Sedicesimo notiziario genn febbr 2018

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Anno X | numero 1 Gennaio | Febbraio 2018 ISSN 2283-9356

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Anno IX | numero 2 Marzo | Aprile 2017 ISSN 2283-9356

Anno IX | numero 3 Maggio | Giugno 2017 ISSN 2283-9356 | Spedizione in abb. postale Poste Italiane Spa Sped in abb postale d.l. 353/2003 (conv.in l. 27/02/2014 n.4) art.1 comma 1 lom/mi 5488 | | Prezzo € 12,00 Abb. annuale € 60,00 |

Anno IX | numero 2 Marzo | Aprile 2017 ISSN 2283-9356

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Direttore Responsabile Gaspare Vannicola (gaspare.vannicola@vmreditrice.it)

Rubriche Fisse

Coordinatore Editoriale Cinzia Bianchi (cinzia.bianchi@vmreditrice.it)

Anticaduta

Sicurezza Impianti

Alberto Pincigher Responsabile Comitato Tecnico Scientifico ALV. Associazione Linea Vita

Adriano Paolo Bacchetta Coordinatore network Spazioconfinato.it

Antincendio

Psicologia del Lavoro

Sicurezza Macchine Agricole

Fernando Cordella Presidente A.N.P.P.E. Vigili del Fuoco

Piergiorgio Frasca Psicologo del lavoro e delle organizzazioni

Paolo Peretti Centro Formazione e ricerca Merlo

Sicurezza nelle scuole

Sicurezza Macchine

Monica Mioccio

Massimo Granchi Christian Trinastich MTM Consulting s.r.l. società unipersonale

Redazione (redazione@vmreditrice.it ) Noemi Olivo, Monica Mioccio, Cinzia Bianchi, Irene Molin Comitato Tecnico-Scientifico (cts@vmreditrice.it) Ing. Bacchetta Adriano Paolo, Arch. Cordella Fernando, Dott. Frasca Piergiorgio, Ing. Granchi Massimo, Dott. Peretti Paolo, Ing. Pincigher Alberto, Ing. Romeo Mario, Ing. Vannicola Gaspare Progetto grafico e impaginazione grafica@vmreditrice.it irene.molin@vmreditrice.it Vmr Editrice Srls

Medicina del Lavoro Giovanna Pirana Polo Chirurgico Confortini

Formazione sulla Sicurezza sul Lavoro Mario Romeo S.I.A. Srl Dirigente Nazionale UIL

Contatti Ufficio Marketing (segreteria@vmreditrice.it | marketing@vmreditrice.it) Sul nostro sito internet è disponibile il prospetto relativo alle inserzioni pubblicitarie Contatti Ufficio Formazione (formazione@vmreditrice.it) Sul nostro sito internet è disponibile la lista dei corsi erogati Editore Vmr Editrice Srls Tel. / Fax 02.45498130 e-mail: info@vmreditrice.it Proprietà Vmr Editrice Srls Sede Legale: Via Doberdò, 22 Milano Tel. / Fax 02.45498130 e-mail: info@vmreditrice.it sito: www.vmreditrice.it amministrazione@pec.vmreditrice.it Registrazioni Camera di Commercio di Milano N.REA 2095877 - P.IVA 09515180967 del 03/05/2016 - N.ROC: 26858 Registrazione del Tribunale n.390 del 18 settembre 2009 Stampa Publistampa Arti Grafiche via Dolomiti 36, Pergine Valsugana (TN) tel. 0461.511000 fax 0461.533914 www.publistampa.com

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2 | Il Notiziario sulla Sicurezza | gennaio - febbraio 2018


Sommario 22

KLIMAHOUSE 2018

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L’editoriale

5 Dispositivi di ancoraggio per lavori in quota | Alberto Pincigher

12 Formazione e Ricerca | Paolo Peretti

25 Sicurezza degli impianti nelle scuole | Monica Mioccio

28 Antincendio | Fernando Cordella

30 Formatore della Sicurezza | Alessia Petruzzelli

33 Spazio Confinato | Adriano Paolo Bacchetta

47 Psicologia del Lavoro | Piergiorgio Frasca

52 Sicurezza Macchine | Massimo Granchi

57 Medicina del Lavoro | Giovanna Pirana

59 Formazione sulla Sicurezza sul Lavoro | Mario Romeo

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L’editoriale Buongiorno a tutti care lettrici e cari lettori, La linea editoriale della rivista “Il notiziario sulla sicurezza” continuerà sul percorso intrapreso oramai da Dieci Anni ad occuparsi di tutti i temi della sicurezza in modo puntuale a livello tecnico-scientifico, attraverso gli autori che lavorano nello stesso ambito in cui esercitano. Un comparto in forte crescita è sicuramente quello agricolo, per questo motivo vorrei soffermarmi su questo tema, per analizzare alcuni rischi che ci sono. Il comparto agricolo dalla seconda metà del secolo scorso ha subito notevoli cambiamenti e in molte parti del mondo si è industrializzato. Ormai le attività agricole sono su scala industriale e la fattoria di famiglia rimane solo come la “nostalgia del passato”. Con attività in grande scala si hanno “impianti più grandi, maggiori quantità di mangimi, prodotti e rifiuti”, con aumento del “rischio di esposizione a condizioni pericolose”, con riferimento anche agli incidenti che possono avvenire negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Ad affrontare in questi termini il tema degli infortuni che possono avvenire negli spazi confinati in agricoltura è un intervento che si è tenuto alla 7° edizione del convegno nazionale sulle attività negli spazi confinati, dal titolo “ La gestione degli Ambienti Confinati nel settore Agroalimentare”, tenutosi a Modena nel Novembre 2017. Innanzitutto occorre definire il luogo di lavoro “ambiente agricolo” per valutarne i rischi e di conseguenza determinare le soluzioni per evitarli: 1. non classificabile come lavoro in sotterraneo; 2. chiuso o parzialmente chiuso; 3. non progettato o inteso per una presenza continuativa del lavoratore; 4. abbastanza grande e configurato per l’ingresso e in cui è possibile eseguire il lavoro; 5. accesso limitato o ristretto che può comportare un ostacolo a: a. prestazione di primo soccorso. b. Evacuazione. c. Salvataggio. d. Accesso degli addetti all’emergenza. Esempio: Nell’ambito agricolo una sottocategoria che sta avendo un grande successo e che sta riportando molti giovani in agricoltura è sicuramente quella vitivinicola. Nonostante tutto, la concentrazione dei lavoratori in questo settore è bassa, tale che non sono stati effettuati studi di settore sui rischi specifici a cui incorrono i lavoratori. Le carenze conoscitive in questo ambito, nonostante le Regioni stiano facendo degli sforzi rilevanti organizzando convegni sui temi specifici, generano dei rischi elevati: pensiamo all’utilizzo di prodotti chimici in un ambiente confinato (cantina) e all’incidenza della meccanizzazione, sempre all’interno di una cantina (rischio elettrico, rischio biologico/meccanico: macchinari e ingranaggi; rischi attrezzature idrauliche, etc.). Anche nel settore agricolo è determinante la formazione e quindi la conoscenza dei rischi, senza la quale i nostri futuri imprenditori avranno un futuro “pericoloso”. Gaspare Vannicola Direttore Responsabile


È TUTTA QUESTIONE DI FORZA a cura di Paolo Peretti

L

a presa di potenza o PDP (PTO - Power Take Off in inglese) è il sistema tramite il quale il motore del trattore agricolo o del sollevatore telescopico è in grado di azionare gli organi lavoranti della macchina operatrice agricola ad esso accoppiata. Chiamata impropriamente anche presa di forza, è costituita da un mozzo scanalato rotante che trasferisce, mediante un albero di trasmissione, una coppia motrice. Le attrezzature o le macchine agricole azionate possono essere di tipo portato o semi-portato, ovverossia la loro massa grava in toto o in parte sull’attacco a tre punti posteriore della trattrice, oppure trainate tramite il gancio di traino. Lo spandi-concime è un tipico esempio di macchina operatrice agricola portata, mentre la roto-imballatrice rientra nella categoria di quelle trainate. [Continua...]


ESPERTO PROGETTISTA DELLA SICUREZZA DEI LUOGHI DI LAVORO SPECIALIZZATO NELL'ANTICADUTA E LAVORI IN QUOTA. - Consulenza sulla scelta e l’utilizzo dei dispositivi anticaduta per prevenire le cadute dall’alto e sulle normative di riferimento. - Sviluppo e Progettazione di dispositivi di ancoraggio per lavori in quota conformi alle norme vigenti. - Documentazione marcatura CE dispositivi di protezione individuali e prodotti da costruzione. - Stesura elaborato tecnico della copertura (elaborati grafici, relazione tecnica illustrativa-manuale di utilizzo dei dispositivi). - Relazione di calcolo per la verifica dell’idoneità della struttura di supporto e del fissaggio del dispositivo di ancoraggio e dei parapetti alle strutture. - Verifica in sito della tenuta del fissaggio. - Formazione per installatori, progettisti e utilizzatori dei dispositivi anticaduta per lavori in quota.


ANTICADUTA

CONTENUTI DEL CORSO DI FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO PER ADDETTI AI LAVORI IN QUOTA a cura di Ing. Alberto Pincigher

I

l corso di formazione per addetti ai lavori Nelle edizioni precedenti, affrontando la tematica della formazione e addestramento per addetti ai lavori in quota, erano state analizzate le tematiche legislative evidenziando gli obblighi di formazione previsti dal D. Lgs. 81/08 e s.m.i.. Per completare l’argomento si andranno ora a visionare i contenuti del modulo tecnico e del modulo di addestramento pratico. Si precisa che questi due moduli di durata pari a cinque e due ore possono essere adattati a seconda delle esigenze dell’azienda tenendo sempre conto dei riferimenti di legge in merito

alla sufficienza e adeguatezza della formazione oltre che per l’obbligo di addestramento per l’uso di attrezzature che comportano rischi (DPI di III categoria). Nel modulo tecnico si dovranno trattare i seguenti argomenti: DPI per lavori in quota, ancoraggi per DPI, scale, trabattelli, PLE, ponteggi, lavori in copertura e funi. DPI PER LAVORI IN QUOTA Nello svolgimento dei lavori in quota sono richiesti DPI specifici che sono richiamati all’interno del D.Lgs. 81/08. All’articolo 74 si specifica cosa si intende

per dispositivo di protezione individuale (“DPI”) e al comma 2 si precisa cosa non è DPI (Fig.1). Articolo 74 - Definizioni 1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato “DPI”, qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. 2. Non costituiscono DPI: Gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificatamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore; a) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; b) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico; c) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto; d) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specifici e non per attività lavorative; e) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione; f) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi. L’articolo 75 sancisce l’obbligatorietà dell’uso dei DPI per evitare o ridurre i rischi nel caso non possano essere adottati altri sistemi. [Continua...]


La nostra missione:

Garantire una sicurezza che Salva la Vita!

Associazione LineaVita

Sede operativa: Sede operativa: Via Doberdò Doberdò22, 22, 20126 Milano 20126 Milano Cell. +39.3755473053 Tel/Fax +39 02.89055936 segreteriasoci@lineavita.org segreteriasoci@lineavita.org www.lineavita.org

L’Associazione Linea Vita è un’Associazione No-Profit che si prefigge lo scopo di divulgare informazioni corrette e fornire formazione adeguata in rispetto alle norme tecniche preposte in materia di sicurezza sul lavoro, ed in particolar modo in difesa degli operatori sottoposti al pericolo di cadute dall’alto durante la loro attività.


MModulo o d u l o ddi i I iscrizione s c r i z i o n e2017 2018

da inviare via email a segreteriasoci@lineavita.org oppure via PEC mail.alv@pec.lineavita.org N............................................................................................................................................................................................................................ OM E C OG NOM E C............................................................................................................................................................................................................................ F P ROFE SSIO NE T ............................................................................................................................................................................................................................ I T OLO D I S T U D IO C TT P . ............................................................................................................................................................................................................................

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M ODALITÀ DI PAGA MENTO B O NIfi CO C o n t o ccorrente o r r e n t e bbancario a n c a r i o BUNICREDIT anca Sella Conto IIban: B A NI: TI T42 22VV0 302 62800 106 08710 512 1 8 217 803 0 6 402 00 0 4 0 5 3 9 9 6 2 Informativa ai sensi D.Lgs 196/2003 I dati personali contenuti nella scheda verranno trattati in forma elettronica e cartacea. L’interessato può esercitare tutti i diritti previsti ai sensi della Legge 675/96 e D.Lgs. n. 196/2003, quali il diritto di aggiornare, rettificare od anche cancellare i dati.



KLIMAHOUSE TREND 2018:

I VINCITORI Comunicato stampa

F

iera Bolzano e Politecnico di Milano premiano le aziende più innovative dell’edilizia efficiente. Premiati i vincitori dell’ottava edizione del Klimahouse Trend, il premio rivolto alle aziende più innovative nel settore del risanamento e dell’efficienza energetica in edilizia in Italia promosso da Fiera Bolzano insieme al Politecnico di Milano. Il verdetto della giuria è stato annunciato ieri, 24 Gennaio, in occasione della giornata inaugurale di Klimahouse 2018. Tra le 55 candidature al vaglio della giuria sono state premiate le aziende che si sono maggiormente distinte per l’eccellenza dei propri progetti, ritenuti in assoluto i più innovativi tra tutti quelli in

gara. Tre le categorie del Klimahouse Trend per cui è stato decretato un vincitore tematico, tra queste tre, inoltre, il riconoscimento di un vincitore assoluto (Premio Absolute): - per la categoria Innovation, dedicata alle aziende caratterizzate da eccellenti capacità nella ricerca industriale e/o tecnologica, nonché nello sviluppo e nella commercializzazione di prodotti innovativi nel campo dell’edilizia sostenibile ed energeticamente efficiente, il premio va all’azienda Irsap SpA per il prodotto “NOW – SMART RADIATORS SYSTEM”. Il prodotto prevede l’utilizzo di sistemi

avanzati ICT e IoT per la regolazione e il controllo dei sistemi di emissione tramite l’impiego di sensori e attuatori con logica di autoapprendimento. Garantisce inoltre una notevole semplicità e versatilità di utilizzo, sia per l’applicazione nei nuovi edifici che per le ristrutturazioni. L’applicazione di questo sistema consente inoltre la futura interazione e il dialogo tra edificio e Smart Grid. - per la categoria Timely, rivolta alle aziende che dimostrano una spiccata attitudine a sviluppare prodotti e sistemi in grado di rispondere tempestivamente e concretamente ad esigenze estremamente attuali ed emergenti, il premio va all’azienda Blumatica Srl [Continua...]


SICUREZZA DEGLI IMPIANTI NELLE SCUOLE

LA SICUREZZA DELLE SCUOLE NELLE PALESTRE a cura di Monica Mioccio

S

econdo il DGLS 81/2008 la valutazione dei rischi nelle attività sportive è legata a quattro fattori principali; il microclima, il fattore biologico, quello legato alla movimentazione manuale dei carichi e infine quello gestionale. Per quanto riguarda il microclima e’ necessario garantire la sicurezza di climatizzazione e il ricambio d’aria di quegli impianti non idonei e non opportunamente mantenuti. Il fattore biologico è relativo alla eventuale diffusione di

microrganismi patogeni. D’altra parte, la movimentazione manuale del carico concerne l’allestimento e lo spostamento di attrezzature varie. Infine, quello gestionale è relativo alla scarsa o addirittura all’assenza di informazioni sulla verifica dei rischi dei fruitori della palestra, sulla verifica delle competenze del personale addetto a particolari compiti, e sulla scarsa vigilanza delle operazioni di sanificazione. Inoltre durante le attività di scienze motorie e sportive i rischi sulla sicurezza degli studenti derivano

dalle attività che si stanno svolgendo dall’uso di attrezzi, dalle attività a corpo libero e dalla presenza di più classi. Infatti, l’azione impropria non coordinata dinamicamente può determinare infortunio sull’attrezzo ovvero urto contro il suolo per cadute in piano e contro parti fisse dell’impianto. Per evitare i suddetti rischi è necessario che gli alunni si attengano alle regole impartite dai docenti. Pertanto il compito dei docenti è quello di programmare le attività didattiche in modo che due classi contemporaneamente svolgano esercitazioni simili. In tale direzione gli insegnanti devono fornire spiegazioni chiare e precise con norme operative e vincolanti. Per esempio quando l’attività motoria comporta per sua natura particolari rischi, gli insegnanti non devono far eseguire esercizi e attività non confacenti alle reali e attuali capacità delle persone tenendo conto del fatto che l’attività è dialettica e dimostrativa. Inoltre lo studente è tenuto ad informare la scuola e l’insegnante di educazione fisica delle proprie condizioni di salute segnalando eventuali malattie che potrebbero inficiare l’attività ginnica. Gli alunni durante le ore di educazione fisica devono osservare il regolamento della palestra che è affisso sulle pareti della stessa palestra. Durante l’orario scolastico non è consentito l’utilizzo delle palestre da parte di enti e istituzioni salvo in casi eccezionali per i quali è prevista una delibera preventiva. In nessun caso le classi sono ammesse in palestra al di fuori degli [Continua...]


NUOVA REGOLA TECNICA : CONTENITORI E DISTRIBUTORI CARBURANTE a cura di Fernando Cordella - Presidente A.N.P.P.E. VV.F

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on decreto del 22 novembre 2017 è stata pubblicata, in Gazzetta Ufficiale del 6 Dicembre 2017, la regola tecnica di prevenzione incendi per l’installazione e l’esercizio di contenitori-distributori, ad uso privato, per l’erogazione di carburante liquido di categoria C. Il decreto non riguarda gli impianti fissi di distribuzione carburanti per autotrazione, per i quali continuano ad applicarsi le specifiche disposizioni di prevenzione incendi. L’art.2 del decreto stabilisce che i contenitori-distributori disciplinati dal decreto vanno installati e gestiti in modo da garantire il conseguimento dei seguenti obiettivi: a) minimizzare le cause di fuoriuscita accidentale di carburante ed il rischio di incendio; b) limitare, in caso di evento incidentale, danni alle persone; c) limitare, in caso di evento incidentale, danni ad edifici e locali contigui all’impianto; d) limitare, in caso di evento incidentale, danni all’ambiente; e) consentire ai soccorritori di operare in condizioni di sicurezza. Ai fini della presente regola tecnica, si definisce, inoltre: a) liquido combustibile di categoria C: liquido avente un punto di infiammabilità da oltre 65 °C sino a 125 °C. Rientrano nella categoria C anche i liquidi combustibili con punto di infiammabilità inferiore a 65 °C, ma non sotto i 55 °C, purché la prova del grado di infiammabilità sia completata da una prova di

distillazione frazionata, nella quale non si dovrà avere, a 150 °C, più del 2 per cento di distillato. I metodi e le apparecchiature da utilizzare per ricercare il punto di infiammabilità e per eseguire la distillazione frazionata di tale liquido devono essere quelli previsti dal decreto del Ministro dell’interno del 31 luglio 1934; b) contenitore-distributore: complesso di attrezzature, installate fuori terra, costituito da serbatoio, idoneo a contenere carburante liquido di categoria C, di capacità geometrica non superiore a 9 m³, collegato ad apparecchiatura per l’erogazione del liquido contenuto, il termine è equivalente a quello di contenitore-distributore rimovibile o contenitore-distributore mobile già utilizzato nel decreto del Ministro dell’interno del 19 marzo 1990; c) deposito di distribuzione: insieme dei contenitori-distributori di liquidi combustibili di categoria C; d) capacità geometrica di un contenitore-distributore: volume geometrico interno del serbatoio del contenitoredistributore; e) capacità complessiva dei depositi di distribuzione: quantità massima di carburante liquido di categoria C che può essere detenuta in più depositi di distribuzione, presenti presso l’attività. Inoltre restano esentati dall’obbligo di adeguamento alla regola tecnica i contenitori-distributori esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto nei casi in cui: a) siano in possesso di atti abilitativi riguardanti anche la sussistenza dei

requisiti di sicurezza antincendio, rilasciati dalle competenti autorità, così come previsto dall’art. 38 del decretolegge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98; b) siano in possesso del certificato di prevenzione incendi in corso di validità o sia stata presentata la segnalazione certificata di inizio attività di cui all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151; c) siano stati pianificati, o siano in corso, lavori di installazione di contenitoridistributori sulla base di un progetto approvato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco ai sensi degli articoli 3 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 All’art. 4 (punto 3 si specifica ulteriormente che i contenitori-distributori devono essere provvisti di approvazione di tipo ai sensi del decreto del Ministro dell’interno del 31 luglio 1934, titolo I°, punto XVII ed i relativi componenti devono essere provvisti di marcatura CE ai sensi delle direttive applicabili. L’installatore è tenuto a verificare che il contenitore-distributore sia idoneo per il tipo di uso e per la tipologia di installazione prevista e che il responsabile dell’attività sia informato degli specifici obblighi finalizzati a garantire il corretto uso, in sicurezza, dello stesso.

Inoltre per una maggiore sicurezza, le distanze dei contenitori-distributori devono osservare le seguenti distanze minime di sicurezza esterne ed interne da: [Continua...]


Le norme europee in materia di Sicurezza sul Lavoro tra passato e futuro: l’effettiva tutela dei diritti e la soft-law. (Prima Parte) a cura di Alessia Petruzzelli - Formatore della Sicurezza

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ome ogni anno, anche gli ultimi giorni del 2017 sono stati frenetici per ciò che riguarda l’attività legislativa nazionale e, per il settore della sicurezza sui luoghi di lavoro, per il puntuale recepimento delle novità introdotte dalle norme europee. Ben sappiamo dalla nostra esperienza quotidiana e professionale quanto le norme del nostro ordinamento in materia di salute e sicurezza siano permeate dai principi facenti capo al diritto comunitario, ma dobbiamo ricordare che si tratta di un aspetto piuttosto recente. In Europa, infatti, fino alla metà degli anni ’80, non era presente una normativa specifica in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro a causa della mancata previsione di una esplicita competenza legislativa all’interno del Trattato che definisce le direttive sul funzionamento della Comunità Euro-

pea (TCE). Fino ad allora la salute e la sicurezza sul lavoro erano considerate come integrazioni delle misure relative al mercato e delle politiche economiche della CEE e i primi atti normativi riguardanti la materia furono adottati sulla base delle disposizioni generali relative all’armonizzazione del mercato, come per esempio la direttiva 77/576/ CEE in materia di segnaletica di sicurezza sul posto di lavoro. La gravità di tale perdurante vuoto normativo è oggi evidente a tutti. Ma è solo con l’Atto unico europeo del 1987 che si è avuto il vero cambio di passo, grazie all’introduzione all’interno del TCE di una disposizione giuridica sulla politica sociale, rivoluzionaria per il sistema, finalizzata alla promozione del “miglioramento, in particolare dell’ambiente di lavoro, per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori”. Tale

inserimento ha reso più evidente l’importanza rivestita dalla materia della sicurezza sul lavoro e ha favorito l’avvio del dialogo sociale fra datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori a livello europeo. Successivamente, nel 1997, con il trattato di Amsterdam la competenza legislativa negli ambiti delle politiche sociali europee è stata ulteriormente rafforzata e sono state definitivamente inserite all’interno del TCE le disposizioni in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro (SSL). Il risultato di questo processo di revisione e aggiornamento del Trattato è che, a distanza di trent’anni, gli aspetti relativi alla sicurezza dei luoghi di lavoro sono regolamentati in Italia da un complesso normativo formatosi con il recepimento di una, o più, direttive comunitarie. In particolare, l’articolo 153 del TCE attribuisce all’UE la competenza in materia di adozione delle direttive nell’ambito della sicurezza e salute sul lavoro conferendo quindi l’autorità all’Europarlamento di legiferare in questo ambito. E sarà la Direttiva quadro europea 89/391/CEE sulla SSL che segnerà un importante passo in avanti poiché stabilisce la garanzia di prescrizioni minime in tutta Europa e l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.

Per meglio comprendere l’effetto degli atti normativi europei sulla vita reale dei cittadini è [Continua...]


SPAZIO CONFINATO

DPR 177/2011: IL CASO DELLE AUTOBETONIERE. a cura di Adriano Paolo Bacchetta

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ontinuiamo a occuparci di attrezzature per le quali è da prevedersi l’applicazione di quanto previsto dal DPR 177/2011. In particolare, tratteremo le attività di pulizia interna del tamburo delle autobetoniere per il trasporto e la miscelazione del calcestruzzo. Il tamburo (o botte), ha una forma ovoidale con, da una parte, una bocca di carico/scarico e dall’altra un sistema a ingranaggi collegato a un azionamento che imprime al tamburo stesso la rotazione sull’asse longitudinale. La botte è mantenuta in rotazione durante il trasporto e, una volta che il mezzo è giunto sul luogo di utilizzo del calcestruzzo, la botte è fatta ruotare più velocemente per favorirne l’impasto (se del caso l’autista può aggiungere acqua per rendere più fluida la massa). In segui-

to, la botte è messa in rotazione in senso opposto per lo scarico e, sfruttando la struttura a coclea presente all’interno, l’impasto di calcestruzzo risale le pareti ed è scaricato in una benna per poi essere gettato in opera. All’interno della botte, infatti, sulla sua superficie interna sono saldati elementi solitamente elicoidali in lamiera antiusura che, girando in senso orario o antiorario, comportano il rimescolamento della massa all’interno oppure il suo trasporto fino alla bocca di scarico. Proprio la conformazione interna e la conseguente difficoltà di pulizia, comporta la formazione di depositi di calcestruzzo, aderenti alla parete e agli organi di mescolamento interni, causati dal consolidamento di residui d’impasto rimasti all’interno dopo lo scarico e dall’incompleta pulizia ordinaria, nor-

malmente eseguita in cantiere con getti d’acqua prima del rientro del mezzo alla centrale di betonaggio. Periodicamente, pertanto, gli operatori provvedono a una pulizia interna del tamburo, entrandovi e frantumando i residui consolidati, tramite l’utilizzo di utensili manuali e/o meccanici. In generale la rimozione dei residui è svolta dallo stesso addetto all’automezzo, che svolge contemporaneamente mansioni di autista e di operatore dell’autobetoniera di cui, nel nuovo contesto che caratterizza il settore del trasporto del calcestruzzo (sempre più esternalizzato con dismissione delle grandi flotte aziendali delle principali aziende di produzione del calcestruzzo), ne è spesso anche il proprietario. Ciò premesso, proviamo a caratterizzare le condizioni operative nelle quali si dovrebbe svolgere l’attività di pulizia interna. Innanzi tutto si deve considerare che l’accesso all’interno del tamburo, avviene per mezzo di un passo d’uomo sistemato sulla parete del tamburo stesso. Si tratta di una flangia ellittica o circolare (non piana perché segue la curvatura della parete del tamburo), con dimensioni di circa 50 cm., solidalmente collegata alla lamiera per mezzo di viti. E qui ci accorgiamo subito che l’accesso avviene orizzontalmente e, quindi, per eventuali interventi di soccorso in emergenza, non è utilizzabile alcun sistema di sollevamento tipo tripode. Inoltre, l’altezza del passo d’uomo non è a livello. Pertanto sia per l’accesso ordinario, sia per l’eventuale salvataggio, è necessario predisporre un adeguato piano di lavoro esterno. O, almeno, [Continua...]


LE CATTIVE ABITUDINI a cura di Dott. Piergiorgio Frasca

È

assodato che l’infortunio raramente ha un’unica causa. Quasi sempre esso è il risultato di un insieme di cause concorrenti, tecniche ed organizzative, non sempre facili da individuare e collegare, tra cui tende ad essere enfatizzato il cattivo o imprudente comportamento del lavoratore. Spesso questi comportamenti imprudenti si ripetono, dando luogo a delle abitudini che, essendo contrarie alla sicurezza vengono definite cattive abitudini. Queste abitudini, generalmente, si impongono in quanto in esse il lavoratore vede e spesso riconosce una semplificazione del proprio compito, il cui risultato lavorativo viene ottenuto più rapidamente senza dovere ricorrere ad operazioni di messa in sicurezza che ne rallenterebbero l’esecuzione, appesantendone anche significativamente l’esecuzione.. Noi sappiamo che dietro queste cattive abitudini spesso si nasconde una inadeguata percezione del pericolo o una tendenza a rischiare in nome di qualche motivo personale, come ad esempio lo sfidare la sorte per dimostrare la propria abilità, o coraggio, o, più semplicemente la presunzione essere in grado di potere dominare i rischio, qualora si manifestasse. Come tutte le abitudini anche quelle cattive si manifestano inizialmente sotto forma di comportamenti, magari accidentali, che tuttavia hanno il pregio di ottenere concretamente il risultato voluto, apparentemente senza rischi, e, in ogni caso senza danni. Ed è proprio l’assenza di danni che si fissa nella mente

umana come il fattore che evidenzia la “bontà” della scelta fatta, che viene pertanto percepita e valutata dal soggetto come “sicura”, almeno per lui. Col tempo questi comportamenti si consolidano e si “automatizzano”, diventando abituali. Le cattive abitudini se non vengono immediatamente contrastate dai responsabili aziendali, dirigenti e preposti, divengono una costante del comportamento di lavoro, di singoli lavoratori o di gruppi di lavoratori o anche di interi reparti. Quando ciò accade l’intera organizzazione risulta permeata da un modus operandi pericoloso che prima o poi porterà inevitabilmente al verificarsi di incidenti e infortuni. L’abitudine consiste nella tendenza alla continuazione o ripetizione di un determinato comportamento, collegabile a fattori naturali o acquisiti e riconducibile al concetto di consuetudine o di assuefazione. Il vocabolario Treccani la definisce la “Tendenza a ripetere determinati atti, a rinnovare determinate esperienze (per lo più acquisita con la ripetizione frequente dell’atto o dell’esperienza stessa” Si distinguono le buone abitudini, nelle quali si rispecchiano i comportamenti socialmente apprezzati e rispettosi delle norme vigenti, rispetto alle cattive abitudini che riguardano comportamenti contrari alle regole o alle norme vigenti. Nel caso delle cattive abitudini sulla sicurezza sul lavoro è l’esperienza del mancato danno a generare il falso senso di sicurezza che favorisce l’insorgere della cattiva abitudine e che, prima o poi porta all’incidente. Nella casistica degli eventi dannosi sul lavoro, non a caso

viene citato l’infortunio dovuto a “confidenza”, che è proprio una conseguenza dell’operare secondo cattive abitudini consolidate e percepite dall’operatore come “sicure”. Analizzando i comportamenti che hanno dato origine ad incidenti ed infortuni e osservando, durante visite o sopralluoghi nei reparti i comportamenti tipicamente adottati dai lavoratori, è possibile identificare e descrivere delle “cattive abitudini” abbastanza comuni e diffuse in tutte le realtà produttive. È pertanto possibile costruire una lista delle cattive abitudini, che, se presenti, costituiscono delle criticità che, se non corrette in tempo possono rivelarsi particolarmente dannose. Le cattive abitudini sono raggruppabili in funzione del ruolo, per cui si hanno: a) Cattive abitudini dei lavoratori b) Cattive abitudini dei preposti c) Cattive abitudini dei dirigenti. Quelle più facilmente individuabili sono le cattive abitudini dei lavoratori, mentre quelle dei dirigenti e dei preposti tendono ad essere più nascoste e, spesso, dovute al comportamento ostinato dei lavoratori, più che ad una mancata assunzione di responsabilità del preposto o del dirigente. Un preposto mi aveva raccontato un episodio accadutogli personalmente, nel quale il suo intervento tempestivo aveva consentito di evitare un infortunio dall’esito sicuramente mortale. Si trattava di fare uno scavo in prossimità di un punto in cui dei lavoratori stavano [Continua...]


Studio Frasca di Dott. Piergiorgio Frasca Servizi di Psicologia del lavoro e sviluppo organizzativo, Formazione e aggiornamento per la sicurezza e salute sul lavoro, Ergonomia

____________________________________________________________________________ Studio Frasca opera da diversi anni nel campo della Psicologia del lavoro e delle organizzazioni applicata alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro offrendo alle aziende servizi qualificati per lo studio e la valutazione dei rischi psicosociali, per l’applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative, per la formazione di dirigenti, preposti e lavoratori in materia di sicurezza e salute sul lavoro. I servizi offerti comprendono:         

Servizio di valutazione del rischio di stress correlato al lavoro. Assistenza e supporto alle aziende per la definizione e l’attuazione di strategie personalizzate per la prevenzione, il controllo ed il monitoraggio del rischio di stress da lavoro Servizio di monitoraggio sullo stress lavoro correlato Formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori alla sicurezza e salute sul lavoro e sul rischio di stress correlato al lavoro. Valutazione dei bisogni di formazione e dell’efficacia della formazione attuata Progettazione e realizzazione di attività formative Progettazione e realizzazione di interventi di Behavior Safety (BBS) Valutazione ergonomica delle mansioni e applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative. Valutazione conoscenza e competenza nella lingua italiana per lavoratori stranieri (D.Lgs. 81/08, artt. 36 e 37, comma 13)

Servizio di valutazione, gestione e monitoraggio del rischio stress correlato al lavoro Studio Frasca effettua l’intero ciclo di valutazione, intervento e monitoraggio sul rischio di stress da lavoro come prescritto dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i. secondo le modalità indicate dalla Commissione Consultiva permanente (CM del 18/11/2010). Per la valutazione preliminare sono utilizzate specifiche check-list, mentre per la valutazione approfondita dei fattori soggettivi sono utilizzati appositi questionari somministrabili anche on-line. I risultati con la valutazione del rischio riferita ai fattori di rischio del Contesto lavorativo e del Contenuto del lavoro e l’indicazione delle criticità rilevate sono illustrati in una relazione dettagliata e sintetizzati con grafici e tabelle un cui esempio è riportato sotto. Il Servizio viene svolto su tutto il territorio nazionale e su qualsiasi comparto lavorativo, compreso l’ambito sanitario, le costruzioni, la P.A. Di seguito è riportato un esempio di analisi realizzata con il questionario QUERTI SLC.

Test ITALSIC di valutazione della conoscenza e competenza linguistica per lavoratori stranieri In relazione agli adempimenti prescritti dagli articoli 36 e 37, comma 13, del D.Lgs. 81/08 Studio Frasca ha messo a punto il Test ITALSIC espressamente dedicato alla valutazione delle conoscenze e competenze nella lingua italiana con riferimento alla sicurezza e salute sul lavoro. Il Test è di semplice utilizzo e non richiede competenze specialistiche per la somministrazione. Per l’elaborazione dei risultati è utilizzato uno specifico software acquistabile con la prima fornitura del test. Apposite istruzioni guidano l’utilizzatore, ad esempio l’RSPP, in tutte le fasi di impiego. Il Test è acquistabile inviando la richiesta tramite e-mail a Studio Frasca, al quale ci si può rivolgere per ulteriori informazioni. E’ anche possibile la somministrazione del test on line.

Per informazioni sui costi dei servizi, telefonare al n° 348-6507545 o inviare una e-mail all’indirizzo studiofrasca@iol.it . Studio Frasca di Dott. Piergiorgio Frasca è a Monza (20900), via Lecco 88 – Tel. 348-6507545.


L’USO PREVISTO DELLE MACCHINE a cura di Massimo Granchi e Riccardo Bozzo

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l primo passo che il Fabbricante di una macchina è tenuto ad effettuare nel processo di valutazione dei rischi richiesto espressamente dalla direttiva macchine 2006/42/CE, è quello di determinare i limiti della macchina, che comprendono l’uso previsto della stessa. In questo articolo ci soffermeremo sulla definizione di “uso previsto” e di “uso scorretto ragionevolmente prevedibile”, evidenziando le cause che potrebbero portare l’operatore ad un uso scorretto della macchina. In ultimo, saranno evidenziate anche le sanzioni, in accordo al D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. conseguenti ad un utilizzo della macchina non previsto in origine dal fabbricante. Determinazione dei limiti della macchina da parte del fabbricante Ai sensi del D.Lgs. n.17/2010, recepimento italiano della Direttiva Macchine 2006/42/CE, il fabbricante deve garantire che sia effettuata una valutazione dei rischi per stabilire i requisiti di sicurezza e di tutela della salute che concernono la macchina. Il fine della valutazione dei rischi è quello di dimostrare che la macchina è stata progettata in modo da soddisfare gli obblighi dei requisiti essenziali di sicurezza ad essa applicabili. La macchina deve quindi essere progettata e costruita tenendo conto dei risultati della valutazione dei rischi. Secondo la direttiva macchine 2006/42/ CE, la valutazione dei rischi è un processo iterativo, in quanto ciascuna soluzione adottata per ridurre il rischio correlato ad un particolare pericolo deve essere valutata per verificare che sia adeguata e non dia luogo a nuovi pericoli. In caso

contrario, il processo deve essere ricominciato. Ciò comporta che il processo di valutazione dei rischi debba essere eseguito in parallelo con il processo di progettazione della macchina. La valutazione dei rischi e i suoi risultati devono essere documentati all’interno del fascicolo tecnico della macchina stessa (allegato VII-A). Il primo step del processo iterativo della valutazione dei rischi è la definizione dei limiti della macchina, il che comprende l’uso previsto e l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile. Con “limiti della macchina”, in accordo a quanto definito dalla norma armonizzata UNI EN ISO 12100: 2010, si intendono i seguenti concetti: - Limiti di tempo: la scelta dei componenti utilizzati per la costruzione della macchina influisce sensibilmente sul risultato della valutazione dei rischi. In particolare le scelte progettuali e la scelta dei componenti (in particolare, elettromeccanici) devono essere tali da garantire una buona vita utile alla macchina riducendo gli interventi di manutenzione su di essa (riducendo, di conseguenza, l’esposizione del personale operativo ai pericoli intrinsecamente presenti sulla macchina e, di fatto, riducendo il rischio correlato). - Limiti di spazio: la valutazione dei rischi è strettamente correlata ai punti di intervento dell’operatore sulla macchina e, conseguentemente, agli spazi a disposizione per il personale per eseguire le attività previste (in particolare durante le fasi di utilizzo e manutenzione). - Limiti di uso. Nell’ambito della valuta-

zione dei rischi è fondamentale individuare l’uso previsto che deve avere la macchina, così come quello che può essere l’uso scorretto ma ragionevolmente prevedibile. Infatti, la progettazione della macchina deve garantire la sicurezza dell’operatore durante l’uso previsto della macchina e impedirne, per quanto possibile, un utilizzo scorretto ragionevolmente prevedibile. L’uso previsto e quello scorretto ragionevolmente prevedibile Al paragrafo 1.1.1. dell’allegato I della Direttiva Macchine 2006/42/CE, nell’ambito delle definizioni, viene indicato cosa si intenda per uso previsto: “l’uso della macchina conformemente alle informazioni fornite nelle istruzioni per l’uso”. Infatti, il fabbricante della macchina è tenuto a progettare e costruire la macchina conformemente all’uso previsto e ad indicare espressamente l’uso previsto all’interno delle istruzioni per l’uso, come peraltro indicato chiaramente al requisito essenziale di sicurezza 1.7.4.2, relativo proprio al contenuto delle istruzioni per l’uso. Questa necessità deriva dal fatto che la macchina non necessariamente è sicura per tutti gli impieghi possibili: ad esempio, solitamente il fabbricante di una macchina destinata alla lavorazione dei metalli non la progetta perché possa essere impiegata per la lavorazione del legno in sicurezza e vice versa. La valutazione dei rischi del fabbricante, la progettazione e la costruzione della macchina devono quindi basarsi sull’uso o gli usi specificati all’interno delle istruzioni per l’uso. Le specifiche dell’uso previsto della macchina devono [Continua...]


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MEDICINA DEL LAVORO

CONVIVERE CON LA MIASTENIA È POSSIBILE a cura di Giovanna Pirana

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os’è la Miastenia Gravis La Miastenia Gravis è una malattia neurologica piuttosto complessa, scarsamente conosciuta dai medici di medicina generale, e spesso diagnosticata con difficoltà. Fortunatamente è curabile, e le terapie di oggi permettono spesso un soddisfacente controllo ed un’ottima prognosi, riducendo i casi fatali o veramente gravi. Di qui la tendenza odierna ad abbandonare l’aggettivo “Gravis”, parlando solo di Miastenia.E’ una malattia acquisita (non genetica), autoimmune, legata alla produzione aberrante di autoanticorpi (autoAc), ossia di anticorpi che, anziché agire contro un agente esterno a scopo difensivo, sono diretti contro una parte del nostro corpo. Come si manifesta Il sintomo tipico della Miastenia (dal greco myastheneia, μύς -muscolo, ά – privativo, σθενος – forza) è l’affaticabilità, che tipicamente si aggrava nell’arco della giornata. Il disturbo può interessare isolatamente alcuni muscoli, per lo più quelli oculari (forma oculare), oppure tutti i muscoli volontari in generale (forma generalizzata). Nel primo caso avremo quindi un paziente che grazie al riposo notturno si sveglia in relativo benessere, e col passare delle ore potrà iniziare a lamentare abbassamento della palpebra e/o sdoppiamento della vista. Nel secondo caso il paziente potrà sviluppare fiacchezza, difficoltà nel salire le scale o nel fare sforzi, calo della voce o voce nasale, difficoltà a deglutire e talvolta anche a respirare.

Come si sviluppa Nello specifico, gli autoAc della miastenia sono diretti contro la placca neuromuscolare, quella regione in cui il nervo raggiunge il muscolo per trasmettere l’impulso elettrico che si traduce in contrazione e movimento. Il tipo più comune di autoAc è quello diretto contro il recettore per l’acetilcolina (Ach), una sostanza che fa sì che l’impulso dal nervo si trasmetta al muscolo. Esistono poi altri tipi di anticorpi, più rari, come gli anti-Musk, così come esistono forme di miastenia in cui non si repertano autoAc (le cosiddette forme “sieronegative”). L’attacco degli autoAc contro la placca motrice si traduce in una riduzione della capacità del muscolo di contrarsi a seguito dell’impulso nervoso. Ecco quindi perchè i sintomi sono stanchezza e affaticabilità, specie dopo esercizio.

Come si diagnostica Per giungere alla diagnosi ci si avvale della ricerca nel sangue degli autoAc (un semplice prelievo) e di sofisticati esami neurofisiologici, volti a dimostrare l’esauribilità di placca. Si tratta di indagini chiamate stimolazione ripetitiva ed elettromiografia di singola fibra. Molto utile è poi il test con la prostigmina, un farmaco che permette all’Ach di permanere più a lungo nella placca. Iniettato nel muscolo, consente un rapido, trasitorio miglioramento dei sintomi. Siccome è nota un’associazione tra miastenia e patologia del timo (ghiandola dietro lo sterno, importante nella maturazione del sistema immunitario in età infantile, e che perde funzione e si atrofizza nell’adulto), che nell’8-15% dei casi può esser tumorale, è necessario completare le indagini con TAC o RMN del torace. [Continua...]


FORMAZIONE SULLA SICUREZZA SUL LAVORO

BRACCIALETTI AMAZON?... NON SOLO…

DAI CALL CENTER AI SUPERMARKET, PROGRESSO TECNOLOGICO O CONTROLLO A DISTANZA? a cura di Sia Ingegneria

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alle consegne di cibo ai magazzini, ecco dove si lavora con i chip. Fast food, trasporti, supermercati, call center, Asl, aziende metalmeccaniche. Mentre ancora si discute sull’introduzione dei «braccialetti elettronici» di Amazon, nel nostro Paese di fatto il controllo a distanza della produttività dei dipendenti è già realtà. Sembrano superati i tempi in cui, cinque anni fa, la sperimentazione di un microchip addosso a baristi e cassieri di un’area di servizio My Chef faceva insorgere i sindacati. I motivi di sicurezza non convinsero nessuno. Così come, tre anni fa, tramontò l’idea venuta a una catena di bricolage, la Obi, di dotare il personale di braccialetti cer-

capersone che emettevano una vibrazione ogni volta che un cliente chiedeva assistenza. «Nessun controllo a distanza dei dipendenti», protestò l’azienda che però ritirò il progetto. Qualcosa di simile è in funzione oggi nei centri di bricolage Leroy Merlin. Sistemi di geolocalizzazione Di fatto qualsiasi sistema che immette il lavoratore in una rete può essere utilizzato per controllarlo. Un esempio? Se si ordina cibo in una catena come JustEat o Glovo, si riceve un messaggio che avvisa quando il vettore ha prelevato il cibo e quando si avvicina al nostro domicilio. Un servizio reso possibile da un geolocalizzatore che, volendo, potrebbe essere

usato per controllare chi lavora. «Nei call center è facile verificare i tempi di risposta, le pause tra una chiamata e l’altra, il minutaggio dedicato al cliente». Microchip e contapersone E ancora: in alcune catene di boutique è stato installato un contapersone che offre la possibilità di controllare quanti acquisti si realizzano rispetto alla clientela entrata nel negozio. Anche nelle Asl è quasi diventato consuetudine inserire nelle divise un microchip, in grado di tracciare ogni movimento. E di certo questo è lo scopo per cui l’attività degli autisti degli autobus Mom di Treviso sarà presto monitorata da controllori elettronici che rileveranno anche [Continua...]


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L’Associazione Linea Vita è un’Associazione No-Profit che si prefigge lo scopo di divulgare informazioni corrette e fornire formazione adeguata in rispetto alle norme tecniche preposte in materia di sicurezza sul lavoro, ed in particolar modo in difesa degli operatori sottoposti al pericolo di cadute dall’alto durante la loro attività.

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