è possibile proporre oggi della Società dello spettacolo non può non avvalersi della tecnica del détournement ovvero: 1) partire dalle analisi critiche legate al dibattito teorico proprio del movimento operaio alla fine degli anni '60; 2) prendere atto di un processo critico che abbraccia temi quali il tempo, il territorio e la cultura; 3) approdare quindi all'ambito profetico della fenomenologia della società dello spettacolo, aspetto fondamentale e costitutivo della critica del capitalismo colto nel suo sviluppo storico.
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TESI 2
Le immagini che si sono staccate da ciascun aspetto della vita, si fondono in un unico insieme, in cui l'unità di questa vita non può più essere ristabilita. La realtà considerata parzialmente si dispiega nella propria unità generale in quanto pseudo-mondo a parte, oggetto di sola contemplazione. La specializzazione delle immagini del mondo si ritrova, realizzata, nel mondo dell'immagine resa autonoma, in cui il mentitore mente a se stesso. Lo spettacolo in generale, come inversione concreta della vita, è il movimento autonomo del non-vivente.
THESE 2
Les images qui se sont détachées de chaque aspect de la vie fusionnent dans un cours commun, où l'unité de cette vie ne peut plus être rétablie. La réalité considérée partiellement se déploie dans sa propre unité générale en tant que pseudo-monde à part, objet de la seule contemplation. La spécialisation des images du monde se retrouve, accomplie, dans le monde de l'image autonomisé, où le mensonger s'est menti à lui même. Le spectacle en général, comme inversion concrète de la vie, est le mouvement autonome du non-vivant.
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GUY DEBORD
LA SOCIÉTÉ DU SPECTACLE
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GUY DEBORD
TESI 3 Lo spettacolo si presenta nello stesso tempo come la società stessa, come parte della società, e come strumento di unificazione. In quanto parte della società, esso è espressamente il settore più tipico che concentra ogni sguardo e ogni coscienza. Per il fatto stesso che questo settore è separato, è il luogo dell'inganno visivo e della falsa coscienza; e l'unificazione che esso realizza non è altro che un linguaggio ufficiale della separazione generalizzata.
P. 1 6—1 8 still dal film La società dello spettacolo , Guy Debord, 1973
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THESE 3 Le spectacle se représente à la fois comme la société même, comme une partie de la société, et comme instrument d'unification. En tant que partie de la société, il est expressément le secteur qui concentre tout regard et toute conscience. Du fait même que ce secteur est séparé, il est le lieu du regard abusé et de la fausse conscience; et l'unification qu'il accomplit n'est rien d'autre qu'un langage officiel de la séparation généralisée.
LA SOCIÉTÉ DU SPECTACLE
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TESI 4
Lo spettacolo non è un insiem sociale tra le persone
Le spectacle n'est pas un ensem social entre des personnes 19
me di immagini, ma un rapporto mediato dalle immagini.
THESE 4
mble d'images, mais un rapport mĂŠdiatisĂŠ par des images. 20
GUY DEBORD
Nel mondo falsamente rovesciato, il vero è un momento del falso. TESI 9
TESI 12
Lo spettacolo si presenta come enorme positività indiscutibile e inaccessibile. Esso non dice niente di più che "ciò che appare è buono, e ciò che è buono appare". L'attitudine che esige per principio è questa accettazione passiva che esso di fatto ha già ottenuto attraverso il suo modo di apparire insindacabile, con il suo monopolio dell'apparenza.
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THESE 12
Le spectacle se présente comme une énorme positivité indiscutable et inaccessible. Il ne dit rien de plus que « ce qui apparaît est bon, ce qui est bon apparaît ». L'attitude qu'il exige par principe est cette acceptation passive qu'il a déjà en fait obtenue par sa manière d'apparaître sans réplique, par son monopole de l'apparence.
THESE 9
LA SOCIÉTÉ DU SPECTACLE
Dans le monde réellement renversé, le vrai est un moment du faux.
still dal film La società dello spettacolo , Guy Debord, 1973
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Water Earth Fire Air!
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(255, 0, 0) (0, 255, 0) (0, 0, 255)
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how to lose your red head with dignity:
sick and tired of red let's go to the blue
→ → → → → → 28
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Blue is the universal love in which man bathes — it is the terrestrial paradise.
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Blue of my heart Blue of my dreams Slow blue love Of delphinium days
P.29 Foto Greg Girard
Sopra Foto Justin Blake Ford
P.30 Foto Toby Harvard
P.30—32 Testi tratti da Blue di Derek Jarman, 1993
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P.32 Foto Giulia Monacolli, Tania Franco Klein, Sergey Neamoscou, Justin Blake Ford
In the pandemonium of image I present you with the universal Blue Blue an open door to soul An infinite possibility Becoming tangible
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(0.255.0)
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#00FF00 #32CD32 #98FB98
#00FF7F #7FFF00 #7CFC00
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P.33-34 Foto Toby Harvard
P.35 Foto Luca Bortolato, Petros Koublis
P.36-37 Unknown
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COME RADICAL
Il SuperDesign della stagione radicale. Intervista a Maria Cristina Didero DI GIULIA ZAPPA · ARTRIBUNE · 22 DIC 2017
A destra. la seduta in poliuretano Pratone di Derossi, Ceretti, Rosso. Gufram, 1972
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Attraverso una mostra, un libro e un film, Maria Cristina Didero ricostruisce a distanza di cinquant’anni il profilo di una stagione shock del progetto italiano. In cui il legame inedito tra ideologia & pop si era trasformato in uno strumento sovversivo, per radere al suolo e ricominciare a pensare, con molta ironia, la nostra dimensione sociale e identitaria attraverso una nuova cultura dell’abitare. Una stagione Super, oggi più che mai sotto la lente di ingrandimento di specialisti, pubblico e collezionisti trova in un libro, un’esposizione e un film un’occasione preziosa di indagine e approfondimento. SuperDesign è il titolo della mostra che Maria Cristina Didero ha curato a New York presso la galleria R&Company. Icona di una libertà irriverente ma mai spocchiosa, che usava la cultura popolare non come uno strumento per un’apologia vernacolare quanto come un archetipo con cui rivendicare l’azione di un’immaginazione inquieta e strabordante, la stagione radicale ha messo in discussione dalle fondamenta le certezze e il buon gusto così come fino ad allora la storia del mobile le aveva conosciute. Divani a forma di bocca e attaccapanni a forma di cactus sono però solo la punta dell’iceberg di un’elaborazione speculativa, prima ancora che di una progettazione concreta, di cui la Didero ricostruisce il paradigma anche attraverso i racconti e le riflessioni che le sono stati affidati dai protagonisti del “movimento”. Per approfondire le coordinate di questa irripetibile esperienza del design italiano abbiamo incontrato l’autrice.
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«LA STAGIONE RADICALE HA MESSO IN DISCUSSIONE DALLE FONDAMENTA LE CERTEZZE ED IL BUON GUSTO COSÌ COME FINO AD ALLORA LA STORIA DEL MOBILE LE AVEVA CONOSCIUTE»
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A destra. Maria Cristina Didero e Francesca Molteni— SuperDesign. Italian Radical Design 1965-75 (Muse Factory of Projects, 2017). Still da film
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L’incubazione di SuperDesign è stata particolarmente lunga e articolata. Ci racconti come è nato il progetto? Ho iniziato a seguire questo tema all’inizio del Duemila; ho avuto l’occasione di collaborare per anni con Dakis Joannou, uno dei più grandi collezionisti di arte contemporanea oltre che di questo affascinante periodo. Dakis ha una sana ossessione per le produzioni del tempo, nel ‘68 era uno studente a Roma e ha vissuto in prima persona le vicissitudini sociali e politiche che lo hanno caratterizzato. Grazie a lui ho avuto modo di approfondire diverse tematiche, conoscere i protagonisti e ovviamente appassionarmi sempre più al mondo dei radicali. Poi c’è stato 1968, il libro a opera di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari; una pubblicazione volutamente voluminosa, costituita solo da una serie di fotografie, immagini dissacranti che interpretano —come solo loro due sanno fare — i pezzi appartenenti alla raccolta di Joannou oltre a disegni di Alessandro Mendini e un mio testo di introduzione. Poi l’incontro con Evan Snyderman nel 2014, che mi ha mostrato la sua collezione, base fondante della mostra ora a New York e da qui anni di ricerca in giro per l’Italia e non solo per arricchire ciò che
già avevamo in mano. Infine, è seguita l’idea di aggiungere una pubblicazione e poi un film. GZ
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Un libro, una mostra, un film. Come si integrano questi tre livelli per raccontare la storia del design radicale? Il progetto SuperDesign è composto appunto da questi tre elementi: mostra, libro e film. La mostra alla R&Company presenta i pezzi più significativi del periodo e si arricchisce di diversi prestiti da parte di Dennis Freedman, altro grande collezionista di design radicale di base a New York, che il prossimo anno porterà i suoi oggetti all’interno di una delle istituzioni statunitensi più importanti. Il volume (pubblicato da Monacelli Press con testi di Dejan Sudic e Catherine Rossi e una prefazione di Snyderman) rappresenta in sostanza il catalogo della mostra, tratta gli autori i cui oggetti sono presenti all’interno di SuperDesign. Il film che ho avuto il piacere di realizzare con Francesca Molteni, letteralmente catapultata in questo universo, intende mostrare come il design radicale è vissuto oggi dagli stessi protagonisti, cosa è rimasto del tempo, le discrepanze e le vicinanze, le opinioni sempre e preferibilmente diverse.
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1. Global Tools. Maria Cristina Didero e Francesca Molteni— SuperDesign. Italian Radical Design 1965-75 (Muse Factory of Projects, 2017). Still da film
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2. Globo Tissurato lamp, Ugo La Pietra, 1966-67, produzione Poggi. Image courtesy Ugo La Pietra Archive, Milano
Come avete costruito il film? Per il film abbiamo costruito un format di domande (più o meno) uguale per tutti proprio per sondare la disomogeneità delle risposte — caratteristica peculiare di questo periodo poiché le diverse interpretazioni di questo virus sono alla base del suo stesso fascino. Oltre a Pettena, Binazzi, Derossi, Gilardi, Audrito Branzi, Corretti, Bartolini, La Pietra, Mendini, Raggi abbiamo anche intervistato coloro che sono stati comunque vicini all’argomento, come Germano Celant, diversi collezionisti, Pesce, Meloni di Poltronova e Vezza di Gufram e Emilio Ambasz, curatore della famosa mostra del 1972 al MoMa di New York, colui che fece conoscere agli americani la creatività italiana del tempo. Possiamo dire quindi che SuperDesign è un progetto unico, composto da questi tre elementi.
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3. Polaris Excelsior lamp, design di Superstudio, 1967, produzione Poltronova. Fotografia Joe Kramm In basso, Franco Audrito (Studio65) e Maria Cristina Didero con il divano bocca.
Come è stata accolta la mostra a New York? Che rapporto ha il pubblico del design di oltreoceano con questo pezzo di storia del design? Una storia, peraltro, che anche loro hanno contribuito ad affermare con Italy: The New Domestic Landscape. Devo confessare che c’è stato davvero tanto interesse a New York e sono felice di questo. Charlie Standig, il primo importatore di Gufram e Poltronova negli Stati Uniti chiamava (e chiama tutt’ora) questi oggetti “fantasy pieces”, proprio perché al tempo erano così lontani dalla cultura americana da suscitare grande curiosità e stupore — poi Marisa Berenson fu ritratta sulle pagine di Life stesa su un divano Bocca di Studio65. Franco Audrito, il fondatore del gruppo, a quel tempo faceva fatica a sbarcare il lunario mentre la sua Bocca conquistava gli Stati Uniti. Li la chiamavano Marylin! Le mostre come Utopie Radicali o come quella da te curata a Torino nel 2015 su Studio 65, il successo delle riedizioni di Gufram, in un certo senso anche la vera e propria celebrazione per l’eredità di Sottsass, una sorta di padre putativo – o fratello maggiore, come suggerisce Emilio Ambasz – del movimento. Il periodo radicale sembra tornato prepotentemente in auge in
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Infine, una battuta su Super. “Tutto era super in quel momento”, ha dichiarato Corretti. Come siete arrivati alla scelta del titolo-etichetta “SuperDesign” e quali le valenze, le sfumature semantiche “super” che rintracci nel movimento? Il titolo Super è stato deciso a gennaio del 2014 quando questa parola forse era meno popolare di oggi. Come scrivo nel mio saggio, “la parola super consiste di una pluralità di significati e ha livelli differenti di interpretazione: 1) la qualità più alta; 2) che include più di una categoria; 3) sopra, superiore, oltre; 4) estremamente grande o estremo; 5) inusuale. Tutte queste definizioni rappresentano differenti traiettorie di questo movimento affascinante e frammentato, dove la consapevolezza del ruolo specifico dell’architetto nella società era ripensato da un’atmosfera collettiva e un contesto storico. Un incrocio di divertimento serio, visione politica impegnata e creatività senza confini ha originato una spettacolare pluralità di progetti e azioni. E la pluralità è certamente qualcosa da celebrare, poiché porta in sé il seme della libertà”.
«L A PLURALITÀ È CERTAMENTE QUALCOSA DA CELEBRARE,
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Questo lungo lavoro di ricerca vi ha permesso di scovare delle vere e proprie “chicche” perdute negli archivi dei designer radicali: quale il valore di questi “pezzi minori” e cosa aggiungono al racconto di questa stagione? Per il film abbiamo costruito un format di domande (più o meno) uguale per tutti proprio per sondare la disomogeneità delle risposte — caratteristica peculiare di questo periodo poiché le diverse interpretazioni di questo virus sono alla base del suo stesso fascino. Oltre a Pettena, Binazzi, Derossi, Gilardi, Audrito, Branzi, Corretti, Bartolini, La Pietra, Mendini, Raggi abbiamo anche intervistato coloro che sono stati comunque vicini all’argomento, come Germano Celant, diversi collezionisti, Pesce, Meloni di Poltronova e Vezza di Gufram e Emilio Ambasz, curatore della famosa mostra del 1972 al MoMa di New York. Possiamo dire quindi che SuperDesign è un progetto unico, composto da questi tre elementi.
POICHÉ PORTA IN SÉ IL SEME DELL A LIBERTÀ»
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questi ultimi anni: cosa ci attrae di questa identità? È vero, c’è molta curiosità negli ultimi anni per questo argomento. Per me non è una novità occupandomene da anni, ma ovviamente questo rinnovato interesse mi fa molto piacere. Al netto delle dinamiche del collezionismo, credo che questa attenzione nasca da una sorta di scoperta, o riscoperta. E quando si scopre qualche cosa, sembra sempre e comunque una novità.
Superstudio, Supersuperficie. A journey from A to B. Un modello di vita alternativo sulla terra, 1971-72. Fotomontaggio
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WEFA! GIUGNO 2018 ELISA LACICERCHIA
WEFA!
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