Biogiuridica
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E SALUTE GLOBALE Un viaggio verso una sanità senza con>ini Letizia Cascio*
I
l riconoscimento del diritto alla salute nel 1948 all’articolo 32 della Costituzione Italiana è la base di ciò che poi verrà istituito con la legge del 23 dicembre n. 883/1978 ovvero il Servizio Sanitario Nazionale, che possedendo il carattere universalistico svettava tra le Costituzioni del Vecchio Continente proprio per il fatto che la nostra Carta fosse stata la prima a dare fondamento giuridico al diritto alla salute. Ma è bene fare un passo indietro per tracciarne il percorso. Successivamente all’Unità d’Italia nel 1861 si riscontrano ancora diverse disomogeneità tra le quali, si parlava prevalentemente il dialetto, la metà della popolazione non aveva un lavoro e la vita media si aggirava sui 33 anni di età, anche a causa della diffusione di malattie quali la malaria e la tubercolosi. Nel 1865 la sanità pubblica era afNidata con una scala gerarchica al Ministero dell’Interno, che a sua volta delegava i prefetti, che a loro volta delegavano i sindaci per una gestione comunale. Fu nel 1888 con la legge Pagliani-Crispi che si segnò una sorta di rivoluzione dove i comuni ebbero l’obbligo di assumere un medico condotto che prestasse assistenza medica in modo gratuito a tutti. Ciò segnò appunto un importante traguardo soprattutto nelle aree rurali dove il medico raggiungeva i villaggi a cavallo, anche durante le freddi notti invernali, per assistere gli ammalati che, a causa dei mezzi limitatissimi, non sempre riusciva a guarire, nonostante ciò si vide un miglioramento della vita media che da 33 passò a 44 anni. La stessa legge introduceva un’ulteriore Nigura di rilievo, ovvero, il medico provinciale, frutto della classe dirigente illuministica degli anni post-unitari. A questa Nigura erano attribuite funzioni ispettive e di controllo del territorio, tanto che venne creata la prima mappa delle epidemie, collegandola alle precarie situazioni igieniche dell’intero territorio, determinando con ciò un giusto controllo igienico ad esempio su molte attività soprattutto alimentari.
Lo Stato dunque per la prima volta attuava azioni preventive, legiferando a t t r a v e r s o e v i d e n z e s c i e n t i N i c h e , regolamentando inoltre pure la gestione dei cimiteri. Nel contempo, le Opere Pie e r a n o o s p i z i c h e accoglievano indigenti e malati, erano per lo più organizzazioni religiose, che gestivano appunto strutture caritatevoli. L’assistenza avveniva in maniera selettiva in base alle prerogative date dal fondatore, che tramite un modello paternalistico sceglieva se la struttura dovesse accogliere trovatelli, disabili, anziani ecc. Il personale in buona parte d’Italia era difNicile da sostituire in quanto era prevalentemente religioso — complici anche i dissidi tra il Regno d’Italia ed il Papato. Fu Crispi a disciplinare le Opere Pie, rinominandole Istituzioni Pubbliche di BeneNicenza [1], esaltandone le funzioni sanitarie, risolvendo anche il fenomeno legato allo sviluppo industriale, ovvero l’afNluenza migratoria verso le aree più sviluppate del Paese, permettendo quindi anche ai non residenti di essere presi in cura nelle strutture. La criticità degli Istituti Pubblici di BeneNicenza erano di tipo economico, le Opere Pie, infatti, essendo Ninanziate dai lasciti dei fedeli, grazie al patrimonio accumulato nei secoli, erano più solide rispetto alle prime che, successivamente alla Prima Guerra Mondiale subirono una forte crisi Ninanziaria. Complice di ciò fu anche il progresso tecnologico. Per stare al passo delle nuove scoperte vi era la tendenza ad acquistare materiali e strumenti sempre più all’avanguardia, aprendo alla nuova ideologia della vendita dei servizi a chi avesse possibilità economiche maggiori di altri, vendendo appunto
*Dottoressa in Giurisprudenza
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Theriaké
Anno IV n. 31 – Gennaio – Febbraio 2021