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L’ORA DI RELIGIONE

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UFFICI TURISTICI

UFFICI TURISTICI

Lo Sguardo

Quando faccio lavorare dei giovani “urbani” nell’orto mi accorgo che non vedono. Non vedono la distinzione tra le erbacce e la verdura buona. Non colgono le differenze del terreno e le presenze viventi. Peggio ancora riescono a cogliere se si tratta di distinguere le radici delle erbacce, da eliminare accuratamente lavorando in profondità. Quando si va per funghi avviene la stessa cosa: ci sono persone che non vedono il fungo nemmeno quando ci passano sopra. Quando si tratta di prendere la rana sul fondo del fosso, distinguendola da sassi e altre cose, è peggio ancora.

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Queste tre esperienze sono metafora di una questione spirituale fondamentale, onnipresente nel Vangelo. È la questione dell’occhio per vedere, che c’è o non c’è. L’occhio è la lucerna con cui l’uomo illumina la realtà che incontra. Ma se l’occhio è tenebroso, quanto è profonda la tenebra interiore!

Tali semplici esperienze ci insegnano che quest’occhio viene dal di dentro, non dal di fuori. Se non si è capaci di vedere non si è in grado di cogliere nemmeno l’evidenza.

La fede non è chiudere gli occhi per saltare nel buio. La fede è apertura degli occhi. I miracoli di Gesù che restituisce la vista ai ciechi hanno tutti questa profonda valenza simbolica. Per la mentalità ebraica dell’epoca il cieco era tale in quanto castigato dei suoi peccati, e se era nato cieco era tale per i peccati dei genitori. Gesù ribalta dal di dentro questa mentalità: la fede supera il peccato riaprendo gli occhi ai ciechi, come annunciato dal profeta Isaia. È necessario allora far nostra la preghiera del cieco: “Signore, Figlio di Davide, fa che io veda!”

La visione cristiana non è la visione magica, che rincorre apparizioni e segni esteriori, cose mirabolanti da vedere e personaggi eclatanti da seguire. Gesù raccomanda di non seguire chi dice “Eccolo qui! Eccolo là!”. La visione cristiana viene dal di dentro, e coglie nell’umiltà del quotidiano la Presenza dell’Altissimo. Noi vediamo un sacco di cose, troppe. In questa società dell’immagine siamo sommersi da una valanga audiovisiva, addirittura privilegiando quantitativamente e qualitativamente le visioni virtuali su quelle reali. Collezioniamo immagini apparentemente sensazionali che poi nemmeno noi riusciamo a riguardare tutte e a ricordare. E anche quando le registriamo in noi, il nostro è un vedere superficiale. Guardiamo come spettatori che non vengono posti in questione nella loro vita. Vediamo spettacoli che non ci imprimono un senso e scivolano senza caratterizzarci. Coltiviamo la nostra umanità senza imprimere un carattere e senza riunificare un’identità.

Questo vale anche per la religione. Vedere Gesù e la Chiesa in questo modo, in fondo non ci dice nulla, non segna profondamente la nostra vita. Con tristezza vedo che sono sempre meno le persone cui Gesù di Nazareth dice qualcosa di profondo. Faccio mie le parole di un amico defunto, p. Silvano Fausti, che si chiedeva se qualcuno intorno a lui, qualcuno di quelli che incontrava, si preoccupasse e si appassionasse per quel Vangelo che riempiva di senso la sua esistenza.

Molti sanno che c’è Gesù, che c’è un Vangelo, ma è un Vangelo che non segna, che non conta, che non parla, che scivola alla superficie. Vivendo superficialmente nell’effimero, l’eterno diventa insignificante. Eppure l’effimero apre un vuoto di significato e innesca una forsennata ricerca di riempitivi.

Quando diventa significante l’annuncio del Regno? S. Agostino diceva che questo avviene quando l’uomo rientra in se stesso, e nel proprio cuore trova la sorgente degli interrogativi profondi che generano dalla Verità. Ci sono momenti della vita in cui questo avviene comunque, magari per un attimo, anche al più superficiale degli uomini. È importante questo nascere delle domande anche quando non ci sono delle risposte. Le domande scavano l’interiorità e la aprono alla luce dello Spirito che è la lucerna del corpo e dell’anima e consente di ritrovare nell’umiltà della carne la rivelazione della Presenza.

L’occhio che illumina perché rischiarato dallo Spirito è lo sguardo capace di trovare, tra le mille cianfrusaglie da rimirare e consumare, la perla preziosa e sacrificare tutto per averla in tutta la sua bellezza.

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