Focus Acqua 2.0 - 12/2017 - Energia Media

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Acqua 2.0 Focus 12/2017

Acqua. Un “bene comune” con costi di produzione Laura Castellucci


L’ autrice Laura Castellucci è Professore ordinario di Politica Economica. Laurea in Economia, Università di Firenze; graduate student per un anno al Massachusetts Institute of Technology - MIT, negli Stati Uniti e ricercatore visitatore all’Università di Oxford, in Gran Bretagna, per due semestri. Ha insegnato molti corsi di Economia Pubblica a vari livelli e in numerose università come Bergamo, Firenze, Pescara e Roma; negli ultimi quindici anni ha insegnato e ricercato nell’area di di Economia delle Risorse Naturali con accento su uso delle risorse idriche, progresso tecnico, sostenibilità della crescita, economia dell’energia. Ha pubblicato estesamente in numerose riviste e libri italiani ed esteri, ed è stata coordinatore/membro di numerosi gruppi di ricerca italiani ed europei. Ha svolto attività di consulenza per imprese private, organismi pubblici e Ministeri. Ha partecipato a molte conferenze/convegni nazionali e internazionali ed è una dei sette fondatori dell’associazione italiana degli economisti ambientali e delle risorse naturali, IAERE. Oggi insegna Economia delle Risorse Naturali, Facoltà di Economia, Università di Roma Tor Vergata. Laura.castellucci@uniroma2.it www.economia.uniroma2.it/castellucci/

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Acqua. Un “bene comune” con costi di produzione Laura Castellucci

Il presente contributo ha la sua origine nell’intervento che Laura Castellucci ha pronunciato durante il convegno “Acqua 2.0" tenutosi a Roma, il 24 giugno 2016, presso il Centro Studi Americani.

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Acqua. Un “bene comune” con costi di produzione

Nell’era della commercializzazione, affascina la possibilità di sottrarre l’acqua al meccanismo della mercificazione; ed è vero l’acqua come l’aria è di tutti, è un bene comune ma, a differenza dell’aria, essa non è fruibile allo stato naturale cioè senza l’attività economica dell’uomo che deve impiegare fattori produttivi, capitale e lavoro, come per la fornitura di qualsiasi altro bene. Dunque la fruizione delle risorse idriche è legata a “costi”. Questa è una verità che dovrebbe sgombrare il campo da posizioni “ideologiche” che – pur contribuendo ad accrescere la percezione dell’importanza di questa risorsa – non facilitano una seria riflessione sui problemi concreti. In questo senso, l’approccio economico al tema idrico serve sia a mettere a fuoco i problemi che ad individuare la tipologia delle soluzioni. È però fondamentale chiarire come l’approccio economico si avvalga di due fondamentali criteri, l’efficienza e l’equità, e come essi rispondano a definizioni/elaborazioni analitiche presenti in letteratura e non siano termini vaghi spesso utilizzati da economisti improvvisati. In estrema sintesi, l’efficienza coincide con la minimizzazione dei costi e il meccanismo concreto che può condurvi è il mercato. Ma ciò è vero se e solo se (teorema dimostrabile analiticamente) il bene di cui si tratta è un bene privato senza effetti esterni e se il mercato è in condizioni di libera e perfetta concorrenza. Se esistono effetti esterni e/o il bene è pubblico, cioè non è rivale nel consumo, ciò non è più vero; il mercato fallisce ed è necessario l’intervento pubblico per motivi di efficienza. Quando poi si tratta della produzione di un bene fondamentale cioè di generali un bene che sodIl problema in termini (scenario disfa un bisogno primario,base) l’intervento pubblico è necessario per motivi di equità. In una società civile, tutti devono avere accesso ai beni fondamentali e niente è più fondamentale dell’acqua. Dati questi due pilastri, efficienza ed equità, si tratta di attuare il pri

mo (si è efficienti o non si è efficienti l’efficienza essendo misurabile)


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e di delineare la forma e la dimensione dell’equità essendo quest’ultima il frutto dei giudizi di valore della società. Affrontare i problemi della gestione delle risorse idriche secondo un approccio economico significa cercare l’efficienza nella fornitura dei servizi e coniugarla con l’equità secondo i giudizi di valore prevalenti nella collettività. Perciò la gestione delle risorse idriche richiede che vengano minimizzati i costi di produzione e distribuzione (efficienza) e, contemporaneamente, che venga assicurata a tutti la fruizione di questi servizi (equità). Entriamo adesso nello specifico del settore idrico (composto peraltro da tre sotto-settori: acquedotto, fognatura, depurazione) e analizziamolo dal lato dell’offerta e della domanda. Le condizioni di “offerta” sono quelle di monopolio naturale (proprio l’opposto della concorrenza) e di conseguenza, è imprescindibile che vi sia un intervento pubblico; ciò di cui si può dibattere riguarda, semmai, forme e modalità di questo intervento. Gli estremi vanno dalla sostituzione dell’impresa pubblica a quella privata (come è avvenuto per circa 60 anni nel nostro Paese) alla regolamentazione dell’impresa privata. Spesso entrambi non operano in maniera ottimale, diventando generatori di inefficienze tanto nella gestione della risorsa naturale quanto nella fornitura dei servizi e per questo in tutti i Paesi si ha generalmente una formula mista. Negli anni recenti, e in certi Paesi più che in altri, sembra prevalga la convinzione che le imprese private ben regolamentate siano da preferire a quelle pubbliche. Le condizioni lato “domanda” sono molto complesse perché gli usi della risorsa idrica sono alternativi. Ciò significa che settori diversi competono fra loro per disporre delle quantità d’acqua a loro necessarie (industria, agricoltura, energia, centri urbani). L’acqua ha, dunque, la caratteristica di essere un bene “rivale” nel consumo. E il concetto economico di “rivalità nel consumo” porta con sé il fatto che solo chi è disposto a pagare (willingness to pay) il prezzo più alto potrà soddisfare la sua domanda e ciò a sua volta solleva la questione cruciale nei confronti dell’acqua quella di essere un bene fondamentale senza sostituti. Nel dibattito intorno alla risorsa idrica non è quasi mai chiaro che il nocciolo sta nel riuscire a conciliare queste due caratteristiche: rivalità e insostituibilità. Dunque, se gli usi sono rivali è innanzitutto fondamentale determinare quale debba essere la priorità di utilizzo per non lasciare la decisione alla willingness to pay (acqua per l’agricoltura, per l’industria o per la città? Ma anche per gli ecosistemi naturali, per le generazioni future) e, secondo, se e come si possa regolare la domanda.

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Inoltre, come evidenzia l’ European Environmental Agency (EEA), sorgono altre complicazioni nella gestione idrica dovute alle loro interconnessioni fra acqua e agricoltura, acqua ed energia, acqua e land-use change (la trasformazione del suolo naturale e seminaturale in urbanizzato) e land grabbing e, infine acqua e cambiamento climatico. Tutte relazioni che – per gli impatti che portano con sé – meritano grande attenzione. Infatti, mentre la quantità di acqua fruibile – la disponibilità lato offerta – si è ridotta nel corso dei decenni a causa di fattori come inquinamento, effetti del climate change e precipitazioni meno abbondanti e/o più concentrate, dal lato della domanda si è registrato, invece, un incremento. E fra queste interconnessioni esistenti tra risorsa idrica e attività umane quella con l’agricoltura è la più stretta ed anche quella più preoccupante per il futuro: essa assorbe 1/3 dell’acqua estratta in Europa, con punte dell’80% nel sud del continente. Misure come una maggiore efficienza nell’uso agricolo – grazie anche all’apporto di nuove tecnologie – porta a una riduzione della quantità utilizzata; una diminuzione nell’uso di pesticidi e fertilizzanti migliora la qualità dell’acqua e fa risparmiare energia per il trattamento di quella di scarto o per il suo riciclo. In ogni caso è bene prendere atto che l’agricoltura non potrà in futuro contare su un assorbimento di acqua pari a quello odierno. Si vedano le previsioni dell’OECD al 2050 riportate in Figura 1. Analogamente si potrebbe riflettere su ciascuna delle interconnessioni menzionate. In questo quadro, cosa si prospetta per il futuro? Le previsioni prospettano una progressiva riduzione dell’offerta e un costante incremento della domanda. Offerta. Una prima ragione per la quale l’offerta si ridurrà, riguarda le carenze infrastrutturali e questo è un elemento su cui è possibile intervenire, per esempio realizzando infrastrutture migliori e più idonee agli scopi, come la raccolta dell’acqua ai tempi,i nostri, del cambiamento climatico. Un secondo fattore è l’inquinamento dei corpi idrici. Anche in questo caso, si può intervenire per porvi rimedio: riducendo l’uso di pesticidi e fertilizzanti in agricoltura si riduce l’inquinamento delle falde acquifere; costruendo impianti di depurazione prima dello scarico delle acque di scarto industriali, urbane ecc., nei fiumi, nei laghi e in mare, si riduce l’inquinamento. Su un terzo fattore, quello del climate change, è molto più complicato intervenire con singole azioni perchè richiede interventi cooperativi internazionali/ globali. Ciascun paese deve, per così dire, fare la sua parte.Domanda. L’aumento della domanda di acqua è strettamente legata all’aumento della popolazione e alla crescita del PIL globale. È sufficiente considerare un dato macro: nel XIX secolo la popolazione della Terra non arrivava al miliardo di individui; oggi, solamente 200 anni dopo, essa supera i 7 miliardi, con previsioni al 2050 che stimano un’ulteriore crescita fino

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a superare i 9 miliardi. Ma non solo. Alla crescita esponenziale degli abitanti che di per sé genera maggiore domanda, si unisce il cambiamento nel loro stile di vita conseguente all’aumento del PIL pro-capite e che conduce ad un aumento dei consumi pro-capite di acqua. In effetti, gli anni passati sono caratterizzati da una domanda in costante aumento che si contrappone ad una disponibilità di acqua dal lato dell’offerta immutata o ridotta. Gli indicatori disponibilità acqua pro capite e indice di sfruttamento dipingono un quadro preoccupante (Figure 2, 3 e Tabella 1). Ma un’offerta meno ampia e una domanda in crescita non faranno altro che mettere ancora più in evidenza il carattere dell’ acqua come bene “rivale” nel consumo, con all’orizzonte prevedibili scontri per il suo utilizzo e con prezzi di cessione (o tariffe) più alti secondo la logica economica della domanda e dell’offerta. Da notare che per adeguare l’offerta alla domanda i costi infrastrutturali cresceranno e dunque i prezzi che devono coprirli. E in Italia? I problemi menzionati in riferimento al contesto Europeo e globale ovviamente si manifestano anche nel nostro Paese, appesantiti da un aggravante: essere in ritardo sulla tipologia del settore. L’assetto che regge l’idrico non ha i caratteri di un settore industriale pronto a gestire l’unica risorsa naturale che non ha sostituti, cioè l’acqua. La mancanza di una gestione industriale e di una politica idrica seria e lungimirante che non tiene in considerazione elementi chiave come “domanda” e “offerta” si pone come un elemento di forte criticità. Analogamente, non è possibile trascurare questioni come l’ambiente, l’inquinamento e le disponibilità di risorse per il futuro. Ad oggi, il dibattito si concentra quasi esclusivamente sulla contrapposizione pubblico-privato “bloccando” le decisioni e quindi aumentando i costi presenti e futuri. Quindi, come gestire una risorsa sempre più scarsa ma speciale come l’acqua? Le priorità (usi alternativi e conservazione) devono necessariamente derivare da “scelte pubbliche”ma l’attuazione deve essere quella più efficiente, ovvero coprire tutti i costi, inclusa la scarsità futura e l’inquinamento (in linea con la Direttiva Quadro 2000/60 e successive) nella consapevolezza che il settore è ad alta intensità di capitale e può beneficiare dalle tecnologie avanzate. La copertura dei costi non implica però che essi ricadano interamente sugli utenti; il criterio di equità che deve integrare quello di efficienza porterà a distribuirne una quota sulla fiscalità generale per assicurare la fruizione anche alle fasce di cittadini in stato di necessità secondo l’adozione di indicatori atti allo scopo come l’affordability index o l’water poverty. D’altra parte sarebbe bene aver sempre presente che i “costi” non si azzerano semplicemente dichiarando che l’acqua è di tutti. Il vero dibattito è sulla “distribuzione” di questi costi sulla collettività: utenti vs contribuenti, generazioni presenti vs generazioni future.

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Figura 1. OECD Environmental Outlook to 2050: the consequences of inaction - water

Nota: BRIICS = Brazil, Russia, India, Indonesia, Cina e Sud Africa; RoW = Rest of the World Fonte: Environmental Outlook Baseline (output from IMAGE suite of models)

Figura 2. Risorse idriche rinnovabili pro-capite (M3/abitante/anno)

Fonte: Acquastat - FAO

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Figura 3. Indice di sfruttamento dell’acqua - 2010

Fonte: EEA

Tabella 1. Risorse idriche rinnovabili pro-capite (M3/abitante/anno)

Fonte: Acquastat - FAO

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Riferimenti bibliografici Rapporti della EEA e dell’OECD •

European Environment Agency (EEA), Signal 2015-Living in a Changing Climate, 2015

European Environment Agency (EEA), Towards Efficient Use of Water Resources in Europe; Water Resources in Europe in the Context of Vulnerability, n.11, 2012

OECD, Rapporti sulle performance ambientali: Italia, 2013

Per approccio teorico economico al tema dell’idrico •

Field B.C., Natural Resource Economics. An Introduction, Waveland, 2001. Capitolo 15

Ronald C. Griffin, Water Resource Economics, MIT press, 2006

Douglas W. Shaw, Water Resource Economics and Policy. An Introduction, Edward Elgar, 2005

Sull’Italia •

Castellucci L., L’Acqua tra diritti (all’accesso) e doveri (di pagarne i costi): scomode verità dall’economia, in Economia dei Servizi, n.1, 2015

Castellucci L., Expo Milano 2015. Sfamare il pianeta? Scomode verità dall’Economia, in Scienze e Ricerche, n.7, 2015

Castellucci L., La privatizzazione dell’acqua, delle infrastrutture o del servizio? Profili economici in L’acqua e la sua gestione (a cura di) M. Gigante, Jovene, Napoli, 2012

Castellucci L., I servizi idrici in Italia e i guasti della non-scelta, Apertacontrada, aprile 2009. Rivista on-line: www.apertacontrada.it/

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