La circolazione del sangue (1)

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La circolazione del sangue di Emiliano Michelini ISBN 978-88-97359-xx-x

Š Sigismundus Editrice, di Davide Nota Largo dei Garofani n. 7, Ascoli Piceno www.sigismundus.it

Grafica e impaginazione Giulia Laurenzi Stampa e legatura Adverso di Cristiano Marinelli, Ascoli Piceno


Emiliano Michelini La circolazione del sangue



LA CIRCOLAZIONE DEL SANGUE



con gli occhi del linguaggio non la riproduzione dietro la pagina un vuoto incolmabile non mima niente nel paesaggio verbale l’arte dell’ impazienza sovrappone un’altra immagine mentre passiamo bruciando Nanni Balestrini



Millenovecentonovantotto Abbiamo lasciato il nostro cuore Sulle scale mobili degli ipermercati Mentre le coppie salgono E la tinta dei capelli ci scivola tra le unghie E sono spesso a cena fuori Con le mani sui vetri fissandoti I brividi oggi si fanno piĂš intensi Le nostre impronte su questi giorni Nei compleanni del saggitario L’autostrada è la mia unica fantasia Insieme alla perenne sorpresa Di trovarti infreddolita e gelata



1. Il sangue



Nella seconda carne l’urlo che ha denti per vedere piÚ bianco allontanato delle pupille, il giuramento del pesce, quell’orsa maggiore. Nostro singhiozzo sulla ruota, nella ferita finale spostando la voce e la presa della luce, il movimento che separa i millimetri sospesi, il nome che non pronunci, il nome appeso a cinque dita e nello scoglio con le ciglia arrese, questo meccanico di Orme di cieli, il suo colore quale pupilla sacrificare. Scendi madre pastello sonno.

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La circolazione del sangue Quando l’esercito dei batteri sfondò il negozio noi eravamo ancora vivi, e ci hanno fatto uscire uno per uno, chiedendoci gli anni tagliati con il piombo e i lavandini ai lati della casa marcita, quando il cranio si rompe come l’infanzia, come un gioco, un tappeto, un albero di Natale e i colori irrompono dal video. E’ la storia che ci bacia, dopo lo squillo del telefono e i tendini tesi ad ogni obbligo. La circolazione del sangue, il limite… la cittadella del serpente quando il paese si trasforma in anarchia e scende ripido verso la discesa con forbici enormi nelle mani quando il singhiozzo era una lacrima e un fiore che esplode riscalda i fratelli.

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Nella curva “c’era anche suo figlio quella sera, controllava le macchine dei carabinieri” incollati a queste vertebre rosa con le chiavi strette in mano. ………………………………. ………………………………. Il cielo si rovesciò sulle tempie, la marmitta giurò la fedeltà a questa notte, i bambini sentirono la pioggia, si spalancarono le cosce, e poi tornarono.

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Un pomeriggio Guardammo insieme lo schermo, rompersi in mille pezzi, le pillole per dormire ti tenevano sveglia. Fuori le bambine saltano la corda Come una tradizione, scommettendosi qualcuno e una risata. cos’altro avrei dovuto notare? Per te ho soltanto parole che nascono da una costola, e tu con il viso appiccicato sul futuro, mi dici: “noi non abbiamo scelta” “nessuna facoltà”

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Si sentono le voci, anche adesso che la ragazza ha detto: “ho un silenzio per le stelle, per questa lamiera d’amore� per lei che dopo le sere Strabuzza gli occhi, cambia il corso delle cose nel silenzio del suo letto, divora la luna con gli spasmi contrae il ventre e una vena registra gli avvenimenti, le cose.

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Sala giochi Il cielo è divelto, gli alberi, chiamano un nome di nessuno l’orda dei teen-ager muove i primi passi al clangore delle ossa nella cassa “siamo vivi!” hai urlato. E’ che siamo attaccati qui con questi chiodi ognuno adesso vorrebbe bruciare strappare qualche attimo a questi obblighi prendersi un’altra cosa, un ritmo nuovo. Se avremo la scusa silenziosa potremo salire di nuovo la salita mettere la mano nelle tasche, ritrovare quel foglietto stropicciato con sopra scritto il numero e la frase “Simona disposta a tutto”. Non puoi dormire questa notte, hai sgranato le pupille, detto “ti amo” alla prima che hai incontrato, recitato il ruolo del fratricida, sei mio fratello anche stanotte mentre ti esplode l’iride di voci, senti questo sudore, questo freddo, queste voci, “potremo essere qui tutti per te” Adesso ogni orologio è lontano, ogni obbligo è fuori da tuo padre e 18


preghi perché niente finisca, ridendo implori un altro dicembre che ti ridia la libertà. …........................................................ …………………………………….. ora è passato e ti guardi le scarpe e non hai mai voluto essere qui.

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Ode alle hypnoninfette I ragazzi aspettano l’ennesimo tramonto, con le dita sul pulsante degli scooter quando la piazza si trasforma in un deserto con gli occhiali stretti stretti tra le mani. E le hypnoninfette (come dice Sanguineti) distrattamente salutano un po’ tutti strappano ancora qualche minuto al pomeriggio mentre tutti sono in sella al motorino tanto torneranno subito la sera stessa con i piumini comprati in settimana e il loro primo paio di stivali alla nazista, stretti stretti dentro i jeans del terzo reich.

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Le custodie che cadevano, facevano rumore, gli occhi viola, vitrei, poi con quella faccia da mangiafiga ti avvicinasti chiedendomi dei posti, delle ore delle cose, delle sere, delle birre e il tuo giudizio che mi opprime ed il mio che ti schianta ad ogni mossa, è la tua di storia è il latrato del lupo che entra nelle scarpe.

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2. Dovunque ma non qui



Era il colore che ci dava da mangiare, l’ultima lancetta prima dell’addio gli occhiali, le pause i tubi e la plastica il pronto soccorso, ogni particella di menta. La forma gentile della nebbia una rivelazione, un nuovo taglio di capelli, una nuova quaresima. I fiammiferi, le salite, E’ scuola certo questi anni, questi capelli neri lunghi, l’azione analogica l’indifferenza nascosta, le ferie di pasqua, l’origine della specie umana. Non ci importa, restiamo buoni immobili in macchina, attendiamo la parola sbagliata, lo smalto ai denti il sostantivo ghiacciato l’ombrello, la felpa. 25


Il biglietto del treno Sciogli i capelli di spine e la testa, ora scongela, poi madre in soqquadro, la festa con le lettere sul corpo, le cicatrici definitive a distanza ravvicinata. Torno dalla galassia ultimo incontrollato canto nella vita ibernata stringendo i pochi soldi per il biglietto del treno “mentre ti facevi plastificare la patente lei si creava un buco di pietra dentro di se�

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La ragazza di ghiaccio si perde all’ultima fermata del mattino poi cosi ragionasti dentro il freddo “noi dobbiamo lasciare libere le arterie far si che i cavi si rilassino” e acquietare ogni bestia, ogni frammento ogni corsa che rovina un pomeriggio. La ragazza di ghiaccio scioglie i capelli, infila le mani nella borsa e le dita dentro il maschio allagando un’altra auto e noi ancora dentro i suoni, dentro il sole artificiale lasciando liberi i pensieri, i filtri delle cose suoni su suoni e mal di testa. Nella pelle e nelle cosce il testamento ed è questo che volevi, affogare dentro il rosso mentre sfili le mani dalla borsa crei una nuova indecisione, una nuova figlia di te, delle tue tempie, dei tuoi gesti non so ritrovarti, smorfie fai come uragani, sbiascichi parole ed altri esami.

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La ragazza continua il suo calvario, non ritrova l’altra caramella, quella rossa, esplosa come un fungo, come un auto disastrata, cappottata, senza un io. Vedi, cosi il frammento si disgela e ritorna strisciando al distributore, sanguina e ti chiede di riportarla a casa e in quella spera ti giocasti il sangue adulto, il fumo di un’altra sigaretta.

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Quando tutto si riunisce e ritorna dentro l’uovo e nelle sostanze primordiali della nascita da un balcone scrostato si gettano le cellule primarie i globuli bianchi. E negli affanni ogni milligrammo nelle piazze, ogni goccia di pioggia dentro una sera qualsiasi quando l’universo deve chiedere la falce impossibile o anche se deve fare il filtro con la tessera sconto del McDonald’s sopra le interferenze della radio al clangore delle ossa nella cassa.

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Aspettare è il nostro compito, l’abbiamo fatto bene anche oggi che l’asfalto ci ha riuniti per la seconda volta poi mi hai detto: “Sai che il segreto è tutto nel ricambio della mina della matita, che qualcuno si diverte anche senza riscaldamento” ma sono crollato non sono creato, ti ho risposto staccando le labbra dal filtro, l’istante muto delle vene maiuscole. Ma la mattina di Natale ci trovarono svenuti, occhi sbarrati con in mano la carta stropicciata dei regali.

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Un immortale Vivere accanto a queste ossa, mi hai giurato che volevi la macchina spaziale, la macchina del tempo che riporta indietro ogni malattia. Mi sembra che hai coraggio, stracci ogni relazione, carta su carta nel cestino di una maledizione insieme agli avanzi del McDonald’s ancora femmine ingoiate senza amore, una passeggiata dentro il parco un’altra vittima per mano e poi dentro il garage scomparvero i sorrisi salirono le fionde, le giacche, il disamore le abitudini e le botte e un disco suonato all’incontrario. C’è il tuo nome scritto sul diario, di ogni sedicenne, con il sangue e questi vortici che aspettano nei lati un tuo cenno, un altro sputo e questi vortici hanno un nome, un volto, una famiglia che aspetta con l’ombrello nella mano lo sguardo del pericolo a caratteri spaziali scritto sopra il volto, un’altra sera 31


qualcosa insomma che sappia di speranza un insulto, una violenza che abbia almeno il tuo colore, il tuo odore sogni pronti ad essere infettati e nelle stanze e nei telefoni di notte si fanno confidenze, resistono le cose dell’amore e poi qualcuna guarda senza sesso un altro uomo nella folla. Hanno amato per davvero non te lo diranno mai, e poi le cose dell’amore attaccate a questo finestrino, sciogliersi attorno in un secondo. Sopra l’ape si muove il tuo sipario, scegli la techno giusta da sparare, l’agnello da sacrificare che fa baldoria, che è sorella anche qui dentro, e che respira il tuo rifiuto, un’altra scossa dietro questa plastica, dietro questa lingua le dita affondate nelle cosce, prendi la mira e come attaccati in questo sangue di arbre-magique le voci si fanno fluide, le dita sanno che le stelle esplodono in questo ferro, in questi laghi e poi le cose si dilatano, prendono le loro decisioni si buttano da un balcone, resistono ai rifiuti, tatuano il tuo nome sopra il braccio sopra il culo, sulla schiena, nella vita stringendo un ego sbagliato, un’altra guida sbagliata.

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Dio toglie le mani dalla borsetta, dalla macchina industriale, e noi con la faccia immersa dentro l’inchiostro chiediamo scusa a questo gioco, alle sue regole nuotiamo in questa notte e non saremo più contro qui ci sono cose che respirano, voci di oggetti, torte di compleanno non finite, qualcuno che manca adesso ma con i soldi stretti nelle mani si disgiunge a questa cosa. Io ci sono stato, solo adesso ti aspetto per un altro giorno Per un altro respiro, un’altra pausa dalle cose quotidiane, senti anche adesso il sudore che si arrampica alla schiena il brivido che ti mantiene acceso, l’altra non è venuta e sai che non verrà, chiederà scusa a questa nuova comunione.

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L’incendio del cinema E speravi ci fosse questa arteria anche stasera, speravi, nel teleobbiettivo ingigantito, hai fissato alle finestre, hai esposto le tue cose, il piano centrale come in quel sogno dove la vita cominciava in quelle mura rosse, seduta sul tappeto miliardi di giorni prima della vita, prima dei fotogrammi migliori. “Volevo un destino cosi, una febbre diversa, qualcosa insomma un’automobile infinita, un altro sabato” quando entrarono le sentinelle affondasti la mano nel pavimento immerso nel singhiozzo. E poi con gli occhi sul balcone le finestre esplosero, le pareti, qualsiasi cavità prese una luce, allargò le cosce …................................................. “Perché io prendere e lasciare” “Cosi adesso chi potrebbe scoprirci, chi potrebbe con le mani immerse nei colori, nelle patatine, prenderemo un altro autobus” disse l’attrice, scoprendo il dubbio e il gioco delle parti e un altro respiro stretto nelle mani come un disastro.

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“Non sopporto più questo suono, la tua voce dentro le orecchie come un pneuma, un morbo, una malattia qualunque. Respirare negli angoli, soffocare un altro camionista con le mani appoggiate sulla schiena, qualcosa come un chiodo dentro il sangue come casse, rumore, etti e voi in masse circolari che cadono a piombo sulle spalle e le carcasse dell’amore, qualcosa di lucente una parola, un gesto, che ritorni dentro l’uovo, un sole che spalanca un segno zodiacale”

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3. La luna vista dal McDonald’s



Abbiamo rispettato la stessa fila, io dietro di te aspettando che ordinassi il McChiken Deluxe Men첫 con un the freddo al posto della coca mentre io: 1 cheesburger, 1 hamburger, le patatine medie e anche io il the freddo e questo amore positivo che ci divora e ci fa venire fame infatti dopo non sazi del nostro McAmore abbiamo preso anche due confezioni di Pepita Cheese 1,50 Euro e non dire che non ti amo amore le sono andate a prendere io, con le mie gambe.

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4. La prima carne



Abbandona quest’eco di giustizia cedi alla sproporzione Piero Bigongiari

E poi ancora il cielo e ancora il cielo e le nuvole sopra questa strada deserta dove anche adesso il gatto restituisce la vita insieme al riccio gestisce questa dottrina di vento e gli alberi risuonano qualcosa, una memoria spenta, tradita, adesso generatore di una parola che spegne di una parola che spegne in gola i segreti di una domenica mattina quando con le luci negli occhi i rumori, le cose ancora più in generale e la natura... questo che diventa, si apre ingloba dentro se altre cose, altri gatti mescolati, altri telefilm, altri giochi e un bambino color ciliegia insegue se stesso in mezzo ai camion, in mezzo ai camion, alle cose, a questa dottrina di compleanni risolti, a questo 43


sapore di alba di nuovo, di vita mostrando gli anni con le dita parlando una lingua troppo adulta.Â

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Al centro della piazza, le braccia allargate, l’allagamento questa si chiama Arsura delle cose dentro il corpo, nell’intestino. Tradotti come marionette schiacciando i tasti le rotelle nel bosco della nostra confusione tra le custodie vuote con il coltello in mano taglio il sole, faccio scendere questa Impossibilità questa che oggi è pioggia chiamata con un altro nome.

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Regalami questa voce di caramelle il sogno chiuso nel pugno sopra il davanzale fammi cosÏ rinascere con poche sillabe con le unghie spezzate sui cornicioni Dammi da mangiare questo cibo viola e avrò le stesse parole che esplodono in estate scivolare nel centro giallo nel bosco del tuo sangue

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Lascia scorrere le vene questa religione imparata tra i ciottoli della strada questa fede cieca anche per me, cieco anch’io a questo fiume di cose a questi rovesciamenti... le guerriere che si abbattono alle tempie sempre il solito saluto trattenuto a forza di ghiaccio e cosce graffiate perchÊ loro sapessero la tua forza.

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Mi farò pavimento per accogliere te e queste fotografie sbiadite di ginocchia sbucciate e altri pomeriggi Questo è stato il mio prato, e qui anche l’acqua è artificiale mi giro per vederti sorridere facendo attenzione a non farmi scoprire in mezzo all’erba, in mezzo alle siringhe.

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Restano le cose che sanno di pietra quando il bambino conosce tutti i rumori del pensiero e con lo sguardo attraverso il finestrino indica le strade dove in un’altra vita ha visto la sua anima gemella respirare in una cellula.

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5. Alfa e Omega

(“Credi per qualcuno è proprio così, come la fiaba di Hansel e Gretel: dopo la grande paura uscirono dal bosco, salvi”) Milo De Angelis



Appuntamento sugli scavi, ultima sorella lucente e il brivido di un nome che sapevi custodito con cura tra i cieli bassi. Disperata nelle vocali, senza l’arma colpevole e il bacio non dato alla fine della spiaggia su cui sognano le spugne e l’astro con quattro nomi di pornostar. La saliva nostra signora degli incidenti.

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“Ho la stessa urgenza, gli stessi nomi dei parenti in mezzo all’erba; nella foto seppellita tiro fuori la lingua, picchio l’uomo che non è violenza. Scandisco il tempo di quell’orsa maggiore, astri tra le fronde, io che non ho nome, solo il viso disegnato con le dita sullo scooter. Nella casa si materializzano i miei cani.”

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Ossa nelle automobili, nel mare della cittĂ industriale, lo sapevi il suo nome, senza lettere dolci con le spalle girate

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Ma quale rumore, quale vetro chiede scusa a questi occhi azzerati, l’unica parola d’amore sul cartone dell’addio quale di queste vocali ha reso muta quella scogliera. Quell’annullarsi di viva sulla fronte “per lei che dopo le sere” confessa agli uomini staccati l’inizio della schiena. Le mani chiuse sulla bolletta della luce lascia che vinca l’uomo ha una madre che dimentica, uno specchio colorato, una collezione di pupille.

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Togli il rumore a quattrocento automobili, come adolescenti perse nel guardare questo spazio, che ha numeri per agitarsi. Sul muretto gettavi le pupille oltre la sbarra spaziatrice. Ho visto che sanguinavi a ritroso nell’infanzia nelle pagine, nello specchio dove hai scritto con il rossetto il nome di un gruppo. Il sudore sul metallo della radio, i tagli sotto la gola, all’alba sul letto sudato.

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Quando l’edicola si apriva sgranai con le pupille dove gli occhi hanno inseguito il vetro della stazione, la cerniera, la tua luce spostata; poi mostravi la lingua schiacciavi lo sguardo su tua madre, la carne del sabato mattina.

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“Non salire, qui soltanto, come adesso viva nella cometa, confido alle mie ossa battezzate, soltanto altre sognano il marzapane, anche io sono nata nelle lame, di tutto ho perso quel bagliore come la tua sola innocenza. Paragonami al nostro cielo O se mi ami rendimi muta, amami come si ama un abisso nel treno del tuo sangue.�

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare prima di tutto e tutti i ragazzi de La Gru, che hanno creduto in me fin dall’ inizio e mi hanno sempre esortato a continuare a scrivere ovvero: Gianluca Pulsoni, Davide Nota, Loris Ferri, Daniele De Angelis, Stefano Sanchini. Desidero inoltre ringraziare: Gisella Speranza, Valerio Berardi, Lara Ferrini, Luigi Socci, Tiziana Mattioli e Antonello Satta Centanin e tutti quelli che hanno letto le mie cose nel corso di tutti questi anni.

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Ne calce, o nel verde piĂš bianco allontanato, l’esodo è questo urlo che ha denti attraversati

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Indice La circolazione del sangue 9

Millenovecentonovantotto Il sangue

13 14 15 16 17 18 20 21

[Nella seconda carne] La circolazione del sangue Nella curva Un pomeriggio [Si sentono le voci, anche adesso] Sala giochi Ode alle hypnoninfette [Le custodie che cadevano, facevano rumore] Dovunque ma non qui

25 26 27 28 29 30 31 33

[Era il colore che ci dava da mangiare] [Il biglietto del treno] [La ragazza di ghiaccio si perde] [La ragazza continua il suo calvario, non ritrova] [Quando] [Aspettare è il nostro compito] Un immortale [Dio toglie le mani dalla borsetta, dalla macchina...]


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L’incendio del cinema [“Non sopporto più questo suono, la tua voce] La luna vista dal McDonald’s

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[Abbiamo rispettato la stessa fila] La prima carne

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[E poi ancora il cielo e ancora il] [Al centro della piazza] [Regalami questa voce di caramelle] [Lascia scorrere le vene] [Mi farò pavimento] [Restano le cose che sanno di pietra] Alfa e Omega

53 54 55 56 57 58 59

[Appuntamento sugli scavi, ultima sorella lucente] [“Ho la stessa urgenza, gli stessi] [Ossa nelle automobili, nel mare della città...] [Ma quale rumore, quale vetro chiede scusa] [Togli il rumore a quattrocento automobili, come] [Quando l’edicola si apriva] [“Non salire, qui soltanto, come adesso]


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Ringraziamenti

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[Ne calce, o nel verde]


Stampato per conto di Sigismundus Editrice presso Adverso di Cristiano Marinelli Via Milano 4, Ascoli Piceno nel mese di aprile dell’anno 2013


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