Focus Industria 4.0 - 10/2016 - Energia Media

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Industria 4.0 Focus 10/2016

Industria 4.0 Creare il futuro, non prevederlo Marco Cantamessa


L’ autore Marco Cantamessa è Professore ordinario presso il Politecnico di Torino – DIGEP/Dipartimento di Ingegneria Gestionale e della Produzione. marco.cantamessa@polito.it

Energia Media Energia Media è un’agenzia di comunicazione e relazioni che opera, principalmente, nei settori energy, utility e smart city. Sviluppa strategie comunicative, facilita le relazioni, elabora contenuti e informazione. Sostiene le aziende migliorandone il posizionamento e creando occasioni di business. Affianca associazioni e istituzioni in programmi di comunicazione pensati per aumentare la reputazione nei confronti dei propri stakeholder. Energia Media nasce nel 2013, a Milano, dall'esperienza maturata da un gruppo di persone in oltre vent’anni di lavoro nel campo dell’informazione, delle relazioni e della consulenza strategica nei settori energy e utility. Tutte le immagini e le fotografie presenti in questo Focus sono state regolarmente acquistate su banche dati. Nel caso in cui l’autore ritenga che siano state violate le regole di copyright, è pregato di segnalarlo al seguente indirizzo: comunicazione@energiamedia.it

©Energia Media - dicembre 2016

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Industria 4.0 Creare il futuro, non prevederlo Marco Cantamessa

*Il presente contributo ha la sua origine nell’intervento che Marco Cantamessa ha pronunciato durante il workshop “Efficienza energetica. Primo passo per rispondere alle sfide dell’Industria 4.0" tenutosi a Torino, il 4 luglio 2016, presso Social Fare. L’incontro rientra in un road show in 10 tappe che Energia Media ha realizzato nel 2016 sui temi dell’industria 4.0 e dell’Efficienza Energetica.

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Industria 4.0: la rivoluzione non passa da una singola tecnologia

Per parlare di Industria 4.0 è indispensabile capire che cos’è e quali sono le sue caratteristiche. Di definizioni più o meno esaustive se ne trovano tante, sparse tra studi e report pubblicati a partire dal 2012, quando il fenomeno ha cominciato a guadagnare visibilità. Innanzitutto l’Industria 4.0 è qualcosa di molto più pervasivo e complesso, che presuppone il passaggio e l’implementazione di una pluralità di tecnologie che andranno a ricombinarsi fra di loro secondo modalità e forme non ancora prevedibili. Oggi, infatti, ci si trova in quello che si potrebbe definire uno “stato pre-paradigmatico” in cui il futuro non va previsto ma creato. Big Data, IT, intelligenza artificiale, cloud computing, additing manufacturing, smart device: sono tecnologie abilitanti che pur contribuendo a rendere reale e concreta l’idea di Industria 4.0, non riescono tuttavia a descriverla completamente. L’Industria 4.0 è piuttosto il risultato della loro applicazione e combinazione, è il processo che conduce alla realizzazione di prodotti intelligenti, servizi intelligenti, fino ad arrivare ad ambienti intelligenti. Si tratta di un fenomeno Il che va a toccare modificare nel profondo problema in e termini generali (scenario il modello di business delle imprese per un’innovazione che si confi-

base)

gura non solo di prodotto, ma anche di processo. Un fenomeno che, come si diceva poc’anzi, è ancora in grande parte da costruire, combinare, implementare, anche in modo creativo perché sono innu

merevoli i campi di applicazione ancora da scoprire.


Focus n. 10/ 2016 - Industria 4.0

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Rispetto a quanto accaduto nelle precedenti rivoluzioni del mondo produttivo, quella dell’Industria 4.0 non prevede l’adozione di una singola tecnologia come è stato per il vapore, l’elettrificazione, e in certa misura, l’informatica. Anzi, si è molto lontani – all’opposto forse – dalla logica che ha governato, per esempio, la prima rivoluzione, quando un’azione in sé semplice come l’introduzione di un nuovo macchinario in fabbrica era in grado di portare immediati e concreti vantaggi competitivi e permetteva, di conseguenza, previsioni precise (a partire, ad esempio, dal numero di operai che andava a sostituire). Oggi, con l’Industria 4.0 è richiesto uno sforzo maggiore, che ha molto a che vedere con un cambio culturale, oltre che tecnologico, verso ciò che il digitale è e può essere. Il tratto che, invece, accomuna quest’ultima alle precedenti rivoluzioni chiama in causa l’inevitabilità del cambiamento: chi rimane fermo o chi si oppone è probabilmente destinato a soccombere. Altrove come in Italia. Nel nostro Paese, in particolare, la situazione presenta luci e ombre. Ad aspetti positivi quali capacità imprenditoriali e competenze tecniche di alta qualità e a basso costo presenti (per ora) nel nostro tessuto imprenditoriale, si contrappongono elementi critici come l’assenza di grandi player e system integrator nazionali e come il fatto che – pur nella qualità – le competenze tecniche sono in numero non sufficiente. La sfida è aperta, specialmente per le PMI italiane. Da un lato, esse potrebbero beneficiare dell’Industria 4.0 in termini di aumentate opportunità di crescita e capacità di rispondere alle richieste del mercato. Dall’altro, proprio a causa del loro essere medie, ma soprattutto piccole e piccolissime imprese, le PMI italiane potrebbero avere difficoltà nell’adozione e nell’implementazione delle tecnologie che la nuova rivoluzione industriale richiede. Più che ricalcare esperienze che vengono dall’estero, è fondamentale sfruttare i punti di forza propri del nostro sistema. Il primo è valorizzare e coltivare con sempre maggiore convinzione le competenze tecniche di alto livello a costi bassi (soprattutto di figure come ingegneri e sviluppatori) presenti sul mercato del lavoro, magari scegliendo l’Italia come luogo per aprire un’attività o lanciare una start-up. La seconda è sfruttare la tendenza al “tailor made” connaturata all’idea di Industria 4.0; quest’ultimo può diventare l’elemento di sopravvivenza e poi di rilancio delle PMI italiane, più capaci e veloci nell’adattarsi alle mutevoli e diversificate richieste del mercato rispetto ai grandi gruppi, in sé più rigidi e lenti ai cambiamenti. Tra i punti di debolezza è stata menzionata la scarsità, in termini numerici, di professionalità tecniche (e per esse non si intendono solo ingegneri e sviluppatori). A questa va aggiunta

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una bassa propensione delle aziende a investire nella formazione dei lavoratori. In questo senso si sta muovendo l’Università italiana, sebbene rimanga difficile il dialogo tra atenei e mondo imprenditoriale. Per non venire travolti dall’arrivo della “fabbrica del futuro” è innanzitutto necessaria una strategia preparatoria. E non solo a livello nazionale, come dimostra il lancio, nel settembre 2016, del Piano Industria 4.0, ma anche a livello di singola impresa. È necessario porsi in una prospettiva nuova, nella quale il digitale non è più solo una tecnologia su cui investire per adeguare la produzione al 4.0, ma un modo di pensare, così da arrivare a immaginare soluzioni originali. Da ultimo, è importante comprendere che non tutto può essere sviluppato “in house”, e che la capacità di stringere alleanze e collaborazioni (con un’altra azienda, un’università o un centro di ricerca) diverrà una carta vincente sia per i grandi ma soprattutto per i soggetti medio-piccoli.

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