E' Mattanza

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UniversitĂ degli studi di Firenze DIDA a.a.2012-2013 scuola di Architettura corso di laurea Magistrale in Architettura anno accademico 2012-2013

Ăˆ Mattanza

progetto Eloisa Mazza relatore Michelangelo Pivetta correlatore Luca Barontini


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Tonnara del Secco 2013

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A voi papĂ e mamma, forza e amore, ali della mia vita.

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Indice All’ombra del Monaco: poesia di Cristoforo Cusenza Racconto di San Vito Tonnara ro Siccu Paria nu Paisi: “contadini del mare” di De Seta Masserie del mare Vita in tonnara È Mattanza: Nuova ciumara di terra U bagghiu - area didattica Vuoscu - sala conferenze A Corti - museo Casa re patruna - alloggi U iardinu Celle Pozzo di ricerca

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A li muntagni Pizzu Monacu e Munneddu

Alle montagne Pizzo Monaco e Mondello

Chi era cuntentu lu Munneddu

Com’era contento il Mondello

ci dicia: Sugnu nicareddu però haiu la terra bona e sugnu riccu.

gli diceva: Sono piccolino però ho la terra buona e sono ricco.

E tu, Munneddu, senza ciriveddu affenni sempri a mia, testa i cazzu, la me muntagna auta è terra sicca, però haiu la giummarra e sugnu riccu.

E tu, Mondello, senza cervello offendi sempre me, testa di cazzo, la mia montagna alta è terra secca, però ho la palma nana e sono ricco.

E tu siddu ‘un chiovi e mala annata t’arresta ‘a ucca asciutta e campi sempri disperata e jò cu annata sicca sugnu sempri riccu.

E tu se non piove ed è cattiva annata resti a bocca asciutta e campi sempre disperato e io con una annata secca sono sempre ricco.

Inveci ci rispunni lu pizzottu: “Mi canusciti a mia chi sugnu bassu però ci rugnu spassu ò cacciaturi chi ‘n capu di mia si veni assittari”.

Invece gli risponde il Pizzotto: “Mi conoscete a me che sono basso però do spasso al cacciatore che sopra di me si viene a sedere”.

Pigghia ‘u cunigghiu chi ci fa piaciri e ‘n casa si lu va a mangiari Inveci ci rispunni li puzzidda: “Mi calculati a mia comu rimarra!”.

Piglia il coniglio che gli fa piacere e in casa se lo va a mangiare Invece gli risponde il Puzzidda: “mi considerate come fango!”

Ma c’eranu ‘i fratelli Perainu ‘i Santuzzi chi aviunu l’acqua frisca e boni frutti.

Ma c’erano i fratelli Perainu e Santuzzi che avevano l’acqua fresca e buoni frutti.

E ora ci rispunni lu cucucciu: “A mia mi calculati comu pazzu picchi cu’ jia a rubbari ‘un era giustu, passa sutta di mia e jò l’ammazzu”. Ora arrispunni lu pizzu a sedda: “Jò sugnu ‘na muntagna veru larga, rugnu a manngiari a tanti picara e supra di mia si fannu ‘a vita bona”.

E ora gli risponde il cucuzzolo: “A me mi calcolate come pazzo perchè chi andava a rubare non era giusto, passa sotto di me e io lo ammazzo”. Ora risponde il pizzo a sella: “io sono una montagna veramente larga, do a mangiare a tante pecore e sopra di me si fanno la vita buona”.

Ora vi ricu a tutti stari uniti beddi cuntenti e nun vi, sciarriati, fustu criati, ognunu ò vostru postu e aviti tutti ‘u friddu e lu ridossu.

Ora vi dico a tutti state uniti belli contenti e non, litigate, Foste creati, ognuno al vostro posto e avete tutti il freddo e il riparo.

Cristoforu Cusenza scrivi ù passatu di quantu così ha’ vistu e conosciutu e li fa cu sentimentu veru e si li scorda dopu mortu ò cimiteru.

Cristoforo Cusenza scrive il passato di quanto così ha visto e conosciuto e lo fa con sentimento vero e se li scorda dopo morto al cimitero.

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Racconto di San Vito Monte Monaco si eleva, in preghiera con le mani giunte e in ginocchio, a 532 m di altezza sul livello del mare, nella costa occidentale della Sicilia. Sovrasta il promontorio di Capo San Vito con a occidente il Golfo di Macari e a oriente la Riserva dello Zingaro e il Golfo di Castellammare. Rivolto verso la città di San Vito lo Capo che sorge in questo frammento di terra, abitato già ottosu una terra intrisa di religiosità e credenze che hanno tracciato la storia di questi luoghi. Il Paese sorge attorno al Santuario di San Vito che fu lì martirizzato nel 299 d.C. , ora patrono della città.

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A poche centinaia di metri dalla frana, oggi contrada Valanga, che nasconde il mistero di Conturrana, sorge la cappella dedicata a Santa Crescenzia, costruita dagli ericini nel XVI secolo: la tradizione vuole che qui si trovassero Vito e la sua nutrice quando l’ira divina distrusse il villaggio. Le persecuzioni subite da Vito, che morì nel 299 d.C., indussero alla costruzione della cappella a Lui dedicata intorno al 300 d.C.. Divenne presto un luogo di pellegrinaggio e, dove prima non vi era nulla, vi sorse un santuario nel 1400 per accogliere i pellegrini. I miracoli accreditati al Martire San Vito e alla Santa Crescenzia, le punizioni “divine” che colpirono diversi corsari che avevano saccheggiato la chiesa, richiamavano la gente attorno al santuario. sa-fortezza nasceva il paese. solo dalla costruzione nel 1800 del ponte Biro che permise l’attraversamento di profondi valloni, contaminazione con quelle importate dai pescatori di altra provincia. Infatti, per quasi duecento anni il paese è stato isolato dai centri della provincia con cui s’intrattenevano i rapporti commerciali.

1. Pietro Messana, Anna Maria Precopi, Silvia Scarpulla, Il tesoro del Santuario di San Vito Lo Capo, Meeting point 2000.

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La vita scorreva grama ma serena, nonostante il paese fosse molto povero. Le case molto piccole si condividevano con gli animali da cortile. Si viveva con poca disponibilità di prodotti alimentari e la pesca rivestiva notevole rilevanza per l’economia e le tradizioni, una pesca che affermava la propria sacralità. Come descritto da Antonio Cusumano: “ 2

È un territorio composto da tracce intessute nella trama impercettibile che connette il mutamento al tenace ordito delle persistenze e delle permanenze, alla città visibile si sovrappongono gli infiniti percorsi invisibili, vissuti che raccontano la vita, la fede d i u n p a e s e . Nella prefazione “La parola e l’oblio”, nel libro “il Mare e lo specchio”, Antonio Cusumano osserva: “…i

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Nella geometria delle sue strade e nelle pietre delle sue architetture, custodisce non solo i monumenti e i sibili che legano le persone nella vita quotidiana e costituiscono la trama molecolare della società.”. 3

2.3.Ninni Ravazza, il Mare e lo specchio: Antonio Cusumano, Prefazione La parola e l’oblio, Magenes, Milano 2009, 5p., 7p.

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Tonnara ro siccu Sovrastata dal Monte Monaco, a due chilometri da San Vito lo Capo, la Tonnara del Secco si trova nel Golfo del Secco così chiamato per il basso fondale. L’attività ha avuto inizio nel 1412, a seguito dell’autorizzazione concessa dal Re Ferdinando che permise la pesca del tonno nel mare Sanviquattro vasche “cetariae”, in cocciopesto, di presunta epoca romano-imperiale dove era lavorato il pesce per la preparazione del ricercatissimo e pregiato Garum, una salsa di pesce, che era esportato in tutto il Mediterraneo in anfore di terracotta. L’impianto ittico per la lavorazione del pesce è reti venivano “calate” vicino alla riva, i tonni costeggiavano le rocce dello Zingaro, passavano sotto la Torre ‘Mpisu, si gettavano sui banchi di sgombri di cui era ricco il golfo del Secco, poi seguivano espropriò i beni religiosi e nel 1865 la Tonnara del Secco fu posta in vendita all’asta e acquistata no venduti oltre che in Sicilia anche a Livorno, Napoli e La Spezia. Alla morte del Cav. Vito Foderà, ciolo. Nel 1929 La Tonnara del Secco fu ceduta in proprietà ai fratelli Giovanni e Giuseppe Plaja di Castellammare del Golfo. Dopo alcune mattanze negative la famiglia Plaja chiuse la tonnara, nel 1965.

Queste le considerazioni di Michelangelo Plaja, scritte sul diario della campagna di pesca del 1965. 4 La Valtur acquistò la Tonnara nel 1999 e nel settembre del 2006 annunciò la realizzazione in Sicilia di nuovi villaggi turistici. La Tonnara del Secco sarebbe dovuta diventare un resort con circa trecento posti letto. La Valtur ha incontrato una serie di ostacoli dovuti al progetto ritenuto troppo “invasivo”. Oggi la tonnara è in uno stato di abbandono, uno scheletro immobile che guarda in silenzio il suo mare.

4. Michelangelo Plaja, Diario della campagna di pesca del 1965.

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Contadini del Mare I Fenici, poi i Greci, i Bizantini e gli Arabi che vissero le terre e i mari della Sicilia, comprendendone e sviluppandone le ricchezze, diedero alla pesca del tonno il perfezionamento di una tecnica di caccia, scrivendo così le tradizioni degli uomini di una terra e di quel mare. Nelle Tonnare la vita dei pescatori era spartuta, divisa, tra mare e terra. La descrizione del rito della mattanza è “Contadini del mare “, 35 mm, colore, 10 min. 1956 primo premio per il documentario al Festival di Mannheim, la forza delle immagini e dei suoni, ci raccontano della mattanza. Vittorio De Seta era palermitano, regista e sceneggiatore, classe 1923. La gavetta come documentarista, e docum e n t a n d o i l m o d o d i v i v e r e d e l p r o l e t a r i a t o n e l C e n t r o - s u d d e l Pa e s e . “Contadini del mare (Italia, 1953/55, 10’,10”) documenta la pesca del tonno, antichissima usanza siciliana che si tramanda da tempo immemorabile e si compie con gli stessi rituali che i padri

commento poiché a parlare sono le persone stesse che compaiono nel corto, quegli uomini di mare che, con le loro barche, si allontanano di poco dalle coste siciliane e attendono che i tonni di una caccia millenaria fatta di sangue ribollente, di morte e di fame, di urla e di disperazione. È l’alba ed i barconi si avvicinano al punto in cui la cattura dei tonni avrà tra poco inizio. A bordo di lance e gozzi si attende il momento giusto per dare il via all’agguato mortale. Alcuni uomini, di vedetta, osservano il fondo del mare. È l’alba e i barconi si avvicinano al punto in cui la cattura dei tonni avrà tra poco inizio. A bordo di lance e gozzi si attende il momento giusto per dare il via tinto di un rosso brillante, quello del sangue dei tonni catturati. Tutto avviene con la sola forza delle braccia. Per sentire di meno la fatica necessaria ad issare le pesanti reti a bordo viene intonato un tonni imprigionati non possano scappare. Le bestie sono in trappola. Le loro lunghe pinne dorsali agitano le acque, ora bianche ora rosse. Gli uomini imbracciano gli arpioni con i quali tirano su i pesanti corpi, enormi, dei pesci catturati. Tutt’intorno solo urla, schizzi di acqua salata e sangue. colosa. Ed è già tempo di tornare. A riva c’è chi attende questi uomini dalla pelle incartapecorita da anni ed anni di esposizione ad un sole implacabile. A tramonto inoltrato si tocca la terraferma.“5 Rassegna di commenti ai Dieci corti d’autore, Articolo set 2012, Istituto LUCE.

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I pescatori intenti a tirare le reti scandiscono il ritmo dei loro movimenti e celebrano la speranza di un’abbondante pesca cantando le cialome , antichi canti che danno un ritmo cadenzato allo sforzo dei tonnaroti che si piegano a tirare nella fase dell’ assumata. E’ una pesca intrisa di sacralità, di umile speranza, è un rito fra uomo, natura e Dio.

“Nel punto in cui la rete di costa veniva “attaccata” al litorale, si materializzava la giunzione simbolica tra terraferma e mare, tra terra-abitata-da-uomini-organizzati e mare-governato-dalla-natura... tra cultura e natura.” 6 Gianluca Serra

5. Rassegna di commenti ai Dieci corti d’autore, Articolo set 2012, Istituto LUCE. 6. Massimo Lo Curzio, L’Architettura delle Tonnare, EDAS- Edizioni Dr. Antonino Sfameni, Messina 1991.

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Masserie del Mare La tipologia del baglio o masseria si sviluppò in Sicilia tra i secoli XVII e XVIII, quando la Spagna, per approvvigionarsi dei cereali, concedeva la licenza di ripopolamento ai nobili del Regno delle Due Sicilie, i quali arrivavano a fondare dei villaggi nei dintorni della costruzione originaria. Analogamente alla torre-tonnara, il baglio ricoprì, in origine, una duplice funzione difensiva e produttiva, corte agricola di tradizione mediterranea, di carattere introspettivo, un unico ingresso, costituito inferriate. Il baglio fu espressione del latifondo a economia estensiva di tipo cerealicolo. Baglio è, conformemente all’origine etimologica 7 al riparo si svolgevano le attività lavorative. Su questo spazio centrale si affacciavano i vari ambienti di lavoro: i ricoveri degli attrezzi e dei carretti, le stalle per le bestie da soma, i magazzini per le tava il padrone e la sua famiglia. I piani bassi erano adibiti all’uso abitativo dei contadini e come depositi delle provviste. Queste masserie nascono dal calcare sul quale si fonda, sotto i pochi centimetri di humus, e in dal giallo chiarissimo al grigio. Queste costruzioni sono realizzate a secco, senza malta e senza intonaco, da esperti operai contadini. La pavimentazione dei bagli, sia contadini sia signorili, è di lastre di pietra, detti “balate”, basole, o di ciottoli di pietrame posti a coltello. I tetti sono generalmente realizzati con struttura portante in legno, con capriate. Il baglio subì una profonda evoluzione con l’affermarsi di nuove istanze sociali. L’unità d’Italia condusse alla formale delegittimazione della nobiltà terriera e aprì il proscenio dell’economia siciliana alla borghesia. Al baglio-fortezza, subentrò il baglio “agro-liberista”, il nuovo baglio guardò alle zone pianeggianti poste appena al di fuori dei centri abitati. Perduta la funzione difensiva, il baglio si apriva dal punto di vista planimetrico: perdeva la tradizionale pianta quadrangolare e prendeva a svilupparsi secondo un impianto irregolare, per lo più a “L”. Inoltre, acquisiva una nuova funzione, a stoccaggio e trasformazione si aggiungeva la commercializzazione. Bagli e tonnare, luoghi della produzione messi in diretta connessione, non solo economica. Proprio dal baglio rurale la tonnara ha mutuato parte del proprio schema planimetrico e talune

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Fino al settecento le tonnare erano disordinatamente cresciute per addizioni successive, rispondenti alle necessità del momento. Dall’Ottocento le pressanti esigenze di razionalizzazione dei processi produttivi condussero alla ricerca di una forma architettonica più congeniale al perseGli architetti volsero lo sguardo ai bagli, sia quelli a pianta quadrangolare che a quelli aperti, e da lì trassero ispirazione per ridisegnare le tonnare. Le tonnare a terra avevano quasi sempre dei denominatori comuni, un’impostazione di tipo irregolare libero, di tipo tradizionale a pianta quadrancon alte ciminiere per la cottura del tonno e grandi spazi lastricati all’aperto per la stesura delle reti e lo stoccaggio delle ancore. Nelle tonnare, del Secco, di Florio, di Granitola, di Marzamemi, Scopello e Bordonaro, si ritrovano ambienti comuni, quali l’ingresso principale unico con portale, la Tizzana, cioè i magazzini di ricovero delle barche principalmente disposti in prossimità delle rampe di salita dove avveniva lo sbarco, e attigui i locali di deposito delle reti e degli attrezzi, il “U vuoscu”, bosco, il luogo dove venivano appesi i tonni a testa in giù a dissanguare, i cortili per la lavorazione del pesce con le vasche di lavorazione, e altri locali di lavorazione e di immagazzinamento, oltre alle abitazioni dei padroni distaccate dalle abitazioni della ciumara nelle tonnara del Secco e in quella di Bordonato si legge lo schema a corte tradizionale, mentre in quella di Florio, Granitola e Marzamemi ci si può riferire allo schema libero a “L”, in quella di Scopello si evidenzia un libero assemblaggio per addizioni successive.

7.“Baglio” è la traduzione italiana del termine siciliano “bagghiu”, derivante dal latino “vallum”, opera difensiva, compresa la cinta muraria, trasformato, in età medievale, in “baiulus”. Questo termine fu poi acquisito dagli arabi e trasformato in “bahal massae”, masserie, di origine bizantina. Il baglio siciliano trova nella “villa rustica” della Roma repubblicana e imperiale il suo lontano modello, che ebbe larga diffusione nelle “provinciae”, di cui quella di Sicilia fu cronologicamente la prima a essere istituita.

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Vita in tonnara Nella tonnara del Secco costruita secondo lo schema planimetrico quadrangolare del baglio-forbienti di lavoro e abitazioni, , con un alto portone d’ingresso che si apre sul baglio e dall’interno guarda sul mare, al centro si slancia la ciminiera dei forni per la cottura del tonno e le vasche sottostanti poggiano scavate in un basamento di pietra. Sul lato sud ovest si trovano i locali di lavorazione del tonno, e all’angolo la prima torretta di controllo, al centro il grande ambiente quadrangolare del bosco “Vuoscu”, seguito sul lato nord ovest dai locali di magazzinaggio e un di controllo a cui seguono, lungo il lato, altri ambienti di lavorazione e immagazzinamento per le attrezzature, il carbone, il sale e l’olio. Questi ambienti a nord-est erano collegati alla seconda corte, di forma trapezoidale nel cui lato corto, sul mare, si sviluppavano gli ambienti della tizzana con locali per gli strumenti e deposito delle reti e delle barche, realizzati con archi a sesto ribassato in pietra aperti verso il mare con quattro grandi aperture, ristrutturate negli ultimi decenni del secolo ingressi sul fronte sud-est, dove si trova la terza torretta di controllo. Gli altri due lati del trapezio rettangolo consistono in due alti e spessi muri di cui rimane solo il più lungo, unico obliquo a l’ingrandimento dell’originale caseggiato e della terrazza antistante. bordonari, proprietari di legno per la costruzione delle barche, mercanti di ferro per la fornitura di tini, dove veniva salato il tonno, e i barili, dove era poi stipato. Spesso questi lavoratori nel periodo della pesca erano soliti trasferirsi dalla loro bottega direttamente in tonnare per eseguire i lavori. Nei ricordi di vecchi pescatori si percepisce il vissuto in tonnara. Luigi Flores: “ ‘A gente dormiva nna’ tunnara, si portavano la famiglia, la sera ch’i fanali, tutti là, cucinavamo.” 8 Cristoforo Cusenza: “La mia famigghia eramu deci e stàvamo tutti dintra ‘na stadda e passavamo vita felici, basta chi china avìamu la panza.” 9

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fuori, per la realizzazione dello spissu, l’unica rete di Tonnara tessuta interamente da donne, tanto assumata lentamente dai tonnaroti negli Scieri. Dello sbarco dei tonni si occupavano gli uomini della ciumara di terra. A bordo dei vasceddi sganciato e caricato su un carrello iniziando il suo tragitto verso la buatta. Le festività religiose scandiscono i cicli di lavoro, tre principali fasi si susseguivano: - la fase di lavorazione del pescato 17 agosto-30 settembre. Giuseppe Lucido ricorda: “ Qui era truoppu bellu, paria nu paisi…” 10

8.9.Ninni Ravazza, il Mare e lo specchio: Antonio Cusumano, Prefazione La parola e l’oblio, Magenes, Milano 2009, 129p.,144 p. 10. Ninni Ravazza, Il sale e il sangue, Storie di uomini e tonni, Magenes, Milano 2007.

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Tonnara del Secco 1948

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È mattanza Nuova ciumara di terra La Tonnara si presenta come una visione del passato, nei resti e nelle testimonianze di una vitalità funzionale che pervadeva ogni ambiente, esterno e interno. Dove un tempo agivano squadre di pescatori, indaffarate donne, e l’odore del pesce e dei fumi riempiva gli ambienti, ora tutto è immobile, come in quell’unico mese di ottobre in cui la Tonnara si fermava, ora è un lungo riposo. Si percepisce però una tacita richiesta di nuova linfa rivitalizzante che scorra al suo interno, per rinascere da un mai risolto legame con il passato. Queste pietre, queste mura fortemente segnate dai loro trascorsi, si raccontano con articolazioni e sospensione temporale, non cercano di rimarginarsi e per questo bisogna ricostruire in relazione a ciò che era. È nel passato che risiedono i riferimenti da cui partire per non perdersi. Ridare valenza a un’area conservandone e valorizzandone il vissuto trascorso, riportando un contatto quotidiano con la storicità dei resti e ridare un’immagine attuale e in divenire, figlia del suo passato. L’idea è di poter sfruttare le ricchezze che questo territorio offre, mirando al prestigio di strutture e luoghi che possano convogliare interessi specialistici proiettati nel futuro, riportando il mediterraneo e la nostra isola al centro, perno nell’antichità dell’incontro guerreggiato di antiche culture, e oggi riproposto quale centro sinergico di studi internazionali forieri di pace nel “mare nostrum”, promotori di sviluppo grazie alla natura del nostro territorio. Noto in questo ambito è il Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana, nella vicine Erice, punto di riferimento per convegni scientifici internazionali. Sulla scorta di questa fortunata esperienza e molte altre, l’idea iniziatica è quella di proporre nella Tonnara del Secco lo sviluppo dell’insediamento di un centro di ricerca dedicato allo studio di nuovi sistemi di produzione di energia attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali proprie dei territori affacciati sul Mediterraneo. Al di la di un ormai evidente dato di fatto relativo alla necessità di procedere nel percorso di ricerca e sviluppo di tali tecnologie sembra quanto mai positiva l’occasione di poter integrare questo ambito scientifico-industriale con le realtà territoriali ed ambientali di quest’area. L’energia cinetica contenuta nel moto ondoso e nelle maree, gli studi relativi al “generatore a colonna d’acqua oscillante”, generatori mareomotrici “Pelamis”, sono solo alcuni esempi delle ricerche in atto a livello internazionale che anche qui potranno trovare verifica e campo applicativo in un mare ed in un ambito geografico fin qui tenuto troppo in disparte. Le linee guida iniziatiche del punto di vista del riferimento tipologico che hanno collaborato fin dalla fase meta progettuale al concepimento della struttura di ricerca, nucleo fondamentale del progetto, sono state le esperienze sviluppate per la realizzazione degli antichi sistemi claustrali monacali e come logico sia le successive declinazioni del moderno e del contemporaneo. . Se le certose e le abbazie medievali ci hanno insegnato il metodo per l’assemblaggio di strutture organizzative in grado di contenere un insieme di episodi e di realtà legati all’attività più o meno religiosa dello studio e della preghiera, condizioni che potremmo sovrapporre alle necessità funzionali

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del nostro centro ricerche, il moderno ci ha suggerito l’evoluzione di queste tematiche secondo paradigmi più prossimi alla nostra realtà contemporanea. Le Corbusier nel progetto de La Tourette percorre le regole dell’antico individuando nei retaggi di memorie della Certosa del Galluzzo le regole in grado d’intercalare gli spazi con distinte funLouis Khan nel Salk Institute, sovvertendo le categorie compositive dei sistemi claustrali, propone un moderno luogo di studio e ricerca dove non è l’isolamento dello studioso il valore da perseguire ma la continua relazione tra simili garantita da ciò che non è più chiostro ma diviene ano. La traccia insediativa della Tonnara si pone come fondamento tipologico-compositivo del progetto della nuova costruzione traendo dalle geometrie del passato l’origine della contemporaneità. L’obiettivo funzionale per il centro di ricerca è rispondere alle esigenze della nuova ciumara di terra concependo una composizione in grado di permettere e far coincidere l’attività operativa, zione contemporanea. Si prevedono locali per la didattica e l’accoglienza, locali per la ricerca, aree di svago e dormitori per ricercatori e dirigenza. Prevista anche un’area museale di richiamo alla Tonnara e un’ulteriore destinata alla ristorazione. Lo studio compositivo svolto è stato condotto dall’idea del rapporto in cui l’antico e il nuovo siano in grado di avvicinarsi senza mai entrare in contatto, affermando in continuazione la propria distinta natura e identità. tà, anzi rafforzandone di volta per volta il valore. Il ridisegno delle geometrie insite nella struttura della Tonnara ha disvelato regole geometriche taciute. utilizzando l’andamento eccezionale dell’unico muro planimetricamente inclinato che cinge a est il l’originale giardino. Nasce così la traccia per il progetto che seguendo regole già scritte si sviluppa in una successiva combinazione di corti utilizzate come riedizione tipologica della tradizione mediterranea. Tre gli ulteriori atteggiamenti progettuali utilizzati rispetto alla preesistenza. L’addizione in cui si materializzano degli elementi in funzione delle attività che devono essere svolte nell’area didattica del baglio, inscritte all’interno delle vecchie strutture come recinti del passato da cui si generano i nuovi elementi, riutilizzando i locali che un tempo erano dedicati alla lavorazione del tonno.

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locali dei padroni e del deposito barche, tizzana, in cui gli spazi sono ancora chiaramente leggibili e si raccontano, permettendo di continuarne l’utilizzo. L’ampliamento nel caso dei laboratori localizzati ad un livello sottostante il giardino e nel braccio dei dormitori che lo sovrasta. Ambienti in cui la ricerca di ombra e introspezione caratterizza lo stato di studio, lavoro e riposo, nel perseguire l’obbiettivo del benessere rifuggendo dal sole siculo nelle demarcate zone d’ombra.

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Tonnara del Secco 1907

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Locali di lavorazione del pesce 2013

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U bagghiu area didattica L’antico bagghiu, il grande cortile in cui insistono i locali di lavoro, dove si slancia al cielo la possente ciminiera, è destinato alle aree didattiche, dove in alcuni momenti i vecchi muri, come un’antica e preziosa pelle, accolgono i nuovi locali per le lezioni, la sala lettura e un’area espositiva della ricerca svolta dal centro. Gli inserimenti di nuovi setti, scale, percorsi, spazi di servizio, appaiono come accadimenti puntuali. Tra l’antico corpo di fabbrica e questi interventi non si osservano mediazioni né passaggi mimetici, bensì continui accostamenti, volendo incastonare tra le innumereoffrono ordinate come uno spettacolo da assaporare prodotto dallo scorrere del tempo. le mura, le grandi arcate e le tracce di vasche e altri elementi per la lavorazione, esprimono il loro silenzioso racconto, degno di essere ascoltato e ancora una volta vissuto. Sul bagghiu incombe il La levità dell’acciaio dipinto di bianco, penetra e si muove esaltando la matericità della vecchia Tonnara. U bagghiu diventa così un’area d’interesse pubblico, svolgendo una funzione socializzante, è collegato verticalmente alla zona bar e ristorante, che permettere un accesso diretto al ristorante anche dall’interno della Tonnara, mentre l’accesso principale è esterno fronte mare. In dedicata alle conferenze. Gesti che permettono di mantenere l’identità della Tonnara e di poterli rivivere con nuove funzioni. Come Tadao Ando alla Punta della Dogana Venezia, dove sembra compiuto l’atto di stabilire suo presente e il suo futuro.

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Tizzana, deposito barche, destinazione ristorante.

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U Vuoscu, 1920

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Vuoscu sala conferenze I locali del Vuoscu, erano adibiti al dissanguamento dei tonni, che venivano appesi a testa in giù con delle corde alle travi, una selva di pilastri e tonni sanguinanti. U Vuoscu è l’ambiente in cui il tonno passa dall’essere la creatura conquistata, cacciata con rispetto in una lotta di ruoli millenaria, in cui l’intervento pagano e presente in ogni momento della caccia, a un prodotto industriale da trattare e inscatolare. È lì che muore il tonno e inizia la produzione, il luogo di passaggio dall’animale al prodotto. Nei resti di questo ambiente si percepisce una rispettosa solennità, quasi a lasciare questo vuoto a suggerire la sua storia, si è deciso di realizzarvi all’interno l’ambiente di rappresentanza della sala conferenze, una teca in vetro e acciaio copre l’area utile e rimane immersa in questo recinto che cinge un giardino d’ulivi fra i tronchi di pietra dei pilastri rimasti. Il tema della perimetrazione del recinto è riscontrabile nell’intera struttura della Tonnara e di nuovo in ciò che rimane del Vuoscu. Come per Francesco Venezia, è l’individuazione della “linea” che segna la distanza tra una condizione esterna e una interna, assumendo quasi il peso di una “regola”, che conduce l’architetto a esplicare che lo spazio interno deriva dal distacco da quello esterno. Ungaretti ci dice una cosa: “La rovina conquista all’architettura un valore universale. L’architettura

l’altra universale, eterna.” 11

11. Francesco Venezia, Che cosa è l’architettura, Lezioni, conferenze, un intervento, Electa, Milano 2011, 15 pag.

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A Corti museo Quella che una volta fu la corte dei padroni, ha un grande portone d’ingresso che si affaccia sul mare, con la cappella di famiglia dove la domenica si celebrava la messa a cui dovevano partecipare tutti gli abitanti della Tonnara. Questi ambienti sono abbandonati e degradati, ed esprimono ancora la loro intrinseca natura e per questo s’interviene ricostruendo e consolidando lo stato attuale. Attività di tipo conservativo come nella Tonnara Florio di Favignana, oggi museo. Allo stesso modo, in questi ambienti che cingono la corte, è prevista un’esposizione museale della storia della Tonnara. Nel cortile, bagnato dal sole, si pone una copertura semitrasparente, come un velario, con l’intento è ricostruire un’atmosfera, fatta di luce filtrata. “Veli” sovrapposti che attenuano la percezione dell’esterno, suggerendo scorci e tagli d’ombra sempre diversi, realizzano un interessante sistema di luce e ombre più o meno nette, mai uguali nello scorrere del tempo. L’intervento si sintetizza in un gesto, una geometria semplice che occupa il vuoto della corte. Sulla ricchezza delle relazioni create dai ritmi delle tessiture di luce e ombre, Francesco Venezia scrive ne La Torre d’Ombre: “governa la legge della luce del sole... la luce svela agli elementi dei ritmi e delle tessiture un insieme di risposte a se stessi: la loro metà d’ombre. Si scopre così un nuovo lunghissimo “tempo” dell’architettura, il ciclo delle sue immagini d’ombre. Molteplici quanto ineluttabili, definite e ordinate, legate nel loro attuarsi prevedibile all’imprevedibile evolversi dei mutevoli equilibri dell’area”. 12 Come dice Francesco Venezia in “Che cos’è l’architettura”: “Il sole, presenza remota, misteriosa, diviene servizievole Maestro d’ombre, esecutore di un piano di esiti che noi possiamo solamente predisporre.” 13

12. Francesco Venezia, La Torre d’Ombre o l’architettura delle apparenze reali, Fiorentino, Napoli 1978. 13. Ibidem, Che cosa è l’architettura, Lezioni, conferenze, un intervento, Electa, Milano 2011, 62 pag.

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Casa re Patruna alloggi Gli antichi appartamenti vengono adibiti ad alloggio del dirigente del centro di ricerche. Nei muri compaiono, velati dal tempo, colori e decorazioni dipinte, ponendoci innanzi a una dignitosa eleganza che si articola in un labirinto di setti e corridoi alti e stretti. In queste stanze si prevede di intervenire con una ricostruzione filologica e con azioni di consolidamento dei tetti e dei solai per la maggior parte crollati. “ I muri creano silanzio ”, Luis Barragan (1902- 88) Gli affacci di queste stanze danno su una grande terrazza, la cui piatta uniformità è interrotta da lucernai che danno luce ai locali sottostanti del bar e del ristorante nella Tizzana. Da questo belvedere si ha una totale percezione dell’orizzonte sul mare e sul golfo, dove mare e cielo si fondono. La sua linearità ci proietta totalmente tra mare e cielo, nell’abbraccio del golfo, in un’immersione verso l’esterno. La terrazza si affaccia anche sulla corte padronale avendo così la visione della “tenda” che si afferma pura, inscritta nella matericità delle mura della corte. Due rampe di scale in pietra, speculari, scendono al livello inferiore, sotto un soffitto a botte. Dal lato opposto al mare gli appartamenti si aprono verso un loggiato in capriate di legno e pilastri di cotto, orientato a nord verso il giardino.

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U iardinu Quello che era il giardino, diviene un giardino per la nuova ciumara di studiosi, su cui si affacciano volumetricamente gli alloggi e nel quale è scavata la corte che dà luce ai laboratori al livello ipogeo. L’uso di un linguaggio immutabile ma sempre rinnovato, i muri piani ortogonali che giocano con i dislivelli del suolo, creando inattese profondità di campo con forti tagli d’ombra. Ricostruire il vecchio giardino, seguendone il senso e la natura, attraverso un piano lievemente inclinato che accoglie argentei, contorti alberi d’ulivo, sotto i quali riposare la mente, godere della fresca ombra sotto di essi. Il giardino è cinto dal braccio d’ombra del portico del nuovo edificio, che si costituisce come l’elemento compositivo di mediazione e distribuzione capace di fissare e relazionare gli spazi attraverso misure, dal quale si accede ai collegamenti verticali che portano al piano degli alloggi e al livello sottostante dei laboratori. Un portico sotto il quale passeggiare nelle ore più calde. Luogo ludico di ritrovo, al di fuori del pozzo di lavoro. Il giardino rimane un luogo di distensione della mente. “ Walter Gropius (1883-1969)

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1 4 . E.N. Rogers, Elogio dell’architettura, in Nel centenario del Politecnico di Milano. Conferimento delle lauree honoris causa a Aalto, Kahn e Tange, Milano, 4 aprile 1964.

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Celle Come nel Convento di Santa Maria de La Tourette, Le Corbusier, ispirato dalle sensazioni ricevute dalla visita alla Certosa del Galluzzo, in cui fu colpito dell’equilibrio di quell’ordine mentre percorprecludere, in alcuni casi, la vista verso l’esterno. Le funzioni sono espletate all’interno dei volumi puri. Ciò di cui era affascinato il maestro nella Certosa, e che cercò di garantire nel suo convento, è quella separazione tra spazio del raccoglimento e di meditazione nelle celle e gli spazzi collettivi, separazione dichiarata esternamente da una chiusura visiva delle celle e l’apertura invece delle piano tradizionale con la chiesa, spazi comuni e poi le celle. La stessa regola si opera per la progettazione degli spazi del centro di ricerca, in alto il braccio degli alloggi contiene in se le celle, per gli alloggi dei ricercatori, spazio misurato e di carattere fore minimi spazi essenziali. Distribuiti lungo l’intero braccio, si presenta come un percorso visivo lineare, attentamente indirizzato a rincorrere la linea d’orizzonte che circonda la Tonnara, dall’insulla vista del golfo quasi a toccare la ciminiera, percepita a un livello insolito e paritario. Sotto si ha il livello degli spazzi comuni, aperto verso il giardino e avvolto dalla linea d’ombra del portico. Mentre i luoghi dedicati al lavoro e alla ricerca si trovano nel livello sottostante, estraniati in racco-

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Pozzo di ricerca Incassata nel giardino si apre una corte da dove permea la luce ai locali dei laboratori Di nuovo una corte, tema ricorrente dal vecchio al nuovo disegno guida. Il piano inclinato del giardino, pensato come una costruzione poggiante sulle strutture portanti dei setti sottostanti nei laboratori, il resto dell’ambiente è aperto e suddiviso da setti di vetro per permettere una maggiore diffusione della luce. Infatti questo livello è illuminato da tagli paralleli ai collegamenti verticali e dalla corte centrale, come pozzo di luce maggiore. I laboratori hanno ingressi su tutti e quattro i lati, due con ascensori e uno che funge come uscita di emergenza. La libera divisione dei locali attraverso il solo vetro permette essere parzializzati per accogliere aree di lavoro più specifiche e appositi impianti. Il progetto degli ambienti di ricerca nasce dall’esigenza di realizzare un’area dedita alla sola ricerca, isolata da tutto ciò che la circonda e collegata ad essa solo tramite la visione di una porzione di cielo che si scorge dalla corte, unico collegamento fra tempo e luogo, scandito dall’evoluzione di luci, ombre e atmosfere.

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Tessenow H., Osservazioni elementari sul costruire, Franco Angeli editore, Milano, 1974.

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Ringraziamenti Ringrazio il professor Michelangelo Pivetta per la sua dedizione all’insegnamento e per avermi fatto mi ha trasmesso la sua passione e i suoi insegnamenti in ogni piacevole conversazione. Inoltre, indispensabile si è dimostrato l’aiuto di Luca, nell’avermi guidata con sinceri consigli e personali insegnamenti. Intendo poi ringraziare il Comune di Trapani per avermi fornito la documentazione per il mio lavoro. E in particolare agli amici di “San Vito Lo Capo di una volta” e “San Vito Lo Capo, Macari e Castelluzzo che vorremmo”, per il loro gentile aiuto, condividendo ricordi e storie del loro territorio, e l’importante contributo di Cristoforo Cusenza e Marco Aiuto.

A chi mi ha sostenuto con affetto. Ringrazio Enrico, mio fratello, per esserci sempre stato, dall’avermi insegnato le parolacce all’avermi moSempre mio esempio da emulare. Grazie a Enrico, oasi nella quale rifugiarmi, per avermi accompagnata con intelligente comprensione, incoraggiandomi e credendo in me, mettendomi sempre il sorriso, e aggiungendo un pizzico di magia in questi anni. Al “gruppo”, Luisina, Laretta, Lulu, Fabi e a Lola e Rita, grazie per essere rassicuranti certezze della mia vita, anche se lontane, sempre con me e parte di me. Ringrazio i miei “compagni di battaglie”, Chiarina, Carlotta, Jennifer, Davido, Laura e Fabri, perché questa facoltà è stata una scuola di vita per noi, e siamo cresciuti affrontandola insieme, passando momenti incredibili, illuminati da schermi di computer, canti isterici, fra polveri di caronlegno, sciarpe in bocca, e tante allegre cene. amico sincero su cui contare, non so come avrei fatto senza di loro. Inoltre ringrazio la vecchia “compagnia delle indie”, amici di una vita, che quando ne hai più bisogno ti accolgono sempre fra due risate e un cicchettino!



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