Focus Industria 4.0 - 7/2016 - Energia Media

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Industria 4.0 Focus 7/2016

Industria 4.0, ovvero la necessità di una strategia-Paese per far ripartire l’Italia Raffaele Tiscar


L’autore Raffaele Tiscar è Vice Segretario Generale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. r.tiscar@governo.it

Energia Media Energia Media è un’agenzia di comunicazione e relazioni che opera, principalmente, nei settori energy, utility e smart city. Sviluppa strategie comunicative, facilita le relazioni, elabora contenuti e informazione. Sostiene le aziende migliorandone il posizionamento e creando occasioni di business. Affianca associazioni e istituzioni in programmi di comunicazione pensati per aumentare la reputazione nei confronti dei propri stakeholder. Energia Media nasce nel 2013, a Milano, dall'esperienza maturata da un gruppo di persone in oltre vent’anni di lavoro nel campo dell’informazione, delle relazioni e della consulenza strategica nei settori energy e utility. Tutte le immagini e le fotografie presenti in questo Focus sono state regolarmente acquistate su banche dati. Nel caso in cui l’autore ritenga che siano state violate le regole di copyright, è pregato di segnalarlo al seguente indirizzo: comunicazione@energiamedia.it

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Industria 4.0, ovvero la necessità di una strategia-Paese per far ripartire l’Italia* Raffaele Tiscar

*Il presente contributo ha la sua origine nell’intervento che Raffaele Tiscar ha pronunciato durante il workshop “Industria 4.0 ed efficienza energetica: elementi indispensabili per la fabbrica del futuro” tenutosi a Roma, il 25 maggio 2016, presso Enea. L’incontro rientra in un road show in 10 tappe che Energia Media ha realizzato nel 2016 sui temi dell’industria 4.0 e dell’Efficienza Energetica.

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La necessità di una politica industriale per lo sviluppo del Paese Industria o Manufacturing 4.0 ed efficienza energetica sono temi che non si esauriscono nella sola sfera economica di una nazione (nella sua maggiore o minore capacità di crescere), ma riguardano da vicino ciò che un Paese vuole essere o diventare – sapendosi progettare – nei decenni a venire tanto in ambito sociale ed economico come politico. Oltre a essere temi, sono anche modelli di sviluppo a cui aderire e tendere se si vuole che una società costruisca un futuro su basi solide e certe. Partirò da due brevi riflessioni introduttive. La prima riguarda la politica industriale, vera emergenza del sistema Italia nella sua globalità, al di là dei governi che si sono alternati alla guida del Paese. Avere una politica industriale chiara, condivisa, stabile e in grado di guardare in avanti è una priorità che richiede gli sforzi e il coraggio di tutte le parti della società italiana. Più che nel passato, oggi è diventato impossibile procedere senza un quadro di riferimento chiaro in cui il sistema si pone degli obiettivi e un percorso di medio-lungo periodo. E solo all'interno di questo quadro di certezza che maturano le condizioni per poter investire con la ragionevole fiducia che quanto stabilito non venga rimesso continuamente in discussione. Un tratto, quest’ultimo, fondamentale, perché solamente con una continuità e una coerenza nell’azione è possibile sia orientare nel verso giusto gli sforzi della ricerca sia valorizzare gli investimenti di medio e lungo periodo in ottica Industria 4.0, specialmente in un’economia interconnessa che trova il proprio fondamento nella disponibilità di infrastrutture digitali. Il problema in termini generali (scenario La seconda suggestione è legata alla differenza di ruolo che deve esi-

base)

stere fra i tecnici e i politici, differenza secondo la quale i primi hanno il compito delicato, ma indispensabile, di predisporre gli strumenti utili ai secondi per poter decidere in maniera tempestiva e consapevole. Una situazione apparentemente scontata ma che non sempre si verifica.


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Un esempio in tal senso chiama in causa una questione tanto delicata quanto complicata quale l’impegno italiano nelle politiche di decarbonizzazione e la conseguente possibilità che i decisori politici hanno di giungere a valutazioni corrette, univoche e condivise sul raggiungimento o meno degli obiettivi fissati. Ad oggi, infatti, esistono diversi modelli costruiti per monitorare lo stato delle emissioni di CO2 in relazione agli impegni che il sistema Italia assume a livello internazionale. Modelli in sé validi, funzionanti, ma diversi fra loro, non interconnessi e, dunque, non in grado di ridare a chi governa una visione il più possibile unitaria della situazione. Modelli che forniscono dati difficilmente comparabili e leggibili dai politici i quali necessitano, invece, di chiarezza e strumenti agili – pur nella loro elaborazione e complessità – come può essere, per esempio, un cruscotto di valutazione. In questo modo i decisori saranno più facilitati nell’individuazione delle strategie necessarie per raggiungere gli obiettivi fissati e per giungere a quella visione d’insieme che dovrebbe esserci fin dal principio della scelta, per evitare storture e fraintendimenti dannosi. Alla visione va affiancato un coordinamento fra i vari attori in gioco; ciò è valido per l’Industria 4.0 ma anche per le politiche di efficienza energetica, la Smart City, l’economia circolare o altre questioni di una certa rilevanza strategica. Industria 4.0. Dieci temi su cui concentrare l’attenzione Il manufacturing 4.0 può nasce e trova terreno fertile per crescere grazie allo sviluppo esponenziale dell’internet delle cose. I numeri del fenomeno sono impressionanti. Ogni giorno, nel mondo, sono oltre 5 milioni e mezzo i nuovi oggetti connessi, con previsioni al 2020 che stimano in quasi 21 miliardi gli oggetti connessi. In Italia, secondo l’ultimo rilevamento effettuato dagli Osservatori del Politecnico di Milano alla fine del 2015, erano circa 10,3 milioni le “cose” connesse alla rete, con un incremento del 29% sull’anno precedente. Cifre e numeri che si tramutano in denaro. Proiezioni future parlano di giro di affari relativo alle interconnessioni degli oggetti in forte crescita in grado di passare da 3,9 trilioni di dollari attuali agli 11,1 entro il 2025. In ottica industriale, l’internet of things diviene il sistema o il modello per avviare un percorso di ulteriore sviluppo e di recupero di competitività. Si comprende come – a fronte di queste sfide – sia sempre più forte la necessità di dotarsi di una politica industriale seria, stabile e articolata. Il rischio che l’Italia corre in caso di assenza prolungata di una politica strategica in campo industriale è quello di essere messa ai margini del contesto globale di produzione.

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Come muoversi, efficacemente e tempestivamente, per evitare che questo accada? Passerò in rassegna dieci temi o capitoli su cui occorre portare l’attenzione. Il primo tema da affrontare è la presenza o meno di reti a cui poter interconnettere gli oggetti. Le reti sono nella prossima configurazione un mix tra reti fisse e reti mobili e si dovrà imparare sempre di più a convivere fra queste due tipologie. Detta in altri termini, lo sviluppo del 5G renderà sempre più familiari ad una terminazione mobile e a un backholding, una rete di supporto di accesso sempre più fissa, essendo l’unico sistema che garantirà il trasporto di grandi quantità di informazioni. Sebbene l’utente medio non ne sia pienamente consapevole o non si sia accorto, negli ultimi anni la modalità di interconnessione è cambiata radicalmente: si è passati dal semplice download di contenuti a un’attività di upload sempre più massiccia (documenti, immagini, file audio e video) complice soprattutto la nascita e la diffusione dei social network (Facebook, YouTube, LinkedIn, etc.) e la moltiplicazione di device che permettono questo tipo di interazione (smartphone e tablet in primis). Per supportare questo traffico di dati sempre più ingente è necessaria una rete adeguata e dunque estremamente performante. Un altro esempio, che tocca uno scenario non così lontano nel futuro, riguarda i trasporti, con treni, autobus, automobili e altri mezzi interconnessi come qualsiasi altro dispositivo. Anche in questo caso è impensabile gestire una tale mole di dati senza reti o piattaforme adeguate che, nello specifico, saranno terrestri e satellitari. Quindi se il primo grande tema da affrontare è quello di avere una dotazione infrastrutturale adeguata per l’evoluzione dell’internet delle cose, il secondo sarà quello della dotazione di standard di interoperabilità il più possibile aperti. Il modello aperto, oltre a facilitare la funzionalità agevola anche il mercato, evitando posizioni di dominanza o di monopolio de facto di un soggetto sugli altri operatori. Connesso a questo secondo tema ve ne è un terzo, relativo all’introduzione di standard di qualità su una gamma di servizi che già sono terreno di apprezzamento dell’internet delle cose. Un quarto punto riguarda le professionalità sia di coloro che sono attualmente chiamati ad occuparsi di questi temi sia di coloro che in futuro dovranno essere formati per avere le skills giuste per occuparsene. Ad oggi si corre il pericolo di non avere né per numero né per preparazione il personale adeguato alla gestione di questi settori. Un rischio che si può evitare con politiche scolastiche che potenzino o introducano l’insegnamento di materie come l’informatica, la matematica o la meccanica di precisione. Un quinto tema ha a che vedere con la committenza dalla pubblica amministrazione e, conseguentemente, l’ambito Smart City. In questo caso è innanzitutto importante cercare di

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utilizzare e sfruttare al meglio le tecnologie abilitanti già esistenti e che si sa essere funzionanti. Tralasciando le soluzioni e le applicazioni più ardite o fantasiose bisognerebbe rivolgere l’attenzione soprattutto ai settori tradizionali come l’illuminazione pubblica, la mobilità o la digitalizzazione dei servizi. Il sesto tema tocca le agevolazioni finanziarie alle imprese che decidono di investire sull’internet delle cose. Per arrivare in tempi rapidi a un cambio strutturale nel sistema produttivo – con l’adeguamento strumentale e tecnologico della fabbrica – è fondamentale sostenere le imprese, magari con politiche di incentivazione e agevolazione fiscale. Il settimo capitolo concerne il sostegno alla ricerca e al cosiddetto open innovation, agevolando la trasformazione delle start up in piccole e medie imprese. In questo senso, il supporto iniziale alle start up è assolutamente giusto, ma non sufficiente specialmente se si interrompe subito dopo la realizzazione di un business plan, nella fase di avvio. Sono infatti ormai diversi i casi di start up nate nel nostro Paese che, una volta superato il momento iniziale, hanno preferito spostare la propria sede all’estero perché più vantaggioso in termini fiscali o più semplice da un punto di vista burocratico. Due temi tra di loro legati sono la security e la privacy. In un mondo sempre connesso alla rete, dove il flusso di dati e lo scambio di informazioni sono ormai inarrestabili, la cyber security diviene un elemento strategico irrinunciabile. Lo sviluppo e la pervasività di internet caratterizzano la vita odierna di Stati e cittadini: dalla produzione all’erogazione e acquisto di beni e servizi online, sino alla gestione di infrastrutture critiche e strategiche nazionali. Una questione che impatta fortemente sulla privacy, considerando il sempre maggior flusso di informazioni, il loro scambio e il loro trasferimento. La nostra identità (fatta anche dall’unione di tutti i dati che ci riguardano), come singoli cittadini o come imprese deve essere sicura da furti, manipolazioni, intrusioni. Infine, il decimo tema chiama in causa la comunicazione, o meglio la capacità di sapere spiegare che cos’è l’internet of things e soprattutto come saperlo utilizzare al meglio, sfruttandone le potenzialità ed evitando il più possibile i risvolti negativi. Questo deve essere un tema di cui parlare, su cui spendere tutta la credibilità e le risorse che si hanno a disposizione.

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Energia Media Milano / Roma comunicazione@energiamedia.it www.energiamedia.it

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