SUPER SKI - ELISABETTA BANDOLIN BA DISSERTATION

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UniversitĂ IUAV di Venezia

Corso di Laurea triennale in Design della Moda e Arti Multimediali Curriculum Design della moda Terza sessione Anno accademico 2017/2018

SUPER SKI Elaborato finale di Elisabetta Bandolin Matricola: 283524

Relatore: Alessandra Vaccari FIRMA

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ABSTRACT

In questo elaborato si è analizzato il crescente interesse della moda nel settore dello skiwear tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta e la ricerca del paesaggio lunare tipico della Space Age nei luoghi terrestri, determinato dalla fascinazione da parte di un pubblico sempre più ampio perlo spazio e dalla divulgazione della moda grazie alla nascita delle prime linee prêtà-porter. Questo scritto si divide in due parti, la prima, più teorica, focalizzata nell’analisi storica dello skiwear, descrive ed analizza il contributo apportato da importanti designer di moda come Michèle Rosier, Pierre Cardin, André Courrèges, Paco Rabanne e Emilio Pucci; la seconda parte, di carattere empirico, partendo dall’esperienza di tirocinio svolta presso la casa di moda Yves Saint Laurent, ricerca i collegamenti tra lo sportwear dell’epoca presa in analisi e lo sportswear di oggi. L’esposizione si conclude con una presentazione del progetto del laboratorio finale di design della moda seguito con il professor Arthur Arbesser, durante il quale è stato possibile creare una collezione composta da otto silhouettes, costruendo un immaginario e un tipo di ricerca personale che è divenuto trampolino di lancio per lo sviluppo del soggetto scelto per tale elaborato.

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This paper analyzed the growing interest of fashion in the skiwear sector between the mid-Sixties and mid-Seventies and the search for the lunar landscape in earthly places, determined by the fascination of an growing public for the space and the spread of fashion through the birth of the first ready-to-wear lines. This paper is divided into two parts, the first, more theoretical, focused on the historical analysis of skiwear, describes and analyzes the contribution made by major fashion designers, such as Michèle Rosier, Pierre Cardin, André Courrèges, Paco Rabanne and Emilio Pucci; the second part, amore empirical, researches the links between the sportswear of the time taken into analysis and today’s sportswear, starting from the experience of internship at the fashion house Yves Saint Laurent. The essay ends with the presentation of the final fashion design laboratory project followed by Arthur Arbesser, who gaves us the possibility to create an eight silhouettes collection, building an imaginary and a type of personal research that has become a starting point for the development of the subject chosen for this work.

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INDICE

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I n t r o d u z i o n e........................................................................................ 1 0 C A P I T O L O I ................................................................................................ 1 9 Après-ski tra metà anni Sessanta metà anni Settanta 1.1 La moda di montagna nell’era spaziale 1.2 Space age

C A P I T O L O I I ............................................................................................. 3 1 Ski Glam

2.1Vacanze spaziali, i designer della space age e lo skiwear 2.2 Quality sportswear: il caso di V de V

CAPITOLO III

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Ski Glam prima Ski Glam ora

3.1 Il confronto con il contemporaneo: Chanel 3.2 Le collaborazioni: Pucci per Rossignol

C A P I T O L O I V ............................................................................................5 7 Dalla teoria alla pratica: il tirocinio come banco di prova 4.1 Chez Saint Laurent 4.2 Da Rive Gauche a Saint Laurent Paris : lo sportswear di Anthony Vaccarello

C A P I T O L O V .............................................................................................6 9 Rivetta Hut - progetto finale 5.1 Guardaroba Invernale

C o n c l u s i o n i ........................................................................................... 1 1 8 B i b l i o g r a f i a ...........................................................................................

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INTRODUZIONE

Quanto incide nel costume tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta, lo SkiGlam? E qual è il ruolo nel mondo della moda di questa novità generata dalla Space Age e legata alle collezioni dei designer che in quel periodo lavorano seguendo tale sensibilità? Queste e altre domande mi si sono presentate quando, durante il laboratorio di progettazione finale presso l’Università di design della Moda IUAV di Venezia, ho lavorato sullo skiwear e nel corso della ricerca iconografica ho realizzato che la Space Age è stato un periodo eccezionalmente florido tanto di servizi fotografici di moda ambientati in paesaggi di montagna, quanto di collezioni di stampo prettamente sciistico e che queste riuscivano a creare un immaginario di moda vacanziera invernale fantascientifica. Da tale tema principale, questo elaborato prosegue con un ragionamento su cosa sia stato e cosa sia oggi lo sportswear per le grandi case di moda, come esso sia mutato, e quali siano i nessi tra il presente e il passato delle maison di moda che lavorano su tale ambito; importante sarà, in questo ultimo punto, la mia esperienza di stage presso la maison Yves Saint Laurent la quale casa si sta espandendo anche in ambito sportivo. Lavorare per YSL sotto la direzione artistica di Anthony Vaccarello, durante il periodo precedente alla mia laurea, mi ha dato l’opportunità di vivere in prima persona l’iter delle collezioni di moda e, in particolare, dello sportswear, rivelandosi un’ottima occasione per ragionare più approfonditamente sul tema del mio elaborato finale.

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Oggi il tema dello sportswear diventa sempre più presente nelle nostre vite, poiché non solo stiamo vivendo un ascendente interesse per lo sport da parte della società, ma siamo messi costantemente a confronto con la dinamicità del vivere moderno, che si rigetta nella necessità di abiti sempre più tecnici anche per la vita della metropoli. Diventa quindi per me un banco di prova interessante lavorare sulla storia dello sci e sul suo confronto con il contemporaneo, ricercarne le motivazioni analizzando i lavori degli stilisti che hanno segnato tale epoca lavorando su questo universo d’ispirazione. Inoltre, trattare tale tema significa in questa sede lavorare in modo più ragionato su elementi che ho sempre avuto intorno a me, poiché anche io, come tanti ragazzi del vicentino, ho avuto la fortuna di poter crescere nell’ambiente sciistico e di potermi avvicinare a questa disciplina sportiva. Mio padre e mia madre sono nati verso la fine degli anni Cinquanta, e hanno vissuto in prima persona il forte cambiamento delle tecnologie per lo sport da montagna avvenuto nel lasso di tempo trattato in questo breve elaborato. Fortunatamente, rendendosi conto probabilmente del momento vissuto e, soprattutto, frenati dall’alto livello dei materiali e dal legame affettivo un po’ nostalgico, hanno sempre evitato di buttare via attrezzatura e tute da sci, che sono sempre rimaste a disposizione mia e delle mie sorelle. È divertente come questi oggetti che utilizzavamo impropriamente nell’infanzia come travestimenti (non è numerabile la quantità di volte che abbiamo indossato la tuta di mia madre arancione acceso Colmar) adesso tornino ad essere materiali indispensabili, nonché punto di partenza per questa mia ricerca universitaria, a più di dieci anni di distanza.

Questo elaborato di divide in cinque capitoli; nel primo, dopo una breve introduzione alla Space Age, con un ragionamento sul come tale voga abbia aperto l’orizzonte della moda après-ski, svolgerò un’analisi riguardo alla moda di montagna di questi anni attraverso i lavori di differenti designer, tra i quali vi sono Pierre Cardin e André Courrèges. A seguire, nel secondo capitolo verrà sviluppato il tema della collaborazione tra maison di moda e marchio sportivo, curando il caso di Pucci per Rossignol. Il terzo capitolo sarà dedicato allo Ski-Glam del periodo trattato messo a confronto con quello del 2000; si cercherà di ragionare sui punti in comune fra le due epoche, cercando di comprendere come la Space Age abbia influenzato le creazioni di inizio millennio riportando alcuni esempi, come la collezione di Chanel, FW2000. Il quarto capitolo è riservato alla mia esperienza di stage presso lo studio crea di Saint Laurent Paris, dove ho avuto da settembre 2018 l’opportunità di lavorare e di assistere i designer nella creazione delle quattro collezioni, Prefall, Fall, Summer e Cruise. Il focus sarà quello di analizzare lo sportswear dentro Saint Laurent e di rispondere alla domanda che normalmente ci si pone, ovvero cosa ha portato le grandi maison di moda ad aprirsi a queste nuove richieste del mercato di moda; continueremo con l’illustrare il tipo di iter che porta alla creazione di un capo sportivo, il tipo di ricerca richiesta, per arrivare a comprendere cosa sia lo sportswear oggi per Saint Laurent. Il quinto capitolo verrà utilizzato per illustrare il mio ultimo laboratorio di progettazione, partendo dalle fonti iconografiche fino ad arrivare ai capi finiti e allo shooting, passando per la scelta dei materiali, si cercherà poi di approfondire e di allargare il progetto, grazie ai nuovi strumenti derivanti da questo breve scritto.

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In questo elaborato ritroveremo molte volte termini quali après-ski, sportswear, skiwear, Space Age che elenco qui sotto, dando una breve descrizione e contestualizzazione rispetto all’epoca in esame: Après-ski: si riferisce alla pratica della frequentazione di locali di svago tipici dell’ambiente sciistico in cui consumare aperitivi, ballare e socializzare, a seguito di una giornata passata a contatto con gli impianti sciistici. Tale frequentazione si materializza nelle baite e nei rifugi, che prendono l’omonimo nome, come ad esempio, Après-ski a Ischgl, dove gli sciatori hanno ritrovo a seguito dell’ultima pista, solitamente in tenuta sportiva, o con abiti sempre tecnici ma più confortevoli, come, appunto, i doposcì Moonboots al posto degli scarponi, e cappellini in pile in sostituzione del casco. La pratica del ritrovo successivo alla performance è ricollegabile all’epoca in cui lo sci diventa uno svago e, con il crecere delle permanenze di lunga durata nelle località di montagna, si trova del tempo da spendere con gli amici della discesa. La pratica della settimana bianca diventa più frequente con l’arricchimento del secondo dopoguerra. Quindi, ma avrà sicuramente più sviluppo tra gli anni Sessanta e Settanta. Logicamente, parlando di un ambiente rilassato nel quale passare del tempo in compagnia di amici, con il termine après-ski, possiamo immaginare un momento particolarmente mondano, una sorta di trasferimento ad alta quota del rito dell’aperitivo, ed è quindi facile collegarlo all’ambito moda, allo sfoggio dell’ultimo grido dell’attrezzatura sportiva al posto degli abiti di tendenza. Sportswear: con tale termine indichiamo utilizzo di abiti adatti all’attività fisica. Storicamente, dobbiamo questa parola alla terminologia americana della moda, che fino agli anni Trenta riportava la parola divisa in due parti, riferendosi ad uno stile vestimentario più rilassato ed adatto alle necessità delle donne moderne. Sebbene inizialmente era un tipo di abbigliamento sicuramente ispirato dagli sportivi, esso entra molto velocemente e sempre più spesso nella vita di ogni giorno, riferendosi non solo agli abiti studiati per una determinata attività fisica, quanto piuttosto alla loro versatilità e praticità. Skiwear: una sottocategoria dello sportswear legato all’ambito sciistico, come dice il nome stesso e quindi caratterizzato da specificità tipiche dell’abbigliamento tecnico, come può essere, ad esempio, una buona tenuta al freddo e impermeabilità. Space Age: detta in italiano Era Spaziale, si intende il periodo della storia contemporanea che muove i suoi passi dall’esplorazione spaziale e dagli sviluppi culturali e tecnologici che seguirono la corsa allo spazio dopo la metà degli anni cinquanta del Novecento. Negli anni Sessanta la Space Age entra anche in abito culturale, venendo assorbita dal design, dalla moda, dall’architettura, dal cinema e dalla letteratura, per creare un total-living futuristico. Ski-Glam: come dice la parola stessa, unione dello sci al glamour, cioè l’abbigliamento sciistico in voga. È un termine tipicamente utilizzato dalle riviste di moda sin dagli anni Sessanta, soprattutto nei servizi fotografici interessati a riportare le ultime tendenze della moda di montagna e le creazioni degli stilisti che ci si avvicinarono.

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Lavorando su tali temi spero di poter concludere questo elaborato piĂš conscia del lavoro che il sistema moda ha avviato per poter arrivare ad accedere alle tecnologie che oggi la mia generazione ha a disposizione, e di poter dire con certezza che un tale processo di ricerca, innovazione, immissione nel mercato di nuovi prodotti, non si potrĂ arrestare, dal momento che nuovi agonisti cercheranno costantemente di migliorare le loro performance, e nuovi acquirenti che chiameremo “sciatori amatorialiâ€? o vacanzieri, saranno sempre curiosi dell’ultima tendenza per la settimana bianca. Come sportiva e studente di design di moda, infine, spero vivamente che questo ambito, che a volte sembra essere visto come una sorella minore della moda, e che spesso viene allontanato per la paura del fisico massiccio e sportivo che gli agonisti orgogliosamente sfoggiano, venga totalmente sdoganato dai futuri designer, e che essi stessi abbiano sempre fame di scoperta e di innovazione, pronti a risolvere nuove tematiche di performance e sicurezza durante la discesa, consapevoli e orgogliosi dei passi avanti fatti rispetto al secolo scorso.

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CAPITOLO I Après-ski tra metà anni Sessanta e metà anni Settanta

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1.1 La moda di montagna nell’era spaziale Gennaio 1969, Vogue Italia pubblica il servizio Slalom di moda, Vacanze nulla Neve, nel quale Barry Lategan ritrae la modella Moira Swan nelle pose del tempo, vestita di tutto punto per la più chic delle settimane bianche. Si legge: “sulla neve vincono il rosso-neon e la pelle nera” o “sulla neve vincono le tute lucide e i guanti a zampa”. Nel servizio compaiono abiti di grandi stilisti del tempo, quale Walter Albini, la casa di pelletteria Gherardini, mescolati agli scarponi firmati Italo Sport e i bastoncini forniti da Lella Sport. Sono immagini iconiche, che propongono un abbigliamento semi spaziale, facendo sognare al pubblico, specialmente alle fashion victims, di sfrecciare tra le piste di Cortina o Chamonix con pantaloni in pelle pregiata e duvet imbottiti dai colori sgargianti. È un’idea di sport futuristica che nasce in un’epoca totalmente assorbita dal sognare e creare un futuro spaziale, la Space Age degli anni Sessanta. La ricerca dei paesaggi extraterrestri, l’amore per l’universo incognito di Odissea nello Spazio e la voglia di dinamicità e velocità, si concretizza nelle tute da sci, surrogati di tute per lo spazio, e trova luogo nelle piste da sci delle località più alla moda, che diventano interpretazione concreta dei paesaggi lunari, con l’aggiunta di una nota chic. Lo sci diventa simbolicamente uno sbarco sulla luna (con l’arrivo in vetta) e di contemplazione della terra dall’alto, seguita poi da una gloriosa discesa verso il suolo terrestre. L’abbigliamento, che in questi anni si è giovato delle nuove tecnologie – introduzione del nylon impermeabile in sostituzione del cotone, dell’ovatta in sostituzione della piuma e la nascita del nylon bielastico per le performance agonistiche – diventa più egocentrico, evidente, lucido, colorato, come per materializzare l’idea di abbigliamento extraterrestre e futuristico. Altro fattore sicuramente importante che ha aiutato questo principio di dropdown dello sportswear e di apertura ad un pubblico più vasto, è sicuramente la nascita del ready to wear, ovvero la nascita di linee di pronto moda che sovrastano sin da subito il su misura; la capacità di industrializzare e standardizzare il processo di produzione degli abiti favorisce l’avvicinamento del pubblico ora non più elitario, che, superato l’ostacolo budget per l’abbigliamento, inizia a concedersi la pratica dello sci. Nascono in questo periodo marchi sportivi come Colmar, Belfe, Rossignol, Adidas, Ellesse, Gruber, Samas, e punti vendita sempre più forniti, come Lella Sport, superando l’orizzonte artigianale.

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1.2 Space age Tra nuovo stile futuristico in campo di design e influenze pop, assieme ai nuovi traguardi spaziali raggiunti tra gli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta – nel 1961 Jurij Gagarin primo uomo nello spazio, e successivamente la missione nel 1969 dell’Apollo 11 – e con il veloce sviluppo culturale dell’epoca, nasce nel pubblico una forte volontà di scoprire e di costruire un futuro e un conseguente total-living fantascientifico, dando luogo all’Era Spaziale. Molti architetti, designer, registi contribuiscono a creare questo immaginario rappresentando l’inizio di una modernità progressista e creativa. Questa nuova corrente trasforma gli ambienti in astronavi, le forme morbide e tondeggianti prendono il sopravvento su quelle squadrate del decennio precedente, e il materiale per eccellenza è la plastica, ideale per superfici lisce, uniformi e prive di asperità. Si sogna la luna e si desidera portarne un piccolo pezzo, anche se totalmente fittizio, sulla terra. In architettura ne sono esempi eloquenti Les Choux de Créteil a Parigi e le Futuro Houses, futuristici chalet di montagna realizzati in pannelli in vetroresina agganciati su una struttura in acciaio, progettati nel 1968 dall’architetto finlandese Matti Suuronen. Si diffondono i collage di Super Studio, che creanoimmaginari utopici e straordinari, classificabili come “extraterrestri”. Nelle sale cinematografiche pellicole come la precedentemente nominata 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick o Luna Zero Due (1969) di Roy Ward Baker, hanno veramente “sbarcato il lunario” consce di mostrare ciò che il pubblico vuole vedere e vivere. La società si avvicina più che mai al concetto di velocità e dinamismo, da quello degli shuttle che attraversano lo spazio a quello dell’industria, sempre più pronta a rispondere alle richieste della società. È degno di nota l’esempio architettonico del Palais Bulles a Théoule-sur-Mer, vicino a Cannes, costruita dall’architetto ungherese Antti Lovag; questa costruzione allude a una sorta di colonia marziana, poiché creata da sfere classificabili come una ricostruzione di luoghi craterici; il Palais Bulles venne comprato nel 1990, a seguito del decesso del proprietario, da Pierre Cardin, designer di punta dell’Era Spaziale, sottolineando il forte desiderio di creare un “total-living” che superasse non solo le epoche e l’ambito vestimentario, ma che arrivasse anche a toccare tutte le sfere della vita quotidiana.

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CAPITOLO II Ski Glam

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2.1 Vacanze spaziali, i designer della Space Age e lo skiwear Durante questo periodo anche le maison di alta moda si creano un loro immaginario futuristico. La sofferente Parigi riceve una ventata di aria fresca grazie al lavoro di designer quali Pierre Cardin, Paco Rabanne e André Courrèges, che concepiscono capi ispirati all’Era Spaziale, aprendosi ai nuovi materiali e volumi. In questi anni nuovi miniabitidai colori accesi in vinile vengono indossati da modelle che diventano, grazie al trucco e parrucco, eroine marziane scese sulla terra. Zip giganti e bottoni in plastica diventano tema di progetto per i designer; si comincia a lavorare sull’unisex, sulla tuta in maglia che dona ampia liberà di movimento, sui colori a contrasto e sugli inserti colorati dalle forme fluide. Questi nuovi guru della moda extraterrestre che hanno aperto al futuro sono quegli stessi stilisti che si avvicinano allo sportswear invernale, proponendo le prime collezioni per le settimane bianche.Il pubblico sente la necessità di mostrare questa nuova ventata “d’aria spaziale”, anche negli abiti tecnici, iniziando a sostituire gli obsoleti codici vestimentiari alpini in favore di un abbibliamento ergonomico. Le tecnologie tessili e i materiali sempre più all’avanguardia per l’attrezzatura sportiva, si avvicinano in modo naturale al nuovo design dell’Era Spaziale. Pierre Cardin nell’inverno del 1971 propone una collezione da montagna, fotografata e pubblicata nel novembre dello stesso anno sulla rivista Elle France, che vede l’entrata in scena di balaclava in maglia bianca ( in sostituzione a caschi da astronauti?), dolcevita color rosso vivo e berretti imbottiti e trapuntati, che ricordano non solo le protezioni delle tute da sci di livello agonistico, ma anche i tubi delle tute spaziali. Nello stesso numero di Elle la copertina riportava le parole “Hiver: la mode pour le vent, le froid et la niege” pubblicherà un servizio con gli scatti dei capi di Cardin. André Courrèges precedendo il collega, nel 1969-1970 presenta a Parigi Couture Future una collezione invernale nella quale troviamo acessori in maglia come si può notare dalle grandi manopole in maglia indossate dalle modelle - giacche arancioni con inserti di pelliccia, tute aderenti, bataclava colorati rigidi che diventano strutture rigide che ricordano un casco da astronauta, e moonboots. Per la collezione viene girato un breve filmato che come colonna sonora ha la stessa composta da Piero Piccioni per il film Camille 2000 diretto da Radley Metzger, pellicola italiana girata nel 1969. Le modelle, muse appena atterrate sul suolo terrestre, vengono riprese mentre vagano con le mani sospese e il passo lento tra fili bianco ottico pendenti dal soffitto, quasi a ricordare una camminata in un paesaggio nevoso. Se il concetto di sci è qui ancora in parte velato, nascosto dietro abiti più da après-ski, la collezione dell’autunno inverno del 1972 non lascia ombra di dubbio, Courréges propone tute da sci e accessori in vinile con inserti in maglia contrastante azzurra. La grande differenza rispetto alla collezione precedente sta sicuramente anche nell’introduzione dello spandex. Già da tempo inserito nel campo dello skiwear, guidato da un grande amore per lo sci e per lo sport.

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“… he understood that it wasn’t just him that wanted to move like that and have that freedom, but that women wanted to be on the street, that they wanted to change and they wanted to change on the beach, or skiing.”

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Anche Pucci lavora sull’immaginario della montagna. Nel dicembre del 1965, su Vogue America, viene pubblicato un servizio per gli abiti sciistici di Pucci scattato da William Klein, che verrà stampato nel gennaio del 1965 anche su Vogue Italia: comodi pantaloni in jersey, preziose giacche in velluto con le riconoscibili stampe dello stilista, maglioni a righe sono indossati elegantemente da modelle in una specie di posa ginnica, come se stessero facendo stretching prima di scendere in pista: è bene notare che per Emilio Pucci lo sci era stato il vero e proprio trampolino di lancio verso il mondo della moda: nel 1947 il designer aveva proposto una tuta da sci disegnata personalmente per una amica intima. L’immaginario di Pucci avranno ampio respiro in ambito sciistico tra gli anni Sessanta e Settanta, poiché le nuove tecnologie, e la sempre più richiesta esuberanza di colore da parte della clientela, si trovano in pieno accordo con lo stile e la grafica del marchio fiorentino.

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2.1 Quality sportswear: Il caso di V de V Esplorando tale tema non si può non parlare del caso del marchio V de V, fondato dalla designer e giornalista Michèle Rosier, nel 1963. Figlia della fondatrice del magazine di moda Elle, Hélène Gordon-Lazareff, Michèle Rosier si avvicina prima all’editoria di moda per poi fondare negli anni Sessanta la sua casa di moda sportiva, il cui il cavallo di battaglia è l’abbigliamento che porti in sé un estetica e una funzionalità degna di una donna tanto attiva quanto attenta alle tendenze. “Credo che nello sportswear ci sia la più grande libertà”. Vêtements de Vacances, abbreviato, V de V, segna l’evoluzione dell’abbigliamento sportivo poichè diventa uno dei primi machi ad utilizzare il vinile come materiale utilizzato nelle tute da sci, sovente imbottito di ovatta. La casa di moda si distingue e diventa fondamentale per la storia dello skywear per l’invenzione dello smock elastico, sostituiendo il cotone. All’inserimento di questo nuovo materiale in poliestere consegue il soprannome della designer, ovvero Plastic Queen.“

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“Michèle Rosier imagine des collections de prêt-à-porter, c’est une autre perspective de la mode. Elle a participé à la démocratisation du vêtement. Ce n’est pas de la couture, ce n’est pas un vêtement de représentation. C’est un vêtement qui fonctionne. Elle a été attentive aux attentes des femmes de cette époque, qui sont de la génération du mouvement, de la liberté. Sa pensée englobe tout un mode de vie.” “Michèle Rosier immagina delle collezioni prêt-à-porter, è un’altra prospettiva della moda. Lei ha partecipato alla democratizzazione della moda. Non si tratta di couture o di abiti da rappresentazione. Lei si preoccupa di un tipo di abbigliamento che sia funzionale. È attenta alle richieste delle donne di questa epoca, che fanno parte di una generazione in movimento, libera. Il suo pensiero ingloba tutto un modo di vivere.”

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Il lavoro avanguardistico di Michèle Rosier aveva come scopo finale quello di non far sembrare più le donne “dei pacchetti di cotone”, come lei stessa le descriveva. Prima di lei, la palette applicata ai capi era tendente ai colori cerulei e spenti, quelli più accesi erano destinati esclusivamente agli abiti da sera, e non immaginata per lo sport. L’utilizzo del vinile fu sicuramente un’intuizione geniale della designer: in primo luogo era impermeabile, ed essendo un materiale sintetico, spesso veniva doppiato di vernici elastiche o colorato chimicamente, dando quindi una gamma di vivaci colori molto più ampia rispetto ai tessuti organici. L’avanzamento tecnologico dei nuovi materiali si sposa perfettamente con l’epoca nella quale la designer disegna: l’utilizzo di questi permette un abbassamento del prezzo (tipico delle linee prêt-à-porter) e un’apertura ad un pubblico maggiore, oltre che una maggiore riproducibilità. La designer capisce in anticipo la versatilità di questi materiali dotati di elasticità, o cerca soluzioni per renderli tali. Come detto precedentemente, a Rosier viene attribuito il primo utilizzo dello smock elastico, tecnica che ha rivoluzionato il capo d’abbigliamento sportivo, e in particolare quello adatto allo sci, poiché l’introduzione di bande elastiche ha reso il capo nel contempo impermeabile, aderente e confortevole. L’idea dello smock elastico distrugge l’idea di “su misura”, poiché il tessuto assume la facoltà di essere parzialmente “espandibile”, e quindi adatto a più corpi, a più donne. Michèle Rosier è stata precursore della tendenza per l’abbigliamento sportivo che si sarebbe configurata tra gli anni Sessanta e Settanta, ed è inconfutabile il fatto che a lei sono debitori tutti i designer che si sono affacciati a tale ambito.

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“Elle aime le fait que le vinyle brille au soleil mais qu’il soit aussi beau sous la pluie, quand les gouttes d’eau se posent dessus. Sa vision est très poétique. Mais c’est également parce que cela se nettoie d’un simple coup d’éponge. Elle marie à merveille esthétique et praticité.” “Lei ama il fatto che il vinile brilli sotto il sole, ma che sia bello anche sotto la pioggia, quando le gocce vi si posano sopra. La sua visione è poetica. Ma [lei ama questo] anche perché tale materiale si pulisce con un solo passaggio di spugna. Lei sposa a meraviglia estetica e praticità.”

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CAPITOLO III Ski Glam prima Ski Glam ora

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3.1 Il confronto con il contemporaneo: Chanel La forza con cui l’abbigliamento di montagna è entrato nell’immaginario della moda ha eco sino ai giorni nostri e ne porta evidentemente la memoria, ne è un chiaro esempio la collezione prêt-à-porter FW 2001-2002 di Chanel diretta da Karl Lagerfeld. La maison francese focalizza la collezione sull’aprèsski, introducendo il concetto di luxe-sportwear, moda griffata in modo evidente per la settimana bianca. Vi sono alcune comunanze con l’epoca della Space Age e del suo approccio al mondo della montagna: prima fra tutte, l’utilizzo di padding ovvero di imbottiture trapuntate che diventano inserti negli outfit proposti da Chanel e sicuramente debitrici delle tute agonistiche da slalom dalla metà anni Sessanta alla metà anni Settanta, quando le protezioni alle giunture venivano integrate e cucite sul capo piuttosto che essere un accessorio staccato. Chanel ne trae una forte ispirazione, superando la loro funzione protettiva e arrivando a renderle abbellimento e tema di progetto dei capi in collezione. Una seconda associazione è la presenza di entrambi i sessi nella collezione: in passerella sfilano sia l’uomo che la donna, ricordando l’iniziativa di Pierre Cardin, che aveva proposto, in Cosmo Corps, le tute unisex. Anche i passamontagna sono un tema che ritorna in scena, rigido, tanto da delineare una curva propria, semi staccata dalla testa. Il caso di Chanel guarda sicuramente alla storia del passato, ma unendola al moderno: come spesso avviene nelle collezioni della casa, si lavora sul logo, l’iconica doppia C, trapuntata sui capi, messa in evidenza e stampata su snowboard, sci, tracolle fluffy. Il logo ha per questa collezione una doppia funzione: in primo luogo pone il compratore in una certa fascia sociale, manifesta le sue possibilità economiche e i suoi gusti in ambito moda,in secondo luogo il logo allude alle patch degli sponsor tipiche delle tute degli sci club, riflettendo sunque sull’appartenenza a un gruppo di persone accomunate da due interessi principali: la moda e la montagna.

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3.2 Le collaborazioni: Pucci per Rossignol In epoca moderna diventa più importante la collaborazione della casa di moda con l’azienda di abbigliamento tecnico, motivo riconducibile alla estrema specializzazione in tale ambito da parte delle aziende sportive con le quale le maison di alta moda non possono generalmente competere. Se tra la metà degli anni Sessanta e Settanta il massimo della tecnologia sportiva stava nell’utilizzo di imbottiture e nylon, oggigiorno le esigenze degli sportivi hanno elevato l’asticella delle aziende di abbigliamento tecnico, che si ritrovano a confrontarsi con problematiche di performance agonistica sempre più complicate e specifiche. Tale specializzazione rende complicato il rapporto all’interno della stessa casa sportiva tra moda e performance: la collaborazione diventa quindi un buon compromesso per poter bilanciare le due parti. Ne abbiamo un chiaro esempio con il caso di Pucci, che dal 2006 per due anni di fila, ha fatto sposare la propria estetica all’altissima tecnologia delle tute di Rossignol, marchio francese specializzato in abbigliamento alpino. Le iconiche stampe sono state applicate a tutta la produzione di Rossignol, creando un connubio tra altissima prestazione e il riconoscibile marchio di fabbrica della casa fiorentina. Contemporanea, tecnica e femminile, la nuova linea skiwear ha bilanciato perfettamente la ricerca di design e tecnologica con l’utilizzo di materiali estremamente leggeri e resistenti alle diverse condizioni climatiche. Gore-Tex, Soft Shell e Polartec hanno dato vita a pantaloni e giacche con una vestibilità più aderente, inserti in materiale stretch per un look più contemporaneo. Maglieria Premium Knit realizzata con filati misto cashmere, seta e lana merino in tinta unita si è mischiata con i colori forti di Pucci, creando un connubio perfetto tra sport e moda.

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CAPITOLO IV Dalla teoria alla pratica: il tirocinio come banco di prova

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4.1 Chez Saint Laurent Nel settembre 2018 ho avuto l’opportunità di iniziare uno stage della durata di sei mesi presso la casa di moda Saint Laurent Paris. La decisione d’intraprendere questo interessante percorso come stagista all’estero mi ha convinta a posporre la mia laurea di qualche mese, e posso affermare che lavorare qui è stato, oltre che un grande onore, un’importante occasione per testare le mie competenze ancora in piena evoluzione come debuttante designer, dandomi inoltre la possibilità di riflettere sul ruolo che riveste lo sportswear oggi per le grandi case di moda. Sono stata inserita in quello che in Italia chiamiamo Ufficio stile, più specificatamente nella sezione ready-to-wear donna, eho lavorato come assistente per il settore tailleur-sportwear. Il principale compito del mio team è stato quello di creare e proporre i capi più costruiti e sartoriali, come, per la sezione tailleur, la giacca, icona di Saint Laurent, e per la parte sportswear, i bomber; la sezione sportswear in particolare sviluppa i capi di carattere più dinamico, adatti alla vita di tutti i giorni, secondo l’immaginario della maison. Lavorare con il team tailleur-sportwear è stata l’occasione perfetta per approfondire in prima persona il tema principale della mia collezione finale e per poterne vedere un concreto sviluppo, partendo dalla ricerca della silhouette fino alla scelta dei materiali: ho avuto così la possibilità di conoscere meglio i tessuti tecnici, il loro utilizzo (sempre rispettoso degli standard della casa di moda e dell’universo Saint Laurent ), di comprendere meglio la quantità di richiesta da parte del pubblico acquirente di questa sezione relativamente nuova del brand, di approfondire la conoscenza dei materiali che compongono la base di un pezzo sportswear, e, soprattuto, di capirecosa sia lo sportwear per Saint Laurent oggi; ho potuto riflettere sulle motivazioni per cui al giorno d’oggi una moda più casual e sportiva si fa spazio anche tra le creazioni di YSL, brand che, con il suo archivio, a primo impatto, potrebbe sembrare fin troppo lontano dallo sportswear per poterne giustificare l’avvicinamento.

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4.2 Da Rive Gauche a Saint Laurent Paris: lo sportswear di Anthony Vaccarello Analizzando i punti salienti della storia della maison per la quale ho lavorato - sia che si ricerchi nei libri di moda in mano a noi studenti di design o nell’archivio all’indirizzo di Bonneuil - risulta chiaro e volutamente ben sottolineato che a scrivere una delle pagine più importanti di questa casa è sicuramente la nascita di Yves Saint Laurent Rive Gauche, conosciuta anche come Rive Gauche, fondata nel 1966, data che pone l’inizio di un prêt-à-porter adatto a donne di giovane età. Monsieur Yves Saint Laurent - come ancora oggi gli ormai anziani couturiers del terzo piano dell’atelier 24 che hanno avuto l’opportunità di lavorarci assieme lo chiamano con solenne rispetto - fonda la propria casa di moda che porta il nome del luogo nel quale lavora, ovvero la sponda sinistra di Parigi, a sud della Senna. Le linee di Monsieur Yves Saint Laurent diventano il must-have parigino, linee eleganti e fresche, adatte alle giovani Sessantottine, che cercano uno stile curato ed emancipato allo stesso tempo, ripudiando l’hautecouture in favore di un capo pronto da provare in boutique, spazzando via la logica del periodo di preparazione, taglio, cucito, in favore di un vestito scelto, pagato, piegato e messo in un sacchetto e, soprattutto, pronto per il primo utilizzo dal minuto dopo essere uscito dalla boutique. Lo stile Saint Laurent diventa in breve tempo “virale” in Europa: famosa è la foto del settembre del 1969, nel giorno dell’inaugurazione della boutique di Londra, che ritrae Betty Catroux, Yves Saint Laurent, e Loulou de la Falaise. La proposta di Yves Saint Laurent che, seguendo le richieste della nuova giovane cliente, propone capi pronti, da scegliere tra le tirelle del negozio sembra aver risposto alle esigenze del suo tempo, poichè è una moda che accontenta tutte (per la vasta scelta) e in poco tempo (per la presenza effettiva in negozio del capo acquistabile). Gli abiti sono colorati, comodi sebbene sempre “en vogue”; Rive Gauche diventa il via libera per camminare a passo svelto tra le strade di Parigi in minigonna, stivali fino al ginocchio, o semplicemente in pantalone e giacca con taglio rider. Chiarito, anche se in breve, l’apporto che Rive Gauche con la sua linea prêt-à-porter ha dato alla storia della moda, non è difficile comprendere il nesso che vi è tra Saint Laurent e linee sportswear, sotto le nuove DA. I passaggi delle varie direzioni artistiche dopo il congedo di monsieur Saint Laurent hanno portato la maison non solo a cambiare nome e iniziali - sotto la direzione artistica di Hedi Slimane, dallo storico YSL (Yves Saint Laurent) a SLP (Saint Laurent Paris) - ma anche l’immagine donata al pubblico. Oggi gli ultimi défilé stanno portando in scena più teddy (bomber), jeans, giacche rider, magliette stampate, maglieria basica, staccandosi dall’opulenza della couture parigina. Dopo Hedi, nell’head quarter storico, la maison ha deciso di fare spazio concretamente al team dei designer che curano tali capi, rendendo quindi reale ed evidente la loro importanza anche in sfilata. La linea sportiva oggi conta due senior designer, quattro junior e due stagiste, che curano più o meno per ogni collezione, il quaranta percento dell’inventario finale; ovvero quasi quattrocento pezzi su un totale di ottocento, suddivisi tra giacche, pantaloni, gonne, camicie, cappotti (se prendiamo come esempio la SS19 o la futura FW19). E’ evidente che questi capi non sono più considerabili come laterali o minoritari all’interno di SLP, contando inoltre che, parlando di vendite, sono i pezzi che pesano maggiormente nel bilancio finale. Mettendo in relazione questa nuova visione del mercato della moda e le preferenze dei compratori con la novità portata dalla stessa casa di moda tra gli anni Sessanta e Settanta, appare evidente che Rive Gauche e le linee sportive SLP sono le due risposte date in tempi storici diversi alle necessità del pubblico, specchio di una società in mutamento, con la sola differenza di una linea maschile presente nelle collezioni di Anthony Vaccarello (odierno direttore creativo della maison YSL), rispetto alla unica linea femminile di Monsieur Yves Saint Laurent.

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E’ interessante notare che anche la logica dei fittings dei capi sportivi ha fatto nascere nuove questioni: se prima era il designer a decidere, adesso ci si avvale della modella, alla quale si pongono domande come “tu te sens à l’aise?”, ovvero “ti senti a tuo agio (in questo capo)?, o chiedendole direttamente di provare a posizionare la mano dentro una ipotetica tasca, per capire se il braccio stia comodo. Ho notato che ancora più che in passato, è diventato importante il parere di chi indossa, il designer sportswear deve considerare i movimenti corporei che unfuturo compratore farà per poter creare qualcosa di veramente confortevole e adatto ad ogni giorno, senza dare per scontato che il potere dell’etichetta possa ammaliare il pubblico, che per un prezzo così elevato, pretende di ricevere qualcosa all’altezza delle aspettative.

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Muoversi da una visione della moda più conservatrice di Rive Gauche, sebbene vicina all’ottica giovanile, verso una radicalmente più versatile, ha sicuramente portato YSL all’attenzione dei media, dai giornali di moda, alle pagine di Istagram come Diet Prada, fruitore strumenti mediatici capaci si smuovere maree mediatiche e di porre la spada di Damocle sopra temi riguardanti le case di moda e i loro cambiamenti. E’ inevitabile parlare delle critiche che sono state spesso mosse dalla stampa riguardo alla scelta di dare, soprattutto dopo la direzione artistica di Hedi Slimane e di Anthony Vaccarello, maggiore importanza alle linee sportswear. Molti hanno parlato di direttori creativi che abbandonano il design in favore un lavoro di solo styling, piuttosto che veri e propri creatori di moda, giudicando come “troppo basiche”, troppo “viste e riviste già per strada”, addirittura “prive di ricerca” le ultime collezioni. Ovviamente sono commenti di chi può vedere solamente la superficie, il prodotto finale che arriva in passerella, o i servizi fotografici, e sono senza dubbio influenzati dalla presenza di “ambassadors”, ovvero figure particolarmente influenti dei nostri giorni, VIP che diventano veri e propri porta stendardi del brand, scelti, soprattutto nell’ultimo periodo, tra lo scenario rap (Travis Scott), e hollywoodiano (Zoe Kravitz). Lavorando nel retroscena, tra i mesi di affanno alla ricerca dei tessuti perfetti, gli “sdifettamenti” di prototipi e le teline , ci si rende invece conto che alla base di questo cambiamento non vi è la mera commercializzazione del prodotto Saint Laurent Paris, ma piuttosto il profondo mutamento del metodo di ricerca e di sviluppo in ambito moda. I capi Saint Laurent Paris, a differenza di Rive Gauche ricercano un’ideale di confort ancora più deciso e ancora più fluido (parlando di genere). Anchela scelta del tessuto ha risentito di tale cambiamento, poiché adesso la maggior parte dei tessuti utilizzati sono tecnici, impermeabili, compatti, resistenti al tempo, a discapito delle sete e delle maglie lavorate del passato. Si può giungere alla motivata conclusione che la casa di moda abbia mantenuto una forte coerenza con i punti salienti della ricerca del fondatore, poiché entrambe le direzioni artistiche hanno rivolto l’attenzione alle necessità e gusti del compratore, proponendo soluzioni da scegliere tra una grande quantità di possibilità. Parlando, infine, di numeri, si può vedere l’evoluzione in crescendo della maison, poiché una collezione come la Prefall, particolarmente importante a livello di vendita, conta al momento dello show-room più di novecento capi, tra accessori, tailleurs, capi sportswear.

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CAPITOLO V Rivetta Hut - progetto finale

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Sebbene abbia deciso di porre il capitolo riguardante il mio progetto finale, seguito con il professor Arthur Arbesser, alla fine di questo elaborato, la ricerca di foto d’inspirazione sulla montagna e dello ski glam, sono state il primo passo verso la decisione di approfondire queste tematiche per il mio elaborato finale. Il tutto inizia da casa mia, a Schio, piccola città del vicentino situata ai piedi della montagna, dove lo sport ad alta quota è un passo propedeutico per ogni giovane scledense, una sorta di iniziazione alla comunità e ai suoi valori. Io sono la quinta di cinque figli e la mia famiglia è particolarmente legata allo sport e all’attività fisica, i nostri genitori ci hanno messo gli scarponi e buttati giù per le prime piste all’età di quattro anni, convinti che affrontare la paura della discesa fosse un passo da compiere il prima possibile. Non posso mentire, i ricordi che ho dello sci non sono sicuramente i più dolci: la sveglia delle cinque del mattino, quando ancora fuori sembrava notte, il doloroso addio al tepore delle coperte per trascinarsi in cucina a fare colazione, il prurito della calzamaglia, i capelli elettrici subito dopo essermi infilata il pile, la nausea nel salire in alta quota affrontando mille tornanti, le mani congelate per il freddo, sono sicuramente esperienze e sensazioni che temprano una giovane anima di pochi anni. Sebbene i pianti e le lamentele, oggi guardo all’esperienza dello sci come necessaria alla persona che sono oggi: ho imparato durante gli anni degli allenamenti il valore del gruppo, dello sforzo e della dedizione allo sport; ho potuto inoltre apprezzare i miei territori, potermi ritenere fortunata di avere a pochi chilometri dalla mia città piste invidiate da tutta l’Europa. Gli anni sono passati, la vita ci ha portato lontani dagli allenamenti agonistici e lo sci è diventato un hobby da condividere con la famiglia e con gli amici durante le vacanze di natale. Dalla montagna mi sono spostata alla laguna, iniziando il corso di Design della Moda a Venezia, percorso universitario che prevede alla conclusione dei tre anni il laboratorio finale, durante il quale noi studenti di moda possiamo spaziare verso gli ambiti che più amiamo per poter arrivare alla creazione di una collezione di otto silhouettes coerenti con il nostro universo di ricerca. Parlare di sci era dunque cercare riflettere sulle mie origini, e un buon metodo per poter vedere se, anche sotto delle discutibili calzamaglie color panna, esiste una radice non lontana dalla passerella o dal set.

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5.1 Guardaroba invernale Mia madre ha conservato una buona parte della nostra attrezzatura sportiva, un po’ per nostalgia dei tempi andati, un po’ perché “non si sa mai, magari i bambini - riferendosi ai figli di mia sorella maggiore - ne avranno bisogno”. Tra gli oggetti salvati uno in particolare è stato fondamentale per il mio progetto: un gilet il lana fatto a mano da una amica di famiglia, che solitamente usavo sopra il pile. L’ho ritrovato tra i cassetti della “roba da montagna”, e con un occhio più allenato al design rispetto a quando lo indossavo, ho potuto apprezzarne particolari sui quali non mi sono mai soffermata a riflettere. Questo maglione è una maglia rasata con un ricamo a rombo disposti orizzontalmente nei colori bianco e giallo alternati, un tipo di disegno che si ritrova con estrema facilità nei maglioni invernali. Poterlo ricreare con la mia gamma di colori è stato un modo divertente per poter portare in collezione un oggetto che spesso è presente nelle mie foto in baita.

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Il piccolissimo gilet a rombi mi ha dato la possibilità di scoprire il mondo alla maglieria, punto fondamentale per la mia collezione, ho potuto ricercare punti differenti, mischiare colori assieme, lavorare su altri tipi di rombo, o cercare di estrapolare nuove fantasie da immagini d’ispirazione.

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Il motivo del gilet è poi stato utile per lavorare su un altro tema importante per questo progetto, ovvero il tessuto trapuntato. Ispirata da differenti immagini di puffer imbottiti dai colori brillanti, ho iniziato a cercare un motivo che potesse essere coerente a livello visivo. Dopo differenti test fatti con la mia macchina da cucire domestica, si è scelto il motivo a rombi fatto con un filo fosforescente e punto incrociato. Il tessuto è creato con l’unione di tre differenti strati, una ovatta trapuntata tra due tessuti muffenti tra loro, all’esterno un vinile nero, all’interno un tessuto impermeabile nero, necessario per facilitare il movimento del tessuto sotto la macchina.

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SK IW EA R


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Tra gli accessori salvati ci sono poi dei guanti muniti di nocche. I rinforzi di pelle rossa hanno inevitabilmente attirato la mia attenzione dandomi l’opportunità di lavorare con la pelle, poter riflettere su come “tirarla” nel modo giusto perché essa rimanesse in forma. L’acqua calda ammorbidisce la pelle, rendendola malleabile, mentre l’aceto rende il materiale rigido dopo essersi seccato. È stato anche interessante lavorare su un tipo di cartamodello nuovo, potendo affiancarlo coerentemente alla collezione.

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CONCLUS IONI

Lo sportswear si muove al passo con i tempi e con la moda. Come si è visto, il concetto di sportswear non rimane confinato nel campo prettamente sportivo, ma diviene un modo di vestirsi intelligente, adatto per un soggetto pronto alla vita urbana, piena di stimoli ai quali il corpo deve rispondere, aiutato dai capi che indossa. Lo sdoganamento dello sportswear e l’avvicinamento dei livelli tra le varie linee viene sottolineato dalla sua entrata e dalla crescente importanza all’interno delle collezioni portate in passerella: non si può più parlare di sorelle minori della moda, di linee laterali che accontentano solo una parte dei compratori di un determinato brand, bensì di una miscela (non ancora omogenea, sia chiaro) tra la storia di quel brand e le necessità della moda di oggi. Tale realtà però, non deve essere interpretata come un abbassamento del concetto classico di moda, una perdita di importanza segnata dal disinteresse da parte delle case di moda a mantenere una linea esclusivamente alta (e perciò quasi inaccessibile) ma deve essere vista come un felice avvicinamento del designer al pubblico con una nuova visione dello studio creativo, che ora si pone nei panni del compratore, immagina come il compratore, vive come il compratore e, soprattutto, si immedesima nelle sue necessità. Lo sportswear è una moda ragionata e strettamente legata al reale, non più semplicemente “immaginata” e con velleitarie ambizioni di essere unica e irraggiungibile. È, infine, positivo pensare che lo sportswear oggi sia uno dei prodotti finali derivanti dall’evoluzione della moda, una conseguenza logica alla volontà di emaicipazione dai capi che imgabbiano il corpo in favore di una moda più vicina all’esigenza di muoversi nel moderno.

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CREDITS Modelli Francesca Filippi Alice Manzardo Alessia Menara Lucia Romare Fotografia Alessandro Settenvini Concept Elisabetta Bandolin

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NOTE 1

C. Pucci, Pucci, Koln, Taschen, 2010 pag. 158

L. Kamitsis, Michèle Rosier, Editions du Regard, cit. in C. Thoreau, La styliste Michèle Rosier, reine du vinyle, s’est éteinte à l’âge de 86 ans, in Les Inrocks, 05/04/17. Url: https://www.lesinrocks.com/2017/04/05/style/la-styliste-michele-rosierreine-du-vinyle-sest-eteinte-lage-de-86-ans-11930115/ 2

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Ibidem


BIBLIOGRAFIA Sarah E. Braddock, Marie O’Mahony, SportsTech. Revolutionary fabrics, fashion and design, London, Thames & Hudson, 2002 Maria Luisa Frisa, Mario Lupano, Stafano Tonchi, Total Living, Milano, Charta, 2002. Alessandra Arezzi Boza, Vanessa Friedman, Pucci, Koln, Taschen, 2010 Elisabeth Längle, Pierre Cardin: fifty years of fashion and design, London, Thames & Hudson, 2005 Valerie Guillaume, Courrèges, New York, Assouline, 2004 ——————, Mutations, mode 1960:2000. Musée Galliera, Musée de la mode de la ville de Paris, catalogo della mostra di Parigi, Museo Galliera, 01 04 200030 07 2000, Paris Musées, 2000. Elena Fava, Vestire contro, Il dressing design di Archizoom, Milano, Mondadori, 2018 Roberto Gargiani, Archizoom associati, 1966-1974: dall’onda pop alla superficie neutra, Milano, Electa, 2017 Catherine Ormen, All About Yves, Londra, Laurence King Publishing, 2017 Lydia Kamitsis, Michèle Rosier, Parigi, Éditions du Regard, 2016

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SITOGRAFIA Chloé Thoreau, La styliste Michèle Rosier, reine du vinyle, s’est éteinte à l’âge de 86 ans, Les Inrocks, 5 aprile 2017, https://www.lesinrocks.com/2017/04/05/style/la-styliste-michele-rosierreine-du-vinyle-sest-eteinte-lage-de-86-ans-11930115/ Frédéric Martin-Bernard, Michèle Rosier, disparition de la pionnière du sportswear, 5 aprile 2017, http://madame.lefigaro.fr/style/disparition-de-la-styliste-et-cineaste-michelerosier-050417-130820, Abby Aguirre, What Emilio Pucci and Steve Jobs Had in Common, 19 settembre 2014 https://www.vogue.com/article/emilio-pucci-steve-jobs-reed-college Annamaria Sbisà, Sci anni ‘60, 27 marzo 2012, https://www.vogue.it/trends/ieri-eoggi/2012/03/stile-sci#ad-image177137 A.G.Nauta Couture, Paloma Picasso, the seventies IT girl inspired YSL “Scandal Collection”, 29 giugno 2014,https://agnautacouture.com/2014/06/29/paloma-picasso-the-seventies-it-girlinspired-ysl-scandal-collection/

FILMO GRAFIA Camille 2000, Radley Metzger, 1969 Odissea nello spazio, Stanley Kubrick, 1968 Luna Zero Due, Roy Ward Baker, 1969 Snowballin’, Roger Cardinal, 1971 Charade, Stanley Donen, 1963 The Pink Panther, Blake Edwards,1963 Skifaszination, Willy Bogner, 1966

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UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA DICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA’ O NON CONSULTABILITA’ DELLA TESI (da inserire come ultima pagina della tesi/elaborato finale)
 Elisabetta Bandolin 283524 Il/La sottoscritto/a .................................................matr. n. ................... Il/La sottoscritto/a .................................................matr. n. ................... Il/La sottoscritto/a .................................................matr. n. ................... Design della moda e arti multimediali laureando/a/i - diplomando/a/i in ......................................................... terza 2018/2019 2017/2018 sessione .............................. dell’a.a. .............................

DICHIARA/DICHIARANO che la sua/loro tesi dal SUPER SKI titolo: ....................................................................................................... ...................................

.................................................................... è consultabile da subito X

20/03/2019 potrà essere consultata a partire dal giorno .......................

non è consultabile (barrare la casella della opzione prescelta) firma ........................... data .......................

firma ........................... firma ...........................

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