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Per una buona vita, SEMPRE
Il mantenimento di pratiche fisiche e cognitive a partire dai cuccioli sono in grado di preservare la mente dei cani anche durante l’età senile, rallentando il decadimento cognitivo
Una ricerca portata avanti da un team composto da oltre venti scienziati americani, accomunati nel “Dog Aging Project Consortium”, e pubblicata sul sito della National Library of Medicine, ha coinvolto 11.574 cani di famiglia. In questo studio osservazionale e trasversale, sono stati utilizzati i dati del questionario riportato dal proprietario per quantificare la salute cognitiva del cane (tramite una scala convalidata), i livelli di attività fisica, le condizioni di salute, la storia dell’allenamento (educazione, addestramento, sport) e gli integratori alimentari eventualmente somministrati.
La disfunzione cognitiva canina è una forma di demenza che condivide molte somiglianze con il morbo di Alzheimer. Dato che si ritiene che l’attività fisica riduca il rischio di malattia di Alzheimer negli esseri umani, gli studiosi hanno esplorato l’associazione tra attività fisica e salute cognitiva in una vasta gamma di cani da compagnia, di età compresa tra 6 e 18 anni.
L’ipotesi principale era costituita dalla convinzione che livelli più elevati di attività fisica sarebbero associati ad una minore insorgenza della decadenza cognitiva nei cani. In un campione così vasto di cani, di cui circa trecento presentavano sintomi di decadenza cognitiva, è stata trovata una significativa relazione negativa tra la mancata attività fisica e l’attuale gravità dei sintomi della disfunzione cognitiva. L’attività fisica è stata fortemente associata a migliori risultati cognitivi nei cani.
I risultati ottenuti, illustrano il valore dei cani di famiglia come modello per indagare le relazioni tra l’attività fisica e l’invecchiamento cognitivo, compresi gli aspetti della demenza e dell’Alzheimer, un devastante disturbo cerebrale neurodegenerativo progressivo correlato all’età che porta al declino cognitivo e alla demenza.
I cani di famiglia, infatti, sono stati proposti come modello per la ricerca sull’invecchiamento con un alto potenziale di paragone con gli umani poiché, a differenza degli animali da laboratorio, sono geneticamente eterogenei e condividono molte caratteristiche importanti con gli esseri umani, inclusi gli stessi ambienti di vita, i rischi e gli oneri delle malattie, i modelli di invecchiamento e l’accesso a un sofisticato sistema sanitario.
Con l’avanzare dell’età, molti cani sviluppano spontaneamente una serie di disturbi cognitivi e comportamentali che assomigliano a quelli associati all’invecchiamento cerebrale, alla demenza e all’Alzheimer. Dozzine di studi hanno dimostrato che i segni della decadimento legato all’età nei cani sono spesso accompagnati da disfunzioni cognitive nell’apprendimento e nella memoria, analoghe alle menomazioni spesso osservate nell’invecchiamento umano e nel morbo di Alzheimer.
Tutti i cani coinvolti erano membri del Dog Ageing Project (DAP), uno studio di ricerca USA sui cani di famiglia che mira a comprendere meglio i fattori biologici e ambientali che incidono sulla durata della salute e sulla durata della vita. I proprietari dei cani hanno completato i sondaggi online tra il 26 dicembre 2019 e il 31 dicembre 2020.
I ricercatori, hanno studiato la relazione tra attività fisica e salute cognitiva in un campione di oltre 10.000 cani da compagnia. Esplorando questa relazione in una vasta popolazione che vive in un ambiente condiviso con gli esseri umani, hanno mirato a ottenere informazioni sui fattori associati a un sano invecchiamento cognitivo e a identificare potenziali fattori di rischio modificabili che possono prevenire la disfunzione cognitiva e la demenza.
Tuttavia, è stato posto l’accento sul fatto che altre variabili potrebbero confondere le analisi sul comportamento del cane anziano. Per esempio, è possibile che la menomazione sensoriale sia un elemento di confusione : cioè, i proprietari possono erroneamente attribuire un cambiamento nel comportamento alla disfunzione cognitiva, quan- do in realtà è il risultato di problemi di vista e/o udito.
È stato rilevato un altro importante elemento positivo tra l’assunzione di integratori neuroprotettivi (ad esempio olio di pesce) e la gravità dei sintomi cognitivi. Questo risultato è coerente con alcuni studi clinici nei cani .
Infine, è stata identificata un’associazione tra due degli esiti cognitivi riscontrati nello studio in esame: - gravità dei sintomi e cambiamento cognitivo negli ultimi 6 mesi e l’addestramento pregresso. È risultato che i cani che avevano una storia di addestramento, avevano meno probabilità di mostrare segni di declino cognitivo. Questa scoperta è coerente con l’idea che sia l’esercizio fisico che l’esercizio mentale possano avere un impatto benefico sul cervello dei cani.
Conclusione
I ricercatori affermano che i risultati indicano che i segni di declino cognitivo nei cani e la probabilità di sviluppare sintomi di demenza e di Alzheimer, aumentano con l’età ma, dopo l’assestamento senile, questi risultati sono associati all’attività fisica e cognitiva pregressa , attività che andrebbe mantenuta nei limiti del possibile come terapia funzionale tesa a mantenere attiva la mente. A sostegno di questa ipotesi chiave, l’attività fisica era l’unico fattore dello stile di vita fortemente associato a un ridotto rischio di disfunzione cognitiva in tutte e tre le scale predittive utilizzate durante la ricerca. Questi risultati stabiliscono il valore dei cani di famiglia come modello per le relazioni tra attività fisica e invecchiamento cognitivo e gettano le basi per futuri studi longitudinali che potrebbero facilmente riguardare anche la salute di noi umani.
Possiamo quindi ritenere che offrendo ai nostri cuccioli la possibilità di crescere con una adeguata attività sia fisica che cognitiva, potremmo assicurare loro una vita sana e una vecchiaia più serena accanto a noi.