Arianna Pardi_Roberta Siciliani_Elisa Trapani 1
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presentiamo tre diversi esempi, che evidenziano tre diverse sfumature della stessa tematica; indagheremo non tanto le cause dell’abbandono, quanto come è stato colmato tale vuoto.
MEMORIA DELL’ABBANDONO 3
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Sentiero della libertĂ
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Sentiero della libertĂ
La strada umbro-casentinese che passava a pochi metri da Molin di Bucchio e da circa un kilometro dalle localitĂ : Serelli, Vallucciole, Monte di Gianni, Casa Trenti, Moiano, Moriccia e Giuncheto , nel 1944 era divenuta per i tedeschi molto importante essendo una alternativa valida per raggingere Firenze e la Romagna senza percorrere il passo della Consuma, troppo conosciuta e sottoposta a continui mitragliamenti. Molin di Bucchio era un complesso di poche case lungo la riva sinistra del fiume , poi oltre la strada provinciale, entrando nel bosco, si trovavano gruppetti di povere abitazioni abitate da contadini e pastori. In quei fitti boschi manovravano fitte formazioni di partigiani ed erano state intensificate le attivitĂ di rastrellamento e spionaggio per appurare dove le suddette si muovevano e si rifugiavano.
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Strage di Vallucciole
“ Il martedì i partigiani uccisero due tedeschi a Molin di Bucchio. Le donne ci raggiunsero sul posto ove eravamo a lavorare e ci informarono dell accaduto dicendoci di non tornare a casa fino a sera [...] ci informarono che i tedeschi erano andati fino a Serelli, che avevano frugato nelle case, forse in cerca di armi, ed erano partiti senza prendere niente, stringendo le mani ai presenti, ed informandoli che il giorno dipo ci sarebbe stato un attacco contro i partigiani abitanti di Vallucciole potevano stare tranqulli, che a loro non sarebbe successo nulla [...] e invece [...] [...] la mattina dopo il rastrellamento ebbe inizio a Giuncheto [...] presero tutti. Bruciarono case, ammazzarono donne e bambini, quanti ne trovarono! Gli uomini furono costretti a portare pesanti cassette di munizioni sulle spalle : chi non ce la faceva più veniva gettato a terra con una spinta e uciso con un colpo di pistola. [...] Ad ogni casa che incontravamo la scena si ripeteva: uccidevano donne e bambini, risparmiando gli uomini che dovevano traspostare le munizioni, bruciavano le case...” Testimonianza tratta da “Partigiani in Casentino e Val di Chiana” di R.Sacconi
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Moiano di sopra 10
Allora ci portarono prima del ponticino, dove si prendeva la strada per andare a Vallucciole e c’era tutti lì,..., c’era tutti i soldati......, chi andava in su, chi andava in qua, chi andava in là, e c’era uno che ci disse: “Non buono stare qui, - ci prese la mano.....- non buono stare qui.”[...] “Mamma buttati per terra”. Urlai. Ci andai per terra ...ci andarono in terra però morti. Io rimasi... non lo so... non lo so perchè son viva non lo so. [...] ..... e me non mi presero, c’era anche uno scoglio, poi picchiai il capo, ho ancora un bozzolino lì ..... ferma così... perchè avevo paura che mi sparassero alle gambe. Perchè dico la verità. Di morire non la sentivo. Cercavo proprio di salvarmi. E dopo, capisco mi svenni. “Era primavera anche a Vallucciole nell anno 1944” G.Vessichelli
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Moiano di sopra 12
In occasione del 60° anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo ad Arezzo e nella sua Provincia, “La casa del vento” ha dedicato un disco alla memoria dei partigiani e delle genti cadute in quel tempo, ma è anche dedicato alle ragazze e ai ragazzi affinché si formino in loro sensibilità in merito a giustizia, diritti ed equità. Contro la guerra e le guerre. E’ un disco che vuol far capire che anche la nostra terra sia stato luogo della sofferenza, della fame, del sangue. Sangue a cui la televisione odierna ci ha fatto abituare e che ci ha fatto credere che comunque questo dolore sia qualcosa di sempre lontano, sia temporalmente sia geograficamente. Invece i nostri padri e i nostri nonni hanno ancora dentro i segni della distruzione. Raccontiamo allora l’impegno e la scelta antifascista di ragazzi giovanissimi che dissero no all’ingiustizia, al delirio propagandistico dei guerrafondai fascisti, per i diritti dei popoli. La canzone n°4 del disco: ”Alberi, rami e foglie” parla della strage di Vallucciole–Stia, dove alberi, rami e foglie simboleggiano gli uomini, le donne e i bambini uccisi il 13 aprile ’44.
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Erano alberi rami e foglie Non si volevano piegare E ogni anno il 13 aprile Si parla di un temporale Erano alberi grandi e forti Alberi con calli alle mani Erano alberi resistenti Con radici verso il domani Erano alberi in mezzo al vento Che non volevano cadere Erano alberi onesti e forti Forti delle memorie Erano rami dai capelli lunghi Che sorreggevano dalla fame Erano rami che dondolavano CosĂŹ le foglie potevan dormire Erano rami che proteggevano le proprie foglie con amore Erano rami che difendevano Il loro nido dal dolore Erano alberi,rami e foglie Non si volevano piegare E ogni anno il 13 aprile Si parla di un temporale Erano foglie appena nate Con molte cose da scoprire Le prime foglie di primavera E occhi grandi per giocare Erano foglie con piccole bacche E molte cose da domandare Erano foglie per il futuro Cadute in un temporale “Alberi rami e foglie “ _Casa del vento 14
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Museo en plein air
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Museo en plein air
Il centro abitato attuale, noto anche come Gibellina Nuova, è sorto dopo il terremoto del Belice del 1968 in un sito che in linea d’aria dista circa 11 km dal precedente. Il vecchio centro, è oggi noto come Gibellina Vecchia. Dopo il terremoto del 1968 e le devastazioni, fu lentamente avviata la ricostruzione del paese. Per la ricostruzione della cittadna l’ex sindaco della città Ludovico Corrao ebbe l’illuminata idea di “umanizzare” il territorio. Il progetto visionario di trasformare la tragedia in occasione di riscatto morale; decidendo pertanto di invitare alcune tra le più importanti voci della pittura, della scultura, del teatro, della musica e del letteratura a lavorare tra le macerie. La collezione d’arte contemporanea di Gibellina si forma attraverso il contributo di numerosi artisti fra i più importanti del panorama nazionale ed internazionale. Come per esempio Alberto Burri, Francesco Venezia, Mimmo Paladino, ma anche Leonardo Sciascia e molti altri che decisero di partecipare gratuitamente all’iniziativa.
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Topografia del Trauma_Arata Isozaki_Collasso, rovine e riscostruzione: il ruolo dell’arte, dell’architettura e dell’uomo.
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La città divenne subito un immenso laboratorio di sperimentazione e pianificazione, in cui artisti e opere di valore rinnovarono lo spazio urbano secondo una prospettiva innovativa. Importante sottolineare il tono utopico del progetto, in quanto ribalta il convenzionale concetto di museo, antropizzandolo. La forza di questa ambizione sta nell’idea “rivoluzionaria” di operare restando sempre legati alla dimensione umana; uscire dallo schema forzato platea/palcoscenico; ogni artista solo interagendo col luogo, la sua storia dal forte passato e i suoi abitanti può lasciare delle nuove traccie. L’operazione è un processo in continuo divenire, non pretende di essere protagonista arrestando il flusso degli eventi, bensì di accrescerlo in una diversa prospettiva. Una differente maniera di ricordare; come afferma Leonardo Sciascia all’indomani del sisma: dare una nuova speranza a un popolo di «tenace concetto».
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Grande Cretto_Alberto Burri _1985-1989 22
“Andammo a Gibellina con l’architetto Zanmatti, il quale era stato incaricato dal sindaco di occuparsi della cosa. Quando andai a visitare il posto, in Sicilia, il paese nuovo era stato quasi ultimato ed era pieno di opere. Qui non ci faccio niente di sicuro, dissi subito, andiamo a vedere dove sorgeva il vecchio paese. Era quasi a venti chilometri. Ne rimasi veramente colpito. Mi veniva quasi da piangere subito mi venne l’idea: ecco, io qui sento che potrei fare qualcosa. Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di quest’avvenimento. Ecco fatto! “ (Alberto Burri, 1995)
Cretto di Burri_ciò, più che una scultura: “è un paesaggio scolpito”. L’unico luogo in cui Alberto Burri sentì la necessità di creare qualcosa fu proprio lo stesso luogo in cui le forze violente delle terra avevano sentito la necessità di sprigionarsi. Sono trincee sinuose, che rispettano l’antico tracciato delle vie e degli incroci. Sembra di sentirli ancora, i pianti di migliaia di cortei funebri, tra le pareti lisce, fredde, immacolate del cretto. Dall’alto l’opera appare come una serie di fratture di cemento sul terreno, il cui valore artistico risiede nel congelamento della memoria storica di un paese.
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Teatrino all’aperto e giardino segreto_Francesco Venezia 24
“Uno degli scopi del nostro lavoro di architetti è di opporre una certa resistenza al rapido esaurirsi della ragione pratica che determina la costruzione di un edificio. Suscitare un tempo nascosto che resista al tempo del suo uso e che sia in grado di conferirgli nuove valenze estetiche persino nel caso estremo in cui l’iniziale funzione, esauritasi, sia incomprensibile, o che l’edificio stesso sia stato dal tempo o da eventi traumatici ridotto a rovina.” (Francesco Venezia)
Architetture F. Venezia_ ”architetto della memoria” la sua poetica architettonica si concilia alla perfezione con le richieste implicite al luogo di Gibellina. L’esigenza di un’architettura come immagine significante, che sia evocativa di ricordi legati alla memoria del luogo, aperta al dialogo fra passato e futuro, in divenire ma connessa con le sue radici. Scaturisce qui l’ideologia della rovina, immagine atemporale capace di suscitare sentimenti immortali, il mito, il gusto del “sublime”. La rovina (così come il monumento) è pertanto allegoria di un principi più alti a cui tendere. Nata dall’onnipresente interrogativo umano intorno a concetti che possiamo solo sfiorare.
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L’utopia è tale poichè pura, è irrealizzabile quindi nella realtà, dove necessariamente bisogna scendere a compromessi con l’economia, la cattiva politica e la non-cultura. “Questo meraviglioso sogno è stato costantemente alimentato da Corrao, fino alla sua tragica morte, un omicidio consumato nell’estate del 2011. Ma ora rischia di dissolversi. Gibellina crolla in mille pezzi. Per oggettivi problemi finanziari. Per incuria. Per ignoranza. Negli ultimi tre anni il contributo della Regione Sicilia - necessario al funzionamento della struttura, alla manutenzione delle opere, agli stipendi dei dipendenti del museo, alla programmazione del Festival delle Orestiadi, alle mostre, alle residenze per gli artisti, alla didattica e alla sede distaccata di Tunisi - è stato dimezzato.” Vincenzo Trione_Corriere della sera Molte opere necessitano di consolidamento e restauro, poichè degradate: dall’esposizione agli agenti atmosferici, e purtroppo anche ad opera dell’uomo.
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Le Orestiadi che si svolgono ogni anno dal 1981, un festival internazionale con manifestazioni 27 che vanno dalle rappresentazioni teatrali a quelle musicali, dalla pittura alla scultura, al cinema.
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Borgo Cicladico nella cittĂ
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Borgo Cicladico nella cittĂ
L’ultima proposta in oggetto affronta il tema in una maniera differente, qui non vi è un abbandono causato da un trauma quale può essere lo sterminio di una popolazione (per cause di uomini, come nel primo esempio, oppure per cause naturali, come nel secondo), bensì suddetto trauma è causato da una scissione. Nella prima metà dell’ 800, con Ottone I primo Re di Grecia, operai originari dell’isola di Anafi (ultima isola dell’arcipelago delle cicladi) per le loro abilità nell’arte del costruire vennero chiamati ad Atene per realizzare il palazzo reale e attuare la rimessa in ripristino dei luoghi sottostanti l’acropoli, un tempo fulcro classico della città e in successivamente divenuti quartieri popolari turchi. Tali uomini sradicati dalla loro isola natale, sentirono la necessità di ricostruirsi un ambiente che gli ricordasse casa. Da qui nasce il quartiere di Anafiotika, dalla necessità di colmare la nostalgia di un ambiente familiare con un’illusione.
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L’inconscio rimpiange il bello, mitizzando un ricordo e tutto il resto è oblio. 32
Il quartiere è un vero e proprio borgo indipendente contenuto in una città con cui nulla ha in comune. Oggi visitandolo è estremamente suggestivo sotto vari aspetti: sia considerando il contrasto con l’attuale Atene (città “parassita”), implementato dalla sua vista che si espande finché dura lo sguardo e finché non trova delle barriere naturali tutto intorno, inglobando tutto ciò che incontra. Sia per il fatto che appare come un nucleo indipendente, l’architettura è difforme da ogni altra nell’arco di chilometri (poiché è tipica delle Cicladi) il tempo scorre con una diversa velocità com’è tipico nei paesi, le persone si incuriosiscono nel vedere un turista e accorrono timidamente e con diffidenza per studiarti come se fossi un alieno, ed in fin dei conti è ciò che sei, ma se ti fermi a parlare loro coordialemente di daranno il benvenuto nel proprio quartiere.
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Un orgoglio nostalgico continua a mantenere viva questa malinconica illusione. 34
Un altro fatto impressionante è che nonostante sia passato ormai un secolo e mezzo dalla prima “migrazione” di abitanti da Anafi, le persone che vivono ad Anafiotika mantengono ancora la memoria di ciò che fu, delle proprie origini, della propria terra natale. Un’orgoglio nostalgico (e anacronistico) che continua a mantenere viva questa malinconica illusione. Ancora per poco forse, perchè la ricerca delle comodità contemporanee stà minando l’equilibrio di questo piccolo e fragile ecosistema, così come accade per molti altri.
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Mare al mattino Fermarmi qui. Per vedere anch’io un po’ di natura. Luminosi azzurri e gialle sponde del mare al mattino e del cielo limpido: tutto è bello e in piena luce. Fermarmi qui. E illudermi di vederli (e davvero li vidi un attimo appena mi fermai); e non vedere anche qui le mie fantasie, i miei ricordi, le visioni del piacere.
Θάλασσα του Πρωιού Εδώ ας σταθώ. Κι ας δω κ’ εγώ την φύσι λίγο. Θάλασσας του πρωιού κι ανέφελου ουρανού λαμπρά μαβιά, και κίτρινη όχθη· όλα ωραία και μεγάλα φωτισμένα. Εδώ ας σταθώ. Κι ας γελασθώ πως βλέπω αυτά (τα είδ’ αλήθεια μια στιγμή σαν πρωτοστάθηκα)· κι όχι κ’ εδώ τες φαντασίες μου, τες αναμνήσεις μου, τα ινδάλματα της ηδονής.
Konstantinos Kavafis
(1915)
Meglio di noi esprime il poeta Konstantinos Kavafis a riguardo di questo complesso tema: il distacco, la conseguente nostalgia non solo di un luogo in senso oggettivo, ma soprattutto per la parte intangibile, di vite, emozioni, ricordi. Qui vi è una doppio inganno della mente, il primo è il miraggio di un luogo inteso come vita passata e ormai perduta; all’interno di questa visione a sua volta troviamo la seconda illusione causata dalla nostalgia, ovvero il ricordo stesso. Quest’ultimo non è obbiettivo, la memoria è selettiva dei piaceri, l’inconscio rimpiange il bello, mitizzando un ricordo e tutto il resto è oblio. La verità è persa, un ricordo nostalgico non pretende di essere reale, è fantasia. Ipoteticamente tornando al luogo rimpianto questo ci deluderà, perché la sua forza non sta nella realtà, ma nel significato che per noi esso assume. Quindi nella concatenazione di inganni vi è una conseguente doppia disillusione: la prima evidente, la seconda indissolubilmente legata all’esistenza della precedente.
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Il quartiere è un vero e proprio borgo indipendente contenuto in una città con cui nulla ha in comune. 39
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Fonti fotografiche pag_6 bing maps pag_8 “Partigiani in Casentino e Val di Chiana” R. Sacconi pag_15 http://static.panoramio.com/photos/large/15152919.jpg pag_18 bing maps pag_20 http://www.trapanioggi.it/wp-content/uploads/2013/01/Terremoto_Belice_2_TpOggi.jpg http://meteoterremoti.altervista.org/blog/wp-content/ uploads/2013/01/terremoto-bellice.jpg http://www.turismo.trapani.it/immagini/ext/GIBELLINA/ GIBE_00_TERREMOT_003.jpg http://ttworkshop.files.wordpress.com/2010/08/el_71. jpg pag_22 http://www.alfiogarozzo.it/categoria-viaggi/ sicilia-gibellina/gibellina-vecchia-il-cretto-di-burri-7421. jpg pag_24 http://s3.amazonaws.com/europaconcorsi/ project_images/1361909/Salemi-teatro9_full. jpg http://s3.amazonaws.com/europaconcorsi/project_images/1361934/Teatro_full.jpg http://www.turismo.trapani.it/immagini/nrm/GIBELLINA/ GIBE_00_GIRDSEGR_011.jpg pag_27 http://www.archimagazine.com/nnonaamaci1_max.jpg pag_30 bing maps pag_32dx http://i1.trekearth.com/photos/66068/ plakajpg.jpg pag_39 http://upload.wikimedia.org/wikipedia/ commons/b/b5/Anafiotika-1.jpg Fonti bibliografiche pag_9 “Partigiani in Casentino e Val di Chiana” R. Sacconi pag_11 “Era primavera anche a Vallucciole nell anno 1944” G.Vessichelli pag_14 “Alberi rami e foglie “ Casa del vento pag_23 Alberto Burri, 1995 pag_25 Francesco Venezia pag_26 Vincenzo Trione_Corriere della sera pag_37 Konstantinos Kavafis_Mare al mattino
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