Gazzetta ELSA Milano - Dicembre 2012

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Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012

INDICE - Dicembre 2012 GIUSTIZIA VS VENDETTA: UNA POSSIBILE SOLUZIONE Di Lisa Guerra, socia ELSA Padova

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UN CARCERE FUORI LEGGE Di Giulia Colaci, socia ELSA Napoli

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IL DIRITTO ALL’ACQUA IN EUROPA Di Lavinia Lys Brera, socia ELSA Milano

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INTERNATIONAL LEGAL RESEARCH GROUP “PREVENT CORRUPTION”: UNA RICERCA E UN OBIETTIVO Di Erisa Pirgu, socia ELSA Milano pag. 10 I COP DI ELSA MILANO: SONO UN MAGISTRATO Di Rosa Manzo, presidente ELSA Milano

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LA PIU’ BELLA DEL MONDO: BREVI CONSIDERAZIONI DI UNA UTOPISTA Di Magali Prunaj, vice presidente attività accademiche ELSA Milano pag. 15 BAMBINI A TERRA! Di Lisa Guerra, socia ELSA Padova

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ANCHE QUESTA E’ ELSA DI Giulia Colaci, socia ELSA Napoli

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Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 GIUSTIZIA VS VENDETTA: UNA POSSIBILE SOLUZIONE Di Lisa Guerra, socia ELSA Padova -----------------------------

Mi ritrovo spesso a leggere sui giornali lettere o commenti di persone che chiedono pene esemplari per quelle persone che hanno commesso un reato, nei confronti loro o dei propri familiari. Il dolore di queste persone è molto forte e spesso non si può far altro che esserne solidali. A me però fa riflettere il senso di vendetta, di rabbia di queste persone, certamente le si può capire ma non riesco comunque a spiegarmi perché qualcuno si dovrebbe sentire meglio mettendo in cella qualcuno per anni, lontano da familiari e amici, lasciandolo solo a fare i conti con eventuali rimorsi o dispiaceri per la sofferenza arrecata soprattutto ai propri familiari, alle vittime, spesso costretti a vivere in condizioni non consone per delle persone. Nella società odierna si ritiene che la vendetta sia la giusta conseguenza al male commesso, così facendo si perde di vista la vera giustizia, quella che lo Stato dovrebbe porre in essere per aiutare colui che ha subito un torto; ma ciò non dovrebbe trasformarsi in qualcosa di incivile, di crudele, nell’erronea convinzione che vedendo soffrire il carnefice si allevi la sofferenza che si prova. Beninteso, la giustizia è una forma di vendetta, demandata però a soggetti che dovrebbero valutare la questione in modo obiettivo e prendere una decisione equanime e proporzionata al torto subito; ciò almeno dovrebbe essere assicurato, evitando così che i cittadini si facciano giustizia (più che altro vendetta) da soli, conducendo alla fine della civiltà. Ritengo possa essere utile il ricorso alla mediazione penale, cioè quel percorso relazionale tra due o più parti volto alla risoluzione di un conflitto; in questo caso la posizione di vittima e reo richiede particolari cautele e tutele a protezione dei soggetti e una diversificazione degli obiettivi in modo da avere una efficace comunicazioni tra le parti e cercando di ricostruire un legale sociale del reo. Non dimentichiamo che il modello di giustizia riparativa è ascrivibile a due ordini di problemi: da un lato l’insoddisfazione nei confronti del sistema penale retributivo e riabilitativo e dall’altro la rivalutazione del ruolo della vittima. L’attività di mediazione aiuta la vittima a esprimere il vissuto conseguente al reato e a dare un senso dell’esperienza che includa anche le ragioni dell’altro, sollecitando delle risposte che producano chiarezza, in modo da contenere la paura e l’ansia che conseguono al reato e assumendo la possibilità di esprimere decisioni rispetto alla possibilità di dare soluzione. La valenza dell’intervento per l’autore di reato riguarda invece la possibilità di conoscere le 3


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 conseguenze concrete subite dalle persone a causa dell’azione compiuta e di comprendere i significati dei beni tutelati dalla norma. Questa esperienza offre inoltre l’opportunità di esprimere le proprie ragioni, assumendo le conseguenze delle proprie azioni secondo una logica di adesione al disvalore sociale del fatto, piuttosto che di retribuzione per l’ illecito commesso. Il pensiero giuridico attuale ritiene applicabili le tecniche di riparazione e di mediazione solo ai reati contro il patrimonio o contro la persona, purché di non particolare gravità; in tali casi esse potrebbero essere delle valide alternative di uscita dal processo, come strumenti di risoluzione del procedimento o sostitutivi della sanzione. Per i reati gravi, invece, sarebbe preferibile attuare il programma di riconciliazione o mediazione all’interno di una eventuale misura alternativa. Un simile intervento dovrebbe mirare al risanamento dei rapporti umani e sociali compromessi in occasione del reato, pur rimanendo svincolato da possibili obiezioni premiali, ai fini dell’esito del processo. Di maggiore interesse, da un lato, è la possibilità di introdurre la riconciliazione, sia con la formula indiretta, attraverso la prestazione di lavoro socialmente utile e di attività nel volontariato sociale, ipotizzabili per vari tipi di reato, e dall’altro lato con la formula diretta, attraverso un risarcimento materiale del danno patrimoniale o la presentazione di scuse formali. Inoltre, la mediazione sarebbe da avviarsi parallelamente al processo in modo da avere maggiori responsi riguardanti il reo. Purtroppo ciò è ancora in fase di sperimentazione ma ritengo possa essere utile per fare sentire ai cittadini un maggior senso di vicinanza al loro dolore e alle loro esigenze, in modo da non dimenticare che abbiamo di fronte persone che hanno subito una grave perdita.

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Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 UN CARCERE FUORI LEGGE Di Giulia Colaci, socia ELSA Napoli --------------------------

“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”, comma3, art.27 della nostra Costituzione. La legge si fa paladina del “senso di umanità”; lo Stato si fa difensore dell’uomo. Ammontano a 148 le morti nelle carceri italiane solo nel 2012; 56 tra queste sono suicidi. È lo Stato che manca o la detenzione priva la persona della sua umanità? La Corte Europea ha condannato il nostro paese otto volte per il drammatico trattamento riservato ai detenuti; queste condanne smascherano gravi lesioni ai principi di umanità e dignità, il cui rispetto dovrebbe essere assicurato indistintamente e indiscutibilmente. Le pene convertite così, in strumenti di violenza, trascendono dalla loro funzione congeniale; si considerano “punizioni”, e si lasciano nell’oblio aspetti indispensabili, la cui realizzazione appare assai complessa. La finalità della prevenzione di un’ulteriore trasgressione del reo, si collega ad una successiva intenzione; questa affonda le sue radici in una dimensione più fragile, ma nel contempo più difficile da plasmare; il reo va rieducato affinché sia concepibile una sua reintegrazione nella comunità. Una corretta riabilitazione, però, è ostacolata da lampanti problematiche. Tra queste emergono la reale applicazione di misure alternative alla pena detentiva; la carenza di risorse economiche; il sovraffollamento; i numerosi suicidi; la presenza di stranieri non adeguatamente informati della loro situazione, nonché mal difesi; l’impossibilità di mantenere una residua affettività; l’inadeguatezza della tutela sanitaria; il recupero dei minorenni; la condizione delle donne e dei loro figli, che nei primi anni di vita vengono accuditi in tali ambienti. La Costituzione dovrebbe tutelare i diritti degli uomini, pertanto dei detenuti in egual misura; la pena può implicare la perdita della libertà; ciò che esula da tale privazione, non è legale; a punire chi ha trasgredito la legge in Italia è dunque un “carcere fuori legge”. L’Italia presenta il maggiore tasso di sovraffollamento carcerario in Europa e la situazione è aggravata dall’alto numero di detenuti ancora in attesa di giudizio. Gli istituti di pena sono 206. I detenuti effettivamente registrati ammontano a 66685, in luogo di una capienza regolamentare di 46795 uomini; uomini sì, relegati come bestie, per 22 ore al giorno, in celle progettate 5


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 per un minor numero di persone, spesso non separate materialmente dai bagni. Il sovraffollamento oltre a minare la possibilità di controlli sanitari adeguati, non permette il godimento del diritto alla territorialità della pena. Risulta ulteriormente logorata così, anche la sfera delle affettività dei detenuti. Non sono predisposti mezzi idonei a preservare un minimo di intimità nelle relazioni, nelle visite e nei contatti con l’esterno; talvolta sono ancora previsti i banchi divisori, nonostante nel 2000 ne sia stata sancita l’eliminazione; questi rendono difficoltoso anche scambiarsi un abbraccio. Diversi interventi normativi testimoniano il tentativo di riformare il sistema penitenziario; annoveriamo così la legge n. 689 dell’81, che introduce le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, la legge Gozzini dell’86, che segue la scia del processo avviato dalla riforma del 75, ancora la legge Simeone del 98. Oggi si parla sovente di misure alternative alla detenzione, la cui concessione da parte del Tribunale di sorveglianza, prevede i cosiddetti “programmi di trattamento”. L’esistenza di suddette misure segna un mutamento di prospettive del tutto consono ad una società moderna. Sembra a poco a poco incanalata nelle coscienze delle persone una maggiore sensibilità verso l’individualità del condannato, nonché una maggiore considerazione delle esigenze legate alla sua riabilitazione. Il Tribunale di sorveglianza, monitorando il procedere dell’esecuzione della pena, è incaricato proprio dell’individualizzazione della stessa, garantendo una consona aderenza della condanna al reo. Tale responsabilità, funzionale alla risocializzazione del detenuto, è talvolta gravata dall’esiguità di tempistiche adeguate per l’analisi delle pratiche, e dalla mancanza di fondi che supportino un simile lavoro. Il problema dell’inadeguatezza del sistema sanitario coinvolge in effetti non solo i detenuti; è tuttavia da considerare più gravosa, la mancanza di corsie riservate, e talvolta di medicinali, se sommata alla mancanza della normale libertà di movimento. “La Repubblica tutela il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”; con l’art.32 della Costituzione dunque, il diritto alla salute, è riconosciuto tra i principi fondamentali del nostro paese. Contrariamente la realtà penitenziaria è deteriorata sempre più dal presentarsi di patologie psicologico- psichiatriche, infettive, virali croniche, cardiovascolari, osteoarticolari e dermatologiche, che insieme alla tossicodipendenza, mettono a nudo l’amara considerazione di come il suicidio, troppe volte, sembri essere l’epilogo scelto, come unica, tragica, via d’uscita. Ma al di là delle sbarre? C’è nello spirito degli Italiani la consapevolezza della gravità degli abusi e delle violazioni commesse? ELSA Napoli, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, ha voluto approfondire la questione, organizzando una conferenza intitolata “La Tortura della Struttura”; è confortante notare come molte persone siano state coinvolte e toccate da tale impegno; nel contempo è preoccupante osservare che non ovunque tale sensibilità risulti ovvia e naturale; sovente, alla luce degli urgenti problemi del paese, si ritiene l’argomento trattato non prioritario. Ma che futuro ha un paese in cui vige l’indifferenza verso la disumanizzazione della vita altrui? In suddetta conferenza, le parole del dottor Guida, direttore dell’istituto penale minorile di Nisida, sembrano accendere un barlume di speranza nell’atmosfera di cupo disinganno verso il domani. Il direttore descrive il mosaico presente nel carcere; un aquilone sulle cui tessere 6


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 sono riportati i nomi di 800 vittime di mafia. I minori presenti nell’istituto hanno conosciuto le storie che si celano dietro tali piastrelle colorate e hanno inaugurato l’opera insieme ai parenti delle vittime. Sarebbe bello immaginare, sempre, un approccio così profondo ed efficace verso i detenuti, così da aiutarli a reinventare se stessi per un nuovo e diverso ingresso nella società; che l’immagine dell’aquilone, ci faccia volare, spinti da un vento di umanità e rispetto per la dignità umana, oltre le sbarre di un’oscura realtà, che di fronte ad un così degradato senso di civiltà, resta tremendamente impotente.

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Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 IL DIRITTO ALL’ACQUA IN EUROPA Di Lavinia Lys Brera, socia ELSA Milano ---------------------------------

L’acqua è un elemento indispensabile alla vita. In tutte le sue forme, ne diamo per scontata la perenne disponibilità e ne facciamo un uso quotidiano, impiegandola in quasi tutte le nostre attività umane: dalla produzione industriale, all’agricoltura, al consumo personale. Oggi però, di fronte alla crisi idrica che sta interessando tutto il pianeta e per cui non si prevede una soluzione immediata, si fa sentire sempre di più l’esigenza di favorirne certi usi rispetto ad altri. In particolare, per evitare che si realizzino usi non equi della risorsa, diventa fondamentale discuterne in termini di diritto umano, riconoscendo formalmente a ciascun individuo il diritto ad accedere alla quantità di acqua necessaria per sopravvivere e per condurre un’esistenza dignitosa. Dal punto di vista giuridico però, si può già parlare a livello internazionale di un compiuto diritto umano all’acqua o si tratta invece di un processo ancora in fieri? Il dibattito circa la concezione dell’acqua non solo come mera risorsa naturale, ma come oggetto di un vero e proprio diritto umano comincia già alla fine degli anni ’70. Nel 1977, in occasione della Conferenza Onu sull’acqua tenutasi a Mar del Plata, Argentina, e dedicata alla trattazione del tema della crisi idrica in corso a livello mondiale, si parlò per la prima volta dell’accesso all’acqua potabile come di un diritto appartenente a tutti i popoli. Il dibattito sulla natura di diritto o meno dell’accesso all’acqua si è sviluppato poi negli anni successivi, anche attraverso gli svariati appuntamenti istituzionali a tale scopo fissati (si pensi alla Conferenza internazionale sull’acqua di Dublino del 1992, o alla Conferenza Onu sull’ambiente e sullo sviluppo del 1992 a Rio de Janeiro, per citarne alcune). Le due tappe fondamentali in tale dibattito sono però rappresentate dal Commento Generale n. 15, adottato nel 2002 dal Comitato per i diritti economici, sociali e culturali, organo ausiliario dell’ECOSOC, e dalla risoluzione dell’Assemblea Generale dell’Onu n. 64/292 del 2010, con cui essa ha dichiarato che l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari è un diritto umano, «essenziale per il pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani». Il diritto umano all’acqua viene quindi definito, anche sulla scorta della definizione elaborata in precedenza dal Comitato, come il diritto di ciascun individuo ad avere accesso ad una quantità di acqua per uso personale e domestico sufficiente, sicura, accettabile, fisicamente accessibile ed economicamente abbordabile. Esiste dunque indubitabilmente un diritto umano all’acqua nel diritto internazionale, ma di natura particolare, in quanto derivato da altri diritti, primi tra tutti quello alla vita e quello alla salute, e in quanto contenuto in una fonte internazionale di soft law, o “quasi- normativa”, ossia priva di efficacia vincolante diretta. Proprio tale sua caratteristica rende spesso difficile farlo valere in un’aula di tribunale nazionale e quindi imporre la sua realizzazione agli Stati e alle società impegnate nella gestione dell’acqua. Ciò 8


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 soprattutto in Europa, dove la nozione di un diritto umano all’acqua fatica a prendere piede a livello istituzionale, nonostante il formale ossequio alla sua esistenza. Ancora oggi, infatti, nella regione pan-europea, più di 110 milioni di persone, ossia il 12% della popolazione, non ha accesso all’acqua potabile. Per tentare di porre rimedio a questa situazione, è stata di recente lanciata la prima Iniziativa dei cittadini europei. Si tratta dell’Ice “L’acqua è un diritto umano”, che chiede il riconoscimento nell’Ue del diritto umano all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, rendendo così sostanziale il rispetto del diritto internazionale da parte degli Stati membri. L’Iniziativa dei cittadini europei è un nuovo strumento di democrazia diretta introdotto dal Trattato di Lisbona e in vigore dal 1°Aprile 2012. Attraverso l’Ice, almeno sette persone provenienti da almeno sette diversi Stati membri si possono costituire in un “Comitato di cittadini” e, dopo aver raccolto un milione di firme in tutta l’Ue, porre una questione all’attenzione della Commissione europea, così che essa attivi l’iter legislativo, presentando una proposta da discutersi in seno al Parlamento e al Consiglio. L’Ice “L’acqua è un diritto umano” è partita lo scorso settembre. Al momento è in corso la raccolta delle firme. Essa poggia sulla premessa, condivisa anche a livello internazionale dai documenti Onu sopra trattati, che l’acqua è un bene comune, diverso per natura dagli altri beni economici, e pertanto non assoggettabile allo stesso regime previsto per i secondi. Su questa premessa, l’Ice in questione propone il riconoscimento formale del diritto umano all’acqua all’interno del diritto comunitario, una nuova categorizzazione del bene acqua all’interno del mercato unico europeo quale “bene comune” o “sociale”, e un maggiore impegno della UE nel senso della sua realizzazione concreta sia entro sia all’esterno dei propri confini, soprattutto alla luce dell’obiettivo di sviluppo del millennio n.7, lanciato dall’Onu insieme agli altri sette nel 2000, che impone la realizzazione dell’accesso universale all’acqua entro il 2015. Resta da vedere se il nuovo strumento europeo dell’Ice si rivelerà un valido alleato nel facilitare il processo di adeguamento del diritto nazionale al diritto internazionale, in un campo tanto importante quanto quello dell’acqua.

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Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 INTERNATIONAL LEGAL RESEARCH GROUP “PREVENT CORRUPTION”: UNA RICERCA E UN OBIETTIVO Di Erisa Pirgu, socia ELSA Milano ---------------------------

“Il tema è una priorità, non un tabù”. Così, recentemente, si è espresso il Ministro della Giustizia Paola Severino, in riferimento alla problematica della corruzione in Italia. Dopo mesi di discussioni, trattative e polemiche, il 31 ottobre è stato approvato definitivamente il ddl anticorruzione. Il testo è il risultato di lungo iter parlamentare: nato come provvedimento del governo Berlusconi, fu discusso nel maggio 2010 in commissione parlamentare al Senato, per poi essere approvato da quest’ultimo, in prima lettura, il 15 giugno 2011. Successivamente fu modificato alla Camera, subendo una sostanziale riscrittura da parte dell’attuale governo Monti. Una lunga storia, come quella della corruzione in Italia: dall’antico scandalo della Banca romana a “Tangentopoli”, sino agli scandali più recenti, la corruzione ha mostrato un volto polivalente e complesso e ,come affermano Saverio Lodato e Roberto Scarpinato ne Il ritorno del principe, essa viene ormai considerata “non una deviazione del potere, ma una forma naturale di esercizio del potere che gode di accettazione culturale da parte della classe dirigente e che conta sulla rassegnazione da parte delle classi sottostanti”. Effettivamente, i dati statistici sono allarmanti : secondo la Banca mondiale, un’efficace lotta alla corruzione produrrebbe un aumento del reddito superiore al 2,4% e le imprese crescerebbero del 3% annuo in più. Applicando una stima della World Bank, l’onere della corruzione sui bilanci pubblici italiani consta di circa 50-60 miliardi di euro l’anno. Tuttavia, tutti i dati giudiziari mostrano un trend discendente : i delitti di corruzione e concussione consumati sono passati dai 311 casi del 2009 ai 223 del 2010 (-88 casi); le persone denunciate sono calate nello stesso periodo da 1.821 a 1.226 (-595); i condannati da 341 a 295 (-46). Le condanne per reati di corruzione sono passate da un massimo di 1.700 nel 1996 ad appena 239 del 2006. In realtà, dal raffronto tra i dati giudiziari e quelli relativi alla percezione del fenomeno corruttivo emerge la sussistenza di un rapporto inversamente proporzionale tra corruzione “praticata” e corruzione “denunciata e sanzionata”. Difatti, trattandosi di un reato a vittima 10


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 diffusa, l’analisi delle statistiche incontra un significativo limite conoscitivo: la “cifra nera” che caratterizza tale reato, ovvero lo scarto tra criminalità reale e criminalità registrata. Il diffondersi delle pratiche corruttive, inoltre, mina fortemente la fiducia dei mercati e delle imprese, scoraggiando gli investimenti esteri. Il premier Mario Monti ha recentemente raccontato che, persino l’emiro del Qatar, “non il re di Norvegia”, alla domanda sul perché non avesse investito di più in Italia negli anni precedenti gli rispose: “Corruption!” I dati sul CPI di Transparency International, le cui ultime rilevazioni collocano l’Italia al sessantanovesimo posto (a pari merito con il Ghana e la Macedonia), e il Rating of control of corruption della Banca mondiale, che relega l’Italia agli ultimi posti in Europa, sono chiari. In breve: il Ghana vicino, l’Europa lontana. Si diffonde sempre di più la corruzione in Italia, nonostante il calo di denunciati e condannati. Una domanda sorge spontanea: perché? Le cause della corruzione sono profonde e possono essere distinte in due motivazioni principali: la prima di carattere economico, poiché le scelte sottese al pagamento o all’accettazione di tangenti sono il risultato di un calcolo razionale fondato su costi e ricavi; la seconda socio-culturale, poiché “il vero deterrente non è la galera: è la vergogna” . In certi ambienti, la rassegnazione dei cittadini di fronte alla diffusione dei comportamenti criminali concorre con una “accettazione culturale” del fenomeno. In situazioni tanto estreme di corruzione endemica, questa non è più percepita come un comportamento illecito da sanzionare, ma come una situazione normale da tollerare per il buon funzionamento della società. Data la grande rilevanza giuridica, ma anche sociale del fenomeno, Elsa Padova, Elsa Palermo e Elsa Trieste si sono impegnati nello studio del fenomeno corruttivo. Studio che, a seguito degli ultimi scandali e del dichiarato intento del governo di contrasto alla corruzione, risulta premonitore dell’urgenza di una continua ricerca e disciplina sul tema. L’iniziativa, con il patrocinio di UNICRI e del Ministero Italiano della Gioventù, ha coinvolto studenti e neolaureati sotto la guida di autorevoli penalisti . I risultati di tale ricerca sono stati presentati in occasione dell’International Conference on “Prevent Corruption” svoltasi a Palermo il 27 ottobre 2011 e hanno condotto alla pubblicazione di “Prevent Corruption Gruppo di ricerca legale internazionale” Analisi storica, giuridica e sociologica del fenomeno corruttivo. Elsa Padova, in particolare, ha analizzato i profili di diritto interno e comparato della corruzione in ambito pubblico. Lo studio si è così focalizzato sui principali punti critici del sistema, tra cui una corretta definizione di corruzione e la distinzione, a volte labile, tra concussione e corruzione. La ricerca, consapevole del ruolo trasversale della corruzione, si è spinta oltre. Elsa Palermo si sofferma così sulla “Corruzione inconsapevole”. Lo studio riguarda uno degli aspetti più problematici e difficilmente accertabili in materia: il ruolo dell’ambiente sociale nello sviluppo del fenomeno corruttivo, e il ruolo svolto dalla Mafia, “corruttrice di un sistema corrotto”. Un’analisi più attenta tuttavia non manca di rilevare come la corruzione non interessi solo 11


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 l’ambito pubblico. Di quest’ultimo aspetto riferisce Elsa Trieste, operando un’attenta analisi delle fattispecie speciali di corruzione tra privati presenti nel nostro ordinamento, materia in cui l’attuale riforma, primo intervento organico in materia di corruzione dall’inchiesta di Mani Pulite, incide profondamente. Cosa prevede l’attuale riforma? Tra le principali innovazioni l’ istituzione di un Autorità Nazionale anticorruzione e il divieto per “coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale” di essere assegnati a determinati uffici pubblici e di fare parte di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi . Da segnalare la norma che prevede l’istituzione, presso ogni prefettura, di un elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa. Infine, la riforma accenna ad un tema cruciale, volto ad eliminare una delle anomalie più evidenti del nostro sistema. E’ infatti prevista la delega al Governo per l’adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. Il progetto “Prevent Corruption” si inserisce in quest’ottica, promuovendo una “campagna di prevenzione della corruzione” e aiutando la ricerca in materia. Combattere la corruzione con la conoscenza e la ricerca, ribadendo con ostinazione che la corruzione deruba i cittadini di un loro patrimonio collettivo : la legalità. Questo l’obiettivo della ricerca. Perché, come Pertini ricordava, “la corruzione è nemica della libertà.”

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I COP DI ELSA MILANO: SONO UN MAGISTRATO

Di Rosa Manzo, presidente ELSA Milano -------------------------------Se l’avvocatura rappresenta il naturale sbocco professionale a cui aspirano i giovani studenti della facoltà di Legge, questa per così dire communis opinio ben può dirsi confutata dal crescente numero di iscritti al concorso per accedere alla magistratura, circa 9.000 ogni anno. Non è un caso pertanto che rilevando questo dato l’Università Statale di Milano, abbia ospitato IL giorno 20 Novembre un colloquio di orientamento professionale (COP) dedicato alla figura del magistrato in Italia. ELSA Milano, organizzatrice dell’evento, ha avuto l’onore di avere in qualità di relatori la Dott.ssa Laura Barbaini, già Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano, il Dott. Andrea Ghinetti, Giudice presso il Tribunale di Milano e la Dott.ssa Barbara Benzi, magistrato ordinario in tirocinio (Mot). Obiettivo primario del colloquio è stato quello di fornire agli studenti, aspiranti magistrati, tutte le informazioni utili sulle modalità di accesso al concorso. Ex art. 106 Cost., l’accesso alla magistratura è regolato da un concorso pubblico, ad oggi di secondo livello. Perché si possa accedere al concorso è infatti necessario, oltre al conseguimento della laurea in Giurisprudenza, essere in possesso di una serie di ulteriori requisiti, tra i quali alternativamente l’ottenimento di un diploma rilasciato da una scuola forense di durata biennale, l’aver acquisito il titolo di dottore di ricerca in una materia giuridica o il titolo da avvocato. L’esame ha luogo a Roma e consta di tre prove scritte e di una orale. Per quanto concerne la prova scritta, al candidato si richiede lo svolgimento di un tema di diritto civile, penale e amministrativo, mentre in sede di orale verrà valutata la sua preparazione su ben 18 materie, tanto di diritto sostanziale che processuale. Appare evidente il grado di difficoltà delle prove, testimoniato dal fatto che sui circa 9.000 iscritti al concorso, solo 6.000 si presentano in sede di esame e solo 300 superano le prove. Oltre a offrire una serie di consigli pratici su come affrontare il concorso, quali quanto tempo dedicare alla preparazione, quale approccio adottare nello studio, il colloquio ha permesso al gruppo di studenti presenti anche di entrare un po’ nel vivo della professione, merito senza dubbio del composito gruppo di relatori che ciascuno a suo modo hanno spiegato cosa 13


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 significhi essere un magistrato. Un interrogativo questo che pone in evidenza tutta la questione morale sottesa a una delle professioni che forse più delle altre pone l’uomo al bivio fra ciò che è e ciò che deve essere. Se da un lato infatti il magistrato è la c.d. bouche de la loi, soggetto solo alla legge, come recita l’art. 101 della nostra Costituzione, d’altro canto è pur sempre un uomo che conscio della sua individualità si impegna a mettere da parte le proprie opinioni personali. Interpretare fedelmente la legge: ciò, secondo le parole della Dott.ssa Barbaini, rappresenta tanto il “banco di prova” cui ogni magistrato è chiamato a misurarsi, quanto la bellezza di questa professione. Proprio per tali ragioni, ciò che deve animare gli aspiranti futuri magistrati è senza dubbio la stessa passione con la quale coloro i quali vivono giornalmente nelle aule dei nostri tribunali continuano a credere in questo lavoro. La riflessione che è emersa da questo breve incontro vis à vis con chi ogni giorno è chiamato ad amministrare la giustizia, è che più che di una mera professione, essere magistrati voglia dire prestare un servizio nell’interesse della collettività. È l’interesse pubblico infatti la direttiva che guida l’operato del magistrato nell’ambito delle proprie funzioni, ma non solo … anche nella vita. Non è un caso pertanto che nel codice etico approvato dall’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) lo scorso 2010, si legga all’art. 1: nella vita sociale il magistrato si comporta con dignità, correttezza, sensibilità all’interesse pubblico. L’essere magistrato pertanto trascende la dimensione puramente professionale, per lambire la vita sociale, se non addirittura personale di colui il quale giura ex art 9 R.D. 30/01/1941 n. 12 di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al suo ufficio. Ed ecco spiegato il titolo di questo nostro breve articolo: parafrasando le parole di uno dei relatori presenti, il Dott. Ghinetti, alla domanda in merito alla propria professione un magistrato non risponde semplicemente con l’espressione “faccio il magistrato”, ma “sono un magistrato”, ribadendo in tal modo l’impegno sociale che si è chiamati ad adempiere.

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Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 LA PIU’ BELLA DEL MONDO: BREVI CONSIDERAZIONI DI UNA UTOPISTA Di Magali Prunaj, vice presidente attività accademiche ELSA Milano ----------------------------

E’ il primo gennaio 1948 e la Costituzione della Repubblica italiana entra in vigore. E’ il primo testo costituzionale, la prima legge fondamentale dell’Italia libera e unita che ha disciplinato e ispirato la nostra vita politica, sociale ed economica da quel momento in avanti. Un testo costituzionale snello, semplice nella sua lettura e interpretazione, chiaro e sintetico. Modernissimo per l’epoca, fonte ispiratrice di tante Costituzioni estere negli anni seguenti. Una poesia di 139 articoli, di utopie, di sogni e di speranze che quel passato, così vicino al momento in cui venne scritta, non torni più. Recentemente la nostra Costituzione è stata definita “la più bella del mondo”, io non so se veramente si tratti della più bella, della migliore dei mondi possibili, per dirla alla Rousseau, ma di per certo leggendola e studiandola non posso non rimanerne incantata. I suoi principi fondamentali, immodificabili, ispirati alle precedenti tradizioni francesi, altro non fanno che sancire che siamo tutte eguali, che abbiamo diritto a essere trattati allo stesso modo indipendentemente da chi siamo, da come la pensiamo e dalle nostre condizioni economiche. Un principio semplice, scontato, che la maggior parte di noi non ritiene neanche di dover soffermarsi troppo a lungo su questo aspetto della nostra vita ritenendolo scontato. Ma così non era nel 1948. Le condizioni storiche appena vissute e la paura del futuro rendevano necessario sancire e ribadire principi che ora ci sembrano così ovvi: il diritto al lavoro, alla salute, a una retribuzione equa e dignitosa, il diritto all’istruzione, il diritto alla nostra dignità e ad essere rispettati come individui, per quello che siamo e non in base al nostro ceto, alle nostre condizioni economiche, al credo religioso o politico, al sesso o all’orientamento sessuale. Non a caso i nostri padri costituenti ribadiscono il punto con un elenco preciso aggiuntivo a quel “tutti” dell’articolo 3. Tutti hanno diritti e non dimentichiamoci che in quel “tutti” rientrano anche quelle categorie che fino a poco prima non avevano diritto a nulla, anzi erano perseguitati proprio per la loro diversità. Le classi più povere che non appartenevano a un certo tipo di “mondo”, chi non era cattolico, gli oppositori politici, omosessuali, zingari, handicappati … persone che fino a quel momento erano state incasellate in determinate categorie e trattate di conseguenza, per lo più condannate a morte nei campi di sterminio tedeschi. 15


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 Molti vorrebbero modificarla, non pensando al suo importante significato storico, al momento in cui è stata scritta e alle ragioni per le quali certi articoli dispongono in un modo anziché in un altro. Eppure alle volte basterebbe solo interpretarla e attuarla perché ci si rendesse conto di quanto ancora moderna e illuminata è la nostra Costituzione. Sfogliando quelle poche pagine di un libro tanto piccolo quanto grande nel suo significato e nella sua importanza non posso non pensare a quanti hanno lottato e sono morti per permettere a noi tutti oggi di leggerla, di commentarla e di criticarla. Ma penso anche agli italiani di quel lontano 31 dicembre 1947, quanto erano consapevoli dell’importante momento storico che si sarebbe consumato il giorno seguente? Nella mia mente si affaccia un’immagine, frutto della mia fantasia: un bambino, un giovane ragazzo di 12 anni messo a dura prova dalla vita già nella sua infanzia, festeggia la fine dell’anno con la sua famiglia. La felicità di quel momento non è data da ciò che avverrà l’indomani, ma dalla gioia di poter passare nuovamente un Natale col Babbo rientrato da poco più di un anno e mezzo dalla prigionia in Germania. E allora sì, capisco ancora di più l’importanza di quel testo.

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Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 BAMBINI A TERRA!

Di Lisa Guerra, socia ELSA Padova ---------------------------Vacanze rovinate a diverse famiglie italiane a causa della poca, anzi quasi nulla, pubblicità sulle modifiche delle norme sull’espatrio dei minori. Già a maggio 2011 era cambiata la normativa sulle carte d’identità, prima erano rilasciate solo ai minori con più di 14 anni, ora sono emanate per tutti i minori, anche i neonati. Il 26 giugno di quest’anno è entrata in vigore una raccomandazione europea, la quale prevede che fin da neonato ogni bambino debba avere un proprio documento individuale che gli consenta di uscire dal paese sia che viaggi in Europa, in tal caso basta la carta d’identità, sia che la destinazione sia un paese extraeuropeo ma in questo caso è necessario il passaporto, non potendo più i genitori annotare il minore nel proprio. Al contempo, i passaporti dei genitori con iscrizioni di figli minori rimangono validi per il solo titolare fino alla naturale scadenza del documento stesso. Anche i passaporti individuali rilasciati ai minori, anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova normativa, con durata decennale, sono validi fino alla loro naturale data di scadenza. Secondo la nuova normativa, ai minori viene rilasciato il nuovo passaporto con microchip, ma la normativa prevede che solo dal compimento dei 12 anni di età siano acquisite le impronte e la firma digitalizzata. Inoltre sui libretti sono inseriti i dati anagrafici, anche in inglese e francese, dei genitori viventi. Per ragioni di natura giuridica, religiosa, sociale o quant’altro a richiesta di un genitore o su disposizione dell’autorità giudiziaria i dati anagrafici potranno essere omessi o depennati. Per tutti gli accompagnatori diversi dai genitori che siano autorizzati dagli stessi, attraverso una dichiarazione d’assenso, non è prevista l’iscrizione obbligatoria sul libretto, questo può essere il caso dei nonni o degli zii. Il minore quindi potrà viaggiare con passaporto individuale se viaggia in paesi extraeuropei; con carta d’identità per viaggiare nell’Unione Europea, in quanto è stato convertito in legge il decreto legge 13 maggio 2011 n. 70, con il quale si introduce il principio del rilascio della carta d’identità ai minori; il minore potrà fino a 15 anni viaggiare con un certificato contestuale di nascita e cittadinanza vidimato dal questore (cd. lasciapassare). Per richiedere il passaporto per il figlio minore è necessario l’assenso dei entrambi i genitori, siano essi coniugati, conviventi, separati, divorziati o genitori naturali; questi devono firmare l’assenso presso l’ufficio in cui si presenta la documentazione; in mancanza dell’assenso si deve essere in possesso del nulla osta del giudice tutelare. Se uno dei due genitori è impossibilitato a presentarsi per la dichiarazione, il richiedente può allegare una fotocopia del documento del coniuge firmato in originale con una dichiarazione scritta di assenso all’espatrio ai sensi del DPR 445 del 2000, legge Bassanini. Inoltre per la legalizzazione delle foto, siano esse utilizzate per il passaporto o per il lasciapassare, il richiedente deve essere presente, altrimenti l’ufficiale non può procedere poiché deve verificare al momento che la foto ritragga la persona che lo richiede. Per poter garantire una maggiore individuabilità e sicurezza, la normativa prevede che sia i 17


Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 passaporti che le carte d’identità per i minori abbiano due diverse tipologie di validità, al fine di garantire l’aggiornamento della fotografia e l’identificazione del minore ai controlli di frontiera: se sono minori di anni 3 la validità è triennale; per i minori dai 3 ai 18 anni la validità è quinquennale.

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Gazzetta di ELSA Milano - Dicembre 2012 ANCHE QUESTA E’ ELSA

DI Giulia Colaci, socia ELSA Napoli ---------------------------Qualche verso poetico per non dimenticare :D In quel di Napoli i nostri ELSiani si dilettano con progetti ed impegni quotidiani! Quando i copiosi applausi chiudono una conferenza festeggiare il successo è un’esigenza! :D il Consiglio d’Europa ci manda penne, agendine e zainetti! MA QUELLI SONO DI NOI SOCI!*.* ai relatori meglio offrire dolcetti ^^ E ricordando che “siamo una squadra fortissimi” rifacendoci ad un’aulica citazione, Dora stupisce tutti con la sua preparazione! Rustici, pizzette e ogni leccornia ma ragazzi c’era una vera sciccheria! Pasticcini al cioccolato … non vi dico che delizia per il palato! Ma quello che non dimenticheremo più è lo strato di panna bianco e blu! Perché tolta la bandierina con ELSA scritto in copertina, basta giusto qualche morso per non esagerare …. …. a scacciare la serietà e a farci smascherare -.Blu ELSA su bocca e denti dopo pochi bocconi? Strategia di marketing o allucinazioni? o.O Ma finché i nostri sorrisi smaglianti possono sembrare preoccupanti, suvvia un po’d’acqua e va tutto via; ma se invece il relatore nonché stimato professore, con i baffi blu inizia a parlare, diventa difficile ascoltare! :D Impossibile trattenere le risate, impossibile dimenticare queste giornate :D e per chiudere il mio racconto un pensiero va messo in conto; se al buon professore una volta rientrato qualche sorriso avremo regalato, una volta visto il suo riflesso, anche questo, miei soci, farà parte del nostro successo! :) 19


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