Focus acqua 2.0 - 14/2017 - Energia Media

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Acqua 2.0 Focus 14/2017

Settore idrico: investire in innovazione Giuseppe Tribuzi


L’ autore Giuseppe Tribuzi è Coordinatore della Direzione Gas, Acqua e Perequazioni presso Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA) Giuseppe.Tribuzi@csea.it www.csea.it

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©Energia Media - aprile 2017

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Settore idrico: investire in innovazione Giuseppe Tribuzi

Il presente contributo ha la sua origine nell’intervento che Giuseppe Tribuzi ha pronunciato durante il workshop tenutosi a Bologna, il 15 marzo 2017, presso Unindustria Bologna

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Idrico in Italia, un settore che necessita di grandi investimenti

In Italia, tra i settori che maggiormente saranno interessati da consistenti investimenti economici rientra a pieno titolo l’idrico. Le necessità non riguardano solamente un piano (vasto) di modernizzazione, ma anche interventi urgenti. È sufficiente pensare al deficit infrastrutturale da recuperare, con particolare riferimento ai ritardi nel settore della depurazione e delle reti fognarie; in questo caso il mancato adeguamento o realizzazione di tali strutture ha portato a sanzioni europee superiori a 450 milioni di euro. In maniera analoga, la situazione della rete, ormai vetusta, è segnata da una dispersione della risorsa particolarmente elevata; un’indagine condotta a livello nazionale riporta dati preoccupanti, con perdite medie del 37%. Gli investimenti, non più procrastinabili, sono ingenti. Si stima – probabilmente per difetto – che nei prossimi 30 anni, il fabbisogno in termini di risorse economiche ammonterà a circa 65 miliardi di euro. Una cifra sul cui pieno raggiungimento pesano almeno due elementi. Il primo è che gli interventi pubblici non potranno – verosimilmente – superare il 10% del totale e che, secondo, la sola tariffa, allo sta-

Il problema in termini generali (scenario

to attuale, non sarà sufficiente a raggiungere l’obiettivo. Le tariffe,

base) benché in crescita, non consentono ancora di arrivare ai livelli di investimento previsti; 65 miliardi di euro di investimenti distribuiti in 30 anni significa dover investire oltre 2 miliardi di euro ogni anno, mentre ad oggi si giunge al massimo a 1,6 miliardi di euro.


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Figura 1. Investment trend (tariff only - €).

Facendo una media, l’impiego di risorse destinate al settore idrico è di 32 euro pro capite/anno, mentre l’obiettivo minimo sarebbe quello di 80 euro. Una cifra che, in ogni caso, non rispecchia la realtà, considerando che il panorama italiano si presenta molto eterogeneo, con profonde ed evidenti differenze territoriali e dimensionali. Se in alcune aree italiane, dove operano gestori medio-grandi secondo logiche industriali, i livelli di investimento pro capite arrivano a 70 euro, in altre, dove invece operano piccole società gestite in economia i già menzionati 32 euro di media non vengono nemmeno raggiunti (Figura 1). Confrontando poi l’impiego di risorse economiche in Italia e quello in nazioni prossime per geografia e livello di sviluppo, la sproporzione risulta evidente sia per investimenti che per tariffa (Figura 2). La situazione, almeno dal 2012, anno in cui l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha preso in carico anche il settore idrico, mostra positivi segni di cambiamento, con la crescita costante del volume degli investimenti. Interventi regolatori quali la formalizzazione del nuovo metodo tariffarie MTI-2, la definizione delle convenzioni tipo (del. Aeegsi 656/ 2015), la definizione della qualità contrattuale (RQSII), l’unbundling (TIUC), hanno permesso di invertire la tendenza. Ugualmente, interventi normativi più o meno recenti hanno

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Focus n. 14/ 2017 - Acqua 2.0

Figura 2. Investment trend (per capita - average tariff) (€/ab/year)

(€/m3)

avuto come obiettivo la razionalizzazione del settore, condizione essenziale per favorire gli investimenti. Per citare un esempio, il cosiddetto decreto Sblocca Italia, del settembre 2014, ha previsto la gestione unica nell’alveo degli Ambiti territoriali, l’obbligo di adesione delle realtà locali agli Enti di Governo degli Ambiti (EGA), la definizione delle scelte nelle forme di gestione. Ci sono poi altri strumenti, che potrebbero risultare certamente utili a creare un terreno ancora più favorevole agli investimenti; di seguito due esempi. Il primo è il fondo di garanzia opere idriche istituito presso Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) con la legge 221 del 28 dicembre 2015, il cosiddetto collegato ambientale, che ha la finalità di potenziare e sviluppare gli investimenti nelle infrastrutture del settore idrico avendo una natura di “garanzia” e non di “fondo perduto” (ad es. garanzia del riconoscimento del valore residuo degli investimenti nei casi di subentro). Inoltre opportune forme di condizionalità nell’accesso ad esso, potrebbero divenire anche incentivo alla razionalizzazione del settore e all’avvio di gestioni efficienti. Per diventare operativo, il fondo ha comunque bisogno di un decreto attuativo, a breve atteso.

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Focus n. 14/ 2017 - Acqua 2.0

Il secondo strumento – oggetto di riflessioni da parte dell’Autorità e degli operatori del settore ed ancora in fase di studio – è quello della perequazione finanziaria. Tra gli obiettivi principali del dispositivo, tracciati nella Delibera Aeegsi 122/2015, che ne ha avviato la progettazione, c’è il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario dei gestori del servizio idrico nei diversi contesti territoriali, con il fine ultimo di tutelare gli utenti più deboli e realizzare una progressiva convergenza tra le aree del Paese. Lo strumento dovrebbe prevedere la possibilità, in condizioni e circostanze definite, di anticipazioni finanziarie a favore di operatori che si trovino in momentanea situazione di criticità economico-finanziaria (Documento per la consultazione Aeegsi 230/2015). Alcune riflessioni finali. Pur consapevoli della necessità di investire risorse in innovazione, è prioritario arrivare a razionalizzare il settore da un punto di vista gestionale. Solamente gruppi solidi, di medie e grandi dimensioni (per ampiezza del territorio servito e per numero di clienti) e con una logica industriale e manageriale alle spalle avranno la forza e la visione strategica per pianificare ed effettuare investimenti e introdurre innovazione. Questo indipendentemente dalla struttura proprietaria, pubblica o privata, che non appare rilevante sul tema (si osserva peraltro che, ad oggi, oltre il 95% del settore è sotto il controllo pubblico). Nonostante le spinte all’aggregazione, nell’ottica di una forte riduzione del numero degli operatori, portate avanti in questi ultimi anni dalle autorità preposte, sono ad oggi ancora circa 2.000 i gestori del servizio idrico integrato presenti sul territorio nazionale: senza dubbio un grande, se non il più grande, ostacolo alla piena modernizzazione e al rilancio del settore.

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