Theriaké Anno V n. 38 Marzo - Aprile 2022
GALENICA /1 Una breve introduzione di Carlo Squillario
DISPLASIA DELL’ANCA NEL CANE di Carmen Carbone, Clelia Distefano
EPILOBIUM SPP. Uso polivalente in toterapia, ef cacia testata in vitro ed in vivo di Carmen Naccarato
CARAVAGGIO IN SICILIA (II parte)
di Rodolfo Papa
NON LUOGO. ARCHITETTURA DISINCARNATA PER COMUNITÀ LIQUIDE di Ciro Lomonte
LA “VIA DELLA THÒLOS” APPUNTI PER IL NOSTRO FUTURO ANTICO Idee e progettualità per la valorizzazione dei siti nella “Sicilia prima dei Greci” di Carmelo Montagna
IL MUSEO DIOCESANO DI MONREALE di Irene Luzio
LA SCOPERTA DELLA VITAMINA D
fi
di Giusi Sanci
fi
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
RIVISTA BIMESTRALE
Sommario
4 Medicamentum at secundum artem GALENICA /1
Una breve introduzione
22 Cultura
LA “VIA DELLA THÒLOS” APPUNTI PER IL NOSTRO FUTURO ANTICO
Idee e progettualità per la valorizzazione dei siti nella “Sicilia prima dei Greci”
6 Ars veterinaria
30 Cultura
DISPLASIA DELL’ANCA NEL CANE
IL MUSEO DIOCESANO DI MONREALE
10 Fitoterapia & Nutrizione
38 Apotheca & Storia
EPILOBIUM SPP.
Uso polivalente in toterapia, ef cacia testata in vitro ed in vivo
LA SCOPERTA DELLA VITAMINA D
14 Delle Arti
CARAVAGGIO IN SICILIA (II parte)
18 Cultura
NON LUOGO. ARCHITETTURA DISINCARNATA PER COMUNITÀ LIQUIDE
Responsabile della redazione e del progetto gra ico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Rossella Giordano, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Francesco Montaperto, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it Theriak via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG). In copertina: Michelangelo Merisi da Caravaggio, Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi. 1600, Oratorio di San Lorenzo, Palermo, trafugata nel 1969. Questo numero stato chiuso in redazione il 25 – 4 – 2022 In questo numero: Carmen Carbone, Clelia Distefano, Ciro Lomonte, Irene Luzio, Carmelo Montagna, Carmen Naccarato, Rodolfo Papa, Giusi Sanci, Carlo Squillario.
ù
[online]: ISSN 2724-0509
f
fi
f
ò
fi
Theriaké
fi
ò
f
è
é
2
Collaboratori: Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Vincenzo Balzani, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Mariano Bizzarri, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, Giulia Bovassi, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Carmen Carbone, Alberto Carrara LC, Letizia Cascio, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Ges , Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Clelia Distefano, Vita Di Stefano, Domenico DiVincenzo, Carmela Fimognari, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giulia Greco, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgr , Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Massimo Martino, Carmelo Montagna, Giovanni Noto, Roberta Paci ici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Carlo Squillario, Pierluigi Strippoli, Gianluca Tri ir , Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello.
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Medicamentum fiat secundum artem
Galenica /1 Una breve introduzione Carlo Squillario*
C
on questo articolo intraprendiamo un percorso alla scoperta di ci che pi ci distingue nel panorama professionale: la galenica. Come dice il nome, un’arte che deriva da Galeno ⏤ medico turco vissuto nel II secolo dopo Cristo tra la Turchia e Roma ⏤ che in luenz per ben 13 secoli tutta l’arte medica. Negli ultimi anni la Galenica ha fatto passi da gigante anche grazie alla scoperta di polimeri, emulsionanti molto performanti e tecniche particolari che ci permettono di veicolare i farmaci nel miglior modo possibile. Pensiamo ai polossameri, che possono essere usati non solo nelle preparazioni transdermiche, ma anche come schiumogeni o come glidanti nelle capsule. Pensiamo anche agli strumenti e ai macchinari come i turboemulsori e i miscelatori, che ci permettono l’allestimento di emulsioni molto pi stabili nel tempo. E ancora alle comprimitrici o alle incapsulatrici semiautomatiche o addirittura automatiche (strumenti pi particolari che non vedrete in tante farmacie). Ma torniamo a noi e al “fare galenica”. L’attivit di laboratorio normata dalle cosiddette “Norme di Buona Preparazione” (o semplicemente NBP) contenute nella Farmacopea Uf iciale XI edizione [1], uscita nel 2002. Successivamente sono state pubblicate, tramite decreto ministeriale del 18 novembre 2003, le procedure sempli icate [2]. Ogni farmacia decide in autonomia se seguire le NBP integrali della Farmacopea vigente (attualmente la XII Edizione) [3] oppure le procedure sempli icate. Ad ogni ispezione della ASL comunicher se attua le prime o le seconde, e l’ispezione proseguir di conseguenza, richiedendo, per esempio, il modus operandi delle forme farmaceutiche allestite, se si seguono le NBP integrali, oppure i contenitori esauriti delle sostanze, se si seguono i dettami delle procedure sempli icate. Io, nel mio laboratorio di Torino, seguo ormai da tre anni le NBP integrali per vari motivi, uno tra tutti il fatto di
maneggiare sostanze pericolose. Il mio consiglio di seguire le integrali se si fa galenica ad alto ritmo. Si evita cos di tenere i contenitori vuoti per sei mesi, e le quantit degli eccipienti possono essere omesse. E da ultimo, ma non certo per importanza, ci si avvicina sempre pi all’industria farmaceutica. Ricordate che per fare galenica bisogna: 1) avere passione; 2) studiare sempre; 3) non credere di essere “arrivati”, perch si fanno 1000 capsule al giorno e 50 kg di crema ad occhi chiusi; 4) avere umilt . Se non potete fare una preparazione, perch non avete gli strumenti adatti, oppure perch non sapete farla, ditelo al cliente. Si dimostra cos di essere pi professionali rispetto ad altri che, pur di accaparrarsi il cliente, allestiscono la preparazione malamente. E allora perch non “fare galenica”? Noi siamo gli unici professionisti autorizzati a fare i medicinali.
Riferimenti normativi 1. Farmacopea Uf iciale della Repubblica Italiana XI Edizione, 2002, Norme di buona preparazione dei medicinali in farmacia, pp. 1157-1168. 2. DM 18 novembre 2003, GU Serie Generale n. 11 del 15-01-2004, Procedure di allestimento dei preparati magistrali e of icinali. https://www.gazzettauf iciale.it/eli/ id/2004/01/15/04A00260/sg 3. Farmacopea Uf iciale della Repubblica Italiana XII Edizione, 2008, Norme di buona preparazione dei medicinali in farmacia, pp. 1415-1426.
*Farmacista. Facebook: https://www.facebook.com/preparazionigaleniche Instagram: https://www.instagram.com/farmacia_squillario/
é
ì
à
é
ù
ù
f
ù
[online]: ISSN 2724-0509
f
ò
è
ò
f
f
f
à
à
f
Theriaké
à
à
é
ù
è
f
f
ì
f
ù
è
é
4
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
Displasia dell’anca nel cane Carmen Carbone*, Clelia Distefano*
L
a displasia dell’anca una patologia di accrescimento su base multifattoriale; fattori quali rapido accrescimento ed incremento di peso, eccessi alimentari durante i primi mesi di vita e predisposizioni ereditarie possono contribuire all’instaurarsi della patologia, in seguito ad anomalie nello sviluppo dei tessuti molli di supporto. Vi un’associazione di fattori genetici predisponenti ed ambientali stressanti, i quali si traducono in un processo di degenerazione articolare e in un’anomalia dello sviluppo dell’articolazione coxo-femorale, caratterizzata dalla sub-lussazione o dalla lussazione completa della testa del femore nei pazienti pi giovani, e da un’artropatia degenerativa nei pazienti pi anziani. Un ritardo dello sviluppo muscolare o l’incapacit della massa muscolare a seguire lo stesso andamento di crescita del sistema scheletrico esitano nell’instabilit dell’articolazione. Altri fattori possono contribuire alla lassit articolare dell’anca, quali ad esempio l’in iammazione della sinoviale dovuta a traumi lievi o ripetuti, o sinoviti virali o batteriche. L’incidenza della displasia maggiore nei cani di razza San Bernardo e Pastore Tedesco e nelle razze con attitudini sportive. I soggetti maggiormente colpiti hanno et compresa tra i 5 e i 10 mesi, sebbene la patologia possa interessare anche pazienti con artropatia degenerativa cronica. L’anamnesi e i segni clinici variano a seconda dell’et del soggetto: nei pazienti pi giovani i sintomi includono dif icolt ad assumere stazione quadrupedale dopo riposo, intolleranza all’esercizio isico e zoppia intermittente o continua. I pazienti spesso vengono sottoposti a visita ortopedica per zoppia conseguente a un trauma o dopo maggiore attivit isica. La diagnosi basata sull’anamnesi, sull’esame obiettivo e sulle alterazioni radiogra iche [1]. Visita ortopedica I pazienti che giungono a visita per zoppia lieve o moderata presentano il pi delle volte alterazioni morfologiche della groppa, il cui pro ilo da armonioso e arrotondato diviene spigoloso e squadrato. Al ine di evitare l’ulteriore lussazione della testa femorale e il conseguente aggravamento della sensazione algica durante la deambulazione, il cane tende ad
aumentare la base d’appoggio, con il tentativo di ridurre il disagio derivante dalla sublussazione. Un altro segno clinico di facile riscontro nei soggetti colpiti da displasia la cosiddetta “andatura a coniglio”, ovvero il paziente corre utilizzando contemporaneamente il bipede posteriore con i piedi in posizione addotta: in questo modo gli stimoli meccanici a livello di ciascun’anca sono nettamente ridotti. L’esame ortopedico rappresenta lo strumento diagnostico fondamentale per identi icare la sede anatomica della zoppia e del dolore. Le manovre di lessoestensione e le manovre di abduzione e rotazione esterna vengono considerate negative quando il paziente risulta indifferente ad esse; viceversa, sono da considerarsi positive qualora il paziente vocalizzi o reagisca sottraendosi alla manovra. Tuttavia, non rappresentano procedure diagnostiche speci iche. Uno dei test speci ici per la diagnosi di displasia dell’anca il test di sublussazione dell’anca, in quanto valuta la risposta del cane in relazione allo stato iniammatorio della porzione dorsale della capsula articolare. Anche in questo caso il test considerato positivo in caso di reazione algica. La visita ortopedica procede in sedazione del paziente; la procedura clinica importante al ine di diagnosticare uno stiramento capsulare, secondario spesso ad un processo displasico, sicuramente il segno di Ortolani: la manovra viene effettuata con paziente posizionato in decubito dorsale, collocando l’anca in posizione di adduzione con ginocchio lesso; viene esercitata una leggera pressione in direzione perpendicolare al rachide e successivamente l’anca viene sottoposta len-
*Medico veterinario
à
f
f
è
f
è
è
[online]: ISSN 2724-0509
f
è
à
à
f
ù
f
f
à
f
è
à
f
f
f
Theriaké
è
à
à
ù
è
f
ù
è
6 ù
f
f
Ars veterinaria
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Ars veterinaria
Figura 1. Ambulatorio Veterinario Carbone. Proiezione HD di un grado A: la cavit acetabolare risulta profonda, nettamente disegnata con decorso rotondeggiante. La testa del femore sferica e inserita profondamente nell’acetabolo; il collo del femore snello, staccato dalla testa, nettamente disegnato. La rima articolare sottile limitata con la testa del femore aderente. Misurato l’angolo di Norberg risulta > 105°.
Figura 2. Ambulatorio Veterinario Carbone. Proiezione HD di un grado B: la conformazione sia dell’acetabolo che della testa e del collo del femore normale, aumenta l’incongruenza articolare con una lieve divergenza fra testa e acetabolo e il centro della testa del femore collocato a ridosso del bordo acebolare dorsale. Non si evidenziano segni di artrosi ma possibile riscontrare una lieve lassit articolare.
tamente ad una leggera abduzione; questo test viene considerato positivo quando possibile rilevare, mediante palpazione dell’anca, la presenza di scivolamento o di “clunck” dovuta alla riduzione della testa femorale nell’acetabolo in seguito a sublussazione [2]. Il segno di Barlow si manifesta viceversa quando con paziente in decubito dorsale e ponendo l’anca in posizione di riduzione rispetto all’acetabolo, ovvero abdotta, si pu evidenziare scivolamento della testa femorale durante la successiva adduzione. Il test di Bardens viene in ine effettuato singolarmente per ogni anca; in caso di valutazione dell’anca sinistra, il paziente viene posto in decubito laterale destro, con la mano sinistra si applica una trazione in direzione medio-laterale sul femore prossimale, che determina lo spostamento laterale del trocantere sinistro e con la mano destra si rileva l’entit dello spostamento [3]. Esame radiogra ico L’esame radiogra ico rappresenta lo screening diagnostico principale per la diagnosi di displasia dell’anca nel cane. L’accertamento per la displasia ha lo scopo di prevedere l’ef icienza isica nel cane giovane (da sei mesi in su) per soddisfare le aspettative del proprietario e individuare l’opzione terapeutica pi appropriata al singolo paziente. Le proiezioni radiogra iche standard sono effettuate in sedazione profonda per eliminare la tensione muscolare e permettere di posizionare il paziente in posizione corretta. Si effettuano sei proiezioni radiogra iche, con l’arti-
ù
à
è
è
f
è
f
à
è
è
è
à
è
é
è
f
è
à
ò
colazione in posizione neutra e in distrazione. La proiezione ventro-dorsale serve ad individuare la torsione pelvica, la congruenza articolare e la svasatura dell’acetabolo. In un’anca lussata la testa femorale si trova esternamente all’acetabolo e l’articolazione incongruente. La proiezione a rana fondamentale per identi icare il riempimento della cavit acetabolare da parte della proliferazione osteo itosica. La radiogra ia in proiezione laterale del bacino e del tratto lombo-sacrale utile per effettuare la diagnosi differenziale con spondilosi, associata a Sindrome Della Cauda Equina. La proiezione DAR effettuata con paziente in posizione dorso-ventrale, con le zampe posteriori portate in avanti e sorrette da un apposito sostegno in modo da provocare rotazione suf iciente ad effettuare una visualizzazione del bordo acetabolare dorsale. In un soggetto normale il bordo acetabolare dorsale appuntito e la testa del femore ben inserita al suo interno, mentre in un soggetto displasico evidente la sclerosi del margine acetabolare e la forma smussata del labbro con testa del femore che si porta dorsalmente e lateralmente. La presenza di osteo iti sul margine acetabolare un ulteriore indice di displasia dell’anca che ci consente di seguire la progressione del processo osteoartrosico. Trattamento Il trattamento dipende dall’et del paziente, dal grado di disagio, dai rilievi dell’esame obbiettivo e radiogra ico. Il trattamento chirurgico sempre indica-
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
è
ù
f
f
f
è
f
f
è
f
f
è
ò
è
à
f
è
è
f
è
f
à
Theriaké
Figura 3. Ambulatorio Veterinario Carbone. Proiezione HD di un grado C: rispetto alle precedenti radiografie nel grado C possiamo gi riscontrare segni di artrosi nonch di incongruenza articolare. La forma dei vari componenti dell’articolazione pu risultare irregolare e si cominciano a intravedere segni di alterazioni dovute ai carichi anomali. Fra queste quella pi costante il segno di Morgan, ovvero una linea sclerotica presente nel collo del femore.
7
Ars veterinaria
Figura 4. Ambulatorio Veterinario Carbone. Proiezione HD di un grado D: nel grado D i segni di artrosi e di alterazione delle componenti articolari sono pi evidenti, ad esempio si evidenzia la cosidetta medusa che un’alterazione alla base della testa del femore, oltre al segno di Morgan sopra descritto. Inoltre l’angolo di Norberg sempre <105° arrivando addirittura a 90°.
to qualora il trattamento conservativo non risulti ef icace. Il trattamento conservativo a lungo termine prevede il controllo del peso, l’esercizio isico e la somministrazione di farmaci antin iammatori. La gestione conservativa, tuttavia, pu essere ef icace solo a breve termine, in quanto si veri ica il pi delle volte un progressivo sviluppo di osteoartrosi e i segni clinici possono manifestarsi poi in et avanzata. Il trattamento chirurgico, quindi, consigliato nel cane giovane, mentre nel cane maturo con osteoartrosi, un’ef icace gestione conservativa dipende dalla gravit della malattia degenerativa dell’articolazione [4]. Trattamento chirurgico Nei cani opportunamente selezionati, la sin isiodesi pubica giovanile migliora la congruit articolare, diminuisce la lassit dell'anca e pu invertire o prevenire la progressione della malattia degenerativa delle articolazioni. Per essere ef icace, la chirurgia deve essere eseguita in giovane et ed pi una procedura preventiva che una procedura strettamente terapeutica. preferibile effettuare l’intervento in soggetti con et compresa tra le 12 e le 18 settimane di vita; questo periodo pu essere approssimativamente aumentato ino a 22 settimane di et in tutte le razze giganti che completano lo sviluppo scheletrico in un tempo pi lungo. Il limite dunque di tale tecnica chirurgica appunto rappresentato dall’et del paziente. La tecnica chirurgica consiste nella cruentazione
ù
f
ù
à
f
È
f
à
ò
à
à
f
à
ò
ù
à
f
ò
è
[online]: ISSN 2724-0509
è
è
è
à
f
ù
è
è
f
à
ò
Theriaké
à
è
f
f
ù
ù
è
è
à
à
f
È
f
8
Figura 5. Ambulatorio Veterinario Carbone. Proiezione HD di un grado E: tutte le alterazioni precedentemente descritte diventano eclatanti con deformazione di tutte le componenti articolari, con lussazione della testa del femore e appiattimento della cavit acetabolare, oltre a tutti i segni di artrosi precedentemente descritti.
di una parte della sin isi pubica eseguita mediante l’utilizzo di un radiobisturi, effettuando dei fori e raggiungendo la porzione dorsale del pube. di fondamentale importanza proteggere l’uretra e il retto durante tale procedura in quanto potrebbero essere danneggiati dal surriscaldamento prodotto dallo strumento. Nel caso in cui il paziente abbia superato l’et massima consentita per il trattamento chirurgico mediante sin isiodesi ischio-pubica si pu ricorrere a svariate tecniche chirurgiche atte a migliorare la congruenza acetabolo-femore o a sostituire completamente l’articolazione. Nel caso in cui la displasia diventi clinicamente debilitante, possibile intervenire mediante tecniche di salvataggio che includono la sostituzione totale di acetabolo e testa del femore con protesi d’anca o l’escissione di testa e collo del femore con o senza interposizione di imbracatura muscolare [5]. Per quanto riguarda la sostituzione totale dell’anca, la tecnica fornisce al cane un’articolazione sferica indolore e meccanicamente sana. La complicanza pi comune sicuramente la lussazione, mentre la complicanza pi disastrosa la possibilit di infezione, evitabile seguendo rigorosi principi asettici e corrette procedure post-operatorie [6]. Il ritorno alla normale funzione per la maggior parte delle volte riportato al 95% dei casi [7]. Sono disponibili diversi tipi di protesi suddivisibili principalmente in cementate e non cementate e con una combinazione ibrida
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Ars veterinaria
[8]. I dati suggeriscono che il tipo di protesi associato al tasso di complicanze a breve e a lungo termine [9]. L’escissione della testa e del collo del femore una procedura chirurgica comunemente eseguita in cani e gatti di qualsiasi taglia o et . Idealmente la procedura non dovrebbe essere eseguita qualora sia possibile ripristinare l’integrit dell’articolazione coxofemorale. considerata una tecnica di salvataggio eseguita per ripristinare la funzione accettabile dell’arto e per alleviare il dolore nell’articolazione coxofemorale [10]. Per quanto riguarda il follow-up il paziente ritorna rapidamente ad avere una mobilit normale. Alcuni fattori, quali ad esempio la cronicit della condizione o altre malattie concomitanti, possono in luire negativamente sul risultato di tale tecnica chirurgica, in quanto la muscolatura potrebbe essere gi atro ica e questo rallenterebbe i tempi di recupero. Pazienti obesi, inoltre, recuperano molto pi lentamente rispetto a soggetti leggeri e con una buona massa muscolare. La tecnica chirurgica ha un importante impatto sul successo e sulla rapidit di recupero del paziente. innanzitutto fondamentale agire in maniera atraumatica sui muscoli glutei e della muscolatura dorsale all’articolazione dell’anca, in quanto questi risultano fondamentali per evitare in fase di guarigione la lussazione cranio-dorsale e prossimale del femore. In secondo luogo fondamentale effettuare un taglio netto sul collo del femore al ine di ottenere una super icie liscia dello stesso, per evitare il contatto con l’acetabolo e il conseguente dolore per il paziente, in particolare durante le prime fasi di guarigione in cui si forma la pseudoartrosi. Durante la fase post-operatoria di fondamentale importanza effettuare una riabilitazione muscolare nel paziente trattato, possibile tramite lente passeggiate al guinzaglio. In una seconda fase utile introdurre isioterapia mediante nuoto e brevi corse, qualora queste attivit siano ben tollerate dal paziente; nel caso di pazienti obesi con signi icativa atro ia muscolare, utile effettuare le attivit sopra citate [11]. L’osteotomia pelvica, prima effettuata in tre punti diversi (TPO), stata recentemente trasformata in duplice osteotomia pelvica (DPO), effettuando le osteotomie solo a livello di ileo e pube e sfruttando l’elasticit dell’ischio. Le osteotomie pelviche servono a ruotare l’acetabolo sopra la testa del femore in maniera da aumentare il contatto fra femore e bacino. Sono interventi che hanno spesso delle complicanze chirurgiche legate alla scarsa tenuta degli impianti e alle forze di carico notevoli a cui il bacino sottoposto. Un notevole passo avanti stato recentemente conquistato con l’utilizzo delle placche bloccate. Nei pazienti in cui sono presenti modi icazioni morfologiche troppo marcate per l’esecuzione dell’osteotomia pelvica ma che non sono ancora da considera-
à
à
è
è
è
f
à
è
è
è
è
è
à
f
à
f
è
f
f
è
f
è
f
f
à
à
è
Bibliografia 1. Fossum T.W. et al., Chirurgia dei piccoli animali. Masson edizioni 1999. 2. Bardens J.W., Palpation for the detection of joint laxity. In: Proceedings of the Canine Hip Dysplasia Symposium and Workshop. St.Louis: Orthopedic Foundation for Animals, 1972: 105-109. 3. Bojrab M.J. et al., Tecnica Chirurgica- Chirurgia ortopedico-traumatologica: rachide, scheletro appendicolare. Vezzoni A. e Mortellaro C.M. edd., UTET 2001. 4. Remedios A.M., Fries C.L., Treatment of canine hip dysplasia: a review. Can Vet J. 1995 Aug;36(8):503-9. PMID: 7585437; PMCID: PMC1687007. 5. Ibid. 6. Hohn R.B. et al., Der Hüftgelenkersatz beim Hund [Replacement of the hip joint in the dog]. Tierarztl Prax. 1986;14(3):377-88. German. PMID: 3764884. 7. Olmstead M.L., Canine cemented total hip replacements: state of the art. J Small Anim Pract . 1995 Sep;36(9):395-9. PMID: 8583768. 8. Harper T.A.M., INNOPLANT Total Hip Replacement System. Vet Clin North Am Small Anim Pract. 2017 Jul;47(4):935944. doi: 10.1016/j.cvsm.2017.03.003. PMID: 28576275. 9. Henderson E.R. et al., Evaluation of variables in luencing success and complication rates in canine total hip replacement: results from the British Veterinary Orthopaedic Association Canine Hip Registry (collation of data: 2010-2012). Vet Rec. 2017 Jul 1;181(1):18. doi: 10.1136/ vr.104036. Epub 2017 Apr 6. PMID: 28386028.; 10. Harper T.A.M., Femoral Head and Neck Excision. Vet Clin North Am Small Anim Pract. 2017 Jul;47(4):885-897. doi: 10.1016/j.cvsm.2017.03.002. PMID: 28576273. 11. Harasen G., The femoral head and neck ostectomy. Can Vet J. 2004 Feb;45(2):163-4. PMID: 15025155.
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
à
È
ù
à
è
è
f
è
È
f
à
à
è
f
f
f
ù
Theriaké
re canditati ad un intervento di salvataggio, quali la protesi d’anca, vi la possibilit di utilizzare la tecnica dell’artroplastica DAR, che consiste nell’innesto di osso prelevato dall’ala iliaca sul bordo acetabolare, in maniera tale da trasformarsi in super icie portante dell’anca. Il vantaggio di questo intervento che innanzitutto reversibile ed effettuabile in tutte e due le zampe contemporaneamente. Nella nostra casistica un intervento con elevata percentuale di successo e che non richiede ulteriori revisioni chirurgiche; tra l’altro permette il carico immediato degli arti ino ad arrivare a completo consolidamento nell’arco di 4 mesi. Tutte le tecniche chirurgiche sopra elencate devono essere impiegate selezionando attentamente i soggetti da operare, tenendo conto dell’et , del peso, dell’indole del paziente e della compliance del proprietario. Considerando che la displasia dell’anca una delle patologie pi frequenti in alcune razze di grossa taglia, da oltre un ventennio stato introdotto l’obbligo di effettuare le radiogra ie uf iciali per poter procedere alla selezione dei soggetti di razza destinati alla riproduzione e al miglioramento genetico; questi esami vengono effettuati da veterinari abilitati, collegati ad una centrale di lettura nazionale, con una refertazione standard quasi sempre associata alla ricerca della displasia del gomito.
9
Epilobium spp. Uso polivalente in itoterapia, ef icacia testata in vitro ed in vivo Carmen Naccarato*
L’
epilobio, Epilobium angustifolium Schreb., chiamato anche con il nome di garofanino di bosco [1], una pianta erbacea annua o perenne appartenente alla famiglia delle Oenotheraceae dalla distribuzione cosmopolita, anche se con una maggiore variet di specie concentrata nelle zone a clima temperato o freddo. Il termine epilobio deriva dalle parole greche “ep ” = “sopra” e “lobos” = “baccello”, per la posizione particolare del iore, che cresce sul baccello del seme. A ci legato anche il valore simbolico ascritto alla stessa, ovvero quello di “s ida”. All'interno del genere Epilobium sono incluse 186 diverse specie, tra queste se ne segnalano una decina appartenenti anche alla lora italiana: E. alpinum, E. alsinifolium, E. angustifolium, E. dodonaei, E. hirsutum, E. lanceolatum, E. montanum, E. palustre, E. parvi lorum, E. roseum, E. tetragonum. Questa pianta presenta steli eretti e pu raggiungere un'altezza massima di 2 metri. Le foglie sono lanceolate e molto allungate, disposte a spiga e sono caratterizzate da nervature circolari che non terminano sui bordi. I iori si presentano in grappoli che crescono, di fatto, sul baccello del seme, di un colore che va dal rosso porpora al magenta. In alto, il frutto una capsula cilindrica allungata rosso scuro che, aprendosi, rilascia centinaia di semi piumati, favorendo cos l'inseminazione. La cospicua piumosit bianca favorisce ef icacemente la dispersione dei semi ad opera del vento (disseminazione anemo ila), anche per questo motivo viene considerata una pianta infestante. L'epilobio si riproduce inoltre attraverso le radici, causando una rapida espansione della pianta ino a formare macchie di grandi dimensioni; si trova molto spesso in terreni umidi e leggermente calcarei, su campi e pascoli caratterizzati dalla terra bruciata, da cui deriva il suo nome inglese ireweed “erba di fuoco”, dato che questa pianta of icinale tende a crescere nei boschi nei periodi successivi ad un incendio. In antichit i nativi americani raccoglievano i giovani germogli dell’epilobio per mescolarli ad altre verdure crude e consumarli come pasto principale. Il gambo
Figura 1. Sommit fiorita di Epilobium angustifolium. Fonte: https://www.faidateingiardino.com/piante-officinali/epilobio
della pianta veniva comunemente impiegato per preparare un unguento applicabile su tagli e ferite, promuovendone l’esacerbazione e facilitando la rimarginazione della ferita. Questa erba essiccata era molto diffusa in tutta Europa e Inghilterra, conosciuta come “t russo” ino al 1918. La quantit di esportazione superava il diffuso t indiano. Nella moderna itoterapia l'epilobio viene utilizzato sotto forma di infusi e tintura madre. Le relative dosi di assunzione normalmente consigliate sono pari a: 1,5-2 grammi di droga in una tazza di acqua bollente (infuso) o 40 gocce di tintura madre due volte al giorno. Pu essere utilizzato inoltre come decotto: 3g/100ml per 15 minuti. Sono stati condotti studi in vitro per scoprire differenti aspetti della sua azione antiossidante e antiniammatoria. In particolare, sono stati osservati la capacit di inibizione dell’enzima ciclossigenasi (COX), un effetto agonistico-antogonistico sul recettore steroideo, cos come un effetto inibitore dell’aromatasi [2]. Gli inibitori dell’aromatasi sono molto diffusi nel mondo vegetale e appartengono soprattutto al grup-
*Farmacista
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
f
ì
ì
f
à
ò
è
[online]: ISSN 2724-0509
f
à
à
f
f
f
è
f
è
f
Theriaké
ì
f
f
à
f
à
ò
è
à
è
ò
f
f
10 f
f
Fitoterapia & Nutrizione
Figura 2. Struttura della enoteina B, da Schepetkin I.A. et al., Therapeutic Potential of Polyphenols from Epilobium Angustifolium (Fireweed). Phytother Res. 2016 Aug;30(8):1287-97. doi: 10.1002/ptr.5648. Epub 2016 May 24. PMID: 27215200; PMCID: PMC5045895.
po dei lavonoidi: quercetina, apigenina, naringenina, resveratrolo, oleuropeina, naringina, risina. In itoterapia, le parti utilizzate dell'epilobio sono le foglie e i iori, ma anche le sommit iorite. Le foglie tenere ed i giovani germogli di epilobio possono essere usati, crudi o cotti, nella preparazione di insalate [3]. Viene adoperato ad uso interno per le sue propriet espettoranti, antin iammatorie, per la presenza di lavonoidi (derivati del kaempferolo, quercetina e miricetina), analgesiche ed astringenti; mentre per uso esterno vanta propriet astringenti, emollienti e anti logistiche [4]. Per uso esterno, adatto per curare le dermatiti, le in iammazioni del cavo orale e nella cura delle afte. La specie parvi lorum deve le sue propriet antiniammatorie ai suoi piccoli iori che contengono mucillagini e tannnini (enoteine, i-Aromatasi o CYP P450-19A e i5-α-Reduttasi). Grazie alla sua azione anti logistica, una pianta particolarmente nota per la cura di patologie a carico della prostata, come l’ipertro ia prostatica benigna, la prostatite e per il trattamento delle infezioni delle vie urinarie. I preparati di epilobio sono comunemente usati nella medicina tradizionale per il trattamento degli stadi precoci dell’ipertro ia prostatica benigna e nelle in-
à
à
à
f
f
à
f
à
f
f
è
ù
è
è
à
à
f
à
f
à
f
à
è
à
f
f
ù
iammazioni. noto che il costituente dominante, enoteina B, responsabile degli effetti terapeutici dell’estratto. In diversi modelli in vitro l’estratto di enoteina B ha mostrato attivit biologica, tuttavia riguardo la biodisponibilit di questo macrociclico ellagitannino dimerico, gli effetti signi icativi in vivo rimangono irrisolti. Enoteina B non stata trovata nelle urine e nelle feci del gruppo trattato con l’estratto acquoso di E. angustifolium, comunque, sono stati trovati nelle urine metaboliti coniugati degli ellagitannini nella lora batterica intestinale, mentre nei volontari umani trattati con t di Epilobium erano presenti solo coniugati dell’urolitina. Nonostante gli effetti signi icativi osservati in vitro ed in vivo, non stato possibile stabilire inequivocabilmente i fattori che contribuiscono all’attivit osservata dell’estratto acquoso di Epilobium angustifolium, affrontando il problema dello sconosciuto destino metabolico dell’enoteina B e il metabolismo a livello della lora batterica intestinale [5]. Gli estratti di E. angustifolium, E. parvi lorum ed E. hirsutum sono potenti inibitori della proliferazione delle cellule cancerose della prostata con valori di IC50 (concentrazione di un inibitore enzimatico necessaria per inibire il 50% del bersaglio in esame) intorno a 35 µg/ml. Gli estratti testati riducono la secrezione di speci ici antigeni della prostata (PSA) e viene inibita l’attivit dell’arginasi. Comunque, l’enoteina B stato il pi forte inibitore della proliferazione cellulare, secrezione di PSA e attivit dell’arginasi. In pi stato dimostrato che gli ellagitannini dell’estratto di E. hirsutum vengono trasformati dalla lora batterica intestinale in urolitina. L’urolitina C mostra attivit nell’inibizione della proliferazione cellulare, secrezione di PSA e attivit dell’arginasi [6]. Lo scopo di diversi trials clinici monocentrici, randomizzati a doppio cieco vs placebo, stato quello di valutare se un’assunzione giornaliera di capsule gastroresistenti contenenti 500 mg di estratto acquoso di epilobio (EAE), per sei mesi consecutivi, poteva condurre un rilevante miglioramento dei sintomi in pazienti con ipertro ia prostatica benigna (BPH). Gli integratori alimentari a base di EAE inducono un signi icativo decremento nella quantit dell’urina residua nella vescica dopo la minzione (PVR) e conseguentemente nella nicturia, migliorando la qualit di vita come conseguenza del decremento di IPSS (international prostatic symptoms score). Nessun soggetto ha riportato effetti avversi correlati all’assunzione orale di integratori alimentari di EAE. Gli integratori alimentari di EAE non hanno mostrato tossicit renale ed epatica. In conclusione, gli integratori di EAE possono essere usati in soggetti con BPH, per migliorare la loro qualit di vita e la funzionalit renale in generale [7].
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
è
à
f
f
f
è
f
f
è
à
È
è
è
f
f
à
à
à
f
f
f
f
Theriaké
f
f
f
Fitoterapia & Nutrizione
11
Figura 3. Esemplari di Epilobium angustifolium. Fonte: https://www.erbecedario.it/it/epilobio.
A scopo cautelativo l'impiego di epilobio sconsigliato durante la gestazione e l’allattamento. stata inoltre considerata la possibilit di usare queste piante nei preparati per la cura e il trattamento di patologie dermatologiche. Sono state valutate le propriet antiossidanti, anti et e antin iammatorie di estratti in etanolo da E. angustifolium (FEE). Sono state effettuate valutazioni qualitative e quantitative di estratti chimici mediante gas cromatogra ia con spettrometria di massa e HPLC. stato valutato il contenuto totale in polifenoli dei componenti biologici attivi, come lavonoidi e pigmenti assimilabili. Sono stati inoltre selezionati gli acidi polifenolici. FEE stato valutato per le sue propriet anti et ed antin iammatorie, evidenziando una riduzione dell’attivit del 68% della lipossigenasi, del 60% della collgenasi e 49% dell’elastasi. FEE mostra inoltre elevate attivit antiossidanti. Questi studi mostrano che i componenti attivi contenuti in FEE attraversano la barriera protettiva della pelle e si accumulano in essa. I risultati ottenuti indicano pertanto che E. angustifolium potrebbe essere una pianta utile da sfruttare nell’allestimento di preparazioni cosmetiche e dermatologiche con propriet antin iammatorie [8].
à
f
à
è
f
à
È
[online]: ISSN 2724-0509
f
à
f
Theriaké
f
à
é
f
à
à
ó
è
f
à
12 f
È
Fitoterapia & Nutrizione
Bibliografia 1. Campanini E., Dizionario di itoterapia e piante medicinali. III Edizione, Tecniche Nuove, 2017, p. 266. 2. Hevesi T th B., K ry A., Az Epilobium parvi lorum kivonat hatásmechanizmusának in vitro vizsgálata [Epilobium parvi lorum--in vitro study of biological action]. Acta Pharm Hung. 2009;79(1):3-9. Hungarian. PMID: 19526676. 3. Campanini E., op. cit., p. 267. 4. Schepetkin I.A. et al., Therapeutic Potential of Polyphenols from Epilobium Angustifolium (Fireweed). Phytother Res. 2016 Aug;30(8):1287-97. doi: 10.1002/ptr.5648. Epub 2016 May 24. PMID: 27215200; PMCID: PMC5045895. 5. Piwowarski J.P. et al., Evaluation of the Effect of Epilobium angustifolium Aqueous Extract on LNCaP Cell Proliferation in In Vitro and In Vivo Models. Planta Med. 2017 Oct;83(14-15):1159-1168. doi: 10.1055/s-0043-109372. Epub 2017 Apr 28. PMID: 28454190. 6. Stolarczyk M. et al., Extracts from Epilobium sp. herbs, their components and gut microbiota metabolites of Epilobium ellagitannins, urolithins, inhibit hormone-dependent prostate cancer cells-(LNCaP) proliferation and PSA secretion. Phytother Res. 2013 Dec;27(12):1842-8. doi: 10.1002/ptr.4941. Epub 2013 Feb 25. PMID: 23436427. 7. Esposito C. et al., Epilobium angustifolium L. extract with high content in oenothein B on benign prostatic hyperplasia: A monocentric, randomized, double-blind, placebocontrolled clinical trial. Biomed Pharmacother. 2021 Jun;138:111414. doi: 10.1016/j.biopha.2021.111414. Epub 2021 Mar 23. PMID: 33765581. 8. Nowak A. et al., Epilobium angustifolium L. Extracts as Valuable Ingredients in Cosmetic and Dermatological Products. Molecules. 2021 Jun 7;26(11):3456. doi: 10.3390/molecules26113456. PMID: 34200200; PMCID: PMC8201033.
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
Caravaggio in Sicilia (II parte) Rodolfo Papa
I
l periodo siciliano di Caravaggio, cominciato nell’ottobre del 1608, intenso da ogni punto di vista, con la produzione di opere quali la Risurrezione di Lazzaro (1608-1609, Museo Regionale, Messina) e l’Adorazione dei pastori (1609 Museo Regionale, Messina). Probabilmente Caravaggio a Messina dipinse anche per Niccol Di Giacomo un ciclo di quattro tele con le Storie della passione ed alcuni San Girolamo, ma non sono stati in alcun modo rintracciati. L’ultima tela nota dipinta in Sicilia la Natività con i santi Lorenzo e Francesco realizzata tra agosto e ottobre 1609 a Palermo, come ricorda Giovan Pietro Bellori nel suo trattato biogra ico-teorico Le Vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, pubblicato a Roma nel 1672. L’opera venne dipinta per l’Oratorio della Compagnia di San Lorenzo, e purtroppo stata trafugata nell’ottobre 1969 ed tuttora irreperita. Spadaro ne ha identi icato una copia eseguita dal pittore palermitano Paolo Geraci nel 1627, cosa che concorre anche, indirettamente, a confermare il fatto che sia stata dipinta proprio a Palermo. Invece, una parte della storiogra ia pone in dubbio che sia stata dipinta a Palermo, e ipotizza che sia una commissione romana del 1600, por- Figura 1. Michelangelo Merisi da Caravaggio, Natività con i santi Lorenzo e Francesco tata poi via mare in Sicilia; altri, in- d’Assisi. 1600, trafugata nel 1969 dall’Oratorio di S. Lorenzo, Palermo. vece, ne spostano la data di esecuzione al 1610. In ogni caso, la tela sicuramente auche, giunti per affari da ogni dove, si ritrovavano neltografa. la Compagnia uniti dalla comune devozione al CorLa tela , inoltre, iconogra icamente legata all’amdone di san Francesco, come dimostra il fondatore, il biente cappuccino, peraltro in un momento storico genovese Antonio Massa. particolare in cui il provinciale dell’Ordine, il siciliaLa composizione risulta pi tradizionale, rispetto alle no fra’ Gerolamo Errante, aveva promosso e redatto altre opere siciliane, forse a motivo del gusto locale una rigida revisione della Regola minorita cappuccinelle soluzioni formali convenzionali. Infatti, san Lona, che, stampata nel 1606 dopo l’imprimatur del renzo e san Francesco sono posti ai lati della scena 1605, diffuse e applic a tutta la Provincia. centrale della nativit , secondo una struttura freInoltre, l’opera legata alla devozione propria dell’Oquente nelle pale d’altare cinquecentesche. Si inseriratorio di San Lorenzo, composto da ricchi mercanti sce nella tradizione delle Natività che ha nella Legen-
è
è
è
[online]: ISSN 2724-0509
f
f
ù
ò
à
Theriaké
ò
è
è
è
f
14 f
è
Delle Arti
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Delle Arti Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e ilosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della Ponti icia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti. Gi docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturali, Filoso ia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Universit Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; Ponti icia Universit Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo Ponti icio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monogra ie, molte delle quali tradotte in pi lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verit e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Societ ”; “Rogate Ergo”; “Theriak ” ). Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE. Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Pan ilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)
da Aurea di Jacopo da Varazze un importante riferimento:
personaggio che entra nella tela dal lato destro, appoggiato a un bastone. Questa igura anziana, che sembra dialogare con Giuseppe, stata identi ica con «Arrivati a Betlemme, Giuseppe e Maria non riuscirono a Fra Leone, fedele compagno di san Francesco, o pi trovare alloggio perch erano poveri, e tutti i posti erano verosimilmente con un pastore. gi stati occupati da quelli che erano venuti prima di loro San Francesco a ianco di Fra Leone, pi interno per la stessa ragione. Allora alla scena, alle spalle della si fermarono in un riparo «San Francesco si ammalò agli occhi perché Vergine, colto in atteggialungo la pubblica via che, mento di preghiera adocome si legge nella Historia piangeva sempre. Gli suggerirono di non rante. scholastica, si trovava tra piangere, ma lui rispose: Non è per amore San Francesco appare podue case ed era coperto da della vista, comune all’uomo e alle mosche, sto nell’oscurit , come se una tettoia [...] L Giuseppe avesse gli occhi ciechi e mise una mangiatoia per il che dobbiamo rifiutare di vedere la luce tuttavia contemplanti, bue e per l’asino, oppure, eterna» (cap. CXLIX). come sostengono altri, completamente assorto, siccome i contadini quaninclinati su una linea che, do andavano al mercato vi legavano i loro animali, la passando attraverso Maria, giunge al Bambino. Nella mangiatoia era gi l pronta. Proprio l a mezzanotte Legenda Aurea, Jacopo da Varazze riporta che san della domenica (il primo giorno del Signore!) la Beata Francesco: Vergine partor il suo iglio e lo adagi sul ieno, nella mangiatoia (nella Historia scholastica si dice che sant’Elena port poi quel ieno a Roma, ieno che miracolosamente l’asino e il bue non avevano mangiato)» (cap. VI).
«Non faceva uso di lucerne n di lampade n di candele per non deturparne lo splendore con le sue mani» (cap. CXLIX).
Peraltro, Niccol IV nel 1290 aveva incaricato Arnolfo di Cambio di sistemare il “Presepe”, cio la reliquia della mangiatoia di Ges , in Santa Maria Maggiore a Roma, collocando le statue di Maria, di Giuseppe e dei Magi, mettendo cos in evidenza il legame tra la pratica devozionale e gli sviluppi dell’arte sacra. Questi elementi della tradizione sono presenti in Caravaggio ed emergono diversamente reinterpretati, secondo il contesto e la volont rappresentativa, in modo particolare nella composizione. La resa dei personaggi porta in maniera pi chiara la particolare cifra caravaggesca. Infatti Giuseppe posto seduto, sul lato destro della tela, in modo che, con un’ardita torsione del busto assecondata dalle gambe scoperte, dia le spalle all’osservatore ma sia rivolto con il corpo al Bambino e con la testa verso un altro
«San Francesco si ammal agli occhi perch piangeva sempre. Gli suggerirono di non piangere, ma lui rispose: Non per amore della vista, comune all’uomo e alle mosche, che dobbiamo ri iutare di vedere la luce eterna» (cap. CXLIX).
Francesco, dunque, dipinto con gli occhi accecati che pure si ostinano a guardare verso la luce eterna. Infatti, nel quadro, il Bambino colpito da una luce che ne illumina il volto. San Lorenzo posto sul lato destro, vestito con la dalmatica, ed posto nella scia luminosa che va e viene dal Bambino, cosicch egli
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
f
ù
à
f
ù
è
f
é
f
f
ù
ù
à
f
è
f
é
é
f
è
ì
è
ò
f
à
è
f
è
é
[online]: ISSN 2724-0509
é
ì
ù
ò
f
f
é
f
è
ì
f
à
à
ò
è
à
ì
ì
ò
f
à
è
ù
à
à
Theriaké
e pi avanti, riportando elementi tratti dalla Legenda maior:
15
Delle Arti
Figura 3. Michelangelo Merisi da Caravaggio, Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi. Particolare del volto di S. Francesco.
Figura 2. Michelangelo Merisi da Caravaggio, Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi. Particolare del volto di S. Lorenzo.
appare in luce. Ancora nella Legenda aurea, relativamente a Lorenzo leggiamo: «Il nome di Lorenzo deriva da “lauro”, perch ottenne la corona della vittoria durante la sua passione [...] il suo colore verde si rispecchi nella limpidit e nella purezza del suo cuore, disse infatti: la mia notte non ha oscurit » (cap. CXVII).
Caravaggio usa qui una particolare sintassi pittorica; infatti se osserviamo i volti, vediamo che il volto di Francesco, che cieco, appare in luce, mentre il volto di Lorenzo, che «rispecchi nella limpidit » posto in ombra. I volti di Maria e di Ges , non solo sono investiti dalla luminosit del raggio celeste, ma sembrano risplendenti, fonte di luce essi stessi. Caravaggio d , dunque, una interpretazione anche linguistica delle due igure di santi, che vengono costruite non solo secondo una concezione storica, e non solo secondo un canone allegorico, ma con una sintesi di tutti i livelli, entro una resa realistica. Caravaggio compie ancora, dunque, una sintesi tra la natura realistica dei dettami postridentini proposti da Gabriele Paleotti nel suo Discorso sulle Immagini Sacre e Profane del 1594, e una visione neo-medievale, comunque forte e presente nella cultura e nella spiritualit dell’epoca. Come gi si pu evincere dall’analisi della tela dell’Adorazione dei pastori, il tema della nativit molto
à
è
è
à
à
f
è
è
à
à
é
à
à
à
à
à
ù
[online]: ISSN 2724-0509
à
à
ò
à
à
ò
f
Theriaké
ò
è
ò
f
à
à
à
f
16
caro all’ambiente francescano, ponendosi direttamente in relazione a quanto voluto la notte del 24 dicembre 1223 a Greccio, dallo stesso san Francesco. In quella notte, la sacra rappresentazione con i iguranti in carne ed ossa fu organizzata per offrire ai fedeli del paese la possibilit di radunarsi in preghiera attorno alla grotta, ponendo in essere un luogo che fosse per quei fedeli il luogo di Betlemme. Questa invenzione rinnova lo stesso linguaggio artistico, invitando alla sintopia e alla sincronia, per motivi spirituali. Questo tratto della spiritualit cristiana, che signi ica contemporaneit tra l’eternit di Dio e i tempi degli uomini, trova espressione nell’arte sacra, in modo particolare nell’epoca post-tridentina in cui Caravaggio vive, grazie anche alle gi citate interpretazioni di san Carlo Borromeo, sant’Ignazio, san Filippo Neri. Ricordiamo ancora come i Sacri Monti siano un luogo di sintesi di arte e devozione. Seguendo la tradizione, Caravaggio colloca nella tela anche un angelo che annuncia la nativit ai pastori e, appunto tradizionalmente, gli pone in mano il cartiglio con la scritta «Gloria in excelsis Deo». L’angelo rappresentato in modo molto dinamico; sembra scendere verso Maria, con il braccio sinistro, su cui avvolto il cartiglio, proteso sul capo della Vergine, e con il braccio destro, alzato e indicante verso il cielo. In questo modo la igura dell’angelo costruisce una specie di ponte di congiunzione tra cielo e terra, segnando una diagonale che individua, nell’oscurit della scena, la discesa di una luce che rischiara. Questa soluzione luministica ancora riecheggia il racconto di Jacopo da Varazze: «Infatti la notte stessa della nativit del Signore l’oscurit si trasform nel chiarore del giorno» (cap. XIV).
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Delle Arti
Figura 4. Anonimo scultore genovese del sec. XIII, sepolcro di Jacopo da Varazze (1228-1292), Museo di Sant’Agostino, Genova.
La luminosit della composizione, che gi Caravaggio aveva ricercato nella tela di Messina dall’analogo tema, viene riproposta qui con grande maestria. Caravaggio costruisce una struttura tale che i due santi Francesco e Lorenzo, rappresentati astanti e contemplanti, vengono inseriti come contemporanei all’azione, in memoria delle tele di tradizione che conosciamo solitamente come Sacre conversazioni e che pi profondamente rappresentano la Comunione dei santi nel corpo mistico della Chiesa. I due santi appaiono cos parte attiva nella tela, ognuno secondo la propria identit . Maria rappresentata centrale, all’incrocio di tutte le direttrici, segnate dalla luce, dai gesti e dagli sguardi. Tutto ruota intorno alla Vergine che rappresentata con gli occhi socchiusi e in un atteggiamento che sembra esprimere anche stanchezza, per assorta dal Bambino, e come illuminata di ri lesso. Il tratto caratteristico di Maria nell’opera di Caravaggio proprio nella sintesi di ordinariet e straordinariet , in un’espressione ef icace e riconoscibile di una reale umanit illuminata dalla singolarit degli eventi, gi tutta sintetizzata nella profezia di Isaia: «Ecco, una vergine partorirà» (Is 7,14). Caravaggio traduce, dunque, con il linguaggio proprio della pittura, quanto Jacopo da Varazze racconta narrativamente nel capitolo IV sulla Natività:
è
à
à
é
é
ù
ò
ò
ì
f
à
ò
f
è
à
à
à
à
é
à
Il Bellori sottolinea come questa Natività sia l’ultima opera siciliana di Caravaggio: «Dopo quest’opera non si assicurando di fermarsi pi lungamente in Sicilia, usc fuori dell’Isola, e navig di nuovo a Napoli, dov’egli pensava di trattenersi, in tanto che havesse ricevuto la nuova della gratia della sua remissione, per poter tornare Roma».
Dunque, nonostante fosse apprezzato e stimato, Caravaggio lasci la Sicilia, per recarsi a Napoli, avvicinandosi, cos , nel tempo e nello spazio, alla possibilit di tornare a Roma.
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
à
ì
ì
ò
f
à
ì
à
ù
ì
ì
ò
à
à
à
ù
è
f
ì
ò
f
Theriaké
«Fu in ine straordinaria per il modo in cui avvenne la generazione. Il suo fu un parto al di l della natura, dato che una vergine concep ; fu al di l della ragione, perch fu partorito Dio; al di l dell’umana condizione, dato che partor senza dolore; al di l della consuetudine, poich la Vergine non concep dal seme umano, ma dal mistico sof io dello Spirito Santo; lo Spirito Santo infatti trasse materia dalle pi pure e caste parti del sangue della Vergine, e con esse form il corpo di Cristo. Cos Dio ci mostr un quarto straordinario modo di fare l’uomo. Dice a questo proposito Anselmo: “Dio pu fare l’uomo in quattro modi: senza uomo n donna, come fece con Adamo; con l’uomo ma senza donna, come fece con Eva; con l’uomo e con la donna, come succede normalmente; con la donna ma senza l’uomo, come nel giorno del Natale”».
17
Cultura
Non luogo. Architettura disincarnata per comunità liquide Ciro Lomonte
Figura 1. Marco Casamonti, Archea Associati, ingresso della cantina Antinori, San Casciano in Val di Pesa (FI).
L’
architettura dei nostri giorni pare interamente ispirata da quella che potremmo de inire “l’estetica dell’aeroporto”: non luoghi studiati dai progettisti per passaggi fugaci, con un’attenzione tutta speciale dedicata ad incorniciare il paesaggio con materiali innovativi traslucidi e gigantesche vetrate. Ammesso e non concesso che questa sia la forma migliore per una aerostazione, mai possibile che si debba applicare la stessa poetica anoressica alle case, agli uf ici, agli ospedali, ai teatri, alle universit , agli asili nido? Tutti uguali, peraltro. Qualcuno sostiene che gli stilemi minimalisti non siano affatto ripetuti. Ci sono in inite declinazioni degli assoluti razionalisti, nella versione decostrutti-
Theriaké
f
f
à
à
[online]: ISSN 2724-0509
f
à
f
è
18
vista o supermodernista attuale. Sar vero? A sfogliare le riviste patinate degli architetti viene da pensare all’opera di Raymond Queneau, Esercizi di stile, novantanove modi diversi per raccontare la stessa storia banale. Come banali sono le citt , replicanti, senz’anima, che si stanno costruendo in ogni angolo del pianeta. Proviamo a passare in rassegna alcune opere contemporanee. Le aule della scuola materna Hakemiya, in Giappone (Figura 2), sono le sale d’attesa del ilm The Terminal, nelle quali intrappolare i poveri bambini, che, per quanto orientali, non sono insensibili al calore di decorazioni e colori. Esterni ed interni della cantina Antinori, a San Casciano in Val di Pesa (Figura 1), sono ambienti in cui far galleggiare nella luce e nell’alcool i visitatori. La
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Ciro Lomonte (Palermo 1960) un architetto, personaggio pubblico e politico, esperto in arte sacra. Dopo la maturit ha studiato presso le facolt di architettura dell’Universit di Palermo e del Politecnico di Milano. Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso studi privati di architettura; in uno di essi conobbe l’architetto Guido Santoro, con il quale strinse amicizia e sodalizio professionale. Dal 1987 al 1990 ha partecipato all’elaborazione del piano di recupero del centro storico di Erice. Nel 1988 inizia le sue ricerche nel campo dell’arte sacra. Ha partecipato alla ride inizione di molte chiese, in particolare Maria SS. delle Grazie a Isola delle Femmine, Maria SS. Immacolata a Sancipirello, Santo Curato d’Ars a Palermo ed altre. Attualmente, insieme a Guido Santoro, sta adeguando l’interno della chiesa di Santa Maria nella citt di Altofonte vicino Palermo. Dal 1990 al 1999 ha diretto la Scuola di Formazione Professionale Monte Grifone (attuale Arces) a Palermo. Dal 2009 docente di Storia dell’Architettura Cristiana Contemporanea nel Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Universit Europea di Roma. Nel 2017 stato candidato sindaco di Palermo per il partito indipendentista Siciliani Liberi. Si candida nuovamente nel 2022. autore e traduttore di numerosi libri e articoli dedicati alla architettura sacra contemporanea. Nel 2009, insieme a Guido Santoro, ha pubblicato il libro “Liturgia, cosmo, architettura” (Edizioni Cantagalli, Siena). corte interna e i disimpegni del ricco Rijksmuseum di C’ chi sostiene che il fenomeno riguardi pi che alAmsterdam (Figura 3) sono trasformati, sotto nuove tro l’Italia. In altre nazioni si trovano quartieri resicoperture in ferro e vetro, nelle banchine di una stadenziali molto pi belli e confortevoli dei nostri, perzione ferroviaria. Nella pensilina del vecchio porto di ch qui siamo riusciti a deturpare persino i centri Marsiglia (Figura 4), sir Norman Foster cerca di otstorici, vale a dire le citt pi ricche di opere d’arte tenere direttamente un effetto di straniamento. Ridel mondo, e abbiamo costruito periferie incredibillessi nello specchio, i mente brutte. Bisognepassanti non sono dove rebbe allora de inire se le «L’omologazione architettonica è virale. sono, sopra o sotto, diritti casette del Surrey o quelle All’apparenza si tratta di un fenomeno o capovolti. di Poundbury o i condoculturale, è l’evoluzione naturale dei La “Casa dell’In inito”, mini di Le Plessis-Robinlinguaggi dell’arte. A ben guardare si scopre son siano architettura dei realizzata a Cadice da che in realtà la componente affaristica è Alberto Campo Baeza, nostri giorni o passatila dimora algida di sentismo. Perch la cultura prevalente e la finanza si serve delle nelle bioniche del pianeaccademica internazionagiustificazioni della critica architettonica ta, spoglia di aggettivale ostracizza quei modelli, ufficiale per battere cassa» zioni, ricordi e simboli spingendo gli studenti a che possano relazionare moltiplicare i non luoghi la personalit degli abitanti con quella che dovrebbe anche nei centri storici, per farvi dialogare dentro le essere la pelle architettonica della loro anima. nuove non persone: un’estensione terribile dei conL’omologazione architettonica virale. All’apparenza cetti espressi nel 1992 dal sociologo Marc Aug nel si tratta di un fenomeno culturale, l’evoluzione nalibro Nonluoghi. Introduzione a una antropologia delturale dei linguaggi dell’arte. A ben guardare si scola surmodernità. pre che in realt la componente affaristica prevaLe autorit ecclesiastiche si sono adeguate all’andazlente e la inanza si serve delle giusti icazioni della zo corrente, af idandosi agli star-architects ed ai loro critica architettonica uf iciale per battere cassa. La emuli. Risultato? Chiese che non sembrano chiese. La griffe strumentale. Basti pensare, per fare un situazione desolante. Ne abbiamo gi parlato sul n. esempio recente, al degrado indecente in cui piom101 di Radici Cristiane, nell’articolo Nuove chiese, bato uno dei quartieri pi rinomati di Roma da fuochi fatui nella notte fonda [1]. In quel contesto quando i dirigenti di Eur SpA si sono af idati alle arsegnalavamo l’importanza del lavoro silenzioso svolchi-star. to negli ultimi anni dal Master in Architettura, Arti
à
é
è
è
ù
à
f
f
à
à
è
è
è
à
ù
ù
è
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
à
f
f
ù
à
f
à
f
à
é
f
è
à
è
è
è
f
é
Theriaké
è
f
È
Cultura
19
Cultura
Figura 2. Kenichirou Ide, Mariko Shimada (Rhythmdesign), Koichi Futatusmata Ritsu Shibata (Case-Real), aula della scuola materna Hakemiya, Kumamoto, Giappone.
Figura 4. Norman Foster, pensilina del vecchio porto di Marsiglia.
Sacre e Liturgia dell’Universit Europea di Roma, che sarebbe opportuno trasformare in un vero e proprio corso di laurea in Architettura. Paradossalmente, in citt come Los Angeles, gli atei hanno cominciato a costruirsi “mega-chiese atee”. Hanno mantenuto tutto: la chiesa, l’omelia, la questua, i dieci comandamenti, i canti, la comunit , la funzione domenicale e l’idea del servizio ai pi svantaggiati. L’unica cosa che manca Dio. L’iniziativa bizzarra e suscita stupore, ma in fondo dimostra che anche gli atei hanno i loro idoli, pi o meno consapevoli. Hanno sostituito Dio con un surrogato, preferendo trovare dentro di s una verit che va
à
à
f
à
ù
è
à
f
Theriaké
ù
é
ù
ù
è
à
20
Figura 3. Cruz y Ortiz Arquitectos, corte interna e disimpegni del Rijksmuseum di Amsterdam.
cercata al di fuori e al di sopra di essi. Che forma avranno questi templi dell’ateismo? Forse iniranno con l’adottare linguaggi classici e neostili, a differenza delle chiese cattoliche, che hanno assunto con igurazioni sempre pi secolarizzate e adatte a visioni orizzontali, quelle della morte di Dio. Non sono pi luoghi sacri, dell’incontro con il trascendente. Sono non luoghi, chiese liquide degne di una societ liquida. Pensati per essere luogo di incontro dei cristiani (fra di loro, non con Dio), sono al contrario ambienti in cui ci si sente straordinariamente soli e
Figura 5. La “Casa dell’Infinito”, realizzata a Cadice da Alberto Campo Baeza.
[online]: ISSN 2724-0509
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Cultura
Figura 6. Vittorio Gregotti, Menfi (AG), ricostruzione della Chiesa Madre dopo il crollo causato dal terremoto del Bel ce nel 1968.
abbandonati. Prendiamo il caso della chiesa madre di Men i (Figura 6), ricostruita da Vittorio Gregotti nelle forme scatolari da lui predilette, dopo il terremoto del Belice, che non aveva compromesso del tutto l’edi icio classico. La nuova “facciata”, un muro quasi impenetrabile e muto, allontana i fedeli piuttosto che attrarli. sormontata da un telaio di cemento a faccia vista, che dovrebbe incorniciare il mare per chi lo osservasse dalla pretestuosa “cavea” sul tetto. L’interno come un’arnia, disarmonica e labirintica. Distrutta l’abside della chiesa antica, i banchi sono stati ruotati verso un altare laterale, in un’aula tormentata da sgraziati piedritti cilindrici e un graticcio di travi disadorne. Alla presentazione del concorso di idee per una nuova chiesa in un altro paese siciliano, dal pubblico si levata una lamentela sull’inadeguatezza dell’arte sacra contemporanea rispetto alle richieste di bellezza manifestate dai fedeli. I responsabili dell’iniziativa hanno risposto che sarebbero stati organizzati seminari appositi per aiutare i parrocchiani ad apprezzare gli orientamenti pi aggiornati. Ormai siamo arrivati a questo, ai campi di rieducazione di coloro che ancora conservano un briciolo di buon senso. Un popolo che ancora una maggioranza, per quanto silenziosa, tiranneggiata da una minoranza clamorosa. Serve urgentemente un cantore del nuovo Arcipelago Gulag, immenso, in cui stato trasformato il mondo
1. Lomonte C., Nuove Chiese, fuochi fatui nella notte fonda. Radici Cristiane, n. 101, febbraio 2015. https://www.radicicristiane.it/2015/02/arte-cultura/nuove-chiesefuochi-fatui-nella-notte-fonda/ L’articolo stato pubblicato anche su Theriaké: Lomonte C., Nuove Chiese. Fuochi fatui nella notte fonda. Theriak [online]: ISSN 2724-0509, anno II n. 19, luglio 2019, pp. 26-36. https:// issuu.com/email782/docs/theriak__anno_ii_n._19
ì
È
è
è
f
f
è
Nota
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
é
è
ù
è
Theriaké
occidentale. Chi l’avrebbe detto che la democrazia avrebbe sortito effetti peggiori delle dittature post hegeliane del Novecento?
21
Cultura
La “Via della Thòlos” Appunti per il nostro futuro-antico Idee e progettualit per la valorizzazione dei siti nella “Sicilia prima dei Greci” Carmelo Montagna
Figura 1. Ambiente campaniforme tholoide con oculus nel castello di Sperlinga (EN).
C
on queste brevi note di sintesi mi permetto di suggerire qualche idea progettuale nel campo della valorizzazione del nostro poco conosciuto Patrimonio artistico, spesso perso nell’abbandono del latifondo agricolo della “Sicilia povera”. Potrebbe essere il quadro di riferimento per una strategia socio-culturale-politica nel merito degli obiettivi, di buon senso e largamente condivisibili, sintetizzabili in:
à
ù
à
Theriaké
[online]: ISSN 2724-0509
f
22
1. promuovere una economia integrale a partire dalle risorse di prossimit ; 2. contribuire all’apprendimento permanente e alla divulgazione della straordinaria storia siciliana, in particolare pregreca; 3. contribuire a realizzare opere ed itinerari culturali di valorizzazione e bellezza. Dando per scontato l’interesse generale per l’ambito del punto 1, mi soffermo in questa sede sul resto, che intende promuovere una pi generale e speci ica
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Carmelo Montagna (1956) architetto ed insegna Storia dell’Arte e Disegno al Liceo Scienti ico Statale “E. Basile” di Palermo. Dopo essersene occupato da "curioso"/studente di Architettura, dal 2003 in maniera sistematica conduce ricerche sul sito della Gurfa di Alia e sulla connessa “Civilt della Thòlos”, su cui ha tenuto conferenze e pubblicato vari scritti. Nel 2008 stato titolare di incarico di ricerca e studio presso il Dipartimento di Civilt Euro-Mediterranee e di Studi Classici, Cristiani, Bizantini, Medievali, Umanistici dell’Universit degli Studi di Palermo, sul tema “La Via della Th los”. I beni culturali volano per lo sviluppo economico locale. Integrazione di risorse e servizi all’interno di aree connotate da identità territoriali forti e riconoscibili. Tutor della ricerca il prof. Alessandro Musco. Un suo saggio, Architettura e mito alla Gurfa, pubblicato nel Catalogo della Mostra di James Turrell e Alessandro Belgiojoso, Terra e Luce, dalla Gurfa al Roden Crater, ed. Skira, 2009. Ha collaborato con l’Of icina di Studi Medievali di Palermo, presso le cui edizioni ha pubblicato: Il Tesoro di Minos. L’architettura della Gurfa di Alia tra Preistoria e Misteri, con un saggio introduttivo di Alessandro Musco, ed. Of icina di Studi Medievali, 2009; Thòlos: struttura di culto, potere e salvezza nell’architettura protostorica siciliana. Luoghi, reperti e relazioni fra mito e realtà del paesaggio archeologico, in: AA.VV., Santi, Santuari, Pellegrinaggi, Atti del seminario internazionale di studio, S. Giuseppe Jato-S. Cipirello (PA), 31.8-4.9.2011, ed. Of icina di Studi Medievali, PA, 2014. Email: carmont@alice.it .
presa di coscienza della “Storia della Sicilia prima dell’inculturazione greco-siceliota”. l’orizzonte culturale che in un formidabile testo del 1958 Luigi Bernab Brea de in appunto La Sicilia prima dei Greci; argomento ancora adesso di grande attualit , non pienamente recepito nei saperi diffusi e consolidati delle comunit locali, delle “aree interne” e della cosiddetta “Sicilia povera”, bisognosa di promozione della sana economia integrale e della ricostruzione di segni isici di Bellezza nel Paesaggio Culturale ⏤ spesso in abbandono ⏤ che ne caratterizza purtroppo i territori. Molto opportunamente, in questa prospettiva, si delinea quindi la necessit e promozione di scavi, ricerche, pubblicazioni, seminari e visite guidate, proprio perch in particolare «l’archeologia saldamente ancorata ai processi storici del tempo in cui viviamo. Non si tratta di una disciplina avulsa dal reale, ma impegnata a studiare e ricostruire il passato in chiave di supporto al futuro. Per questa ragione […] ed in particolare la sua principale branca che la Preistoria, si progressivamente aperta ad una visione multidisciplinare […]» [1].
A partire da questi orizzonti rinnovati di indagine necessaria ed urgente sui nostri territori diventa perci preziosa l’operativit “illuminata”, ripensando alle responsabilit storiche di “disattenzione” che il grande G. Tomasi di Lampedusa fa dire al Principe Fabrizio Salina, ne Il Gattopardo:
«[…] questi monumenti […] del passato, magni ici ma incomprensibili perch non edi icati da noi e che ci stanno intorno come bellissimi fantasmi muti […] opere d’arte enigmatiche […]» [2].
Entriamo nel merito con qualche esempli icazione concreta. conoscenza condivisa che la prima vera grande “Civilt ” o “Cultura Europea” si diffonde nel Continente a partire da tre caratteri comuni, cos riassumibili: 1. il culto della “Grande Madre”, nei suoi multiformi aspetti; 2. la ceramica del “Bicchiere Campaniforme”, con la sua misteriosa ritualit , associata sempre a particolari reperti e corredi funerari; 3. il “Megalitismo” architettonico, che caratterizza le forme degli impianti ed i luoghi di culto. Tutti questi caratteri sono presenti nei comprensori delle antiche idrovie siciliane (in particolare del iume Halykos-Platani), con la particolarit del nostro megalitismo, per quello che tristemente ne rimane, nei seguenti esempi: i dolmen di Mura Pregne (Figura 2) con il suo muro ciclopico, presso Himera, o quello di S. Giorgio (Figura 3), presso Sciacca, con altri recentissimi rinvenimenti, o i megaliti e le thòloi dell’area dei Nebrodi a Montalbano Elicona. Non si presenta di norma solo nelle forme del dolmen o del menhir conosciute in Europa o a Malta, ma in quello pi suggestivo e “segreto” dello scavo in roccia, per fare grotticelle funerarie o thòlos: quasi la
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
à
f
f
f
è
f
f
ì
à
è
f
ì
f
f
è
à
à
[online]: ISSN 2724-0509
à
à
f
à
é
f
ò
à
è
è
ù
à
é
à
ò
à
Theriaké
ò
È
È
è
Cultura
23
Figura 2. Dolmen di Mura Pregne, presso Himera, Termini Imerese (PA). Figura 3. Dolmen di San Giorgio, Sciacca (AG).
ò
[online]: ISSN 2724-0509
È
f
è
Theriaké
f
f
f
24 é
è
Cultura ricerca “sottile”, umbratile e ctonia, del contatto “profondo” con il grembo della “Grande Madre Mediterranea”, nel ciclo di vita-morte-rinascita che passa dai “misteri” del sottosuolo, noto mitologicamente per il culto di Demetra e Kore. Questa architettura in negativo, fatta per sottrazione di materia piuttosto che per addizione, contrariamente alle conclusioni devianti cui pu arrivare certo determinismo materialista legato alla sola consistenza del banco roccioso (del tipo: “se roccia dura si edi ica, se tenera si scava”), ha a che fare col mondo del simbolico. la ricerca dello strato di contatto ancestrale con il Sacro, poich rispetto a quelli che edi icano fuori terra, a contatto con l’aria, in elevazione, “verso l’alto”, sembra essere questo il tratto di equilibrio, datore di senso e forma all’architettura arcaica, che caratterizza i costruttori ipogeici protostorici della Sikania. Dei quali, occorre ricordarlo, fu maestro Dedalo, qui rifugiatosi in fuga da Minosse, in una saga di mito e d’avventura lungo la Valle del Platani-Halykos, e poi nel resto dell’isola, che gli storici antichi davano per “vera” (situata nel “tempo mitico delle Origini”, per dirla con M. Eliade) e collocavano nel “Tempo degli Eroi”, “tre generazioni prima della guerra di Troia”. Quella “venuta” mitica in Sicilia di Dedalo, unita a contatti iberico-nuragici, determina di fatto il passaggio ad una fase urbana di insediamento lungo le vallate luviali, con manufatti megalitici ed ambienti tholoidi. La vicenda, vasta e complessa, al con ine fra l’architettura e l’archeolo-
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Cultura civilt quasi “invisibile”, suggestivamente celata com’ nel paesaggio rupestre siciliano, trattandosi in larga parte di strutture architettoniche ipogeiche, costruite per sottrazione, dominanti luoghi di grande fascino e bellezza, nella Sicilia interna e profonda, dei silenzi e delle solitudini, lungo le antiche vie d’acqua probabilmente navigabili (l’Halykos/Platani-Fiume Torto-San Leonardo, l’Himera Superiore e Inferiore/ Salso, il Simeto-Dittaino, l’Anapo, la Valle dello Jato) che mettono in collegamento l’interno dell’antica Sikania con le coste del Tirreno, del Canale di Sicilia e del siracusano. Le thòloi uf icialmente censite sono qualche centinaio e sono quasi dappertutto. Moltissime sono di modeste dimensioni, ubicate in necropoli depredate in antico e ad evidente uso funerario; sono caratterizzate dalla particolare forma scavata ad ogiva, con “scodellino” incassato di sommit (Figura 5). Alcune sono di dimensioni rilevanti, a doppia camera e situate in complessi rupestri monumentali di so isticata progettazione e manifattura, probabilmente legate come sembrano essere oltre che al mondo funerario alla dimensione cultuale e templare, per la presenza di camere funerarie dinastiche con banchine e grandiose dimensioni dell’ambiente campaniforme, quasi sempre con la presenza di un “foro” (oculus) di luce in sommit , per esempio nei casi di
Figura 4. Thòlos di Atreo, XV sec. a. C., Rocca di Micene.
gia, della presenza dolmenica e degli ambienti a thòlos nella realt archeologica del paesaggio protostorico siciliano, con le estensioni d’uso improprio di quegli ambienti ino alla nostra contemporaneit , non ha ancora avuto l’attenzione sistematica che merita, con qualche rara eccezione. In particolare la diffusa presenza in Sicilia della “Cultura della Thòlos”, tratta di un autentico “codice architettonico”, che de inisce esattamente l’ambiente culturale che lo esprime. Si tratta di una “classe” di ambienti-strutture che perfettamente inseribile, come tipologia architettonica, nella genealogia di un arco cronologico vastissimo, a partire dalla memoria ancestrale della “casa-tomba a thòlos” del Neolitico cipriota di Choirokotia (circa VI millennio a.C.), passando per la costruzione pi nota e signi icativa: il “Tesoro di Atreo” (Figura 4) a Micene (XV sec. a.C.). Gli ambienti a thòlos presenti in Sicila documentano una fase culturale protostorica di livello euromediterraneo, frutto plurisecolare di contatti transmarini con comunit Egeo-Micenee, principalmente per il commercio del sale e dello zolfo nell’et del Bronzo, lungo le vie di penetrazione luviale per l’entroterra isolano, unitamente ad elaborazioni autoctone derivanti dagli ingrottati eneolitici e dal modello funerario della grotticella castellucciana. una fase di
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
à
f
à
f
à
È
f
ù
f
à
[online]: ISSN 2724-0509
è
f
f
à
à
à
è
Theriaké
Figura 5. Piante e sezioni di thòloi siciliane (tratto da Pace B., Ori della regia Sicana di Camico, ristampato in Kamikos, Comune di S. Angelo Muxaro 1999).
25
Figura 6. Tomba del Principe a Sant’Angelo Muxaro (AG).
Sperlinga (Figura 1) o Sant’Angelo Muxaro, che non Quello che avviene alla ine del mondo antico negli ha foratura all’apice (Figura 6), o in quello meno stessi ingrottati-thòlos della Valle del Platani che conoto ma pi grandioso della Gurfa di Alia (Figura 7). nosciamo meglio, , brevemente, questo. Li usano i molto probabile che monaci cristiani orientali l’Oculus de inisca uno anacoreti, scampati alla «Le nostre th loi ci possono “raccontare” spazio templare e liturgipersecuzione iconoclasta; sette, otto secoli di “storia” in più di quella co a differenza della diventano abitazioni e che si riferisce alla colonizzazione Greca; semplice sepoltura con magazzini per gli islamici “scodellino” apicale. cioè, per semplificare il ragionamento, erano (gurfe, ddieri); vengono Per forma e dimensioni usati, spesso anche come già “archeologia” quando si costruì la possibile associarle tipogrande architettura templare della Valle dei luogo di culto, dai Cavalielogicamente alla memori Teutonici, molti di essi Templi di Agrigento» ria omerica dei “Tesori” sono pieni di croci “potendi Atreo a Micene o di ti” e segni che hanno a che Minyas ad Orchomenos, datati attorno al XV sec. a.C. fare con la religiosit contadina del latifondo, ino ad Sia pure problematica la loro funzione, per carenza arrivare ai Borbone, che, per esempio alla Gurfa di di reperti uf iciali e di studi adeguati, ad eccezione, Alia, pagavano per ino un custode per prendersene per es., di quelli di P. Orsi per Sant’Angelo Muxaro, cura. Poi venuto l’abbandono e l’incuria, e poi ancosembrerebbero strutture architettoniche funerarie e ra ci siamo noi, che dobbiamo fare il possibile per la di culto associate a centri di potere preminenti sul loro conoscenza e valorizzazione. Anche per farne territorio, anche per l’evidenza della loro strategica volano di sviluppo compatibile con la vocazione del ubicazione su valichi e linee di percorrenza obbligaterritorio. Le nostre thòloi ci possono “raccontare” te. sette, otto secoli di “storia” in pi di quella che si rife-
[online]: ISSN 2724-0509
f
ù
è
f
à
f
Theriaké
è
ò
f
f
ù
26 è
È
Cultura
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
risce alla colonizzazione Greca; cio , per sempli icare il ragionamento, erano gi “archeologia” quando si costru la grande architettura templare della Valle dei Templi di Agrigento. Alla luce del paesaggio archeologico delineato, la cui esistenza in antico quindi certa, l’architettura “dedalica” in Sikania va affrontata anche come “problema spirituale”, oltre che dare per scontato che la “casa/dimora di Dedalo” doveva trovarsi da qualche parte nell'entroterra Platani/Halykos. Da questo punto di vista specialistico, per de inire cos' e dove cercare l' “Architettura Dedalica”, occorre colmare le narrazioni precarie usuali, per una corretta Storia dell'Architettura Antica in Sicilia prima dei Greci. paradossalmente cristallizzato agli Atti del I congresso internazionale di studi sulla Sicilia antica, pubblicati nel 1965, il seguente lucido intervento di un importante archeologo, G. Caputo, che si occupa, purtroppo senza seguito signiicativo di ricerca sul territorio, della Tradizione e corrente “Dedalica” nella Sikania antica: «[...] la Sicania vera e propria la costa della Sicilia centro-meridionale e del suo retroterra: la immaginiamo quasi come un triangolo con il suo vertice sul Tirreno. Il poco che si potr dire non soltanto il cauto frutto di uno sguardo d'insieme, ma il logico sbocco di idee al momento di fare il punto sul corso delle mol- Figura 7. Ambiente campaniforme tholoide con oculus della Gurfa di Alia (PA). teplici discussioni che sorgono da un problema fondamentale della storiosulla Rupe di Marianopoli (CL), in allineamento con il gra ia siciliana, vecchio di quattro secoli a partire da Tommaso Fazello, che si pu indicare e rappresentare ⏤ tramonto del Solstizio d'Estate sulla singolare “Petra simbolicamente ⏤ con tre nomi: Minosse, Dedalo e Coperciata” di Cozzo Pirtusiddu, sulle Serre di Villalba calo re dei Sicani. Tra la posizione cronologica che si pu [4]. attribuire alle vicende ad essi legate e quella che si pu La convalida di questi rinvenimenti rimetterebbe designare, non sempre paci icamente, in base alle risul“uf icialmente” in discussione la tematica del megalitanze archeologiche soprattutto di S. Angelo Muxaro e di tismo in Sicilia, che cos , oltre ogni eccesso di pruPolizzello, corre un divario di generazioni, che non si pu denza accademica, appare in piena luce per quello bene riempire. Ma un ilone le congiunge, indissolubilche ; cio non raro ed occasionale episodio di area mente, da costituirne un evo vero e proprio» [3].
Sempre a titolo di esempio di scuola, qualche altra considerazione va fatta sul caso importante del “recinto megalitico/cromlech” di Vallescura (Figura 8),
ò
ò
ò
f
f
marginale e periferica, come si era creduto ino ad ora. La rilettura, dalla necropoli di Vallescura, deve essere inquadrata anche nel complesso di relazioni architettoniche ed allineamenti territoriali signi icativi che
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
è
ò
f
ì
è
f
à
f
ì
è
f
è
è
à
è
è
f
Theriaké
f
f
È
Cultura
27
Cultura
Figura 8. Settore scavato del cromlech di Vallescura sulla Rupe di Marianopoli (CL).
sembrano orientare verso un altro singolare ed imponente sito rupestre sulle Serre di Villalba, a circa 9 km in linea d'aria oltre la vallata del iume Bil ci, curiosamente “forato”, la cui monumentalit paesaggistica ancora percepibile e presente anche al distrat-
to passante. Si tratta di relazioni archeoastronomiche attestate al tramonto del Solstizio d’Estate, osservate dal sito del circolo megalitico dell’et del Bronzo Antico di Vallescura, sulla Rupe di Marianopoli, in vista del Santuario pansicano di Polizzello, nel paesaggio archeologico dell’antica idrovia Halykos/Platani, nella vallata del iume Bil ci, con indizi e dati di ricerca comparativa per una probabile attribuzione del sito rupestre. Con queste esempli icazioni ci sembra di avere delineato un contributo di idee e progettualit per la realizzazione concreta della “strategia del Tridente” ⏤ Saperi, Sapori e Mestieri ⏤ in una possibile “Via della Thòlos”, per farne volano di sviluppo socio-economico compatibile con la vocazione dei
luoghi. Per chi volesse saperne di pi rimando, per i riferimenti generali e di contesto dell’idea progettuale, alla mia ricerca ancora in corso (Figura 9) [5].
Note
Figura 9. Copertina della ricerca “La Via della Thòlos”.
ì
à
à
f
[online]: ISSN 2724-0509
f
à
ù
f
à
à
Theriaké
à
f
ì
è
28
1. Finocchiaro F., intervista a Massimo Cultraro, in: https:// www.corrieretneo.it/2021/11/21/archeologia-intervista-a-massimo-cultraro-aperti-a-visione-multidisciplinare-indaghiamo-dna-antico-per-nuove-scoperte/ 2. Tomasi di Lampedusa G., Il Gattopardo. Feltrinelli Editore Milano, 1958, p. 212. 3. Caputo G., Tradizione e corrente 'Dedalica' nella Sikania antica. In Kokalos, studi pubblicati dall'Istituto di Storia Antica dell'Universit di Palermo, direttore Eugenio Manni, X- XI 1964-1965, Atti del I congresso internazionale di studi sulla Sicilia antica, p. 100. 4. Per la particolare importanza del risultato di scavo nel sito megalitico si rinvia alla lettura attenta di Nicoletti F., Panvini R., Due insediamenti del Bronzo Antico nella Valle del Platani (Caltanissetta): Corvo e Valle Oscura. In Panvini R., Congiu M. (a cura di), Indigeni e Greci tra le Valli dell’Himera e dell'Halykos, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Caltanissetta 15-17.6.2012, ed. Ass.Reg.B.C.-Museo Reg.CL e Lions Club Caltanissetta dei Castelli, pp.119-149. 5. Per i riferimenti generali e di contesto dell’idea progettuale: Montagna C., La Via della Thòlos. Percorsi protostorici dalla sikana Valle del Platani-Halykos, antica “Porta d’Europa”. I beni culturali volano per lo sviluppo economico locale. Integrazione di risorse e servizi all’interno di aree connotate da identità territoriali forti e riconoscibili. Elaborato inale del contratto di collaborazione coordinata e continuativa per l’incarico di ricerca e studio con il Dipartimento di Civilt Euro-Mediterranee e di Studi Classici, Cristiani, Bizantini, Umanistici dell’Universit degli Studi di Palermo. Tutor della Ricerca Prof. Alessandro Musco. Settembre 2008.
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
Cultura
Il Museo Diocesano di Monreale Irene Luzio*
I
Figura 1. Sala d’ingresso del Museo Diocesano di Monreale (PA).
l Museo Diocesano di Monreale [1] costituisce probabilmente un unicum nel panorama siciliano, per non dire italiano o addirittura mondiale. La sua peculiarit emerge dalla compenetrazione tra la preziosit di un patrimonio artistico sacro plurisecolare, l’eleganza del sito espositivo ⏤ il Palazzo Arcivescovile ⏤ e l’apertura verso il Duomo, la citt e l’ambiente circostante. Originale anche il progetto espositivo realizzato, che coniuga felicemente il criterio storico-artistico alle esigenze catechetiche e devozionali proprie di un contesto diocesano: se, infatti, si d il giusto risalto ai protagonisti della storia del Duomo e del suo tesoro ⏤ committenza religiosa e laica, artisti e umili maestri di bottega ⏤ all’evoluzione degli stili e del gusto, alla raf inatezza esecutiva delle opere e al gran pregio dei materiali, d’altra parte si presta una partico-
lare attenzione all’analisi iconogra ica e iconologica delle opere ⏤ che decripta il messaggio evangelico celato da simboli ⏤ e rievoca, dove possibile, l’originaria funzione sacra delle opere e dello spazio espositivo che le ospita. Ogni sala dispone di una particolare veduta sul chiostro, sui mosaici del Duomo, sul paramento murario esterno delle absidi, su Palermo, la Conca d’oro, il mare. L’allestimento si articola dunque secondo un andamento di progressione cronologica ⏤ Sala Normanna, Sala del Rinascimento, Cappella Neoclassica ⏤ che per prevede signi icative eccezioni: la Sala di San Placido, la Sala dei Vescovi, la Sala Renda Pitti, la Sala Etno-antropologica e la Cappella Roano [2]. La sala d’ingresso presenta una raccolta di manufatti lapidei, di varia natura e provenienza, tutti altamente signi icativi per la storia del Duomo. Il pi emblema-
*Università degli Studi di Palermo.
ù
[online]: ISSN 2724-0509
f
à
à
à
f
Theriaké
à
è
ò
f
f
30
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Cultura
Figura 2. Sarcofago dei leoni, III sec. d.C.
tico il cosiddetto sarcofago dei leoni, databile al III sec. d.C. e attribuibile a bottega romana ⏤ vista l’analogia stilistica con l’esemplare della collezione Torlonia, esposto presso i Musei Capitolini in occasione della mostra: I marmi Torlonia [3]. Presenta una struttura a lenos ⏤ a vasca ⏤ privo di coperchio. decorato da profonde scanalature ondulate, contrapposte e convergenti verso il centro, mentre alle due estremit si collocano due rilievi speculari: due leoni, dalle teste fortemente aggettanti, che addentano al collo due ongari, seguiti dalla igura del venator, il cacciatore. Venne trasformato in fontana nel 1800: presenta ancora i fori per la fuoriuscita dell’acqua. La tradizione che identi ica questo sarcofago con la primitiva sepoltura di Guglielmo II fortemente dibattuta [4]: un’ipotesi alternativa che vi sia giunto in et moderna, dati i frequenti commerci antiquari che i vescovi monrealesi ⏤ tra tutti Giovanni Borgia (1483 - 1503), Pompeo Colonna (1530 1532) e Alessandro Farnese (1536 - 1573) ⏤ intrattenevano con Roma. Dall’ingresso si accede alla Sala San Placido ⏤ in origine cappella di San Placido, commissionata nel 1590 da Ludovico II Torres ⏤ che presenta una conformazione rettangolare, conclusa da un’abside nel lato corto speculare all’ingresso, coperta da una volta a botte affrescata, al cui centro si colloca lo stemma del Torres e l’iscrizione datata della dedicazione a S. Placido. La sala d anche accesso al chiostro benedettino. L’intero allestimento della sala improntato a rievocarne la funzione originaria, esponendo i paliotti (molti dei quali risalenti al XVII sec.) ricamati a punto raso, con ili d’oro e argento su velluto o ili di seta policroma su lino in teche rettangolari, sormontate da grandi pale d’altare, cos da richiamare visivamente l’immagine di altari laterali. Nella zona absidale, la teca con paliotto sormontata dalla preziosa statua lignea di S. Castrense, patrono di Monreale, databile a inizio XVIII secolo e riferibile a scultore siciliano: se ne possono apprezzare il panneggio virtuoso, l’accuratezza anatomica, la smaccata teatralit
à
à
f
f
f
è
ù
è
f
à
è
f
à
ì
è
della posa. La sala conserva opere provenienti non solo dal duomo, ma da altre chiese monrealesi. L’opera pi signi icativa indubbiamente l’arazzo del sogno di Guglielmo, databile alla seconda met 1700, di manifattura napoletana (attribuito a Pietro Duranti): riproduce il dipinto del palermitano Gioacchino Martorana (met del XVIII sec.), esposto in questo stesso Museo. L’iconogra ia si riferisce, naturalmente, alla leggenda della fondazione del Duomo e della citt stessa di Monreale: la Madonna sarebbe apparsa in sogno a re Guglielmo II, che riposava sotto un carrubo, in una pausa da una battuta di caccia; la Santa Vergine indica il luogo in cui il sovrano normanno avrebbe trovato un tesoro, che sarebbe servito a inanziare l’edi icazione del Duomo a Lei dedicato (S. Maria Nuova). L’arazzo si caratterizza per l’uso di colori caldi e brillanti, per l’impostazione diagonale della composizione, per la presenza di elementi altamente signi icativi, come la pianta del duomo retta dagli angeli, l’arco e le frecce ai piedi di Guglielmo, le monete del tesoro con cui giocano i puttini. Un’altra opera merita di essere ricordata: L’angelo custode di Pietro Novelli, il celebre pittore monrealese. Si tratta di un olio su tela, datato 1640, una replica pi raf inata del dipinto di Cefal che presenta il medesimo
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
ù
è
f
à
à
f
à
f
f
f
à
È
ù
è
Theriaké
Figura 3. Il sogno di Guglielmo, met 1700, arazzo di manifattura napoletana attribuito a Pietro Duranti.
31
Cultura
Figura 4. Pietro Novelli, L’angelo custode, olio su tela 1640.
Figura 5. Sala San Placido.
soggetto. Rappresenta un angelo custode, che indica il Cielo luminoso al bambino al suo ianco, che accoglie devotamente l’ispirazione; se ne possono apprezzare l’impostazione diagonale, i panneggi ampi e morbidi, le in luenze iamminghe nell’equilibrio e armoniosit delle igure e nell’impostazione della scena entro uno spazio architettonico, che affaccia sullo sfondo paesaggistico, soprattutto del cielo, trattato con peculiari giochi luministici e cromatici, ma anche echi caravaggeschi, evidenti nei giochi chiaroscurali delle igure e soprattutto nella mano dell’angelo, che appare identica a quella del Cristo nella Vo-
f
f
f
à
f
[online]: ISSN 2724-0509
f
f
ò
à
à
f
à
Theriaké
f
f
f
è
à
ù
è
ù
è
f
32
cazione di S Matteo [5]. L a S a l a N o rmanna ospita le opere pi antiche del percorso museale, datate tra il tardo XII ed il XVI secolo (post 1150 – 1500); si colloca al primo piano ed offre una straordinaria veduta sui mosaici del duomo. L’opera pi em- Figura 6. Madonna dell’Umiltà, met del blematica della sec. XIV. sala era la Madonna Odigitria [6] ⏤ icona di ambito bizantino, della met del XII secolo ⏤ attualmente restituita alla devozione dei fedeli, all’interno del duomo. Un’altra opera signi icativa la Madonna dell’Umilt , una tavola dipinta, databile alla seconda met XIV secolo, attribuita a Barnaba da Modena, e ripropone la matrice iconogra ica della Mater Omnium di Roberto d’Oderisio (1350 ca.) nella chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli: seduta per terra, la Vergine allatta il Bambino, entrambi osservano lo spettatore; si pu apprezzare il vivace n a t u ra l i s m o d e l l e forme, delle pose e delle espressioni, la morbidezza dei panneggi, di colori simbolici come blu, rosso e oro. Bisogna ricordare due preziosi reliquiari. Il primo il Reliquiario della Sacra Spina, databile tra XIV e XV secolo ⏤ con aggiunte relative al XVII ⏤ ed realizzato in oro, argento, smalti, gemme e cristallo di rocca: presenta una base polilobata e un fusto culminante con Figura 7. Reliquiario della Sacra Spina, sec. XIV - XV. un elemento sferico, di in luenza spagnola, traforato e ornato da elementi itomor i (XVIII sec.), una teca centrale in cristallo di rocca (XIII sec.) che conserva la Sacra Spina, coronata da una spilla di origini francesi (XIV sec.) in lamina d’oro, ametiste, smeraldi e perline, su cui svetta la croce apicale ( ine
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Cultura
Figura 10. Sala Salvatore Renda Pitti. Figura 8. Cofanetto reliquiario, sec. XV.
XIII - primi XIV). Il secondo reliquiario un cofanetto in legno e pastiglia dorata, tardogotico (XV sec.), di manifattura probabilmente senese. Ha conservato parte delle reliquie di S. Luigi IX di Francia e per secoli stato racchiuso nel suo sarcofago. Presenta, sul recto, una decorazione a igure cortesi su sfondo vegetale, mentre sugli altri tre lati presenta un’aquila; ai quattro angoli igurano delle placche di rame, sbalzato e cesellato a motivi geometrici.
Figura 9. Luca o Andrea della Robbia, Madonna col Bambino, fine sec. XV.
Sempre al primo piano, proseguendo, si raggiunge la Sala del Rinascimento: espone opere databili tra il tardo XV secolo e i primissimi anni del XVII, affaccia sulla Conca d’Oro e sulle absidi esterne del Duomo. L’opera indubbiamente pi rilevante della sala il tondo della Madonna col Bambino di Luca o Andrea della Robbia ( ine XV sec.), in ceramica invetriata, con sfondo blu e dorature nei capelli, nelle vesti e sul collo della Vergine. L’iconogra ia utilizzata quella
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
é
è
f
f
f
è
f
è
è
è
é
f
f
f
è
f
à
ù
[online]: ISSN 2724-0509
f
f
ù
f
è
f
f
è
à
f
à
f
à
è
è
f
Theriaké
della Glikophilousa, in cui la Vergine viene colta in atteggiamento tenero ed amorevole verso il Bambinello, che La ricambia; si possono apprezzare la serenit e l’intima affettuosit degli atteggiamenti, la raf inata eleganza delle pose, la morbidezza dei panneggi. Proviene dall’Abbazia di S. Maria del Bosco di Calatamauro, distrutta da un terremoto negli anni ’60. Al secondo piano si colloca la Sala Salvatore Renda Pitti, dedicata all’omonimo economo monrealese che, scomparso nel 1992, ha devoluto la propria collezione privata al Museo Diocesano di Monreale, perch fosse fruibile al pubblico. Sono esposte soltanto le opere d’arte sacra ⏤ o pertinenti ⏤ alcune dislocate nelle varie sale, ma in buona parte concentrane in questa, a lui dedicata. La sala affaccia sul chiostro benedettino. Conserva opere di epoche e tipologie differenti ⏤ dalle suppellettili liturgiche alle tele, dalle maioliche ai croci issi polimaterici, al celebre mappamondo del XIX secolo, in legno e pastiglia policroma. Tra quelle pi signi icative possiamo ricordare la Croci issione con committenti, un olio su tela della met 1600, di pittore iammingo: l’in luenza vandyckiana chiaramente leggibile nella resa del Cristo spirante, che spicca chiaramente contro il fondo scuro, la cui intera anatomia esprime una marcata tensione verticale, con il perizoma annodato a sinistra, che ricade sulla destra; af iancato da igure nobili, probabilmente committenti in orazione e contemplazione. Possiamo ricordare altri due oli su tela, databili entrambi al XVIII secolo. Il primo, attribuito ad Antonio Manno, rappresenta San Michele Arcangelo, af iancato da puttini, trionfante, regge il vessillo della croce e indossa un manto rosso gon iato dal vento e un’armatura: al centro della corazza igura l’immagine dell’Immacolata; l’intera scena sovrastata da un sole, de inito da un cerchio splendente in cui inscritto un triangolo: si tratta di un simbolo della Tri-Unit divina. Il secondo dipinto riferibile a pittore siciliano ed peculiare perch rappresenta la Madonna della Misericordia, che accoglie i devoti
33
neoclassica (si data alla seconda met del XVIII sec.), il secondo ancora improntato al pathos e alla teatralit barocca (si data agli anni ‘20 dello stesso secolo). Tra la sala Renda Pitti e la Sala dei Vescovi si situa un piccolo ambiente di disimpegno, detto Sala della Portantina. L'ambiente custodisce manufatti tessili, reliquiari a busto e la portantina che le d il nome: si tratta di un’opera di ine XVIII, riferibile a maestranze palermitane, realizzata in legno intagliato e dorato, bronzo, cuoio, seta; ornato dalle personi icazioni delle virt cardinali ⏤ prudenza, giustizia, temperanza e fortezza ⏤ e dall’allegoria della Verit ; veniva utilizzata dal vescovo per portare l’eucarestia agli infermi. Signi icativi sono i due busti reliquiari di S. Ignazio e S. Francesco Saverio, in argento sbalzato, cesellato e fuso, in parte dorato: entrambi riferibili ad argentieri palermitani (seconda met del XVII sec.) e provenienti dalla chiesa del S. Cuore di Monreale. Proseguendo al secondo piano, si giunge alla Sala dei Vescovi: probabilmente la pi affascinante dell’intero percorso museale, espone manufatti sacri legati alla committenza dei vescovi, con un particolare focus sulle personalit pi illustri che hanno retto la Diocesi in et moderna ⏤ da Alessandro Farnese (1536-1573) a Domenico Balsamo (1816-1844) ⏤ e regala al visitatore una singolare veduta dall'alto del chiostro, dal suggestivo angolo della fontana. Di notevole interesse sono alcune opere riconducibili alla committenza di Ludovico II de Torres (Monreale
Figura 11. Madonna della Misericordia.
sotto il suo manto, ma presenta anche i tipici attributi dell’Immacolata: corona di stelle sul capo, falce lunare ai piedi, vesti bianco-azzurre; un espediente che si chiari ica ad una pi attenta analisi delle igure raccolte sotto il manto della Vergine: si tratta di clarisse, appartenenti all’Ordine Francescano, che si distinto per la fervente difesa del titolo mariano di Immacolata. Particolarmente interessante la collezione di maioliche, tra cui igurano due piatti, stilisticamente riferibili a maestranze urbinati ( ine XVI secolo - primi XVII), che raf igurano la tentazione di Adamo ed Eva e il Peccato originale. Non si pu non tener conto di due singolari croci issi da tavolo, entrambi polimaterici, riferibili a bottega trapanese del XVIII secolo: il primo in legno, avorio e lapislazzuli; il secondo Figura 12. Sala della Portantina. in argento, avorio e tartaruga. Entrambi presentano il Cristo in avorio ⏤ simbolo di 1588-1609), uno dei pi in luenti e insigni arcivescovi della Diocesi, noto per aver riformato la vita relipurezza per il suo candore ⏤ coperto dal solo perigiosa civile e amministrativa secondo i dettami del zoma, dal panneggio morbido, annodato sulla siniConcilio di Trento e per aver redatto la Historia della stra; mentre il primo manifesta una certa serenit
à
à
f
à
à
[online]: ISSN 2724-0509
à
è
è
ù
f
ù
è
ù
f
f
ù
Theriaké
f
ò
à
f
f
è
ù
à
à
f
34 f
f
Cultura
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Figura 13. Ignazio Marabitti, statue dei santi Marziano, Lucia, Pietro e Paolo, 1748-53, terracotta e legno.
Chiesa di Monreale, che pubblic nel 1596 col nome di Gian Luigi Lello ⏤ suo segretario a Roma. In particolare si possono ricordare la mitria in teletta d’oro, perline e paste vitree, con ricami a motivi loreali, di manifattura siciliana (1596); la Pace con Adorazione dei Magi [7], di Muzio Zagaroli (seconda met XVI sec.), in cristallo di rocca e bronzo dorato (cornice); il busto marmoreo del Cardinale Ludovico II de Torres, attribuito a Pompeo Cremona (1590-1595 ca). Tra le opere di committenza dell’arc. Francesco Testa (Monreale 1754-1773) possiamo citare i quattro bozzetti di santi di Ignazio Marabitti (1748-1753), in terracotta e legno, successivamente dorati: rappresentano S. Marziano ⏤ vescovo di Siracusa ⏤ S. Lucia ⏤ patrona di Siracusa ⏤ e i SS. Pietro e Paolo, dal momento che erano stati concepiti come prototipi a partire dai quali realizzare le statue della facciata della cattedrale di Siracusa, la cui diocesi era stata retta proprio dal Testa, prima del suo trasferimento a Monreale. Della committenza dell’arc. Domenico Balsamo (Monreale 1816-1844) bisogna ricordare il prezioso ostensorio in argento dorato e sbalzato, con parti fuse e gemme, realizzato da Giuseppe Balsamo nel 1823: presenta una base circolare con scanalature e foglie, un fusto architettonico ornato da ghirlande e festoni, che culmina con un angelo ⏤ che indossa una fascia diagonale di gemme rosse e un manto argenteo lucido e svolazzante, che spicca contro il corpo opacizzato e crea delicato gioco cromatico ⏤ nell’atto di reggere la raggiera ⏤ che presenta raggi di varia lunghezza, alcuni illuminati da diamanti, disposti intorno ad una teca circolare di vetro, impreziosita da un doppio giro di gemme e da una itta perlinatura d’oro.
à
à
f
f
f
f
f
È
ò
Altre due opere interessanti sono la Croci issione di Sant’Andrea, un olio su tela di pittore genovese (seconda met XVII secolo), vibrante di pathos barocco e racchiusa in una splendida cornice rocaille in legno intagliato, traforato e dorato (XVIII secolo, maestranze siciliane); esposto ai piedi di quest’opera, il faldistorio dell’arcivescovo Iacopo Bonanno, in legno intagliato e dorato (maestranze siciliane, met del XVIII sec.), ornato da motivi itomor i, i bracci culminano con testine di cherubini, mentre i piedi con aquile dalle ali ripiegate; sul recto igura lo stemma del Bonanno col gatto passante, mentre sul verso compare il simbolo della carica vescovile: mitria e pastorale incrociati. Proseguendo per il secondo piano, si giunge alla Sala Neoclassica, ex cappella con volta a botte dipinta a inti cassettoni, voluta dall’Arcivescovo Domenico Gaspare Lancia di Brolo (1884-1919), che raccoglie non a caso opere del XIX secolo. stata allestita in
Figura 14. Sala dei Vescovi.
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
f
Theriaké
à
f
Cultura
35
tesca, riconoscibile nella posa chiastica e serpentinata della igura. Sempre al secondo piano, ma sul versante duomo ⏤ affaccia sulle absidi esterne ⏤ si colloca la Sala Etnoantropologica, che accoglie gli oggetti legati alla fede popolare, datati tra XVII secolo e la prima met del XX. Conserva svariate tipologie di manufatti, divisi in due classi: votivi (per ringraziare e ripagare il santo o il Signore della grazia ricevuta ⏤ ex voto suscepto ⏤ ex voto tradizionali cio gioie e rosari e corone, o edicole votive, insegne processionali) e devozionali (ceroplastiche, presepi, reliquiari, immagini di soggetto sacro a stampa o ricamate o dipinte su vetro). Le opere pi emblematiche sono senza dubbio le due ceroplastiche raf iguranti Ges Bambino e Maria Bambina, entrambe di manifattura siciliana (seconda met XVIII sec.), provenienti dalla collezione Renda Pitti. La prima, con Ges Bambino Pescatore di cuori, inclusa in una scarabattola con architettonica in tartaruga: il Bambinello in cera, ma sono stati utilizzati anche altri materiali ⏤ lo sfondo, ad esempio, un olio su tavola. La seconda, con Maria Bambina, racchiusa da una scarabattola in legno intagliato e dorato, in stile rocaille; la Bambina in cera ma avvolta da fasce seriche ricamate e indossa una coroncina in argento sbalzato, cesellato e iligranato; lo sfondo in tessuto ricamato a motivi loreali, con ili d’oro, perle, gemme, coralli e conchiglie.
Figura 15. Sala Neoclassica.
modo tale da rievocare la sua funzione originaria. Nella zona absidale si conserva una teca rettangolare che ospita il paliotto con scene della Resurrezione di Cristo, realizzato in stucco e stucco policromo trattato a into marmo, attribuito a Gaspare Firriolo (tardo 1700) e proveniente dall’Abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro; le scene, caratterizzate da una resa prospettica scenogra ica, sono racchiuse in una cornice architettonica. Sopra la teca col paliotto esposta la pala d’altare dell’Addolorata, un olio su tela di Vito D’Anna (seconda met del XVIII sec.), proveniente dalla chiesa di S. Maria Addolorata di Monreale: al centro igura la Santa Vergine, che volge mestamente lo sguardo verso la mano destra, in cui regge i chiodi della croci issione; il braccio destro posa mollemente sulla lastra sepolcrale con la sindone; in basso, a sinistra, dei puttini osservano con dolore la corona di spine; dietro, sulla destra, un angelo contempla il legno della croce, mentre, in alto, altri puttini osservano la scena. Un’altra opera signi icativa esposta nella sala il Cristo alla colonna, una scultura in legno policromo, di Girolamo Bagnasco (1787), proveniente dalla chiesa di San Pietro in Monreale: risulta evidente l’allontanamento dai modi tardo-barocchi, verso una classicit che non si manifesta ancora negli stilemi tipici del neoclassicismo, piuttosto sembra riferirsi ad una matrice cinquecen-
è
è
f
à
f
f
f
è
à
[online]: ISSN 2724-0509
à
è
ù
f
f
è
ù
è
è
f
f
é
Theriaké
à
è
f
à
ù
f
è
é
é
f
36 à
è
è
Cultura
Bibliografia e note 1. Curato dalla prof.ssa Di Natale, che n’ attualmente la Direttrice, inaugurato da mons. Di Cristina, nel 2011. I lavori si sono svolti in sinergia con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Palermo. 2. La Cappella Roano parte integrante del percorso museale, nonostante si collochi all’interno del Duomo; nella sagrestia, conserva parati e suppellettili dell’arc. Giovanni Roano, che non sono stati esposti nella Sala dei Vescovi, onorando la bolla con cui papa Innocenzo XII ⏤ su richiesta dello stesso Roano ⏤ li vincolava alla cappella. Ci siamo occupati di questo tema nel precedente numero di Theriak . Cfr. Luzio I., La Cappella Roano. Uno scrigno nello scrigno. Theriak [online]: ISSN 2724-0509, Anno V n. 37, Gennaio – Febbraio 2022, pp. 14-18. 3. Datato tra il 260 e il 270 d.C., presenta la stessa struttura e decorazione analoga, anche se qui i leoni non azzannano un onagro, ma un ariete. 4. Intorre S., La grandeur & la beauté - Le Arti Decorative siciliane nei diari dei viaggiatori francesi tra XVII e XIX secolo. Palermo University Press, 2021; pp. 26-27. 5. Caravaggio, 1599-1610. A sua volta, costituisce una citazione michelangiolesca della mano di Adamo, dalla Creazione di Adamo, sulla volta della Sistina (1508 - 1512). 6. Cfr. Travagliato G., La Madonna Odigitria di Monreale. In Lomonte C., Nuove chiese. Fuochi fatui nella notte fonda. Theriak [online]: ISSN 2724-0509, Anno II n. 19, Luglio 2019, p. 33. 7. La scelta iconogra ica, in pieno clima controriformistico, ravvisa il messaggio di sottomissione dei Magi al Bambino, che rappresenta il riconoscimento da parte dei popoli della divinit e regalit di Cristo.
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
Apotheca & Storia
La scoperta della vitamina D Giusi Sanci*
P
er vitamina D si intende un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: D1, D2, D3, D4 e D5. Sono una serie di molecole chimicamente simili, l'80% delle quali viene prodotto partendo dalla pelle usando come precursore un derivato del colesterolo, che per effetto della luce viene convertito in colecalciferolo, mentre il 20% viene introdotto con l'alimentazione. La vitamina D contenuta negli alimenti viene assorbita insieme ai grassi alimentari e grazie ai sali biliari dagli enterociti del lume intestinale. Le 2 forme principali di vitamina D sono il colecalciferolo (vit. D3), che deriva dal colesterolo ed sintetizzato dagli organismi animali e l’ergocalciferolo (vit. D2), che deriva dall'ergosterolo ed presente nei vegetali. Le due forme hanno circa la stessa attivit nell'uomo e sono tradizionalmente considerate equivalenti in base alla loro capacit di curare il rachitismo, per cui normalmente si usa il termine vitamina D per indicare ambedue le forme. Sicuramente riconosciuta alla vitamina D una funzione nella patologia del rachitismo, nell’osteoporosi delle persone anziane e nella sarcopenia. Infatti la vitamina D stimola l’assorbimento a livello intestinale di calcio e fosforo, rendendoli disponibili per una corretta mineralizzazione ossea. La vitamina D esercita la sua attivit endocrina per mantenere l’omeostasi del calcio su almeno tre organi, il rene, l’intestino tenue e l’osso, attraverso l’azione della sua forma attiva plasmatica (1,25-diidrossivitamina D o calcitriolo) e del recettore della vitamina D (vitamin D receptor, VDR). La vitamina D deriva in gran parte dall’esposizione al sole della cute, a livello della quale le radiazioni UVB convertono il 7-deidrocolesterolo a pre-vitamina D3, che alla temperatura corporea isomerizza a vitamina D3 (o colecalciferolo). Nel plasma la vitamina D e ciascuno dei suoi metaboliti sono prevalentemente legati alla “proteina di legame della vitamina D” (vitamin D binding protein). La principale funzione isiologica della vitamina D quella di facilitare l’assorbimento intestinale del calcio. Si ritiene che l’uomo sia stato a conoscenza in dall’antichit della molecola che oggi conosciamo come vitamina D. La storia della vitamina D inizia addirittura a met del 1600, quando per la prima volta fu menzionato il
rachitismo. La prima descrizione scienti ica di un de icit di vitamina D, cio di rachitismo, stata fornita nel XVII secolo sia dal dottor Daniel Whistler (1645), sia dal professor Francis Glisson (1650). Il rachitismo (alterata mineralizzazione ossea, con modi iche della costituzione dell'osso in accrescimento e conseguenti alterazioni della funzionalit ) frequente nel XVII secolo, anche se i primi casi furono documentati dai medici nel XVIII secolo, allorch la rivoluzione industriale determin lo spostamento di molta gente dalle campagne alle citt , per inseguire il miraggio del lavoro in fabbrica. A causa di ci il rachitismo in Europa divenne endemico. Fu solo nel 1822 che un medico polacco not che bambini che vivevano a Varsavia erano pi soggetti a rachitismo rispetto a quelli che vivevano nelle campagne. Venne lanciato l’allarme e si cominci a cercare la cura. I dati attuali dimostrano che la carenza di vitamina D contribuisce all’eziologia di almeno due malattie metaboliche dell’osso, l’osteomalacia e l’osteoporosi. L’osteomalacia, o rachitismo nei bambini, deriva da un’alterazione della mineralizzazione e pu essere risolta con la normalizzazione dell’omeostasi del calcio e del fosfato plasmatico. La vitamina D agisce appunto attraverso la sua attivit di regolazione dell’omeostasi del calcio e del fosfato plasmatico, proteggendo l’organismo dallo sviluppo dell’osteomalacia. Nel 1890 viene ipotizzato che il rachitismo nei bambini sia correlato ad una insuf iciente esposizione ai raggi solari, dato che era presente maggiormente nei Paesi del Nord Europa, a causa della lunga durata dell'inverno. Nel 1906 si ipotizz anche che la malattia fosse causata da una alimentazione non corretta, ovvero carenziale. Ambedue le ipotesi (1919) si rivelarono corrette, infatti l'aggiunta alla dieta di olio di fegato di merluzzo, che contiene vitamina D, e
*Farmacista
à
ò
ò
ò
f
ù
f
ò
ò
à
[online]: ISSN 2724-0509
f
à
à
è
è
è
Theriaké
è
é
è
ò
à
à
à
f
è
f
è
à
f
38
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Figura 1. Preparato in polvere contenente olio di fegato di merluzzo.
l'esposizione alla luce solare sono infatti in grado di prevenire o di curare il rachitismo. Tra il 1920 ed il 1930 il rachitismo aveva raggiunto proporzioni endemiche nel Nordamerica e nel Nord Europa. La vitamina D venne scoperta nel 1919 da Kurt Huldschinsky (pediatra tedesco), il quale not che i bambini affetti da rachitismo miglioravano le loro condizioni se esposti al sole; e nel 1922 A.F. Hess e H.B. Gutman attribuirono questo miglioramento ad un composto liposolubile essenziale per il metabolismo delle ossa, studiando l'azione antirachitica dell'olio di fegato di pesce. Alcuni scienziati seguirono e sostennero il legame tra luce solare e rachitismo, mentre alcuni ricercatori concentrarono la loro attenzione sull’alimentazione, utilizzando l'olio di fegato di merluzzo per trattare i cani. L’olio di fegato di merluzzo usato dall’uomo sin dall’antichit , poich in esso contenuto uno speciale principio attivo capace di guarire il rachitismo. Questa circostanza ha stimolato gli scienziati moderni a ricercare e separare questo principio attivo, e far s che tale prodotto non venisse mai a mancare. A tale
ì
Å
f
ò
f
è
ì
f
ù
à
ù
è
è
à
scopo i primi studi risalgono alla Prima Guerra Mondiale; e d’altra parte nell’anno 1919 Huldschinsky e collaboratori dimostrarono che l’azione dei raggi solari (ultravioletti) ha un favorevole effetto sul rachitismo infantile. Dato che le radiazioni ultraviolette di una certa lunghezza d’onda (intorno a 3000 ) agivano favorevolmente verso il rachitismo, Hess, Steenbock ed altri ricercatori vollero constatare se si poteva sostituire all’irradiazione diretta sui malati l’irradiazione dei loro alimenti. Dopo varie prove, alcune delle quali riuscite con esito favorevole, furono indotti ad ammettere che tanto nella pelle come in alcuni alimenti si trovi una sostanza (provitamina) che, sotto l’azione dei raggi ultravioletti, si trasforma in sostanza antirachitica. Queste prove dimostrarono che alcune sostanze contenenti dei lipidi, normalmente sprovvisti di attivit antirachitica, diventano attive quando vengono sottoposte all’azione della luce ultravioletta. Ricerche pi precise permisero di dimostrare che la parte insaponi icabile di questi lipidi era la sola attivata dalle radiazioni ultraviolette. Cos che il frazionamento dell’insaponi icabile dava da una parte le sostanze chiamate sterine, e costituenti la quasi totalit della frazione, e dall’altra una piccola parte di sostanza esente da sterine e costituita da prodotti di natura assai complessa. L’esperienza ha dimostrato che solo la parte contenente sterine acquista propriet antirachitiche sotto l’azione dei raggi ultravioletti. Fu cos dimostrato che la colesterina tecnica (contenente cio impurezze), sostanza non avente alcuna azione antirachitica, diventava attiva (circa 100 volte pi dell’olio di fegato di merluzzo) dopo essere stata sottoposta all’azione della luce ultravioletta. Fu solo nel 1927 che quasi contemporaneamente Rosenheim e Webster, Windaus ed Hess, sottoponendo l’ergosterina alle radiazioni ultraviolette, ottennero un prodotto ad azione molto attiva verso il rachitismo che fu poi profondamente studiato, tanto dal lato biologico quanto dal lato chimico. Intanto tra il 1929 e il 1931 Reerink e van Wijk riuscirono ad isolare per la prima volta allo stato cristallino un prodotto ottenuto per irradiazione ultravioletta dell'ergosterina, da qui seguirono altri lavori ino a che nel 1936-1937 si riusc prima a separare e a individuare la vitamina D quale fattore antirachitico, e dopo ad ottenere una nuova vitamina D ad alto potere antirachitico, per distillazione molecolare dell'olio di fegato di merluzzo. Un importante passo avanti nella comprensione dei fattori causali del rachitismo stato lo sviluppo, nel periodo 1910-30, della nutrizione come scienza sperimentale, e la scoperta dell’esistenza delle vitamine. Considerando il fatto che attualmente si ammette che la forma biologicamente attiva della vitamina D, cio l’1,25-diidrossicolecalciferolo (1,25-diidrossivitamina D3 o calcitriolo), sia un ormone steroideo, piuttosto buffo che la vitami-
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
è
ì
è
à
é
à
Theriaké
ì
è
Apotheca & Storia
39
b)
a)
Figura 2. a) colecalciferolo, b) calcitriolo.
na D, attraverso un incidente storico, sia stata classiicata appunto come vitamina. Fu nel 1919-20 che Sir Edward Mellanby, lavorando con cani allevati esclusivamente in interni (in assenza di luce solare o ultravioletta), mise a punto una dieta che gli permise di stabilire inequivocabilmente che il rachitismo era causato da un de icit di una componente presente in tracce nella dieta e inoltre stabil che l’olio di fegato di merluzzo era un ottimo prodotto antirachitico. Poco dopo E.V. McCollum e colleghi osservarono che facendo gorgogliare ossigeno attraverso una preparazione della “vitamina liposolubile” erano in grado di distinguere tra la vitamina A (che era inattivata) e la vitamina D (che manteneva l’attivit ). Nel 1923 Goldblatt e Soames trovarono che quando un precursore della vitamina D a livello della pelle (7-deidrocolesterolo) veniva irradiato con luce solare o luce ultravioletta, veniva prodotta una sostanza equivalente alla vitamina liposolubile. Hess e Weinstock confermarono il detto che “la luce uguale a vitamina D”. Essi escissero una piccola porzione di pelle di ratto, irradiata con luce ultravioletta, e poi alimentarono con essa un gruppo di ratti affetti da rachitismo. La pelle che era stata irradiata forn una protezione assoluta contro il rachitismo, mentre la pelle non irradiata non forn alcuna protezione. Chiaramente, questi animali erano stati in grado di produrre attraverso l’irradiazione UV adeguate quantit di “vitamina liposolubile”, suggerendo che essa non era un componente essenziale della dieta. In studi paralleli, Steenbock e Black, presso il Dipartimento di Biochimica dell’Universit del Wisconsin, scoprirono che il cibo per topi che era stato irradiato con luce ultravioletta aveva anche acquisito propriet antirachitiche. Tuttavia a causa del rapido avanzamento della scienza della nutrizione ⏤ e la scoperta delle famiglie di vitamine idrosolubili e liposolubili ⏤ fu rapidamente stabilito che il fattore antirachitico doveva essere classi icato come una vitamina. La struttura chimica delle varie forme di vitamina D fu determinata nel 1930 nel laboratorio del professor Adolf Otto Reinhold Windaus presso l’Universit di
à
à
ì
è
f
à
è
è
f
ò
È
[online]: ISSN 2724-0509
è
f
è
ì
é
è
à
f
ò
Theriaké
f
f
à
ì
40 ö
f
Apotheca & Storia
G ttingen in Germania. Il professor Windaus ricevette il Premio Nobel per la Chimica nel 1928 per il suo lavoro sugli steroli e la loro relazione con le vitamine. La vitamina D2, che fu prodotta mediante irradiazione ultravioletta dell’ergosterolo, fu caratterizzata chimicamente nel 1932. La vitamina D3 non fu caratterizzata chimicamente ino al 1936, quando fu dimostrato che derivava dall’irradiazione ultravioletta del 7-deidrocolesterolo. Praticamente in quegli stessi anni la componente antirachitica dell’olio di fegato di merluzzo si dimostr essere identica alla vitamina D3 appena caratterizzata. Questi risultati stabilirono chiaramente che la sostanza antirachitica denominata vitamina D era chimicamente uno steroide. Avere adeguati livelli di vitamina D indispensabile per il mantenimento di appropriati livelli di calcio e fosfato nei liquidi extracellulari, condizione necessaria per garantire un buon livello di mineralizzazione ossea. Questo spiega perch la carenza di vitamina D produce a livello osseo gravi conseguenze cliniche, che si traducono in una riduzione della massa ossea (sia per un secondario aumento del turnover osseo, sia per la de icitaria mineralizzazione della componente osteoide) e in un aumento del rischio di fratture, in particolare di femore Le carenze nutrizionali sono di solito il risultato di una inadeguatezza alimentare, un diminuito assorbimento e/o un aumento del fabbisogno o dell’escrezione. Una carenza di vitamina D pu veri icarsi quando l’assunzione dietetica abituale scarsa, l’esposizione alla luce solare limitata, i reni non possono convertire la 25-idrossivitamina D nella sua forma attiva o l’assorbimento della vitamina D da parte del tratto digestivo insuf iciente. riccamente presente nel latte e derivati, nei pesci grassi, nell'olio di fegato di merluzzo, nel tuorlo, nelle frattaglie. Diete carenti di vitamina D sono associate ad allergia al latte, intolleranza al lattosio, vegetarianismo e veganismo. Alcuni gruppi di popolazione adulta sono particolarmente a rischio di un inadeguato apporto di vitamina D. Va tenuto presente che alle nostre latitudini circa l’80% del fabbisogno di vitamina D garantito dall’irradiazione solare e il restante 20% vie-
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
Apotheca & Storia
ne assicurato dall’alimentazione. La stagione, l’ora del giorno, la copertura nuvolosa, la presenza di smog, il contenuto di melanina della pelle e l’uso di creme solari sono tra i fattori che in luenzano l’esposizione alle radiazioni UV e la sintesi della vitamina D. Una copertura nuvolosa completa riduce l’energia UV del 50%; l’ombra (compresa quella prodotta da un grave inquinamento) la riduce del 60%. I raggi UVB non penetrano il vetro, per cui l’esposizione al sole attraverso una inestra non determina la produzione di vitamina D. Le creme solari con fattore di protezione solare (SPF) di 8 o pi sembrano bloccare i raggi UV che producono vitamina D. I fattori che in luenzano l’esposizione alle radiazioni UV e le ricerche condotte inora sulla quantit di esposizione al sole necessaria per mantenere adeguati livelli di vitamina D rendono dif icile fornire linee guida generali. stato suggerito da alcuni ricercatori, ad esempio, che circa 15-30 minuti di esposizione al sole tra le ore 10 e le ore 15 almeno due volte alla settimana a livello del viso, delle braccia, delle gambe o della schiena senza protezione solare di solito portano a una suf iciente sintesi di vitamina D e che l’uso moderato di lettini abbronzanti che emettono il 2-6% di radiazioni UVB altrettanto ef icace. Gli anziani sono a maggior rischio di sviluppare insuf icienza di vitamina D, sia perch con l’invecchiamento la pelle non pu sintetizzare la vitamina D in modo ef iciente (a parit di esposizione solare il soggetto anziano ne produce circa il 30% in meno), sia perch tendono a passare pi tempo in casa, sia perch possono avere un insuf iciente apporto dietetico di vitamina D. Si calcola, ad esempio, che negli Stati Uniti circa la met degli anziani con fratture dell’anca possa avere livelli sierici di 25-idrossivitamina D < 30 nmol/l. Individui costretti a casa, donne che indossino lunghe vesti e copricapi per motivi religiosi e persone con occupazioni che limitino l’esposizione al sole improbabile che ottengano un adeguato apporto di vitamina D dalla luce solare. Poich , come si detto, la conversione del 7-deidrocolesterolo avviene a seguito dell’esposizione della cute a raggi ultravioletti UVB di speci ica lunghezza d’onda, e la luce solare caratterizzata dalla presenza di queste radiazioni solo per un numero limitato di ore, che peraltro varia in relazione alla stagione e alla latitudine, si ritiene ad esempio che in Italia la produzione di vitamina D legata all’esposizione solare sia trascurabile nei mesi invernali. Dal momento che la vitamina D una vitamina liposolubile, il suo assorbimento dipende dalla capacit dell’intestino di assorbire i grassi alimentari. Gli individui che hanno una ridotta capacit intestinale di assorbire i grassi potrebbero richiedere una supplementazione maggiore di vitamina D. Il malassorbimento dei grassi associato a una serie di condizioni mediche, tra cui alcune forme di epatopatie, la ibrosi
ì
à
f
ù
f
f
f
f
f
à
à
f
é
è
à
ù
è
f
è
f
f
ù
Bibliografia 1. Caprino L., Il farmaco 7000 anni di storia, dal rimedio empirico alle biotecnologie. Armando editore, 2011, p. 180. 2. De Luca H.F., History of the discovery of vitamin D and its active metabolites. Bonekey Rep 2014;3:479. 3. Bendik I. et al., Vitamin D: a critical and essential micronutrient for human health. Front Physiol 2014;5:248. 4. Bikle D.D., Vitamin metabolism, mechanism of action, and clinical applications. Chem Biol 2014;21:319-29. 5. Holick M.F., Resurrection of vitamin D de iciency and rickets. J Clin Invest 2006;116:2062-72. 6. Jones G., Metabolism and biomarkers of vitamin D. Scand J Clin Lab Invest Suppl 2012;243:7-13. 7. Morris H.A., Vitamin D activities for health outcomes. Ann Lab Med 2014;34:181-6. 8. Alshahrani F., Aljohani N., Vitamin D: de iciency, suf iciency and toxicity. Nutrients 2013;5:3605-16. 9. Wimalawansa S.J., Vitamin D in the new millennium. Curr Osteoporos Rep 2012;10:4-15. 10. Ryan J.W. et al., Vitamin D activities and metabolic bone disease. Clin Chim Acta 2013;425:148-52. 11. Turner A.G. et al., Vitamin D and bone health. Scand J Clin Lab Invest Suppl 2012;243:65-72. 12. Wacker M., Holick M.F., Vitamin D - effects on skeletal and extraskeletal health and the need for supplementation. Nutrients 2013;5:111-48. 13. Anning S.T. et al., The toxic effect of calciferol. Q. J. Med., 1948, 17:203-28. 14. Kumar R., The metabolism and mechanism of action of 1,25-dihydroxyvitamin D3. Kidney Int., 1986, 30: 793-803. 15. Miller D.R., Hayes K.C., Vitamin excess and toxicity. In: Hathcock J.N. (ed.), Nutritional toxicology, Academic Press, New York, vol. II, 1982, pp. 81-133.
Anno V n. 38 – Marzo – Aprile 2022
[online]: ISSN 2724-0509
f
à
è
f
ò
à
f
f
à
è
è
è
f
f
à
é
é
È
è
f
f
é
Theriaké
cistica, la malattia celiaca e la malattia di Crohn, cos come la colite ulcerosa, quando vi sia interessamento dell’ileo terminale. Inoltre, le persone con alcune di queste condizioni potrebbero avere introiti pi bassi di alcuni alimenti, come i prodotti lattiero-caseari ricchi di vitamina D. Un indice di massa corporea ≥ 30 associato a livelli sierici di 25-idrossivitamina D inferiori rispetto ai soggetti non obesi; le persone obese possono avere bisogno di un maggior apporto di vitamina D per ottenere livelli di 25-idrossivitamina D paragonabili a quelle di peso normale. L’obesit non in luisce sulla capacit della pelle di sintetizzare la vitamina D, ma una maggiore quantit di grasso sottocutaneo sequestra la maggior parte della vitamina e modi ica il suo rilascio in circolo. Nei paesi industrializzati, il rachitismo che era scomparso per una migliore alimentazione e per l'abituale frequente esposizione al sole oggi una patologia riemergente e interessa in modo particolare i igli di immigrati.
41
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383