TO_NORD NEW URBAN RE-GENERATION Un progetto urbano per l’ex Scalo Vanchiglia a Torino
POLITECNICO DI TORINO Facoltà I di Architettura Corso di Laurea in Architettura (Progettazione Urbana e Territoriale)
Tesi di Laurea Specialistica
TO_NORD NEW URBAN RE-GENERATION Un progetto urbano per l’ex Scalo Vanchiglia a Torino
Relatori:
Candidata: Emanuela Garino
Massimo Crotti Antonio De Rossi Correlatore: Alessandro Mazzotta dicembre 2010
ai miei nonni, tutti e quattro
TO_NORD NEW URB
TO_NORD NEW URB
Un progetto urbano per l’e
BAN RE-GENERATION
BAN RE-GENERATION
ex Scalo Vanchiglia a Torino
01
introduzione
01.1 _ Il tema 01.2 _ La ricerca ed i contributi 01.3 _ Obiettivi
02
fatti storici
02.1 _ Il Regio Parco del Viboccone. 02.2 _ La Regia Fabbrica del Tabacco e il Borgo. 02.3 _ Il cimitero generale. 02.4 _ Canale storico del Regio Parco. 02.5 _ Il Piano Unico Regolatore e di Ampliamento (1908). 02.6 _ Le ferrovie e lo Scalo Merci Vanchiglia.
03
vuoti urbani
03.1 _Introduzione 03.2 _ Sulla dismissione delle aree urbane 03.3 _ Conoscere la dismissione 03.4 _ Carattere, reimmissione, riuso 03.5 _ Conclusioni
04
progettualitĂ
04.1 _Il Piano Regolatore Generale del 1995 04.2 _ Gli Indirizzi di politica urbanistica 04.3 _ La Variante 200 al Piano Regolatore
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7 10 12 14
calendario produttivo
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cartografia e documentazione storica
17 18 22 26 28 30 32
45 46 48 50 54 58
63 64 80 88
00 contents
05
l’area oggi
05.1 _ Ambito d’intervento_ L’ Ex Scalo Vanchiglia 05.2 _ Sottoambito 1 05.3 _ Sottoambito 2 05.4 _ Sottoambito 3 05.5 _ Sottoambito 4 05.6 _ Sottoambito 5 05.7 _ Sottoambito 6 05.8 _ Ambiente urbano circostante
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acqua e spazio urbano
105 106 110 112 114 116 118 120 122
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140 06.1 _ Introduzione 144 06.2 _ L’approfondimento 148 06.3 _ Architettura e acqua 152 06.4 _ Acqua e spazio urbano_ locale e globale 06.5 _ Esperienza statunitense ed esperien- 158 za italiana 162 06.6 _ Le tecniche di gestione 184 06.7 _ Applicazione al progetto
07
to_nord new urban re-generation
07.1 _ Strategie progettuali 07.2 _ Le macrocategorie 07.3 _ Il bordo verso il costruito esistente 07.4 _ Nuovo Corso Regio Parco_nuova dorsale urbana 07.5 _ Le fasce 07.6 _ Il parco 07.7 _ Masterplan 07.8 _ Sviluppo di una fascia a livello archi-
08
bibliografia
189 190 202 204 208 212 216 220 224
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01 introduzione 01.1 _ Il tema 01.2 _ La ricerca ed i contributi 01.3 _ Obiettivi
5
7 10 12 14
calendario produttivo
6
01.1
Da alcuni anni è in atto a Torino una profonda trasformazione, visibile a tutti perché investe
l’economia, la società, la città fisica. È anche visibile a tutti che non si tratta di un cambiamento
ordinario, ma invece strutturale, che sta prefigurando un diverso futuro. Non è la prima volta che
la città vive cambiamenti strutturali e la storia ci dice che ha saputo costruire alternative di successo.
Nel corso degli anni novanta il nuovo PRG di Torino si sviluppa su uno scenario di radicale
cambiamento economico della città che trova
il tema
riferimento negli stereotipi del periodo: declino industriale nei settori tradizionali, impulso alle attività terziarie e direzionali e riuso delle aree dismesse, offrendo una risposta di grande offerta immobiliare e di un rinnovato disegno urbano che ha per fulcro la Spina centrale.
Una nuova centralità funzionale, ma anche fisi-
ca, per il disegno proposto dei grattacieli come
riferimento di immagine nei luoghi più significativi, sostenuta dal boulevard verde che attraversa la città da sud a nord nell’area sovrastante il Passante ferroviario interrato.
L’ex Scalo Vanchiglia si trova al centro del dibattito contemporaneo sulle aree in trasformazione della città di Torino.
7
01.1
do così l’area in uno stato di degrado ed abban-
L’affluenza è stata molta, a significare che il ri-
città ha fatto si che per anni fosse presa come
poluogo piemontese, sia all’ordine del giorno in
dono.La sua posizione defilata rispetto al centro
dato di fatto, senza misurarsi con la necessità di trasformazione, per lo meno non coi fatti.
Infatti non mancano i documenti, anche ante-
cedenti al 2000 per cui l’area era mira di nuove idee di città, come tassello urbano da contemplare e completare.
Solo ultimamente si sono mosse le acque a livello pratico, e infatti è nato un dibattito sul come affrontare o se sia corretto affrontare la dismissione di queste aree.
Con la Variante 200 si prevede il rafforzamento
del trasporto pubblico su rotaia attraverso l’intenso lavoro riguardante la linea 2 della metropolitana che funziona da asse rettore dell’intero processo.
Proprio da qui nascono le prime voci di dissen-
so. c’è chi sostiene che la linea 2 della metropolitana non sia realmente utile alla città, ma sia un
pretesto per iniziare un processo di speculazione edilizia.
Superato il dibattito, recentemente la città ha indetto un concorso internazionale per richiamare
all’attenzione di progettisti attivi la possibiilità di riuso di tali aree.
8
lancio di una città, anche compatta come il caquanto attuale e che le possibilità di intervento catalizzino l’attenzione.
In questo contesto di attualità si inserisce il percorso di tesi.
Ad un primo momento di conoscenza dei documenti urbanistici quali il PRGC del 1995, la Va-
riante 200, gli Indirizzi di Politica Urbanistica è
seguito un momento conoscitivo in prima persona dell’area in esame.
Attraverso uno studio del contesto è stato infatti
possibile iniziare ad interrogarsi quali potessero essere i nodi centrali e caratterizzanti l’intero processo progettuale. Si vedrà quindi un’analisi
conoscitiva dell’area, sia dal punto di vista stori-
co, documentato attraverso una serie di iconografie storiche, sia dal punto di vista più attuale (sopralluogo e sistemi informatici attuali).
Il progetto presentato si attiene alle regole di
bando, la difficoltà che poi ha consistito nella sfida maggiore è stata quella di seguire le regole
dettate dai documenti stessi, per non ricadere
in un mero esercizio progettuale nel quale io mi ritrovassi ad interpretare ruolo di “committente”
e progettista. In alcuni tratti sono state proposte
alcune modifiche in seguito a ragionamenti effet-
tuati, ma l’impianto generale rimane quello dalle disposizioni di bando. Il risultato finale è quindi
perfettamente attendibile dal punto di vista del
progetto ottenuto. Si può parlare di un progetto effettuato in più fasi, individuando alcuni sistemi
strutturanti l’intera area. Tali sistemi sono stati analizzati, pensati e sviluppati individualmente
per comprenderne meglio l’utilizzo all’interno dell’area. D’altra parte non avrebbe avuto senso mantenerli separati e quindi fanno altresì parte di un tutto che li coniuga a generare una nuo-
va struttura urbana, rispettando ciò che rimane
dell’area attuale. Un tessuto frammentato, composto da edifici residenziali misti a capannoni
industriali, dei quali non si conosce la fine che
faranno. L’importanza di generare un nuovo codice di intervento è data dal considerare la realtà urbana come un tassello di un quadro più ampio, in continua trasformazione.
Si potrà quindi riconoscere come il progetto qui
presentato, possa costituire la base per eventuali nuove configurazioni per le dismissioni future, in
modo da garantire nuovi cardini sui quali svilup-
pare un nuovo processo progettuale. Poichè di processo si tratta, questa tesi vuole esere altresì rappresentativa di un progetto definito e studiato, sia però di un possibile nodo risolto all’interno di un puzzle più ampio chiamato città.
9
01.2
la ricerca ed i contributi
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01.2
L’intero percorso di tesi ha avuto inizio circa un
aree, cercando di trarre elementi specifici e col-
necessaria per risolvere il processo conoscitivo
nel dibattito ampio e attuale su questo tema.
anno fa con la ricerca della documentazione dell’area.
Da un lato i documenti ufficiali in cui l’ex Scalo Vanchiglia è oggetto di discussione ( PRGC di
Torino, Indirizzi di Politica Urbanistica, Variante 200 e bando di concorso internazionale La Me-
tamorfosi) dall’altro la ricomposizione del dibattito attraverso articoli di giornali.
Questo presentato vuole essere un lavoro per quanto possibile completo e multidiciplinare.
Prima di giungere al vero e proprio risultato finale, infatti, ho trattato l’area sotto molteplici punti di vista.
Dapprima uno sguardo storico e una ricerca di iconografia e documentazione attraverso l’ Archivi Storico e l’Archivio di Stato.
A seguire, un capitolo sarà dedicato alla ricostruzione storica dell’area in questione.
Attraverso una strutturazione generale riguardo la formazione delle ferrovie in città e più nello
specifico dalla riproposizione cartografica di alcuni documenti ritrovati. A proposito delle ferrovie ho poi affrontato il tema della dismissione
delle aree urbane e della generazione di “vuoti urbani” , che poi di vuoti non si tratta, per com-
prendere meglio il filone di sviluppo per queste
locare l’intervento in un preciso filone di ricerca Ecco dunque un capitolo dedicato all’analisi del-
le progettualità in atto nella città di Torino. Proprio perchè questo esercizio progettuale tratta l’intero processo di trasformazione messo che interessa l’area a partire dalla definizione del PRGC del 1995, sino al periodo attuale.
Per affrontare meglio il tema progettuale inve-
ce mi sono dedicata, con l’ausilio del professore
A.Mazzotta, alla ricerca che , lungi dal considerarsi esaustiva, rientra a pieno titolo come supporto dell’attività progettuale.
Data l’attualità del tema e delle risorse possibili,
ho tentato di approfondire la progettazione sviluppando il disegno generale, con alcune tecniche rappresentative della sostenibilità, per documentare e attuare scelte più mirate e ragionate
che risolvano una questione e l’insieme delle questioni di progetto.
Se da un lato questi contributi non possono esse-
re considerati esaustivi, dall’altro possono offrire
uno spunto per un proseguimento della ricerca e una chiave di lettura per l’intero percorso.
L’importanza della multidisciplinarità in un intervento come questo permette di poter controllare,
o almeno seguire, sotto più punti di vista la visione d’insieme.
11
01.3
La sfida maggiore è stata doversi rapportare con un tema al centro di un reale processo di trasfor-
mazione attorno al quale circolano atori e strategie sempre in discussione.
Prefissarsi un unico obiettivo in questo senso po-
trebbe risultare dannoso poichè prima di parlare
di progetto, bisognerebbe trattare il porcesso che ha portato alla scelta finale materializzatasi in architettura tangibile.
Dopo la lettura dei documenti originali che trattano il caso in questinoe, la difficoltà maggiore è stata inquadrare il tema vero e proprio.
obiettivi
Si trattava forse di riqualificazione urbana o di imposizione progettuale su un’area dismessa
comprendente diverse identità all’interno di un unico confine?
O forse il termine più corretto sarebbe stato rigenerazione?
L’area dello Scalo Vanchiglia, se osservata dall’alto, come mero elemento statico in una scala di bianchi e neri _ pieni e vuoti, verreb-
be assolutamente e senza dubbi definito vuoto urbano. Eppure non lo si potrebbe considerare
elemento tangibile della città, tassello vissuto e vivibile. Nè in passato, nè attualmente.
Ecco quindi che l’ambizione è stata data dal ricollocamento di questa vasta area all’interno dell’intero spazio urbano.
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01.3
Obiettivo primario è diventato quindi quello di far
Dalla data di inizio tesi è trascorso un anno. Al
più ampio rispetto ai confini netti definiti dai do-
aver imparato come la progettazione non è scon-
fronte alle criticità riscontrabili oggi in un conteso cumenti di bando.
Il risultato atteso si è quindi materializzato nella definizione di un masterplan a scala ampia,
comprendente quelle aree che, se non diretta-
mente interessate dalla trasformazione, sono inevitabilmente influenzate da essa.
E’ il caso dell’ ex Manifattura Tabacchi, come
degli elementi naturalistici presenti, i fiumi Po e
Stura di Lanzo, il Parco della Colletta, le visuali scenografiche verso la Mole Antonelliana e la collina su cui sorge la Basilica di Superga.
Ecco quindi che attraverso un disegno d’insieme
termine di questo percorso posso affermare di tata, anzi, molto arbitraria. Talvolta però leggere
il territorio in maniera minuziosa e ritornare sulle
proprie letture più volte permette di leggerne le potenzialità intrinseche.
Ecco quindi che l’obiettivo prefissato in partenza
si è concretizzato man mano in un disegno che comprende lo spazio urbano, sino a scendere alla definizione architettonica di un tassello.
L’importanza di questa tesi e la sua peculiarità
sta nel definire un processo più che un progetto.
sono state definite strategie progettuali definite minuziosamente in una fase successiva man mano che si è scesi di scala.
L’obiettivo finale, però è stato soprattutto permet-
tere, in un ambito vasto come lo Scalo Vanchiglia, al progetto di reggere le proprie potenzialità anche alla scala architettonica.
Ecco quindi che le scale studiate attraverso l’intero processo progettuale sono state molteplici, e ad ogni passaggio si è cercato di non perdere di vista il risultato ottenuto in precedenza.
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01_10febbraio2009 _01.1 _Sopralluogo ambito Sempione_Gottardo _01.2_ Prime osservazioni sull’area
02_
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_03.1 _Sopralluogo ambito Ex Scalo Vanchiglia _03.1_ Osservazioni e bozza strategie progettuali
04_2ottobre2009 Reperimento documentazione e materiale sull’area dell’ Ex Scalo Vanchiglia
2009
03_18settembre2009
_04.1 _Ritorno sull’area e secon do sopralluogo ambito Ex Scalo Vanchiglia _04.2_ Osservazioni e bozza strategie progettuali
05_8febbraio2010
07_maggio 2010
_05.1 _Prima revisione progettuale _05.2 _Ripensamento dell’area. Criticità e Potenzialità _05.3 _Ricerca materiale per documentazione storica
Fase progettuale alle diverse scale
06_marzo-aprile 2010 Concorso La Metamorfosi
2010
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fatti 02.1 _ Il Regio Parco del Viboccone. 02.2 _ La Regia Fabbrica del Tabacco e il Borgo. 02.3 _ Il cimitero generale. 02.4 _ Canale storico del Regio Parco. 02.5 _ Il Piano Unico Regolatore e di Ampliamento (1908). 02.6 _ Le ferrovie e lo Scalo Merci Vanchiglia.
02 storici
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18 22 26 28 30 32
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cartografia e documentazione storica
02.1
In epoca medioevale, appena fuori dalle mura
urbane iniziava una fascia, larga pochi chilometri
costituita da terre coltivabili e pascoli che, mano
a mano che ci si allontanava, cedeva progressivamente il posto a vaste estensioni di boschi
e incolti. Le piĂš antiche costruzioni, esterne alle mura di Torino, erano case fortificate e castelli, sorti con lo scopo di presidiare il territorio per
difendersi da invasioni o predazioni. Nel corso
del XVI secolo le costruzioni rurali e le abitazioni isolate caratterizzavano ancora il paesaggio
agrario attorno a Torino. Nel secolo successivo
il regio parco del viboccone
si produsse l’edificazione della collina e il tipico fenomeno delle vigne. Questi insediamenti della
montagna di Torino non erano necessariamente
indirizzati alla coltivazione della vite, quanto piut-
tosto luoghi di ozio e di villeggiatura. Alcuni anni dopo il trattato di Cateau-Cambresis (1559), con
il trasferimento della capitale da Chambery a
Torino, Emanuele Filiberto operò nella direzione del rafforzamento delle strutture statali e della
rivalutazione del ruolo centrale del governo du-
cale. In questo senso va valutata la costruzione,
nella capitale, di un palazzo ducale, in grado di accogliere una corte ancora itinerante.
Era il 20 marzo del 1568 quando una patente du-
cale ordinava di Far un palco (parco) nelle aree dei boschi compresi tra i fiumi Po, Dora e Stura
18
02.1
affidando l’incarico a Donato Famiglia, in qualità di tesoriere.
Il progettista scelto fu Ascanio Vittozzi. L’idea
di Emanuele Filiberto era quella di dotarsi di un ampio territorio di caccia tra le residenze di Lucento e Venaria, per restare più vicino al centro della città.
La residenza del Viboccone sarà la prima di una serie di residenze ducali che, successivamente,
sorgeranno attorno alla capitale e formeranno la “ Corona di Delizie”.
La nascita di questo parco assumerà un valore altamente simbolico e significativo.
Per la Corte sarà il parco per antonomasia e il termine parco assumerà un valore di toponimo, sostituendo quello di Viboccone.
Il parco, già per tre quarti circondato dalle acque dei tre fiumi, sarebbe dovuto diventare una magnifica residenza su di un’isola attraverso la
realizzazione di un canale per collegare i fiumi Dora e Stura. L’opera, forse iniziata, non fu mai
completata; nonostante ciò, il luogo, nella toponomastica di corte, per un certo tempo rimase “Isola Polidora”, detta “Isola di Viboccone”.
All’epoca della realizzazione furono piantate an-
che un gran numero di alberi di gelsomino ( circa 17000) poichè la residenza ed il parco dovevano assumere anche funzione produttiva e agricola.
Parcus Sylvosum Sabaudi Ducis praedium Aedibus, Hortis et Ferarum vivario, Nobilissimum. Incisione anonima su disegno di Michelangelo Morello, in Theatrum Statuum Regiae Celsitudinis Sabaudiae Ducis, I, Amstelodami, Blaeu, 1682. Collezione Simeom N1 Ignazio Sclopis Del Borgo, Rovine del Regio Parco. Incisione in rame del 1780. (Archivio Storico della Città di Torino), in Luca Angeli, Angelo Castrovilli, Carmelo Seminara, La Manifattura Tabacchi e il suo borgo. 1860-1945, Officina della Memoria, Torino, 1999. Maestro delle Residenze Sabaude, Veduta del Palazzo del Viboccone al Regio Parco, 1670 circa (Palazzina di Caccia di Stupinigi), in Luca Angeli, Angelo Castrovilli, Carmelo Seminara, La Manifattura Tabacchi e il suo borgo. 1860-1945, Officina della Memoria, Torino, 1999.
19
02.1
Il completamento e la trasformazione da podere modello in dimora di caccia fu opera del figlio
Carlo Emanuele I, il quale ampliò il parco fino a 230 ettari.
Il destino del Viboccone fu segnato dalla morte di Carlo Emanuele I avvenuta nel 1630 .
Il palazzo che, come tutte le altre delizie, non
era mai stato utilizzato come stabile residenza, cessò per sempre di essere luogo di svago
e di battute venatorie, per tornare ad essere
esclusivamente tenuta agricola. Nel 1640 Maria Cristina di Francia nominò un governatore
del parco, a prendersene cura. Nel 1643 il palazzo era ormai in disuso e venne definitivamente
chiuso, avendo i duchi preferito altre residenze extraurbane.
20
Il Parco Vecchio e Nuovo secondo una cartina di fine XVIII secolo (Archivio di Stato,Torino), in Luca Angeli, Angelo Castrovilli, Carmelo Seminara, La Manifattura Tabacchi e il suo borgo. 1860-1945, Officina della Memoria, Torino, 1999.
02.1
Di quell’epoca restano ancora alcuni “altarini”,
fatti costruire da Valfré come voto alla Conso-
lata per la vittoria ottenuta. In origine erano circa 200: oggi ne restano una quindicina, di cui quattro a Regio Parco: due si trovano all’interno
della Manifattura Tabacchi, uno nel cortile di una scuola di via Pergolesi 119 e uno in un cortile di
una casa popolare di via Gottardo 273, ora non più visibile.
Di queso luogo di svago e di piacere si perpetua
il ricordo solo nel nome che identifica un popoloso quartiere.
Sono i documenti d’archivio e iconografici a re-
stituirci l’immagine dell’unica residenza sabauda completamente scomparsa. Unica vestigio superstite della residenza del Viboccone sono le pietre, forse basamenti di statue, che sono la
nota più caratteristica dell’arredo della piazza Giuseppe Cesare Abba.
L’ unica traccia rimasta della sua esistenza è Corso Regio Parco, che era il viale alberato
che metteva in comunicazione diretta la città e
la residenza sabauda. Questo viale attraversava
un’area agricola con molte cascine e di queste è rimasta solo la Cascina Ariale ( allo stato di rudere) dietro al Cimitero.
21
02.2
Nel 1768 Carlo Emanuele III affidò all’architetto Battista Ferroggio la progettazione della Regia
Fabbrica del Tabacco che venne costruita dieci
anni dopo sui ruderi del Viboccone. Il progetto si ispirava alle manifatture francesi e prevedeva la
realizzazione degli edifici per la lavorazione del tabacco e gli spazi per le piantagioni.
Prima della prima guerra mondiale la manifattu-
ra con più di 1700 operaie era il più grande complesso industriale torinese e produceva oltre ai
sigari e al tabacco per pipe, carte da gioco, carte
da bollo e filigrane. La struttura dell’opificio era
la regia fabbrica del tabacco e il borgo
composta da: la regia fabbrica del tabacco, la cartiera, la chiesa che veniva usata anche dagli
abitanti delle cascine e del piccolo borgo che si
andava formando appena fuori l’ingresso della manifattura. Nel 1852 la chiesa venne demolita
e solo trent’anni dopo si iniziarono i lavori per
la costruzione della chiesa del borgo dedicata a
“San Gaetano da Thiene che ancora oggi ha la facciata principale rivolta verso il cimitero e non verso il borgo della Manifattura.
Questa particolarità è la conseguenza di un’errata previsione dello sviluppo urbanistico di Torino. Infatti al momento della costruzione dell’edificio
religioso, corso Regio Parco era l’unico collegamento con Torino e si prevedeva che la città si sarebbe sviluppata lungo questa direttrice.
22
02.2
I progressivi ampliamenti del cimitero con la sua
ampia fascia di rispetto, non consentirono l’edi-
ficazione che invece avvenne su via Bologna. A lavorare nella manifattura erano soprattutto le
donne e per i loro figli vennero realizzati l’asilo nido all’ interno della manifattura, l’asilo Umber-
to I e la scuola elementare appena fuori dallo stabilimento.
La gloriosa storia di questa fabbrica si è conclusa con la chiusura avvenuta nella primavera del 1996.
Sul futuro di questo enorme stabilimento ab-
bandonato a se stesso, si sono fatte e si stanno facendo numero se ipotesi. La più accreditata
è quella di convertirla in una grande sede uni-
versitaria, ma l’incertezza sul suo futuro è l’unica cosa certa: tra il 2004 e il 2005 si pensò di
portare, oltre alle facoltà di Psicologia e Scienze della formazione, anche le attività di produzione
culturale legate al Teatro Stabile, Teatro Regio, Accademia delle Belle Arti e Film Commission. Nel 2007 invece, si ipotizzò di trasferire la facoltà si Scienze Motorie con un polo per l’innovazione tecnologica nel settore dello sport.
Oggi la Manifattura nel complesso non ha una
destinazione d’uso, è in parte inutilizzata dall’università per uffici amministrativi e depositi comunali.
Manifattura Tabacchi_Pianta del Piano Terra_
23
24
istantanee dalla manifattura tabacchi
fotografie personali nella pagina a fianco: elaborazione digitale personale_ fotografia concessa dallo UCM di Torino, di Michele D’ottavio
25
02.3
Nel terzo decennio del secolo scorso, rivelatesi ormai desuete e insufficienti per l’accresciuta
popolazione le strutture degli esistenti cimiteri di San Pietro in Vincoli e di Sanl Lazzaro, costruiti
nel 1777, gli Amministratori della Cità dovettero ricercare una soluzione cimiteriale più moderna e destinata a durare negli anni. Così, nel 1827,
il sindaco, il marchese Tancredi Falletti di Brolo che contribuì all’iniziativa anche con una cospi-
cua donazione in denaro, approvò il progetto per
la costruzione dell’attuale Cimitero Monumentale, nella zona detta delle “mezze lune”, dalla
il cimitero generale
denominazione dello splendido parco che ivi sorgeva sino al 1706, allorchè fu distrutto dalle truppe francesi assedianti Torino, che vi avevano posto il loro accampamento. Gaetano Lombardi
costruì l’ingresso e la cappella del complesso, allora limitato al solo attuale campo primitivo,
che fu inaugurato il 5 novembre 1829, con la be-
nedizione dell’arcivescovo monsignore Colombano Chiaveroti, e che prevedeva solo sepolture per inumazione.
26
02.3
Costruito in stile neoclassico, il Campo Santo era
Perciò sin dal 1881, fu posto allo studio un pro-
e dal primo campo a forma ottogonale per le tu-
minale del corso della Dora, la cui realizzazione,
formato dai padiglioni di ingresso, dalla cappella mulazioni. L’opportunità di destinare un’area alle
sepolture private indusse, nel 1841, a costruire la prima ampliazione con un’area rettangolare
chiusa a semicerchio, opera dell’architetto Carlo Sada. Nel 1866, sempre sul progeto del Sada,
fu realizzata la seconda ampli azione e analogamente, nel 1883, la quarta. Frattanto, nel 1881,
su progetto dell’architetto Ceppi, erano stati costruiti i porticati del lato ovest della terza ampli azione, cui seguirono, sempre ad ovest, i primi porticati della quinta.
A questo punto non erano più possibili ulteriori
sensibili ingrandimenti, in quanto le più avanzate strutture cimiteriali si rispecchiavano nelle acque della Dora. Infatti, in quei tempi, il fiume, giunto
poco oltre il Corso Novara, volgeva a sinistra e percorreva, con ampia ansa, parte delle attuali
quinta, terza e settima ampli azione, per volgere poi a destra, sino al punto ove ora sorge il ponte Washington e di qui alla confluenza. Per
getto di rettifica ed inalvea mento della parte ter-
per varie vicende, finita la Guerra Mondiale, fu
più volte rinviata e conclusa soltanto nel 1931. Fu allora possibile il completamento della quinta
e della terza ampli azione, la realizzazione della settima, prima limitata a poche installazioni lun-
go il muro perimetrale di corso Regio Parco, e
successivamente, dell’ottava, sino al raggiungimento delle attuali dimensioni e strutture.
Questo cimitero viene definito monumentale in quanto presenta vere e proprie opere d’arte realizzate per alcune personalità celebri che fecero erigere veri e propri monumenti. Chiamato anche Cimitero Generale Nord è in uso soprattutto
nella parte meno monumentale, cioè quella verso il Parco Colletta.
Per questo motivo si prevede un utilizzo sempre
maggiore degli ingressi più prossimi a questa
porzione di campo santo, a discapito dell’ingresso storico su Corso Novara.
ricordare la situazione dei luoghi nella seconda
metà dell’ Ottocento e per il primo trentennio del nostro secolo possiamo immaginare il mausoleo
di Tamagno sulla riva del fiume e il Campo della Gloria da questo sommerso.
27
02.4
“Canale Regio Parco. E’ la continuazione del canale dei Molassi, ingrossato con acque della
Dora, e comincia dal corso Firenze angolo via
Foggia. Scorre coperto, nel centro di questa via ed arriva al vivaio di piante del Municipio, che
fronteggia via Padova ( da aprirsi); svolta quindi a destra e rasenta a sud il vivaio anzi accennato
per svoltare ancora sul corso Regio Parco. Segue poscia questo corso, verso la cinta daziaria,
oltrepassata la quale, diventa scoperto e continua, a sinistra della strada Regio Parco, fino alla borgata dello stesso nome. Passa infine nella
canale storico del regio parco
Manifattura Tabacchi e va a finire nel Po”. (Città di Torino, 1911, pag.59)
Dietro il filare di platani storici di Corso Regio Parco vi è completamente nascosto dalla vege-
tazione il canale storico ( probabilmente l’unico rimasto in Torino) la cui acqua veniva usata nella manifattura. Attualmente non è in funzione ed il
suo alveo è praticamente chiuso dalla vegeta-
zione spontanea e da alcuni orti abusivi, ma in
occasione di forti e prolungate piogge, quando il
livello della Dora si alza, il canale torna a vivere. Il punto di presa è nel tratto della Dora compresa tra via Bologna e Corso Regio Parco.
28
02.4
I lavori di costruzione di questo canale artificiale sono iniziati nel 1758 poichè alla Manifattu-
ra serviva acqua in movimento per “spostare il
tabacco durante le lavorazioni”. E’ considerato
nella schedatura dei “Beni culturi e Ambientali” come “manufatto di valore documentario e ambientale, raro esempio di canalizzazione nella Torino Paleoindustriale”.
fotografia personale_ il canale del Regio Parco oggi senz’acqua
29
02.5
La cinta daziaria del 1853 ( in questo tratto era
Corso Novara) lasciò un segno nel tessuto della città e del suo impianto. All’interno i territori era-
no soggetti a una normativa più rigida, mentre
quelli all’esterno non sono soggetti a vincoli ed
è per questo che mentre all’interno della cinta intere zone di terreno rimanevano inedificate,
all’esterno si manifestava da qualche anno una vivissima attività costruttiva.
In questo periodo iniziano a formarsi le Borgate Operaie “fuori dalla cinta” che costituiranno
poi i quartieri della periferia “storica” torinese.
il piano unico regolatore e di ampliamento (1908)
L’accrescimento del sistema delle infrastrutture
di comunicazione viaria urbana ed extraurbana ave vano anche incentivato la necessità di
nuovi ponti e nuovi argini sia sul Po, sia sui torrenti Dora, Sangone, e Stura progressivamente raggiunti dall’espansione dell’insediamento. La progressiva espansione edilizia si consolidò e si radicò nella crescita urbana collegata alla fase industriale. L’energia elettrica ( la sua prima
apparizione all’Esposizione del Valentino 1884)
porta un enorme cambiamento nella localizzazione delle fabbriche che possono svincolarsi
dalla zona dei canali lungo la Dora. In quel pe-
riodo sul lato est di via Bologna agli inizi del 1900
si localizzano due importanti industrie tessili: il lanificio Piacenza e la Manifattura Bona.
“Il processo di intensificazione dell’insediamento fuori la cinta daziaria si rivede progressivamente più incisivo lungo gli ultimi due decenni del secolo e all’inizio del Novecento, perchè “ come dovunque fuori dazio presso la cinta nei borghi industriali cercarono volentieri alloggio gli operai e il piccolo commercio alimentato dagli operai stessi”. Le costruzioni, soprattutto nel settore nord della città a fine Ottocento era ancora connotato dalla dipendenza delle localizzazioni industriali dalla forza motrice idraulica, furono sostenute anche dal settore produttivo “ per la ricerca che fu vivissima di terreni a
30
buon mercato e liberi da vincoli da parte dell’industria manifatturiera e di quella edilizia”. (V.Comoli, 1973, pag. 219-220)
02.5
Con il Piano per prolungamento dei Corsi e Vie
principali fuori la Cinta Daziaria del 1887 ma soprattutto con
il Piano Unico Regolatore d’Ampliamento del
1908 il Comune cerca di regolarizzare ed integrare la periferia della città.
Viene così definita tutta la rete stradale che in-
globa le direttrici storiche, le vecchie strade rurali e la nuove previste dal piano. Il piano del 1908
favorisce un’espansione lungo le strade foranee e lascia libero il territorio rurale compreso tra le strade convergenti sulla città.
Queste aree saranno poi edificate (dopo il 1945) con un’edificazione spesso caotica e senza collegamenti con l’esistente.
La costruzione dello Scalo Merci Vanchiglia (ini-
ziata nel 1919) posto lungo il Corso Regio Parco diede un ulteriore impulso alla localizzazione di opifici nella zona.
31
02.6
le ferrovie in cittĂ e lo
scalo merci vanchiglia
32
02.6
La storia delle ferrovie a Torino rispetta le scan-
Il 4 settembre 1848 si inaugura il primo tratto del-
delle ferrovie in una città dell’ Europa contempo-
Inizia un lungo iter di pratiche fra l’Azienda ge-
sioni temporali che è lecito aspettarsi dalla storia ranea: un primo momento di costruzione della
rete, un secondo di completamento e aggiornamento tecnologico, una successiva fase di
riforma che riguarda tanto la gestione dell’infrastruttura quanto un tentativo di rispondere ai problemi posti dall’espansione urbana, una situazione di crisi segnata dal difficile confronto con
il trasporto automobilitstico, infine un rinnovarsi
dell’interesse per le ferrovie e per le opportunità che esse sembrano offrire non solo dal punto
di vista delle politiche di trasporto ma anche da quello fondiario e urbanistico. Il primo vero impulso all’innovazione ferroviaria risale al 1845,
quando in previsione dell’apertura dei primi tratti di strada ferrata, ci si pone il problema del ma-
teriale rotabile di trazione, di cui non esiste alcuna esperienza nazionale. Da Torino si inviano in Belgio alcuni esperti a imparare la tecnica delle
costruzioni ferroviarie. Alla fine del 1848 però il programma iniziale è modificato. Bartolomeo
Bona, responsabile dell’Azienda delle strade
le ferrovie sabaude tra Torino e Moncalieri.
nerale delle strade ferrate e il ministero dei Lavori pubblici che porta, nel 1850, all’acquisto dei
macchinari necessari e alla costruzione delle Officine delle strade ferrate di Torino.
L’elaborazione dei piani di ampliamento del 1851-1852 è sostanzialmente contemporanea al
dibattito sulle stazioni e i due processi conoscono più di una sovrapposizione, al punto che nella
lunga storia torinese del rapporto ferrovia/città è questa una delle fasi in cui i legami tra progetti
ferroviari e discussioni sull’assetto urbanistico risultano più visibili.
Dopo il 1851 le Officine delle strade ferrate di Torino assumono un’importanza crescente.
All’esposizione del 1858 le Officine stesse diventano un vero e proprio fiore all’occhiello dell’industria torinese.
Dalle carte dell’ amministrazione delle strade
ferrate si nota il ruolo propulsore svolto dalle ferrovie a Torino.
ferrate, propone al competente Ministero dei La-
A due mesi dalla proclamazione del Regno d’Ita-
un’officina assai considerevole”, per la manuten-
costruzione della stazione urbana.
vori Pubblici di “stabilire nella stazione di Torino zione del materiale e la costruzione dei pezzi di
lia, nel maggio del 1861, si iniziano i lavori per la
ricambio.
33
Appare evidente come la localizzazione fosse
Due nuovi siti si aggiungono in particolare a
primo edificio è una costruzione modesta posta
chiglia e San Donato.
incentrata sul ruolo capitale della città , tuttavia il sulla testa dell’asse più aulico della città, l’attuale via Roma.
Nel 1868, su progetto di Alessandro Mazzuc-
chetti e Carlo Ceppi,la città è dotata del suo più importante fulcro ferroviario, la nuova e definitiva stazione di Porta Nuova.
Appena vent’anni dopo l’inaugurazione della sta-
zione di Porta Nuova si apre il dibattito intorno ai problemi che la localizzazione delle stazioni
ferroviarie procura alla città, al suo sviluppo edilizio e alla circolazione urbana. Altre discussioni e dibattiti sorgono in merito agli scali merci .
La nomina della commissione amministrativa
d’inchiesta, presieduta dall’ex ministro dell’ Interno Luigi Des Ambrosis, rappresenta anche il mo-
mento di massima apertura del dibattito. All’inizio del proprio lavoro, la commissione stabilisce di ammettere per un breve periodo la raccolta di nuovi studi e progetti. Se fino a quel momento la
polemica ha riguardato l’alternativa tra le due localizzazioni di porta d’Italia e di Valdocco, l’invito di presentare proposte
ha come conseguenza immediata una moltiplicazione delle ipotesi.
34
quelli al centro della discussione pubblica: VanLe due proposte non sembrano eprò alleggerire
la valutazione delle soluzioni, piuttosto raddoppiano, di fatto, l’alternativa iniziale tra una collocazione verso nord con soluzione di testa (porta
d’Italia, Vanchiglia) o lungo il perimetro ovest della città con soluzione di transito (Valdocco, San Donato).
Il problema degli scali merci e della loro diffe-
renziazione dalle stazioni passeggeri è affrontato già nei primi progetti di rete ferroviaria dello Stato sardo.
Agli inizi del 1900 sul lato est di via Bologna si
localizzano due importanti industrie tessili: il lanificio Piacenza e la Manifattura Bona.
Con il Piano per prolungamento dei Corsi e Vie
principali fuori la Cinta Daziaria del 1887 ma soprattutto con il Piano Unico Regolatore d’Ampliamento del 1908 il Comune cerca di regolarizzare
ed integrare la periferia della città. Viene così definita tutta la rete stradale che ingloba le direttrici storiche, le vecchie strade rurali e la nuove
previste dal piano. Il piano del 1908 favorisce
un’espansione lungo le strade foranee e lascia libero il territorio rurale compreso tra le strade convergenti sulla città.
Il 9 giugno del 1911 il Comune e le Ferrovie fir-
Il lavoro di ricerca cartografica non può essere
roviario. La convenzione individua un gruppo di
po.
mano una convenzione sul riordino del nodo feropere che le ferrovie si impegnano a realizzare a proprie spese entro i successivi quattro anni e
dettaglia una seconda lista di opere. Tra queste
opere, la realizzazione di una linea di diramazione attestata su un nuovo scalo merci nella parte nord della città, lo Scalo Vanchiglia, da tempo ipotizzato in diversi progetti.
La costruzione dello Scalo Merci Vanchiglia (ini-
ziata nel 1919) posto lungo il Corso Regio Parco diede un ulteriore impulso alla localizzazione di opifici nella zona.
Dopo la guerra, e dopo un aggiornamento del
progetto, i lavori riprendono a pieno ritmo solo nel 1923 per concludersi poco prima dell’esposizione del 1928.
Del 1926 è anche la realizzazione dello scalo Vanchiglia e di due nuovi scali merci collocati
lungo le linee di uscita verso sud e verso nord, la staione Lingotto e la stazione Dora.
considerato un lavoro da svolgersi in poco temDapprima si deve focalizzare l’argomento e comprendere i limiti entro i quali agire, sia fisici sia temporali.
Dopo una prima fase di indagine data dalla ricerca di materiale vario, il lavoro si è delineato man mano nelle sue linee guida in modo da po-
ter così svolgere una fase di ricerca e documentazione del materiale, maggiormente inerente al tema che si stava trattando.
La questione delle ferrovie non è sempre stata trattata in modo approfondito, per questo motivo
ad una prima fase di ricerca bibliografica generale è seguita la fase di ricerca presso l’ Archivio Storico della Città di Torino e le due sedi dell’ Archivio di Stato di Torino.
Putroppo lo Scalo Vanchiglia, essendo uno scalo merci sito in periferia, è un argomento meno trattato anche dai fondi d’archivio.
Così la ricerca ha avuto maggiori difficoltà nella fase di reperimento del materiale, soprattutto cartografico.
Per via della difficoltà di riproduzione di tale ma-
teriale qui di seguito sono riportati solo alcuni dei documenti ritrovati e catalogati nelle pagine seguenti.
35
1
2
3
36
anno
1852
titolo
Pianta della Città e Borghi di Torino
collocazione
ASCT , Tipi e Disegni, 44.1.22
descrizione
La vicinanza della stazione al centro della città è il principale argomento che il comitato Vanchiglia può invocare a proprio vantaggio. Il disegno, elaborato nel 1852 e affiancato da una memoria a stampa il 7 luglio, illustra questo punto con grande efficacia, tracciando una serie di cerchi di identico raggio a partire dalle quattro principali staioni proposte: Vanchiglia, in rosso, porta d’Italia, in verde, Valdocco, in blu, e San Donato, in giallo.
note
Disegno con integrazioni a penna e acquerello di Bernardo Bernardi e Savino Realis
collocazione bibliografica
in Paola Sereno ( a cura di), Torino, Reti e trasporti. Strade, veicoli e uomini dall’Antico regime all’Età contemporanea, Archivio Storico della Città di Torino 2010
anno
1855
titolo
Carta Topografica dei Contorni di Torino
collocazione
ASCT , Tipi e Disegni, 64.8.5
note
Disegno di Antonio Rabbini
anno
1867
titolo
Carta Topografica dei Contorni di Torino
descrizione
La carta presenta il disegno planimetrico della città di Torino con lo sviluppo della linea ferroviaria Torino-Genova, Torino- Susa e Torino- Novara. Nell’area in questione si vede il tracciato della linea daziaria sull’attuale Corso Novara e il primo Campo Santo, col Torrente Dora non ancora retificato, bensì nel suo corso originario.
collocazione bibliografica
in Paola Sereno ( a cura di), Torino, Reti e trasporti. Strade, veicoli e uomini dall’Antico regime all’Età contemporanea, Archivio Storico della Città di Torino 2010
cartografia e documentazione storica
4
anno
1869
titolo
Pianta Geometrica della città di Torino sino alla cinta e linea daziaria coi piani regolatori d’ingrandimento
collocazione
ASCT , Tipi e Disegni, 64.5.12
descrizione
note
5
6
Il campo di disegno è focalizzato su centro città, sino alla cinta daziaria. Si nota il ramo ferroviario che attraversa la Dora per concludersi a nord di Piazza della Repubblica. litografia, Fratelli Doyen
collocazione bibliografica
in Giuseppe Bracco (a cura di), 1864-1870 Una trasformazione faticosa e sofferta. Dalla città dei servizi alla città dell’industria, Città di Torino, Industria Grafica ed Editoriale,2002
anno
1906
titolo
Pianta Geometrica della Città di Torino coll’indicazione dei piani regolatori e degli ampliamenti compilata sotto la direzione dell’ufficio municipale dei Lavori Pubblici_1896
collocazione
ASCT , Affari e Lavori Pubblici, cartella 394 bis
descrizione
Tracciato e ipotesi della locazione dello Scalo Vanchiglia in altra sede rispetto all’attuale. Lo schema di progetto èrevedeva che lo Scalo Vanchiglia venisse disposto a est del Cimitero, sul lato opposto rispetto all’attuale che sarebbe così diventato un binario succursale al vero e proprio “Parco per vagoni-merci”.
anno
1852
titolo
Pianta della Città di Torino coll’indicazione de piano unico regolatore e di ampliamento compilata sotto la direzione dell’ufficio municipale dei Lavori Pubblici
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 394 bis, tavv. 3 e 4
descrizione
I due principali progetti di riassetto ferroviario in discussione nel corso del 1907 si distinguono principalmente per l’approccio nei confronti della stazione di Porta Susa, in un caso soppressa e sostituita dalla nuova staizone di Corso Francia, nel’altro mantenuta ma a una quota diversa. Inizialmente orientato verso la soluzione A, il dibattito si volge in seguito verso la soluzione B, per poi svuotare anche quest’ultima di molti dei suoi contenuti più ambiziosi. La collocazione della stazione merci Vanchiglia è quella attuale, a significare che il dibattito sul suo posizionamento fossequasi portato a termine.
note
Progetto I variante b e Progetto III con linea esterna del Progetto variante b
collocazione bibliografica
in Paola Sereno ( a cura di), Torino, Reti e trasporti. Strade, veicoli e uomini dall’Antico regime all’Età contemporanea, Archivio Storico della Città di Torino 2010
37
7
8
9
10
anno
1906
titolo
Pianta della Città di Torino coll’indicazione del Piano unico regolatore e di ampliamento
descrizione
Diviso in quattro quadranti, il Piano Regolatore e di Ampliamento, indica nel quadrante nord-est il posizionamento dello scalo Vanchiglia e l’andamento dello schema viabilistico nel suo intorno con la nuova Via Bologna, asse rettore dell’urbanizzazione in quel tratto di città.
collocazione bibliografica
in Vera Comoli e Rosanna Roccia ( a cura di ), La Stagione del Liberty nell’archivio storico della città di Torino. Piani urbanistici e progetti di architettura, Castello del Valentino 1991, Catalogo della Mostra
anno
1906
titolo
Pianta della città di Torino coll’indicazione del piano unico regolatore e di ampliamento 1906_ scala 1:5000 ( in 4 tavole)
collocazione
ASCT, Serie 1K all3 tav.5
descrizione
indicazioni riguardo nuove strade e piazze non compresi nei piani precedenti_ nuove stazioni ferroviarie
anno
1907
titolo
Pianta della città di Torino coll’indicazione del piano unico regolatore e di ampliamento 1907 _ scala 1:10000
collocazione
ASCT, Tipi e Disegni, 64.7.20
anno
1908
titolo
collocazione
38
Ferrovie _ pratica generale_ allargamento di via napione all’imbocco col corso s.maurizio_ dichiarazioni di dismissioni di zone di confrontanza_ progetto per la formazione di una strada lungo po fra la via balbo ed il corso regina margherita_ apertura e sistemazione completa del corso R.Parco ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cart. 301 fascicolo 5
11
anno titolo
12
13
14
1908 Ferrovie_ proposte di varianti alle Ferrovie diStato per la linea di Vanchiglia_ voto del comitato “pro cenisio” per l’attuazione dei miglioramenti alla linea di Modane già annunciati dal governo prima del 1901_ comunicazioni riguardanti il Valico del Moncenisio
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 302 fascicolo unico
anno
1908
titolo
Ferrovie di pronto accesso al Gorrado_ pratica generale, vedasi progetti preventivi e planimetrie nelle cartelle a parte n. 315 - 316- 317- 318- 319 - 320
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 312 fascicolo 2
anno
1913
titolo
Ferrovie_ Questioni ferroviarie dal 1901 al 1913
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 394 bis
anno
1913
titolo
Pianta di Torino coll’indicazione dei due piani regolatori e di ampliamento rispettivamente delle zone piana e collinare acolle varianti approvate successivamente sino a maggio 1915.
descrizione
Nella carta è indicata la rettificazione del Torrente della Dora, per far spazio al progetto del porto, indicato provvisoriamente nell’area nord-est rispetto al Cimitero Generale. Si mantiene il posizionamento dello Scalo Vanchiglia e l’andamento viabilistico a ridotto dello scalo stesso. L’urbanizzazione della città è ancora limitata entro la cinta daziaria.
collocazione bibliografica
in Vera Comoli e Rosanna Roccia ( a cura di ), La Stagione del Liberty nell’archivio storico della città di Torino. Piani urbanistici e progetti di architettura, Castello del Valentino 1991, Catalogo della Mostra
39
15
16
17
anno
1913
titolo
Ferrovie_ Piano parcellare d’esproprio
collocaizone
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 394 bis
collocazione bibliografica
Documenti di richiesta di esproprio per i terreni interessati dalla successiva costruzione dello Scalo Marci Vanchiglia
anno
1908
titolo
Pianta di Torino coll’indicazione dei due piani regolatori e di ampliamento rispettivamente delle zone piana e collinare adottati dal consiglio comunale nel 1913, colle varianti approvate successivamente sino a maggio 1915 _ compilata dalla divisione III dell’ufficio municipale dei lavori pubblici-_ scala 1:20000
collocazione
ASCT, Tipi e Disegni, 64.7.20
anno
1919
titolo
Piano generale del porto di Torino e delle zone industriali e commerciali
collocazione
ASCT, Tipi e Disegni, 12.2.34
descrizione
18
40
La carta, indica il posizionamento del Porto sul Po( sito verso la collina e non in adiacenza del Cimitero Generale) a servizio delle industrie e annesso alla Stazione di Smistamento Vanchiglia. Nei documenti scritti viene indicato come la progettazione del porto dovesse essere affiancata a quella di uno scalo Merci a servizio degli stabilimenti industriali che sarebbero andati ad insediarsi in zone periferiche della città.
collocazione bibliografica
in Paola Sereno ( a cura di), Torino, Reti e trasporti. Strade, veicoli e uomini dall’Antico regime all’Età contemporanea, Archivio Storico della Città di Torino 2010
anno
1919
titolo
Ferrovie dello Stato
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 485 fascicolo 4
19
20
21
22
23
anno
1920
titolo
Ferrovie dello Stato
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 494 fascicolo 7
anno
1921
titolo
Ferrovie dello Stato
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 503 fascicolo 13
anno
1922
titolo
Ferrovie dello Stato_ pratica generale sulla linea di accesso allo Scalo Merci Vanchiglia
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 514 fascicolo 33
descrizione
tra i disegni: “Piano d’assieme coll’indicazione dei cavalcavia interessanti la linea d’accesso allo Scalo Vanchiglia” _ scala 1:5000
anno
1923
titolo
Ferrovie dello Stato Cavalcavia sulla linea di accesso allo Scalo Merci Vanchiglia
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 528 fascicolo 3
anno
1923
titolo
Ferrovie dello Stato Passerella sulla trincea del raccordo ferrovia collo Scalo Vanchiglia in corrispondenza della Norberto Rosa
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 528 fascicolo 7
41
24
25
anno
1924
titolo
Ferrovie dello Stato_ Pratica Generale
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 545 fascicolo 27
anno
1924
titolo
Pianta di Torino coll’indicazione dei due piani regolatori e di ampliamento rispettivamente delle zone piana e collinare adottati dal Consiglio Comunale nel 1913, colle varianti approvate successivamente sino a giugno 1924.
descrizione
26
27
28
42
A completamento e aggiornamento del Piano presentato e approvato nel 1913, si vede come si sia sviluppata nel decennio sino al 1924 l’urbanizzazione della città e di come alcuni stabilimenti industriali stiano andando ad insediarsi sull’asse di via Bologna in corrispondenza dell’arrivo dello Scalo Vanchiglia.
collocazione bibliografica
in Vera Comoli e Rosanna Roccia ( a cura di ),Le città possibili nell’urbanistica di Torino, Salone del libro di Torino 1991, Catalogo della Mostra
anno
1925
titolo
Ferrovie dello Stato_ Pratica Generale
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 526 fascicolo 1
anno
1925
titolo
Ferrovie dello Stato_ Cavalcavia sulla linea di accesso allo Scalo Merci Vanchiglia
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 562 fascicolo 3
anno
1926
titolo
Pianta di Torino coll’indicazione dei due piani regolatori e di ampliamento rispettivamente della zona piana ( vigente per Legge 5 aprile 1908 e R.Decreto 15 gennaio 1920) e della zona collinare ( vigente per Decreto Luog: 10 marco 1918) aggiornati colle varianti approvate successivamente sino a marzo 1926_ compilata dalla divisione III dell’ufficio municipale dei lavori pubblici _ scal 1:5000
collocazione
ASCT, Tipi e Disegni, 64.8.30_4
29
30
31
anno
1929
titolo
Ferrovie dello Stato_ Binari di raccordo agli stabilimenti industriali di Vanchiglia
collocazione
ASCT, Affari e Lavori Pubblici, cartella 628 fascicolo 4
descrizione
Pianta con le indicazioni per il tracciato dei binari che si innestano oltre Corso Novara a servizio degli stabilimenti industriali nella zona
anno
1935
titolo
Pianta di Torino coll’indicazione dei due piani regolatori e di ampliamento rispettivamente della zona piana ( vigente per Legge 5 aprile 1908 e R.Decreto 15 gennaio 1920) e della zona collinare ( vigente per Decreto Luog: 10 marco 1918) aggiornati colle varianti deliberate successivamente sino a giugno 1935- XIII _ compilata dal servizio tecnico municipale dei lavori pubblici _ scala 1:5000
collocazione
ASCT, Tipi e Disegni, 64.7.8_4
anno
1945 Pianta di Torino coll’indicazione dei due piani regolatori e di ampliamento rispettivamente della zona piana ( vigente per Legge 5 aprile 1908 e R.Decreto 15 gennaio 1920) e della zona collinare ( vigente per Decreto Luog: 10 marco 1918) aggiornati colle varianti deliberate successivamente sino a gennaio 1945 _ compilata dal servizio tecnico municipale dei lavori pubblici _ scala 1:10000
titolo
collocazione descrizione
32
ASCT, Tipi e Disegni, 64.8.31_1
sistemazione aree verdi a parco attorno allo scalo_ indicazione fascia cimiteriale_ urbanizzazione nell’area non ancora completata_ asse rettore per gli insediamenti resta via Bologna_ indicazione della zona destinata a porto fluviale
anno
1964
titolo
Comune di Torino_ nuovo piano regolatore generale viabilità e zonizzazione_ decreto del presidente della Repubblica 6 ottobre 1959 registrato dalla corte dei conti il 16 dicembre 1959 registro n.52 Lavori Pubblici Foglio 47_ Pubblicato per estratto sulla Gazzetta Ufficiale N.100 del 21-12-1959. Aggiornato con indicazione delle aree soggette a D.M. 15-6-63 e D.M. 21-9-64 (piano per l’edilizia economica popolare L.167)
collocazione
ASCT, Tipi e Disegni, 64.7.9_6
43
vuoti 03.1 _Introduzione 03.2 _ Sulla dismissione delle aree urbane 03.3 _ Conoscere la dismissione 03.4 _ Carattere, reimmissione, riuso 03.5 _ Conclusioni
45
46 48 50 54 58
03 urbani
03.1
Il presente capitolo, lungi dal considerarsi esaustivo del dibattito, vuole essere un’ analisi criticoriflessiva su un caso studio specifico in relazione
alla tendenza attuale di ripensamento di quelle
aree, interne alle città, che sono state abbandonate nel tempo. Ripensamento e riuso che
spesso perdono l’intenzione iniziale di sguardo complessivo verso la città stessa, composta da dinamiche spaziali, economiche e sociali.
Le aree urbane non sono solo frammenti, tasselli
indipendenti all’interno di un più o meno grande
agglomerato urbano. Fanno inevitabilmente par-
introduzione
te di un contesto più ampio e lo sguardo ad essi
rivolto deve essere incessantemente riportato al
concetto di transcalarità. Da una visione di insieme ad un approfondimento su quelle che sono le tematiche più locali.
Ogni partizione urbana include un significato che appartiene non tanto ai singoli edifici quanto alla città intera, alle ragioni del suo essere e del suo
divenire. La comprensione del disegno complessivo e l’analisi dei caratteri di identità sono perciò un passaggio preliminare “per poter cogliere an-
che potenzialità inespresse e restituire alla città, o valorizzare, tutto quel vasto patrimonio edilizio
e quegli spazi, molti dei quali carichi di memorie e di valori talvolta depauperati, totalmente o solo in parte, di funzioni e di senso.”1
1
46
: Lia Maria Papa, Linguaggio descrittivo e Qualità urbana, Università degli Studi di Napoli Federico II,Facoltà Di Ingegneria,
Dipartimento di Progettazione Urbana.
03.1
“Molte delle nostre città. totalmente edificate,
flessibilità, su cui diventa di nuovo possibile az-
nel contenuto che hanno ereditato dal periodo di
uso, di crescenti effetti degradanti, per invertire
dense, compatte, immobilizzate nella forma e tumultuosa crescita del dopoguerra, godono, a
partire da questo ultimo decennio, di impensabili opportunità di trasformazione ed adattamento
zerare decenni di successive intensificazioni di il processo, rimettere di nuovo in discussione la struttura di parti rilevanti e talora dell’intera città.
alle esigenze recenti, di ritrovati margini di fles-
“Oggi queste aree cominciano a percorrere nei
qualità. Lo devono a circostanze che peraltro
so l’attuazione di progetti e programmi di recu-
sibilità alle nuove domande di spazio e di nuove
presentano forti aspetti di negatività: la dismis-
sione di aree utilizzate, anche recentemente, per attività industriali o grandi servizi urbani.”2
fatti l’iter che si può finalmente portare, attraverpero e riqualificazione, a diventare una nuova risorsa per la città.” 3
Questi contenitori e questi luoghi, insieme con i loro contenuti economici e sociali hanno mobilitato l’interesse specifico, ma anche la parte-
cipazione ideologica, di quanti studiano le città ed il territorio per diverse ragioni: perché rappre-
sentano la memoria di attività che sono state il motore dell’evoluzione dell’ultimo secolo, perché costituiscono le risultanti materiali di un processo decisionale durato a lungo; perché oggi rap-
presentano la promessa di future nuove possibilità di intervento in parti delle città fortemente strutturate.
L’aspetto che forse più stimola è la possibilità di
rifare i conti con il passato del territorio e di ria-
prire un laboratorio di nuove configurazioni pro-
prio nelle parti di città oggi più prive di margini di
2
: Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Se i vuoti si riempiono. Aree industriali dismesse: temi e ricerche,
Alinea Editrice, Firenze, 2001. 3
: ibidem
47
03.2
Ad un primo momento in cui la dismissione di
attività industriali e di spazi ad esse connesse sia stata osservata come aspetto critico, si trova ora in un momento di transizione diventando così “potenziale risorsa ed opportunità per la tra-
sformazione e la riqualificazione urbana (...), si presenta in molti casi come un effettivo catalizzatore di interventi per il rilancio della città.” 4
La nostra società è abituata a vivere in agglomerati densi e compatti, sembra quindi spontaneo ripensare a queste aree come occasioni
per un’attività di reimmissione edilizia e non per
sulla dismissione delle aree urbane
un destino di “pausa inedificata, di occasione talora unica per creare del vuoto nei nostri inse-
diamenti troppo piani, di farne parchi e giardini invece che case, uffici, servizi pubblici.” 5
Oggi viene comunemente utilizzato il termine
vuoto urbano, “ma quelli che consideriamo “vuoti” sono in realtà quasi sempre molto pieni
di manufatti, sovente di notevole interesse per
la storia dell’industria e della tecnologia; di me-
morie individuali e collettive. E ciononostante li chiamiamo e li trattiamo come vuoti.” 6
4
: Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Se i vuoti si riempiono. Aree industriali dismesse: temi e ricerche,
Alinea Editrice, Firenze, 2001.
48
5
: ibidem
6
: ibidem
03.2
Dentro la città contemporanea si (ri)conosco-
ed una sfida per la capacità del sistema locale
declinazioni, si riconoscono le strade per la loro
cazione del proprio tessuto fisico, ma con esso,
no le “architetture del vuoto” compiute e le loro dimensione longitudinale, le piazze per la loro
connotazione di spazi omogenei o compiutamente articolati e i parchi per la loro estensione,
ma si ritrova poi tutta un’altra serie di spazi vuoti difficili da riconoscere.
Secchi li definisce come “spazi tra le cose” e
scrive: “ La città, il territorio sono divenuti immense collezioni di oggetti paratatticamente accostati e muti (…) Lo spazio che sta “tra le cose”,
tra oggetti e soggetti tra loro prossimi, tra la mia casa e quella del mio vicino, tra la mia¬ e la loro casa, tra la loro e la mia scuola, tra il loro ed il
di cogliere o di promuovere occasioni di riqualifianche della propria struttura economica: dunque
costituisce certamente una occasione strategica
ed un punto critico dell’evoluzione attuale di molte aree urbane.
Contribuisce pertanto a sollecitare questa atten-
zione la forza degli scenari diversi che essi possono proporre riciclando opportunità già spese a suo tempo ed attivando la discussione sulle di-
rezioni verso cui orientare le decisioni sul riuso: conservare, riutilizzare o riabilitare. Ma per quale uso?
mio ufficio (…) è divenuto “vuoto” perché privo di un ruolo riconoscibile.”7
Si ha quindi un nuovo sguardo alle “pause della città” in cui la figura del vuoto diviene un possibile strumento di “misura” delle relazioni compositive del paesaggio urbano.
Tutti questi vuoti, consolidati e non, sono il materiale con cui il progetto urbano deve misurarsi;
bisogna dunque saperli riconoscere e comprenderne il senso più profondo per trovare una legge fondativa della relazione.
E’ evidente che il processo di riuso delle aree
dismesse, rappresenta certamente un segnale
7
: Bernardo Secchi, Un’urbanistica di spazi aperti, in «Casabella» n° 597-598,1993, p. 5.
49
03.3
“Quanto più rapidamente nelle nostre città il pas-
sato sparisce, tanto più rapidamente la memoria diventa celebrazione e rimpianto. Ricostituendo
il fenomeno della dismissione come eccezionale, questi fraintendimenti finiscono col ridurlo proprio mentre ne sanciscono l’importanza”. 8
L’incentivo a tentare delle soluzioni, viene dalla
constatazione che, al di là di discussioni metodologiche, di analisi sulle cause, di riflessioni
sui percorsi è certo che il processo di riuso delle aree industriali dismesse e, attraverso il riuso, di
trasformazione verso la riqualificazione delle cit-
conoscere la dismissione
tà, è un sintomo certo della capacità progettuale e della efficacia realizzativa che amministrazioni
locali ed operatori sono in grado di contrapporre alla crisi del settore produttivo.
Dunque rilevarlo, analizzarlo, seguirlo è importante per tenere sotto controllo la capacità,
variabile nel tempo e nello spazio, del sistema locale di rinnovarsi per confrontarla con quanto
accade in altri sistemi locali, così come è importante poter valutare complessivamente e com-
parare nello spazio e nel tempo la dimensione
del processo che investe, ovviamente, in modo molto diversificato per aree, tutto il Paese.9
8 9
50
: Cristina Bianchetti, Urbanistica e sfera pubblica, Donzelli Editore, Roma, 2008 : A.Spaziante in Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Se i vuoti si riempiono. Aree industriali dismesse:
temi e ricerche, Alinea Editrice, Firenze, 2001.
03.3
Il primo fraintendimento riguarda la conoscenza
del farsi e del trasformarsi della città, con la sua
Troppo spesso si costruiscono letture quantita-
larizzazione, all’innalzamento o all’estensione,
della dismissione nel suo significato più ampio.
tive orientate a definire la dismissione nel modo più preciso e possibile.
alterna tensione alla concentrazione o alla poall’unicità o alla genericità.
E’ la forza dei numeri a costruire il problema e
Questo fraintendimento porta a gerarchizzare,
“La questione principale non è: come trattare la
Ma anche a intendere le aree dismesse come
questo le restituisce un carattere piatto.
grande parcella? ma semplicemente, quanto è
grande l’area dismessa? Quanto sono frequenti, nel tempo gli episodi di dismissione? quanto sono numerosi in alcuni contesti?”
10
Come spesso accade, e come più volte è stato oggetto di dibattito per il caso studio qui riporta-
to, ci si concentra sugli aspetti quantitativi e non qualitativi degli interventi che si stanno attuando nelle nostre realtà urbane.
Cosa significa riconoscere i vuoti “incerti” della
ad attribuire valori in funzione dell’estensione. vuoto, come aree disponibili, prive di inerzia, di resistenza.
In questo ambito si ritrova la domanda “quando e quanto saremo capaci di proporne l’uso come veri vuoti?”11
L’introduzione alla risposta sembra fornirla Bian-
chetti, quando afferma che “non cogliendo le ra-
gioni dell’interruzione d’uso, si ritiene che il vuoto possa facilmente riempirsi”. 12
città contemporanea come materiali del progetto
Per queste motivazioni, per ampliare la cono-
Significa certamente tentare di ricostruire una
ruolo che assumono in una visione più ampia
urbano?
tradizione del loro uso, una storia del loro modo
di riproporsi come forme costitutive dell’architettura della città; significa poterli classificare, sa-
perne leggere le declinazioni specifiche, la mutevolezza, le combinazioni e le contaminazioni;
significa riconoscere le mutazioni profonde che hanno subito nella loro conformazione a causa
10 11
scenza del problema delle aree dismesse e del nelle politiche urbane e territoriali è perciò ne-
cessario attivare forme di coordinamento a livello nazionale e sensibilizzare l’opinione che il problema delle aree dismesse sia da considerarsi a
tutto campo, in ogni sua accezione, dalle implicazioni economiche, sociali, culturali, ambientali urbanistiche e territoriali.
: Cristina Bianchetti, Urbanistica e sfera pubblica, Donzelli Editore, Roma, 2008
: A.Spaziante in Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Se i vuoti si riempiono. Aree industriali dismesse:
temi e ricerche, Alinea Editrice, Firenze, 2001. 12
: Cristina Bianchetti, Urbanistica e sfera pubblica, Donzelli Editore, Roma, 2008
51
Se l’interazione di più aspetti da un lato connota
Solo alla fine degli anni ottanta e negli anni no-
rante di più elevate possibilità di esiti efficaci ed
dei problemi e delle risorse connessi ai proces-
la complessità del processo, dall’altro si fa gaoperativi.
Dunque si rinforza l’esigenza di osservatori che individuino le specificità dei singoli casi, la loro evoluzione, le modalità ed i percorsi tanto delle
dismissioni quanto degli eventuali riusi e li mettano a disposizione di una vasta gamma di utenti.
Contro l’esigenza di disporre di conoscenze diffuse sulle esperienze in atto e su quelle realizzate, di analisi, va registrata pertanto la carenza quasi totale di una sistematica ed articolata conoscenza di quantità, qualità, tempi, modi, effetti, prospettive di successo di queste operazioni
che sono molto variabili nel tempo come nello spazio.
Si ripropone pertanto la difficoltà di comparare
situazioni, nel tempo e nello spazio e di proporre delle quantificazioni consolidate.
Ciò è reso difficile anche da incerte definizioni del termine “area dismessa”.
In parte, ciò può essere ricondotto all’inadeguata
percezione che di esso si è avuto negli anni settanta e ottanta, quando le aree dismesse sono state prevalentemente considerate come “occasioni da cogliere” anche in carenza e spesso in antitesi a strategie più articolate e lungimiranti.
52
vanta sembra emergere una visione più matura
si di dismissione ed il diffondersi del bisogno di conoscenze più sistematiche ed estese all’intera tipologia dei processi stessi.
D’altra parte il governo del territorio richiede un apparato conoscitivo sempre più sofisticato, mirato, diversificato e dinamico, sia nel tempo che nello spazio.
Si apre allora una prospettiva interessante di do-
cumentazione sistematica, continua, articolata
anche dei processi di dismissione distribuiti sul territorio e fortemente influenzati dalle caratteristiche della loro componente spaziale.
Se, come affermato nella prima parte di questo contributo, i vuoti industriali stanno diventando
per le città da problema a risorsa, quale dimensione possiamo ipotizzare che abbia assunto il problema?
Possiamo affermare che il riutilizzo delle aree industriali dismesse è ormai largamente avviato?
Una delle linee di lavoro tipiche su cui molti gruppi hanno lavorato è quella che tende ad evitare
una semplicistica catalogazione delle situazioni e delle soluzioni e punta alla loro articolazione.
Interventi puntuali, sia pure di ampia dimensione
come tipicamente sono quelli sulle singole aree dismesse, necessitano infatti di progetti com-
plessivi e di analisi articolate, per meritare l’impegno di risorse in proposte che possano essere
valutate credibili. Occorre allora attrezzarsi per una estensione continua di questo processo di
erosione del patrimonio insediativo industriale,
che, aggredendo via via anche nuove funzioni, diventerà sempre più “ordinario”. 13
13
: A.Spaziante in Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Se i vuoti si riempiono. Aree industriali dismesse:
temi e ricerche, Alinea Editrice, Firenze, 2001.
53
03.4
A conclusione delle considerazioni sul rapporto fra dismissione ed apparato conoscitivo attraver-
so cui seguirne le evoluzioni, vanno fatte alcune
osservazioni che ci riportino al motivo iniziale e fondamentale di interesse per questo argomento: la rilevanza ed il ruolo centrale che dimissione e riuso delle aree industriali hanno assunto e promettono di mantenere nelle prospettive di trasformazione della città e del territorio. Tra-
sformare un’area dismessa e con tale intervento
riqualificare l’ambiente urbano o innovare la città
e contribuire al suo sviluppo, è un’azione com-
carattere reimmissione riuso
plessa la cui concreta realizzazione continua a restare difficile.
Negli anni ha preso avvio un’inversione di tendenza che colga la criticità del problema anche
come opportunità per provvedere ad esigenze
pregresse delle città, sovente create nei decenni precedenti dalle stesse attività che poi hanno
cessato la loro funzione, lasciando alla collettività l’onere di provvedere a porre rimedio alle conseguenze.
54
03.4
Riqualificare però non deve voler dire scambiare
La città contemporanea merita qualche maggio-
Il successo delle politiche di riuso e riqualifica-
“La maggior parte di noi è portatore di una certa
valori economici con valori ambientali.
zione non può produrre solo benefici immobiliari,
peraltro molto incerti, bensì deve diventare un
risultato positivo per la collettività che investe di fatto consistenti risorse in queste operazioni. Dunque successo deve poter significare:
_ riappropriazione di luoghi rimasti esclusi per decenni dall’uso collettivo:
_ produzione di nuovi luoghi e spazi che non ci
ripropongano in un prossimo futuro quegli stessi
problemi che oggi richiedono programmi di recupero sociale o di bonifica fisica;
_ coinvolgimento di operatori e cittadini nei progetti e nelle azioni collegate.
Ecco che prende sopravvento un secondo fraintendimento , quello più radicale, che porta a ve-
dere la dismissione come un fenomeno puntuale, isolabile, autonomo.
L’interruzione, la pausa, il riuso sono sempre stati presenti nel metabolismo urbano. Tuttavia
in passato i cambiamenti non stupivano. Ora la questione imminente è: cosa metterci?
re sforzo di onesta e intransigente incentiva.
idea di città (...) che ci induce a ripensare questi
luoghi non come opportunità per conseguire la
rarefazione, ma come occasione per ripristinare o addirittura intensificare la densità urbana”.14
La questione da affrontare quindi riguarda la
comprensione del “come” agire sui vuoti generici diffusi nello scenario urbano. I luoghi della città contemporanea mostrano in filigrana la potenzialità e il “carattere” di una loro possibile
trasformazione. Il progetto non può certamente
riproporre un’unitarietà o un disegno ex-ante che scaturisca dalla declinazione di tipologie
formali. Si tratta, piuttosto, di agire attraverso una ri-composizione dei frammenti, di proporre
dei possibili “modi” di una saldatura a posteriori che parta naturalmente dal riconoscimento e
dall’identificazione di quei frammenti vuoti come possibili materiali del progetto urbano.
Ecco dunque che la figura del vuoto diviene un
possibile strumento di “misura” delle relazioni compositive del paesaggio urbano.
Koolhaas nel suo “eretico realismo” (M.Biraghi) professa la presunta morte dello spazio pubblico
nella città postmoderna, in cui le relazioni, a suo
dire, non sarebbero più misurate attraverso lo
14
: A.Spaziante in Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Se i vuoti si riempiono. Aree industriali dismesse:
temi e ricerche, Alinea Editrice, Firenze, 2001. 12
: Cristina Bianchetti, Urbanistica e sfera pubblica, Donzelli Editore, Roma, 2008
55
spazio fisico ma attraverso il tempo rapido della
il suo procedere per frammenti che si saldano a
ta residuale, un mezzo puramente organizzati-
rativo generale ex ante.” 16
rete, lo spazio pubblico è morto, la strada divenvo, un mero segmento in un’area metropolitana collegata.15
posteriori, invece di proporre un disegno prefigu-
Un problema cui accenna D’Agostino
17
è che
Contrariamente a tale nichilista, se pur legittima
in questi anni non sono cambiate solo le aree
atto muovono dal riconoscimento del forte valo-
porto di causa ed effetto tra la dismissione e la
constatazione, le argomentazioni della ricerca in re simbolico che ancora caratterizza lo spazio
vuoto, pubblico della città. In questo ambito si intende affermare la necessità di riconoscere e
di agire su quel valore affinché la collettività si possa riappropriare fisicamente e “culturalmente”, anche se in maniera più complessa rispetto al passato, di tutti quegli spazi vuoti che le sono
estranei, perché hanno perso ogni capacità di rappresentarla.
Si può contrapporre, all’idea della definitiva morte dello spazio pubblico di cui parla Koolhaas, quanto sostenuto da Aldo Aymonino che afferma:
“Si pensa che l’idea di scenografia urbana euro-
pea sia finita con la seconda guerra mondiale, e
che quindi non esista e non si pratichi un’idea di
dismesse, non è molto chiaro quale sia il rap-
re-immissione delle aree e le trasformazioni urbane in generale. Isabella Scaramuzzi sostiene
delle perplessità “nel dire se le aree dismesse
hanno fatto un cambiamento d’uso, se i cittadini dismessi o reimmessi sono diversi, perchè le
nostre città non sono assolutamente più quelle di vent’anni fa, di dieci fa e forse neanche più quelle di cinque anni fa.
Quindi, in realtà, le dinamiche delle aree dismes-
se si inseriscono in un flusso continuo, incessante e parossistico, di modificazioni sociali, economiche e dei cittadini, ed è piuttosto complicato distinguere se questi elementi sono cambiati per effetto della re immissione delle aree dismesse o sarebbero cambiati comunque”.18
scenografia urbana del contemporaneo. Questo equivoco va rapidamente chiarito: esiste – eccome!- una scenografia della città contemporanea
(…) L’unica differenza rispetto alla precedente è
17
: Marina Dragotto, Carmela Gargiuolo (a cura di), Aree dismesse e città. Esperienze di metodo, effetti di qualità, Franco Angeli,
Milano, 2008 18
56
: ibidem
Sebbene i problemi delle aree dismesse siano di
pero e riuso, sia dal punto di vista della fattibilità
razione varia notevolmente secondo il ruolo che
processi di degrado;
solito fortemente interconnessi, la loro considesi intende assegnare alle aree ed ai contenitori interessati.
19
Le politiche ed i dibattiti hanno privilegiato alcuni ruoli:
i) le aree dismesse in quanto risorse immobilia-
economica che da quello del contenimento dei d) i costi del recupero e del riuso, con particolare riguardo per la bonifica delle aree
e) l’impatto ambientale delle trasformazioni attese.
ri;
La strada che sembra più convincente da per-
utilizzabili per promuovere strategie di riorga-
primato del piano urbanistico ( certamente non
ii) le aree dismesse in quanto risorse urbane, nizzazione urbana e/o territoriale, mediante la rilocalizzazione di servizi e funzioni di grande rilievo
iii) le aree dismesse in quanto beni culturali o siti carichi di memorie e di valori simbolici o testimoniali
iv) le aree dismesse in quanto risorse ambien-
tali, utilizzabili per il recupero di spazi e grandi attrezzature pubbliche.
In relazione ai diversi ruoli assegnati – non di
rado fra loro mescolati – si sono evidenziati alcuni problemi salienti, che riguardano:
correre non sta tanto nella sovrapposizione o nel
quello “tradizionale”) sul progetto ( o viceversa) quanto nella apertura del piano ( non solo sal-
tuariamente sperimentale o episodica) alle politiche ed al progetto, riformando o innovando la natura stessa del piano.
Un piano, dunque, come uno strumento che ac-
cetta la propria condizione di relatività rispetto alla molteplicità ed al pluralismo delle interazioni e dei soggetti presenti nella realtà che si vuo-
le governare e che, nello stesso tempo, si pone come punto di convergenza istituzionale per garantire sostanza e credibilità al progetto urbano.
a) il rapporto col contesto b) le prospettive di riuso
c) il tempo, variabile decisiva sia nella fase di
dismissione che in quella successiva del recu-
19
: Roberto Gambino in A.Spaziante in Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Se i vuoti si riempiono. Aree
industriali dismesse: temi e ricerche, Alinea Editrice, Firenze, 2001.
57
03.5
Studiando il tema, delle aree dismesse, andiamo per certi versi alla scoperta di una frontiera, ci collochiamo su una frattura spazio-temporale
tra passato e futuro, tra trasformazioni nel modo
di produrre e trasformazioni nel modo di «abitare» o «consumare», uno squarcio aperto sulla relazione dialettica, ma asimmetrica, tra struttu-
ra economica ed organizzazione della società e dello spazio in particolare. 20
Una simile concezione di patrimonio risponde ad
alcune questioni aperte nello studio delle aree industriali dismesse, in primo luogo alla neces-
conclusioni
sità di individuare il loro ruolo nelle dinamiche territoriali contemporanee. (Dansero, 1996; Arca Petrucci e Dansero, 1998)
Se le scienze del territorio devono essere viste
soprattutto come scienze del cambiamento, per cui vale più la pena studiare le tendenze che non
i singoli fatti, allora lo studio delle aree dismesse può essere l’occasione per studiare, seguendo
le orme di fasi di territorializzazione recente, il divenire di una nuova incerta territorializzazione, guidata da altri valori ed obiettivi.
20
58
: A.Spaziante in Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Sguardi sui vuoti. Recenti ricerche del Diparti-
mento Interateneo Territorio sulle aree industriali dismesse, Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico di Torino, 1998
03.5
Questo può voler dire anche che, riprendendo
Le componenti materiali del patrimonio ter-
casi si tratta di fare un percorso a ritroso rispetto
che eredità del passato. Il tema delle aree
una nota metafora dei bilanci ecologici, in molti
all’artificializzazione spinta dello spazio che ha contraddistinto le diverse fasi dalla rivoluzione
industriale ai nostri giorni. Un percorso a ritroso dalla cultura alla natura, o meglio ad una nuova «naturalità culturale».
Occorre, dunque, se ci si consente un termine un po’ ragionieristico, “ricapitalizzare” il territorio.
Ma, nel farlo, occorre pensare a progetti ed interventi di per sé ambientalmente virtuosi, pena
l’inesorabile aumento di un “debito ambientale”, che qualcuno pagherà.
Se interpretiamo le aree industriali dismesse
come componenti dei patrimoni della storia in-
ritoriale non costituiscono, pertanto, le uni-
industriali dismesse assume una diversa pro-
fondità: esse possono infatti essere viste e interpretate come “spie” di un processo di se-
dimentazione più complesso e profondo, cui lo studio dei lasciti fisici può solo alludere. Il problema è capire se e come le componenti
dei patrimoni della storia industriale sono rico-
nosciute, interpretate, utilizzate come prese per impostare progetti e strategie di sviluppo del si-
stema territoriale considerato. In questa prospet-
tiva, le aree industriali dismesse diventano i luoghi in cui sperimentare processi di innovazione sociale e territoriale. 22
dustriale, possiamo confrontarci con la esigenza
Quello che è possibile riconoscere nell’attuale
ambientale da conservare, riprodurre e valoriz-
se, è anche la generalizzata considerazione
di considerarle come “una risorsa territoriale e zare, o meglio come una risorsa non rinnovabile,
utilizzabile per ricostruire la qualità dell’ambiente
e valorizzare il territorio nella consapevolezza della sua limitata disponibilità.
21
fase della tematica delle aree industriali dismesche il fenomeno delle aree in disuso presenti
una spiccata natura plurale ed articolata per le differenze davvero significative che si possono
registrare e pertanto tali da richiedere sperimentazioni, prassi e strumenti diversi.
Tale pluralità è individuabile: nella diversità dei soggetti proprietari e dei promotori del riuso (dall’impresa a partecipazione statale alla
21
F.Governa in A.Spaziante in Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Sguardi sui vuoti. Recenti ricerche
del Dipartimento Interateneo Territorio sulle aree industriali dismesse, Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico di Torino, 1998 22
: ibidem
59
03.5
grande, media e piccola industria privata, alle
lasciando alla collettività l’onere di provvedere a
preliminari al riuso (bonifiche, demolizioni, pree-
Il successo delle politiche di riuso e riqualifica-
Ferrovie, ecc.); nelle differenze delle condizioni
sistenze, ecc.); nell’entità e posizione degli immobili e delle aree; nelle condizioni di degrado
urbano già presenti o in aggravamento o ancora
potenziali; nei diversi valori di rendita incorporati
od attesi; nella diversa geografia ed articolazione territoriale del mercato immobiliare (che va
da punte elevatissime a situazioni in cui di fatto il
mercato è assente); nella necessità od opportu-
porre rimedio alle conseguenze.
zione deve diventare un successo della collettività che investe di fatto consistenti risorse in queste operazioni.
In questo senso si può parlare in questo momento di una condizione quasi di scommessa con il futuro delle città, ma anche di monito a non dimenticare.
nità di attingere significativamente a risorse pub-
Le città non devono richiudersi su se stesse e
marginali di tipo no profit (o no rent) delle aree
no: dovrebbero condividere con un’area più va-
bliche se si vogliono anche perseguire riusi non dismesse.
I processi che con i faticosi e diversificati censi-
amministrare da sole le opportunità che nascosta occasioni e potenzialità, così come ne hanno condiviso per lungo tempo il ruolo polarizzato-
menti si sono andati chiarificando nei loro con-
re di risorse economiche, umane, fisiche; così
corso che durerà a lungo ed in cui altre funzioni
territorio circostante le condizioni per risolvere
notati, costituiscono una prima fase di un perandranno ad aggiungere le loro aree obsolete a quelle industriali (terziario, servizi, ecc.). Comuni, Stato, Comunità Europea,
operatori
privati si sono impegnati per sostenere l’avvio di un’ inversione di tendenza che colga la criticità del problema anche come opportunità per prov-
come oggi si trovano a dover contrattare con il
i problemi di localizzazione di funzioni penalizzanti ma necessarie come centrali energetiche,
discariche, inceneritori ecc. Dunque andrebbe
ripristinato e rinvigorito anche su questo piano un ruolo di stimolo alla cooperazione.23
vedere ad esigenze pregresse delle città, so-
vente create nei decenni precedenti dalle stesse attività che poi hanno cessato la loro funzione,
23
60
: A.Spaziante in Egidio Dansero, Carolina Giaimo, Agata Spaziante (a cura di), Sguardi sui vuoti. Recenti ricerche del Diparti-
mento Interateneo Territorio sulle aree industriali dismesse, Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico di Torino, 1998
03.5
Queste aree hanno ospitato funzioni che hanno
circondato di cancelli, mura, steccati le loro proprietà e sottratto per lungo tempo quel territorio all’uso della collettività, in modo talora totale.
La fase di transizione in cui è avvenuta la chiu-
sura delle attività ha fatto ipotizzare un riuso tutto concentrato sul terziario per un futuro post-industriale, ed in subordine per funzioni residenziali o per servizi pubblici (parchi ad esempio).
A queste condizioni e con la fortuna di eventi politici ed economici favorevoli è forse possibile,
trasformare davvero, in tempi non troppo lunghi e con benefici non troppo circoscritti, il problema
della dismissione in una risorsa per la riqualificazione delle città.
Occorre vincere questa scommessa.
61
04 progettualitĂ 04.1 _Il Piano Regolatore Generale del 1995 04.2 _ Gli Indirizzi di politica urbanistica 04.3 _ La Variante 200 al Piano Regolatore
63
64 80 88
04.1
L’articolazione del paragrafo sul Piano Regolatore si discosta da una mera ricostruzione delle
fasi cronologiche e di merito che dal Progetto preliminare hanno portato al Progetto definitivo.
Ne risulta un testo che restituisce l’articolazione
del Piano nel suo significato di progetto per la città e nelle sue valenze attuative. Traguardare e trasformare
Nella redazione del piano il tempo entra con diverse misure. Il tempo della città ed il tempo degli uomini, delle persone che la vivono.
il prg del 1995
Lavorare a quel particolare progetto di città che è il Piano regolatore significa assumere le diverse
scale di misura del tempo come una particolare condizione operativa.
Occorre affrontare i problemi degli abitanti, il loro
tempo breve traguardando il tempo lungo della città. Allora le trasformazioni proposte assumono la natura di risoluzioni di problemi prossimi e
di costruzione delle prospettive lontane, destinate anche agli uomini delle generazioni future.
Il nuovo progetto della città, il Piano regolatore,
di proposito assume diversi ruoli alle diverse scale: contiene regole generali valide per tutti gli
abitanti; propone la sua attendibilità attraverso
le piccole trasformazioni alla portata di ogni cittadino e l’arricchimento della città pubblica, del
64
04.1
patrimonio di servizi, spazi e luoghi che entrano nella storia secolare della città. La grande occasione
Gli anni Ottanta e Novanta si distinguono per una fase molto intensa di ristrutturazione industriale, di rilocalizzazione di servizi di espansione delle infrastrutture.
Le grandi trasformazioni realizzano la città nuova entro la città esistente, sono quelle che ali-
mentano la forte carica innovativa e propongono
un ambiente urbano ove la qualità risiede nella
formazione di grandi parchi, nell’alleggerimento della densità urbana, nella costruzione di nuovi luoghi e spazi urbani.
Gli effetti a livello urbano son oclamorosi. Gran-
La scelta di evitare ulteriori espansioni, di non
riqualificazione della città ricostruita senza pre-
conseguenza di concentrare il contenuto del
di aree si liberano offrendo l’opportunità di una cedenti.
A Torino si liberano interi comparti industriali, come conseguenza anche gli scali ferroviari al servizio dei grandi impianti.
La grande occasione consiste nel fatto che la città si è accinta a ripensare globalmente il suo assetto futuro in un periodo in cui le trasformazioni
sono di così grande portata: il Piano Regolatore ha saputo farle convergere su di sè e mettere
a sistema le diverse risoluzioni. Così diventa al-
trettanto grande la prospettiva di trasformazione urbana.
occupare aree non urbanizzate, comporta come
Piano sulle trasformazioni possibili di ogni luogo costruito, da quelle che hanno l’obiettivo di so-
stituire interamente il tessuto edificato della città
a quelle che si propongono di consolidare l’esistente, di conservare ambienti o edifici significativi, di modificare la configurazione dello spazio pubblico.
Il Piano diventa così un catalogo delle trasfor-
mazioni possibili. A partire da una dimensione
urbana finita il Piano misura il recupero possibile
entro gli obiettivi di qualità fissati. Il contenuto dei
diversi tipi di trasformazione configura una geografia dei miglioramenti possibili.
Ogni trasformazione contribuisce a migliorare la qualità della città con la cessione di aree per parchi e servizi pubblici.
Le zone di trasformazione propriamente dette
65
04.1
sono le aree in cui si prevede una radicale so-
Dopo la prima parte intriduttiva al tema delle
parte di edifici industriali, di grandi recinti impe-
se, previste dal Piano regolatore, ora si analiz-
stituzione della città esistente. Si tratta in gran netrabili, privati e talvolta anche pubblici, che
hanno suddicviso la città in quartieri gerarchicamente definiti dalla qualità dell’industria insediata. Levare significa eliminare un tessuto urbano
in disuso, memoria di un’epoca industriale non
più ripetibile; mettere significa proporre la realizzazione di parti di città, non più monofunzionali ma sempre intessute di vari ingredienti;.
Le zone urbane di trasformazione riguardano
quindi tutti gli ambiti della città, si propongono di
realizzare parti di città diverse per funzioni, sono
regolate in modo da dare priorità alla configurazione di nuovi disegni urbani che qualifichino le
stesse aree e che nel contempo facciano convergere su di sè le zone circostanti.
66
grandi trasformazioni in atto sul territorio torine-
za maggiormente l’assetto di piano relativo allo Scalo Vanchiglia.
04.1
67
Tavola n. 1 - Azzonamento, scala 1:5.000, 27 fogli, a colori. Tavole di azzonamento con le modifiche introdotte dagli accordi di programma e dalle varianti al PRG approvati alla data del
68
6/11/08. _ Foglio 5B
69
Tavola n. 1 - Azzonamento, scala 1:5.000, 27 fogli, a colori. Tavole di azzonamento con le modifiche introdotte dagli accordi di programma e dalle varianti al PRG approvati alla data del
70
6/11/08. _ Foglio 9B
71
72
04.1
Ecco quindi come si nota dalle Tavole di piano,
che per le aree limitrofe e prospicienti lo Scalo Vanchiglia, esse sono state suddivise in diversi sottoambiti.
A tal poposito qui di seguito sono riportate le di-
sposizioni tecniche per ogni sottoambito individuato.
Oltre alle tavole di azzonamento, sono presenti
le Carte di sintesi della pericolosità geomor-
fologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica.
Per quanto riguarda strettamente l’ambito in questione esso non risulta soggetto a questo tipo di rischio.
73
04.1
Ambito 9.22 SCALO VANCHIGLIA Indice Territoriale massimo (mq SLP/mq ST): 0,7 SLP per destinazioni d’uso: A. Residenza min 80% B. Attività di servizio alle persone e alle imprese max 20% AREE MINIME PER SERVIZI: FABBISOGNO INTERNO Residenza (A) (25 mq/ab) Attività di servizio alle persone e alle imprese (B) (80% SLP) SERVIZI PER LA CITTA’ (% minima ST) 10% Ambito dove e’ possibile realizzare le utilizzazioni edificatorie generate dalle aree a parchi urbani e fluviali (art.21 delle Norme) e dei tessuti ad alta densità della Zona Centrale Storica. ALLINEAMENTO: Via Bologna; nuovo filo di Via Regaldi. VIABILITÀ URBANA: Prevedere l’apertura di Via Regaldi con una sezione stradale di 40 metri come indicato in cartografia. ULTERIORI PRESCRIZIONI IN CASO DI CONCESSIONE CONVENZIONATA ALLINEAMENTO: Via Bologna; nuovo filo di Via Regaldi; lungo il filo della nuova viabilità di progetto. NUMERO MAX. DI PIANI: 10 fuori terra, costante lungo Via Regaldi. VIABILITÀ URBANA: Prevedere: l’apertura di Via Regaldi con una sezione stradale di 40 metri; il prolungamento nell’ambito delle vie Ternengo, Pacini, Ferrari e Ristori; l’apertura di nuove strade pubbliche, con una sezione di 15 metri, in conformita’ ai tracciati individuati nelle tavole di Piano. La realizzazione della Via Regaldi deve essere attuata preliminarmente o contestualmente all’attuazione delle previsioni edificatorie. TIPO DI SERVIZIO PREVISTO: Aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport; Attrezzature di interesse comune; parcheggi; Istruzione Stima della Superficie Territoriale dell’ambito (ST): mq 161.920 Stima della Superficie Lorda di Pavimento generata dall’ambito (SLP): mq 113.344
74
04.1
Ambito 9.24 LANIFICIO DI TORINO Indice Territoriale massimo (mq SLP/mq ST): 0,7 SLP per destinazioni d’uso: B. Attività di servizio alle persone e alle imprese max 10% C. Attività terziarie max 20% F. Attività commercio all’ingrosso max 20% L. Attività produttive (1) (art.3 punto 3A1-A2-B e punto 8) min 50% AREE MINIME PER SERVIZI: FABBISOGNO INTERNO Attività di servizio alle persone e alle imprese (B) (80% SLP) Attività terziarie (C) (80% SLP) Attività commercio all’ingrosso (F) (80% SLP) Attività produttive (L) (10% SLP) La dotazione di aree al servizio delle Attività produttive, dovrà essere dimensionata in modo tale da garantire comunque il rispetto dei disposti dell’art.21 della L.U.R. SERVIZI PER LA CITTA’ (% minima ST) 30% VIABILITÀ URBANA: Prevedere l’ampliamento di via Monteverdi con una sezione stradale di 40 metri, come indicato in cartografia. La realizzazione della Via Monteverdi deve essere attuata preliminarmente o contestualmente all’attuazione delle previsioni edificatorie. (1) Purche’ non nocive e moleste, pericolose o comunque aventi impatto ambientale negativo, anche sotto l’aspetto tipologico, con particolare riferimento ai contigui ambiti residenziali. Stima della Superficie Territoriale dell’ambito (ST): mq 40.569 Stima della Superficie Lorda di Pavimento generata dall’ambito (SLP): mq 28.398
75
04.1
Ambito 9.23 ZERBONI Indice Territoriale massimo (mq SLP/mq ST): 0,7 SLP per destinazioni d’uso: A. Residenza min 80% B. Attività di servizio alle persone e alle imprese max 20% AREE MINIME PER SERVIZI: FABBISOGNO INTERNO Residenza (A) (25 mq/ab) Attività di servizio alle persone e alle imprese (B) (80% SLP) SERVIZI PER LA CITTA’ (% minima ST) 10% Ambito dove e’ possibile realizzare le utilizzazioni edificatorie generate dalle aree a parchi urbani e fluviali (art.21 delle Norme) e dei tessuti ad alta densità della Zona Centrale Storica.
ULTERIORI PRESCRIZIONI IN CASO DI CONCESSIONE CONVENZIONATA ALLINEAMENTO: Via Bologna; Via Cimarosa; sul prolungamento di Via Caresana; lungo la viabilità di progetto e sullo smusso formato dalla viabilità di progetto. NUMERO MAX. DI PIANI: 7 TIPO DI SERVIZIO PREVISTO: Aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport; Attrezzature di interesse comune. L’intervento deve garantire la realizzazione di percorsi pedonali di uso pubblico per l’accesso all’area verde interna all’isolato. Le attrezzature di interesse comune si realizzano nell’area compresa tra le vie Bologna e Ponchielli e il prolungamento di Via Caresana seguendone i fili di fabbricazione. VIABILITÀ URBANA: Prolungamento di Via Caresana; realizzazione di una strada pubblica di 20 metri di sezione il cui asse si trova sul confine con l’ambito 9.34 CIMAROSA. Stima della Superficie Territoriale dell’ambito (ST): mq 24.991 Stima della Superficie Lorda di Pavimento generata dall’ambito (SLP): mq 17.494
76
04.1
Ambito 9.29 BOLOGNA Indice Territoriale massimo (mq SLP/mq ST): 1,0 SLP per destinazioni d’uso: A. Residenza min 80% B. Attività di servizio alle persone e alle imprese max 20% AREE MINIME PER SERVIZI: FABBISOGNO INTERNO Residenza (A) (18 mq/ab) Attività di servizio alle persone e alle imprese (B) (80% SLP) Ambito prioritario per la realizzazione di Edilizia Residenziale Pubblica. VIABILITÀ URBANA: Prevedere l’ampliamento di via Monteverdi con una sezione stradale di 40 metri come indicato in cartografia.
ULTERIORI PRESCRIZIONI IN CASO DI CONCESSIONE CONVENZIONATA ALLINEAMENTO: Via Bologna; lungo il prolungamento di Via Moncrivello; lungo la viabilità di progetto e sullo smusso formato dalla viabilità di progetto, Via Cimarosa e Via Monteverdi. NUMERO MAX DI PIANI: 10 fuori terra lungo Via Monteverdi. TIPO DI SERVIZIO PREVISTO: Aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport. VIABILITÀ URBANA: Prevedere l’ampliamento di via Monteverdi con una sezione stradale di 40 metri come indicato in cartografia, prolungamento di Via Moncrivello; previsione di nuove strade pubbliche in conformita’ con i tracciati individuati nelle tavole di Piano e con una sezioni di 15 e 20 metri. La realizzazione della Via Monteverdi deve essere attuata preliminarmente o contestualmente all’attuazione delle previsioni edificatorie. Stima della Superficie Territoriale dell’ambito (ST): mq 43.623 Stima della Superficie Lorda di Pavimento generata dall’ambito (SLP): mq 43.623
77
04.1
Ambito 9.34 CIMAROSA Indice Territoriale massimo (mq SLP/mq ST): 1,0 SLP per destinazioni d’uso: A. Residenza min 80% B. Attività di servizio alle persone e alle imprese max 20% AREE MINIME PER SERVIZI: FABBISOGNO INTERNO Residenza (A) (18 mq/ab) Attività di servizio alle persone e alle imprese (B) (80% SLP) Ambito prioritario per la realizzazione di Edilizia Residenziale Pubblica.
ULTERIORI PRESCRIZIONI IN CASO DI CONCESSIONE CONVENZIONATA ALLINEAMENTO: Lungo il prolungamento nell’ambito delle vie Caresana e Cimarosa; lungo il filo della viabilità di progetto e sullo smusso formato dalla viabilità di progetto. NUMERO MAX. DI PIANI: 10 fuori terra lungo Via Monteverdi. TIPO DI SERVIZIO PREVISTO: Aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport. VIABILITÀ URBANA: Prevedere: prolungamento di Via Caresana; l’apertura delle nuove strade pubbliche in conformita’ ai tracciati individuati nella cartografia di Piano; realizzazione di una strada con una sezione di 20 metri il cui asse si trova sul confine con l’ambito 9.23 ZERBONI. La realizzazione della Via Monteverdi deve essere attuata preliminarmente o contestualmente all’attuazione delle previsioni edificatorie. Stima della Superficie Territoriale dell’ambito (ST): mq 24.783 Stima della Superficie Lorda di Pavimento generata dall’ambito (SLP): mq 24.783
78
04.1
79
04.2
Il dibattito disciplinare in materia di pianifi cazione
urbanistica registra una generale convergenza sulla necessità di superare un quadro normativo espressione di un’epoca in cui l’esigenza preva-
lente era di “contenere”, attraverso una disciplina puntuale e rigorosa, la pressione speculativa del mercato immobiliare innescata dal boom economico degli anni 60. Contenere il consumo
indiscriminato di un bene irriproducibile e fragile
qual è il territorio, e assicurare equilibrio fra l’insediamento di persone ed attività e la dotazione
dei servizi pubblici essenziali ad assicurare ade-
gli indirizzi di politica urbanistica
guate condizioni di vita, erano gli obiettivi primari perseguiti. Obiettivi da confermare e raff orzare (per quanto siano diventati patrimonio comune
condiviso dalla cultura diffusa e quindi nessuno
li metta più in dubbio) ma altresì da contemperare con la crescente esigenza di sostenere lo
sviluppo economico e sociale, in un’ epoca in cui i processi di globalizzazione economica hanno profondamente scosso gli equilibri su cui si era
retta la fi ducia nel progresso che aveva innervato il ’900. Il mondo globalizzato è per defi nizione aperto e fortemente competitivo.
I territori e le comunità locali tendono a riconoscere, al di là di interessi particolari talvolta an-
che contrapposti, un prevalente interesse condiviso a valorizzare le opportunità da mettere in gioco e le criticità da rimuovere.
*:
80
Documento Ufficiale, Indirizzi di politica Urbanistica, giugno 2008
04.2
Il Piano Strategico, di cui Torino è stato avanguar-
strategico, che ne costituiscano anticipazione e
questo terreno. Costruire condivisione degli at-
Nel programma di amministrazione gli indirizzi e
dia, si colloca proprio in modo del tutto nuovo su tori economici e sociali attorno ad una diagnosi
circa gli elementi di forza e quelli di debolezza
del proprio territorio (in senso non solo fisico ovviamente), ed attorno all’individuazione di indi-
rizzi e azioni strategiche per ridefi nire identità e vocazione in rapporto al nuovo quadro, globalizzato e competitivo, in cui ci si trova ad operare.
Per evitare che la crisi, dovuta alla rottura degli equilibri consolidati, si traduca in declino.
Declino della ricchezza prodotta e quindi anche del reddito e della qualità della vita.
Il Piano Strategico riconosce altresì la dimensione metropolitana quale riferimento per ogni
pianifi cazione strategica e territoriale. La coo-
perazione interna all’area è una condizione per competere effi cacemente a scala europea e mondiale.
È del tutto evidente quindi che la scala della progettualità da mettere in campo è quella territoria-
le e che l’esigenza di una pianifi cazione integrata di area metropolitana è imprescindibile.
Tuttavia, fi nché non disporremo di un quadro normativo e istituzionale che lo consenta, tutto
ciò è impraticabile. Quel che è possibile è concludere accordi limitati su programmi intercomunali, anche rilevanti sul piano
stralcio.
le azioni del Piano Strategico sono largamente rifl essi e rappresentano i “valori” di riferimento
e la visione prospettica della città nel terzo millennio:
• Integrare l’area metropolitana nel sistema internazionale
• Costruire il governo metropolitano
• Sviluppare formazione e ricerca come risorse strategiche
• Promuovere imprenditorialità e occupazione
• Promuovere Torino come città di cultura, tur smo, commercio e sport
• Migliorare la qualità urbana.
Ad essi l’attività pianifi catoria deve off rire condizioni urbanistico-territoriali di realizzazione.
Nel quadro di tale visione prospettica, deve promuovere la convergenza d’intenti (le condivisioni
e le sinergie) fra gli attori in gioco, da costruire
volta per volta nell’interazione complessa fra gli
stessi.
E ciò non signifi ca cedimento a logiche solo ne-
goziali, frammentate, casuali e prive di una co-
erenza e di un senso comprensibili. Purché le singole azioni “stiano dentro” un
quadro strutturale che sono le Pubbliche Ammi-
81
nistrazioni a defi nire, quale tutela dell’interesse
Come noto la Regione ha da tempo avviato un
Il quadro strutturale confi gura l’assetto del terri-
cui collocare l’attività di pianifi cazione e governo
pubblico.
torio, individuando le parti da trasformare, quelle da riqualifi care, quelle da conservare, tutelare e valorizzare nella loro integrità.
Ed allora è l’elemento strutturale del Piano il ga-
rante della coerenza generale ed il presidio del riconoscimento di senso dell’azione urbanistica. Le singole iniziative attivate possono essere va-
riamente confi gurate, e ciò è affi dato alla negoziazione, purché se ne mostri la coerenza generale con il piano strutturale.
La normativa regionale vigente ha in qualche misura già assunto la fondamentale distinzione fra ciò che è strutturale e ciò che non lo è.
Di qui discende che le sole vere varianti sono quelle qualifi cate come strutturali.
Le altre sono puri aggiustamenti della fase at-
tuativa, resi necessari dalla ricerca di un punto di equilibrio e di convergenza dei molteplici interessi in gioco (non solo quelli privati degli operatori,
fortemente condizionati da dinamiche economiche contingenti, ma anche degli altri attori sociali
e quelli pubblici generali interpretati dall’Amministrazione).
82
lavoro volto a ridefi nire il quadro normativo entro del territorio. Certamente al nuovo quadro la città si adeguerà. Nel frattempo però la vita continua
e il presente preme. La città non può quindi che
operare un progressivo adeguamento del Piano
del ‘95 che ha bisogno di ritrovare senso complessivo e coerenza interna attraverso un atto di
indirizzo del Consiglio che valga a tracciare le linee a cui i singoli atti amministrativi dovranno ispirarsi.
Quel che si è cercato di fare è capire quanto dei
contenuti strutturali dell’attuale PRG, considerato il tempo trascorso e l’accelerazione dei mutamenti in corso, è da ripensare e diversamente
disciplinare, anche traguardando gli indirizzi e le azioni del piano strategico e del programma di amministrazione. Questa è la fi nalità attribuita al
presente documento d’indirizzo che costituisce soltanto una cornice di politica urbanistica re-
stando inteso che, fino alla redazione di un nuovo strumento di pianifi cazione, alle necessarie
modifi che e integrazioni al vigente PRG si dovrà provvedere con specifi ci atti amministrativi (le famigerate varianti), previsti dalla vigente normativa.
Scalo Vanchiglia e Quadrante NordEst
sporto pubblico veloce che, nella prospettiva di
A partire dalla dismissione dell’esercizio ferro-
potenzialità di sviluppo ad un’area urbana.
linea ferroviaria fino a Rebaudengo hanno rap-
pare la localizzazione dello Scalo Vanchiglia, ove
un problema ed un’opportunità.
nodo di interscambio con il mezzo privato per il
centrale, totalmente abbandonata si off re ad usi
metropolitana. Infatti già il PRG del ’95 (per la
intorno e degradando essa stessa. Degrado fisi-
ti) riconosceva nella connessione viabile veloce
Un’opportunità perché consente di ripensare
sibilità di drenare tutto il traffico pedecollinare
te volgeva le spalle all’infrastruttura ferroviaria,
portanza per scaricare da un imponente traffi co
e che ora può invece guardare ad esso come
appunto, sia l’asse Settimo-San Mauro e poi gli
E ciò è tanto più vero in quanto, nella sua defi
Stura-Po e sul Po.
metropolitana, nella sua porzione Nord, percorre
indicato dal piano regolatore scende verso Sud
alla stazione Rebaudengo con il Passante Fer-
topassa strada San Mauro, attraversa il Po una
tropolitano.
cando ad Ovest, riattraversa in galleria il fi ume,
sizione felice entro il sistema integrato del tra-
del CimiteroMonumentale.
medio periodo di limitazione del traffi co privato, rappresenta la chiave di volta per riconoscere
viario da parte di RFI, lo Scalo Vanchiglia e la
Ed ancora più strategica in tale prospettiva ap-
presentato al contempo, come spesso accade,
si consideri la possibilità di riconoscerlo come
Un problema perché un’area così estesa e semi-
traffi co in entrata dal settore nord-est dell’area
illegali e marginali, producendo degrado al suo
verità riprendendo indicazioni ancora preceden-
co ma anche degrado sociale, come ben noto.
alla Statale 11, proveniente da Chivasso, la pos-
tutto quel grande brano di città che storicamen-
diretto verso Torino. Un intervento di grande im-
sostanzialmente estranea alla vita del quartiere,
di attraversamento sia la viabilità pedecollinare,
matrice di nuovi sviluppi urbani.
imbuti rappresentati dai ponti sulla confl uenza
nizione conclusiva, il tracciato della linea 2 della
Il nuovo tracciato, prevalentemente in galleria,
interamente i sedimi dismessi, intercambiando
all’altezza del curvone per Abbadia di Stura, sot-
roviario e quindi con il Sistema Ferroviario Me-
prima volta sul ponte di viale Agudio e poi, divari-
Questi sedimi risultano quindi collocati in po-
uscendo all’altezza di corso Regio Parco a nord
83
È evidente come la realizzazione della nuova
il fi nanziamento dalla Regione, a partire dal
viario offra l’opportunità di realizzare, proprio in
zione, ricerca e relativi servizi della ex Manifat-
linea metropolitana integrata al sistema ferroquella posizione,un efficace nodo di interscambio tra mezzo privato e mezzo pubblico, capace
di cambiare radicalmente il profilo del traffico in tutto il quadrante nord-est, con signifi cativi effetti di riduzione del carico ambientale.
In questa prospettiva di scala territoriale deve
essere radicalmente ripensato il ruolo urbano
che queste aree possono giocare e le funzioni che possono esservi collocate.
Ciò signifi ca ridisegno complessivo dell’immagine urbana, arricchimento di funzioni (verde,
servizi, residenze universitarie e ordinarie, terziario produttivo, commercio, ecc) e signifi ca-
tiva densifi cazione anche in funzione del cofi nanziamento, con le valorizzazioni immobiliari,
dell’infrastruttura di trasporto pubblico. In particolare si sta lavorando alla fattibilità di una STU
(Società di trasformazione urbana) che attraverso le valorizzazioni, reperisca risorse fi nanziarie con cui alimentare una finanza di progetto per la
realizzazione della prima tratta della linea 2 di Metropolitana.
Tutto ciò è già, almeno in parte, prefi gurato nella
proposta di PTI (programma territoriale integrato) per il cui studio di fattibilità è stato concesso
84
tema della riconversione verso funzioni di formatura Tabacchi.
Si tratta, come detto in premessa, di un docu-
come elemento che guida la localizzazione di
ne solo indirizzi, non indicazioni tecniche diret-
il sistema del verde anche come elemento di ri-
mento di politica urbanistica che quindi contietamente applicabili. Più che altro, apre ad una discussione e ad un confronto, fornendo certo indicazioni d’orientamento, sui temi su cui, riteniamo, occorra andare oltre le indicazioni con-
tenute nel PRG, per metterci nelle condizioni di
raccogliere le sfi de cha la contemporaneità ci pone. In buona sostanza per procedere ancora sul percorso di modernizzazione che la città ha
intrapreso ma non ancora completato ed al contempo di adeguamento della città ai nuovi standard di qualità della vita, ed ancor più di compati-
bilità e sostenibilità, che le emergenze ambientali ci impongono.
Pensiamo sia impraticabile, nella complessità dellasituazione attuale, costruire la “narrazione”
sul futuro della città come avveniva nei vecchi piani regolatori. Emerge invece dalle cose enunciate l’idea di una città capace di adeguarsi con rapidità agli scenari in movimento, però
sapendo di dover defi nire delle linee precise di
sviluppo fi sico (gli assi e gli ambiti di trasforma-
zione) e dei principi che guideranno scelte che
si confronteranno con esigenze vecchie ma soprattutto nuove. I principi sono ambientali: assu-
maggiori pesi insediativi e valorizzare
cucitura all’interno del tessuto urbano, non solo torinese ma anche metropolitano.
Elementi riferibili alla qualità del tessuto della
città: la mixité delle funzioni che ne garantiscono la vitalità e parallelamente la disponibilità ad
accogliere nuove esigenze d’uso degli edifi ci esistenti, ma con attenzione a non contraddire la morfologia urbana che caratterizza gli ambiti di
sviluppo storico di Torino e con il riconoscimento dell’importanza dello spazio pubblico. Spazio che deve essere riprogettato per dare identità ai luoghi, identità non solo fi sica, ma soprattutto d’uso per i cittadini.
La città in questi anni è cambiata molto, la sfi da
ora è proseguire su questa strada ma, ripensando anche criticamente a quanto fatto, sapendo
incrementare il grado di qualità e innovazione delle trasformazioni.
In conclusione va ribadito che quello proposto è un documento aperto, che i contributi del con-
fronto che si avvia possono implementare, sia sul piano dell’indicazione dei temi da aff rontare, che delle modalità con cui affrontarli.
mere la riorganizzazione della mobilità pubblica
85
86
87
04.3
“Come indicato dal documento “Indirizzi di po-
litica urbanistica”, elaborato dall’Assessorato
all’Urbanistica della Città di Torino nel giugno 2008, il progetto infrastrutturale e insediativo connesso alla futura Linea 2 della Metropolitana
rappresenta una dei fuochi principali della pros-
sima trasformazione torinese. La valenza strategica di questo progetto è confermata dal fatto che, nel documento sopra richiamato, l’intero
ambito della Linea 2 viene a configurarsi come
una quarta centralità del piano, in aggiunta a quelle della Spina Centrale, di corso Marche, e
la variante 200
del Progetto Po” 4.
Così recita la premessa introduttiva del docu-
mento della Variante 200 al PRG di Torino indi-
viduando nella Linea 2 della metropolitana nel quartiere nord del capoluogo piemontese il ful-
cro dell’intero processo di trasformazione. Al di là dei singoli ambiti di trasformazione, si innescano molteplici processi che riguardano l’intero territorio e temi differenti.
Un dato importante e centrale concerne la risolu-
zione di alcune critic ticità in merito al tema della mobilità e dell’accessibilità a scala sia cittadina sia metropolitana.
La realizzazione del nuovo progetto insediativo e infrastrutturale connesso al tracciato della Linea 2 della metropolitana riconosce, nei nodi di
88
04.3
interscambio dell’ex Scalo Vanchiglia e di Spina
L’esperienza della Linea 2 potrebbe infatti esse-
importanti “porte” per riorganizzare nel quadran-
giocate per “recinti” autonomi e autoreferenziali
4 in prossimità della stazione Rebaudengo, due
te nord il sistema della mobilità e dell’accessibilità urbana.
“La strategicità di queste mosse progettuali è ribadita e rafforzata dall’osservazione delle tra-
sformazioni che coinvolgeranno l’intero quadrante nord nei prossimi anni: non solo il riuso e la
riqualificazione delle grandi piastre industriali tra Torino e Settimo, ma anche la riorganizzazione
dell’assetto della mobilità, con il depotenziamento di corso Giulio Cesare e di corso Casale come
re d’aiuto per evitare modalità di trasformazione che deprimono la qualità architettonica e il funzionamento degli spazi della città. Diverse sono le progettualità che si stanno via via affiancando
le une alle altre, dando così il quadro complessivo di una precisa volontà riguardante l’intera Città.
Si aggiungono altre riflessioni che il Comune sta portando avanti parallelamente al lavoro sulla Linea 2 e che allargano la “sfera di influenza” del progetto infrastrutturale, connotandolo come l’occasione di un più generale ripensamento di questa parte di città.
4 assi di entrata, a favore del rafforzamento del
viale della Spina e della nuova infrastruttura stradale posta in continuità con l’ex S.S. n. 11” 5.
Questa visione permette di riconoscere nella Variante 200 una visione progettuale integrata.
“Progettare i diversi sistemi infrastrutturali, insediativi e ambientali contemporaneamente significa introdurre delle importanti innovazioni
ad esempio nella configurazione dello spazio
pubblico e aperto, incrementando la qualità architettonica e la fluidità-continuità dei differenti ambienti e funzioni urbane” 6.
89
04.3
Una “catena” di processi
e ambientale è certamente un’occasione da non
L’immagine del progetto infrastrutturale e inse-
stenibilità” che non si limiti alle sole prestazioni
diativo connesso alla tranche nord della Linea 2 è quella di una sorta di “collana”, capace di te-
nere insieme l’andamento assiale e la sottolineatura e il potenziamento di singoli fuochi urbani.
In senso longitudine, la Linea si configura come una potenziale promenade urbana che fornisce continuità e narratività a una zona della città per alcuni versi sofferente e a rischio di degrado.
Su questo elemento lineare si attestano delle nuove centralità generate dalle stazioni della Li-
nea 2 della Metropolitana, le quali a loro volta possono diventare elementi capaci di innescare processi di rigenerazione dei tessuti retrostanti,
collegandosi ad altri fuochi di riqualificazione urbana.
La qualità e le innovazioni non devono riguarda-
re solo l’integrazione degli aspetti insediativi e infrastrutturali, ma anche le soluzioni architettoniche, tipologiche, tecnologiche dei nuovi interventi.
Gli interventi lungo la Linea 2 sono inoltre stra-
tegici per sperimentare un più alto livello di sostenibilità ambientale. In questo senso la possibilità di pensare in modo integrato il progetto della mobilità pubblica con il progetto insediativo
90
perdere all’interno di una riflessione sulla “so-
tecnologiche, ma che sappia lavorare nella direzione di una più diffusa “sostenibilità urbana”.
Il progetto insediativo, infrastrutturale e ambien-
tale connesso alla realizzazione della Linea 2 della Metropolitana deve essere caratterizzato da una qualità non solo del “prodotto”, ma anche di “processo”.
“La presenza di una regia pubblica forte, tramite la formazione di una Società di trasformazione urbana, consente infatti di im-
maginare molteplici azioni sul piano della qualificazione del processo, favorendo – attraverso la costruzione di tavoli capaci di lavorare non solo ex ante, ma anche in itinere – l’interazione positiva di tutti gli attori implicati nell’operazione
di trasformazione, dalle differenti settorialità del-
la macchina pubblica ai diversi operatori coinvolti, fino alla scala degli abitanti e dei cittadini che
devono essere informati e inclusi nel processo” .
04.3
91
04.3
92
Contenuti
L’innesco di polarità in questo quadrante deve
L’idea che guida la costruzione di questo pro-
lievo metropolitano connesse da una rete più
na, si inserisce coerentemente nella più vasta
del sistema metropolitano. L’intervento di ri-
negli ultimi anni per attuare un modello di svi-
frastrutturale della linea 2 si pone l’obiettivo di
economico e sociale postindustriale. Questo
“latenti” presenti sul territorio portando a com-
aree di eccellenza, ma una più generale pro-
completezza ad un disegno urbano già avviato.
La riorganizzazione della struttura socioeco-
urbani e infrastrutturali tesi a riqualificare e dare
metropolitano che deve assumere caratteristi-
In realtà la riqualificazione urbanistica che si in-
intende perseguire. Coerentemente con la stra-
quinte urbane in un territorio frangiato, dare forma
de attivare progetti e iniziative affinché nell’area
di territorio da decenni separati da barriere fisiche.
le condizioni per realizzare una polarità urba-
trasformazioni future previste per la città: si par-
anche a scala sovralocale e che, contempora-
come nuovo lido d’espansione; si ipotizza un
territorio circostante entrando in interazione
sare e Corso Casale come collegamenti latitu-
si diffusi di riqualificazione urbana e sociale.
mento al programma europeo Urban 3 come
essere affidata ad aggregazioni di attività di ri-
getto infrastrutturale e di rigenerazione urba-
o meno fitta di relazioni tra esse e con il resto
strategia che la Città di Torino ha perseguito
qualificazione urbana connesso a quello in-
luppo coerente con le esigenze di un assetto
mettere in rete e valorizzare le diverse centralità
non significa soltanto crescita di specifiche
pimento processi di riqualificazione e dando
mozione di ogni ambito della società urbana.
L’obiettivo generale è quello di creare interventi
nomica ha un immediato riscontro nello spazio
forma a questa porzione di territorio cittadino.
che compatibili con il modello di sviluppo che si
tende attivare ha l’intenzione di ridisegnare nuove
tegia di sviluppo in atto, la città di Torino inten-
ad ambiti pubblici, ricucire materialmente por zioni
del quadrante est- nord-est della città si creino
Nel progetto si pone particolare attenzione alle
na che possa svolgere una funzione rilevante
la della crescente importanza dell’area Nord
neamente, sia attenta alle caratteristiche del
depotenziamento degli assi di c.so Giulio Ce-
con esso, in maniera da innescare proces-
dinali della periferia verso il centro; si fa riferi-
strumento per la trasformazione del quartie-
04.3
re Vanchiglia, adiacente all’omonimo scalo.
“A partire dagli obiettivi di carattere generale,
tata aventi attraverso un forte parallelismo
caso alcuni temi e capisaldi progettuali, qui
L’attenzione alle tematiche ambientali è por-
tra paesaggio, soprattutto legato al tema fluviale, e l’infrastruttura; si ipotizza di attribu-
ire maggior valore agli affacci sugli affluenti
del Po, ora caratterizzati da identità residuale. L’obiettivo viabilistico di collegamento tra l’area
Nord, l’aereoporto di Caselle e il centro della
sopra richiamati, per mettere a fuoco in ogni
di seguito sono stati messi in evidenza venti elementi costituenti la prima griglia concet-
tuale alla quale incardinare e riferire la com-
plessa struttura della futura Linea 2 e le aree
interessate dalle trasformazione correlate” 8.
città viene portato avanti con la creazione di un
Questi temi progettuali sono riconducibili a cin-
gato alla stazione Rebaudengo dove avverrà
1. Elementi di struttura
nodo intermodale, l’ex scalo Vanchiglia, collel’incontro con il passante ferroviario in Spina 4. Uno degli obiettivi strategici della Città è quello
di caratterizzare tale comparto con trasformazioni urbanistico-edilizie con alti livelli di qualità in
que tematiche specifiche d’intervento: 2. Elementi di Morfologia
3. Elementi infrastrutturali
4. Comfort ambiente costruito 5. Identità e caratterizzazione
riferimento ai temi ambientali e in particolare a
quelli della ecocompatibiltà, della ecosostenibil-
tà, della qualità architettonica e non ultimo della valorizzazione delle potenzialità paesaggistiche Uno degli obiettivi strategici della Città è quello
di caratterizzare tale comparto con trasformazioni urbanistico-edilizie con alti livelli di qualità in
riferimento ai temi ambientali e in particolare a
quelli della ecocompatibiltà, della ecosostenibil-
tà, della qualità architettonica e non ultimo della valorizzazione delle potenzialità paesaggistiche.
93
04.3
94
04.3
Ambiti L’obiettivo principale di questo progetto resta sicuramente quello della mobilità e dell’accessibilità costruendo in parallelo il progetto infrastrutturale con quello insediativo e introducendo
importanti innovazioni nella configurazione dello spazio pubblico, delle relazioni urbane, della qualità architettonica.
Il progetto infrastrutturale e di riqualificazione
urbana del quadrante nord-est concentra in particolare l’attenzione sui seguenti ambiti di intervento:
A. AMBITO SPINA 4
B. EX TRINCEA FERROVIARIA
C.AMBITO EX SCALO VANCHIGLIA
95
04.3
Ambito Spina 4 Come già detto l’area oggetto di studio si colloca all’estremità nord del futuro viale della Spina, in una localizzazione strategica rispetto al nuovo
assetto infrastrutturale e urbano che la città di Torino assumerà a partire dai prossimi anni, al termine dei lavori per il passante ferroviario e di sistemazione del viale della Spina Centrale.
A partire da questa serie di considerazioni, la
soluzione morfologica proposta si occupa della riconfigurazione di questa porzione di città, at-
traverso la ricucitura dei tessuti costruiti ad est e ad ovest del viale, e la ricostruzione della maglia urbana. Elemento centrale dell’insediamento è la nuova piazza inserita perpendicolarmente alla Spina, esito dell’operazione di riammagliamento
e vera e propria Porta Nord della città: assieme al rinnovato tassello verde di Parco Sempione,
fa parte di una sequenza di spazi urbani (“stanza” verde, apertura sulla piazza, attraversamento del tessuto costruito)il cui compito sarà quello di scandire il percorso di ingresso in città del viale della Spina.
96
04.3
Quantità e mix funzionali
La presenza di importanti elementi infrastrutturali
Le prefigurazioni progettuali contenute in fase
na 4 nuovi importanti atout che ne impongono, in
studio propongono una soluzione morfologica che si riferisce a tutte le porzioni della Spina 4,
e di pregio ambientale conferiscono all’area Spi-
parte, un ridisegno rispetto alle previsioni morfo-
logiche attuali e la definizione di nuove quantità
la cui trasformazione non è ancora stata avviata.
insediative con un arricchimento dei mix funzio-
cazione strategica all’ingresso in città integrata
drebbe ampliato, per le ragioni sopraindicate, il
L’ambito della Spina 4, proprio per la sua collocon le principali infrastrutture mobili (la ferrovia Torino – Milano, quella diretta all’aeroporto, la linea 2 di metro) perderà via via le caratteristiche
di zona marginale e periferica connotata principalmente come dormitorio, per acquistare un ruolo urbano ove nuove funzioni, attività, servizi
privati e anche nuove residenze traggono dall’interscambio delle varie infrastrutture le condizioni
di migliore insediabilità. Saranno realizzati im-
portanti interventi di riqualificazione del paesag-
gio, di cui la realizzazione del viale della Spina risulta l’intervento più significativo, e che costitu-
irà l’elemento motore della riqualificazione dello spazio pubblico dell’area, che avrà come epicentro il Parco Sempione, che dovrà essere, in
parte, ridisegnato perché si integri con il nuovo
quartiere e punto di partenza del parco lineare
da realizzare al di sopra della linea 2 di metro fino al futuro parco dell’area Scalo Vanchiglia.
nali. L’ipotesi di intervento oggetto di studio ve-
perimetro delle aree oggetto della trasformazio-
ne, con inclusione delle aree di proprietà comunale del Parco Sempione.
Con tale ipotesi, la variante allo studio considera
la collocazione sul territorio di ulteriori 161.000 mq SLP, di proprietà della Città di Torino, le cui
destinazioni d’uso comprendono un mix funzionale molto articolato, comprendente uffici, attività ricettive, servizi privati, attività produttive
avanzate e di ricerca, oltre naturalmente alla residenza, che si integreranno, con un disegno
unitario, alle quantità edificatorie già previste
nell’area, di cui si è detto, per un totale di interventi corrispondenti a mq. 251.000 di SLP.
Le Zone Urbane di Trasformazione già disciplinate dal PRG mantengono invariate le regole e i parametri urbanistici vigenti (alcune aree vedranno ridotta la superficie territoriale a seguito di limitati provvedimenti di esproprio attivati da
RFI per l’ampliamento della ferrovia), la Z.U.T.
Docks Dora sarà disciplinata al fine di persegui-
97
04.3
re l’obiettivo del mantenimento quasi totale dei
caratteristici magazzini storici di inizio novecento, tutelati dalla Soprintendenza, che saranno
oggetto di un progetto di restauro e riqualificazione.
In relazione ai nuovi presupposti infrastrutturali
e condizioni insediative che portano a rivedere il disegno urbano dell’intera Spina 4, anche per
queste aree si prevederà un diverso assetto urbano da integrare con le nuove infrastrutture e gli spazi pubblici da ridisegnare.
no ridotta la
superficie territoriale a seguito di limitati provvedimenti di esproprio attivati da RFI per l’am-
pliamento della ferrovia), la Z.U.T. Docks Dora sarà disciplinata al fine di perseguire l’obiettivo
del mantenimento quasi totale dei caratteristici
magazzini storici di inizio novecento, tutelati dal-
la Soprintendenza, che saranno oggetto di un progetto di restauro e riqualificazione.
98
04.3
Ambito Scalo Vanchiglia/Sempione-Gottardo
la collina torinese, rafforzando la sua relazione
Per quanto attiene l’ambito considerato, è neces-
Alle spalle dello scalo Vanchiglia, verso via Bolo-
viene graduata nelle sue componenti su tre prin-
cole e medie imprese, aziende innovative e resi-
Corso Novara, via Bologna, e lo Scalo Vanchi-
complessivo di riorganizzazione, con il comple-
Regio Parco, per la maggior parte corrisponden-
nuove centralità, con spazi pubblici caratterizzati
con i parchi urbani e le fasce fluviali.
sario premettere che la trasformazione prevista
gna il territorio è connotato da un tessuto di pic-
cipali comparti di riferimento: l’uno delimitato da
denze; in questo tessuto si prevede un processo
glia – denominato A, l’altro frontestante al Corso
tamento della viabilità esistente, la creazione di
te con le aree dimesse dallo scalo - denominato
da qualità urbana e architettonica.
B e, infine, quello comprendente l’ex trincea fer-
roviaria, con le connesse aree strategiche per la trasformazione, collocate lungo le vie Gottardo e
Sempione (fermate della nuova linea metropolitana 2, Ospedale Giovanni Bosco, spazi urbani di connessione su snodi viari di rilievo, etc…) – denominato C.
L’area compresa tra via Bologna, il Cimitero
Monumentale, corso Novara e la Manifattura Tabacchi costituisce l’elemento propulsore della trasformazione urbana legata alla realizzazione della nuova linea di metropolitana.
A partire dal recupero dell’ex Scalo Merci Van-
chiglia, la configurazione dell’area prevede la
creazione di un brano di città che ridisegni i bordi del costruito esistente, costruisca un nuovo
fronte urbano e incrementi la propria dotazione di spazi verdi, valorizzando i rapporti visuali con
99
04.3
100
04.3
Quantità e mix funzionali
secondo gli indici di zona (variabili da 1,00 ad
Comparto A.
1,35 mq di SLP/mq SF) e aree ove la trasforma-
Ha un’estensione di circa mq 320.000. E’ oggi
deve essere mantenuta almeno il 50% della SLP
di attività produttive e artigianali collocatesi nel
quali si intende agevolare il mant nimento ed il
ca dell’area; porzioni minori sono occupate da
nomiche. Anche sotto questo profilo il presente
suddette.
fondano le varianti normative al PRG n. 151 e n.
zione è limitata ad interventi di riordino per cui
caratterizzato principalmente dalla presenza
esistente. Inoltre, si distingueranno aree per le
tempo in considerazione della vocazione stori-
nuovo insediamento di attività produttive ed eco-
edifici residenziali autonomi o legati alle attività
Documento risulta allineato ai principi sui quali si
L’obbiettivo principale è quello di valorizzare e promuovere la potenzialità già esistente e la ca-
pacità attrattiva del comparto partendo dalle sue attuali connotazioni, diversamente da quanto
previsto dal PRG vigente, che è invece finalizzato alla sua trasformazione urbanistica pressochè radicale.
Devono essere introdotti nuovi mix funzionali che promuovano e sviluppano la presenza
delle attività artigianali e produttive di alto ran-
go, innovative, con laboratori di ricerca e studi professionali, terziario ed attività di servizio alle
persone ed alle imprese. Circa i parametri di trasformazione, il nuovo assetto previsto deve
partire da una approfondita analisi dei luoghi in base alle cui risultanze verranno utilizzate, ca-
librandole, le regole generali del PRG vigente. Saranno conseguentemente individuate: aree
limitate da confermarsi nel tessuto consolidato
115. Infatti, con la variante n. 115, si è intervenuti
al fine di aggiornare le disposizioni urbanistiche inerenti la normativa che regola le modalità di interven to nelle aree produttive consolidate e
per migliorare la sostenibilità insediativa, ricondocuendola a valori compresi tra 1,00 e 1,35 mq SLP/mq SF.
A completamento di quanto sopra, nei casi in cui
la variante n. 151 ammette la possibilità di trasfomazioni delle aree produttive verso mix più
articolati, con forte presenza di attività innovative, creando quindi occasione per estesi interventi di riordino e riqualificazione, sono previsti parametri di intervento rapportabili a quelli delle
Z.U.T., con un indice di edificazione pari a 0,8
mq SLP/mq SF e la cessione di aree per servizi indotti rapportabile a quella prevista per le attività terziarie.
101
04.3
Comparto B.
Comparto C.
In relazione alle caratteristiche del sito ed agli
L’ambito di trasformazione comprende l’ex sedi-
obbiettivi di riqualificazione descritti, la trasfor-
mazione prevista per il comparto deve essere differenziata secondo le distinte funzioni urbanistiche ad esso assegnate.
In particolare, si prevede la localizzazione baricentrica di un vasto comparto residenziale, affacciato su un nuovo parco lineare, a lato del cimite-
ro monumentale – denominato B2; completano la trasformazione: a Sud, la realizzazione di un
polo prevalentemente commerciale integrato al
quartiere - denominato B1; a Nord, la realizzazione del parcheggio di interscambio del traspor-
to pubblico/ privato – direttamente connesso con la linea metropolitana e con la viabilità di con-
nessione Nord/Sud, oltre ad un centro terziario/
direzionale - B3. Considerate le vaste dimensioni delle aree trattate, si prevede che l’attuazione
avvenga per fasi, seppure nel contesto di una progettazione urbanisticamente coordinata e per sub-ambiti funzionalmente autonomi.
me del ramo ferroviario ed i nodi significativi.
La presenza lineare dell’infrastruttura, ha portato ad una lacerazione del tessuto urbano, e della
identità sociale dei luoghi. Sullo stesso asse gravitano alcune attività di servizio pubblico di rilievo
metropolitano quali l’Ospedale Giovanni Bosco e la sede universitaria ubicata presso la Manifat-
tura Tabacchi, la cui presenza riveste particolare rilievo in quanto si profilano per essi interessanti sviluppi. Pur non essendo direttamente interessata dalla variante urbanistica, in quanto già pre-
vista dal Piano Regolatore vigente, l’attuazione
degli interventi di riconversione dell’ex Manifattura Tabacchi e della ex FIMIT, per l’insediamen-
to della Scuola Interfacoltà di Scienze Motorie (SUISM), assume particolare importanza per le
strette relazioni urbane e sociali che si creano
con le restanti parti del quartiere, da barriera di
Milano, allo scalo Vanchiglia alla zona pedecollinare. Le aree del sedime abbandonato dal ramo
ferroviario e quelle funzionalmente connesse,
saranno oggetto di un progetto di riqualificazione che prevede, sulla copertura della trincea, il
proseguimento del parco lineare - individuato
dalla Commissione Arte Pubblica come possibile
102
04.3
ambito privilegiato per la collocazione di opere d’arte anche con caratteristiche di esposizioni tematiche e temporanee - e dei collegamenti
ciclopedonali, già previsti lungo il Corso Regio Parco. 16 Anche le trasformazioni sopra descritte relative ai comparti B e C, portano a modalità
e parametri urbanistici modulati secondo i prin-
cipi generali del PRG vigente. In particolare, il nucleo di terziario direzionale in corrispondenza
del parcheggio di interscambio può, di massima,
essere confermato nel tessuto consolidato ed attuato secondo l’indice di zona pari ad 1,35 mq di
SLP/mq SF, mentre la restante trasformazione dell’area dello scalo, dell’ex trincea e delle pen-
dici precedentemente descritte, rientrano a pieno
titolo tra le zone urbane di radicale trasformazione urbanistica. L’attribuzione dell’indice viene quindi così articolato: indice massimo pari a 1,00 mq di SLP/mq per le aree di proprietà comunale destinate alla
realizzazione del nuovo quartiere residenziale connesso con il sistema metropolitano; indice massimo pari a 0,50 mq di SLP/mq ST per la trasformazione dei nodi sull’ex-trincea ferroviaria.
103
05 l’area oggi 05.1 _ Ambito d’intervento: l’ ex Scalo Vanchiglia 05.3 _ Sottoambito 1 05.4 _ Sottoambito 2 05.5 _ Sottoambito 3 05.6 _ Sottoambito 4 05.7 _ Sottoambito 5 05.8 _ Sottoambito 6 05.9 _ Ambiente urbano circostante
105
106 110 112 114 116 118 120 122
126
carte tematiche
05.1
a m b i to d ’i n te r ve n to _ l ’e x s c a l o v a n c h i g l i a
106
05.1
L’ex Scalo Merci Vanchiglia è il punto di arrivo di
Nonostante la vicinanza con il centro città, le ca-
Milano nel tratto della Spina 4 del Passante Fer-
La presenza dei fiumi e del Parco della Collet-
un ramo ferroviario che parte dalla ferrovia per roviario.
Nell’Area del Parco Sempione, interessata dal
cantiere del passante ferroviario, parte un binario unico che, in trincea aperta, percorre quasi 3 km nel quartiere di Barriera di Milano.
Il cosiddetto Trincerone è una presenza forte e di cesura del quadrante Nord della città, costitu-
isce vera e propria barriera fisica da troppi anni
ratteristiche del luogo lo differenziano da esso. ta, con il Cimitero Monumentale han fatto sì che l’edificato si facesse più rarefatto aumentando la
presenza di spazi aperti. Nel complesso si tratta di un tessuto edilizio misto e frammentato, che
col passare del temop, non è stato interessato da nuovi inserimenti, ma piuttosto da abbandono e degrado.
abbandonata.
La disomogeneità del costruito espone come sia
ferroviario.
recenti.
Lo Scalo Vanchiglia è il punto di arrivo del ramo Esso è compreso tra il Cimitero Monumentale e l’asse viabilistico di Via Bologna.
Si tratta di un’area strategica per lo sviluppo urbano di Torino.
Oltre alla sua progettualità intrinseca data dal
definitivo abbandono dell’area nei primi anni
avvenuta una stratificazione per fasi più o meno L’area totale è di circa 600000 mq, data la sua
ampiezza, seppur all’ interno dei confini di delimitazione dell’area stessa, possiamo oggi distinguere casi esemplari con connotazioni differenti l’uno dall’altro.
del 2000, essa trova possibili collegamenti con i confini esterni della città.
L’area di intervento ha una forma quasi rettangolare, con circa 500 metri di lato in affaccio su
Corso Novara e 1,2 km lungo Corso Regio Parco e via Bologna.
107
L’ingresso nord alla città: Via Bologna
ne, un parcheggio, la fermata del bus, la sede
Via Bologna ad oggi rappresenta uno degli assi
brica: Industrie, Magazzini e Uffici”.
di traffico per l’ingresso dalla parte Nord della città, come prosecuzione della SS11, che arriva da Chivasso.
Si presenta come una via larga a una carreggiata con due corsie per senso di marcia, ma non
suddivisa da spartitraffico o da alberature; non sono presenti dossi rallentatori, ma una lunga
serie di semafori per garantirne l’attraversamento dalle vie trasversali ad essa; di conseguenza
il traffico veicolare è molto veloce. A livello di tessuto urbano non è omogenea, vista la presenza
di un mix di funzioni senza zone filtro, quali scuo-
le, residenze ed edifici bassi, sedi di industrie o artigianato.
Il primo tratto della via, subito dopo Piazza Sofia, da cui parte Corso Regio Parco, è caratterizzato da un contesto di residenze, ad altà densità di 11 piani fuori terra, che vanno diradandosi fino alla piazza del mercato di via Gottardo.
Passato il ponte del Trincerone ferroviario, e l’in-
crocio con Corso Taranto, dove gli edifici sono alti e disposti in maniera poco organizzata ripes-
sot al lotto di pertinenza, la via si allarga in Piazza Croce Rossa Italiana. Nella piazza è presente
un piccolo parco, una zona verde di aggregazio-
108
della Croce Rossa Italiana e l’industria “La FabProseguendo a Nord Est si incontrano una serie
di palazzine a bassa rilevanza architettonica, per lo più case popolari, fatiscenti.
A Sud- Ovest vi è la presenza di bassi fabbri-
cati, molto ammalo rati, sedi di piccole e medie industrie.
All’incrocio con Via Domenico Cimarosa, troviamo la sede della fabbrica URMET, ed un altro palazzo residenziale, di costruzione relativamente
recente, rispetto alle case popolari precedenti. La prosecuzione verso Nord Ovest di via Cima-
rosa è costituita da un viale alberato che rende più gradevole il passaggio in questa zona facendo da filtro per il traffico veicolare, da parcheggio e da spazio verde lineare per i residenti.
L’edilizia popolare, a Nord Est, segue il tratto appena descritto, mentre a Sud Ovest vi è la pre-
senza di bassi fabbricati, sempre destinati alla piccola industria, fino all’incrocio con via Paganini, un istituto professionale.
Da qui in avanti le funzioni si intrecciano maggiormente, i fronti residenziali non sono più solo a Nord Est della via, ma se ne trovano alcuni a Sud Ovest, come accade per le scuole.
All’angolo con corso Novara si trova la scuola
Il corso trafficato: Corso Novara
cina al centro città la funzione industriale decade
Corso Novara è uno dei tratti lunghi di attraver-
su entrambi i fronti della via.
collina torinese. E’ costituito da due corsie per
media ed elementare. Man mano che ci si avvi-
lasciando spazio a residenze e servizi per la città
L’intera via Bologna è percorsa dai mezzi di servizio pubblico, da non sottovalutare se consideriamo le dimensioni e la portata di flusso della via da e verso il centro città.
samento Nord che conducono fino ai piedi della
senso di marcia, con controviale separato dal-
la carreggiata principale mediante una serie di alberature tipiche dei corsi torinesi. Controviale largo con parcheggio su entrambi i lati. Il traf-
fico veicolare in questo caso è molto elevato e la velocità poco contenuta, con la presenza di attraversamenti pedonali pericolosi, come quello
con Via Perugia su cui si affacciano alcune medie industrie.
Poco più avanti la zona dei Docks Dora, su cui
si affacciano edifici mal conservati e talvolta abbandonati a se stessi e tutto ciò favorisce il degrado della .
Il tratto che si avvicina al Cimitero Monumentale, cambia leggermente viabilità con una serie di
curve che rallentano il traffico ed un susseguirsi di semafori per garantire l’attraversamento in zona cimiteriale.
109
05.2
sottoambito 1
110
05.2
L’area si presenta con alti edifici residenziali ( 8
e 11 piani) ed attività commerciali su Corso Novara e via Bologna, che nascondono un “piccolo
borgo” di bassi edifici. L’impressione di essere in
un “borgo” viene data dalle strette stradine tutte senza uscita, che in un trato presentano una lar-
ghezza di soli 3,8 metri e in un altro la pavimentazione in acciottolato. Nel piccolo “borgo vi sono
residenze, qualche piccola attività artigianale e diverse strutture abbandonate e pericolanti. Le
residenze, che sono la maggioranza degli edifici, sono di 2, 3 e 4 piani fuori terra e formano piccoli condomini, altre sono residenze unifamiliari.
L’inclinazione di queste vie contrasta con la gri-
glia ortogonale di via Bologna e di Corso Nova-
ra. Questa particolarità deriva dall’andamento di un’antica strada rurale che portava ad una cascina.
La zona di Via Mottalciata si presenta come la più degradata in quanto vi è un tratto di viabilità in terra battuta che diventa problematico in caso di pioggia e perchè sulla via si affacciano strutture fatiscenti, in parte crollate.
111
05.3
sottoambito 2
112
05.3
Proseguendo s via Bologna raggiungiamo una
zona dove la maggior parte degli edifici sono
piccoli capannoni per le numerose attività artigianali, i pesoti e qualche attività commerciale.
In modo del tutto estraneo al contesto vi sono anche tre condimini di 5 e 7 piani ed un picco-
lo centro regligioso ricavato in uno stabile commerciale. L’ampiezza della sede stradale di via Pacini ( quasi 20 metri) lascia pensare che ci
fosse in progetto qualche realizzazione che poi non è stata compiuta, oppure il prolungamento della via ha seguito gli allineamenti prima di via Bologna.
Anche in quest’area sono presenti tracce evidenti
dello stato di degrado come la parziale mancanza dei marciapiedi, la vegetazione spontanea
che cresce ai lati della strada, i rifiuti abbandonati e lo stato di abbandono di alcuni edifici.
Gli edifici, sia quelli residenziali sia quelli artigianali sono cresciuti per successive stratificazioni in modo non omogeneo.
Ritornando su via Bologna dopo quest’area a
destinazione mista ci sono tre zone a servizi
dove sono insediati l’istituto Zooprofilattico Sperimentale e i due istituti tecnici industriali.
113
05.4
sottoambito 3
114
05.4
L’area compresa tra via Ristori e via Paganini
può essere considerata un punto nevralgico di servizio dell’area.
Un polo urbano in cui si concentrano l’ Istituto Zooprofilattico Sper Piemonte Liguria e Valle d’Aosta e sul fronte nord L’Istituto Arte Bianca.
La Entrambe le vie culminano verso lo scalo abbandonato bloccando la visuale verso la Collina di Superga.
Via Ponchielli è il limite nord del sottoambito.
Essa ha il suo inizio nella città compatta al centro
dell’intera area di trasformazione (se si considera come area di trasformazione quella compresa tra Spina 4 e Scalo Vanchiglia).
Il primo tratto di strada è costituito da residenze
ad alta densità. un centro bocciofila ed un parco alberato con spazi dedicati.
Si giugne allo slargo su via Bologna e qui si su-
bentra nel sottoambito di interesse. La via cambia funzione, su essa si affacciano bassi fabbricati, alcuni abbandonati.
Si consclude, verso lo scalo con un vasto parcheggio, che pare ancora sottoutilizzato. Essa circuisce lo scalo diventando Va Monteverdi e poi continuando in direzione di Via Sempione.
115
05.5
sottoambito 4
116
05.5
Sempre più a nord lo stato attuale si presenta
con piccoli complessi industriali dismessi composti da numerosi capannoni più o meno utiliz-
zati come depositi. Risulta difficile comprendere le destinazioni interne in quanto tutto è recintato
da alti muri e più di una porzione è usata come deposito militare, quindi zona ben protetta.
Ma camminando nella zona si possono notare le
tracce delle precedenti attività industriali come
alti serbatoi dell’acqua o profili di ampi capannoni con coperture a shed.
A differenza delle zone precedentemente analizzate in questa parte le vie terminano in un gran-
de parcheggio e non permettono di attraversare i binari.
Proprio nei pressi di questo parcheggio vi è l’ingresso di un centro sportivo comunale con diver-
si campi da gioco all’aperto ed una piccola sede di due piani fuori terra per i servizi.
Lungo via Bologna è presente l’unica attività an-
cora in funzione che produce apparecchi per la
telecomunicazione, ma della quale vi è voce di
un trasferimento in un’altra sede per poter sfruttare maggiormente il valore del terreno andando a riqualificare l’area.
117
05.6
sottoambito 5
118
05.6
Nell’ultimo tratto di via Bologna prima di scavalcare la trincea dell’ex- linea ferroviaria troviamo
un’area in cui un tempo sergevano un lanificio
ed un opificio. Di entrambi sono rimaste le strutture degli stabilimenti e degli uffici.
Particolare riculta la facciata degli uffici all’angolo tra via Bologna e via Cimarosa che è impo-
stata sul forte contrasto tra le parti in mattone a vista abbastanza scuro e i decori in pietra molto chiara.
Ad esempio gli architrave delle aperture sono
delle arcate che presentano decori in pietra bianchissima. La stessa alternanza di colori bianchi e rosso scuro viene ripetuta nelle facciate dello
stabilimento che si intravede dietro al muro di cinta. Le strutture del lanificio sono adesso utilizzate da nuove attività produttive.
119
05.7
sottoambito 6
120
05.7
Questa fascia a ato di Corso Regio Parco è il
vero e proprio scalo merci, che versa ora in uno stato di degrado ed abbandono. L’ultimo convoglio è arrivato nel 2002.
Fino all’anno scorso erano ancora presenti parte
dei binari che sono stati smontati quando l’intera area è stata venduta dalle FS ad una società privata.
Attualmente l’area che ora occupata dai binari è per una parte molto limitata utilizzata come
deposito dei mezzi della raccolta rifiuti e da una piccola attività metallurgica.
Oltre ad alcuni edifici posti ai lati dell’area, al
centro dei binari vi è una struttura molto sem-
plice una sorta di ensilina che era utilizzata per le fasi di carico e scarico delle merci dei treni, infatti ha il pavimento ad un’altezza superiore al metro.
121
05.8
Per comprendere com’è la zona compresa tra
via Bologna ed i Corsi Novara e Regio Parco ho osservato e visitato in diversi momenti anche
l’introno. La caratteristica comune della zona in progetto e dell’area circostante è la grande frammentarietà del tessuto edilizio.
Per quanto riguarda la fascia intorno al cimitero, ovviamente è molto presente il verde e le attivi-
tà di servizio (materiali lapidei e vendita di fiori),
ma solo nella parte dell’ingresso storico s Corso Novara queste attività hanno una forma ed una struttura definita.
ambiente urbano circostante
Nei pressi degli ingressi al cimitero su Corso
Regio Parco invece la situazione è abbastanza problematica, perchè gli “edifici” sono infilati
nello stretto spazio che c’è tra l’alveo del canale ed i platani storici. I depositi dei materiali lapidei avvengono spesso all’aperto tra la vegetazione
del canale, mentre l’esposizione delle pietre la-
vorate, vere e proprie opere d’arte, è in locali in muratura.
La vendita dei fiori avviene sul trafficato Corso
Regio Parco, poichè le strutture metalliche che ospitano i negozi non hanno spazio sufficiente per l’esposzione dei fiori in modo più arretrato.
Questa vendita ed esposizione a filo strada si
rivela particolarmente pericolosa nel secondo ingresso cimiteriale che è nei pressi di una leg-
122
05.8
gera curva di Corso Regio Parco e che quindi
sistema di residenze ed attività artigianali che si
versa.
gna.
non permette una visuale completa a chi attraNella parte più a nord tra il Cimitero e la manifat-
trova all’angolo di Corso Novara e di via Bolo-
tura sono presenti i ruderi della vecchia cascina
Come già detto nel capitolo storico, davvero sin-
è molto frequentato durante tutto l’anno sia per
che dà le spalle al borgo e ha la facciata princi-
Airale ed il parco della Colletta. Questo parco
i suoi impianti sportivi, sia per il suo ambiente naturale caratterizzato dal Lungo Dora immerso nel traffico e nel caos.
Proseguendo sul Corso Regio si nota come il
parco vada a culminare nei pressi della Manifattura Tabacchi. Tra il retro dello stabilimento ed il
Po vi è anche il vivaio comunale che è raggiungibile da una stradina sterrata che lascia vedere
tutto il degrado in cui versa la manifattura, che segnala la sua presenza con la storica ciminiera ben visibile in gran parte del parco.
Corso Regio Parco costeggia per tutta la sua
lunghezza i fabbricati della manifattura che si presentano in forma compatta, con solo due
aperture: il grande ingresso allo stabilimento dal
quale entravano i treni per le operazioni di carico e scarico e l’ingresso principale che è in asse con la ciminiera e la via principale del piccolo borgo.
Questo piccolo borgo con le sue strette stradine si presenta in modo molto simile al piccolo
golare è la posizione di San Gaetano da Thiene pale sull’esterno.
Lasciando Corso Regio Parco che si unisce negli ultimi tratti a via Bologna, ed infilandosi nella zona compresa tra il “trincerone” e Corso Taran-
to si entra in una zona urbanizzata in periodo nettamente più recente.
Vi sono quasi esclusivamente residenze costruite in parte negli anni ‘50 (3 e 4 piani) e in parte negli anni ‘70 ( 9 e 10 piani). Questi edifici sono sistemati tra grandi vie alberate e con grandi aiuole verdi tra una casa e
l’altra. Questo discorso vale sia per le case più
basse disposte quasi a raggiera sia per i grandi condomini disposti a stecca su Corso Taranto.
Per entrambe la tipologia edilizia è di media bassa qualità, ma la grande presenza di verde, le
vie di comunicazionione molto ampie che per-
mettono il parcheggio e la presenza di nuclei di
servizio, migliorano la qualità di vita di questa zona periferica.
123
05.8
La presenza del trincerone taglia in due il quar-
In questa porzione di città vi è un importante
edilizie.
parcheggi, aree verdi e aree per il gioco. Anche
tiere e ciò si vede anche dalle diverse tipologie A nord del trincerone, verso Corso Taranto, gli
edifici sono grandi condomini posti in modo isolato rispetto al lotto di pertinenza e non sono quasi del tutto assenti bassi fabbricati. Questa
disposizione “a stecca” contrasta con quello che
succede dall’altra parte del trincerone dove le residenze sono più basse e sono costruite a corte, allineate all’esterno dell’isolato.
In qeusta zona le tipologie sono molto più frammentate, spesso vi sono edifici nuovi in genere
più alti inseriti in isolati con altri edifici di 3 e 4 piani. Si possono notare come in alcuni casi la tipologia si ripete per tutto l’isolato, soprattutto
per complessi di case la cui tipologia si ripete per tutto l’isolato, soprattutto per complessi di case
la cui tipologia costruttiva e una bassa qualità fa pensare a case popolari.
Nella zona più vicina a Corso Giulio Cesare ed
alla Chiesa Regina della Pace, aumenta la densità edilizia, le vie si restringono e gli edifici sono
quasi tutti basse residenze a corte con attività
commerciali al piano terra. Il tessuto edilizio non è omogeneo e a case recenti si affiancano resi-
denze di pochi piani con distribuzione a ballaotio.
124
deficit di aree per servizi, mancano aree per
l’animato mercato rionale di Piazzetta Cerignola si è dovuto inserire e crescere in quest’area
compressa, infatti si estende in alcune vie e crea un mercato con una distribuzione atipica. La prima area verde si trova più ad est lungo via
Petrella che risulta l’elemento di giunzione tra due diversi tipi edilizi.
A ovest di via Petrella via è via Aosta, breve e
con andamento curvilineo, su cui si vanno ad af-
facciare alcune “case d’epoca” con distribuzione
a ballatoio e con alcune tracce di un passato povero ed agricolo.
Ad ovest della via si trova una fascia di verde
dietro la quale vi è un grande complesso sportivo che comprende campi da gioco all’aperto ed
una grande piscina comunale e poi in grandi lotti verdi vi sono enormi condomini di 10 e 11 piani.
05.8
Molta importanza è stata data all’aspetto conoscitivo e di documentazione dell’intera area.
Cercando di esulare dai confini netti imposti dal bando, ho avuto modo di affrontare, in una fase
primaria, la messa in sistema con elementi e spazi urbani non del tutto limitrofi allo Scalo Vanchiglia, ma ad esso connessi.
Ecco quindi che da qui si è dato luogo alla pro-
duzione di una serie di carte tematiche che riassumessero i livelli di studio dell’area.
125
secondo ampliamento _ 1630
126
terzo ampliamento _ 1714
nucelo storico_sviluppi urbani_elaborazione personale_scala originale: 1:25000
grandi aree in trasformazione_elaborazione personale_scala originale: 1:25000
127
128
naturalitĂ nel contesto_elaborazione personale_scala originale: 1:25000
dorsali urbane_elaborazione personale_scala originale: 1:25000
129
130
carta dei pieni e vuoti_elaborazione personale_scala originale 1:5000
131
132
morfologia del costruito_elaborazione personale_scala originale: 1:5000
133
134
grandi spazialitĂ _elaborazione personale_scala originale: 1:5000
giaciture geometriche_ maglie geometriche della cittĂ
giaciture e geometrie_elaborazione personale_scala originale: 1:5000
135
136
visuali significative_elaborazione personale
visuali significative_
mole antonelliana + basilica di superga
137
acqua e spazio 06.1 _ Introduzione 06.2 _ L’approfondimento 06.3 _ Architettura e acqua 06.4 _ Acqua e spazio urbano_ locale e globale 06.5 _ Esperienza statunitense ed esperienza italiana 06.6 _ Le tecniche di gestione 06.7 _ Applicazione al progetto
139
140 144 148 152 158 162 184
06 urbano
06.1
“Come la pietra, il mattone, il cemento, il legno,
l’acciaio o il vetro, altrettanto l’acqua può farsi
materiale compositivo d’una costruizione architettonica: non insidiosa nemica, ma piuttosto suo
cruciale complemento o addirittura primario elemento conformatore”. 1
Il presente saggio, lungi dal ritenersi esaustivo, affronta il tema del rapporto che intercorre tra
l’elemento acqua come componente strutturante e il disegno dello spazio urbano.
Tale riflessione nasce dallo svolgimento di tesi di
introduzione
laurea magistrale, riguardante la riqualificazione dell’ex Scalo Vanchiglia di Torino.
La progettazione dell’intera area prevede la messa in sistema dell’aspetto viabilistico ed in-
frastrutturale con quello attuale, la progettazione di 400000 mq di superfici da destinarsi a residenze, servizi e attività terziarie e produttive.
Tra queste, ne risulta uno spazio urbano pub-
blico da ripensare e riprogettare che, date le dimensioni e il ruolo all’interno dell’area, è da considerarsi tutt’altro che componente residuale della risistemazione dell’area.
A tal fine si cerca di progettare lo spazio attraver-
so la messa in sistema dell’elemento acqua che oggi si trova al centro dell’attenzione, per il suo riuso, e soprattutto la sua forza quale elemento
: Flaviano Maria Lorusso, Acquatettura, in Cecilia Maria Roberta Luschi (a cura di), Dialogo fra l’acqua e l’architettura, Alinea, Firenze, 2005
1
140
06.1
di progettazione e non mero “accessorio” alla
In molti casi, come in questo, il lavoro di ricerca
Va considerata la relazione complessiva tra le
limitato di bibliografia e casi-studio da analizza-
fase progettuale.
varie parti componenti del progetto, dai singo-
li edifici all’area intera. Non avrebbe lo stesso significato agire su uno solo di questi elementi senza considerare l’intero sistema.
Ma oggi va evidenziata la trascuratezza in cui troviamo ogni corso d’acqua, coinvolto dall’indu-
deve spesso essere concentrato su un numero
re. Questo poichè si rischierebbe di perdere di
vista l’obiettivo finale legato ad un preciso caso applicativo, in quanto il presente saggio non vuole essere, nè ha la presunzione di essere un manuale.
strializzazione, dal consumismo e da un forsen-
Ad una prima parte introduttiva generale sul si-
quasi estraneo e sovente ostile ( da cui bisogna
oggi in rapporto all’architettura, è seguita uno
nato processo di urbanizzazione che lo ha reso
difendersi), pur sapendo che il fiume è la storia della città nella sua crescita economico-sociale e culturale.
Va dunque reinventato questo dialogo con l’ac-
qua in un equilibrato rapporto, teso non solo ad affacci sul lungofiume o brevi soste sui ponti urbani; ma a cercare un dialogo, un rapporto emozionale e percettivo.
gnificato che l’acqua ha assunto nell’antichità e studio più tecnico sui metodi di riutilizzo delle acque metereologiche attraverso l’analisi di casi applicativi concreti.
Il fine ultimo di tale lavoro è riuscire a compren-
dere come applicare il lavoro svolto fin qui al progetto in esame sull’ ex Scalo Vanchiglia.
Ecco quindi che la fase di ricerca teorica è stata
seguita da una fase pratica che ha portato ad
estrapolare dai casi studio analizzati, gli elementi e le tecniche maggiormente adatti da applicare poi al caso specifico.
E’ stato fondamentale questo punto, in quanto la sola teoria, seppur ben documentata e affiancata a casi pratici, non avrebbe potuto fornire lo
stesso apporto per gli obiettivi finali che questo lavoro vuole raggiungere.
141
06.1
E’ molto importante nella prima fase di ricerca
Da qui ne risultano un disegno di spazio aperto
zare la bibliografia necessaria, compresi i casi
alle varie scale.
riuscire a circoscrivere il tema per poi focalizapplicativi cui fare riferimento per l’applicazione
al caso pratico, questo per non ricadere in una mera elencazione di casi e teorie già presenti in letteratura.
L’importanza dell’ approfondimento di seguito proposto è dato dall’obiettivo finale prefittato: ri-
portare le riflessioni teoriche ad una fase pratica
e applicativa sul caso di progetto dell’ex Scalo Vanchiglia.
La ricerca di letteratura si è svolta in contem-
poranea con il lavoro di progettazione, proprio poichè man mano si sviluppasse un’integrazione tra i due approcci (teorico e pratico).
L’importanza della fase applicativa è data dal reperimento delle informazioni di carattere generale e dal riconoscimento di casi studio utili a circoscrivere il problema. Essi sono stati analizzati in funzione della possibilità di essere comparati al
progetto proposto di riqualificazione dell’ex area ferroviaria.
Ecco dunque che lo spazio urbano va a inserirsi in un processo più complesso e non come mero layer in negativo dell’elemento costruito.
142
e costruito legati ad un concetto di sostenibilità
Talvolta la progettazione dello spazio pubblico è conseguenza della progettazione dello spazio privato.
In quest’occasione, sono messi al pari livello e
contemporaneamente si intersecano al fine di proporre un ridisegno unitario dei vari aspetti.
L’obiettivo finale è proporre un progetto di spazio urbano tenendo conto dei deflussi dell’acqua
metereologica che cade direttamente al suolo o che deriva dagli edifici costruiti.
06.1
143
06.2
Da alcuni anni vi sono esempi di interventi edilizi o urbanistici volti a permettere una gestione più sostenibile delle acque.
Ecco dunque la grande sfida per le città e gli ur-
banisti del futuro: mettere l’acqua al centro del-
la progettazione urbana, ma in modo totalmente diverso da quanto è stato fatto in passato.
L’acqua infatti è sempre stata elemento fondamentale della città: le fontane, i waterfront, i
grandi acquedotti, sono stati per secoli indisso-
lubilmente legati all’idea stessa di benessere, di
l ’approfondimento
sviluppo e anche di “cultura” urbana, mentre il
lato meno nobile del ciclo - quello degli scarichi - era relegato nel sottosuolo e di conseguenza ignorato. La svolta per i progettisti consiste ora
nel ripensare il rapporto tra acqua e spazio
urbano tenendo insieme tutte le facce che riguardano questo complesso rapporto, in termini strutturali e funzionali.
Si tratta di una sfida che coinvolge in modo profondo l’organizzazione dello spazio urbano. 2
Nelle trasformazioni urbane, nelle operazioni di
realizzazione di nuovi quartieri e in quelle di riqualificazione dell’esistente, l’ adozione di questi principi di intervento può consentire un’efficiente
gestione della complessità del ciclo idrologico urbano, divenendo concreta occasione di rige-
2
144
: Giulio Conte, Acqua: una “coperta troppo corta” che richiede nuovi modelli di gestione, in Il Progetto Sostenibile n.24, ottobre-
dicembre 2009, pp.12-17
06.2
nerazione ecologica e di controllo simultaneo di
ricerca nord americana con la sperimentazione
Occorre un’impostazione orientata all’integra-
bientale (canali inerbiti, fasce filtro vegetate, pa-
molteplici aspetti della qualità ambientale.
zione del “materiale idrico” all’interno dell’intero
processo di progettazione, per coniugare l’assetto fisico degli spazi aperti e degli edifici, con il controllo dei cicli delle acque.
In riferimento a ciò, il panorama nazionale ed
internazionale più recente presenta un quadro estremamente articolato di azioni e sperimentazioni che, muovendo dall’emergenza ambientale rappresentata dalla compromissione qualitativa
e quantitativa della risorsa idrica, sta modificando il cruciale rapporto tra acqua ed ambiente co-
struito, attraverso l’innovazione normativa, tecnica e metodologica.
La maggior parte delle città, allo stato attuale, si
caratterizza per l’alto grado di impermeabilizza-
zione e regolarizzazione morfologica dei suoli; queste caratteristiche contribuiscono in modo determinante all’incremento della quantità e ve-
locità dei deflussi superficiali, alla minore evaporazione e alla riduzione dell’infiltrazione delle acque al suolo con conseguente minore ricarica delle falde.
Il ruolo di avanguardia nello sviluppo di sistemi e tecnologie per il controllo degli squilibri idrologici
e la codifica di tecnologie a basso impatto amvimentazioni permeabili, bacini di sedimentazione e biofitodepurazione).
Ma è in Australia, con lo sviluppo di metodi innovativi di integrazione fra ciclo delle acque ed ambiente costruito e in Europa con la realizzazione di progetti pilota che, negli ultimi anni e con l’uti-
lizzo di questi stessi sistemi tecnici, si è arricchito di nuove interpretazioni metodologiche ed applicative, arrivando a mettere in luce le enormi potenzialità della risorsa idrica.
Le tecnologie per il recupero, la purificazione, la movimentazione, il riuso delle acque meteoriche divengono parte integrante dell’architettura e degli spazi urbani, provvedendo ad un ciclo idrico
ottimizzato in tutte le sue fasi, attraverso una per-
fetta integrazione fra tecnologia, architettura, dimensione edilizia e dimensione urbana.
Si può mettere in evidenza, in conclusione, come il trasferimento di queste pratiche di successo
negli strumenti di supporto alla progettazione, nelle linee guida e nei regolamenti edilizi comunali, rappresenti un indirizzo possibile e proficuo per lo sviluppo del settore disciplinare.
tipici degli ambienti urbanizzati è vantata dalla
145
06.2
Il tutto per esaltare le potenzialità della connessione fra la scala edilizia e quella più ampia del
quartiere urbano, attraverso un’intersezione a rete tra organizzazione sequenziale di dispositivi
tecnici, ambiente costruito e sistema delle componenti naturali acqua-vegetazione-suolo, che
riporti l’acqua al centro dello spazio pubbli-
co.3
3
146
: Francesca Perricone, La gestione della complessità nel progetto sostenibile del ciclo delle acque meteoriche urbane: tecnolo-
gie, strumenti e metodi, in Il Progetto Sostenibile n.24, ottobre-dicembre 2009, pp. 24-31
06.2
147
06.3
Il legame fra architettura e acqua affonda le sue radici in un passato remoto. 4
Architettura e acqua: due protagoniste del pae-
saggio umano, fin dalle sue origini.
Proprio dai babilonesi i Romani impararono a costruire con e per l’acqua, dando vita a un vero
e proprio ‘tipo’ architettonico: gli acquedotti. Furono opere di alta ingegneria e di straordinaria eleganza architettonica che tuttora decorano numerosi paesaggi europei.
Anche in Oriente l’acqua, oltre ad assumere un valore simbolico, funge da regolatore climatico.
architettura e acqua
L’acqua diventava così un “oggetto” prezioso,
sollevata dalla gravità dalle forme architettoniche.
Le architetture d’acqua e con l’acqua riapparvero durante il Rinascimento.
Tuttavia qualcosa è cambiato: l’architettura non
serve più l’acqua ma è quest’ultima che diventa decorazione delle forme di marmo e luogo
della grazia cangiante. Per fare alcuni esempi: Villa d’Este di Pirro Ligorio, Versailles fuori Parigi, Caserta, nel cui parco la strada da Napoli si trasforma in una strada-fiume. Il fasto della
magnificenza privata si trasforma, nel successivo Barocco, in materiale di architettura pubblica
dentro il quale tutto il popolo poteva ritrovarsi. Si
pensi a Roma, alle grandi fontane di Gian Loren-
4
148
: Alessandro Franceschini, Acqua e Architettura, L’eco delle Dolomiti, n.5 _ http://www.ecodelledolomiti.net/
06.3
zo Bernini che si incontrano in tutte le gran-
di piazze, fino al trionfo della irripetibile sintesi barocca tra acqua ed architettura offerto dalla
Fontana di Trevi. Durante il Sette-Ottocento il
rapporto tra acqua e architettura si re-inventa e diventa il medium attraverso il quale la società
moderna borghese si apre verso l’esterno, verso la comunicazione, il progresso, lo scambio.
E’ l’architettura dell’Illuminismo, che per prima
non si limita ad aprire le proprie piazze verso
l’acqua, ma essa tende a diventare vero e proprio materiale architettonico, uno degli elementi base della progettazione urbana.
Non è un caso che questo avvenga in alcuni pro-
getti simbolo dell’utopia illuminista in Europa: il
progetto per le saline di Chaux e la successiva città ideale; il progetto per Prato della Valle a Pa-
dova; ed infine l’architettura acquatica del Foro Bonaparte a Milano.
Cosa resta oggi di questo cangiante e dialettico rapporto tra acqua e architettura?
L’architettura del Novecento pare aver abdica-
to da ogni legame con l’acqua: nelle città l’ha sotterrata, deviata, estirpata. Nelle costruzioni
-salvo rari casi- l’ha tenuta nascosta tra le pareti in piccoli tubi, ridotta a orpello sanitario o alimentare. Così facendo, l’architettura moderna
il Faro di Alessandria il Colosso di Rodi i Giardini pensili di Babilionia
149
06.3
ha perso una parte significativa della sua poe-
Oggi questa risorsa viene riscoperta diventando
oppositorum’. Ma che dovrà ben presto recupe-
climatizzazione meccanica.
sia che trovava origine e forza nella ‘coincidentia
rare se non vorrà diventare del tutto arida, nel sul metallico luccichìo. Morta nella sua sintetica composizione.
Nella pratica costruttiva, anche a fronte di con-
tinui sprechi e del crescente inquinamento delle
falde freatiche, si tende a considerare l’acqua
una valida alternativa ai più complessi sistemi di L’applicazione di queste tecniche implica una ridefinizione del processo progettuale, ma anche la creazione di nuove forme e spazi da abitare.
Infine lo studio della natura chimica dell’acqua
come vettore energetico efficiente e a zero impatto sta rivelando nuove opportunità.5
come una risorsa illimitata e rinnovabile.
Per questo motivo l’architettura sostenibile non
può limitarsi a studiare come raggiungere l’auto-
nomia energetica e sfruttare le fonti rinnovabili, ma deve porsi anche l’obiettivo di utilizzare in
modo responsabile ed efficiente la risorsa idrica, senza comprometterne quantità e qualità.
La raccolta delle acque piovane e il trattamento in loco delle acque grigie e nere sono una delle risposte più efficaci al problema.
Nell’architettura bioclimatica mediterranea e orientale, inoltre, l’acqua era utilizzata come si-
stema di raffrescamento naturale degli ambienti.
5
150
: Mario Cucinella, Acqua e Architettura. L’acqua come risorsa in grado di ristabilire il rapporto tra uomo e natura, La Stampa, 22
marzo 2010
06.3
L. Mies Van der Rohe -Padiglione Tedesco a Barcellona Louis I.Kahn_ Jonas Salk Institute for biological sciences Luis Barragan_ Residenza e scuderie Egerstrom
151
06.4
L’acqua è ovunque nelle nostre città, in un sistema labirintico di tubi nascosti. Pare si possa disporne senza difficltà. Gli abitanti si confrontano con essa al termine dell’intero sistema nelle loro case.
Oggi è raro vedere l’acqua a cielo aperto nelle nostre città ed è sempre più la domanda che se ne fa.
Esteticamente presente appare come decorazione, da una semplice fontana a vere e proprie
installazioni d’acqua, viene apprezzata come elemento rinvigorente nel sistema edificato.
acqua e spazio urbano _locale e globale
Come evidenziato in precedenza, le fontane e le vie d’acqua in città non sono nuove, esse hanno
offerto in passato un impatto forte all’immagine delle città.
E l’acqua è molto lontana dall’essere semplicemente fornita o sottratta, venne presentata artisticamente in tutte le culture, enfatizzata esteticamente e venerata.
Ciò cambiò durante e dopo la rivoluzione industriale: l’acqua e i canali d’acqua erano sempre più controllati. Vennero raddrizzati, incanalati e
costruiti, ma ciò veniva distrutto dalle inondazioni sempre più frequentemente e con furia maggiore.
152
06.4
Ora l’acqua è una delle domande chiave per ciò
un equilibrio nella gestione delle risorse idriche.
mento che riconosciamo che l’acqua è un bene
e l’ infiltrazione devono naturalmente essere ele-
che concerne il futuro del nostro pianeta, dal mo-
finito e riveste un ruolo complesso per la stabilità dell’ecosistema.
L’acqua è la materia base per le relazioni tra l’uomo e l’ambiente circostante.
Tecnologia ed estetica sono di solito considerate separate nel nostro mondo urbano come una contraddizioneche che non può essere colmata. spesso sembrano essere distanti tra loro come
le varie professioni e discipline specialistiche associate ad esse.
Pianificare e lavorare con l’acqua pare semplice
in principio, ma ci si può ricredere poco dopo a causa di imprevisti trascurati in fase di proget-
tazione, o semplicemente perchè si tratta di un elemento naturale.
6
I temi che coinvolgono l’acqua sono complessi e
Il mantenimento, la depurazione, l’ evaporazione menti integrati in un programma municipale.
Le domande poste ed i temi affrontati vanno ol-
tre i limiti di un unico soggetto per quanto riguarda la qualità dell’acqua, e questo richiede una nuova strategia di pianificazione.
Si sta diventando sempre più consapevoli della necessità di lavorare in modo sostenibile e lungimirante con l’acqua.
Da qui nasce l’idea di partenza per una pianificazione integrata: Globale e Locale( l’acqua da sempre crea relazione tra i dettagli e l’intorno).
Ogni individuo può conribuire all’equilibrio del clima globale della Terra.
I progetti vengono valutati quando possono aiu-
tare questo processo e esprimono come si connettono con l’intorno.
sono sempre direttamente collegati ad altri temi e aree particolari.
Soprattutto la necessità di collegamenti è uno dei temi fondamentali riguardanti l’acqua.
Essa influenza il senso di benessere nelle città e negli edifici, essa riguarda l’umidità, la temperatura, la pulizia dell’aria, il clima.
I progetti idrici devono affrontare la creazione di
6
: Herbert Dreiseltl,Dieter Grau, New Waterscapes. Planning, Builindin and Designing with Water, Birkhauser, Basilea,2005
153
06.4
Su questo concetto (Locale-Globale) si interes-
Il livello delle acque sotterranee scende ogni
fo scritto nel libero New Waterscapes, esplicita
lizzata per impianti di aria condizionata, pulizia
sa anche Wolfgang F. Geiger che in un paragracome le città siano sempre state le più forti utiliz-
zatrici di acqua. Con una visione piuttosto forte e quasi con tono di condanna, esprime il disagio in
cui ci troviamo oggi a proposito del rapporto tra
lo sviluppo sempre più inarrestabile delle città e
anno di oltre 2 metri, tuttavia l’acqua viene utiauto e pulizia delle strade, sistemi antincendio enormi vengono installati per aree verdi e l’ac-
qua piovana viene rimossa dalla città in canali di grandi dimensioni.7
la risorsa idrica di cui la Terra dispone.
Se le forniture locali non sono sufficienti, l’acqua
viene presa anche lontano, secondo le tecnologie disponibili.
Così la risorsa viene sfruttata al di là della misura in cui potrebbe essere rinnovata ed il ciclo
naturale dell’acqua è stato danneggiato in modo permanente.
Gli effetti devastanti della crescita urbana non si vedono fin dal principio.
Nel saggio si discute come la crescita incontrollata delle città possa ricoprire un ruole devastante per la risorsa idrica, se non si inizia a conside-
rare quanto essa sia in realtà una risorsa tanto fondamentale da dover essere tutelata.
A partire dalla progettazione, sino all’utilizzo quotidiano che se ne fa.
Un esempio è la città di Pechino con milioni di abitanti.
7
154
: Herbert Dreiseltl,Dieter Grau, New Waterscapes. Planning, Builindin and Designing with Water, Birkhauser, Basilea,2005
06.4
fotografie di Manuele Mandrile, febbraio 2008 Shunji, città limitrofa a Pechino lo stesso quartiere visto dal lato opposto dello stesso edificio Shunji rowing and canoening olympic park_ bacino d’acqua per campo di canottaggio
155
06.4
Così oggi lo sviluppo delle città gravita sulle generazioni future e gli errori del passato vengono ripetuti.
Le risposte e le soluzioni ai problemi però non vanno ricercati in una serie di casi “predisposti
all’uso”, bensì bisogna curarne ogni specificità, di ogni singolo luogo e di ogni regione e ogni quartiere. Ciò che potrebbe garantire efficienza per una città potrebbe non valere e non rispettare le necessità di ogni nucleo urbano.
A questa visione corrisponde una decentralizzazione delle responsabilità e delle azioni.
Una valida soluzione al problema nelle città richiede un doppio sistema. Linguaggio tecnico e utilizzo di risorse locali.
L’utilizzo delle acque piovane è la chiave del futuro.8
L’acqua è parte di un ciclo nel quale è usata per aree verdi e bacini di alimentazione che esaltano
il valore del contesto. L’agire è locale. Così le città del futuro dovranno avere delle piccole “città di quartiere” nelle quali la vita e lo sviluppo siano determinati alla piccola scala.
Risolvere i problemi alla piccola scala non esclude azioni a livello globale. L’aspetto importante è l’integrazione tra i due livelli. E’ fondamentale un controllo attraverso una rete globale, ma devono risultare forti gli interventi a scala minore.
8
156
: W.F.Geiger, Think global, act local, in Herbert Dreiseltl, Dieter Grau, New Waterscapes. Planning, Builindin and Designing with
Water, Birkhauser, Basilea,2005
06.4
157
06.5
In questo paragrafo 9 si analizzano le circostanze in cui ha preso il via l’intero dibatto ed in cui si è preso coscienza dell’inquinamento delle acque
che man mano col tempo ha portato alla definizione di azioni di vario tipo per la tutela di questo bene ambientale.
Gli Stati Uniti d’America sono il quadro geografico e politico in cui si può considerare che l’intera
vicenda sia nata. In particolare un evento bene
definito sancisce l’inizio dell’intero processo e focalizza l’attenzione sul tema.
esperienza statunitense ed esperienza italiana
Si tratta dell’incendio che il 22 giugno 1969 colpì il fiume Cuyahoga nel nord-est dell’Ohio (USA).
Il Cuyahoga è stato uno dei fiumi più inquinati
degli Stati Uniti. L’intero tratto da Akron a Cleveland era privo di pesci. A partire dal 1868, sono
stati riportati almeno tredici incendi del fiume; il
più grave di questi, nel 1952, causò oltre un milione di dollari di danni alle barche e agli edifici che sorgevano sulle sue sponde. L’incendio del
1969 catturò l’attenzione del settimanale Time, che descrisse il Cuyahoga come il fiume che
“trasuda anziché scorrere” (oozes rather than flows) e in cui una persona “non annega ma si decompone” (does not drown but decays).10
L’incendio del Cuyahoga aiutò a stimolare diverse attività per il controllo dell’inquinamento,
: il paragrafo si basa sulle informazioni tratte dal testo di Alessandro Mazzotta, L’acqua: materia per l’immagine del paesaggio costruito.Indicazioni manualistiche tra sostenibilità e “sensibilità”, Alinea, Firenze, 2007 10 : The Time, 1 agosto 1969 _ http://www.time.com _ allegato n°1 9
158
06.5
che portarono al Clean Water Act, al Great La-
La cultura anglosassone sintetizza nel concetto
la United States Environmental Protection
che dovrebbe guidare l’utilizzo di soluzioni per la
kes Quality Agreement e alla creazione del-
Agency (EPA) e dell’ Ohio Environmental Pro-
tection Agency (OEPA). Come risultato, diverse fonti di inquinamento del Cuyahoga hanno rice-
vuto attenzione dall’OEPA nelle decadi seguenti. L’esperienza maturata negli anni a seguire
evidenzia tuttavia come l’inquinamento dei corsi d’acqua superficiali fosse da attribuire in parte proprio alle acque meteoriche.
Al termine di una serie di confronti, si giunse nel 1987 all’approvazione del Quality Water Act che impone di considerare le acque di deflusso
meteorico, qualunque sia la superficie impermeabile dilavata, a pieno titolo tra i reflui potenzial-
mente inquinanti i corpi idrici e di predisporre una
procedura di coinvolgimento delle municipalità al National Pollutant Discharge Elimination System. Le municipalità ed i governi locali si sono
dotati, come prescritto dalla legge, di programmi d’ambito locali per la gestione delle acque pio-
vane la cui redazione prevede tra gli obiettivi principali un coinvolgimento attivo dei cittadini al
fine di elaborare necessarie misure d’intervento da adottare per il controllo del deflusso delle ac-
di Water Sensitive Design - WSD , l’approccio
gestione della risorsa acqua nell’ambito dei progetti di trasformazione del territorio orientati ad un approccio sostenibile.
La finalità generale verso la quale sono orientate le attenzioni che afferiscono al Water Sensitive
Urban Design 11 è la salvaguardia del ciclo naturale dell’acqua, attraverso l’utilizzo di attenzioni
progettuali orientate sia al miglioramento delle caratteristiche qualitative del deflusso meteorico prima che esso venga immesso nei corpi idrici ri-
cettori, sia alla gestione dell’acqua come risorsa da preservare dal punto di vista quantitativo.
Vi è una distinzione tra Water Sensitive Urban
Design e Water Sensitive Planning che rispec-
chia probabilmente l’esigenza di distinguere attenzioni rivolte a soluzioni a microscala urbana
nel primo caso e uno sguardo maggiormente legato alle esigenze della pianificazione territoriale di ampie proporzioni di territorio nel secondo.
Tuttavia l’interdipendenza tra le scale di inter-
vento talvolta riconduce all’espressione generale di Water Sensitive Design.
que piovane sui siti di nuova costruzione e/o di riqualificazione.
11
: www.wsud.org
159
06.5
Le voci del dibattito scientifico in corso negli Stati
Per quanto l’esperienza statunitense abbia svol-
una corretta gestione della risorsa acqua in rap-
l’introduzione di norme a riguardo della gestione
Uniti d’America e in Australia sulle modalità di
porto agli insediamenti sottolineano con una certa coralità come le attenzioni progettuali poste in
atto per rendere “sensibile” tale gestione, elaborate secondo un approccio multidisciplinare che
comprende le diverse competenze coinvolte nei
processi di trasformazione dei territori, possano
qualificarsi come occasioni di definizione di brani di paesaggio costruito formalmente pensati.
L’interesse dei landscape architects per il di-
segno dei luoghi in funzione del miglioramento
delle condizioni qualitative delle acque superficiali è identificativo di un mutato atteggiamento nei confronti del problema.
Il risultato finale di tale tipo di approccio è proprio
il Water Sensitive Design, definito anche Innovative Sensitive Design.
L’innovative stormwater design, dunque, si con-
cretizza in un repertorio di tecniche che consento-
no una gestione dei deflussi meteorici e delle acque grigie. La progettualità relativa alle soluzioni per lo stormwater management è supportata da
una vasta e articolata manualistica di riferimento
che si è sviluppata a seguito delle applicazioni alle aree urbanizzate (NPDES program-National Pollutant Discharge Elimination System).
160
to un ruolo pionieristico in questo campo, in Italia delle acque meteoriche di deflusso è un dato relativamente recente.
L’obiettivo generale della tutela della qualità del-
le acque ha determinato in primo luogo l’emanazione di diverse leggi.
Tuttavia lo stratificarsi di più norme - le indicazioni della Unione Europea, òe prescrizioni
nazionali, quelle regionali, i regolamenti edilizi
comunali determinano un assetto normativo di ardua interpretazione e di difficile attuazione.
06.5
Appare utile sintetizzare, con una lettura com-
dal dilavamento meteorico di qualunque super-
Stati Uniti ed in Italia si è giunti alla definizione
assoggettare alla procedura autorizzativa per
parata per punti, le modalità con le quali negli di strumenti normativi a riguardo delle acque di deflusso piovano:
a) in entrambi i contesti la regolamentazione
delle acque meteoriche muove dall’obiettivo generale della tutela della qualità delle acque nei
corpi idrici ricettori ed è dunque legata all’interpretazione del concetto di scarico;
b) comune alle due esperienze è la difficoltà che si riscontra nei primi provvedimenti legislativi
ficie impermeabile urbana, da trattare in loco e
le emissioni nei corpi d’acqua riceventi; in Italia l’impostazione delle recenti norme a riguardo è legata all’interpretazione secondo la quale l’ ac-
qua di prima pioggia” si configura come scarico puntuale da assoggettare ad autorizzazione
e smaltire secondo processi centralizzati solo in alcuni casi specificatamente individuati dalla legge.
nell’elaborare una definizione precisa dello scarico: troppo generica e dunque soggetta ad inter-
pretazioni discordanti nel caso del Clean Water Act, eccessivamente vaga nella legge Merli;
c) nelle due realtà geografiche analoga è la suc-
cessione delle fasi del processo di definizione
delle norme, nell’ambito del quale le acque me-
teoriche sono inizialmente escluse dalla disciplina dello scarico, e successivamente ricomprese
al suo interno, con particolare riferimento alla frazione maggiormente carica di sostanze inquinanti;
d) differente è il punto di arrivo allo stato attuale:
negli Stati Uniti si è giunti ad una regolamentazione articolata e complessa, a partire dal concetto di first flush come scarico diffuso costituito
161
06.6
Affrontato il tema del rapporto che intercorre tra
acqua e progetto, in questo capitolo si analizza-
no le tecniche utilizzate in funzione della raccolta dell’acqua piovana all’interno del paesaggio costruito. Qui di seguito11 sono affrontati vari
temi che sono stati studiati in funzione dell’obiettivo finale di poter riportare gli aspetti teorici fin qui appresi, ad un più consapevole sviluppo del disegno di spazio costruito e aperto all’interno del progetto di tesi.
Il capitolo viene così suddiviso per temi:
le tecniche di gestione
01 _Sistemi di raccolta _ canaline pavimentate _ canali vegetali
02_ Sistemi di infiltrazione _ rainwater gardens
_ bacini di infiltrazione
_ trincee di infiltrazione
_ pavimentazioni drenanti
03_ Sistemi di filtrazione _ bioretention systems _ stormwater box _ sand filters _ filter strip
04_ Sistemi di detenzione _ wet ponds _ dry ponds
162
11 : il paragrafo si basa sulle informazioni tratte dal testo di Alessandro Mazzotta, L’acqua: materia per l’immagine del paesaggio costruito.Indicazioni manualistiche tra sostenibilità e “sensibilità”, Alinea, Firenze, 2007
163
06.6
sistemi di raccolta_ canaline pavimentate I canali pavimentati svolgono la funzione di in-
tercettare il deflusso proveniente dalle superfici
impermeabilizzate ed indirizzarlo verso le aeree
di infiltrazione o alla rete di smaltimento centralizzato.
Le canaline, le fosse, le cunette sono caratterizzate da conformazione e sezione differenti: tutte sono comunque realizzate in modo da favorire lo scorrimento delle acque ( la pendenza della su-
perficie di scorrimento può variare dal 5 all’8%)
e resistere ai fenomeni di erosione provocati da tale scorrimento.
Le cunette possono essere ricoperte e protette da una griglia in metallo e calcestruzzo: queste
consentono la raccolta e lo smaltimento delle ac-
que senza compromettere la continuitĂ ( e dunque la percorribilitĂ e fruizione) delle superfici sulle quali sono localizzate.
164
06.6
da G.Oneto, Manuale di Architettura del paesaggio, Alinea, Firenze 2001, p.60 e A.Sicurella, Progettare il verde. Tecniche e soluzioni, Esselibri, Napoli 2003, p. 94 Esempio di realizzazione che mostra come il sistema di gestione delle acque tramite canalina pavimentata possa essere attribuito ad un sistema piÚ complesso inserito nel disegno di spazio pubblico offrendo cosÏ un’ immagine qualificante per lo spazio pubblico in cui viene inserita.
165
06.6
sistemi di raccolta_ vegetated channels I vegetated channels ( definiti anche open channels) sono sistemi di raccolta del dilavamento meteorico che indirizzano l’acqua verso le aree di infiltrazione, filtrazione e detenzione.
Per svolgere tale funzione essi sono realizzati in
leggera pendenza ( dall’1 al 4%) verso il luogo in cui deve essere indirizzato il flusso meteorico.
Si differenziano dagli altri sistemi di raccolta ( canaline pavimentate) per la superficie inerbita
dell’invaso del canale, che può essere piantumato anche con arbusti.
Le tipologie disponibili sono:
• Drainage channel: svolge esclusivamente la funzione di incanalare il dilavamento meteorico
proveniente da strade ed aree impermeabili. La sezione dell’invaso è di ridotte dimensioni;
• Grass channel: rispetto al dreinage channel la sezione di canale è di più ampie dimensioni e la
pendenza delle ripe delimitanti meno accentuata cosicchè l’invaso si qualifica anche come
area di pre-trattamento dell’acqua piovana.
• Dry swale: si distingue dalle soluzioni precedenti per la stratigrafia del letto di fondo maggiormente articolata ( essa comprende anche terreno permeabile, costituito da sabbia e argilla) che consente la filtrazione e l’infiltrazione di una quota del dilavamento in loco e l’utilizzo di diaframmi che consentono il rallentamento del deflusso meteorico e la filtrazione dei sedimenti a grana grossa; • Wet swale: in questo caso la stratificazione del letto dell’invaso non comprende uno strato filtrante ma il terreno fertile di riporto per consentire la crescita di arbusti responsabili dei processi biologici di rimozione degli inquinanti. I wet swales sono particolarmente idonei su terreni che trattengono a lungo l’acqua o interessati da fenomeni di risalita della falda sotterranea. La pendenza del terreno in direzione dell’invaso non deve superare il 40%, mentre è preferibile che quella longitudinale del canale inerbito sia compresa tra l’1% e il 2%.
La pendenza del terreno convergente verso il canale non deve superare il 30%;
Fabbrica Thomson a Guyancourt. Progetto architettonico: Renzo Piano _ Progetto paesaggistico: Desvigne e Dalnoky
166
La necessità di provvedere allo smaltimento del dilavamento meteorico, in attesa dell’allacciamento con la rete fognaria urbana, ha determinato un attento disegno del sistema di raccolta delle acque. I filari di salici collocati lungo i canali si caratterizzano come filtro di sicurezza dei percorsi prossimi agli invasi e barriera visiva di occultamento dei veicoli in sosta, qualificando il parcheggio come piastra alberata inserita nel sistema generale del verde di progetto.
06.6
167
06.6
sistemi di infiltrazione_ rainwater gardens I rainwater gardens sono avvallamenti creati artificialmente nel terreno, nei quali vengono col-
locate essenze vegetali ( specie perenni, fiori, piante grasse, arbusti).
In essi viene raccolta l’acqua piovana proveniente dalle superfici circostanti, la quale lentamente
si infiltra nel terreno sottostante, previa rimozione di una parte degli inquinanti da parte dell’apparato radicale vegetale..
Vengono classificati tra gli on-lot infiltration sy-
stems ( sistemi di infiltrazione su singoli lotti pertinenziali) poiché in essi viene incanalata l’acqua proveniente da aeree con un’estensione relativamente modesta ( fino a 2000 mq), a differen-
za di altri sistemi di infiltrazione come bacini e trincee.
168
06.6
Complesso residenziale “Buckman Heights�, Portland (Oregon), 1998 Progetto pilota nell’ambito di un programma volto a sperimentare soluzioni alternative per la gestione del deflusso meteorico, il complesso residenziale si articola attorno ad una corte centrale pubblica caratterizzata da rainwaters gardens a pianta geometrica, attorno ai quali si localizzano percorsi pedonali ed i luoghi di sosta.
169
06.6
sistemi di infiltrazione_ bacini di infiltrazione I bacini di infiltrazione sono depressioni create
nel terreno appositamente per farvi confluire le
acque piovane di deflusso, le quali vengono interamente assorbite dal suolo per processo di infiltrazione.
Si differenziano dai rainwater gardens per la maggiore estensione dell’avvallamento: le acque raccolte provengono da superfici di deflusso
più vaste rispetto a quelle dei giardini di infiltrazione ( superiore a 8000 mq).
E’ importante che il fondo del bacino venga pian-
tumato con specie caratterizzate da apparati radicali che si sviluppano in profondità nel terreno. Tali radici svolgono infatti la funzione di mezzo
di trasporto dell’acqua, favorendo ed incrementando il processo di infiltrazione ed ostacolando i fenomeni di erosione superficiale.
Complesso residenziale a Kronesberg, Hannover (Germania), 2000 Progetto paesaggistico: Herbert Dreiseitl
170
Uno tra gli obiettivi da perseguire nell’ambito del progetto era la gestione in loco del deflusso meteorico. Un sistema di canali vegetali e di condutture collocate nelle strade interne dell’insediamento incanala l’acqua meteorica in un bacino allungato che occupa la fascia perimetrale del lotto. La sezione dell’invaso è studiata per consentire la fruizione dell’area come spazio pubblico quando il bacino è asciutto.
06.6
171
06.6
sistemi di infiltrazione_ trincee di infiltrazione Le trincee di infiltrazione sono scavi nel terreno
delimitati da guaina filtrante e riempiti di ciottoli al fine di creare una zona di accumulo e smalti-
mento sotterraneo del deflusso dell’acqua piovana proveniente da superfici impermeabilizzate.
Lo strato di ciottoli accelera il passaggio dell’ac-
qua verso il fondo della trincea. Da qui il fluido per percolazione si infiltra lentamente nel terreno. Il deflusso può essere indirizzato verso l’area
di infiltrazione o conformando il suolo immediatamente circostante con pendenze convergenti verso la trincea oppure collocando direttamente in esso il tubo di raccolta delle acque piovane.
Queste provengono da superfici con estensione generalmente compresa tra 8000 20000 mq.
Le trincee di infiltrazione vengono utilizzate su
suoli permeabili con ridotto contenuto di argilla e
sono in grado di smaltire annualmente il 90% del volume di deflusso totale relativo all’area impermeabilizzata di pertinenza.
172
Osawano Kenko Fureai Park, Toyiama (Giappone), 1993-1999 Progettisti: Hiroki Hasegawa, Toru Mitani
06.6
sistemi di infiltrazione_ pavimentazioni drenanti Le pavimentazioni drenanti possono essere classificate in due categorie:
_ Pavimentazioni porose, costituite da tipolo-
gie di calcestruzzo o asfalti speciali che creano una superficie continua piana e permeabile al
passaggio dell’acqua. Si utilizzano sia per strade veicolari che per aree a parcheggio;
_ Pavimentazioni permeabili, realizzate con elementi in calcestruzzo, clinker, cotto, gres, pvc
o legno, uniti a formare un reticolo a maglia articolata, in cui si alternano l’ossatura portante e
zone libere di infiltrazione: queste possono essere fessure tra gli elementi della pavimentazione o vani più ampi, che vengono riempiti con ghiaia o terriccio fine.
Possono essere utilizzate per viali pedonali, strade veicolari private, corsie a traffico limitato, aree a parcheggio. Il reticolo è studiato per consentire
all’acqua di riempire i vani vuoti e di infiltrarsi lentamente nello strato drenante sottostante.
Entrambe le tipologie di pavimentazione garantiscono, oltre al processo di infiltrazione dell’acqua piovana di deflusso, le stesse caratteristiche funzionali degli altri sistemi di pavimentazione.
Museo Nazionale dell’ Arte Catalana, Barcellona (Spagna) Progettisti: Gae Aulenti, Enric Steegman
173
06.6
sistemi di filtrazione_
I sistemi di bioritenzione sono utilizzati per la rac-
bioretention systems
venienti da superfici impermeabili con un’esten-
I sistemi di filtrazione provvedono, oltre che alla raccolta ed alla conservazione temporanea del
deflusso meteorico, al trattamento dello stesso grazie al passaggio attraverso una serie di strati filtranti naturali ( suolo, sabbia, ciottoli) e/o artificiali ( guaine).
L’obiettivo primario è dunque in questo caso il
processo di filtrazione delle acque meteoriche,
le quali non necessariamente si infiltrano nel
colta ed il filtraggio delle acque di deflusso pro-
sione fino a 8000 mq e pendenza non superiore al 5%. Si presentano come avvallamenti del ter-
reno le cui ripe delimitanti indirizzano il flusso nell’area di bioritenzione affinchè possa lentamente filtrare attraverso gli spazi predisposti.
Gli inquinanti vengono rimossi, oltre che dal pro-
cesso di filtrazione, anche grazie a fenomeni di assorbimento, evaporazione e degradazione biologica.
terreno sottostante, ma possono essere anche
convogliate tramite canalizzazioni alla rete di smaltimento centralizzata.
La bioritenzione come processo chimico-fisico,
che utilizza i materiali “naturali” per depurare le acque di deflusso, è comune a diverse soluzioni
di smaltimento del deflusso meteorico: rainwater gardens , bacini di infiltrazione, filtri di sabbia
superficiali. Può essere d’altra parte considerata come tecnica, associandola a configurazioni
precise che la caratterizzano principalmente
come sistema di filtrazione nella accezione sopra specificata.
Scuola superiore Leonardo da Vinci, Calais (Francia), 1998 Progetto: Isabelle Colas, Fernand Soupey
174
Canali e fossi convogliano, insieme alle gronde, l’acqua piovana di deflusso in un bacino di filtrazione posizionato a L in aderenza ai fronti principali dell’edificio. Le sponde, realizzate con tecniche tradizionali definiscono una serie di habitat naturali e costituiscono il diaframma di protezione tra l’acqua e le terrazze dove si svolgono le attività di apprendimento e ricreative all’aperto degli studenti.
06.6
175
06.6
sistemi di filtrazione_ stormwater box Alcuni sistemi di filtrazione, definiti nella lettera-
tura anglosassone stormwater box, raccolgono
e trattano l’acqua piovana proveniente dalle precipitazioni atmosferiche prima ancora che essa tocchi il suolo e vada a costituire il deflusso meteorico che viene convogliato verso le aeree di permeabilità o gli altri sistemi di filtrazione.
Gli stormwater box si configurano come vasche: sono riempite di terra e piantumate oppure di sabbia. Tali vasche possono essere collocate ne-
gli spazi aperti pubblici o privati oppure immediatamente in prossimità: in quest’ultimo caso sono
in genere collocati su terrazzi e balconi, oppure alla quota del terreno. Gli stormwater box sono
in genere dimensionati per trattare l’acqua di prima pioggia raccolta nel terreno o nella sabbia contenuta nella vasca: tale acqua viene filtrata e
successivamente inviata alla rete di smaltimento. La restante parte del flusso meteorico è inca-
nalata nei tubi di scarico collocati nella vasca ed
inviata ai punti di captazione centralizzati. Il tem-
po necessario a completare il ciclo di filtrazione dopo un evento di precipitazione atmosferica è in genere di 3-4 ore.
Complesso Prisma, Norimberga (Germania),1997 Landscape Design: Atelier Dreiseitl
176
Particolare attenzione è stata posta al problema della raccolta dell’acqua piovana. Il flusso meteorico viene interamente intercettato e filtrato da una serie di vasche piantumate a verde collocate in sequenza ai vari piani. Una volta trattata, l’acqua viene raccolta in una cisterna: da qui parte la smaltita tramite infiltrazione nel terreno circostante, in parte conservata per l’irrigazione delle specie vegetali contenute nelle vasche nei periodi di scarse precipitazioni.
06.6
177
06.6
sistemi di filtrazione_
Esse sono inoltre utilizzate come sistema di pre-
filter strips
di filtrazione, infiltrazione o depurazione.
Le filter strips si qualificano come tecnica di filtrazione delle acque utilizzata originariamente
in aree agricole e impiegata di recente anche in contesti urbanizzati.
Sono fasce verdi, caratterizzate da pendenza
costante, che intercettano e filtrano il deflusso delle acque meteoriche provenienti da superfici
impermeabili. Tali acque, dopo il trattamento di filtrazione, possono essere smaltite per processo di infiltrazione od inviate ai corpi idrici ricettori o alla rete di raccolta centralizzata.
Le fasce filtranti agiscono rallentando la velocitĂ
del deflusso meteorico e trattenendo i sedimen-
ti ed altri inquinanti. Entrambe le funzioni sono svolte dalla vegetazione che cresce sulle fasce,
le quali possono essere piantumate a prato o anche con alberi e arbusti. Questi ultimi sono
utilizzati, oltre che come barriera fisica che impedisce l’accesso all’area, come elementi per creare composizioni formalmente caratterizzanti
il contesto in cui vanno ad inserirsi. Le filter strips possono essere utilizzate per la filtrazione delle
acque di dilavamento meteorico provenienti da strade, autostrade o piccoli parcheggi.
178
trattamento per deflussi destinati ad altri sistemi
06.6
sistemi di detenzione_
sistemi di detenzione_
wet ponds
dry ponds
I wet ponds sono bacini di raccolta del deflusso
I dry ponds sono bacini di raccolta temporanea
piovano nei quali una certa quantità d’acqua è
del deflusso piovano nei quali l’acqua viene in
te viene smaltita per evaporazione o incanalata
canalata per essere lentamente indirizzata
trattenuta in modo permanente e la restante parlentamente al di fuori dell’invaso verso i corpi
idrici ricettori o la rete di smaltimento centralizzata. Sono utilizzati sui suoli con limitata capacità
di assorbimento dei dilavamenti per infiltrazione e nel caso in cui, in relazione ad esigenze di qualificazione formale dei luoghi, sia necessario caratterizzare l’area di trattamento come invaso costantemente allagato, indipendentemente dalla frequenza delle precipitazioni meteoriche.
parte smaltita per evaporazione ed in parte inall’esterno dell’invaso verso i corpi idrici ricettori o la rete di smaltimento centralizzata.
Le aree di detenzione sono utilizzate su suoli
con limitata capacità di assorbimento dei dilavamenti attraverso processi di infiltrazione; oppure quando si preferisce non essere invasi di raccolta dell’acqua permanentemente umidi; o ancora
nel caso in cui sia necessario che le aree di de-
tenzione possano essere utilizzate come spazi all’aperto per attività ricreative.
179
06.6
sistemi a flusso superficiale(fws, free water systems)_
ottenere.
constructed wetlands
o provenienti da bacini agrari e da insediamenti
Le wetlands sono aree umide naturali che si qualificano
come ecosistemi caratterizzati da
una fitta vegetazione di piante acquatiche e nu-
merose specie di animali, fra cui mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci. L’attività biologica di
tale flora e fauna rende possibile il trattamento non solo delle sostanze dilavate dai flussi meteorici, ma anche degli inquinanti comuni contenuti nelle acque grigie di scarico. L’efficacia della depurazione è strettamente legata ai tempi di permanenza dell’acqua all’interno dell’invaso: le wetlands sono infatti caratterizzate da acque ferme o a lento deflusso superficiale.
Le constructed wetlands sono aree create artificialmente per riprodurre le caratteristiche
dell’ambiente umido naturale in condizioni con-
trollate: la morfologia e la disposizione dei bacini, la scelta delle specie vegetali, i dispositivi di controllo d’ingresso e di uscita del flusso d’acqua nel bacino di trattamento son elementi le cui ca-
ratteristiche variano in funzione del contesto di riferimento, della tipologia di inquinante da trattare e della configurazione formale che si vuole
180
Il sistema è particolarmente efficace nel depurare grandi volumi d’acqua: flussi derivati da fiumi abitativi.
06.6
sistemi a flusso subsuperficiale(sfssubsurface flow systems)_ reed beds Nella letteratura scientifica italiana i reed beds
sono identificati con la fitodepurazione. Conven-
zionalmente essa fa riferimento in particolare ai sistemi a flusso sub superficiale: tuttavia spesso
nella categoria fitodepurazione , essendo questa
genericamente definita come l’insieme dei processi naturali di trattamento dei reflui mediante
l’utilizzo del sistema suolo/vegetazione quale filtro naturale, vengono spesso ricomprese anche le soluzioni a flusso superficiale.
I sistemi a flusso sub superficiale vengono anche definiti come “fitodepurazione localizzata”, in quanto utilizzati solitamente nelle immediate
vicinanze della fonte di inquinamento (singole abitazioni, nuclei residenziali di limitate estensioni, allevamenti zootecnici, alcune tipologie di industrie,..).
181
06.6
sistemi di contenimento_
Esso si basa sulla differenziazione di tale fascia
soluzioni spondali
zione differente, che nel loro insieme definiscono il riparian buffer o buffer strip:
La progettazione dei sistemi spondali assume
_ Zona 1: alberi ed arbusti con crescita non con-
ne della corretta gestione del volume d’acqua
_ Zona 2: alberi ed arbusti con crescita control-
habitat naturali che caratterizzano i corridoi eco-
_ Zona 3: erba o piante erbacee a crescita con-
un’importanza fondamentale non solo in funzio-
trollata.
ma anche per la salvaguardia e lo sviluppo degli
lata.
logici costituiti dall’invaso vero e proprio e dalle
trollata.
aree ad esso immediatamente adiacenti.
Gli obiettivi da perseguire attraverso le indicazioni progettuali si differenziano da caso a caso
in funzione delle specifiche esigenze: rallentamento della velocità di scorrimento delle acque, controllo di piene ed esondazioni, incremento
dell’efficacia della depurazione biologica delle
acque, sviluppo degli habitat naturali per lo sviluppo di specie animali e vegetali, limitazione dei
fenomeni di erosione mediante opportuna scelta della vegetazione riparia, incremento e differen-
ziazione degli utilizzi ricreativi delle aree di spon-
da. Le attenzioni messe in campo al proposito possono qualificarsi come occasione di caratterizzazione formale del paesaggio costruito.
La letteratura anglosassone propone per la ge-
stione della fascia fluviale in ambiente suburbano il “Three zone concept”.
182
in tre aree caratterizzate da tipologie di vegeta-
06.6
sistemi di deflusso_
Tale disposizione garantisce comunque un’am-
vasche di laminazione
za degli argini.
pia superficie di laminazione, contenendo l’altezIl disegno delle vasche di laminazione e dei rela-
Al fine di ridurre il rischio di esondazione dei cor-
tivi argini di contenimento può qualificarsi come
capacità della portata dell’alveo del fiume o di-
saggio costruito.
Nelle aree fortemente urbanizzate difficilmente
ta dell’acqua, i bacini di laminazione appaiono
concretizzarsi della prima alternativa.
parchi fluviali, o in zone sportive o di loisir.
parte,essere ottenuto realizzando bacini che
vaso come area utilizzabile per le coltivazioni
parte del flusso: l’obiettivo è quello di ridurre il
riodici. La tèxture creata dalle colture all’interno
che può transitare nell’alveo di valle senza pro-
tecipa alla definizione dell’immagine dei luoghi.
si d’acqua in piena è possibile o aumentare la
occasione di caratterizzazione formale del pae-
minuire il livello di piena.
Trattenendo in maniera permanente una quo-
si riscontrano condizioni che rendono possibile il
come laghi inseriti nel sistema degli itinerari dei
La riduzione del livello di piena può, d’altra
E’ inoltre possibile utilizzare la superficie dell’in-
consentono di trattenere temporaneamente una
stagionali in grado di tollerare allagamenti pe-
valore della portata al di sotto di quello massimo
degli invasi può costituirsi come segno che par-
vocare danni. L’operazione è detta laminazione della piena.
Il volume contenuto nell’invaso viene poi restitui-
to all’alveo quando le condizioni idrometriche del corso dell’acqua lo consentono.
Particolare attenzione va posta al dimensionamento degli argini di contenimento: questi possono, infatti, costituire una barriera sgradevole
alla percezione visiva. Se il terreno è in pendenza è consigliabile frazionare il volume fra diverse casse collegate fra loro in serie.
183
06.7
L’analisi delle varie tecniche di gestione ha permesso di ottenere un quadro generale sul tema della gestione delle acque piovane.
Il lavoro qui presentato vuole dimostrare come le capacità tecniche e le soluzioni in materia pos-
sano essere affiancate ad un grado di progetto che presenti un disegno complessivo.
Lo stesso racchiude in sè soluzioni al problema
posto, cioè la gestione delle acque, e allo stesso tempo mostra capacità di integrazione nel disegno di paesaggio urbano.
applicazione al progetto
L’esercizio svolto in questo senso cerca di avvicinarsi il più possibile all’obiettivo iniziale: gestire il disegno di spazio pubblico non come mera ap-
plicazione estetica, ma ponendo le basi per un controllo anche a livello funzionale del progetto complessivo.
184
06.7
Le fasi di applicazione sono state le seguenti: _ controllo e studio delle altimetrie attuali nell’area di progetto.
Le quote sono a favore dell’applicazione delle tecniche di deflusso delle acque.
Il piano stradale di via Bologna risulta ad una
quota maggiore rispetto al piano stradale dell’attuale Corso Regio Parco.
Ciò garantisce la pendenza necessaria per lo scorrimento dei flussi piovani, senza necessità di operare sul suolo ulteriormente. _ utilizzo delle fasce.
In base all’impostazione del progetto complessivo, si è attribuito un ruolo in alternanza di fasce permeabili ed impermeabili, così da ottenere un diagramma di organizzazione dei flussi.
Ciò ha permesso di disegnare una gerarchia di aree che corrispondessero in fase progettuale a
diversi metodi di trattamento e disegno del suolo.
_ Disegno del suolo
In seguito allo studio delle tecniche disponibili è stato possibile andare ad operare attraverso un
disegno di suolo sulle aree interessate dal tema in questione.
185
06.7
Schema di organizzazione delle aree verdi di drenaggio.
I canali che da via Bologna portano verso il cimi-
tero vengono tradotti in spazi aperti piantumati, o
spazi verdi che periodicamente, in funzione delle precipitazioni potrebbero riempirsi. Per garantire la maggiore usufruibilità dell’area, vengono
comunque presi accorgimenti di carattere pro-
gettuale che garantiscono il fruire degli spazi e l’accessibilità alle aree limitrofe.
La vasta area di retenzione garantisce il rispetStagionalità
Immagini di fruizione dell’area in funzione della presenza delle acque piovane.
L’utilizzo delle tecniche di gestione dell’acqua
come disegno di paesaggio permette di affrontare il progetto attraverso l’ottica della temporalità,
prevedendo diversi usi dello spaizo in base alle precipitazioni metereologiche ed al tempo di deflusso delle acque piovane.
186
to del vincolo cimiteriale portato a 150 metri e
ridisegna sull’intero intervento un nuovo parco urbano longitudinale al cimitero stesso.
Il disegno che si ottiene è quindi una compenetrazione di spazi permeabili ed impermeabili
che oltre ad avere valenza estetica, portano con
sè un concetto di funzionalità e tecnica esteso all’intero ambito di progettazione.
06.7
187
to nord_
07
new urban re-generation
07.1 _ Strategie progettuali 07.2 _ Le macrocategorie 07.3 _ Il bordo verso il costruito esistente 07.4 _ Nuovo Corso Regio Parco_nuova dorsale urbana 07.5 _ Le fasce 07.6 _ Il parco 07.7 _ Masterplan 07.8 _ Sviluppo di una fascia a livello architettonico
189
190 202 204 208 212 216 220 224
07.1
Quale miglior modo di conoscere un luogo e ripensarlo se non averlo prima vissuto.
In tale senso sono stati affrontati i sopralluoghi
in più tranche per comprendere l’area ed il suo utilizzo attuale.
Nonostante lo Scalo Vanchiglia sia da tempo dismesso, il suo intorno presenta temi progettuali intrinsechi che si riversano su esso con uno sguardo volto al futuro dell’area.
La riconversione di architetture preesistenti è
una caratteristica degli ultimi anni, una delle pra-
strategie progettuali
tiche più comuni del fare architettura oggi.
Un’ architettura si trasforma, si reinventa, si adatta, si modifica.
Se è vero che oggi c’è poco spazio per il “nuovo”,
è altrettanto vero che il patrimonio delle preesistenze è vastissimo ed offre enormi possibilità d’intervento.
Quando poi ad essere recuperati sono interi iso-
lati o quartieri, sorgono sistemi più complessi,
quartieri polifunzionali, oppure aree attrezzate
che contribuiscono a cambiare il volto delle città offrendo alla comunità la possibilità di riscattare frammenti del proprio territorio.
Si verifica, in questi casi, come nello Scalo Van-
chiglia, un processo di metamorfosi che coinvolge interi settori dello spazio urbano.
190
07.1
Un fenomeno che riguarda la funzionalità dei
Se a prima vista si ha l’idea di un costruito fit-
produzione, si trasformano in zone dedicate alla
rende presto conto che l’intera area è chiusa su
luoghi: interi quartieri, un tempo destinati alla
cultura, ai giovani, generando un sistema di infrastrutture e di servizi accessori.
Si tratta quindi di ripensare e mettere in gioco un’
intero comparto urbano fino ad ora chiuso verso
il contesto, si trasformano gli edifici e cambiano le funzioni, ma si modificano anche le strade
d’accesso, gli spazi aperti circostanti, le relazioni sociali.
La trasformazione di un’area genera sempre un processo complesso che coinvolge numerosi at-
tori e innesta meccanismi di evoluzione di vaste proporzioni del sistema urbano.
Riconosciuta l’importanza di un sistema com-
plesso ho proceduto alla stesura su carta delle osservazioni critiche sull’area in questione.
Nè è scaturito un disegno per parti, ognuna con
una propria valenza e tutte facenti parti di un contenitore chiamato città.
to e composto da macro piastre industriali, ci si
se stessa e la presenza del cimitero monumentale pone un limite fisico e visuale invalicabile.
La sua presenza blocca in modo ingombrante l’immagine di città in espansione.
La scelta di leggere il territorio tramite la progettazione ha permesso di ipotizzare scenari che
sforassero dai confini netti definiti per l’area di
intervento e l’interazione tra essi, agendo attra-
verso un nuovo disegno che si relaziona con quello esistente.
Il progetto diventa quindi strumento di analisi, filtro attraverso il quale analizzare la città per car-
pirne le criticità e le potenzialità intrinseche della città stessa.
Da qui è stato fondamentale affrontare l’area come un tassello urbano inserito in un contesto
più ampio. Ecco quindi che i primi studi sono stati affrontati a scale più ampie per far sì che il
risultato finale non fosse un mero esercizio pro-
gettuale ma un’ambizione più concreta di inserimento progettuale.
A questo proposito sono state adottate strategie progettuali a scala urbana risultate fondamentali per la definizione di un disegno complessivo.
191
07.1
Per questo si è ipotizzato di ristabilire una con-
Lo sviluppo relativo al progetto sull’area dello
una scelta di riconsiderare quelle aree non anco-
di temi più specifici riguardanti le fasi di progetto
nessione con l’intero processo, anche a fronte di ra dismesse, ma dismettibili in previsioni future.
Ciò poiché il disegno generale prevederebbe un momento di intervento con prospettive future non
troppo vicine. Questo genererebbe un cambio di situazione sulla quale agire che mi ha portata a prevedere un maggiore stato di avanzamento della dismissione.
L’intenzione di progetto è chiara: attivare un processo che investa questi grandi temi per rompere e superare la logica di “comparti” urbani.
192
Scalo Vanchiglia ha poi portato alla definizione
fino a concludersi nella messa a sistema delle macrocategorie di intervento.
07.1
193
07.1 via gottardo/corso sempione_ex trincea ferroviaria
ex scalo vanchiglia_ dismissione e rigenerazione
cimitero monumentale_ vincolo fisico
194
07.1
ex Manifattura Tabacchi_ pedonalizzazione del quartiere
elementi naturali parco e fiumi_ connessioni ambientali
195
07.1
Qui di seguito sono illustrati gli scenari proget-
tuali attesi a seguito dell’osservazione del contesto per come si pone allo stato attuale.
La sfida risulta non tanto quella di proporre la co-
struzione di un nuovo quartiere, ma di metterlo in
realzione con il suo intorno che porta in sè una identità già definita.
borgo della manifattura tabacchi
196
07.1
via gottardo/corso sempione_ex trincea ferroviaria
197
07.1
corso regio parco_nuova dorsale urbana
198
07.1
fasce spazio pubblico_
199
07.1
new ESV
k at loo erga sup
rapporto con il parco_
200
07.1
rapporto con il fiume_
201
07.2
Il rapporto con il contesto esistente, man mano
che il progetto ha previsto una riduzione di scala, ha imposto una maggiore organizzazione della fase progettuale.
Ecco quindi che poste le basi a scala urbana, si è dovuto affrontare una molteplicità di temi differenti in rapporto con l’area di progetto.
L’intera fase progettuale si è quindi basata nella definizione di cinque temi che sono stati af-
frontati singolarmente e poi messi in sistema, tornando più volte sul progetto e sulla messa in
le macrocategorie
operara di ognuno di essi per poi ritrovare un disegno complessivo che reggesse ogni soluzione individuale per i singoli temi analizzati. I temi di progetto sono quindi:
01_ il bordo verso il costruito esistente
02_ nuovo corso regio parco_nuova dorsale urbana
03_ le bande 04_ il parco
05_ morfologia del costruito
202
07.3
203
07.3
A partire dal costruito esistente, esso si presenta frammentato e disarticolato nelle forme e nei
recinti, con una maggiore densità verso Corso Novara.
Verso nord invece fanno da sfondo bassi fabbricati industriali.
Il rapporto con il contesto è quindi risultato il
tema più complicato ed è quello che ha costituito la maggiore sfoda all’intero dell’intero processo progettuale.
il bordo è stato affrontato dapprima con l’ipote-
il bordo verso il costruito esistente
si di chiudere gli isolati esistenti per riportare in
alcuni casi, ed imporre in altri, un ordine per poi definire confini più netti su cui operare.
Ecco quindi che ottenuto un bordo che costituisce il margine del costuito attuale, si è posto il problema di come renderlo fisico e non mera linea fittizia di bordo.
Da qui ha preso avvio una fase di progettazione suddivisibile in più fasi.
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07.3
A partire dal costruito esistente, esso si presen-
Dapprima la logica progettuale ha portato a ri-
recinti, con una maggiore densità verso Corso
esistenti in modo da ricreare un sistema di mi-
ta frammentato e disarticolato nelle forme e nei Novara.
Verso nord invece fanno da sfondo bassi fabbri-
dare spazio o attribuire microspazi agli isolati crospazi per la città, definite piazze urbane.
cati industriali.
Da qui la logica di connetterli in un percorso che
tema più complicato ed è quello che ha costituito
quindi non solo bordo fisico, ma concettuale e
Il rapporto con il contesto è quindi risultato il la maggiore sfoda all’intero dell’intero processo progettuale.
il bordo è stato affrontato dapprima con l’ipotesi di chiudere gli isolati esistenti per riportare in
alcuni casi, ed imporre in altri, un ordine per poi definire confini più netti su cui operare.
Ecco quindi che ottenuto un bordo che costitu-
costeggiasse il bordo definito in precedenza e visivo.
Il percorso in sè doveva però essere ben riconoscibile, per funzioni e per servizi.
Ecco dunque la necessità di costruire un bordo
fisico costituito da edifici a carattere terziario e
culturale, istituti scolastici, auditorium e per lo sport.
isce il margine del costuito attuale, si è posto il
Si è così ottenuto un bordo netto che garantis-
nea fittizia di bordo.
quartiere, definendo una passeggiata tra spazi
problema di come renderlo fisico e non mera li-
Da qui ha preso avvio una fase di progettazione
se permeabilità con il contesto e con il nuovo attrezzati.
suddivisibile in più fasi.
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07.3
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concept costruzione bordo step 1
allineamento a griglia
composizione margine
step 4
step 5
edifici esistenti
definito in precedenza e quindi non step 5fisico, ma concettuale e solo bordo visivo. Il percorso in sè doveva però essere ben riconoscibile, per funzioni e per servizi. Ecco dunque la necessità di costruire un bordo fisico costituito da edifici a carattere terziario e culturale, istituti scolastici, auditorium e per lo sport.
07.3
testeottenuto fasce un bordo netto che Si è così garantisse permeabilità conè ilstato contesto il bordo affrontato dapprima con e con il nuovo quartiere, definendo una gli isolati esistenti l’ipotesi di chiudere passeggiata tra spazi attrezzati. per riportare in alcuni casi, ed imporre
step 2
in altri, un ordine per poi definire confini più netti su cui operare. Ecco quindi che ottenuto un bordo che costituisce il margine del costuito concept composizione bordo attuale, si è posto il problema di come renderlo fisico e non mera linea fittizia di bordo. Da qui ha preso avvio una fase di progettazione suddivisibile in più fasi.
teste fasce composizione margine
step 5
ricostruzione infraspazi
step 3
concept composizione bordo
teste fasce
allineamento a griglia
step 4 bordo concept composizione
Dapprima la logica progettuale ha portato a ridare spazio o attribuire microspazi agli isolati esistenti in modo da ricreare un sistema di microspazi per la città, definite piazze urbane. Da qui la logica di connetterli in un percorso che costeggiasse il bordo definito in precedenza e quindi non solo bordo fisico, ma concettuale e visivo. Il percorso in sè doveva però essere ben riconoscibile, per funzioni e per servizi. Ecco dunque la necessità di costruire un bordo fisico costituito da edifici a carattere terziario e culturale, istituti scolastici, auditorium e per lo sport. Si è così ottenuto un bordo netto che garantisse permeabilità con il contesto e con il nuovo quartiere, definendo una passeggiata tra spazi attrezzati.
composizione margine
step 5
207 teste fasce
07.4
La scelta di proporre una nuova dorsale urbana
è nata dalla suggestione nei confronti del borgo della Manifattura Tabacchi.
Decongestionare il borgo dal traffico veicolare
per riportarlo ad essere un borgo pedonale nella sua quasi totalità.
Ecco quindi la necessità di garantire un flusso veloce, a scala di quartiere all’interno dell’area di progetto.
Esso ha fatto sì che il vecchio corso Regio Parco diventasse collegamento pedonale e ciclabile,
garantendo l’accessibilità per i parcheggi situati
nuovo corso regio parco_ nuova dorsale urbana
in corrispondenza degli ingressi al Cimitero Monumentale e ai mezzi di soccorso.
In tal modo l’assialità che da Corso Novara porta verso il Parco della Colletta risulta essere non
semplice arteria di scorrimento, ma luogo lento, di passeggio e attrezzato considerando la messa a sistema con il canale Regio Parco.
La nuova dorsale si articola nella sua lunghezza
garantendo così una velocità di scorrimento limitata. Gli incroci con le vie trasversali sono stati ridotti, ma sono comunque messi in sistema con essa per garantire la totale fruizione dell’area.
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07.4
Ecco quindi che il Nuovo Corso Regio Parco fa
da filo conduttore per l’intera area, ed attraverso la possibilità di attraversamento genera una successione di spazi fruibili.
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07.4
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Le fas elemen imperm tuiscon residen penetra attraver spazi a lato nel cimiter entrano costruit Ecco valenza ordinar ordine
07.4
step 1
modello concettuale_ composizione fasce
La scelta di proporre una nuova dorsale urbana è nata dalla suggestione nei confronti del borgo della Manifattura Tabacchi. Decongestionare il borgo dal traffico veicolare per riportarlo ad essere un borgo pedonale nella sua quasi totalità. Ecco quindi la necessità di garantire un flusso veloce, a scala di quartiere all’interno dell’area di progetto. Esso ha fatto sì che il vecchio corso Regio Parco diventasse collegamento pedonale e ciclabile, garantendo l’accessibilità per i parcheggi situati in corrispondenza degli ingressi al Cimitero Monumentale e ai mezzi di soccorso. In tal modo l’assialità che da Corso Novara porta verso il Parco della Colletta risulta essere non semplice arteria di scorrimento, ma luogo lento, di passeggio e attrezzato considerando la messa a sistema con il canale Regio Parco.
rapporto con fasce
step 5
intererenze
step 2
step 4
permeabile/impermeabile
griglia esistente
connessioni con sistema esistente
riammagliamento
La nuova dorsale si articola nella sua lunghezza garantendo così una velocità di scorrimento limitata. Gli incroci con le vie trasversali sono stati ridotti, ma sono comunque messi in sistema con essa per garantire la totale fruizione dell’area. Ecco quindi che il Nuovo Corso Regio Parco fa da filo conduttore per l’intera area, ed attraverso la possibilità di attraversamento genera una successione di spazi fruibili.
fermata linea 2 Metropolitana_
step 3
La nuova dorsale si articola nella sua lunghezza garantendo così una velocità di scorrimento limitata. Gli incroci con le vie trasversali sono stati ridotti, ma sono comunque messi in sistema con essa per garantire la totale fruizione dell’area. Ecco quindi che il Nuovo Corso Regio Parco fa da filo conduttore per l’intera area, ed attraverso la possibilità di attraversamento genera una successione di spazi fruibili.
M
nuova dorsale
M
fermata linea 2 Metropolitana_
interferenza_ via cimarosa
step 4
trasversalità
M
via candelo
via
bo
na log
step 5
211 ee no
rto con fasce
5
4
rapporto con fasce
rsalità
interferenza_ via cimarosa
dorsale
come li
passeggio e attrezzato considerando la messa a sistema con il canale Regio Parco.
concept costruzione viabilità
07.5
Come detto in precedenza, nel contesto non è facile riconoscere un ordine assoluto dettato da
una griglia cui appoggiare l’impostazione generale di progetto.
Ecco quindi che a seguito dello studio delle geometrie e giaciture del contesto, ho deciso di
imporre una nuova rete composta da un andamento EST-OVEST.
Tale griglia se da un lato si impone come astratta rispetto alla forma attuale della città, dall’altra
regola un nuovo ordine che se considerato nella
le bande
sua maggiore estensione, cioè, verso il contesto attuale, potrebbe garantire una nuova linea guida per il ripensamento futuro della aree limitrofe.
Ciò può permettere di scardinare la presenza del
Cimitero Monumentale da una logica che lo vede e lo ha visto come limite fisico nell’area.
Le fasce sono così in alternanza elementi fisici
di spazi permeabili e impermeabili, che se da un lato costituiscono il basamento per il costruito
residenziale, dall’altro permettono la penetrazio-
ne da e verso la città attraverso un sistema di percorsi e spazi attrezzati che culminano da un
lato nel nuovo parco che costeggia il cimitero,
dall’altro si ricongiungono ed entrano in sistema
212
07.5
con la maglia del costruito esistente.
Ecco quindi che sorge una nuova valenza progettuale e processuale: ordinare il nuovo progetto per ridare ordine all’ esistente.
Le bande impermeabili ospitano quindi a livello 0 i parcheggi ed i servizi alla residenza che si pone con elemento aggiuntivo della banda stessa.
In tal modo viene aggiunta la caratteristica di una nuova topografia del terreno attuale.
Attraverso un sistema di innalzamento delle fasce è quindi possibile dare una forte identità all’area su cui si interviene.
Ciò aumenta la possibilità che il nuovo quartiere
in futuro vada a costituire il punto di riscontro e riflessione per eventuali nuovi progetti.
213
07.5
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07.5
step 1
iCome detto in precedenza, nel contesto non è facile riconoscere un ordine assoluto dettato da una griglia cui appoggiare l’impostazione generale di progetto. Ecco quindi che a seguito dello studio delle geometrie e giaciture del contesto, ho deciso di imporre una nuova rete composta da un andamento ESTOVEST.
bordo area
step 2
Tale griglia se da un lato si impone come astratta rispetto alla forma attuale della città, dall’altra regola un nuovo ordine che se considerato nella sua maggiore estensione, cioè, verso il contesto attuale, potrebbe garantire una nuova linea guida per il ripensamento futuro della aree limitrofe. Ciò può permettere di scardinare la presenza del Cimitero Monumentale da una logica che lo vede e lo ha visto come limite fisico nell’area.
griglia esistente
step 3
step 4
intererenze
step 5
ema esistente
rapporto con fasce
modello concettuale_ composizione fasce
permeabile/impermeabile
rapporto con fasce
step 5
concept costruzione bande
Le fasce sono così in alternanza elementi fisici di spazi permeabili e impermeabili, che se da un lato costituiscono il basamento per il costruito residenziale, dall’altro permettono la penetrazione da e verso la città attraverso un sistema di percorsi e spazi attrezzati che culminano da un lato nel nuovo parco che costeggia il cimitero, dall’altro si ricongiungono ed entrano in sistema con la maglia del costruito esistente. Ecco quindi che sorge una nuova valenza progettuale e processuale: ordinare il nuovo progetto per ridare ordine all’ esistente.
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07.6
Ultimo tra i quattro temi affrontati è il parco che va a insediarsi lungo tutta la fascia dell’attuale
Corso egio Parco e garantisce il rispetto del vincolo cimiteriale portato a 150 metri.
Tale fascia oltre ad ospitare il parco e le attrezzature per lo sport ed il tempo libero permette, in
un’ottica a scala maggiore di proporre connessioni ambientali con il fiume Po e Stura e con il Parco della Colletta.
Erroneamente potrebbe essere considerato un semplice parco lineare all’interno del quadrante
il parco
nord.
Esso ha la pretesa di diventare un sistema am-
bientale maggiore, permettere quindi una rete attraverso i canali e i flussi di spazio aperto de-
finiti dalle bande di cui parlato in precedenza, con l’ambizione di poter entrare in sistema con
gli spazi pubblici esistenti nella città compatta ad ovest dello scalo.
Come si è detto nel capitolo “Acqua e Spazio pubblico” esso non è il semplice risultato di un
disegno imposto e dettato dal vincolo di fascia cimiteriale.
La progettazione del parco, ma degli spazi pub-
blici in generale, è dato dallo studio delle tecniche del deflusso delle acque piovane.
216
07.6
Ecco quindi ancora una volta che lo sviluppo
di un tema ha permesso e interessato aspetti a scala piĂš ampia.
La connessione del progetto delle varie tema-
tiche fa sĂŹ che la nuova immagine dello Scalo Vanchiglia non risulti un esercizio progettuale
fine a se stesso e chiuso entro i suoi limiti, ma che si mostri alla cittĂ come occasione di rinnovo e rigenerazione urbana.
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07.6
218
concept costruzione parco
07.6
step 1
concept costruzione parco step 1
vincolo cimiteriale_150 m
vincolo cimiteriale_150 m
step 2
step 2
permeabile/impermeabile
step 3
permeabile/impermeabile water sensitive urban design
step 3
step 4
intererenze
step 5
water sensitive urban design
step 4
rapporto con fasce
Ultimo tra i quattro temi affrontati è il parco che va a insediarsi lungo tutta la fascia dell’attuale Corso egio Parco e garantisce il rispetto del vincolo cimiteriale portato a 150 metri. Tale fascia oltre ad ospitare il parco e le attrezzature per lo sport ed il tempo libero permette, in un’ottica a scala maggiore di proporre connessioni ambientali con il fiume Po e Stura e con il Parco della Colletta. Erroneamente potrebbe essere considerato un semplice parco lineare all’interno del quadrante nord. Esso ha la pretesa di diventare un sistema ambientale maggiore, permettere quindi una rete attraverso i canali e i flussi di spazio aperto definiti dalle bande di cui parlato in precedenza, con l’ambizione di poter entrare in sistema con gli spazi pubblici esistenti nella città compatta ad ovest dello scalo. Come si è detto nel capitolo “Acqua e Spazio pubblico” esso non è il semplice risultato di un disegno imposto e dettato dal vincolo di fascia cimiteriale. La progettazione del parco, ma degli spazi pubblici in generale, è dato dallo studio delle tecniche del deflusso delle acque piovane. Ecco quindi ancora una volta che lo sviluppo di un tema ha permesso e interessato aspetti a scala più ampia. La connessione del progetto delle varie tematiche fa sì che la nuova immagine dello Scalo Vanchiglia non risulti un esercizio progettuale fine a
Ultimo tra i quattro temi affrontati è il parco che va a insediarsi lungo tutta la fascia dell’attuale Corso egio Parco e garantisce il rispetto del vincolo cimiteriale portato a 150 metri. vegetated channel_ il parco e Tale fascia oltre ad ospitare sistemi di raccolta del dilavamento le attrezzature per lochesport ed ill’acqua tempo meteorico indirizzano libero permette, un’ottica a scala verso in le aree di infiltrazione_ realizin leggeraconnessioni pendenza verso il maggiore di zati proporre luogo in cui deve essere indirizzato ambientali con il fiume Po e Stura e il flusso meteorico con il Parco della Colletta.
Erroneamente potrebbe essere considerato un semplice parco lineare all’interno del quadrante nord. Esso ha la pretesa di diventare un sistema ambientale maggiore, permettere quindi una rete attraverso i canali e i flussi di spazio aperto definiti dalle bande di cui parlato in precedenza, l’ambizione di poterdesign entrare in water con sensitive urban sistema con gli spazi pubblici esistenti nella città compatta ad ovest dello intervento realizzato_ scalo. Complesso residenziale a Kronesberg, Hannover _ Landscape arch
Come si è detto nel capitolo “Acqua e Spazio pubblico” esso non è il semplice risultato di un disegno imposto e dettato dal vincolo di fascia cimiteriale. La progettazione del parco, ma degli spazi pubblici in generale, è dato dallo studio delle tecniche del deflusso delle acque piovane. Ecco quindi ancora una volta che lostagionalità sviluppo di un tema ha permesso eimmagini di funzione del interessato aspetti a scala più ampia. La connessione del progetto delle L’utilizzo dell varie tematiche fa sì che la nuova dell’acqua co gio permette immagine dello Scalo Vanchiglia non to attraverso risulti un esercizio progettuale fine a lità, prevede
spazio in bas metereologic flusso delle a
intererenze
step 5
219 rapporto con fasce
07.7
Il disegno di masterplan che ne è conseguito ha la pretesa quindi di dettare una regola di processo.
Ecco perchè si può e si deve trattare come progetto-processo.
Anche la sua rappresentazione, per macrocampiture e temi è affrontata sotto l’ottica di garantire un ordine progettuale in un’area che non ha con sè caratteri riconoscibili.
masterplan
220
07.7
221
07.7
MASTERPLAN
new urban re-generation
ERPLAN
complexcity
eneration 100
500 m
complexcity
scala 1:2000_
le macrocategorie_ temi progettuali
La necessità di ricomporre un ordine all’interno di un’area frammentata e disomogenea ha portato alla definizione di quattro macrocategorie progettuali che egorie_ ricomposte offrono un’immagine uali di ridisegno urbano per il futuro dello Scalo Vanchiglia. à di Ogni ricomporre tema un progettuale è stato erno diaffrontato un’area framsingolarmente per poi isomogenea por- a sistema con i essere ha messo efinizione di quattro restanti tre. orie progettuali che un masterplan Da qui ne deriva offrono un’immagine che pone le basi per un vero e urbano per ilprocesso futuro progettuale. proprio Vanchiglia. progettuale è stato ngolarmente per poi so a sistema con i
eriva un masterplan basi per un vero e esso progettuale.
222
500 m
scala 1:2000_
07.7
223
07.8
Il lavoro di tesi si è poi concluso a livello architettonico per concretizzare i concetti fin qui esposti.
Ecco quindi una nuova sfida, rendere a livello
architettonico i quattro temi esposti in precedenza e svilupparli in un progetto a scala più piccola che garantisse le intenzioni iniziali.
Verso la città compatta ecco quindi una “testa” composta da una piazza urbana, spazio pub-
blico per la città attorno al quale si articola un
complesso costruito attraverso il quale, talvolta
sviluppo di una fascia a livello architettonico
bucato, altre rialzato, si mantiene la permeabilità
degli spazi e si garantisce il flusso continuo della passeggiata di bordo verso il costruito esistente.
La viabilità lambisce sui lati la fascia che dal polo terziario porta verso il parco. Viene garantita una mobilità veicolare e assi ciclopedinali che permettono la friuzione dell’area.
La fascia risulta essere un basamento con i parcheggi a livello di quota 0 , si alza attraverso rampe e gradonate, fino a raggiungere la sua altezza massima di 2.40 m che costituisce
il piano di imposta per lo sviluppo sovrastante del costruito.
224
07.8
Gli edifici residenziali mantengono in sè la longitudinalità espressa nell’intera area, sono disposti anch’essi su fasce alternate, per garantire il soleggiamento, l’esposizione, e l’affaccio su spazi pubblici o semipubblici.
L’intero costruito resienziale ripropone l’andamento delle fasce, ha altezze maggiori man mano che ci si avvicina al bordo terziario, per abbasarsi verso il parco.
Si crea così un gioco di visuali e di alterzanza di spazi costruiti a spazi liberi da ostruzioni.
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229
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232
233
08 bibliografia 234
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240
241
Ringrazio i relatori. Massimo Crotti e Antonio De Rossi per l’esperienza insegnatami negli anni. Fin da subito ho creduto potessero aiutarmi a dirigere il mio percorso progettuale appena nato. Con questa tesi ho imparato che le cose non vanno sempre come devono andare. e non sempre implica una disfatta. La voglia di reagire, riprendere il mano una matita e trovare la soluzione è il migliore insegnamento ottenuto. Alessandro Mazzotta per la disponibilità e l’attenzione a curare parte del progetto. Inserendo le proprie conoscenze e l’entusiasmo nell’appoggiare una nuova sfida. Perchè per me lo è stata. Chiara Lucchini, per le informazioni utili che mi ha saputo dare riguardanti la tesi e durante l’unità di progetto. Per uno spruzzo d’aria fresca in certi momenti bui e sconsolati.
I primi ringraziamenti vanno alla mia famiglia_ mamma papà Marco e nonni L’università credo sia una fase della vita che talvolta ti permette di riflettere. I momenti di sconforto arrivano, a chiunque. se non prima, durante il periodo di tesi. Quando pare ancora lontana la data, ma pur sempre troppo vicina. Per questo c’è bisogno di avere gente attorno che ti sappia far sorridere. Il resto non conta. E senza voi, cari amici, ce l’avrei fatta lo stesso (non cambio mai!), ma così, con voi, ce l’ho fatta meglio! Perciò: Franci Eca Issi Marta_vi offrirò un cosmopolitan Irene_ti regalerò i 100 punti di vita scritti su pergamena. Stefania Stefano Valeria_ perchè quelle notti al computer non potrò dimenticarle mai. E ballare il tango sulle tavole la notte prima dell’esame, data la disperazione, non capita tutti i giorni.vi offrirò un metro di svedese a testa. Emiliano Lupo_a lui dovrò fare una statua per la pazienza e i buoni consigli Giulia e Betz_risate e disperazione Michele_ spero siano finiti gli annunci Ilaria Davide Stefano Jack Rilla_tra Londra,Trento e Paratissima Manuele Daniele_ kebab e una birretta Mattia_ semplicemente grazie