13 minute read

Per una storia degli artisti dimenticati III parte

Rodolfo Papa

Tra le questioni importanti che riguardano le immagini artistiche, dipinti o sculture, oltre alle questioni storiche, alla cronologia ed al contesto culturale e politico, alla forma ed allo stile, c’è anche la necessità di comprendere la relazione iconograFica che lega inscindibilmente una determinata immagine con una serie di altre immagini, in una sequenza di relazioni dal profondo valore culturale, religioso e spirituale.

Advertisement

Chiariamo la questione. A volte accade di trovarci di fronte ad un dipinto o ad una scultura, che magari apparentemente non ha grandi qualità stilistiche o artistiche, ma che è conservata con grande cura dalla comunità di appartenenza, perché ritenuta di grande pregio, spesso e principalmente dal punto di vista spirituale. Alcune immagini sono, infatti, preziose per un gruppo di fedeli e, sebbene magari poco stimate dagli storici dell’arte e dalla critica, svolgono comunque un ruolo molto importante per la spiritualità di un intero popolo. E queste immagini sono tra di loro collegate da Fili non sempre facili da com-

Quale atteggiamento è giusto adottare di fronte a questo tipo di immagini? Ignorarle ed escluderle dagli studi storico-artistici, evitare di considerarle an- docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturaia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Università Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; PontiFicia Università Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo PontiFicio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monograFie, molte delle quali tradotte in più lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Società ”; “Rogate Ergo”; “Theriaké ” ).

Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e Filosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della PontiFicia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti.

Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE.

Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San PanFilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …) che negli studi storico-sociali? Ma se una immagine possiede una grandissima fama, è considerata “miracolosa” e davanti ad essa pregano decine o centinaia o migliaia o addirittura milioni di persone in tutto il mondo, come possiamo non guardarla con una certa attenzione e studiarne l’iconograFia, il messaggio, ed anche la forma e lo stile? Ignorare queste opere in una ricognizione storico-artistica apparirebbe una mancanza grave, una gravissima omissione.

Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento nacque un movimento storico-artistico su base antropologico-culturale, che pose attenzione verso gli ex voto dipinti, in modo particolare quelli con una dimensione “popolare” o, come si diceva allora, “folklorica”. Tanto più è necessario, allora, studiare e prendere in considerazione nel computo dell’analisi storico-artistica anche immagini “devozionali”, non solo perché , come abbiamo già evidenziato, hanno rilevanza sociale e spirituale per molte persone, ma proprio perché hanno in sé qualcosa di particolare, che deve essere studiato e che può recare contributi importanti alla comprensione dello sviluppo “iconograFico” dell’immagine sacra.

In questa prospettiva, possiamo affrontare ad esempio una storia di immagini sacre legate a diverse apparizioni mariane, realizzate da artisti, più o meno importanti, nell’arco di oltre cento anni, tra la prima metà dell’Ottocento e la seconda metà del Novecento, concatenate le une alle altre.

A partire dalla apparizione della Vergine a suor Caterina Labouré , della Compagnia delle Figlie della Carità , il 27 novembre del 1830, peraltro nel difFicile periodo della epidemia a Parigi, si diffonde l’immagine della medaglietta che ben presto il popolo parigino cominciò a chiamare “miracolosa”, medaglietta che la Vergine chiese di coniare e di distribuire come mezzo di conversione morale e spirituale.

Dieci anni dopo, si diffonde l’immagine dello scapolare del Cuore Immacolato, a seguito di una apparizio- ne ad una suora della medesima Congregazione, suor Justine Bisqueyburu. Di fatto non è un vero scapolare, ma due immagini cucite su un unico panno verde, da portare appeso al collo con un nastro verde, anch’esso da diffondere presso i non credenti; la Vergine, infatti, aveva rivelato a suor Giustina: «Se lo sca- polare verrà portato con 1iducia darà origine a un gran numero di conversioni e procurerà una buona morte per gli infedeli». Questa devozione verrà approvata ufFicialmente da Pio IX nel 1870.

La medaglietta miracolosa viene indossata dall’ateo anticlericale di origine ebrea Alphonse Marie Ratisbonne, come sFida per una scommessa fatta con l’amico cattolico barone Thé odore de Bussiè res, ed il 20 gennaio 1842 Ratisbonne si converte in maniera inaspettata e immediata a Roma nella Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte a seguito di una apparizione di Maria [1] che darà poi luogo ad un’altra immagine.

Secondo alcuni, l’apparizione e la conseguente con versione di Ratisbonne contribuirono al processo di proclamazione del dogma della Immacolata Concezione da parte di Pio IX con la bolla Ineffabilis Deus dell’8 dicembre 1854.

Nel 1858, Maria si presenta come “Immacolata Concezione” ad una bambina povera e analfabeta dei Pirenei francesi, Bernadette Soubirous, a Lourdes, da cui parte ben presto un intenso culto legato ad una determinata iconograFia.

Quasi un secolo dopo, ancora a Roma, il 12 aprile del 1947, la Vergine appare all’anarchico ed anticlericale Bruno Cornacchiola, il quale aveva coltivato una aspra inimicizia verso la Chiesa Cattolica durante la guerra civile in Spagna ed era poi divenuto avventista obbligando la moglie a seguirlo in questa scelta, promettendole però in cambio l’osservanza della pratica dei primi nove venerdı̀ del mese al Sacro Cuore di Gesù . Peraltro l’apparizione avviene durante il sabato in albis proprio mentre Cornacchiola stava scrivendo un discorso contro l’immacolatezza di Maria, ed anche da questa apparizione segue la diffusione di una immagine molto tipica.

Dai fatti storici, infatti, delle apparizioni mariane, in particolare di queste citate che sono tra le più importanti degli ultimi due secoli, deriva una tradizione artistica. Dopo ogni apparizione, artisti, scultori, pittori, architetti, oraFi, vengono chiamati a realizzare che all’arricchimento del repertorio iconograFico. Questi artisti per lo più rimangono sconosciuti, generalmente non sono menzionati nei racconti e nelle ricostruzioni storiche, eppure, senza il loro lavoro artistico, non ci sarebbe la possibilità di pregare davanti alle immagini delle apparizioni.

Una delle cause non speciFiche di questa disattenzione è l’iconofobia [2] contemporanea, che paradossalmente accomuna atei e credenti, laici e religiosi, nel mondo della “civiltà delle immagini”: la saturazione da immagini di consumo inibisce la comprensione del valore delle opere d’arte, anche nel contesto religioso, spirituale e liturgico.

Una generale condizione di soggiogamento ad istanze estranee alla tradizione della fede cattolica contribuisce alla rapida dispersione del patrimonio artistico e cultuale bimillenario, che purtroppo sta accadendo. Anche quando le immagini vengono usate con grande devozione, non vengono comprese e rimane ignorato il lavoro di chi con fatica ha cercato di tradurre in immagine il racconto di un evento miracoloso.

Per esempio, non è facile conoscere il nome dello scultore della prima immagine scolpita della Vergine della Medaglia Miracolosa per la Cappella a Rue du Bac a Parigi, statua che fu incoronata da papa Leone

XIII nel 1897. L’ignorato artista è stato abile nel realizzare un capolavoro di sintesi tra quanto raccontato dalla veggente e la tradizione iconograFica che ha portato a deFinire l’immagine dell’Immacolata, cosı̀ come la conosciamo oggi.

Si conosce invece il nome dell’artista che ha eseguito la grande tela rafFigurante la Vergine cosı̀ come è apparsa a Ratisbonne, ovvero il pittore messinese Natale Carta, che la realizzò sulla base della descrizione dello stesso Ratisbonne, secondo l’iconograFia dell'Immacolata Concezione diffusa dalla medaglia miracolosa di s. Catherine Labouré . Seguendo la volontà della comunità dei fedeli e con il sostegno economico del principe Marino Torlonia, tra il 1842 e il 1849 viene restaurata la cappella dell’apparizione in Sant’Andrea delle Fratte, su disegno di Antonio Sarti da Budrio, per valorizzare la grande immagine, già oggetto di devozione. Ai lati della tela, vengono posti due dipinti del pittore romano Domenico Bartolini, che ricordano i due momenti principali dell’evento miracoloso: la visione e il successivo battesimo del convertito. Un secolo dopo, negli anni 1950-54, nel contesto di una promozione del culto mariano da parte di Pio XII, che coinvolge anche Sant’Andrea delle Fratte che è meta di numerosi pellegrinaggi e della pratica devozionale dei primi nove venerdı̀ del mese al Sacro Cuore, viene rifatta l’architettura della cappella ad opera di Marcello Piacentini [3], un architet- to “razionalista”, moderno, di fama internazionale, che sostituisce gli stucchi preesistenti con marmi e vi colloca le statue degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele realizzati dallo scultore Alfredo Biagini [4], e fa riorganizzare la decorazione dell’imbotto dell’arco della cappella, introducendovi una serie di simboli mariani, desunti dall’interpretazione dei testi biblici da parte dei Padri della Chiesa. Piacentini ha mostrato una grande capacità di parlare un linguaggio molteplice: in chiesa sa adottare la lingua plurimillenaria dei repertori iconograFici, e fuori mostra di essere capace di realizzare un registro di sintesi tra antico e moderno. I simboli iconograFici mariani inseriti a stucco riescono ad offrire un quadro teologico ricco di sfumature per l’apparizione della Vergine a Ratisbonne, offrendo un commento mariologico con alcune delle principali litanie lauretane: Rosa mistica, Vas onorabile, Domus aurea, Regina sanctorum, Turris davidica, Speculum iustitiae, Stella matutina, Sedes sapientiae, Oliva speciosa, Electa ut sol, Fons aquae vivae. Viene anche appositamente coniato un nuovo appellativo mariano per l’occasione, ovvero Palma in Cades. La palma è simbolo delle virtù praticate, inondate dalla Grazia che danno abbondanti frutti spirituali, come leggiamo nel salmo 91, 13-16: «Il giusto 1iorirà come palma,/ crescerà come cedro del Libano;/ piantati nella casa del Signore,/ 1ioriranno negli atri del nostro Dio./ Nella vecchiaia daranno ancora frutti,/ saranno vegeti e rigogliosi,/ per annunziare quanto è retto il Signore:/ mia roccia, in lui non c'è ingiustizia».

Cades [5] è il luogo della morte e sepoltura della sorella di Mosè , Maria, la quale lo sorvegliò nella cesta dove era stato deposto, e sulla cui tomba a Cades viene appunto piantata una palma. La terra di Cades ricorda il lungo cammino dell’Esodo, che passa attraverso terre straniere, che vengono gradualmente piantumate e irradiate di Grazia. Quindi l’appellativo, Palma in Cades, è un riferimento profondo e preciso a quanto Maria ha operato nella vita di Ratisbonne e a quanto opera, con l’ausilio delle preghiere dei fedeli, in tante anime lontane e in difFicoltà Nella tela rappresentante il Miracolo, Domenico Bartolini rappresenta la Beata Vergine Maria come Kecharitoméne, ovvero come "piena di grazia" utilizzando i colori tradizionali dell’Annunziata, ovvero il blu ed il rosso. Tuttavia questi colori non corrispondono a quelli della pala d’altare di Natale Carta, dipinta, come abbiamo già sottolineato, secondo il racconto di Ratisbonne.

La tela di Natale Carta rappresenta Maria come una Immacolata Concezione, secondo il repertorio iconograFico desunto dall’interpretazione del passo giovanneo dell’Apocalisse 12, 1-2 «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle», che come testimonia il testo di Francisco Pacheco del Rio, Arte de la Pintura, edito nel 1649, era stata deFinitivamente tradotta come l’immagine di una giovane donna vestita di bianco, immersa in una grande luce, con una corona di dodici stelle sul capo a ricordare le dodici tribù di Israele. Solitamente nell’iconograFia dell’Immacolata, il manto, quando è presente, è azzurro o blu, ma Natale Carta lo dipinge, in modo insolito, di verde. Ho potuto veriFicare l’autenticità del colore, che non è effetto di ossidazioni ma è il colore originario. Questo può essere veriFicato anche dal fatto che Piacentini ha realizzato le decorazioni della cappella con marmi di colore verde, con coerenza cromatica rispetto alla originalità del colore del mantello, ma anche rispetto alla decorazione con i simboli a stucco. Piacentini, dunque, comprende e sottolinea la scelta del pittore Carta. Il colore verde è apparentemente fuori luogo, quasi in dissonanza con la tradizione iconograFica mariana.

Dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata, l’apparizione a Lourdes della Vergine a Bernadette viene tradotta in una scultura nel 1864 ad opera di Joseph-Hugues Fabisch di Lione, e l’opera viene collocata proprio nella nicchia, dove la Vergine apparve a Bernadette. La statua è interamente bianca con una cinta azzurra, sulla base della descrizione fornita da Bernadette. L’iconograFia dell’Immacolata, del resto, si era andata consolidando dopo la bolla Ineffabilis

Deus, come si può anche vedere nella colonna dell'Immacolata eretta a Roma in piazza Mignanelli, accanto a piazza di Spagna e vicino al palazzo di Propaganda Fide, progettata dall'architetto Luigi Poletti ed inaugurata l’8 dicembre 1857. La statua sulla colonna rappresenta l’Immacolata come una giovane donna con una corona in testa, i piedi sulla luna e vestita con tunica, cinta e manto, con la mano sinistra indica la strada che separa piazza di Spagna dalla chiesa di sant’Andrea delle Fratte, come a indicare il luogo dove era apparsa, poco distante, ad Alphonse Ratisbonne, solo quindici anni prima della inaugurazione.

Si diffonde ovunque l’abitudine di realizzare grotte con la statua dell’Immacolata di Lourdes, o in alternativa cicli pittorici in chiese e cappelle. Solo per citare alcuni esempi a cavallo tra Ottocento e Novecento, tra i centinaia possibili, possiamo ricordare l’Apparizione della Madonna a Bernadette di Lourdes realizzata da Antonio Ciseri nel 1879 a Firenze; l’Apparizione della Vergine a Bernadette e la Processione e miracolo a Lourdes entrambe ad opera di Domenico Bruschi nel 1907 per la chiesa di N.S. di Lourdes a Narni; Nostra Signora di Lourdes appare a Bernadet- te, affresco di G. Ferraboschi nel 1903 a Bergamo; la pala d’altare Immacolata Lourdes di Vincenzo Galloppi nella chiesa di San Nicola da Tolentino a Napoli, trasformata in santuario mariano.

In ognuna di queste tele, alcune delle quali ancora oggi molto note tra i fedeli, la Vergine è vestita con abito bianco e cintura o mantello azzurri.

Alla luce di questa tradizione, la scelta di Natale Carta di dipingere la Vergine del Miracolo di colore verde risulta del tutto incomprensibile, a meno che non glielo abbia suggerito lo stesso Ratisbonne. Occorre anche considerare che lo scapolare legato alle apparizioni mariane alle Figlie della Carità , è verde, come il simbolo della palma introdotto da Piacentini nella decorazione della Cappella della Madonna del Miracolo, come il mantello verde dipinto da Natale Carta. Si tratta di elementi iconograFici che recano tutti la medesima indicazione di signiFicato iconologico. Il verde rimanda alle piante rigogliose, come per esempio è indicato nel Salmo 1:3 «E sarà come un albero piantato presso corsi d'acqua, che dà il suo frutto nella sua stagione, e la sua foglia è verde e non cade; perciò, tutto ciò che fa prospererà nel nome del Signore». Nella Bibbia, il verde simboleggia la vita eterna promessa da Dio ed è simbolo della restaurazione spirituale che rende Figli dell'Altissimo. Per questo il Paradiso è rappresentato anche come giardino rigoglioso. Il verde è , quindi, il simbolo della

Carità di Dio, ottenuta attraverso la rigenerazione dell’anima, è allegoria della rivelazione delle virtù divine all’intelligenza umana. Dunque il colore verde rimanda immediatamente alla conversione di un ateo, come promesso nella pratica degli scapolari e come accade allo stesso Ratisbonne secondo il suo racconto. Egli scrive: «Fissai le di Lei mani, e vidi in esse l’espressione del perdono e della misericordia» e poi ancora più avanti «Quantunque Ella non mi dicesse nulla compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della religione cattolica, in una parola capì tutto» e conclude «Sono caduto ebreo e mi sono alzato cristiano» [6]. La storia del verde, delle apparizioni e dell’arte sacra cristiana continua nel Novecento soprattutto con la già nominata apparizione delle Tre Fontane a Roma all’anarchico anticlericale, che aveva in animo di uccidere il Papa, Bruno Cornacchiola. La Vergine rivela a Bruno Cornacchiola: «Sono colei che sono nella Trinità divina, sono la Vergine della Rivelazione. Scrivi subito queste cose e meditale sempre. Tu mi perseguiti, ora basta! Rientra nell’Ovile santo, l’eterno miracolo di Dio, dove Cristo posò la prima pietra, quel fondamento sulla roccia eterna, Pietro» e anche «Io convertirò i più ostinati, con miracoli che opererò con questa terra di peccato».

La Vergine della Rivelazione appare a Cornacchiola con il mantello verde, mentre lo esorta alla conversione, rigenerando il suo cuore e la sua anima. Lo scultore Domenico Ponzi, chiamato a realizzare la statua sulla base del racconto di Cornacchiola, ha faticato molto a realizzare il modello in gesso dal quale è poi stata tratta la statua deFinitiva, lignea, trasportata il 5 ottobre 1947 su una berlina reale con tiro a sei cavalli e seguita da una grande folla, da piazza San Pietro Fino alle Tre Fontane, dove tuttora si trova nella grotta della Rivelazione.

Tutte queste immagini dipinte o scolpite che rappresentano apparizioni approvate dalla Chiesa, immagini che sono state esse stesse approvate dalle autorità ecclesiastiche, che sono state incoronate ufFicialmente, e che sono tuttora oggetto di devozione, possono essere ignorate, considerate stilisticamente superate, oppure occorre considerarle per il loro contributo alla iconograFia sacra e valutarle anche come eventuali modelli iconograFici per nuove opere d’arte sacra?

L’incessante ed instancabile lavoro degli artisti nel corso dei secoli non costituisce una semplice decorazione delle pareti degli ediFici ecclesiastici, ma una costante ricerca iconograFica, in relazione alla glossa ufFiciale della Chiesa, al lavoro dei teologi, alla corretta interpretazione dei messaggi delle apparizioni, proprio con il Fine di approfondire e migliorare nel percorso di elaborazione di una materia viva come l’iconograFia e l’iconologia teologica.

Tutto questo lavoro, tutta questa sapienza, tutto questo linguaggio non possono essere ignorati o perduti, solo perché il mondo ha deciso di percorrere altre strade riguardo le arti.

Lo studio di questi artisti e delle loro opere non deve essere condotto in una prospettiva tradizionalista o addirittura revisionista, ma come un contributo alla visione reale ed efFicace della dinamicità e della vitalità di una Chiesa sempre contemporanea ai tempi.

Bibliografia

1. Raponi P., La Madonna di Alfonso Ratisbonne. Sant’Andrea delle Fratte e la Medaglia Miracolosa. Tau editrice, Todi 2017.

2. Cfr. Papa R., Discorsi sull’arte sacra. Cantagalli, Siena, 2012, pp. 131-137; Collinson P., From Iconoclasm to Iconophobia. The Cultural Impact of The Second Reformation. Stenton Lecture, Reading, London 1986, p. 8; Popper K.R., Condry J., Cattiva maestra televisione. Donzelli, Milano 1994; Sartori G., Homo videns. Televisione e post-pensiero. Laterza, Roma-Bari 2010.

3. Marcello Piacentini, (Roma, 8 dicembre 1881 – Roma, 18 maggio 1960) architetto e urbanista italiano, grande esponente del razionalismo italiano, progettista del E.U.R e della sede della Sapienza, tra molti altri progetti importanti.

4. Salvagnini F.A., La Basilica di Sant’Andrea delle Fratte in Roma. III edizione, Genova, 2006.

5. Nu, 20,1 «Veneruntque 1ilii Israël et omnis congregatio in desertum Sin mense primo, et mansit populus in Cades. Mortuaque est ibi Maria et sepulta in eodem loco».

6. Ratisbonne A.M., Conversione di un israelita. Ed. Amicizia Cristiana, Chieti 2023; Messori V., Ipotesi su Maria. Fatti, indizi, enigmi. Ed. Ares Milano, 2009.

This article is from: