Progetto per lo “Sviluppo Sostenibile”:come cogliere le opportunità della Green Economy (su delega di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici)
Introduzione al progetto Idea-guida del progetto : -Diffondere tra le imprese del Sistema Confindustriale, e non solo, particolarmente tra le PMI, e tra le “organizzazioni” in generale, la conoscenza e l’implementazione degli strumenti gestionali più avanzati per il conseguimento dello Sviluppo Sostenibile da parte delle stesse. -Ogni impresa è inserita in un territorio con cui è in relazione tramite i suoi stakeholder e quindi divenendo più sostenibile può divenire driver dello Sviluppo Sostenibile di tale territorio. -La rete di imprese presenti sull’intero territorio del Paese può pertanto divenire driver dello Sviluppo Sostenibile del Paese. 2
Introduzione al progetto Contesto globale modificato a seguito della crisi economica, della elezione di Obama e dei primi segnali di impegno ambientale provenienti anche dalla Cina. Nascita della green economy. Aumento delle informazioni, dei messaggi pubblicitari relativi all'ambiente e crescita della sensibilitĂ della popolazione; recenti indagini in Italia pongono la preoccupazione per la qualitĂ ambientale al secondo posto dopo la sicurezza. 3
Introduzione al progetto Politiche Europee a sostegno delle produzioni e dei consumi sostenibili (SCP). Gli strumenti – le ormai note ISO 14001 ed EMAS delle quali si conferma l'utilità in termini di crescita organizzativa e di capacità gestionale anche se il mercato le ha premiate poco. – Le nuove opportunità per entrare nella crescente “Green economy“: la qualificazione e la comunicazione ambientale dei prodotti (LCA, Ecolabel, DAP, la futura ISO 14067, ecc.) la gestione delle emissioni dei gas ad effetto serra (ISO 14064, la PAS 2050) 4
Introduzione al progetto A questi si aggiungono strumenti che riguardano la corporate social responsibility (SA8000 e ISO 26000; OHSAS 18001) L’efficienza energetica (ISO 16001) e l'uso di energia da fonti rinnovabili
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Introduzione al progetto Aiutare le imprese a conoscere tali strumenti e ad orientarsi; creare economie di scala massimizzare il valore aggiunto di qualsiasi investimento che migliori la prestazione ambientale comunicare efficacemente e in modo corretto verso i propri clienti e la pubblica amministrazione Sviluppare la domanda anche del settore pubblico (circa il 15% del totale) 6
Il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto ambientale: declinazioni pratiche per le imprese Lo sviluppo sostenibile viene concepito come un processo volto a conciliare lo sviluppo economico e la salvaguardia degli equilibri sociali e ambientali. L’integrazione delle questioni ambientali nella definizione e nell’attuazione delle altre politiche europee (energia, ricerca, industria, agricoltura, ecc.) risulta fondamentale per perseguire l’obiettivo dello sviluppo sostenibile. Principio dello Sviluppo Sostenibile introdotto dal Trattato di Maastricht, in vigore dal 1°novembre 1993, e il vertice di Cardiff, del giugno 1998, ha poi permesso di predisporre le basi per un’azione coordinata a livello europeo.
Nel maggio del 2001 il Consiglio europeo di Göteborg ha adottato la prima strategia dell'UE in materia di sviluppo sostenibile (SSS)
Al termine del riesame della SSS dell’UE avviato dalla Commissione nel 2004 in base alla “Comunicazione sul riesame dello sviluppo sostenibile - Una piattaforma d'azione” del 2005 e tenuto conto dei contributi del Consiglio, del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale europeo e di altri organismi, il Consiglio europeo del giugno 2006 ha adottato una nuova SSS ambiziosa e globale destinata ad un’UE allargata, basata su quella adottata nel 2001
Completata nel 2002 dal Consiglio europeo di Barcellona con una dimensione esterna in prospettiva di Johannesburg (2002)
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Il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto ambientale: declinazioni pratiche per le imprese Il Trattato di Lisbona afferma, all’art. 3, paragrafo 3 del Trattato sull’Unione europea, che uno degli obiettivi dell’Unione è operare per uno sviluppo sostenibile dell’Europa sulla base, in particolare, di un elevato livello di tutela e del miglioramento della qualità dell’ambiente. Lo sviluppo sostenibile rientra anche tra gli obiettivi fondamentali dell’UE nelle sue relazioni con il resto del mondo. L’ambiente è una delle sfere di competenza che l’Unione europea condivide con gli Stati membri. Quando l’UE interviene in questo campo deve contribuire al perseguimento di obiettivi chiari: preservare, tutelare e migliorare la qualità dell’ambiente; proteggere la salute; incoraggiare un uso prudente e razionale delle risorse naturali; promuovere misure a livello internazionale per affrontare problemi ambientali di portata regionale o mondiale. Il principio dello sviluppo sostenibile è, di recente, riscontrabile nella Strategia Europa 2020. L’architrave dei nuovi indirizzi comunitari, prima fondata sulla Strategia di Lisbona, è ora rappresentata dalla Strategia Europa 2020, la quale fa perno sui tre obiettivi della crescita intelligente, mirata allo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione, della crescita sostenibile, volta a promuovere un utilizzo efficiente delle risorse, e della crescita inclusiva, finalizzata alla tutela della coesione sociale e territoriale. 8
Il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto ambientale: declinazioni pratiche per le imprese Il concetto di sviluppo sostenibile in Italia, alla luce del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in materia “ambientale”, con le modifiche apportate dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, è così definito: Art. 3-quater (Principio dello sviluppo sostenibile) 1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire all’uomo che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. 2. Anche l’attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione. 3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell’ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell’ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell’ambiente anche futuro. 4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l’evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane. 9
AREA TEMATICA: Modelli organizzativi per la sostenibilità Programma 1.1: Sistemi di Gestione Ambientali (UNI EN ISO 14001, Reg.Emas) Si conferma l’importanza di questi strumenti che consentono alle aziende di crescere sul piano organizzativo e di tenere sotto controllo gli adempimenti legislativi. Riprenderanno vigore non appena l’ambiente entrerà nel campo di applicazione del D.Lgs. 231/01 Si propone dunque la continuità con “Ecoimpresa”. Punto di debolezza: scarsa visibilità nel mercato
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AREA TEMATICA: Modelli organizzativi per la sostenibilità Programma 1.2: La gestione della Responsabilità Sociale nella filiera produttiva e nei servizi (SA8000 e nuova ISO 26000)
Si punta a dare maggiore visibilità a queste norme, soprattutto alla nuova ISO 26000.
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AREA TEMATICA: Modelli organizzativi per la sostenibilità Programma 1.3: Sistemi di Gestione della Sicurezza (OHSAS 18001) e i modelli organizzativi Interesse crescente dopo l’inclusione nel campo di applicazione del D.Lgs 231/01 Problema/rischio: modelli organizzativi meramente formali
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AREA TEMATICA: Sostenibilità delle Produzioni Programma 2.1: la progettazione e la diffusione dei prodotti sostenibili (Ecolabel, EPD, Carbon FootPrint, etichette ed asserzioni autocertificate) e rispondere ai requisiti minimi del GPP Crescente attenzione del mercato. Necessario aumentare la conoscenza degli strumenti e stimolare la disponibilità di risorse (es. integrazione di “Ecoimpresa”)
Programma 2.2: Diffusione del GPP 13
AREA TEMATICA: Gestione dell’energia e riduzione della CO2 Programma 3.1: efficienza energetica e gestione del’energia (UNI/CEI EN 16001) La norma deve essere conosciuta e rientrare negli strumenti di finanziamento nazionali e regionali. Agisce su un aspetto chiave della competitività e dà evidenza della riduzione delle emissioni di CO2 (riduzione della multa per il mancato raggiungimento dell’obiettivo –20%?)
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AREA TEMATICA: Gestione dell’energia e riduzione della CO2 Programma 3.2: produzione di energia da fonti rinnovabili E’ un’opportunità molto interessante sia come settore per il quale produrre beni e servizi che come ambito di investimento. Attesa per la modifica/ri-modulazione degli incentivi
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AREA TEMATICA: Gestione dell’energia e riduzione della CO2 Programma 3.3: le diagnosi energetiche e le azioni di risparmio energetico L’ edilizia sostenibile Le diagnosi energetiche hanno una duplice valenza: – l’efficienza dei processi e – l’efficienza energetica nel settore edile. 16
AREA TEMATICA: Gestione dell’energia e riduzione della CO2 Programma 3.4: verso una società carbon free ISO 14064 e ISO 14067 (under development) Entrambe, ancor più della 16001, danno evidenza delle riduzioni delle emissioni della CO2 Sono nuove. Bisogna farle conoscere e farle inserire nei programmi di finanziamento
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AREA TEMATICA: Sostenibilità dell’impresa e relazioni con la comunità e con il territorio
Programma 4.1: Applicazione di percorsi di CSR (Corporate social responsibility) educativa Programma 4.2: Leadership dell’impresa nella generazione di benessere diffuso Due programmi fortemente integrati, il primo diretto al rapporto con la scuola e le nuove generazioni, il secondo al rapporto con il tessuto socio economico I benefici derivanti da tale rapporto andrebbero rilevati e valorizzati per far in modo che tra territorio e impresa si crei nuovamente un rapporto di interdipendenza e di fiducia 15
La tecnologia a supporto del progetto sviluppo sostenibile La Piattaforma Informatica PI-KR, gestionale per lo sviluppo dei Sistemi di Gestione aziendale, del Modello Organizzativo di Gestione e Controllo 231 e del sistema Risorse Umane, gestisce le seguenti aree tematiche: D.Lgs. 231/01 RESPONSABILIT A’ AMMINISTRATIV A
Normativa cogente
SA 8000 RESPONSABILI TA’ SOCIALE
ISO 9001 QUALITA’
Sistema di Governance e Compliance
ISO 14001 AMBIENTE
UNI CEI EN 16001 ENERGIA ISO 10015 FORMAZIONE ISO 27001 SICUREZZA DEI DATI
OHSAS 18001 SALUTE E SICUREZZA
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Il concetto innovativo PI-KR E’ UNA SOLUZIONE INTEGRATA PER I SISTEMI DI GESTIONE E DI GOVERNO AZIENDALE Il Software PI-KR è una piattaforma che consente all’Azienda di gestire i Sistemi in modo integrato e con approccio graduale in funzione del percorso di sostenibilità dell’Azienda e con un approccio alle tematiche di Certificazione e di Compliance Normativa più agevole e strutturato. L’architettura modulare consente all’azienda di applicare la piattaforma a uno o più sistemi di gestione senza compromettere il rispetto degli Standard Normativi di riferimento e le sue funzionalità. È la soluzione integrata per la gestione dei processi di valutazione dei rischi, delle procedure di sistema, delle istruzioni operative, della documentazione tecnica, autorizzativa o cogente, dei dati dei Sistemi di Gestione e di Governo aziendale. Nella PI-KR è applicato il processo di Risk Management secondo lo standard ISO 31000/2009 e il processo di Knowledge Management che consente di mettere a sistema le conoscenze aziendali e delle persone. 20
Dimensione utenti e modalità ottimali per la realizzazione del progetto La dimensione ottimale dei possibili utenti per la realizzazione del progetto, oltre a quella, comunque possibile , della singola impresa , potrebbe essere un agglomerato industriale (del tipo: distretto, area di sviluppo, parco tecnologico, filiera e simili), coinvolgendo anche gli Enti Pubblici e Privati in grado di supportare e favorire l’iniziativa, tipicamente di “Green Economy”, nell’interesse delle imprese , dei lavoratori, del territorio e dell’intero paese. In questo caso lo strumento organizzativo ottimale per aggregare le imprese partecipanti, sia come fornitrici del know-how che come utenti dello stesso , potrebbe essere la “Rete d’Imprese”, sempre più “lanciata” dall’omonima Agenzia di Confindustria, utilizzando gli appositi “Contratti di Rete”, con notevoli vantaggi finanziari, creditizi, fiscali e di immagine. Altrettanto importante sarebbe la possibilità di accedere a progetti di finanziamento UE. 21
Vantaggi conseguibili tramite la realizzazione del progetto
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Rispetto delle normative cogenti su ambiente e sicurezza del lavoro, con eliminazione dei rischi di trasgressione e riduzione dei premi INAIL Efficienza energetica, con risparmio sui consumi e stimolo all’introduzione di fonti alternative Miglioramento dell’organizzazione aziendale e della qualità della produzione Miglioramento della produttività e della competitività Miglioramento delle relazioni industriali e dell’immagine aziendale Miglioramento dei rapporti con gli stakeholder e con le istituzioni finanziarie Miglioramento dei rapporti con il territorio di appartenenza e le relative istituzioni pubbliche (Enti locali: Comune, Provincia, Regione, ed Enti di controllo: ARPA, ASL ecc.) In caso di realizzazione del progetto a livello di Area Industriale, aumento dell’ ”attrattività” dell’intera Area verso nuovi insediamenti e quindi dell’occupazione sul territorio. 22
CARTA DEI PRINCIPI PER LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE: SEMINARIO DI PROMOZIONE E DIFFUSIONE SUL TERRITORIO
Roma - Confindustria, 18 aprile 2012 1
Assoreca, Associazione tra le Società di Consulenza e di Servizi per l’ Ambiente, la Sicurezza e la Responsabilità Sociale: • fondata nel 1994 a Milano; 10 Associati fino al 2007 • nel 2007 entra nel Sistema Confindustriale, aderendo a “Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici” (CSIT) • ad oggi ha 47 Associati, il cui elenco è pubblicato su www.assoreca.it • ha la sua sede operativa in Assolombarda (la “Sorellona”), con cui collabora intensamente, sulla base di apposite convenzioni.
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In CSIT Assoreca è l’unica Associazione, su oltre 40, che si occupa esclusivamente di tematiche ambientali. A fine 2009 CSIT delega ad Assoreca la tematica “Sviluppo Sostenibile”, con l’obiettivo della redazione di un progetto ad hoc. 3
In base a tale delega nel 2010 Assoreca elabora il
“Progetto per lo Sviluppo Sostenibile: come cogliere le opportunità della Green Economy” Dopo alcune presentazioni preliminari nel primo semestre 2011 (c/o Fondazione ISTUD ed “Assise di Confindustria” in Bergamo), il Progetto viene “lanciato” ufficialmente a RemTech, Ferrara, nel settembre 2011. 4
Il Progetto è consistito nella selezione e illustrazione dei principali e più avanzati “Green Tools”, organizzativi e gestionali, a disposizione di Imprese ed Organizzazioni, l’adozione dei quali consente e favorisce il loro “Sviluppo Sostenibile”.
Tali “strumenti verdi” sono raggruppati in 4 Aree Tematiche (Modelli organizzativi per la sostenibilità; Sostenibilità delle produzioni; Gestione efficiente dell’energia e riduzione della CO2; Responsabilità sociale di impresa), ognuna delle quali costituita da alcuni Programmi Specifici, per un totale di 11. 5
Obiettivo del Progetto è diffondere tra le Imprese la conoscenza dei “Green Tools” selezionati, onde consentire alle stesse la scelta e l’adozione di quelli più adeguati alla specifica realtà aziendale.
Nel sito di Assoreca il Progetto è pubblicato come “Sintesi”, in una cartella (anche in edizione inglese e cinese, recentemente presentate ad un delegazione del Guandong); come “ppt”, in 22 slide; come “Relazione” completa, in 25 cartelle.
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Di particolare interesse sono le indicazioni contenute nelle slide finali della presentazione in ppt: la n. 21, che evidenzia l’importanza delle Reti di Impresa ai fini della realizzazione ottimale del Progetto, in termini di efficacia/efficienza; la n. 22, che illustra i notevoli vantaggi conseguibili tramite la realizzazione del Progetto, sia da parte dei diretti attuatori, che dei loro stakeholder.
Entrambe sono qui riprese e riportate nelle prossime slide.
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Dimensione utenti e modalità ottimali per la realizzazione del Progetto La dimensione ottimale degli utenti per la realizzazione del Progetto, oltre a quella, comunque possibile, della singola agglomerato
industriale
(distretto,
area
di
impresa, è l’ sviluppo,
parco
tecnologico, filiera e simili), coinvolgendo anche Enti Pubblici e Privati in grado di supportare e favorire l’iniziativa, tipicamente di “Green Economy”, nell’interesse delle imprese , dei lavoratori, del territorio e dell’intero paese. … 8
In questo caso lo strumento organizzativo ottimale per aggregare le imprese partecipanti, sia come fornitrici del know-how che come utenti dello stesso , è la “Rete d’Imprese”, sempre più “lanciata” dall’omonima Agenzia di Confindustria, utilizzando gli appositi “Contratti di Rete”, con notevoli vantaggi finanziari, creditizi, fiscali e di immagine.
Concreta possibilità, inoltre, in tal caso, di accedere a finanziamenti pubblici (CCIAA, Regioni, Stato, UE), mirati alla crescita dimensionale delle PMI. 9
Vantaggi conseguibili tramite la realizzazione del progetto • Rispetto delle normative cogenti su ambiente e sicurezza del lavoro, con eliminazione dei rischi di trasgressione e con riduzione dei premi INAIL • Efficienza
energetica,
con
risparmio
sui
consumi
e
stimolo
all’introduzione di fonti alternative • Miglioramento dell’organizzazione aziendale e della qualità della produzione • Crescita della produttività e della competitività …
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• Miglioramento delle relazioni industriali e dell’immagine aziendale • Miglioramento dei rapporti con gli stakeholder e con le istituzioni finanziarie • Miglioramento dei rapporti con il territorio di appartenenza e le relative istituzioni pubbliche (Enti locali: Comune, Provincia, Regione, ed Enti di controllo: ARPA, ASL ecc.)
• In caso di realizzazione del progetto a livello di Area Industriale, aumento dell’ ”attrattività” dell’intera Area verso nuovi insediamenti e quindi dell’occupazione sul territorio. 11
Assoreca ha partecipato attivamente al lavori della Commissione Sviluppo Sostenibile di Confindustria per la realizzazione della Carta e della Guida, apportando l’esperienza conseguita con la elaborazione del Progetto.
In effetti molti dei “green tools” selezionati per il Progetto sono stati inseriti anche nella Guida, e tra essi, in particolare, la “promozione di Reti di Impresa green”, al punto 9,b della stessa, rispetto al quale Assoreca ha in corso concreti seguiti operativi, tramite endorsement di: … 12
• uno studio di fattibilità, in via di completamento, anche con il supporto degli specialisti in RdI di Confindustria, per la realizzazione di “AssorecaGreen.net” tra alcuni Soci, a seguito dell’aggiudicazione ad uno di essi di un bando ad hoc della CCIAA di Milano, che prevede altresì l’attività di promozione e stimolo di altre RdI, anche “green”, da parte dell’aggiudicatario; • partecipazione di alcuni degli stessi Soci di cui sopra (sulla base dell’esperienza progettuale conseguita) al bando Ergon della Regione Lombardia, in corso di aggiudicazione, che prevede l’assegnazione di 18,5 milioni di Euro per la realizzazione di numerose Reti di Impresa.
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Conseguentemente e coerentemente all’impegno descritto Assoreca ha aderito subito, come Associazione, alla “Carta” di Confindustria e quindi ne utilizza il logo, secondo le indicazioni stabilite, e si sta impegnando nella diffusione di ulteriori adesioni tra i suoi Soci, ed anche oltre. Ad oggi 33 Soci su 47, oltre alla stessa Assoreca , hanno aderito ed ulteriori adesioni sono in corso: Assoreca; Aecom Italy; Ambiente Italia; Ambiente sc; Arcadis; Chemservice; CRSA Medingegneria; eAmbiente; Ecochem; Ecogestioni; Environ; Est; Eurofins; GFM-net; Greenwich; Gruppo Marazzato; Gruppo Medilabor; HPC; Idra; Intereco; Keisdata; Laboconsult; LATA; LAV; Montana; MWH; Servin Scpa; Sinergeo; Sinthema; Sogesca; STA; StBaldin; Tauw Italia; Theolab. 14
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Confindustria per la SostenibilitĂ
Carta dei Principi per la SostenibilitĂ Ambientale e Guida Operativa
Gennaio 2012
PREFAZIONE
Lo sviluppo sostenibile e la green economy sono le grandi sfide con cui la nostra società e il sistema imprenditoriale dovranno confrontarsi con sempre maggiore responsabilità per aumentare la competitività sui mercati e contribuire alla crescita e al benessere del Paese. E’ necessario, infatti, che imprese, istituzioni e società civile collaborino per costruire un nuovo modello economico fondato sul rispetto per l’ambiente e sull’attenzione alla scarsità delle risorse, attraverso la condivisione e l’applicazione di principi di sostenibilità, la diffusione di tecnologie pulite e la promozione di consumi consapevoli. Le imprese italiane sono impegnate in questo percorso: collaborano con le istituzioni, la comunità locale e i partner commerciali e attuano politiche e misure per controllare il proprio impatto ambientale, utilizzare le risorse in maniera efficiente, realizzare produzioni e prodotti ecocompatibili e ridurre i rifiuti. Seguendo questa direzione il sistema industriale potrà cogliere nuove opportunità di sviluppo ed acquisire anche un vantaggio competitivo a livello internazionale, trasformando la crisi in occasione di crescita. Gli sforzi del mondo produttivo, in ogni caso, devono essere accompagnati e sostenuti da un quadro di regole prevedibile e certo, che consenta di sviluppare soluzioni pratiche e progettare investimenti di lungo termine. La Carta dei Principi sulla sostenibilità ambientale e la guida operativa intendono confermare l’impegno di Confindustria in questo campo e stimolare le imprese ad un continuo miglioramento delle proprie attività.
Emma Marcegaglia
INTRODUZIONE
La Carta Confederale dei Principi per la Sostenibilità Ambientale rappresenta, per le imprese e le associazioni aderenti a Confindustria, la bussola dei valori di riferimento nel loro cammino per uno sviluppo sostenibile. La Commissione Sviluppo Sostenibile, tuttavia, non ha ritenuto concluso, con la stesura della Carta, il proprio lavoro. Essa ha infatti ritenuto che le imprese, soprattutto quelle meno strutturate e spesso di dimensioni minori, necessitino di essere ulteriormente supportate operativamente nel loro percorso virtuoso. É nata così l’idea di realizzare una pratica Guida Operativa, strumento di semplice lettura ed applicazione, che possa servire operativamente all’imprenditore e ai suoi collaboratori. La Guida può essere utilizzata dalle imprese per scopi diversi: (a) quale strumento di verifica circa il loro stato e il loro profilo attuale ai fini di una valutazione di compatibilità con i criteri dello sviluppo sostenibile; (b) quale suggeritore di azioni da intraprendere; (c) quale strumento dinamico di controllo circa il grado di implementazione delle varie azioni varate. La Guida nasce dall’esperienza vissuta di diversi membri della Commissione, esperti di qualità, ambiente e sicurezza che da tempo operano in imprese più strutturate o più avanzate, o in associazioni più sensibili al tema. Ad essi va il nostro ringraziamento per aver voluto dedicare volontariamente e a titolo gratuito tempo e sforzi per mettere la propria esperienza al servizio dell’associazione e per aver accettato di trasferirla a tanti altri colleghi imprenditori e manager. Ad essi va il mio grazie personale per il supporto fornito in questi mesi di lavoro. Nel nostro lavoro, che ci ha portato alla realizzazione della Carta dei Principi per la Sostenibilità Ambientale e della Guida Operativa, ci ha sempre motivato e sorretto la convinzione che più tutte le imprese e gli imprenditori italiani saranno impegnati nella sfida per lo sviluppo sostenibile, più moderna e competitiva sarà la nostra economia, e più vivibile il nostro Paese.
Aldo Fumagalli Romario Presidente Commissione Sviluppo Sostenibile
Carta dei Principi per la Sostenibilità Ambientale Le imprese, chiamate ad operare in un mercato sempre più globalizzato, crescono e costantemente si confrontano con l’internazionalizzazione dell’economia, che sostengono con forza. Le imprese perseguono, nel loro percorso di sviluppo e di crescita economica, una strategia atta a generare ricchezza e, allo stesso tempo, anche tale da garantire il connubio tra competitività, sostenibilità ambientale e responsabilità sociale, quali elementi cruciali di successo e premesse essenziali per l’affermarsi di una vera cultura di impresa. Le imprese sono consapevoli dell’interesse primario collettivo della salvaguardia del contesto ambientale e sociale. E’ interesse delle imprese perseguire obiettivi di sviluppo migliorando le proprie prestazioni ambientali. La sostenibilità ambientale è quindi uno dei pilastri dello sviluppo; essa va perseguita attraverso una sinergia tra sistema industriale, mondo istituzionale e parti sociali al fine di attivare un impegno condiviso pro-attivo e responsabile, che dia vita ad un circolo virtuoso di emulazione reciproca. In questo loro percorso le imprese auspicano di poter essere sempre più supportate da un quadro normativo snello e coerente, chiaro ed applicabile, sia a livello nazionale sia internazionale, in modo da poter rispondere rapidamente ed efficacemente alle sfide ed alle opportunità emergenti. A tale scopo è utile la promozione di strumenti premianti nei confronti di iniziative volontarie virtuose.
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Confindustria ha voluto coerentemente adottare una “Carta dei Principi per la Sostenibilità Ambientale”. Tale Carta costituisce uno strumento di indirizzo per le imprese aderenti al sistema confederale, tenendo conto della varietà dimensionale delle imprese e della eterogeneità delle attività da esse svolte. La Carta sancisce i valori condivisi e le azioni necessarie per un unitario e progressivo avanzamento verso una sempre maggiore sostenibilità ambientale, delineando obiettivi realistici e realizzabili per le imprese italiane. Le imprese e le organizzazioni di imprese associate che volontariamente aderiscono alla Carta confederale contenente i Principi per la Sostenibilità Ambientale assumono pertanto i valori e gli impegni ivi contenuti come parte integrante della loro attività e del loro processo di crescita produttiva.
10 “Principi” per 10 “Impegni” 1. “Conseguimento di obiettivi di sostenibilità ambientale nel breve, medio e lungo periodo” Porre la tutela dell’ambiente come parte integrante della propria attività e del proprio processo di crescita produttiva. 2. “Adozione di un approccio preventivo” Valutare l’impatto delle proprie attività, dei propri prodotti e servizi, al fine di gestirne gli aspetti ambientali secondo un approccio preventivo e promuovere l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili. 3. “Uso efficiente delle risorse naturali” Promuovere l’uso efficiente delle risorse naturali, con particolare attenzione alla gestione razionale delle risorse idriche ed energetiche. 4. “Controllo e Riduzione degli impatti ambientali” Controllare e, ove possibile, ridurre le proprie emissioni in aria, acqua e suolo; perseguire la minimizzazione della produzione di rifiuti e la loro efficiente gestione privilegiando il recupero e il riutilizzo in luogo dello smaltimento; adottare misure idonee a limitare gli effetti delle proprie attività sul cambiamento climatico; promuovere la salvaguardia della biodiversità e degli ecosistemi. 5. “Centralità di tecnologie innovative” Investire in ricerca, sviluppo e innovazione, al fine di sviluppare processi, prodotti e servizi a sempre minore impatto ambientale. 6. “Gestione responsabile del prodotto” Promuovere una gestione responsabile del prodotto o del servizio lungo l’intero ciclo di vita, al fine di migliorarne le prestazioni e ridurne l’impatto sull’ambiente, anche informando i clienti sulle modalità di utilizzo e di gestione del “fine vita”. 7. “Gestione responsabile della filiera produttiva” Promuovere la salvaguardia dell’ambiente nella gestione della catena produttiva, coinvolgendo fornitori, clienti e parti interessate quali attori della propria politica di sostenibilità. 8. “Sensibilizzazione e Formazione” Promuovere iniziative di informazione, sensibilizzazione e formazione, al fine di coinvolgere l’organizzazione nell’attuazione della propria politica ambientale. 9. “Trasparenza nelle relazioni con le parti interessate” Promuovere relazioni, con le parti interessate, improntate alla trasparenza, al fine di perseguire politiche condivise in campo ambientale. 10. “Coerenza nelle attività internazionali” Operare in coerenza con i principi sottoscritti in questa Carta in tutti i Paesi in cui si svolge la propria attività.
10 “Principi” per 10 “Impegni”
Guida Operativa per imprese e Associazioni Il presente documento costituisce la Guida Operativa di orientamento per l’applicazione pratica dei Principi per la Sostenibilità Ambientale riportati nella Carta confederale. Si tratta di uno strumento inteso a fornire indicazioni operative e di supporto interpretativo dei Principi a tutte le imprese ed associazioni di imprese che volontariamente aderiscono alla Carta. Inoltre, la Guida intende consentire un’autovalutazione della propria posizione nel percorso verso la sostenibilità ambientale. Essa riporta, per ciascun Principio e Impegno della Carta, alcuni strumenti e azioni concrete che possono essere integrati nell’attività aziendale, sulla base del proprio ambito operativo e della propria dimensione aziendale. In particolare, la colonna di sinistra indica alcune possibili azioni pratiche inerenti ciascuno dei dieci Principi, mentre nella colonna di destra si riportano esempi di attività e strumenti utili a mettere in pratica le azioni stesse. Ai fini dell’autovalutazione non è pertanto necessario che siano attuati tutti gli strumenti proposti, ma che venga presa in considerazione la coerenza della propria attività con le azioni indicate nella colonna di sinistra. Criteri di valutazione:
non ancora applicato,
in fase di progetto,
10 “Principi” per 10 “Impegni”
1.
avviato,
Autovalutazione
a regime/non pertinente per attività aziendale Note e possibili azioni/strumenti
Conseguimento di obiettivi di sostenibilità ambientale nel breve medio e lungo periodo
a.
Adozione di una politica ambientale aziendale adeguata alla dimensione e all’attività della organizzazione e mirata al continuo miglioramento delle prestazioni ambientali e alla prevenzione dell’inquinamento
b.
Conoscenza delle interazioni tra attività aziendali e impatti sull’ambiente
sottoscritta dai vertici aziendali comunicata a tutti i dipendenti comunicata a tutti i soggetti interessati verificata periodicamente
esame delle diverse fasi del ciclo produttivo con caratterizzazione qualitativa e quantitativa degli input ed output rilevanti sotto il profilo ambientale, ad esempio per quanto riguarda: approvvigionamento delle materie prime consumo di risorse naturali
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
c.
Individuazione di aree prioritarie di intervento e definizione di obiettivi verificabili di miglioramento delle prestazioni ambientali
d.
Pianificazione delle attività per il raggiungimento degli obiettivi legati alla gestione ambientale
e.
Riesame periodico e aggiornamento degli obiettivi legati alla gestione ambientale
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
emissioni in atmosfera scarichi nei corpi idrici rifiuti prodotti e loro gestione uso del suolo emissioni di rumore, vibrazioni e campi elettromagnetici
definizione, per ogni area tematica individuata, di traguardi di miglioramento da conseguire entro un periodo determinato definizione delle priorità delle aree di intervento in relazione alla distanza che intercorre fra obiettivi e stato di fatto
individuazione delle risorse e dei mezzi necessari coerenza del piano di miglioramento con il budget aziendale pianificazione dei tempi
il riesame, oltre a verificare il raggiungimento degli obiettivi, dovrebbe valutare l’efficacia delle misure intraprese
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
2.
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
Adozione di un approccio preventivo
Conoscenza delle condizioni ambientali a livello locale
conoscenza di eventuali specifiche criticità del territorio attivazione di canali di comunicazione con le parti interessate
b.
Valutazione dei possibili impatti ambientali in fase progettazione di nuovi prodotti e processi o di loro modifiche
vincoli normativi sostenibilità economica obiettivi di sostenibilità assunti entità dell’impatto soluzioni tecnologiche e gestionali disponibili
c.
Utilizzo di indicatori ambientali per una conoscenza più accurata dell’evoluzione delle proprie prestazioni ambientali
a.
di
gli indicatori costituiscono lo strumento di monitoraggio delle performance ambientali del processo produttivo, oltre che di verifica dell’efficacia delle azioni messe in atto per conseguire gli obiettivi di sostenibilità. Tali indicatori, elaborati sulla base di un parametro che svincoli il dato ottenuto da picchi o flessioni produttive del periodo in esame (ad esempio per unità di prodotto o di materia prima utilizzata), possono riguardare i seguenti aspetti ambientali: consumo di acqua ed eventuale riciclo consumo di energia quantità di energia rinnovabile utilizzata quantità di energia risparmiata
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
d.
quantità di materie prime utilizzate utilizzo di materie riciclate o recuperate quantità di emissioni in atmosfera quantità di emissioni in acqua produzione di rifiuti percentuale di rifiuti riciclati/recuperati/preparati per il riutilizzo
Adozione di strumenti volontari di Gestione Ambientale, quali ad esempio:
UNI EN ISO 14001:2004 – «Sistemi di Gestione Ambientale»
Regolamento (CE) n. 1221/2009 – EMAS - «Sistema di ecogestione e audit ambientale»
UNI ISO 14064:2006 – «Gas ad effetto serra»
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
UNI CEI EN 16001:2009 o ISO 50001 – «Sistemi di gestione dell’energia»
Regolamento (CE) n. 66/2010 – Ecolabel – Marchio europeo di qualità ecologica dei prodotti
UNI ISO 14025:2006 – Etichette e dichiarazioni ambientali – Dichiarazioni ambientali di tipo III
SA 8000 oppure sociale
UNI ISO 26000:2010 – Responsabilità
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
Altri programmi volontari (Life Cycle Assessment, Environmental Product Declaration, Global Compact, Responsible Care, FSC – Forest Stewardship Council, ecc.)
e.
Presenza di una o più specifiche figure incaricate della gestione ambientale
3.
Uso efficiente delle risorse naturali
a.
Minimizzazione della quantità di materie prime utilizzate nel processo produttivo
b.
responsabile/addetto della gestione ambientale responsabile/addetto energia definizione di un team preposto alla gestione ambientale ed energetica attribuzione di specifiche mansioni o target ambientali (es. riduzione di consumi, ottimizzazione rifiuti ecc.) anche ad altre funzioni operative/staff attribuzione di deleghe per il trasferimento di autorità e ruolo per la gestione dell’ambiente e dell’energia
Utilizzo di materiale riciclato/recuperato e sottoprodotti
progettazione dei prodotti utilizzando materie prime a basso contenuto di energia e a ridotta presenza di sostanze pericolose progettazione del prodotto (forma, spessore, componenti) volta a ridurre il volume dei materiali utilizzati riduzione della produzione di scarti dovuti a errate valutazioni sui volumi di acquisto e al deterioramento di vecchi lotti
attenzione al contenuto di materiale riciclato nella scelta delle
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
c.
Uso efficiente delle risorse idriche
d.
Uso efficiente dell’energia
e.
Miglioramento dell’efficienza degli impianti di produzione
materie prime riutilizzo, nel medesimo processo produttivo, degli scarti di produzione utilizzo di sottoprodotti derivanti da altri processi produttivi installazione di Impianti e adozione di processi per la trasformazione degli scarti
monitoraggio dei consumi e razionalizzazione della gestione dell’acqua utilizzata nel ciclo produttivo sistemi di riciclo dell’acqua industriale recupero e utilizzo dell’acqua piovana
analisi energetiche, mappature dei consumi, protocolli di audit energetico dei processi produttivi e dei sistemi ausiliari. sistemi finalizzati ad aumentare l’efficienza degli impianti di condizionamento e di riscaldamento progettazione dei prodotti e delle linee di produzione in coerenza a questo principio misure per rendere più efficienti i sistemi di aerazione impiego di elementi ad alta efficienza energetica nel sistema di illuminazione applicazione di misure di risparmio energetico ai propri edifici (coibentazione muraria e delle coperture, sostituzione degli infissi con elementi a bassa trasmittanza, impianti termici a basso consumo, ecc.)
adozione di componenti e/o processi a maggior rendimento riduzione dei consumi dei servizi ausiliari riconversioni e ripotenziamenti
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
4.
Controllo e Riduzione degli impatti ambientali
a.
Definizione di misure per il contenimento e la riduzione delle emissioni in atmosfera
b.
Definizione di misure per il contenimento e la progressiva riduzione delle emissioni nei corpi idrici
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
monitoraggio delle emissioni sistemi di abbattimento degli inquinanti
interventi sul processo per la riduzione degli inquinanti negli scarichi monitoraggio degli scarichi idrici impianti di depurazione e relative modalità di conduzione
c.
Adozione di misure per la gestione efficiente dei rifiuti generati
d.
Adozione di misure volte al contenimento dell’inquinamento acustico
adozione di misure per la riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti generati razionalizzazione dei materiali di imballo utilizzati incremento della percentuale di rifiuti preparati al riutilizzo, riciclati o recuperati scelta di modalità di smaltimento dei rifiuti a minore impatto ambientale in luogo dello smaltimento in discarica
monitoraggio delle immissioni/emissioni sonore
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
e.
Adozione di misure volte al contenimento degli impatti sulla biodiversità
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
sistemi di abbattimento delle emissioni acustiche acquisto di macchinari e impianti a minore impatto acustico
attuazione di sistemi di mappatura della biodiversità presso i siti operativi e valutazione dell’impatto attuazione di misure specifiche (es. tutela degli habitat delle specie protette, tutela delle riserve idriche significative dal punto vista biologico, limitazione degli inquinanti negli scarichi idrici in mare/corso d’acqua superficiale, tutela delle foreste con afforestazione/riforestazione)
f.
Mitigazione dell’impatto visivo di impianti e infrastrutture
5.
Centralità di tecnologie innovative
a.
Investimenti in innovazione dei processi produttivi
adozione di soluzioni migliorative di inserimento paesaggistico (es. forme, colori e materiali) per strutture e infrastrutture di nuova realizzazione o ristrutturazione piantumazione mitigazione mediante barriere studiate con criteri di ingegneria geo-naturalistica
eco factory – processi produttivi modificati per ridurre l’impatto ambientale partecipazione a progetti di ricerca e sviluppo
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
b.
Investimenti in innovazione di prodotto
c.
d.
ricerca, progettazione, realizzazione in tema di: impianti di produzione da fonti rinnovabili (es. idro, solare fotovoltaico, solare termodinamico, geotermico, eolico, biomasse), sistemi multigenerazione, mobilità elettrica
utilizzo di componenti e/o processi a maggior rendimento riduzione delle perdite sistemi di rifasamento/inverter/temporizzatori/spegnimento automatico delle utilities sistemi di illuminazione intelligente/crepuscolare attuazione di progetti di mobilità sostenibile/car sharing sostituzione di motori elettrici con motori ad alta efficienza sistemi di cogenerazione ad alta efficienza, sistemi di rigenerazione coibentazioni e riduzione delle dispersioni termiche anche attraverso termografia interventi di promozione dell’efficienza energetica negli usi finali
Investimenti e ricerca di soluzioni mirate all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile
Investimenti mirati ad una maggiore efficienza energetica
e.
Ricerca e sviluppo di tecnologie e processi finalizzati alla limitazione dell’utilizzo di sostanze pericolose e all’impiego di
miglioramento delle caratteristiche ambientali ed energetiche delle materie prime utilizzate eco design – linee di prodotto realizzate secondo principi di sostenibilità ambientale sviluppo di prodotti multifunzionali o a funzioni integrate
utilizzo di sistemi di mappatura delle sostanze pericolose
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10 “Principi” per 10 “Impegni” sostanze alternative
6.
a.
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
applicazione di Best Available Techniques (BAT) di settore per la limitazione dell’uso di sostanze pericolose
uso di materiali rinnovabili e riciclabili attenzione ai requisiti di durabilità, facilità di manutenzione, intercambiabilità, standardizzazione, ecc. in fase di progettazione del prodotto diffusione, insieme al prodotto, di materiale informativo sul corretto utilizzo e il corretto smaltimento dello stesso efficienza energetica dei prodotti
Gestione responsabile del prodotto
Analisi degli aspetti ambientali collegati alle diverse fasi del ciclo di vita del prodotto
7.
Gestione responsabile della filiera produttiva
a.
Utilizzo di criteri di selezione di prodotti e servizi dei fornitori che tengono conto anche delle prestazioni ambientali
b.
Uso delle telecomunicazioni per le attività a distanza che riducono le esigenze di spostamento
qualifica dei fornitori secondo criteri anche ambientali (es. fornitori che hanno adottato uno strumento volontario di Gestione Ambientale) condivisione della politica ambientale aziendale e promozione, presso i fornitori, della Carta dei Principi procedure di acquisto che privilegiano prodotti sostenibili (Green Procurement)
video conferenze formazione a distanza adozione di sistemi di telelavoro e di interazione cliente-
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti fornitore (es. aree ftp, etc.)
c.
Adozione di criteri per ottimizzare i trasporti su strada
8.
Sensibilizzazione e Formazione
a.
Coinvolgimento delle risorse umane sugli obiettivi di sostenibilità ambientale attraverso iniziative di sensibilizzazione
b.
Realizzazione di corsi di formazione
ridefinizione dei percorsi ottimizzazione e saturazione del carico sui veicoli impiego di soluzioni intermodali impiego di automezzi con migliori prestazioni ambientali
riunioni ed altri strumenti di comunicazione interna (es. Intranet) affissione e divulgazione di materiale informativo iniziative mirate (giornate a tema, premi, ecc.)
mappatura delle esigenze e centralizzazione/razionalizzazione dei programmi formativi intranet aziendale con approfondimenti tematici strumenti di verifica dell’efficacia della formazione formazione del personale in posizioni chiave relative alla gestione ambientale, dei nuovi assunti e in occasione dei cambi di mansione
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
9.
cambi di mansione attività di informazione e formazione rivolta alle imprese appaltatrici
Trasparenza nelle relazioni con le parti interessate
redazione di Rapporti ambientali, dichiarazioni ambientali, Bilanci di sostenibilità operazioni pubblicitarie organizzazione di giornate per la visita libera del sito attività di educazione ambientale sul territorio
partecipazione a tavoli di lavoro territoriali o settoriali promozione di “Reti di Impresa green”
partecipazione a progetti di mitigazione dei cambiamenti climatici (es. progetti CDM e JI)
a.
Attività per la comunicazione e la promozione delle proprie politiche di sostenibilità ambientale e delle proprie azioni ecosostenibili
b.
Iniziative di impegno comune e di scambio di esperienze e competenze per il coinvolgimento di imprese appartenenti al medesimo settore
10. Coerenza nelle politiche internazionali
a.
Realizzazione di investimenti in Paesi terzi che comportano miglioramenti ambientali
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10 “Principi” per 10 “Impegni”
Autovalutazione
Note e possibili azioni/strumenti
b.
Trasferimento di tecnologie e know how in campo ambientale
c.
Condivisone di competenze e obiettivi con fornitori e partner commerciali locali
partecipazione ad eventi di aggiornamento sull’innovazione di processo e di prodotto partecipazione e/o sostegno a progetti di sviluppo correlati a tematiche ambientali convenzioni con Università o altri centri di ricerca, organizzazione di iniziative finalizzate all’innovazione ambientale partecipazione a programmi di cooperazione pubblici-privati promossi da istituzioni governative /ministeriali
sviluppo di progetti di filiera per l’innovazione ambientale di prodotto
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CARTA DEI PRINCIPI PER LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
Scheda di adesione da parte delle imprese Ragione sociale ________________________________________________________________ Amministratore Delegato/ Presidente/Legale Rappresentante (chi firma la scheda di adesione) ______________________________________________________________________________ Referente per eventuali contatti (nome, telefono, email) ______________________________________________________________________________ Settore/i di appartenenza dell’azienda (settore di attività e codice ATECO/NACE) ______________________________________________________________________________ Dimensione dell’azienda (N° dipendenti complessivi. Per le filiali italiane di multinazionali estere indicare il N° dipendenti in Italia): < 10 10 - 50 50-250 > 250
Sede legale (provincia) ___________________________________________________________ Associazione/i di appartenenza ______________________________________________________________________________
Il Sottoscritto_______________________________in qualità di _________________________________ ________________________dichiara l’impegno dell’Impresa___________________________________ ad aderire ai Principi della Carta per la Sostenibilità Ambientale.
Data__________________
Firma_____________________
Analisi di Rischio Sanitaria e inquinamento indoor Loredana Musmeci Direttore Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria Istituto Superiore SanitĂ
AdR applicata all’intrusione di vapori La migrazione dei VOC dal suolo, sottosuolo e falda verso ambienti aperti o confinati possono alterare la qualità dell’aria indoor e/o outdoor. Laddove tale alterazione è tale che può provocare un rischio per la salute umana, e in ottemperanza a quanto previsto nel D.Lgs. 152/06, è necessario calcolare le CSR mediante l’applicazione dell’analisi di rischio (AdR).
Per applicazione dell’AdR è necessario individuare il Modello Concettuale (MC) che si esplica nei tre componenti principali : Sorgente
Trasporto
Bersaglio
AdR applicata all’ intrusione di vapori Per l’intrusione di vapori è emerso che la procedura di AdR fornisce alcuni valori di CSR estremamente conservativi. Ciò accade perché il modello risulta essere troppo cautelativo, specialmente in presenza di ambienti confinanti, per sostanze volatili da suolo/falda contaminata. I modelli ad oggi utilizzati non contengono sofisticati bilanci di massa e presuppongono che la massa degli inquinanti si mantenga costante per tutto il periodo di esposizione, inoltre non tengono conto dei fattori di diluizione in aria. Tale aspetto può condizionare fortemente la CSR ottenuta per i suoli e la fruibilità del sito in attesa di bonifica della falda acquifera. Per cui nel caso di non accettabilità del rischio per la salute umana derivante da esposizione di vapor intrusion, è possibile prevedere campagne di indagini dirette (per esempio, misure di soil-gas, campionamenti dell’aria indoor) allo scopo di verificare i risultati ottenuti mediante l’applicazione del modello di AdR. 3
VAPOUR INTRUSION suoli/falda contaminati da COV - percorso di esposizione Per tale aspetto attualmente è in corso un dibattito tra Enti che sta portando ad individuare uno specifico percorso per superare la criticità evidenziata , precisamente:
1°step
Caratterizzazione suolo/falda + AdR
2°step
Analisi soil gas
3°step
Utilizzare il dato proveniente dal soil gas per il calcolo delle CSR Effettuare misure di sicurezza
4°step
Se la CSR così ottenuta viene comunque superata
e/o Effettuare monitoraggio indoor
5°step
Se il monitoraggio indoor e/o monitoraggio ambiente di lavoro non evidenzi rischio PROCEDURA CONCLUSA 4
Novembre 2010 Istituto Superiore di SanitĂ Gruppo Studio Inquinamento Indoor Partecipano al GdL le varie componenti (Ministero della Salute, Regioni, Istituti di Ricerca: ISS, ISPRA, CNR, Protezione Civile, UniversitĂ , ecc.)
Gruppo Studio Inquinamento Indoor Ha giĂ prodotto Per la Protezione Civile: Indicazioni sui livelli di CO2 e H2S in ambienti confinati presenti in aree vulcaniche; Strategie di Monitoraggio dei Composti Organici Volatili (COV) in Ambiente Indoor. Eâ&#x20AC;&#x2122; stato attivato un sottogruppo PM, amianto e fibre, inquinanti biologici e microclima
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Istituto Superiore di SanitĂ Gruppo Studio Inquinamento Indoor
Istituto Superiore di SanitĂ Gruppo Studio Inquinamento Indoor
Un caso studio
Problematiche ambientali e sanitarie di un sito contaminato Nell’ambito di un accordo di collaborazione tecnico scientifica stipulato tra una Regione italiana e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) verranno raccolti e sistematizzati dati di caratterizzazione e monitoraggio relativamente a: suolo superficiale e profondo insaturo, ivi comprese le analisi di gas interstiziali effettuate; suolo saturo; acque sotterranee; aria ambiente (indoor e outdoor). Lo studio ha avuto origine da una serie di azioni concordate con la Regione e gli altri Enti partecipanti: ARPA, AUSL, Provincia e Comune. Il territorio oggetto di studio è costituito da un’area residenziale di una città del Nord Italia
Area di studio L’area è stata oggetto di operazione di cavamento di argilla, ad opera di una Fornace negli anni della ricostruzione post bellica. La Fornace cessa l’attività per fallimento nell’81, lasciando ampissimi cavi, estesi in superficie e profondi fino a cinque/sei metri, comunicanti con le falde acquifere sotterranee. Parte delle cave dismesse sono state probabilmente utilizzate come discariche e riempite con materiale terroso di risulta dall’attività estrattiva. In prossimità dell’area di fornace e delle cave di pertinenza a partire dagli anni ’50 si è sviluppato un insediamento urbano. Probabilmente nelle discariche hanno trovato collocazione rifiuti industriali di processo ad elevata concentrazione di clorurati (produzione di clorometani), che si sono successivamente diffusi nelle acque sotterranee in tutto il sito.
Area di studio
Obiettivi dello studio Tra gli obiettivi principali dello studio emerge la stima dellâ&#x20AC;&#x2122;entitĂ dellâ&#x20AC;&#x2122;esposizione della popolazione attraverso: Studio Epidemiologico Studio di Esposizione
Studio epidemiologico La valutazione di uno studio epidemiologico è basata su tre motivazioni:
(a)esiste nella letteratura scientifica internazionale, e in particolare nel contesto italiano, un consolidato filone di studi epidemiologici nei siti inquinati;
(b)il quartiere in esame rappresenta un’entità ben definita e “isolabile” da un punto di vista urbanistico e demografico, e appare pertanto appropriato configurarlo come base per uno studio di coorte;
(c)l’esperienza, di un progetto già in atto, ha mostrato la fattibilità di ricostruire una coorte di residenti utilizzando l’Ufficio Anagrafe e successivamente collegare la base di dati così ottenuta con gli archivi nominativi relativi a mortalità e morbosità. I risultati dello studio verranno discussi e interpretati anche alla luce delle attività di stima del rischio con particolare riferimento per la problematica del cloruro di vinile (CVM).
Studio epidemiologico ISS – Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria - Reparto Epidemiologia Ambientale; Servizio Sanità Pubblica della Regione; ARPA; Dipartimento Sanità Pubblica AUSL.
Studio per la stima dell’esposizione Sarà effettuata una caratterizzazione della presenza in aria (indoor e outdoor) di inquinanti di rilevanza igienico-sanitaria, considerando anche alcune tipologie di abitazioni, al fine di disporre di dati misurati sul campo per la successiva valutazione della potenziale esposizione della popolazione generale. Verranno definite, nelle aree di interesse, le caratteristiche delle abitazioni per individuare tipologie rappresentative di ambienti dove effettuare rilevamenti indoor da porre in relazione agli stili di vita dei residenti (fumo di tabacco, combustione per cottura cibi o riscaldamento, ecc.), che possono costituire elementi di confondimento. Nella prima fase si effettueranno rilevamenti-pilota degli inquinanti d’interesse (ivi inclusi alcuni composti organo-clorurati persistenti prioritari) sull’aria indoor e outdoor, relativamente ad un asilo. La valutazione del rischio sanitario nel contesto in esame verterà essenzialmente sulla stima dell’esposizione della popolazione residente a una serie di agenti tossici e cancerogeni, e sulla conseguente procedura di risk assessment.
Studio per la stima dell’esposizione Monitoraggi ambientali (indoor e outdoor): effettuati, in una prima fase, presso l’asilo nido e presso un Centro Sociale e, in una fase successiva (che si sta concludendo in questi giorni) presso una serie di abitazioni private scelte in base alle loro caratteristiche in seguito ad un censimento effettuato nell’intera area. Contemporaneamente sono stati effettuati una serie di campionamenti di soil gas in giardini privati e aree pubbliche. Valutazione dell’esposizione: effettuata alla fine dei monitoraggi ambientali in modo da avere un quadro completo della reale situazione nell’area di studio.
Monitoraggi Ambientali ISS – Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria Reparto Igiene dell’ Aria Reparto Suolo e Rifiuti
Comune– Servizio Ambiente Università AUSL – Dipartimento Sanità Pubblica
Censimento degli edifici Il censimento ha avuto lâ&#x20AC;&#x2122;obiettivo di identificare gli attuali abitanti e di individuare, a partire dalle informazioni da essi ottenuti, altri abitanti presenti in passato negli stessi nuclei abitativi. Le attivitĂ del censimento sono state condotte attraverso intervista ad un rappresentante adulto di ogni nucleo abitativo. Tale censimento ha permesso di individuare gli edifici e le abitazioni su cui condurre il monitoraggio dellâ&#x20AC;&#x2122;aria indoor e outdoor per una piĂš razionale collocazione e interpretazione dei monitoraggi ambientali.
Fase di screening Nella fase di screening l’ISS, ha eseguito 5 campagne di rilevamento dei COVS in aria indoor e outdoor, della durata di 15 giorni ciascuna. Le campagne di screening sono state effettuate presso due siti: Asilo Nido. Centro Sociale.
Monitoraggi Ambientali In questa fase sono stati effettuati monitoraggi in 21 abitazioni private dislocate in tutta l’area di studio. Aria indoor – appartamenti, cantine, interrati ecc. Aria outdoor – giardini pubblici e privati Soil gas - giardini pubblici e privati
Metodologia di campionamento I campionamenti sono stati effettuati sia in modalitĂ attiva che passiva utilizzando le seguenti metodologie: I radielli sono campionatori passivi che sfruttano il processo fisico di diffusione ed è costituito da una cartuccia cilindrica in rete di acciaio inossidabile contenente carbone attivo o altro tipo di adsorbente. Durante il campionamento la cartuccia viene collocata all'interno di un corpo diffusivo cilindrico microporoso e montato su un supporto. I radielli sono utilizzati per prelievi prolungati nel tempo (7-15 gg). Le fiale sono campionatori attivi ed effettuano il prelievo di aria con l'ausilio di campionatori di aria (personal-pump) a flusso regolabile (50 â&#x20AC;&#x201C; 200 mL/min), utilizzando, nella maggioranza dei casi, dei substrati costituiti da solidi adsorbenti, come per esempio carbone attivo. I campionamenti effettuati con questa metodologia forniscono valori di concentrazione mediati su periodi brevi dellâ&#x20AC;&#x2122;ordine di poche ore.
Campionamenti Sono stati eseguiti: radielli 150 campioni nellâ&#x20AC;&#x2122;Asilo Nido 15 campioni al Centro Sociale 430 campioni nelle abitazioni fiale 50 campioni abitazioni soil gas 5 campioni in giardini privati 4 campioni in suolo pubblico
Conclusioni a) L’AdR che utilizza software/algoritmi è una procedura tecnicamente valida, ma andrebbe supportata da azioni di monitoraggio, in special modo in situazioni complesse;
b) la fase di monitoraggio in campo, ai fini di una corretta stima dell’esposizione, deve essere sempre accompagnata da una puntuale conoscenza degli stili di vita (fattori confondenti);
c) gli studi epidemiologici, se accompagnati da una corretta stima dell’esposizione, forniscono informazioni utili ai "decisori" per valutare le priorità di intervento di risanamento.
Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dott. geol. Madela Torretta dott. ing. Sara Puricelli U.O. Suolo, Bonifiche ed attivitĂ estrattive ARPA LOMBARDIA Dipartimento Provinciale di Milano
PROTOCOLLO di MONITORAGGIO
ARPA Lombardia ha recentemente redatto (2012) il protocollo “indicazioni tecniche per il campionamento attivo e analisi dei soil gas: • fornire un procedimento standard, applicabile e riproducibile nello stesso modo nei diversi siti e da operatori differenti; • definire le modalità operative per garantire il corretto monitoraggio del gas interstiziali in un terreno oggetto di bonifica; • fornire linee-guida utili per la redazione, da parte dei soggetti privati, di proposte di monitoraggio condivisibili con gli Enti;
06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CAMPO di UTILIZZO • per ottenere informazioni sulla fase vapore in siti potenzialmente soggetti ad inquinamento da composti organici volatili (indicativamente con costante di Henry > 0,01 [-] e/o con pressione di vapore > 0,076 mm Hg, pari a circa 10 Pa) • rispetto alle tecniche tradizionali, richiedenti le concentrazione in falda o terreno, l’uso di dati di soil gas evita di applicare le formule analitiche di ripartizione di fase e tiene conto di fenomeni sito-specifici
06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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APPLICABILITA’ • ARPA Lombardia utilizza modalità attiva: i gas interstiziali vengono estratti dal terreno con un sistema di aspirazione e conservati in idonei supporti per analisi di laboratorio. • non è applicabile: nei terreni argillosi compatti o con saturazione > 0,8÷0,9; con temperatura ambiente < 0°C; • dopo almeno 36 h di tempo secco (fino a 3 d per piogge con intensità > 13 mm/d) perché il contenuto d'acqua interstiziale influenza la diffusione dei gas; • dopo 48 h da installazione con metodi di perforazione (a rotazione o percussione) e 7 d in caso di trincee/prescavi; • in caso di SVE attivo (poiché esso influenza il trasporto di gas interstiziali) se non ci sono problemi sanitari spegnere l’impianto da alcune settimane, fino ad 1 mese per suoli sabbiosi e alcuni mesi per suoli più fini
altrimenti attendere condizioni asintotiche del sistema e operare lo spegnimento con i tempi indicati
procedere al campionamento
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INSTALLAZIONE • Realizzare minimo 3 punti di campionamento in funzione di estensione della sorgente; per aree di grandi dimensioni almeno 1 punto ogni 50 m x 50 m; • in prossimità di punti di interesse/vie preferenziali di fuga: pozzetti, trincee, tubature, serbatoi interrati, eterogeneità litografiche; • considerando eventuali recettori sensibili (anche oltre i confini del sito); • installazione a percussione o rotazione a secco, meglio non con rotazione a fluido/ ad aria/sonica perché richiedono un ampio tempo di riequilibrio; • completamento dei pozzetti (dreno, cementazione, sonda).
06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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PROFONDITA’ Da valutare in funzione di: • litologia del terreno; • profondità della falda e sue escursioni (almeno 1 m sopra il livello massimo del livello freatimetrico); • a non meno di 1,5 m da p.c. (in genere proprio a quella profondità); • nel primo strato omogeneo non rimaneggiato/alterato; • in caso di disomogeneità del terreno fare campionamenti a diverse profondità; • in presenza di edifici fare anche verifiche sottostruttura: - 0,5-1 m al di sotto della soletta / 1 m al di sotto del vespaio/strato drenante - in alternativa acquisire campioni a 1,5 m dalle pareti delle strutture (esternamente alle stesse) ad una profondità analoga a quella delle fondazioni.
06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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ATTREZZATURE PER IL CAMPIONAMENTO Materiali inerti ed impermeabili ai gas: teflon (PTFE), acciaio inossidabile, rame, rilsan, poliarileterchetone (PEEK), nylon, chemfluor o PVC (non per clorurati) NO: polietilene, silicone, neoprene o gomma;
Collegamenti: tubi in tygon; Tubi campionamento: lunghi il minimo possibile, da sostituire ad ogni punto di campionamento o decontaminazione con pulizia ed asciugatura; Per trattenere eventuale condensa: tra tubicino e sistema di raccolta inserire un filtro in teflon (inerte, idrofobico e raccoglie eventuale particolato) o gorgogliatore/impinger di vetro/PTFE immerso in un bagnetto refrigerato (condensa deve essere analizzata se in quantitativi significativi). 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilitĂ e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta â&#x20AC;&#x201C; ing. Sara Puricelli
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SUPPORTI di CAMPIONAMENTO I supporti al momento analizzabili presso il Laboratorio ARPA di Milano sono: - materiale adsorbente Parte A
Parte B (test)
Direzione flusso
fiale a Desorbimento con Solvente
fiale a Desorbimento Termico
-o canister
06 giugno 2013 4° workshop sostenibilitĂ e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta â&#x20AC;&#x201C; ing. Sara Puricelli
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PARAMETRI di MONITORAGGIO • test di mantenimento del vuoto sulla linea/giunture di campionamento; • misurazione dei valori di umidità e temperatura ambiente; • spurgo rimozione di aria stagnante dal sistema di campionamento, assicurando la rappresentatività dei campioni raccolti; in genere pari a 3 volte il volume morto del sistema; • verifica della portata di aspirazione (Q) con flussimetri tarati; valori variabili tra 0,02 ÷2 l/min, in genere < 0,5 l/min in funzione del contaminante ricercato e del tipo di fiala collegata; • verifica dei tempi effettivi (∆t) di campionamento; • misure di ossigeno, anidride carbonica (pre- e post-spurgo e al termine del campionamento) danno indicazioni su tenuta pozzetto: incremento di O2 e/o una diminuzione di CO2 sono indicatori di un’avvenuta diluizione per aspirazione di aria ambiente 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
TRATTAMENTO DEI DATI ACQUISITI • Per i campionamenti eseguiti su fiala, le masse adsorbite analizzate (M) vengono trasformate in concentrazioni (C) considerando Q e ∆t, con la formula: C (µg/l = mg/m3) = M (µg) / V (l) = M / [∆t (min) * Q (l/min)] registrare gli effettivi tempi di campionamento
importanza di controllare i flussi
• i dati di soil gas vengono implementati in modelli analitici di trasporto al p.c. e successivamente in modelli di intrusione e dispersione in ambiente confinato, o dispersione in ambiente aperto, per definire le concentrazioni in aria e da queste il rischio da inalazione (R/HI) ad esse associato per recettore sanitario. E’ possibile utilizzare un foglio di calcolo o alcuni software in uso per l’Analisi di Rischio; • ai fini dell’AdR i valori inferiori al LR (Limite di Rilevabilità) dovranno essere posti pari ad esso qualora le simulazioni effettuate con tale ipotesi dovessero presentare superamenti del rischio tollerabile, nelle campagne successive dovranno essere richiesti LR inferiori per quantificare il reale contributo al rischio; • i risultati della prima campagna di monitoraggio potranno essere utilizzati, ma quest'ultima andrà aggiornata qualora le successive campagne dovessero fornire risultati peggiorativi in termini di rischio atteso. 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CRITICITA’ e PROGETTI FUTURI Aspetti critici riscontrati durante campionamento soil gas: • attesa di tempo asciutto dopo eventi piovosi; • tecnica non adatta per monitorare vapori da suolo superficiale; • disponibilità di flussimetri tarati; • pompette con portate oscillanti o batterie che si esauriscono prima di termine campionamento; • analisi della parte B (test) di fiale per verificarne assenza di saturazione in caso contrario mettere 2 fiale in serie e/o modificare parametri monitoraggio.
Progetti in corso: ARPA Lombardia ha avviato uno studio sperimentale sull’influenza dei parametri di monitoraggio sugli esiti dello stesso, come: • intensità della portata di aspirazione dei gas interstiziali; • sensibilità e confronto tra varie tipologie di supporto di campionamento; • effetto di durata di spurgo.
06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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non fatta speciazione di CASI con DATI HC considerato max di famiglie HC tipologia sito
R=sommatoria rischio
SOIL GAS in PROVINCIA diper bambino e adulto ricreativo e residenziale MILANO
ricettore composti sorgente critico caratteristici terreno (T)
HC, B, T, X ricreativo HC, BTEXS, PV_1 indoor (fruitori falda (F) MTBE, tavola calda) isoproprlbenzene somma terreno (T) HC, E, T, X residenziale PV_2 falda (F) HC, clorurati indoor somma residenziale PV_3 terreno (T) HC indoor terreno (T) HC, BTEX, MTBE lavoratore PV_4 falda (F) HC, BTEX, MTBE indoor somma clorurati, IPA, terreno (T) BTEX, HC lavoratore clorurati, IPA, scuola falda (F) indoor BTEX; HC somma area lavoratore terreno (T) clorurati commerciale indoor museo 06 giugno 2013
ricreativo indoor
falda (F)
HC
AdR da T o F R HI 1,90E-5
2,4E+0
1,30E-6
6,7E-1
2,03E-5
3,07E+0 1,50E+2 1,50E+2 3,00E+2
-
AdR da SG R HI
7,8E-11 1,1E-6
SG condotti dopo spegnimento di SVE di sole 36 h diversamente da protocollo ARPA
3,8E-8
7,4E-2
trovati PCE e Benzene (cancerogeni) in tracce solo nei SG
-
4,80E+0
-
5,1E-6
7,80E-5 6,00E-8 7,81E-5
2,25E+0 2,7E-2 2,28E+0
2,9E-7
9,7E-2
6,20E-4
5,10E+01
4,00E-5
5,40E-01
6,60E-4
5,15E+1
4,79E-7 -
1,5E-8
4,6E-4
5,45E-3
9,0E-7
1,3E-2
1,10E-2
-
1,2E-5
Risultati indicati per SG a -1,5 m; SG a -4 m danno: R=3E-6; HI=8,6E-2
In4°generale SG portano a del valutazione minore R/HI,bonifiche ma ine questo caso valutano un contributo aggiuntivo di workshop sostenibilitĂ e gestione rischio ambientale: il nuovodi scenario rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano sostanze volatili evidenziate pienamente da analisi di terreno per i limiti intrinseci del sistema di dr. geol Madela Torretta (non â&#x20AC;&#x201C; ing. Sara Puricelli 12 indagine comunemente usato)
CASO STUDIO: inquadramento del SITO
• Sito attivo, con in corso attività chimica destinazione d’uso dell’area commerciale/industriale • presenza di infrastrutture e reti in esercizio che vincolano ubicazione indagini • ubicato a Nord-Ovest della Provincia di Milano, superficie complessiva di 39.000 m2 • confina con una via di forte percorrenza e altre aree industriali + alcune zone residenziali a circa 50 m a Nord-Ovest del confine del sito • avvio procedimento: nel 2009 eseguite Indagini Preliminari dalla Parte per caratterizzare da un punto di vista ambientale i terreni e le acque sotterranee di pertinenza del sito: rinvenuti superamenti delle CSC in terreno e falda • sorgenti primarie di contaminazione legate ad attività produttive dello stabilimento (stoccaggio, movimentazione, utilizzo di sostanze utilizzate come materie prime nel ciclo di produzione e degli scarti di produzione).
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CASO STUDIO: indagini eseguite
• prescavi fino a - 2 m da p.c. per verificare la presenza di eventuali tracciati fognari e sottoservizi in corrispondenza dei punti di indagine • ispezionata rete fognaria • impianti sottoposti a cicli regolari di manutenzione • 13 sondaggi fino a - 21 m da p.c. (PM1PM13) attrezzati a piezometri ( ) • 9 sondaggi fino a - 12 m da p.c. (S1-S9) • 3 piezometri a valle-flusso del sito, fuori da area (MW4-MW6) ( ) • successivamente 12 pozzetti di soil gas ( ) con fenestratura a -1,5 m da p.c. (SG1SG12)
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N
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CASO STUDIO: riscontri analitici TERRENI • Set analitico: BTEXS Idrocarburi C<12 Idrocarburi C>12 Composti alifatici clorurati cancerogeni e non Clorobenzeni • Analizzati 65 campioni di terreno 1 solo superamento delle CSC tab. 1B in All.5 in PM8 (2 – 3 m) per Toluene con concentrazione pari a 90,6 mg/kg (CSC pari a 50 mg/kg) sorgente tra -1,5 e -3 m da p.c. (tra -3 e -4 m da p.c. conforme a CSC)
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CASO STUDIO: riscontri analitici ACQUE • Set analitico (campagne eseguite dal 2009 al 2013): BTEXS Idrocarburi totali + speciazione (95,2% di aromatici C9-C10 e 4,8% di aromatici C11-C22) Composti alifatici clorurati cancerogeni e non; Clorobenzeni Ferro, Manganese • contaminazione maggiore nei piezometri in zone centrali e meridionali del sito, con valori massimi (in quanto rinvenuti in n.9 piezometri) per idrocarburi totali di 107 mg/l (PM5), benzene di 1,1 mg/l (PM2), etilbenzene di 2,3 mg/l (PM2), toluene di 282 mg/l (PM2), xileni tot. di 9,9 (PM5), stirene di 0,6 mg/l (PM8); valori UCL95% (su 15 piezometri): ferro di 74,5 mg/l (PM8), manganese di 16,9 mg/l (PM8), clorurati da 0,55 µg/l per 1,4-diclorobenzene (CSC=0,5) a 79,6 µg/l per 1,2-dicloroetilene (CSC=60) ~ stesso ordine di grandezza dei valori di fondo • problemi con rilascio di autorizzazioni da parte di ATO per scarico acque emunte da eventuale P&T + impossibilità di trattare acque in impianto aziendale o implementare trattamento sull’area da giugno 2012 MISE tramite iniezione di ossigeno puro a bassa pressione nei 3 piezometri a valle-flusso dell’area (+ prova pilota in PM8 efficacia in fase di valutazione) 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CASO STUDIO: sorgente in FALDA
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CASO STUDIO: stratigrafia locale e parametri sito specifici - p.c.: pavimentazione in asfalto - da p.c. a - 2 m da p.c.: riporto granulare - da - 2 m a - 4 m da p.c.: sabbia limosa - da - 4 m a - 14 m da p.c.: sabbia ghiaiosa/ghiaia sabbiosa in matrice limosa - da - 14 m a - 24 m da p.c.: sabbia limosa/limo sabbioso -da - 24 m a - 30 m da p.c.: argilla di colore ocra marrone - 5 campioni per determinazione frazione carbonio organico: min = 0,00021 - 5 campioni per determinazione frazione pH: 7,36 ÷ 8,66 - 5 campioni nell’insaturo e 2 nel saturo per determinazione granulometria insaturo: sabbia: fra il 66% e l’88%; limo: fra 9% e il 19%; argilla: fra il 3,5% ed il 15% tessitura variabile da “Sand” a “Sandy Loam” più cautelativa: SAND saturo: sabbia: 70%; limo: 23%; argilla: 7% SANDY LOAM usati valori di default in Criteri Metodologici ex-APAT
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CASO STUDIO: MODELLO CONCETTUALE • valutazione ambientale: POC d=0 m • recettori sanitari: on-site: lavoratori sia outdoor che indoor: attività lavorativa di tipo moderato * presenza di locali interrati entro 30 m da sorgente terreno e in prossimità di piezometri più contaminati; con soletta a -3,8 m da p.c. e altezza di miscelazione di 2,3 m dati su parametri fisici di fondazioni posti pari a quelli di default; off-site: residenziali (outdoor, ubicati a 70 m dalla sorgente falda) • percorsi considerati: inalazione di vapori da falda + da terreno dilavamento da terreni e trasporto in falda con verifica al POC trasporto della falda al POC = C riscontrate in falda N • elevata permeabilità saturo: 2*10-3 m/s • direzione falda: Nord-Ovest/Sud-Est; gradiente: 0,6% • soggiacenza falda: -9,3 ÷ -13,1 m da p.c. (su 3 anni di monitoraggio) considerato valore minimo; • velocità vento = 0,62 m/sec, direzione Nord-Ovest (= falda) direzione • software RISC 4,05. falda 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CASO STUDIO: risultati AdR con dati di concentrazione in terreno e falda Inalazione di vapori: • lavoratore outdoor da terreno: HI= 1,7 da falda: R=1,4*e-6 (1,2*e-6 da Benzene); HI=1,2 • lavoratore indoor
da terreno: HI= 7,4 da falda: R=6,4*e-6 (5,5*e-6 da Benzene); HI=5,5
• residenziale outdoor da terreno (distanti 185 m dalla sorgente): HI= 0,07 adulto; 0,26 bambino da falda: (distanti 70 m dalla sorgente): R(adulto + bambino)=7,3*e-6 (6,2 e-6 da Benzene); HI= 3 adulto; 11 bambino
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CASO STUDIO: pozzetti di monitoraggio SOIL GAS Esecuzione 1. realizzazione foro fino alla base della zona di campionamento (-1,9 m da p.c.) 2. alla base posa di 25 cm circa di ghiaietto 3. installazione sonda di prelievo (1/2”) in teflon lunga 30 cm 4. posa dreno ghiaietto 5. posa 30 cm bentonite non idrata 6. iniezione bentonite idrata/miscela cementizia fino a p.c. 7. sigillatura della testa dei pozzetti con miscele bentoniche 8. chiusura del tubo di prelievo con tappi a pressione/a sfera 9. contrassegno dei pozzetti Fino a p.c. miscela cementizia 30 cm di bentonite non idrata 30 cm sopra zona fenestrata di dreno zona fenestrata di 30 cm 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CASO STUDIO: protocollo monitoraggio SOIL GAS • test di mantenimento del vuoto sulla linea/giunture di campionamento; • misure di ossigeno, anidride carbonica e metano indicatori oltre che di attività di biodegradazione, di diluizione per aspirazione di aria ambiente; • spurgo: Q=200 ml/min per 15 min = volume (V) di 3 l; • fiale a desorbimento termico: Q=60 ml/min; per 60 min = V di 3,6 l; per punti più contaminati anche fiala a carboni attivi per desorbimento con solvente: Q=100 ml/min; per 60 min = V di 6 l; n.b.: nelle sonde in cui è previsto il contraddittorio pompa aspirante filtro PTFE pozzetto soil gas
fiala
flussimetro
sono previsti 2 tubi di uscita con relative pompe, riducendo Q a metà e raddoppiando i tempi di campionamento per avere una portata, nell’unità di tempo, coerente con quella di campionamento effettuata dalla sola Parte
• per ogni campagna acquisizione di un bianco di supporto e custodia dei campioni: 1 per ogni tipo di supporto; fiale aperte e subito dopo richiuse in campo; trasportati, conservati e analizzati come i campioni • conservazione: chiuse con gli appositi tappi, deposte in barattoli di vetro adeguatamente silanizzati 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CASO STUDIO: riscontri analitici SOIL GAS C_max nelle 3 campagne su tutti i SG • Set analitico (eseguite 3 campagne stagionali: luglio ‘12, novembre ‘12, marzo ‘13): - BTEXS - idrocarburi speciati (alifatici C5-C8, aromatici C9-C10, alifatici C9-C18) - composti alifatici clorurati cancerogeni e non Punti di SG in cui è stata - composti alogenati cancerogeni riscontrata la Cmax • massa quantificata sulle fiale di bianco < LR; SG 4
4
4
4
4 SG 6 1 5 9
9 11 10 4 8
8
1
BTEXS SG
4
4
4
alogenati 23
idrocarburi
CASO STUDIO: riscontri analitici SOIL GAS dettaglio variazione di C_max • Visualizzata valutazione di dettaglio solo per i composti sito-specifici • non si può individuare una stagionalità critica • le celle di SG critiche non sono sempre le stesse nel tempo • al variare della stagionalità cambia il composto presente in maggiori concentrazioni • la famiglia di idrocarburi nei soil gas, presente in maggiore concentrazione, varia nel tempo • presenti anche alifatici non rinvenuti nella acqua di falda è necessario condurre più campagne di monitoraggio in un anno + utile per valutare presenza di composti più volatili 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CASO STUDIO: cfr risultanze AdR Inalazione di vapori da soil gas (usando C_max tra tutte e 3 le campagne e in tutti i SG) tramite applicazione del modello analitico di Johnson & Ettinger: • lavoratore outdoor (stesse dimensioni di sorgente falda) R=8*e-6 (6*e-6 da Benzene); HI=0,75 • lavoratore indoor (soil gas ubicati sotto soletta) R=4,7*e-6 (3,2*e-6 da Benzene); HI=0,44 • residenziale outdoor R(adulto + bambino)=4,4*e-5 (3,3 e-5 da Benzene); HI= 1,6 adulto; 9,4 bambino • rischio da (falda + terreno) / rischio da soil gas: Lavoratore outdoor Lavoratore indoor Residente off-site R
HI
R
HI
R
HI (bambino)
0,16
3,87
1,35
29,32
0,17
1,20
• HI da dati soil gas < 1 per i recettori lavoratori • in generale valutazione da falda e terreno sovrastima rispetto a SG, ma R maggiore con valutazione da SG rispetto a falda + terreno • SG valutano anche contributo da terreno 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CASO STUDIO: vicinanza piezometri - soil gas coppia 1 2 3 4 5 6
SG 4 4 6 10 10 11
PM 10 8 8 3 5 3
d (m) 15,4 10 16,9 23,1 19,2 23,1
Zona sorgente terreno: da dati C_soil C_air = 9,43*e-1 mg/mc contributo valutabile direttamente con misure di SG
06 giugno 2013 4° workshop sostenibilitĂ e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta â&#x20AC;&#x201C; ing. Sara Puricelli
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CASO STUDIO: cfr C_air da dati ACQUE e SOIL GAS
Dettaglio zona con sorgente individuata in terreno: - coppia SG-PM più vicina; - C_air da terreno, per Toluene, maggiore rispetto a quella da SG; - non c’è una correlazione diretta tra le stime di C_air dalle diverse matrici; - al variare della campagna e della sostanza C_air da SG supera C_air da falda o viceversa 06 giugno 2013 4° workshop sostenibilità e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta – ing. Sara Puricelli
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CONTATTI
Per richieste di approfondimenti: m.torretta@arpalombardia.it s.puricelli@arpalombardia.it
06 giugno 2013 4° workshop sostenibilitĂ e gestione del rischio ambientale: il nuovo scenario bonifiche e rifiuti Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: caso studio in Provincia di Milano dr. geol Madela Torretta â&#x20AC;&#x201C; ing. Sara Puricelli
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Generazione di zone reattive in situ per la bonifica di acquiferi contaminati V. Zolla*, M. Luna**, R. Sethi**, A. Di Molfetta** * Bortolami â&#x20AC;&#x201C; Di Molfetta S.r.l. ** Politecnico di Torino
>> Zone reattive in situ In-Situ Reactive Zone (IRZ): tecnica di bonifica basata sul dosaggio di reagenti nel sottosuolo, affinché contaminanti presenti in falda vengano intercettati e degradati in composti innocui o definitivamente immobilizzati.
Ossidazione chimica
Riduzione chimica
Permanganato Persolfato Fenton Ozono
Ferro zero-valente (ZVI) Ditionite di sodio
Biodegradazione aerobica
Accettori di elettroni
Biodegradazione anaerobica
Donatori di elettroni
Altri (adsorbimento, precipitazione, etc.)
Adsorbenti (GAC, zeoliti) Carbonati Tensioattivi
>> Zone reattive anaerobiche in-situ Creare una zona reattiva anaerobica mediante il dosaggio in falda di donatori di elettroni e/o agenti riducenti. I donatori di elettroni (substrato organico) stimolano la crescita microbica, innescano processi di fermentazione con generazione di H2 e creano le condizioni ideali per Ia degradazione anaerobica dei contaminanti. Gli agenti riducenti (ZVI) consentono la degradazione abiotica diretta dei contaminanti con effetti sinergici fra processi biotici e abiotici. Contaminanti trattati: solventi clorurati, clorobenzeni e clorofenoli, pesticidi clorurati, PCB, perclorato, nitrati, solfati, metalli disciolti - Cr(VI).
>> Trattamento della sorgente BARRIERA PERMEABILE REATTIVA
Vs.
TRATTAMENTO DELLA SORGENTE
Trattamento del plume Sorgenti multiple non identificate Durata indefinita Installazione complessa Profondità < 30 m
Trattamento della sorgente Sorgenti identificate e delimitate Durata definita Semplicità di installazione Profondità < 70 m
Tecnologia consolidata
Tecnologia in via di sviluppo
>> Reagenti disponibili Substrato solubile a rilascio immediato: Sodio lattato Melassa Fruttosio Etanolo
Longevità: Solubilità: Viscosità: Mobilità:
giorni ÷ settimane alta bassa alta
Longevità: Solubilità: Viscosità: Mobilità:
mesi ÷ anni bassa alta bassa
Substrato viscoso a rilascio prolungato: Neat Vegetable Oil EVO Producs Hydrogen Release Compounds Mixed ZVI and Carbon Substrates (abiotic + biotic)
>> Scelta del reagente www.clu-in.org
Reazione in fase acquosa. Accelera dissoluzione e desorbimento del DNAPL in saturazione residua. Può essere inefficace per DNAPL pools in fase libera continua. Sono allo studio soluzioni innovative di dissoluzione/estrazione dei DNAPL. <<< rischio di rebound
>>> longevitĂ dei reagenti.
>> Distribuzione del reagente PERMEAZIONE
Vs.
FRATTURAZIONE
Q
Non altera la porositĂ del sottosuolo
Crea aperture aumentando porositĂ
Distribuzione uniforme
Distribuzione non uniforme
poche verticali di iniezione
molte verticali di iniezione
Q e p di iniezione basse, tempi lunghi
Q e p di iniezione alte, tempi brevi
Basso ROI
Alto ROI
Richiede acquiferi ad elevata K
Unica soluzione per acquiferi a bassa K
Reagenti liquidi non viscosi
Reagenti liquidi anche viscosi
>> Distribuzione del reagente PERMEAZIONE R. SOLUBILI
Vs. Vs.
FRATTURAZIONE R. VISCOSI
Reagente solubile Acquifero permeabile Dilavamento del reagente per trasporto advettivo!
FMC Adventus
>> Tecniche di iniezione DOSAGGIO IN PIEZOMETRI
In piezometri esistenti/completati ad hoc. Iniezione per permeazione. Iniezione a gravità o a bassa pressione (pompa a diaframma): p < 40 bar Q = 10 - 30 l/min
Reagenti liquidi non viscosi. Limitazioni: Accumulo all’interno della tubazione. Permeabilità dell’acquifero. Distribuzione verticale.
>> Tecniche di iniezione INIEZIONI DIRECT PUSH
In perfori Ø 1.25”-2.25”. Iniezione per fratturazione. Iniezione in pressione (p. a pistone): p = 60 - 90 bar Q = 3 - 10 l/min
Reagenti liquidi anche viscosi. Limitazioni: Profondità di perforazione. Granulometria dei terreni. Vie preferenziali.
>> Tecniche di iniezione POSTAZIONI MULTIPLE DI INIEZIONE
Postazioni fisse con punti di iniezione distribuiti lungo la verticale installate in sondaggi direct push o a rotazione. Iniezione per fratturazione in pressione (p. a pistone): p = 60 - 90 bar Q = 10 - 50 l/min
Vantaggi: VelocitĂ di esecuzione. Ripetibile. Reagenti liquidi anche viscosi. Elevate profonditĂ .
Limitazioni: Vie preferenziali.
MIXING UNIT/ PUMPING SYSTEM
>> Monitoraggio dell’intervento CONCENTRAZIONI DEI CONTAMINANTI
Piezometro Pz20
1000
10 cloruro di vinile
900
9
1,2-dicloropropano 1,1-dicloroetilene
VC (ug/l)
800
VC 1,2-DCP
8
700
7
600
6
500
5
400
4
CSR
300
300
3
200
2
100 3.5
1
potenziale redox
30 gen-12
ossigeno disciolto
apr-12
giu-12
lug-12
set-12
0 dic-12
nov-12
-100 1
-200
0.5
-300
0
mar-12
apr-12
giu-12
lug-12
set-12
nov-12
-0.5 dic-12
carbonio organico totale
700
conducibilità elettrica
600
3'500 3'000
500
2'500
400
2'000
300
1'500
200
1'000
100
500
0 gen-12
0 feb-12
mar-12
apr-12
mag-12
giu-12
conducibilità elettrica (uS/cm)
1.5
4'000
800
TOC (mg/l)
Eh (mV)
2 0
-400 gen-12
mar-12
2.5
100
ossigeno disciolto (mg/l)
200
1,2-DCP (ug/l) - 1,1-DCE (ug/l)
(1.0 m da punti di iniezione)
>> Monitoraggio dell’intervento CONCENTRAZIONI DEI CONTAMINANTI
Piezometro Pz7
350
(10 m a valle punti di iniezione)
300
10 cloruro di vinile
9
1,2-dicloropropano
8
VC 1,2-DCP
7 6
200
5 150
4 3
100
2 50 0 2.5 gen-12
Eh (mV)
50
2.0
0
1.5
-50
1.0
-100
0.5
-150 gen-12
mar-12
apr-12
giu-12
lug-12
set-12
nov-12
0.0 dic-12
mar-12
apr-12
giu-12
lug-12
set-12
0 dic-12
nov-12
3.0
2'400 carbonio organico totale
2.5
TOC (mg/l)
ossigeno disciolto
ossigeno disciolto (mg/l)
100
1
3.0 potenziale redox
conducibilità elettrica
2'000
2.0
1'600
1.5
1'200
1.0
800
0.5
400
0.0 gen-12
0 mar-12
apr-12
giu-12
conducibilità elettrica (uS/cm)
150
1,2-DCP (ug/l)
VC (ug/l)
250
Generazione di zone reattive in situ per la bonifica di acquiferi contaminati V. Zolla*, M. Luna**, R. Sethi**, A. Di Molfetta** * Bortolami â&#x20AC;&#x201C; Di Molfetta S.r.l. ** Politecnico di Torino
Intervento di MISO in provincia di Bologna mediante stimolazione della attivitĂ declorante e contenimento del pennacchio con una PRB: dalla progettazione alla realizzazione in piena scala Marco Petrangeli Papini Dipartimento di Chimica Sapienza UniversitĂ di Roma
GRUPPO DI LAVORO Scientific Consultant:
Project Executor
Technical Consultant for laboratory tests:
Dipartimento di Chimica Sapienza Università di Roma
Remedial design as follow: •
•
Site Conceptual Model
Permeable Barrier Calibration
•
Potential for reductive
execution of three column tests aimed
dechlorination determination
geology and hydrogeology;
to the definition of tickness and Zero
It is conductet through the execution of
environmental characterization;
Valent Iron mixing formula.
two laboratory tests: qPCR and
HHRA update
Enhancement Attenuation (EA)
CARD-FISH
•
•
qPCR allows to estimate the 16S rRNA
•
Physical barrier;
design aimed to the source reduction.
•
Reactive Barrier;
It is conducted through the
gene copies of Dehalococcoides spp., the
•
Enhanced attenuation for site internal
interpretation of the data coming from
sole bacterial genus shown to be able to
area treatment.
qPCR and CARD-FISH tests.
completely dechlorinate such compounds, beyond cis-DCE, to harmless ethene; •
CARD-FISH allows to count the target bacteria visualize and quantify only the whole cells, especially when occurring at very low concentrations. detection limit is even lower than qPCR (2-3 order of
Davide Degiorgi Gianmarco Lucchini
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
Marco Petrangeli Papini Lucia Pierro Serena Colella Massimiliano Baric
magnitude lower).
Simona Rossetti Bruna Maturro Valter Tandoi
2
Il sito in oggetto
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
3
Il sito in oggetto
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
4
Sezioni geologiche di dettaglio
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
5
Sezioni geologiche di dettaglio A
AI
AIII
AIII AIV
AV
da p.c. a 1.2 ÷ 1.5 m
da 1.2 ÷ 1.5 m a 2 ÷ 3.2
da 2 ÷ 3.2 m a 4.5 ÷ 5.5 da 4.5 ÷ 5.5 m a 6 ÷ 6.5
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
6
Caratteristiche idrauliche dell’acquifero :
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
•
Spessore:
~ 5 m;
•
Spessore saturo:
da 1,5 a 2,5 m;
•
Direzione del flusso di falda: ~ S – N;
•
Profondità dal p.c.:
•
Conduttività idraulica media: 10-4 ÷ 10-5 m/s.
da 2,5 a 3,5 m;
7
Stato della contaminazione Sintesi delle verifiche ambientali condotte: • 2009-2010: 29 sondaggi + 11 piezometri • 2010: 12 sondaggi + 8 piezometri, campionamento delle acque di falda + prove idrauliche
Sorgenti di contaminazione
• 2011: 4 nuovi piezometri, prove penetrometriche (SPT e DPSH), monitoraggio soil gas
RISULTATI • Matrice suolo non contaminata; • Le acque di falda sono risultate contaminate da solventi clorurati (PCE + prodotti di degradazione) tre ordini di grandezza superiori alle corrispondenti CSC (1,1 μg/l); • La contaminazione proviene da serbatoi interrati o vecchie pratiche di smaltimento incontrollate.
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Stato della contaminazione
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
9
Caratterizzazione microbiologica del sito • • •
Campagna di indagine settembre 2011 Campioni di acqua di falda da 11 piezometri dislocati nel sito Saggio microbiologico per l’identificazione e la stima dell’abbondanza del microorganismo Dehalococcoides mccartyi mediante Real Time PCR (qPCR) e CARD-FISH
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Iter Operativo ed Amministrativo Art. 242 d.Lgs. 152/2006 e s.m.i.
Step 1) Notifica art. 245 Maggio 2010
Step 6) Convocazione della Conferenza Dei Servizi (II) Giugno 2011
Step 2) Messa in sicurezza di Emergenza: Dicembre 2010
Step 7) Presentazione agli Enti Pubblici di un Piano di Bonifica
Step 3) Invio del Piano di Caratterizzazione: Novembre 2010
Step 8) Convocazione della conferenza dei servizi (III) per la discussione/approvazione del Piano di Bonifica
Step 4) Convocazione della Conferenza Dei Servizi (I): Dicembre 2010
Step 9) Esecuzione delle attivitĂ di bonifica
Step 5) Invio agli Enti dei risultati del Piano di Caratterizzazione e dell'Analisi di Rischio: Maggio 2011
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ALLEGATO 3 (parte IV, Titolo V, Dlgs 152/2006) CRITERI GENERALI PER LA SELEZIONE E L’ESECUZIONE DEGLI INTERVENTI DI BONIFICA E RIPRISTINO AMBIENTALE, DI MESSA IN SICUREZZA (D’URGENZA, OPERATIVA O PERMANENTE), NONCHE’ PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE MIGLIORI TECNICHE D’INTERVENTO A COSTI SOPPORTABILI Gli interventi di messa in sicurezza operativa si applicano ai siti contaminati in cui siano presenti attività produttive in esercizio. Tali interventi sono finalizzati a minimizzare o ridurre il rischio per la salute pubblica e per l’ambiente a livelli di accettabilità attraverso il contenimento degli inquinanti all’interno dei confini del sito, alla protezione delle matrici ambientali sensibili, e alla graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie mediante tecniche che siano compatibili col proseguimento delle attività produttive svolte nell’ambito del sito. Le misure di messa in sicurezza operativa si distinguono in: 1. mitigative 2. di contenimento INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Misure di contenimento Esse hanno il compito di impedire la migrazione dei contaminanti verso ricettori ambientali sensibili, quali acque superficiali e sotterranee. Esse sono generalmente applicate in prossimitĂ dei confini del sito produttivo. Esse si dividono in: 1. misure di sbarramento passive di natura fisica o statica; 2. misure di sbarramento attive di natura idraulica o dinamica; 3. misure di sbarramento reattive di natura chimica Le misure di sbarramento di tipo reattivo operano lâ&#x20AC;&#x2122;abbattimento delle concentrazioni degli inquinanti nelle acque di falda mediante sistemi costituiti da sezioni filtranti in cui vengono inserirti materiali in grado di degradare i contaminanti (barriere reattive permeabili).
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Interventi per la Messa In Sicurezza Operativa del sito
Interventi sul suolo superficiale in corrispondenza di un hot spot: •
Interruzione dei percorsi mediante pavimentazione della superficie con superamenti delle CSR per il parametro tetracloroetilene (PCE) (eseguita nell’agosto 2011)
Interventi sulla falda: •
Realizzazione di una Barriera Permeabile Reattiva a Funnel & Gate (combinazione di gate reattivo e diaframma impermeabile) come sistema di contenimento della falda
•
Stimolazione della attività biologica declorante in corrispondenza delle sorgenti secondarie di contaminazione (mitigazione delle sorgenti secondarie)
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Cosa è una barriera permeabile reattiva?
Courtesy of ETI
“ una installazione di materiale reattivo nel sottosuolo progettata per intercettare un pennacchio contaminato, consentire un flusso attraverso il mezzo reattivo, e trasformare i contaminanti in forme ambientalmente accettabili allo scopo di raggiungere valori di concentrazione adeguati alla bonifica a valle della barriera ” (U.S. EPA, 1998) INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Ia, ed unica, PRB a parete continua in Italia (ottobre 2004) (Avigliana, Torino)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Lunghezza = 120 m
Larghezza = 0.6 m
Profondità = 12 – 14 m
1700 tonnellate di Ferro
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Layout del sistema di MISO e modellazione idrogeologica
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Test di laboratorio per la selezione del materiale ed il dimensionamento dello spessore reattivo (Dip. Chimica)
3 mesi di sperimentazione â&#x20AC;&#x201C; 8 profili per la caratterizzazione cinetica
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Caratterizzazione cinetica della degradazione (modello dello pseudo primordine)
1.2
1.2
Colonna Gotthart Maier (50%) 21 giorni di funzionamento
1.0
0.8
[PCE]/[PCE]in
0.8
[PCE]/[PCE]in
Colonna Gotthart Maier (50%) 28 giorni di funzionamento
1.0
0.6
0.6
0.4
0.4
0.2
0.2
0.0
0.0 0
200
400
600
800
residence time (min)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
1000
1200
1400
0
200
400
600
800
1000
residence time (min)
20
Caratterizzazione cinetica della degradazione (modello dello pseudo primordine) 4,0 3,0
Connelly Gotthart Maier Connelly - PHB
2,0 1,0
-1
Kobs (h )
cambio acqua di alimentazione
0,5
0,0 0
20
40
60
80
Giorni di funzionamento
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Valutazione dello spessore teorico della barriera reattiva Simulazione PRB (75% Fe) Kobs minima Spessore barriera (m) 0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
1,2
Concentrazione PCE (mg/l)
1,0
• Diversi valori della costante cinetica
0.5 m/d
0,8
• Diversa percentuale di ferro nel riempimento
0,6
0,4
• Diversa velocità di attraversamento
10 g L-1 1.1 g L-1
0,2
0,0 0
10
20
30
40
50
Tempo di residenza in PRB (h)
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Iter Operativo ed Amministrativo Art. 242 d.Lgs. 152/2006 e s.m.i.
Step 1) Notifica art. 245 Maggio 2010
Step 6) Convocazione della Conferenza Dei Servizi (II) Giugno 2011
Step 2) Messa in sicurezza di Emergenza: Dicembre 2010
Step 7) Presentazione agli Enti Pubblici di un Progetto di MISO: Novembre 2011
Step 3) Invio del Piano di Caratterizzazione: Novembre 2010
Step 8) Convocazione della conferenza dei servizi (III) Gennaio 2012
Step 4) Convocazione della Conferenza Dei Servizi (I): Dicembre 2010
Step 9) Esecuzione delle attivitĂ di bonifica: Settembre 2012
Step 5) Invio agli Enti dei risultati del Piano di Caratterizzazione e dell'Analisi di Rischio: Maggio 2011
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
Dimensione gate 1: • •
Lunghezza 45 m , profondità 5.20 m, riempimento 3 m, spessore 1.2 m 300 ton ZVI (miscela al 75%)
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
Funnel Impermeabile: • Lunghezza 163 m • Profondità 5.5 m • Spessore 37 cm
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Realizzazione dell’intervento (settembre 2012 – gennaio 2013)
INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Master di II livello Caratterizzazione e Tecnologie per la Bonifica dei Siti Inquinati Sito web: www.masterbonifica.uniroma1.it
Grazie per l’attenzione INTERVENTO DI MISO IN PROVINCIA DI BOLOGNA
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Rifiuti Speciali: problematiche aperte Enrico G. Accotto
Produzione Rifiuti Speciali anno 2010 Italia
Piemonte Rifiuti Prodotti Anno 2010
mil. di t
Rifiuti Speciali NP
4,3
961,5
Rifiuti Speciali P
0,7
147,9
Rifiuti Inerti
3,8
845,8
kg/ab*anno
Rifiuti Prodotti Anno 2010
mil. di t
kg/ab*anno
Rifiuti Speciali NP
69,0
1137,4
Rifiuti Speciali P
9,6
159,1
Rifiuti Inerti
59,2
975,7 Dato ISPRA
Dato MUD
Totale: 8,7 mil.di t
Totale: 137,8 mil.di t
>> Rifiuti Speciali: gestione
Fonte Arpa Piemonte
>> L’importazione di Rifiuti Speciali: riguarda quasi esclusivamente i RS non pericolosi; la provincia più interessata è Torino; i maggiori quantitativi provengono dalla Francia; i flussi maggiori riguardano scarti legnosi, metalli e imballaggi in plastica. >> L’esportazione di Rifiuti Speciali: per il 57 % riguarda i rifiuti pericolosi; metà dei quantitativi sono inviati in Germania (50 %), seguita da Cina, Francia ed altri Paesi UE; in Germania sono inviati in particolare rifiuti pericolosi contenenti amianto; in Cina vengono inviati rifiuti non pericolosi quali plastiche, imballaggi e cavi metallici.
>> Rifiuti Speciali: gestione I rifiuti soggetti ad attività di recupero e smaltimento, compreso il conferimento in discarica sono pari a circa 10 milioni di tonnellate, • ca 8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, sono stati sottoposti alle operazioni di recupero (il 78% di quelli gestiti in Piemonte), • il 9% è smaltito in discarica (884.000 t) • il restante 13% mediante altre tipologie di smaltimento recupero R_R10 discarica
altri smaltimenti incenerimento
10.000
+8% +6%
884
+21%
9.000
+10%
t*1000/anno
8.000
+13%
7.000 6.000 5.000
521 858
355 1.031
573 -2%
576 663
584 761
525 772
1.072
4.000 3.000 2.000
4.007
4.703
5.344
5.283
6.208
+10%
1.184
1.285
1.166
6.645
7.197
7.913
1.000 2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
>> Rifiuti Speciali: il recupero 4.000 3.500 3.000 2.500
t/anno*1000
2.000 1.500 1.000 500 Utilizzo Recupero come solventi combustibile
R1
2005
Recupero sostanze organiche
R2
R3
2006
Recupero Recupero di Utilizzo in Altri recuperi Messa in dei metalli altre agricoltura o riserva sostanze recuperi inorganiche ambientali R4
2007
R5
2008
R10
R6-R7-R8R9
2009
R13
2010
Le principali operazioni di recupero : R5 recupero delle sostanze inorganiche ha superato i 4 milioni di tonnellate 51%. R3 recupero delle sostanze organiche rappresenta il 19% (oltre 1,5 milioni di tonnellate). R4 recupero dei metalli costituisce un ulteriore 16%, poco pi첫 di 1,2 milioni di tonnellate. R10 spandimento sul suolo un ulteriore 10% (780.000 tonnellate ca).
Elaborata da Regione Piemonte (Rifiuti Urbani) e Arpa Piemonte (Rifiuti Speciali)
Disponibili su: http://extranet.regione.piemonte.it/ambiente/rifiuti/
>> Rifiuti Speciali: approfondimenti Sono stati fatti approfondimenti su particolari tipologie di rifiuti speciali: Rifiuti sanitari; Rifiuti da Costruzione e Demolizione; Rifiuti da impianti di trattamento dei rifiuti e delle acque; Veicoli fuori uso; Apparecchiature contenenti PCB; Pneumatici fuori uso.
>> Problematiche aperte Tavolo tecnico di confronto con il Ministero 14/05/2013: Tematiche per le quali la Conferenza della Regioni ha individuato una soluzione condivisa. Documenti approvati dalla Conferenza delle Regioni che contemplano criticità per la cui soluzione è necessario un provvedimento statale. Richieste di chiarimenti sulle quale le regioni potrebbero fornire un contributo ai fini della risoluzione. Si tratta di argomenti (problematiche) ove sarebbe sufficiente un parere ministeriale, oppure che richiedono di essere esaminati con particolare urgenza, o proposte non ancora condivise tra Regioni (in Comm. AE o in Conf. dei Presidenti), o proposte ministeriali.
>> Problematiche aperte: Discariche e Rifiuti Pericolosi DM 27/09/2010 “Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica”: esclusione della verifica del parametro DOC nel conferimento di rifiuti non pericolosi in discarica ; definizione di rifiuti pericolosi stabili e non reattivi; determinazione parametro TOC su rifiuti destinati a discariche per rifiuti inerti; introduzione nel DM su ammissibilità rifiuti in discarica del metodo di classificazione dei rifiuti con pH estremi; sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi – deroghe ex artt. 7 e 10 DM 27/09/2010.
Proposta emendative regionali riguardante l’art. 14, comma 4, del D.Lgs n. 36/2003 in merito alla costituzione delle garanzie finanziarie per la gestione postchiusura delle discariche. Criteri di miscelazione dei rifiuti pericolosi. Definizione di rifiuto pericoloso di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b) del D. Lgs. 162/06. Tutte le problematiche di questa slide, con relative proposte di soluzione, sono già state approvate in Conferenza dei Presidenti ed inviate al Ministero Ambiente
>> Problematiche aperte: Terre e rocce A far data dal 6 ottobre 2012 la disciplina per la gestione delle terre e rocce da scavo, come sottoprodotti diviene il:
DM 161 del 10 agosto 2012 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo” Scavi tra 0 e 6.000 metri cubi Non sono date indicazioni in merito. Il Ministero dell’Ambiente ha precisato con nota del 14 novembre 2012 che il d.m. 161/2012 “non ha trattato l’argomento in quanto l’art. 166, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 così come modificato dall’art. 2, comma 45-bis, d.lgs. n. 4 del 2008 indicava la necessità di un diverso decreto in quanto: “Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia”.
Decreto attuativo per la semplificazione dell’utilizzo di terre e rocce da scavo prodotti nei cantieri di piccole dimensioni applicazione art. 266 c.7 del D.Lgs 152/06.
>> Problematiche aperte: altro … Regolamento (UE) n. 333/2011 sulla cessazione della qualifica di rifiuto (EOW) di alcuni rottami metallici Riguarda alcuni passaggi interpretativi riguardanti l’applicazione delle procedure semplificate e la nozione di mps (problemi che si riproporranno negli ormai prossimi Reg. sull’EOW: vetro, rame, carta, compost), nonché la raccolta dei rottami metallici in forma ambulante ai sensi dell’art. 266
c.5 del D.Lgs 152/06, che a causa di un’ applicazione non omogenea della norma a livello nazionale sta creando forti criticità (anche sociali). Le Regioni hanno affrontato la questione e hanno elaborato un documento finalizzato alla semplificazione per la raccolta e trasporto di tali tipologie di rifiuto da valutare con il Ministero ed il Comitato Nazionale dell’Albo Gestori.
Applicazione SISTRI (trasferimento dati di ritorno; due banche dati) Sanzioni per omessa compilazione del MUD: incertezza di applicazione; Criteri di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, ai fini della raccolta e dello smaltimento …continua
>> …
Linee guida per le attività di recupero energetico dei rifiuti. Applicazione dell’ecotossicità alla pratica della fluitazione dei fanghi. Decreto di definizione per l’equiparazione del digestato ai concimi (L. 134/2012)
…continua
Grazie per lâ&#x20AC;&#x2122;attenzione
Terre e Rocce da Scavo secondo il D.M. 161/2012: Indirizzi ai Comuni ed alle Imprese Gian Luigi Soldi Ufficio Discariche e Bonifiche Servizio Pianificazione e Gestione Rifiuti, Bonifiche, SostenibilitĂ Ambientale
soldi@provincia.torino.it
CONTENUTO DELLA PRESENTAZIONE Il nuovo Regolamento di cui al D.M. 10 agosto 2012 n. 161: aspetti amministrativi e tecnici Le principali problematiche emerse nella prima applicazione del nuovo Regolamento FAQ Conclusioni
DM 161/2012 - Gian Luigi Soldi
Terre, rocce e “materiali” da scavo
POSSIBILI REGIMI APPLICABILI Gestione come rifiuto speciale (CER 17 05 03* e 17 05 04) Esclusione dalla disciplina sui rifiuti (D.lgs 152/2006, art. 185): utilizzo nel sito di produzione Gestione come sottoprodotto, sulla base di criteri specifici (D.lgs 152/2006, art. 184-bis) D.M. 10 agosto 2012 n. 161
D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo” Art. 1
Definizioni
Art. 2
Finalità
Art. 3
Ambiti di applicazione ed esclusione
Art. 4
Disposizioni generali
Art. 5
Piano di utilizzo
Art. 6
Situazioni di emergenza
Art. 7
Obblighi generali
Art. 8
Modifica del piano di utilizzo
Art. 9
Realizzazione del Piano di Utilizzo
Art. 10
Deposito in attesa di utilizzo
Art. 11
Trasporto
Art. 12
Dichiarazione di avvenuto utilizzo - D.A.U .
Art. 13
Gestione dei dati
Art. 14
Controlli e ispezioni
Art. 15
Disposizioni finali e transitorie
Art. 16
Clausola di riconoscimento reciproco
DM 161/2012 - Gian Luigi Soldi
D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”
Allegato 1 Caratterizzazione ambientale dei materiali da scavo Allegato 2 Procedure di campionamento in fase di progettazione Allegato 3 Normale pratica industriale Allegato 4 Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali Allegato 5 Piano di utilizzo Allegato 6 Documento di trasporto Allegato 7 Dichiarazione di avvenuto utilizzo-D.A.U.
MODULISTICA
Allegato 8 Procedure di campionamento in fase esecutiva e per i controlli e le ispezioni Allegato 9 Materiali di riporto di origine antropica
D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”
in vigore dal 6 ottobre 2012
abroga l’art. 186 del D.lgs 152/2006 e conseguentemente tutte le linee guida “locali” correlate, fornendo comunque disposizioni transitorie per i procedimenti già avviati
non contiene “procedure semplificate” per la gestione dei cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i 6000 m3, per i quali l’art. 266 del del D.lgs 152/2006 ha previsto l’emanazione di una di disciplina specifica
non modifica le disposizioni dell’art. 185 del D.lgs 152/2006 comma 1, lettera c, che consentono di gestire al di fuori del regime dei rifiuti il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale ove è certo che lo stesso verrà utilizzato ai fini di costruzione nello stesso sito in cui è stato escavato
sono esplicitamente esclusi (art. 3) i rifiuti provenienti direttamente dalla demolizione di edifici o altri manufatti preesistenti, la cui gestione ricade nell’ambito dei rifiuti
DM 161/2012 - Gian Luigi Soldi
D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”
Rapporti con il D.lgs 152/2006, Art. 185 Nota della Segreteria Tecnica del Ministero dell’Ambiente (MATTM) del 14 novembre 2012 a seguito di richiesta di chiarimenti dell’Ordine dei Geologi della Regione Umbria Il D.M. 161/2012 non tratta il materiale riutilizzato nello stesso sito in cui è stato prodotto, disciplinato dall’art. 185 Il D.M. 161/2012 non tratta le procedure semplificate per i “piccoli cantieri” inferiori a 6000 m3, che saranno oggetto di disciplina specifica ai sensi dell’art. 266 del D.lgs 152/2006
DM 161/2012 - Gian Luigi Soldi
D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”
il materiale di scavo rientra nella definizione di SOTTOPRODOTTO di cui all’art 183 (cioè non in quella di rifiuto), in applicazione dell’art. 184-bis, comma 1 del D.Lgs. 152/2006, qualora siano rispettate le seguenti quattro condizioni (art. 4): deve essere generato durante la realizzazione dell'opera il cui scopo primario non è la sua produzione (es. sono escluse le attività di cava) deve essere riusato: 1) nell'esecuzione della stessa o di un'altra opera oppure 2) in processi produttivi in sostituzione del materiale di cava, in conformità al PIANO DI UTILIZZO deve essere idoneo ad essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale, opportunamente definita in allegato 3 deve soddisfare requisiti di qualità ambientale (allegato 4), con particolare riferimento ai limiti di cui alle Colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 della parte IV del D.Lgs. 152/2006 (Concentrazioni Soglia di Contaminazione o CSC) o a valori di fondo naturale
D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”
Art. 1. Definizioni: OPERA il risultato di un insieme di lavori di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro,manutenzione, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, e successive modificazioni Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (G.U. n. 100 del 2 maggio 2006)
Art. 3, comma 8. I «lavori» di cui all'allegato 1 comprendono le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, di opere. Per «opera» si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica.
DM 161/2012 - Gian Luigi Soldi
D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”
Art. 1. Definizioni: MATERIALI DA SCAVO
scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.)
perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento, ecc.
opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada, ecc.)
rimozione e livellamento di opere in terra,
materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulometriche
provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d’acqua, spiagge, fondali lacustri e marini;
residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, ecc.), anche non connessi alla realizzazione di un’opera e non contenenti sostanze pericolose (es. flocculanti con acrilamide e poliacrilamide)
possono contenere anche materiali di riporto (allegato 9) e materiali “antropici”
D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”
Contenuto di materiali “antropici” (art.1 – Definizioni: “materiali da scavo”) I materiali da scavo possono contenere, semprechè la composizione media dell’intera massa non presenti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal presente Regolamento, anche i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato;
non è definita la quantità massima ammissibile
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Materiali di riporto di origine antropica (allegato 9) Si configurano come orizzonti stratigrafici costituiti da materiali di origine antropica, ossia derivanti da attività quali attività di scavo, di demolizione edilizia, di recupero, di residui di lavorazione ecc, che si possono presentare variamente frammisti al suolo e al sottosuolo I materiali di origine antropica che si possono riscontrare nei riporti, qualora frammisti al terreno naturale nella quantità massima del 20% in massa, sono indicativamente identificabili con le seguenti tipologie di materiali: - materiali litoidi - pietrisco tolto d’opera, - calcestruzzi - laterizi, - refrattari - prodotti ceramici, - intonaci, ecc.
Legge 28/2012 , conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 25 gennaio 2012 n. 2 (vigente dal 17/04/2012)
TERRENO DI RIPORTO
I riferimenti al “suolo” contenuti nell’art 185 si interpretano come riferiti alle matrici materiali di riporto
Si tratta di materiali eterogenei utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei
Può essere considerato ”sottoprodotto”, qualora ne sussistano le condizioni (es. terre e rocce da scavo)
Il materiale di riporto è inserito nell’elenco delle matrici ambientali riferite al “sito”, definito all’art. 240 del D.lgs 152/2006
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Art. 1. Definizioni: AUTORITA’ COMPETENTE «autorità competente»: è l’autorità che autorizza la realizzazione dell’opera e, nel caso di opere soggette a valutazione ambientale e/o ad autorizzazione integrata ambientale, è l’autorità competente di cui all’articolo 5, comma 1, lettera p), del decreto legislativo n. 152 del 2006, e s.m.i. PROPONENTE ed ESECUTORE «proponente»: il soggetto che presenta il Piano di Utilizzo; «esecutore»: il soggetto che attua il Piano di Utilizzo e ne assume la responsabilità; Ci sono anche il trasportatore e l’utilizzatore (o soggetto terzo)
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Art. 1. Definizioni: Normale pratica industriale (allegato 3) operazioni, anche condotte non singolarmente, finalizzate al miglioramento delle sue caratteristiche merceologiche per renderne l’utilizzo maggiormente produttivo e tecnicamente efficace: - selezione granulometrica del materiale da scavo; - riduzione volumetrica mediante macinazione; - stabilizzazione a calce, a cemento o altra forma per conferire ai materiali da scavo le caratteristiche geotecniche necessarie (concordando con ARPA) - stesa al suolo per consentire l’asciugatura e la maturazione al fine di conferire migliori caratteristiche di movimentazione, l’umidità ottimale e favorire l’eventuale biodegradazione naturale degli additivi utilizzati per consentire le operazioni di scavo; - riduzione della presenza degli elementi/materiali antropici eseguita sia a mano che con mezzi meccanici, qualora questi siano riferibili alle necessarie operazioni per esecuzione dell’escavo.
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DISPOSIZIONI “ONEROSE” ISPRA, entro tre mesi dalla pubblicazione del Decreto, dovrà definire (art. 4): Un tariffario nazionale a copertura dei costi sostenuti da ARPA/APPA per le attività di competenza di cui all’art. 5 (Piano di Utilizzo)
Il Ministero dell’Ambiente, nei successivi tre mesi dovrà: Adottare il tariffario nazionale (in corso di pubblicazione) Definire le modalità di stipula di idonee garanzie finanziarie, qualora le opere ed il Piano di Utilizzo non vadano a buon fine
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PIANO DI UTILIZZO (art. 5) È presentato, redatto conformemente ai contenuti indicati nell’ALLEGATO 5, dal proponente all’Autorità competente almeno 90 giorni prima dell’inizio dei lavori, anche per via telematica Nel caso in cui l’opera sia sottoposta a VIA, l’espletamento delle procedure relative al Piano di Utilizzo deve avvenire prima dell’espressione del parere di VIA L’autorità competente può chiedere una sola volta integrazioni al Piano entro 30 giorni e, entro 90 giorni, approvarlo o esprimere diniego Il Piano deve dimostrare il rispetto delle CSC di cui alle colonne A o B dell’allegato 5 al Titolo V, parte IV del D.lgs 152/2006 e s.m.i., riferite alla destinazione urbanistica dei siti di produzione e di destinazione L’autorità competente può chiedere motivatamente, entro 30 giorni, una verifica di ARPA, che deve compiere gli accertamenti, anche in contraddittorio, entro 45 giorni, comunicandone gli esiti agli Enti
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PIANO DI UTILIZZO (art. 5) Il Piano di Utilizzo del materiale da scavo è presentato dal proponente all’Autorità competente almeno novanta giorni prima dell’inizio dei lavori per la realizzazione dell’opera. Il proponente ha facoltà di presentare il Piano di Utilizzo all’Autorità competente in fase di approvazione del progetto definitivo dell’opera. Nel caso in cui l’opera sia oggetto di una procedura di valutazione ambientale, ai sensi della normativa vigente, l’espletamento di quanto previsto dal presente Regolamento deve avvenire prima dell’espressione del parere di valutazione ambientale. …l’Autorità competente, entro novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo o delle eventuali integrazioni, in conformità a quanto previsto dal comma 2, approva il Piano di Utilizzo o lo rigetta. Decorso il sopra menzionato termine di novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo all’Autorità competente o delle eventuali integrazioni, il proponente gestisce il materiale da scavo nel rispetto del Piano di Utilizzo, fermi restando gli obblighi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell’opera.
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(PIANO DI UTILIZZO) Qualora il sito presenti superamenti delle CSC per fenomeni naturali, i limiti di concentrazione assunti saranno pari al valore di fondo Il Piano di accertamento dei valori di fondo naturale dovrà essere eseguito in contraddittorio con ARPA ed il materiale da scavo potrà essere utilizzato presso il sito di produzione o destinato ad altro sito con analogo fondo naturale Nel caso in cui il sito di produzione sia interessato da interventi di bonifica o di ripristino ambientale, la possibilità di presentare il Piano di Utilizzo è individuata dall’ARPA entro 60 giorni, che verifica il rispetto delle CSC (colonne A e B) riferite alla destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione
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Fondo naturale
Fonte: Regione Piemonte - ARPA
Siti oggetto di interventi di bonifica
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Applicazione ai siti oggetto di interventi di bonifica (art. 5, comma 5) (omissis) …i requisiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d) sono
individuati dall'Agenzia regionale di protezione ambientale (Arpa) o dall'Agenzia provinciale di protezione ambientale (Appa) competente per territorio secondo il tariffario di cui all'articolo 4, comma 3. L'Arpa o Appa, entro sessanta giorni dalla data della richiesta, comunica al proponente se per i materiali da scavo, ivi compresi i materiali da riporto, i valori riscontrati per tutti gli elementi e i composti di cui alla tabella 1 dell'allegato 5, alla Parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, non superano le Concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della medesima tabella 1 sopra indicata, con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di destinazione indicata dal Piano di Utilizzo. In caso di esito positivo, il proponente può presentare il Piano di Utilizzo secondo quanto indicato al comma 3.
la “forchetta” tra le CSC Esempio: procedura di bonifica con cambio di destinazione d’uso da industriale a residenziale C>CSC industriali
RIFIUTI cambio destinazione d’uso UST UST
CSC residenziali
TERRE E ROCCE DA SCAVO CSC residenziali < C < CSC industriali CSC industriali
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Applicazione ai siti oggetto di interventi di bonifica Nota ISPRA (Servizio Rifiuti) alla Direzione del MATTMDirezione Generale per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche, del 30/01/2013
Oggetto:
Criticità del D.M. 161/2012 in relazione a procedimenti di bonifica
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Applicazione ai siti oggetto di interventi di bonifica Nota ISPRA (Servizio Rifiuti) alla Direzione del MATTM del 30/01/2013 Qualora Ie terre e rocce vengano utilizzate al di fuori del sito di produzione dovranno essere rispettati i seguenti requisiti: •
le terre e rocce rispettano Ie CSC con riferimento sia al sito di produzione che a quello di destinazione ed, in particolare, provengono da sub-aree non contaminate o sottoposte a procedure di bonifica per fasi concluse come previste dall'art.40, comma 5 della Legge 22 dicembre 2011 ("Salva Italia");
•
Ie terre e rocce da scavo sono riferibili alla realizzazione di un' opera;
•
Ie terre e rocce saranno interamente utilizzate secondo quanto previsto dal Piano di Utilizzo approvato dall' autorità competente;
•
in presenza di riporti (Allegato 9), il materiale di origine antropica (da caratterizzarsi secondo Ie metodiche specifiche per i rifiuti) non supera il 20% in massa;
•
l'utilizzo delle terre e rocce non pone rischi in termini di contaminazione delle acque sotterranee (utilizzo dei test di cessione di cui alla norma UNI 10802 confronto con i limiti del DM 05/02/98).
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Applicazione ai siti oggetto di interventi di bonifica
Nota ISPRA (Servizio Rifiuti) alla Direzione del MATTM del 30/01/2013
Si ritiene inoltre opportuno che la procedura di caratterizzazione delle terre e rocce nell'ambito di applicazione del DM 161/12 e la valutazione del Piano di Utilizzo da parte dell'autorità competente vengano svincolate dal procedimento di bonifica e quindi non siano sottoposte ad approvazione da parte della Conferenza di Servizi convocata nell'ambito del procedimento di bonifica.
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(PIANO DI UTILIZZO)
TEMPI Il Piano di Utilizzo definisce la durata di validità del piano stesso Entro due mesi antecedenti la scadenza del Piano potrà essere presentato un nuovo Piano di Utilizzo, che potrà avere la durata massima di 1 anno Salvo deroghe motivate, l’inizio dei lavori deve avvenire entro 2 anni dalla presentazione del Piano di Utilizzo Allo scadere dei termini il materiale di scavo dovrà essere gestito come rifiuto
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CONTENUTO DEL PIANO DI UTILIZZO (allegato 5) Il Piano di Utilizzo deve definire: 1. ubicazione dei siti di produzione dei materiali da scavo con l'indicazione dei relativi volumi in banco suddivisi nelle diverse litologie; 2. ubicazione dei siti di utilizzo e individuazione dei processi industriali di impiego dei materiali da scavo con l'indicazione dei relativi volumi di utilizzo suddivisi nelle diverse tipologie e sulla base della provenienza dai vari siti di produzione. I siti e i processi industriali di impiego possono essere alternativi tra loro; 3. operazioni di normale pratica industriale finalizzate a migliorare le caratteristiche merceologiche, tecniche e prestazionali dei materiali da scavo per il loro utilizzo, con riferimento a quanto indicato all'allegato 3; 4. modalità di esecuzione e risultanze della caratterizzazione ambientale dei materiali da scavo eseguita in fase progettuale…
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Contenuto del Piano di Utilizzo (allegato 5) (caratterizzazione ambientale dei materiali da scavo eseguita in fase progettuale) — i risultati dell'indagine conoscitiva dell'area di intervento (fonti bibliografiche, studi pregressi, fonti cartografiche, ecc) con particolare attenzione alle attività antropiche svolte nel sito o di caratteristiche naturali dei siti che possono comportare la presenza di materiali con sostanze specifiche; — le modalità di campionamento, preparazione dei campioni ed analisi con indicazione del set dei parametri analitici considerati che tenga conto della composizione naturale dei materiali da scavo, delle attività antropiche pregresse svolte nel sito di produzione e delle tecniche di scavo che si prevede di adottare e che comunque espliciti quanto indicato agli allegati 2 e 4 del presente regolamento; — indicazione della necessità o meno di ulteriori approfondimenti in corso d'opera e dei relativi criteri generali da eseguirsi secondo quanto indicato nell'allegato 8, Parte a);
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Contenuto del Piano di Utilizzo (allegato 5)
(Il Piano di Utilizzo deve definire:)
5. ubicazione delle eventuali siti di deposito intermedio in attesa di utilizzo, anche alternative tra loro con l'indicazione dei tempi di deposito; 6. individuazione dei percorsi previsti per il trasporto materiale da scavo tra le diverse aree impiegate nel processo di gestione (siti di produzione, aree di caratterizzazione, aree di deposito in attesa di utilizzo, siti di utilizzo e processi industriali di impiego) ed indicazione delle modalità di trasporto previste (a mezzo strada, ferrovia, slurrydotto, nastro trasportatore, ecc.).
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Contenuto del Piano di Utilizzo (allegato 5) Al fine di esplicitare quanto richiesto il Piano di Utilizzo deve avere, anche in riferimento alla caratterizzazione dei materiali da scavo, i seguenti elementi per tutti i siti interessati dalla produzione alla destinazione, ivi comprese aree temporanee, viabilità, ecc: 1. inquadramento territoriale a) denominazione dei siti, desunta dalla toponomastica del luogo; b) ubicazione dei siti (comune, via, numero civico se presente); c) estremi cartografici da Carta tecnica regionale (Ctr); d) corografia (preferibilmente scala 1:5.000); e) planimetrie con impianti, sottoservizi sia presenti che smantellati e da realizzare (preferibilmente scala 1:5.000); 2. inquadramento urbanistico: 2.1 Individuazione della destinazione d'uso urbanistica attuale e futura, con allegata cartografia da strumento urbanistico vigente;
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Contenuto del Piano di Utilizzo (allegato 5) 3. Inquadramento geologico ed idrogeologico: 3.1 descrizione del contesto geologico della zona, anche mediante l'utilizzo di informazioni derivanti da pregresse relazioni geologiche e geotecniche; 3.2 ricostruzione stratigrafica del suolo/sottosuolo, mediante l'utilizzo dei risultati di eventuali indagini geognostiche e geofisiche già attuate. I riporti se presenti dovranno essere evidenziati nella ricostruzione stratigrafica del suolo/sottosuolo; 3.3 descrizione del contesto idrogeologico della zona (presenza o meno di acquiferi e loro tipologia) anche mediante indagini pregresse; 3.4 livelli piezometrici degli acquiferi principali, direzione di flusso, con eventuale ubicazione dei pozzi e piezometri se presenti (cartografia preferibilmente a scala 1:5.000);
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Contenuto del Piano di Utilizzo (allegato 5) 4. descrizione delle attività svolte sul sito: 4.1 uso pregresso del sito e cronistoria delle attività antropiche svolte sul sito; 4.2 definizione delle aree a maggiore possibilità di inquinamento e dei possibili percorsi di migrazione; 4.3 identificazione delle possibili sostanze presenti; 4.4 risultati di eventuali pregresse indagini ambientali e relative analisi chimiche fisiche; 5. piano di campionamento e analisi 5.1 descrizione delle indagini svolte e delle modalità di esecuzione; 5.2 localizzazione dei punti mediante planimetrie; 5.3 elenco delle sostanze da ricercare come dettagliato nell'allegato 4; 5.4 descrizione delle metodiche analitiche e dei relativi limiti di quantificazione
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SITUAZIONI DI EMERGENZA (art. 6) In caso di situazioni di emergenza dovute a causa di forza maggiore (che non sono definite!) è prevista una deroga alla procedura dell’art. 5 L’esistenza dei requisiti necessari è attestata dal proponente mediante dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi del DPR 445/2000, da trasmettere e prima dell’inizio dei lavori entro 15 giorni dall’inizio dei lavori, dovrà comunque essere trasmesso il Piano di Utilizzo, secondo le modalità previste dall’art. 5 E’ facoltà dell’Autorità Competente eseguire controlli e richiedere integrazioni alla documentazione presentata La deroga non si applica ai siti sottoposti a procedure di bonifica
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OBBLIGHI e MODIFICA del PU (artt. 7-8-9) Il Piano di Utilizzo nonché le dichiarazioni ai sensi dell’art. 6 devono essere conservate presso il sito di produzione del materiale scavato o, nel caso in cui ciò risulti eccessivamente oneroso, presso la sede legale del Proponente e, se diverso, anche dell’Esecutore (art. 7) La documentazione suddetta è conservata per 5 anni e resa disponibile in qualunque momento all’autorità di controllo. Copia di tale documentazione deve essere conservata anche presso l’Autorità Competente (art. 7) (art. 8) In caso di modifica sostanziale (aumento volume in banco >20%, destinazione, deposito intermedio o tecnologia di scavo), il PU deve essere aggiornato, secondo la procedura dell’art. 5 Prima dell’inizio dei lavori il Proponente deve dare comunicazione dell’Esecutore, che dovrà fare proprio il Piano e ne risulterà responsabile, compilando la prevista modulistica (allegati 6 e 7) e garantendo la tracciabilità del materiale (art. 9)
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Deposito, Trasporto e Dichiarazioni (artt. 10-11-12) Il deposito del materiale scavato avviene all’interno del sito di produzione e dei siti dei deposito intermedio e di destinazione, indicati nel Piano di Utilizzo, rispettandone i tempi di durata Il deposito del materiale scavato dovrà essere fisicamente separato e autonomamente gestito rispetto agli eventuali rifiuti prodotti, nonchè dotato di apposita segnaletica indicante informazioni e quantità Il trasporto del materiale dal sito di produzione è accompagnato dalla documentazione di cui all’allegato 6, in triplice/quadruplice copia (sei il proponente e l’esecutore sono diversi) e conservata per 5 anni L’avvenuto utilizzo del materiale in conformità al Piano è attestato dall’Esecutore con una dichiarazione, in conformità all’allegato 7 (D.A.U.), entro i termini previsti dal Piano Nel caso in cui l’utilizzo avvenga da parte di soggetto terzo (da indicare nella D.A.U.), diverso da proponente o esecutore, questo dovrà comunque effettuare comunicazione del completamento dell’utilizzo
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Allegato 6 - Documento di trasporto Preventivamente al trasporto del materiale da scavo, deve essere inviata all'Autorità competente una comunicazione attestante le generalità della stazione appaltante, della ditta appaltatrice dei lavori di scavo/intervento, della ditta che trasporta il materiale, della ditta che riceve il materiale e/del luogo di destinazione, targa del mezzo utilizzato, sito di provenienza, data e ora del carico, quantità e tipologia del materiale trasportato. Qualora intervengano delle modifiche, queste dovranno essere comunicate tempestivamente, anche solo per via telematica all'Autorità competente. Dovrà essere inoltre compilato un modulo per ogni automezzo che compie il trasporto dei materiali da scavo a partire da un unico sito di produzione verso un unico sito di utilizzo o di deposito provvisorio previsti da apposito piano di utilizzo. Il documento, che deve viaggiare insieme al materiale, una volta completato il trasporto, deve essere conservato in originale dal responsabile del sito di utilizzo e in copia dal produttore, dal proponente e responsabile del trasporto. MODULO (allegato 6)
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Articolo 12 Dichiarazione di avvenuto utilizzo - D.A.U. 1. L'avvenuto utilizzo del materiale escavato in conformità al Piano di Utilizzo é attestato dall'esecutore all'autorità competente, mediante una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in conformità all'allegato 7 e corredata della documentazione completa richiamata al predetto allegato. MODULO (allegato 7) 2. Il deposito o altre forme di stoccaggio di materiali escavati non costituiscono un utilizzo ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b). 3. La dichiarazione di cui al precedente comma 1 è conservata per cinque anni dalla dichiarazione di avvenuto utilizzo ed è resa disponibile in qualunque momento all'autorità di controllo che ne faccia richiesta.
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Articolo 12 Dichiarazione di avvenuto utilizzo - D.A.U. 4. La dichiarazione di avvenuto utilizzo deve essere resa entro il termine in cui il Piano di Utilizzo cessa di avere validità. L'omessa dichiarazione di avvenuto utilizzo nel termine previsto dal precedente periodo comporta la cessazione, con effetto immediato, della qualifica del materiale escavato come sottoprodotto. 5. Nel caso l'utilizzo avvenga non da parte del proponente o dell'esecutore, nella dichiarazione di avvenuto utilizzo deve essere riportato il periodo entro il quale il soggetto indicato deve completare l'utilizzo. Dell'avvenuto utilizzo deve comunque essere data comunicazione all'Autorità competente. L'omessa dichiarazione di avvenuto utilizzo da parte del soggetto terzo indicato comporta la cessazione, con effetto immediato, della qualifica del materiale escavato come sottoprodotto.
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Violazioni che comportano la cessazione immediata della qualifica di sottoprodotto del materiale di scavo Art. 5, comma 7: mancato rispetto del termine di durata del Piano di Utilizzo Art. 5, comma 8: violazione degli obblighi assunti nel Piano di Utilizzo Art. 5, comma 9: venir meno di uno dei requisiti indicati nell’art. 4 per la qualifica di sottoprodotto Art. 10, comma 5: mancato rispetto del termine del deposito in attesa di riutilizzo Art. 12, comma 4: omessa Dichiarazione di Avvenuto Utilizzo (D.A.U.) entro il termine di validità del Piano di Utilizzo da parte dell’esecutore Art. 12, comma 5: omessa Dichiarazione di Avvenuto Utilizzo (D.A.U.) entro il termine di validità del Piano di Utilizzo da parte di soggetto terzo indicato dal proponente Art. 15, comma 3: inottemperanza generale al regolamento
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Articolo 13 Gestione dei dati 1. Al fine di garantire pubblicità e trasparenza dei dati relativi alla qualità ambientale del territorio nazionale, ogni Autorità competente comunica i pareri in merito ai piani di utilizzo all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) onde consentire l’aggiornamento della cartografia a relativa ai vari punti di campionatura eseguiti, cui va associato un archivio dei valori delle concentrazioni di inquinanti riscontrati nelle verifiche pervenute. 2. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), entro trenta giorni dalla entrata in vigore del presente regolamento, pubblica sul proprio sito web un disciplinare che definisca le informazioni da trasmettere, gli standard e le modalità di trasmissione
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(pubblicato da aprile 2013: www.terrerocce.isprambiente.it)
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Caratterizzazione ambientale dei materiali da scavo Indicazioni generali (allegato 1) Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche (allegato 4)
Campionamento in fase di progettazione (allegato 2), a carico del proponente, prima dell’inizio dello scavo
Campionamento in corso d’opera (allegato 8): A) da parte dell'esecutore B) verifiche per i controlli e le ispezioni (ARPA)
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Caratterizzazione Ambientale dei materiali da scavo (allegato 1) Accerta i requisiti di qualità del materiale ed è inserita nella fase di progettazione dell’opera (Piano di Utilizzo) In fase progettuale è svolta a carico del proponente comunque prima dell’inizio dello scavo E’ prevista la possibilità di evitare la ripetizione in corso d’opera della caratterizzazione, a cura dell’esecutore, in caso di impiego di metodologie di scavo in grado di non determinare rischio di contaminazione per l’ambiente, salva diversa determinazione dell’Autorità Competente
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Caratterizzazione Ambientale dei materiali da scavo (allegato 1)
Qualora, già in fase progettuale, si ravvisi la necessità di effettuare una caratterizzazione ambientale in corso d'opera, il Piano di Utilizzo dovrà indicarne le modalità di esecuzione secondo le indicazioni di cui all'allegato 8 La caratterizzazione ambientale in corso d'opera andrà eseguita a cura dell'esecutore, nel rispetto di quanto riportato nell'allegato 8 Parte A.
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Procedure di campionamento in fase di progettazione (allegato 2) Devono essere illustrate nel Piano di Utilizzo eseguita preferibilmente mediante scavi esplorativi (pozzetti o trincee) ed in subordine con sondaggi a carotaggio. densità dei punti di indagine basata su un modello concettuale preliminare delle aree (campionamento ragionato) o sulla base statistica (campionamento sistematico su griglia o casuale). Nel caso di disposizione a griglia, il lato di ogni maglia potrà variare da 10 a 100 m a secondo del tipo e delle dimensioni del sito oggetto dello scavo. I punti d’indagine localizzati in corrispondenza dei nodi della griglia (ubicazione sistematica) oppure all’interno di ogni maglia in posizione opportuna (ubicazione sistematica causale).
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Procedure di campionamento in fase di progettazione (allegato 2) Il numero di punti d’indagine non sarà mai inferiore a tre e, in base alle dimensioni dell’area d’intervento, dovrà essere aumentato secondo il criterio esemplificativo di riportato nella tabella seguente:
Dimensione dell’area
Punti di prelievo
Inferiore a 2.500 m2
Minimo 3
Tra 2.500 e 10.000 m2
3 + 1 ogni 2.500 m2
Oltre i 10.000 m2
7 + 1 ogni 5.000 m2 eccedenti
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D.M. 10 agosto 2012 n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”
Procedure di campionamento in fase di progettazione (allegato 2) Nel caso di opere infrastrutturali lineari, il campionamento andrà effettuato almeno ogni 500 metri lineari di tracciato ovvero ogni 2.000 metri lineari in caso di progettazione preliminare, salva diversa previsione del Piano di Utilizzo, determinata da particolari situazioni locali, quali, ad esempio, la tipologia di attività antropiche svolte nel sito; in ogni caso dovrà essere effettuato un campionamento ad ogni variazione significativa di litologia. Nel caso di scavi in galleria, la caratterizzazione dovrà essere effettuata prevedendo almeno un sondaggio e comunque un sondaggio indicativamente ogni 1000 metri lineari di tracciato ovvero ogni 5.000 metri lineari in caso di progettazione preliminare, con prelievo, alla quota di scavo, di tre incrementi per sondaggio, a formare il campione rappresentativo; in ogni caso dovrà essere effettuato un campionamento ad ogni variazione significativa di litologia.
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Procedure di campionamento in fase di progettazione (allegato 2) La profondità d’indagine sarà determinata in base alle profondità previste degli scavi. - campione 1:
da 0 a 1 m dal piano campagna;
- campione 2:
nella zona di fondo scavo;
- campione 3:
nella zona intermedia tra i due;
in ogni caso andrà previsto un campione rappresentativo di ogni orizzonte stratigrafico individuato ed un campione in caso di evidenze organolettiche di potenziale contaminazione. Per scavi superficiali, di profondità inferiore a 2 metri, i campioni da sottoporre ad analisi chimico-fisiche possono essere almeno due: uno per ciascun metro di profondità.
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Procedure di campionamento in fase di progettazione (allegato 2) Nel caso in cui gli scavi interessino la porzione satura del terreno, per ciascun sondaggio oltre ai campioni sopra elencati sarà necessario acquisire un campione delle acque sotterranee, preferibilmente e compatibilmente con la situazione locale, con campionamento dinamico. In presenza di sostanze volatili si dovrà procedere con altre tecniche adeguate a conservare la significatività del prelievo. Qualora si preveda, in funzione della profondità da raggiungere, una considerevole diversificazione dei materiali da scavo da campionare e si renda necessario tenere separati i vari strati al fine del loro riutilizzo, può essere adottata la metodologia di campionamento casuale stratificato, in grado di garantire una rappresentatività della variazione della qualità del suolo sia in senso orizzontale che verticale.
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Procedure di campionamento in fase di progettazione (allegato 2) In genere i campioni devono essere prelevati come campioni compositi per ogni scavo esplorativo o sondaggio in relazione alla tipologia ed agli orizzonti individuati. Nel caso di scavo esplorativo, al fine di considerare una rappresentatività media, si prospettano le seguenti casistiche: - campione composito di fondo scavo - campione composito su singola parete o su più pareti in relazione agli orizzonti individuabili e/o variazioni laterali Nel caso di sondaggi a carotaggio il campione sarà composto da più spezzoni di carota rappresentativi dell’orizzonte individuato al fine di considerare una rappresentatività media. I campioni volti all’individuazione di contaminazioni ambientali (evidenze organolettiche) dovranno essere prelevati con criterio puntuale.
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Procedure di campionamento in fase di progettazione (allegato 2) La caratterizzazione dei materiali derivanti dalle operazioni di scavo di sedimenti marini, fluviali, lacustri e palustri potrà essere effettuata sia in sito sia in banco dopo la loro rimozione. campionamento, a seconda delle condizioni del corpo idrico, secondo le seguenti modalità: - transetti: caratterizzazione in aree di notevole estensione, senza specifiche indicazioni di attività contaminanti (linee perpendicolari alla linea di costa o di riva); - maglie: caratterizzazione di dettaglio laddove sia atteso un medio-alto grado di contaminazione in relazione alle attività sul territorio; - linee: lungo canali o fiumi, integrato con transetti in situazioni particolari; - misto: transetti-maglie-linee dove sono presenti tutte o parte delle situazioni precedentemente considerate.
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Procedure di campionamento in fase di progettazione (allegato 2) PRESENZA DI MATERIALI DI RIPORTO Qualora si riscontri la presenza di riporto, non essendo nota l’origine dei materiali inerti che lo costituiscono, la caratterizzazione ambientale, dovrà prevedere: - l’ubicazione dei campionamenti in modo tale da poter caratterizzare ogni porzione di suolo interessata dai riporti, data la possibile eterogeneità verticale ed orizzontale degli stessi; - la valutazione della percentuale in massa degli elementi di origine antropica.
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Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4) Le procedure di caratterizzazione includono nei riporti il materiale di origine antropica fino alla percentuale massima del 20% I campioni dovranno essere privi della frazione maggiore di 2 cm (da scartare in campo) e le determinazioni analitiche dovranno essere condotte sull’aliquota di granulometria inferiore a 2 mm. La concentrazione del campione dovrà essere determinata riferendosi alla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche dello scheletro campionato (frazione compresa tra 2 cm e 2 mm). Il set di parametri analitici da ricercare dovrà essere definito in base alle possibili sostanze ricollegabili alle attività antropiche svolte sul sito o nelle sue vicinanze, ai parametri caratteristici di eventuali pregresse contaminazioni, di potenziali anomalie del fondo naturale, di inquinamento diffuso, nonché di possibili apporti antropici legati all’esecuzione dell’opera.
CARATTERIZZAZIONE DEL TERRENO
Preparazione ed analisi del campione D.lgs 152/2006 Campionamento in sito
Vagliatura 2 cm (in campo)
confronto con CSC Vagliatura 2 mm (in laboratorio)
ANALISI passante 2mm (in laboratorio)
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(rif. tot. materiali secchi, scheletro compreso)
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Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4) La lista delle sostanze da ricercare può essere modificata ed estesa in accordo con l’Autorità competente in considerazione delle attività antropiche pregresse. Nel caso in cui in sede progettuale sia prevista una produzione di materiale di scavo compresa tra i 6.000 ed i 150.000 metri cubi, non è richiesto che le analisi chimiche dei campioni di materiale da scavo siano condotte sulla lista completa delle sostanze di tabella 4.1. Il proponente nel Piano di Utilizzo, potrà selezionare, tra le sostanze della tabella 4.1, le "sostanze indicatrici": queste devono consentire di definire in maniera esaustiva le caratteristiche del materiale da scavo al fine di escludere che tale materiale sia un rifiuto ai sensi del presente regolamento e rappresenti un potenziale rischio per la salute pubblica e l'ambiente.
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Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4)
Arsenico Cadmio Cobalto Nichel Piombo Rame Zinco Mercurio Idrocarburi C>12 Cromo totale Cromo VI Amianto BTEX* IPA*
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Tabella 4.1 PARAMETRI DA CONSIDERARE * Da eseguire nel caso in cui l’area da scavo si collochi a 20 m di distanza da infrastrutture viarie di grande comunicazione e ad insediamenti che possono aver influenzato le caratteristiche del sito mediante ricaduta delle emissioni in atmosfera. Gli analiti da ricercare sono quelli elencati nella Tabella 1 Allegato 5 Parte Quarta, Titolo V D.Lgs. 152/2006 e s.m.i..
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Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4) CONCENTRAZIONI LIMITE I risultati delle analisi sui campioni dovranno essere confrontati con le CSC di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica Il rispetto dei requisiti di qualità ambientale di cui all’art. 184 bis comma 1 lettera d) del DLgs. 152/2006 e s.m.i. per l’utilizzo dei materiali da scavo come sottoprodotti, è garantito quando il contenuto di sostanze inquinanti all’interno dei materiali da scavo sia inferiore alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC), di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al Titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica, o ai valori di fondo naturali.
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Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4) UTILIZZI CONSENTITI I materiali da scavo sono utilizzabili per reinterri, riempimenti, rimodellazioni, ripascimenti,interventi in mare, miglioramenti fondiari o viari oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali, per rilevati, per sottofondi e nel corso di processi di produzione industriale in sostituzione dei materiali di cava: se la concentrazione di inquinanti rientra nei limiti di cui alla colonna A, in qualsiasi sito a prescindere dalla sua destinazione se la concentrazione di inquinanti è compresa fra i limiti di cui alle colonne A e B, in siti a destinazione produttiva (commerciale e industriale)
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Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4) UTILIZZO IN IMPIANTI INDUSTRIALI
Il riutilizzo in impianti industriali dei materiali da scavo in cui la concentrazione di inquinanti è compresa tra i limiti di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al Titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i. è possibile solo nel caso in cui il processo industriale di destinazione preveda la produzione di prodotti o manufatti merceologicamente ben distinti dai materiali da scavo, che comporti la sostanziale modifica delle loro caratteristiche chimico-fisiche iniziali.
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Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4) FONDO NATURALE Qualora si rilevi il superamento di uno o più limiti di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5,al Titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., è fatta salva la possibilità del proponente di dimostrare, anche avvalendosi di analisi e studi pregressi già valutati dagli Enti, che tali superamenti sono dovuti a caratteristiche naturali del terreno o da fenomeni naturali e che di conseguenza le concentrazioni misurate sono relative a valori di fondo naturale. In tale ipotesi, l’utilizzo dei materiali da scavo sarà consentito nell’ambito dello stesso sito di produzione o in altro sito diverso rispetto a quello di produzione, solo a condizione che non vi sia un peggioramento della qualità del sito di destinazione e che tale sito sia nel medesimo ambito territoriale di quello di produzione per il quale è stato verificato che il superamento dei limiti è dovuto a fondo naturale .
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Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4) PRESENZA DI ACQUE DI FALDA
Nel caso in cui il materiale da scavo venga utilizzato per nuove attività di riempimenti e reinterri, ad esempio ritombamento di cave, in condizioni di falda affiorante o subaffiorante, al fine di salvaguardare le acque sotterranee ed assicurare un elevato grado di tutela ambientale si dovrà utilizzare dal fondo sino alla quota di massima escursione della falda più un metro di franco materiale da scavo per il quale sia stato verificato il rispetto dei limiti di cui alla colonna A della tabella 1 allegato 5, al Titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i.
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Procedure di campionamento in fase esecutiva e per i controlli e le ispezioni (allegato 8) La caratterizzazione ambientale potrà essere eseguita in corso d’opera: 1. nel caso in cui sia comprovata l’impossibilità di eseguire un’indagine ambientale propedeutica alla realizzazione dell’opera da cui deriva la produzione dei materiali da scavo; nel Piano di Utilizzo dovranno essere indicati i criteri generali di esecuzione. 2. qualora si faccia ricorso a metodologie di scavo in grado di determinare una potenziale contaminazione dei materiali da scavo, questi dovranno essere ricaratterizzati durante l’esecuzione dell’opera.
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Procedure di campionamento in fase esecutiva e per i controlli e le ispezioni (allegato 8)
Caratterizzazione ambientale in corso d’opera
Parte A: caratterizzazione dei materiali da scavo in corso d'opera - verifiche da parte dell'esecutore Parte B: verifiche per i controlli e le ispezioni (ARPA)
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Procedure di campionamento in fase esecutiva e per i controlli e le ispezioni (allegato 8) A) VERIFICHE DA PARTE DELL’ESECUTORE (durante l’esecuzione dell’opera) su cumuli all’interno di opportune aree di caratterizzazione direttamente sull’area di scavo e/o sul fronte di avanzamento sul fondo o sulle pareti di corpi idrici superficiali nell’intera area di intervento
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VERIFICHE DA PARTE DELL’ESECUTORE CARATTERIZZAZIONE SU CUMULI Aree di caratterizzazione impermeabilizzate, poste in prossimità delle aree di scavo o , in assenza di spazio, presso area esterna, anche coincidente con quella di utilizzo finale Cumuli di caratterizzazione di quantità comprese tra 3000 e 5000 m3 Posto uguale a (n) il numero totale dei cumuli realizzabili dall'intera massa da verificare, il numero (m) dei cumuli da campionare è dato dalla seguente formula:
m = k n1/3 dove k=5, mentre i singoli m cumuli da campionare sono scelti in modo casuale. Il campo di validità della formula è n>m, al di fuori di detto campo, per n<m, si dovrà procedere alla caratterizzazione di tutto il materiale.
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VERIFICHE DA PARTE DELL’ESECUTORE CARATTERIZZAZIONE SU CUMULI 1.000
N°. totale cumuli 100
N°. cumuli da caratterizzare 10
1 0
200.000
400.000
600.000
800.000
1.000.000 1.200.000 1.400.000
3
volume Max (m )
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Procedure di campionamento in fase esecutiva e per i controlli e le ispezioni (allegato 8)
B) VERIFICHE PER I CONTROLLI E LE ISPEZIONI (eseguite da ARPA) verificano la corretta attuazione del Piano di Utilizzo Sono eseguite in contraddittorio direttamente sull’area di destinazione finale del materiale da scavo possono essere eseguite sia a completamento che durante la posa in opera del materiale sono utilizzati gli stessi criteri adottati per il controllo in corso d’opera metodologie di campionamento sistematiche o casuali, sulla base delle eventuali campagne già eseguite in fase di realizzazione Il numero di campioni deve essere valutato in funzione dell’ampiezza areale e verticale da cui si produrranno i materiali da scavo oltre che della storia pregressa del sito di provenienza
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Procedure di campionamento in fase esecutiva e per i controlli e le ispezioni (allegato 8)
(verifiche eseguite da ARPA) Il numero di punti d’indagine non sarà mai inferiore a tre e, in base alle dimensioni dell’area d’intervento, dovrà essere aumentato secondo il criterio esemplificativo di riportato nella tabella seguente…(la stessa delle indagini di allegato 2) La profondità di indagine sarà determinata in base alle profondità del sito di riutilizzo. I campioni da sottoporre ad analisi chimiche saranno… (gli stessi criteri delle indagini di allegato 2) In genere i campioni volti all’individuazione dei requisiti ambientali dei materiali posti in opera devono essere prelevati come campioni compositi per ogni scavo esplorativo o sondaggio in relazione alla tipologia ed agli orizzonti individuati Per i sondaggi a carotaggio ci si dovrà attenere alle specifiche di cui agli allegati al Titolo V alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/2006
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Compiti di ARPA
Verifica, anche in contraddittorio, su richiesta dell’autorità competente, nell’ambito della procedura di approvazione del Piano di Utilizzo (entro 45 giorni dalla richiesta)
Nel caso di sito oggetto di interventi di bonifica, verifica, su richiesta del proponente, se per i materiali da scavo non superano le Concentrazioni Soglia di Contaminazione (entro 60 giorni dalla richiesta)
Verifica, in contraddittorio con il Proponente, il Piano di accertamento dei valori di fondo naturale (non sono previsti termini)
Verifica in fase esecutiva, in contraddittorio con l’esecutore, direttamente sull’area di destinazione finale del materiale da scavo, la corretta attuazione del Piano di Utilizzo (allegato 8)
Può eseguire controlli del materiale movimentato nelle situazioni di emergenza (art. 6)
Concorda con il proponente le operazioni di normale pratica industriale mediante stabilizzazione a calce, cemento o altra forma (allegato 3)
L’applicazione del nuovo DM 161/2012 in materia di Terre e Rocce da Scavo
Problematiche applicative emergenti
DM 161/2012 - Gian Luigi Soldi
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Ricorso al TAR del Lazio Il 20 novembre 2012 le associazioni di categoria (ANCE, ecc.) hanno impugnato il DM 161/2012 al TAR Lazio
Motivazioni rilevanti di illegittimità: Termine di 90 giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo o della sua richiesta di aggiornamento (artt. 5 e 8) prima dell’inizio dei lavori Equiparazione dei piccoli cantieri a quelli di grandi dimensioni (assenza di procedure semplificate) Ipotesi di decadenza della qualifica di sottoprodotto in caso di violazione degli adempimenti “burocratici” del regolamento Introduzione di una definizione di materiale di riporto illegittima (limite del 20% di materiale di origine antropica) Inclusione nel Regolamento dei residui di lavorazione dei materiali lapidei, già normati dal D.lgs 117/2008, introducendo limiti sulla presenza di flocculanti
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PROBLEMATICHE APPLICATIVE EMERGENTI
FAQ Abrogazione dell’art. 186 del D.lgs 152/2006 e conseguentemente di tutte le linee guida “locali” correlate, escluse le procedure in corso Assenza di “procedure semplificate” per la gestione dei cantieri di piccole dimensioni, la cui produzione non superi i 6000 m3, per i quali l’art. 266 del del D.lgs 152/2006 ha previsto l’emanazione di una di disciplina specifica Rapporti le disposizioni dell’art. 185, comma 1, lettera c, del D.lgs 152/2006, che consentono di gestire al di fuori del regime dei rifiuti il suolo non contaminato nello stesso sito in cui è stato prelevato Procedura autorizzatoria ai sensi dell’art. 5: I tempi per l’approvazione del Piano di Utilizzo e applicazione del “silenzio assenso” Applicazione ai siti oggetto di interventi di bonifica
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Assenza di “procedure semplificate” D.lgs 152/2006, art. 266 (Disposizioni Finali) 7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia. Disegno di Legge “Semplificazioni bis” del 16 ottobre 2012: Art. 21 (Terre e rocce da scavo - Cantieri di minori dimensioni)
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DDL “Semplificazioni bis” del 16 ottobre 2012 Art. 21 (Terre e rocce da scavo – Cantieri di minori dimensioni) 1. In relazione a quanto disposto dall’articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in deroga a quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, i materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti sono sottoposte al regime di cui all’articolo 184-bis se il produttore dimostra: a) che la destinazione all’utilizzo è certa, direttamente presso un determinato sito o un determinato ciclo produttivo; b) che per i materiali che derivano dallo scavo non sono superate le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione; c) che l’utilizzo in un successivo ciclo di produzione non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo di altre di materie prime;
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DDL “Semplificazioni bis” del 16 ottobre 2012 Art. 21 (Terre e rocce da scavo – Cantieri di minori dimensioni) d)che ai fini di cui alle lettere b) e c) non è necessario sottoporre le terre e rocce da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere. 2. Il produttore può attestare il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 anche tramite dichiarazione resa all’Autorità territorialmente competente ai sensi e per gli effetti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, precisando le quantità destinate all’utilizzo, i tempi previsti per l’utilizzo e il sito di deposito, che non può comunque superare un anno dalla data di produzione, fermo restando che l’attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e igienico sanitaria. 3. Il produttore deve in ogni caso confermare all’Autorità territorialmente competente che le terre e rocce da scavo sono state completamente utilizzate secondo le previsioni iniziali. 4. L’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto resta assoggettato al regime proprio dei beni e dei prodotti. A tal fine il trasporto di tali materiali è accompagnato dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto legislativo n. 286 del 2005.
CONCLUSIONI elementi positivi e negativi del nuovo Regolamento
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Elementi positivi del nuovo Regolamento
Norma completa, che coinvolge tutti gli aspetti amministrativi e tecnici della gestione delle Terre e Rocce da Scavo come sottoprodotti
Eliminazione della deriva interpretativa causata dal proliferare di linee guida “locali”
Definizione di “normale pratica industriale”
Ammissibilità dei terreni di riporto e di elementi antropici estranei nei materiali di scavo
Possibilità di realizzare un deposito intermedio
Superamento dei termini temporali restrittivi per la gestione dei materiali di scavo
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Elementi negativi del nuovo Regolamento
Alcune imprecisioni e necessità di chiarimenti interpretativi
Mancano le procedure semplificate per i “piccoli cantieri”
Varie disposizioni onerose per i proponenti
Copiosa documentazione e comunicazioni d’obbligo
Mancato coordinamento con la disciplina edilizia (DPR 380/2001) e di gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (D.lgs 117/2008)
Procedure di emergenza difficilmente applicabili
Pesanti oneri amministrativi e tecnici a carico dell’Autorità Competente e dell’ARPA
Eccesso di severità negli adempimenti ”burocratici”
Rischio di contenzioso tra proponente, esecutore ed eventuale soggetto terzo
Scarsa considerazione per il sito di destinazione
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GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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Gestione dei rifiuti: condivisione o ripartizione delle responsabilitĂ civili e penali fra i soggetti coinvolti avv. Luciano Butti B&P Avvocati (Milano-Verona-Palermo) luciano.butti@buttiandpartners.com Professore a contratto di diritto internazionale dellâ&#x20AC;&#x2122;ambiente UniversitĂ di Padova
1. Reati in materia di rifiuti Principali reati in materia di rifiuti previsti nel d. lgs. n. 152/2006 Art. 255: Abbandono di rifiuti Art. 256: Attività di gestione dei rifiuti non autorizzata Art. 257: Bonifica dei siti (omessa bonifica) Art. 258: Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari Art. 259: Traffico illecito di rifiuti Art. 260: Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti E presto.... Sistri (258 per le specifiche fattispecie, 260-bis Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, 260-ter Sanzioni accessorie e confisca) Quali responsabilità?
2. La responsabilità penale del singolo Il nesso causale Art. 40 c.p. “Evento dannoso o pericoloso … conseguenza della … azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. L’interruzione del nesso causale per fatti sopravvenuti “da soli sufficienti a determinare l’evento” (=imprevedibili) Il dolo Art. 43 c.p. “Il delitto è doloso o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione” La colpa Art. 43 c.p. “è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per l'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”. Le diverse graduazioni (dolo eventuale, colpa cosciente)
3. Quale “singolo”? Delega di funzioni (valida, efficace, effettiva) Strumento mediante il quale un soggetto (c.d. delegante) trasferisce l’esercizio di determinati compiti (ed i relativi obblighi), di cui è per legge titolare, ad un soggetto diverso (c.d. delegato), che li svolge in piena autonomia, decisionale e di spesa. Condizioni oggettive: decentramento compiti e responsabilità; contenuto specifico; pubblicità; autonomia decisionale; autonomia di spesa; natura formale; effettività strutturale (non occasionale) Condizioni soggettive: capacità e idoneità; no ingerenza; no richieste di intervento da parte del delegato; effettiva adesione del delegato Non opera per fatto riconducibile a cause strutturali; se il delegante viene meno all’obbligo di vigilanza, In caso di reato proprio del titolare L’ individuazione originaria del datore di lavoro La sentenza Montefibre sul CDA (38991/2010) In presenza di strutture aziendali complesse, se i reati “sono determinati da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali e quindi di tutti i componenti del consiglio di amministrazione”.
4. Quale responsabilità penale sull’organizzazione? Il d. lgs. n. 231/2001: riferimenti fondamentali Disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da apicali; b) da sottoposti, se è omesso il dovere di vigilanza nei loro confronti. L’Ente non risponde se prova che: a) è adottato ed efficacemente attuato un modelli di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) la vigilanza sul MOG e il suo aggiornamento sono effettuati da apposito organismo indipendente (OdV; c) Il reato è stato posto in essere eludendo fraudolentemente il MOG; d) Non vi è stata insufficiente vigilanza dell’OdV. I principali casi di applicazione ai reati in materia di rifiuti (le difficoltà ingenerate dai reati colposi)
5. I reati 231 in materia di rifiuti Art.
Fattispecie
Sanzione
256 c. 1 lett. a
“Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti (non pericolosi) in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione”
Pecuniaria fino a 250 quote
256 c. 6/1
“Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b)”
Pecuniaria fino a 250 quote
256 c. 1 lett. b
“Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti (pericolosi) in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione”
Pecuniaria da 150 a 250 quote
256 c. 3/1
“Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata (rifiuti non pericolosi)”
Pecuniaria da 150 a 250 quote
256 c. 5
“Chiunque (…) effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti”
Pecuniaria da 150 a 250 quote
256 c. 3/2
“Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata (rifiuti anche pericolosi)”
Pecuniaria da 200 a 300 quote
5. I reati 231 in materia di rifiuti (2) Art.
Fattispecie
Sanzione
257 c. 1
“Chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (per sostanze non pericolose) (…) se non provvede alla bonifica in conformità al progetto ”
Pecuniaria fino a 250 quote
257 c. 2
“Chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (per sostanze pericolose) (…) se non provvede alla bonifica in conformità al progetto ”
Pecuniaria da 150 a 250 quote
258 c. 4
“nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto ”
Pecuniaria da 150 a 250 quote
259 c. 1
“Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito”
Pecuniaria da 150 a 250 quote
260 c. 1
“Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto (…), cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti (non adalta radioattività”
Pecuniaria da 300 a 500 quote
260 c. 2
Fattispecie di cui al c. 1 per rifiuti ad alta radioattività
Pecuniaria da 400 a 800 quote
6. L’azienda di fronte al sequestro dell’impianto per reati in materia di rifiuti Il sequestro dell’impianto – sequestro preventivo, conservativo e probatorio (cenni) Sequestro preventivo 321 c.p.p. c. q“Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati(…)” Quale estensione del sequestro preventivo La necessaria “proporzionalità, adeguatezza e gradualità” del sequestro preventivo (Cassazione penale 24 aprile 2013, n. 18603): una grossa novità giurisprudenziale Il sequestro preventivo per gli impianti di interesse strategico nazionale (es. Caso ILVA d.l. 207/2012) e la possibilità di proseguire l’attività (cfr. Corte Cost 14 maggio 2013, n. 85) Sequestro non significa limitazione di responsabilità e venir meno delle prescrizioni impartite: “Sebbene i cumuli di rifiuti risultassero oggetto di sequestro penale, tale circostanza non autorizzava la ricorrente a perdurare nella violazione delle norme che disciplinano l'esercizio dell'attività”(cfr. TAR Lombardia 3 maggio 2013, n. 1150). Il dissequestro - presupposti 321 c.p.p. “Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell'interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1.” L’Azienda di fronte al sequestro: suggerimenti operativi
7. La responsabilità civile verso terzi per i danni derivanti dalla illecita gestione dei rifiuti Regole dal Codice Civile 2050/2055 Art. 2050 c.c. “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”. Art. 2055 c.c. “Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dalla entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali”. Unicità del danno (Cass. 10403/2002) e nesso eziologico Natura solidale o parziaria della responsabilità (la regola del 2055 e le deroghe)
8. La responsabilità Civile per danno ambientale Cosa è il danno ambientale Art. 300 d. lgs. 152/2006 “mutamento negativo misurabile di una risorsa naturale o un deterioramento di un servizio di una risorsa naturale, che può prodursi direttamente o indirettamente” In forma di danno alle specie ed agli habitat naturali, danno alle acque e danno al terreno. Il soggetto obbligato è il c.d. operatore (controlla una attività professionale avente rilevanza ambientale) In cosa differisce dal normale danno a terzi Danno a terzi: fatto doloso o colposo cagiona ad altri…(2043 c.c.) Danno ambientale: ancora oggi, dubbi circa la responsabilità oggettiva o soggettiva (prevenzione e ripristino operatore interessato; risarcimento responsabile). La giurisprudenza ha, talvolta, mostrato incertezze Diverso profilo soggettivo, diverso oggetto di tutela, promozione risarcimento in forma specifica Natura parziaria di questa responsabilità Art. 311, comma 3 “Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale”
9. La responsabilitĂ amministrativa verso la P.A. in materia di rifiuti Procedimento e provvedimento amministrativo Formazione: - procedimento amministrativo; - partecipazione degli interessati; - contemperamento degli interessi; - motivazione; Autotutela Partecipazione attiva degli interessati Come e quando lo si deve contestare Approccio stragiudiziale i) valorizzazione del procedimento amministrativo; ii) introduzione di documentazione tecnica; iii) confronto con la PA prima dellâ&#x20AC;&#x2122;emanazione del provvedimento;. Approccio giudiziale i) il giudizio innanzi al TAR (legittimitĂ del provvedimento alla data di emanazione sulla base della documentazione inserita nel procedimento) ii) la tutela cautelare
10. Gli obblighi tributari collegati alla gestione dei rifiuti (cenni) Le tariffe per lo smaltimento dei rifiuti: una disciplina in continua evoluzione (discrezionalità in capo agli Enti locali) TARSU e TIA, la differente base imponibile:superficie immobile (TARSU) e costi effettivi di smaltimento (TIA – tariffa fissa + tariffa variabile in funzione della effettiva fruizione del servizio) La discrezionalità nei regolamenti comunali Il divieto di rideterminazione oltre il termine per l’approvazione del bilancio di previsione dell’esercizio in corso (il dato normativo – l.n. 296/2006 – e la conferma della Corte dei Conti) L’impugnabilità della fattura TIA qualificata come «avviso di liquidazione del tributo» (cfr. Cass. Civ. 17202/2009 “pretesa già formata e ben individuata nell'an e nel quantum con intimazione ad esaudirla sotto pena degli atti esecutivi”) La prossima TARSU: base imponibile sulla superficie dell’immobile; copertura dei costi di gestione rifiuti e altri servizi (es. illuminazione, manutenzione strade); portata sostitutiva dei precedenti tributi
11. I principali obblighi del produttore del rifiuto Classificazione del rifiuto - l’utilizzo dei corretti metodi di classificazione; - la specifica indicazione dei metodi utilizzati (es. H14…) Verifica delle abilitazioni del ricevente - l’importanza della tracciabilità della verifica operata sul destinatario del rifiuto; - le copie del formulario (un controllo imprescindibile); - i controlli periodici Accorgimenti utili nella prospettiva dell’art. 2050 c.c. (tutte le misure idonee…) - controlli sui soggetti ai quali è conferito il rifiuto (cadenze fisse, evidenza interna, verifiche presso gli Enti); - specifiche procedure interne; - aggiornamento normativo in ordine alla classificazione dei rifiuti; - formazione dei dipendenti
12. Verso una completa tracciabilità del ciclo e una conseguente responsabilità del produttore dalla culla alla tomba? L’estensione della responsabilità del produttore del rifiuto Art. 188 d. lgs. n. 152/2006 Responsabilità della gestione dei rifiuti “Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano …” fatto salvo quanto previsto dal SISTRI “il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti … tale responsabilità, di regola, comunque sussiste” Una responsabilità “dalla culla alla tomba”? “l’affidamento di rifiuti a soggetti terzi, al fine del loro smaltimento, comporta per il soggetto che li conferisce precisi obblighi di accertamento” (tra altre Cass. sez. III, 19.12.2007 n. 6101; sez. III, 1.4.2004 n. 21588) E, forse, anche più estesa: “Emerge dall'esame degli artt. 188, 193 e ss. del D. Lgs n. 152 del 2006 che tutti i soggetti che intervengono nel circuito della gestione dei rifiuti sono responsabili non solo della regolarità delle operazioni da essi stessi posti in essere, ma anche di quelle dei soggetti che precedono o seguono il loro intervento”. (Cass. Pen, sez. III, 10 aprile 2012, n. 13363). Porre in essere tutti i possibili accorgimenti…
13. Come si ripartiscono gli oneri di controllo fra produttore del rifiuto e gestore della discarica? Reciproca verifica delle autorizzazioni (non una tantum, ma periodica) Contatti diretti (conoscere il soggetto a cui si conferisce) Attenta compilazione e gestione dei formulari Onere di controllo sul rifiuto in capo ad entrambi (evidenza dei controlli effettuati) La giurisprudenza è severa … tuttavia … la valutazione circa l’onere di controllo “deve” tenere in considerazione l’attività svolta
14. Gestione dei rifiuti e principio di precauzione: come interpretarlo in modo equilibrato “principio di precauzione (…) deve armonizzarsicon il principio di proporzionalità, non potendo chiaramente prefigurarsi la prevalenza del primo sul secondo, ma dovendosi ricercare un loro equilibrato bilanciamento in relazione agli interessi pubblici e privati in giuoco” (T.A.R. Napoli Campania sez. V 02 novembre 2009 n. 6758) “la immediata applicabilità alla gestione dei rifiuti dei principi di precauzione e di proporzionalità impone che tutte le decisioni assunte dall’Autorità competente in materia debbano essere assistite da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di un’attività istruttoria parimenti ineccepibile” (TAR Abruzzo Sez. I 3 ottobre 2012 n. 403) “Il principio di proporzionalità … impone un’indagine c.d. “trifasica”, che passa attraverso l’accertamento della necessità della misura, della sua idoneità allo scopo da raggiungere e della stretta proporzionalità della misura applicata con il fine da raggiungere” (cfr. sul punto, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 4 aprile 2012, n. 1993)” (TAR Abruzzo, 3 ottobre 2012, n. 403). In sintesi: non esistono diritti “tiranni” (Corte cost. n. 85/2013)
Grazie per lâ&#x20AC;&#x2122;attenzione avv. Luciano Butti B&P Avvocati (Milano-Verona-Palermo) luciano.butti@buttiandpartners.com Professore a contratto di diritto internazionale dellâ&#x20AC;&#x2122;ambiente UniversitĂ di Padova
Business Intelligence and waste Alessandro Semeria
storia
"the ability to apprehend the interrelationships of presented facts in such a way as to guide action towards a desired goalâ&#x20AC;? [H. P. Luhn at IBM, 1958]
â&#x20AC;Śil primo esempio Bla bla bla
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Cosa è la BI BI è un insieme di teorie, metodologie, processi, architetture e tecnologie in grado di trasformare dati grezzi in informazioni utili a cogliere nuove opportunità di business e/o mantenere un vantaggio competitivo
...pi첫 semplicemente
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Un esempio di tutti i giorni
Cosa non è BI
BI e ambiente dati
informazioni
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W EOI_CODE C STATION_NA C LATITUDE N LONGITUDE N AVG_05 N AT0002R Illmitz 47.769 16.766 26.700 AT0005R Vorhegg bei K”tschach-Mauth 46.680 12.972 9.980 AT0073A Gr nbach bei Freistadt 48.531 14.575 13.209 AT0080A St. Valentin 48.227 14.563 21.565 AT0095A Mistelbach 48.579 16.581 26.808 AT0096A Forsthof am Sch”pfl 48.106 15.919 17.271 AT0101A Heidenreichstein Thaures 48.879 15.047 23.071 AT0103A Stixneusiedl 48.051 16.677 24.710 AT0108A Masenberg 47.348 15.882 15.334 AT0149A Pillersdorf bei Retz 48.721 15.942 26.529 AT0158A
azioni
Report
Cosa si ottiene con la BI Conoscenza
Presentazione informazioni
dati
Cosa serve Struttura di regole
Scatole intelligenti e comunicanti
Revamping delle strutture organizzative
E i rifiuti?
La gestione rifiuti ID rifiuto
classificazione CER
Identificazione e verifica filiera di recupero/smaltimento
audit
tariffe
Come costruiamo la BI definizione dati utili Id, CER, descr, H, UN, t/y, produttore,..
Struttura di regole Revamping delle strutture organizzative Costruzione dellâ&#x20AC;&#x2122;informazione
DisponibilitĂ dei dati
Assicurare la tracciabilitĂ
Dati fiscali
Geolocalizzazione
Profilo mensile di produzione
CER, quantità, D/R
Stesso CER su diverse UnitĂ produttive
Data cube su dati economici
valutazione impianto di smaltimento
â&#x20AC;Śbello siâ&#x20AC;Śma cosa si ottiene
Fiat Group Automobiles La gestione dei sottoprodotti 06 giugno 2013
Materie prime secondarie, sottoprodotti, rifiuti e end-ofwaste: strategie e sostenibilitĂ
Agenda
Introduzione La gestione dei rifiuti in FGA La gestione dei sottoprodotti
2
Introduzione
Il Gruppo FIAT
Introduzione – Il Gruppo FIAT Una storia di eccellenze Principali eventi storici: 1899 A Torino nasce la Fiat 1903 La società entra in Borsa e costruisce il primo autocarro 1919 Viene realizzato il primo trattore 1936 Esce la “Topolino”, la più piccola utilitaria al mondo 1953 Esordiscono i primi modelli di autovetture con motore diesel 1967 Magneti Marelli viene acquisita dalla Fiat 1975 Ferrari entra nel Gruppo 1978 Vengono costituite Comau e Teskid e incorporata Lancia 1984 Viene acquisita Alfa Romeo 1993 Maserati entra nel Gruppo 2005 Fiat Group torna all’utile 2007 Viene lanciata la nuova 500 e Abarth torna alla ribalta 2008 Il Gruppo ottiene il suo più alto risultato della gestione ordinaria 2009 Il Gruppo sigla un’alleanza strategica globale con Chrysler 2011 Il 1°gennaio avviene la scissione di Fiat Industrial da Fiat e nel corso dell’anno Fiat incrementa la propria quota di partecipazione in Chrysler fino ad acquisirne la maggioranza
Introduzione – Il Gruppo FIAT Key figures*
16
140
2.392
Brand Commerciali
Paesi in cui Fiat intrattiene rapporti commerciali
di euro di utile della gestione ordinaria (milioni di euro)
1
77
472
2.175
Gruppo
Centri di Ricerca e Sviluppo
Società
(milioni di euro) per le attività di Ricerca e Sviluppo**
4
155
197.000
59.559
Region
Stabilimenti
Dipendenti
(milioni di euro) di fatturato***
*Dati aggiornati al 31/12/2011. Inclusa Chrysler da Giugno 2011 **Include i costi per Ricerca e Sviluppo capitalizzati e quelli imputati direttamente al conto economico dell’esercizio. ***Al netto delle elisioni tra i due gruppi
Introduzione – Il Gruppo FIAT Forza e competitività • Fiat è un Gruppo automobilistico internazionale che progetta, costruisce e vende veicoli di grande diffusione con i marchi generalisti Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Abarth e Fiat Professional, oltre che automobili di lusso e sportive con i brand Ferrari e Maserati.
• Ha accresciuto la sua presenza globale grazie all’alleanza con il gruppo Chrysler, la cui gamma prodotto include vetture dei marchi Chrysler, Jeep, Dodge, Ram e SRT.
• Opera anche nel settore dei componenti con Magneti Marelli e Teksid e nel comparto dei sistemi di produzione con Comau.
Introduzione – Il Gruppo FIAT Forza e competitività
• Fiat e Chrysler insieme sono un gruppo forte e competitivo che nel 2012 ha venduto più di quattro milioni di veicoli, diventando il settimo costruttore del mondo.
• Un gruppo che possiede un know how tecnologico tra i più innovativi e avanzati e beneficia di sinergie tra le varie attività, che nel solo 2011 sono ammontate a quasi un miliardo di euro.
• Un’azienda multinazionale, con una presenza diversificata e bilanciata nelle differenti aree del mondo.
Introduzione
Il Bilancio di SostenibilitĂ
Introduzione – Il Bilancio di Sostenibilità
1992: Primo Rapporto Ambientale del Gruppo Fiat 2004: Primo Rapporto di Sostenibilità 2008: Pubblicazione del primo Piano Strategico di Sostenibilità 2009: Fiat è ammessa al Dow Jones Sustainability Index World and STOXX 2012: Fiat è confermata nel DJSI e STOXX
Introduzione - Il Bilancio di Sostenibilità Annualità 2012
Introduzione – Il Bilancio di Sostenibilità Annualità 2012
Introduzione - Il Bilancio di SostenibilitĂ Azioni e risultati
Introduzione – Il Bilancio di Sostenibilità Rifiuti La gestione dei rifiuti è argomento di rilievo per Fiat, da diversi punti di vista, infatti si tratta di un aspetto ambientale regolato da legislazione specifica e che genera dei costi economici. La gestione dei rifiuti è svolta in coerenza con i principi di precauzione e di prevenzione, coinvolgendo tutti gli operatori che possono influenzare la qualità e la quantità di rifiuti generati. Per tale motivo sono importanti sia la fase di progettazione del proprio prodotto, sia le fasi di produzione, distribuzione ed utilizzo. In particolare la corretta gestione di un rifiuto passa attraverso: la prevenzione e la riduzione della produzione (in termini quantitativi) e della nocività (in termini qualitativi); la corretta separazione dei rifiuti, essenziale per meglio indirizzare ad operazioni di recupero che generano materie prime secondarie per altre attività produttive evitando il consumo di risorse naturali; l’adozione di specifici programmi di formazione e sensibilizzazione comportamentale; l’avvio ad attività di recupero privilegiandole a quelle di smaltimento;
Introduzione – Il Bilancio di Sostenibilità Rifiuti
l’avvio allo smaltimento orientando le scelte secondo la seguente gerarchia: 1. termovalorizzazione 2. incenerimento 3. trattamento (esclusa discarica e termovalorizzazione) 4. discarica; il ricorso alla discarica, viene considerato solo come possibilità ultima dopo che siano state valutate tutte le altre alternative.
La gestione dei rifiuti in FGA
La gestione dei rifiuti in FGA QuantitĂ legate al processo produttivo Worldwide (tons) 2012
2012
2011
2010
2009
394.150 407.470
440.778 16.114 456.892
482.192 24.726 506.918
451.344 17.821 469.165
34.755
49.140
52.076
34.406
3.851 5.948 9.799
8.855 6.749 15.604
4.171 13.360 17.531
204 12.027 12.230
260 23 283
588 346 934
21.805 606 22.411
20.814 8 20.822
5.382 1.382 6.764
2.950 2.197 5.147
4.990 3.843 8.832
8.885 3.638 12.523
384.657 5.967 390.624
424.988 10.219 435.207
451.227 6.917 458.144
421.441 2.149 423.590
95,9% 0,1%
95,3% 0,2%
90,4% 4,4%
90,3% 4,4%
Waste generated Non-hazardous waste Hazardous waste Total waste generated of which packaging
13.320
Waste-to-energy conversion of which Non-hazardous waste of which Hazardous waste Total waste-to-energy conversion Send to landfill of which Non-hazardous waste of which Hazardous waste Total waste to landfill Treatment of which Non-hazardous waste of which Hazardous waste Total waste to treatment Waste recovered of which Non-hazardous waste of which Hazardous waste Total waste recovered
waste recovered waste sent to landfill
La gestione dei rifiuti in FGA Organizzazione di FGA
La Gestione dei rifiuti in FGA Ripartizione per tipologia
Descrizione principali 10 rifiuti in ordine dâ&#x20AC;&#x2122;importanza quantitativa dopo il CER 12.01.02 Lamierini
N° CER ex 12.01.02
Imballaggi in legno
15.01.03
Imballaggi in carta e cartone
15.01.01
Ferro e acciaio
17.04.05
Imballaggi in plastica
15.01.02
Imballaggi in materiali misti
15.01.06
Limatura e trucioli di materiali ferrosi
12.01.01
Imballaggi metallici
15.01.04
Rifiuti contenenti altre sostanze pericolose
16.07.09*
Fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti solventi organici o altri solventi
08.01.13*
La gestione dei rifiuti in FGA KPI â&#x20AC;&#x201C; Kg per veicolo prodotto
Anno 2009 2010 2011 2012
Kg per veicolo prodotto rifiuti non rifiuti Totale rifiuti pericolosi pericolosi 191,5 7,6 199,1 198,7 10,2 208,9 189,4 6,9 196,3 189,0 6,4 195,4
250
199,1 200
208,9
196,3
195,4
6,9
6,4
10,2 7,6
Rifiuti per veicolo -6% vs 2009
150
100
Obiettivo 2014
191,5
198,7
189,4
189,0
Rifiuti pericolosi per veicolo -10% vs 2009
50
rifiuti non pericolosi
0 2009
2010
2011
2012
rifiuti pericolosi
La gestione dei rifiuti in FGA KPI â&#x20AC;&#x201C; Percentuale di recupero rifiuti
Anno 2009 2010 2011 2012
100,0%
90,3%
% recupero rifiuti 90,3% 90,4% 95,3% 95,9%
90,4%
95,3%
95,9%
Obiettivo 2014
90,0% 80,0%
-95%
70,0% 60,0% 50,0% 40,0% 30,0% 20,0% 10,0% 0,0% 2009
2010
2011
2012
La gestione dei rifiuti in FGA KPI â&#x20AC;&#x201C; Percentuale di rifiuti a discarica
Anno 2008 2009 2010 2011 2012
% recupero rifiuti 4,5% 4,4% 4,4% 0,2% 0,1%
5,0% 4,4%
4,4%
4,0% 3,0% 0,2% 2,0% 1,0% 0,1% 0,0% 2009
2010
2011
2012
Obiettivo 2014 0%
La gestione dei sottoprodotti
esenzioni
La gestione dei sottoprodotti Evoluzione normativa CAMBIO DI PROSPETTIVA il rifiuto da problema diventa una risorsa ambientale. RIFIUTO • L. 8 agosto 2002, n. 138 MATERIA PRIMA SECONDARIA • • • •
D.M. 5 febbraio 1998, art. 31 e 33 Circolare MATTM 28 giugno 1999 prot. 3402/V/MIN D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 181 bis D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4
SOTTOPRODOTTO • D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 183, 184 bis • Direttiva 19 novembre 2008/98/CE, art. 5 • D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205
esenzioni
La gestione dei sottoprodotti Evoluzione normativa
RIFIUTO (ante D.Lgs. 152/2006) L. 8 agosto 2002, n. 138 per l’interpretazione autentica definizione di rifiuto di cui all’art. 6, c. 1, lett.a), D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi; Non si qualifica rifiuto nel caso in cui: • siano effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all’ambiente; • possano essere o siano effettivamente ed oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell’Allegato C, D.Lgs. 22/1997.
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MATERIA PRIMA SECONDARIA • • • •
D.M. 5 febbraio 1998, art. 31 e 33 Circolare MATTM 28 giugno 1999 prot. 3402/V/MIN D.Lgs. 152/2006, art. 181 bis D.Lgs. 4/2008
«I materiali, le sostanze e gli oggetti originati da cicli produttivi o di preconsumo, dei quali il detentore non si disfi, non abbia l’obbligo o l’intenzione di disfarsi e che quindi non conferisca a sistemi di raccolta o trasporto dei rifiuti, di gestione di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento, purché abbiano le caratteristiche delle materie prime secondarie indicate dal Dm 5 febbraio 1998 e siano direttamente destinate in modo oggettivo ed effettivo all’impiego in un ciclo produttivo, sono sottoposti al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti».
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MATERIA PRIMA SECONDARIA • • • •
D.M. 5 febbraio 1998, art. 31 e 33 Circolare MATTM 28 giugno 1999 prot. 3402/V/MIN D.Lgs. 152/2006, art. 181 bis D.Lgs. 4/2008,
Art. 181-bis - Materie, sostanze e prodotti secondari a) siano prodotti da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti; b) siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre; c) siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producono, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse; d) siano precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario; e) abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato.
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MATERIA PRIMA SECONDARIA Possono considerarsi: • i prodotti derivanti da un’operazione di riutilizzo, di riciclo, o di recupero di rifiuti che abbiano le caratteristiche previste dal DM 5 febbraio 1998, che presentino tutti i requisiti e le caratteristiche per poter essere immessi in commercio senza rischi per la salute e l’ambiente e che abbiano un effettivo valore di scambio sul mercato; • i materiali, le sostanze e gli oggetti originati da cicli produttivi o di preconsumo, che pur derivanti da un’operazione di recupero presentino le caratteristiche delle materie prime secondarie indicate dal DM 5 febbraio 1998 e siano direttamente destinate in modo oggettivo ed effettivo all’impiego in un ciclo produttivo.
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SOTTOPRODOTTO • • •
D.Lgs. 152/2006, art. 183, l ett. a) D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, Direttiva 19 novembre 2008,/98/CE, art. 5
p) sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3) soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; 4) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; 5) abbiano un valore economico di mercato.
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nuova nozione di SOTTOPRODOTTO • • • •
D.Lgs. 152/2006, art. 184-bis D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, art. 183 , lett. p) Direttiva 19 novembre 2008,/98/CE, art. 5 D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205,
Art. 184-bis – Sottoprodotto E' un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a) qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.
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nuova nozione di SOTTOPRODOTTO anche per UE • • •
D.Lgs. 152/2006, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, art. 183 , lett. p) Direttiva 19 novembre 2008/98/CE, art. 5 Abbandona l’originaria nozione di rifiuto mitigandola sulla base degli indirizzi forniti dalla giurisprudenza della Corte Europea: più duttile e che tenga conto del caso concreto.
Art. 5 - Sottoprodotti Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell'articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni: a) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o; b) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; c) la sostanza o l'oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione; d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.
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La gestione dei sottoprodotti Evoluzione normativa
SOTTOPRODOTTO La nuova nozione di sottoprodotto , avvicinando la norma italiana a quella comunitaria, è più ampia con riferimento al requisito del futuro impiego del sottoprodotto. Infatti la legge non richiede più che i sottoprodotti siano impiegati direttamente nel corso del processo produttivo (preventivamente individuato già al momento della loro produzione), ma è sufficiente la certezza del loro utilizzo. Si ritiene di poter agevolmente dimostrare la certezza dell’utilizzo con l’esistenza di rapporti contrattuali in essere tra il soggetto che genera il residuo e coloro che lo ricevono. A tale riguardo la Comunicazione della Commissione europea 21 febbraio 2007: «l'esistenza di contratti a lungo termine tra il detentore del materiale e gli utilizzatori successivi può indicare che il materiale oggetto del contratto sarà utilizzato e che quindi vi è certezza del riutilizzo.».
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La gestione dei sottoprodotti Evoluzione normativa BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 L. 8 agosto 2002, n. 138 D.M. 5 febbraio 1998, art. 31 e 33 Circolare MATTM 28 giugno 1999 prot. 3402/V/MIN D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, art. 181 bis Comunicazione 21 febbraio 2007 COM(2007) 59 della Commissione relativa alla Comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti Bruxelles, Direttiva 19 novembre 2008/98/CE, art. 5 8. D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205
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La gestione dei sottoprodotti Evoluzione normativa Anno 2008: FGA valuta la possibilità di qualificare ed utilizzare il lamierino prodotto residuale della lavorazione industriale quale materia prima secondaria o sottoprodotto anziché come rifiuto.
RIFIUTO MATERIA PRIMA SECONDARIA
SOTTOPRODOTTO
Anno 2010: FGA valuta la qualificazione del lamierino quale sottoprodotto dopo il D.Lgs. 205/2010.
Anno 2009: FGA approfondisce la nozione di sottoprodotto alla luce della Direttiva 2008/98 e dei requisiti merceologici e di qualità ambientale del lamierino.
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La gestione dei sottoprodotti Attività FGA Il lamierino può essere considerato MATERIA PRIMA SECONDARIA? SÏ (art. 181 bis) se: a) sia prodotto da un'operazione di riutilizzo; b) sia individuata provenienza, tipologia e caratteristiche del lamierino dal quale la materia prima secondaria si possa produrre; c) siano individuate le operazioni di riutilizzo; d) siano precisati i criteri per l'immissione in commercio; e) Il lamierino abbia un effettivo valore economico.
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La gestione dei sottoprodotti Attività FGA Il lamierino può essere considerato SOTTOPRODOTTO? Sì (art. 183) se: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3) soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale; 4) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari 5) abbiano un valore economico di mercato.
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La gestione dei sottoprodotti Attività FGA Il lamierino può essere considerato SOTTOPRODOTTO? Sì (art. 184 bis, dopo 205/2010) se: a) è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l'ulteriore utilizzo è legale.
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La gestione dei sottoprodotti Attività FGA in conclusione ….
Fino al 2008
il lamierino = RIFIUTO
Fino al 2009-2010 SECONDARIA Dal 2010
il lamierino = MATERIA PRIMA
il lamierino = SOTTOPRODOTTO
La gestione dei sottoprodotti Il lamierino – Flussogramma di produzione
TRANCIA SVILUPPI
MAGAZZINO COILS
FORATURA
FLANGIATURA
ASSESTAMENTO
° RIFILATURA
2
° RIFILATURA
1
IMBUTITURA
-STAMPAGGIO-
IMMAGAZZINAMENTO
NASTRO TRASPORTATORE
ADEG. VOLUMETRICO
La gestione dei sottoprodotti Lamierino – Trancia sviluppi ARRIVO COILS IN LAMIERA
TAGLIO COILS
IMMAGAZZINAMENTO
La gestione dei sottoprodotti Lamierino â&#x20AC;&#x201C; Stampaggio
LINEA DI STAMPAGGIO
La gestione dei sottoprodotti Lamierino – Convogliamento
NASTRO TRASPORTATORE
SISTEMA CONVOGLIAMENTO
La gestione dei sottoprodotti Lamierino â&#x20AC;&#x201C; Adeguamento volumetrico e raccolta
ADEGUAMENTO VOLUMETRICO
RACCOLTA IN CONTAINER
La gestione dei sottoprodotti Lamierino â&#x20AC;&#x201C; Invio ad acciaieria
La gestione dei sottoprodotti Azioni implementate e meccanismi di tutela
• Caratterizzazione chimica dal lamierino ai sensi del D.M. 05.02.98 con campionamento in fasi rappresentative del processo produttivo • Ripetizione periodica della caratterizzazione (ogni 24 mesi o al variare delle condizioni) • Procedure operative nell’ambito del Sistema di Gestione Ambientale
La gestione dei sottoprodotti Conclusioni
Lâ&#x20AC;&#x2122;evoluzione della normativa è stata favorevolmente accolta da FGA in quanto ha consentito una semplificazione amministrativa con governo e gestione diretta del lamierino in qualitĂ di sottoprodotto con relativo risparmio economico.
GRAZIE