Acqua Paper 16/2017
Quale strategia per rispondere alla crisi idrica? Governance, innovazione e nuovo management
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Acqua Paper 16/2017
Quale strategia per rispondere alla crisi idrica? Governance, innovazione e nuovo management
Il presente paper prende spunto dalle riflessioni emerse durante il convegno “Governance, innovazione e nuovo management. Quale strategia per rispondere alla crisi idrica?â€? tenutosi il 12 settembre 2017 a Milano - Palazzo Isimbardi e realizzato in collaborazione con CittĂ Metropolitana di Milano e Confservizi Cispel Lombardia.
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Contributi di: Alessandro RUSSO - Presidente e Amministratore Delegato, Gruppo CAP Stefano CETTI - Direttore Generale, MM Armando QUAZZO - Dirigente Servizio Sviluppo & Marketing, SMAT Torino Tullio MONTAGNOLI - Amministratore Delegato, a2a Ciclo Idrico, Franco FOGACCI - Direttore Acqua, Gruppo HERA Eugenio BERTOLINI - Direttore Generale di Ireti, Gruppo Iren Paolo BARBAGLI - Amministratore Delegato, Barbagli
Nunzio BONAVITA - Business Development Manager for Measurement Products, ABB Gaetano VIVIANO - Istituto di Ricerca Sulle Acque-CNR e Isoil Industria Renato TRAPATTONI - Consigliere Delegato, NETRIBE DMU Armando MARTIN - Marketing and Strategy Consultant, SENECA Osvaldo PALEARI - Sales General Manager, Sensus Giuseppe MAMMANA - CEO, Telereading Maurizio DEL RE - Dirigente, Veolia Water Technologies Italia Sandro MARCON - Sales Manager, Maddalena Vincenzo CANNIZZO - Presidente APCE Alessandro ROTA - Presidente, Coldiretti Milano, Lodi e Monza Brianza
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Nota introduttiva Esiste un “Sistema Italia” in grado di indicare percorsi di sviluppo per una nuova filiera industriale nel settore idrico? Individuate ormai da tempo priorità, necessità, emergenze e cifre d’investimento, il sistema idrico italiano necessita – come risaputo – di ingenti investimenti per riqualificare reti e sistemi di depurazione e di buone idee. Nel panorama italiano operano soggetti diversi, alcuni pronti a innovare e a investire in soluzioni d’avanguardia, altri avanzati tecnologicamente ma ancora poco propensi sia a fare filiera che a guardare con più attenzione alle risorse economiche e ambientali, e altri ancora arroccati su soluzioni di retroguardia e affatto intenzionati a impiegare risorse per modernizzare il servizio. Gli interventi hanno l’obiettivo di affrontare il tema di come deve cambiare il SII per affrontare le nuove sfide imposte dai cambiamenti climatici, da una parte, e dai più stringenti standard contrattuali dall’altra, soffermando l’attenzione sui casi d’eccellenza e sulle posizioni più innovative. Un’occasione per mettere a confronto esperti provenienti dal mondo industriale e delle utility per un trasferimento di idee e di soluzioni utili ad affrontare in modo adeguato le sfide sul campo. Innovazione e management: una nuova cultura capace di portare a un cambio profondo nei comportamenti e nelle pratiche di tutti i soggetti coinvolti, dai cittadini ai componenti della catena di utilizzatori (industrie, agricoltori, ecc.). E tutela della risorsa idrica alla luce delle ricorrenti emergenze.
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LE UTILITY
Alessandro RUSSO Gruppo CAP
Settore idrico e crisi della risorsa: sono almeno tre i macro aspetti da prendere in esame perché intervenire su di essi determinerebbe un cambiamento significativo. Il primo di essi è la governance del settore. Riformare le strutture preposte a governare e gestire il sistema idrico è urgente considerando le criticità ancora esistenti in diverse aree del nostro Paese: gestioni in economia, mancanza di visione strategica, scarsa capacità di spesa. La situazione in Lombardia è particolare: alle grandi e moderne aggregazioni di gestori propense alla modernizzazione e in grado di investire risorse per migliorare le reti e il servizio, si contrappone la sterile frammentazione di una miriade di piccole e piccolissime realtà (in particolar modo nelle province di Varese e Como). In questo senso si inserisce il tema del nuovo management, da intendersi sia come la ricerca e il reclutamento di figure tecniche specializzate sia come il rinnovamento della cultura di impresa. Il secondo macro aspetto concerne il rapporto tra i gestori del servizio idrico e mondi apparentemente lontani, ma in realtà estremamente contigui. È il caso del settore agricolo, forzatamente vicino al mondo dell’acqua – poiché la maggior parte della risorsa idrica viene utilizzata in agricoltura – ma raramente in grado di avere un dialogo continuativo, stabile e sereno con chi di acqua si occupa.
È anche il caso della gestione delle acque meteoriche che teoricamente non dovrebbero entrare nella sfera di competenza dei gestori ma che nella prassi lo diventa, incidendo sulle operazioni di depurazione. Il terzo aspetto è legato all’innovazione tecnologica e alla possibilità che i gestori – in parte di proprietà di enti pubblici– hanno di incontrare e di collaborare con coloro che effettivamente propongono soluzioni, in stragrande maggioranza soggetti privati. In questo senso sarebbe opportuno trovare un modus operandi, univoco, trasparente e lineare che stabilisca le regole con le quali i gestori si orientino quando si confrontano o entrano in contatto con i vendor di tecnologia. Questa riflessione chiama in causa un cambio ormai diffuso di modello aziendale, per il quale si tende a condividere la cultura internamente ed esternamente attraverso un proficuo scambio reciproco, secondo il sistema più aperto e flessibile della sharing knowledge. Ultimo fra i settori delle utility per penetrazione tecnologica, il servizio idrico si sta rapidamente allineando agli altri servizi di pubblica utilità, come luce, gas e rifiuti. L’innovazione poi può essere anche favorita dal quadro normativo e regolatorio, come sta accadendo con lo Smart metering su impulso dell’AEEGSI. Cosa si può fare per superare la crisi idrica? E soprattutto, l’Italia vive davvero questa condizione? Pur essendoci un problema da affrontare a livello nazionale, bisogna distinguere tra aree che vivono realmente delle criticità e aree come Lombardia, Veneto e Piemonte che non possono dirsi in difficoltà a livello di scarsità di risorsa. Al di là, dunque, di un seppur utile elenco di soluzioni è forse opportuno allargare la riflessione e pensare che nei prossimi anni e decenni, più che situazioni critiche si dovranno affrontare “situazioni disordinate”. Il cambiamento climatico fa sentire i suoi effetti imprevedibili e costringe chi si occupa di gestione e distribuzione a progettare sistemi sempre più flessibili e resilienti alle diverse esigenze e circostanze, sistemi che dovranno convivere con l’incertezza, in maniera resiliente come le città in cui dovranno trovarsi a operare. Ma non solo. La sfida – tecnologica e non – nel settore idrico è sapere trarre vantaggio dall’incertezza climatica per poter affrontare le potenziali criticità (quali siccità o abbondanza) in maniera non emergenziale.
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Stefano CETTI MM
Esportare il modello lombardo e portare l’esperienza maturata sul territorio anche in altre regioni italiane dove il problema idrico è serio. Se la situazione è mediamente buona, non mancano zone d’ombre e criticità. La crisi idrica in Lombardia non riguarda la scarsità della risorsa o la cattiva gestione della stessa, quanto piuttosto problematiche legate a una sovrabbondanza di acqua. Il caso delle ripetute esondazioni del fiume Seveso nel tratto compreso nei confini della città di Milano ne sono un esempio. Le soluzioni tecniche per porvi rimedio esistono e sono alla portata; tuttavia la costruzione delle risolutive vasche di laminazione crea malumore e proteste negli abitanti delle zone interessate dagli interventi. Una causa della lentezza o, talvolta, dell’immobilismo nel risolvere le problematiche ancora aperte ha origine nell’incapacità o nella difficoltà nell’impiego di risorse finanziare già stanziate o addirittura erogate, soprattutto in seguito ad eventi calamitosi. Le cause di questa situazione di paralisi sono diverse e si riconducono a, primo, una carenza dal punto di vista progettuale, con piani inadeguati e incompleti; secondo, a gare d’appalto eccessivamente complesse e terzo, a tempi di affidamento, inizio lavori e collaudi necessari troppo dilatati, lunghi. Considerando invece lo stato del servizio idrico italiano non è possibile trascurare o minimizzare le importanti trasformazioni avvenute negli ultimi anni – un vero e proprio cambio di paradigma – da quando il servizio è divenuto di competenza dell’Autorità. Una nuova tariffazione, nuove regole e maggiore chiarezza favoriscono i soggetti che vogliono investire in progetti e programmi seri di ammodernamento e miglioramento tanto delle infrastrutture come del servizio. Infine, un tema poco citato: i fanghi. Benché si configuri di un sotto prodotto finale dell’attività dei soggetti che gestiscono il ciclo idrico integrato, esso ha assunto un peso sempre più ampio in termini di tempo impiegato e di potenziale valore economico generato. Questo secondo aspetto nel caso in cui l’attività venga gestita in maniera coerente e lineare e sia regolata da normative chiare e tempestive.
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Armando QUAZZO Smat Torino
Riflettere sulla crisi idrica che sta affliggendo il paese vuol dire ragionare sul tema idrico a tutto tondo: dalla tutela idrogeologica all’uso della risorsa in agricoltura, dall’utilizzo dell’acqua a scopi industriali al ciclo idrico integrato. In termini numerici, l’irrigazione la fa da padrone con uno sfruttamento della risorsa che supera la metà dell’acqua disponibile e lasciando la restante quota a industria (ahimè in declino) e gestione del servizio idrico integrato per la parte minoritaria. Ciò posto, è indubbio che la governance del settore è un argomento che riveste centrale importanza. La progressiva riduzione del numero dei gestori attivata dalla legge Galli e portata avanti negli anni con difficoltà, sta conducendo a un nuovo modello di gestione, decisamente articolato e di stampo industriale. Una gestione organizzata, più razionale e meno parcellizzata – in contrapposizione alle frammentarie (e ancora troppe) gestioni in economia – è un fattore in grado non solo di promuovere l’efficienza e di migliorare il servizio all’utenza, ma anche di far fronte – con più strumenti – alle potenziali situazioni critiche, ed il caso della crisi idrica sofferta da piccoli Comuni montani, gestori del servizio nel loro territorio, ne è l’ultima prova. Water Alliance – Acque del Piemonte è una rete che raccoglie tutte le imprese pubbliche piemontesi che gestiscono il servizio idrico e che garantiscono acqua, fognatura e depurazione ad oltre l’80% della popolazione (circa 3,5 milioni di abitanti serviti) con un fatturato complessivo che supera i 600 milioni di euro. In merito al richiamato problema delle perdite di rete, sebbene sia una tematica ben presidiata dai gestori non è certamente il più urgente da risolvere, né quello che incide maggiormente sul bilancio idrico. Ciò che deve essere sviluppata è una politica idrica comune che riconosca la priorità dell’uso idropotabile su ogni altro (e.g. dighe utilizzate a scopi idroelettrici), favorisca la creazione di aree destinate a bacini di lagunaggio, preveda le interconnessioni fra
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acquedotti e incrementi il riuso della risorsa idrica depurata dai grandi impianti di trattamento. Da un punto di vista del valore economico del settore, sono oltre 60 i miliardi di euro che dovrebbero essere investiti per l’ammodernamento del sistema idrico italiano nei prossimi 20 anni. Investimenti ingenti che per diventare progetti esecutivi e poi in attività di cantiere impiegano tempi molto lunghi, con iter burocratici talvolta superiori a 700 giorni. Quindi la risorsa non manca, ma è necessario attivare canali preferenziali che ammettano la preminenza delle realizzazioni acquedottistiche e depurative e facilitino gli itinera autorizzativi. Infine il tema dell’innovazione. SMAT ha da poco meno di un decennio attivato un Centro Ricerche con l’obiettivo di promuovere la ricerca applicata unicamente al settore del servizio idrico integrato. La ricerca e lo sviluppo che in esso vengono elaborati devono rispondere ai criteri di utilità, efficacia ed economicità, con il fine di individuare soluzioni tecnologicamente valide a costi convenienti. Per il tramite di Water Alliance, tutti i gestori pubblici del comparto piemontese hanno la facoltà di accedere e partecipare a queste attività di ricerca.
Tullio MONTAGNOLI a2a Ciclo Idrico
Quando si discute di acqua – e della sua gestione e utilizzo – sovente si afferma che solo una rinnovata cultura d’uso sarà in grado di cambiare i comportamenti. Quasi sempre poi, si individuano nei privati cittadini come gli unici possibili artefici di questa tanto invocata trasformazione culturale. Quasi mai invece, vengono prese in considerazione le aziende di gestione che su questo tema hanno notevoli possibilità di incidere. A partire dalla comprensione stessa del fenomeno “perdite idriche”, va’ precisato che oggi esistono stime dell’entità di risorsa dispersa, ma non dati reali; il primo passo è quello di avere una misurazione corretta in grado di restituire un quadro quanto più veritiero e preciso della situazione e, nel contempo, di strumentazioni adeguate a questo scopo. In questo senso un decreto ministeriale da poco pubblicato ha finalmente imposto la verifica
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e sostituzione dei contatori ogni dieci anni; oggi le misure vengono realizzate con strumenti datati con ridotto grado di precisione. Il secondo è avere una reale contezza delle reti e delle loro interconnessioni. Comuni di piccole dimensioni non collegate a una rete più strutturata ma alimentati da singole sorgenti possono essere colpiti da periodiche carenze d’acqua, specialmente nei mesi estivi. Il terzo è investire risorse economiche in progetti efficienti e di respiro ampio; e oggi, grazie all’ingresso del Servizio idrico Integrato nella Regolazione dell’AEEGSI, è più agevole reperire fondi da destinare al miglioramento del servizio. Tuttavia il gestore ha il dovere di scegliere con oculatezza dove impiegare il denaro a disposizione dovendo rispondere in più modi alla comunità: trovare la soluzione più adatta, efficiente e duratura nel tempo. Il quarto punto riguarda il miglioramento dell’organizzazione, della pianificazione delle attività e del controllo delle attività delle società di gestione; affrontare riorganizzazioni aziendali per adattarsi ad un mondo che è cambiato in modo significativo negli ultimi anni è un altro modo per riuscire ad andare incontro alle esigenze degli utenti e per erogare un servizio di qualità.
Franco FOGACCI Gruppo HERA
Durante il periodo di crisi idrica, le aziende di gestione grandi hanno riscontrato meno problemi di approvvigionamento, nonostante i precedenti mesi siccitosi. Eppure le criticità ci sono. E la governance è uno di questi. Il quadro, ad oggi, è confuso e caotico: basti pensare a tutte le gestioni in economia in mano a Comuni di ridotte e ridottissime dimensioni. Inoltre il sistema è formato da una miriade di soggetti diversi, seppur a livelli differenti, ognuno dei quali ha facoltà di decisione e di intervento, talvolta bloccando progetti già pronti a partire. Dal punto di vista più tecnico il problema maggiore è sicuramente nella domanda e nel modo di utilizzo della risorsa: troppo spesso dell’acqua viene fatto un uso, forse è meglio chiamarlo “spreco”, eccessivo.
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Sistemi tariffari premianti potrebbero diventare utili strumenti per portare a un uso piÚ accorto e consapevole. Per quanto riguarda le perdite, senza dubbio infrastrutture di rete obsolete e non manutenute con costanza sono la base principale del problema. Tuttavia sarebbe opportuno focalizzare meglio la questione. Innanzitutto sull’interpretazione dei dati: per avere contezza della reale entità bisognerebbe considerare non solo la percentuale di dispersione, ma anche la dimensione della rete. Inoltre, da un punto di vista tecnico, piuttosto che la sostituzione delle tubature sarebbe meglio intervenire sugli allacci. Certamente crisi idrica e dispersione non sono correlate come giornalisticamente si è ipotizzato.
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Eugenio BERTOLINI Gruppo Iren
Oltre alle situazioni emergenziali legate a episodi di scarsità d’acqua e al tema – tanto delicato quanto importante – della gestione unitaria del ciclo idrico è opportuno focalizzarsi anche sul versante della domanda. Nel corso degli anni, l’azione dei gestori si è prevalentemente orientata a soddisfare e migliorare la situazione lato “offerta”, ma troppo poco al versante “domanda” e sui consumi che questa genera. Anche a causa di una tariffazione che nel passato non premiava il risparmio e l’uso efficiente della risorsa ma, al contrario, i consumi più alti. Un caso interessante riguarda la provincia di Reggio Emilia. In quest’area – dal 2002 – si è deciso di invertire la tendenza al consumo puntando, invece, sul risparmio della risorsa. Nel periodo 2002-2014, il calo è stato importante, con il passaggio da 232 a 188 litri di consumo giornaliero per abitante. I 45 litri in meno nel periodo considerato sono il risultato di due fattori fra di loro combinati: la sensibilizzazione dell’utenza e il costo della risorsa, dato che, alla fine degli anni Novanta, la tariffa dell’acqua in provincia di Reggio Emilia era tra le più alte di Italia. Un altro tema è quello della dispersione idrica. La sua gravità non dipende solo dallo stato della rete – integra o bisognosa di interventi – ma anche dalla quantità di acqua “buona” a disposizione. Se la risorsa di qualità è abbondante, anche il problema delle perdite diviene meno importante, anche in considerazione degli elevati costi di intervento necessari per una loro riduzione. Attualmente poi, le società di gestione devono destinare risorse economiche – anche ingenti – verso altri settori di egual se non maggiore importanza come la depurazione e l’ampliamento e manutenzione delle reti fognarie. Intanto, sempre nella Provincia di Reggio Emilia, si è arrivati a una riduzione di circa 100 litri nella dotazione di acqua per singolo abitante (da 354 a 253 litri); un risultato ottenuto grazie alla riduzione dei consumi ma anche a una rigida gestione della distrettualizzazione della rete (400 distretti su 5.000 chilometri di rete) per un’efficace gestione delle pressioni di rete e della ricerca perdite.
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LE IMPRESE TECNOLOGICHE
Paolo BARBAGLI Barbagli
L’Autorità spinge verso un modello tariffario molto sofisticato, concepita però come se tutti gli utenti fossero allacciati direttamente alla rete del gestore. Prendendo in esame ampie parti del territorio nazionale, e osservando più nel dettaglio il territorio lombardo, si evince che la maggior parte delle utenze nelle aree urbane ad alta densità ha viceversa una struttura di utenza raggruppata (condomini). Per questa ragione è auspicabile che in un prossimo futuro si legiferi e si adottino tecnologie per l’evoluzione a un sistema di contabilizzazione individuale delle utenze raggruppate (sub-metering) coerentemente a come si è fatto negli ultimi anni nel caso della contabilizzazione del calore. Chiaramente questo dovrà avvenire tenendo conto del presupposto fondamentale che la concessione del distributore termina al punto di consegna dell’utenza raggruppata e che quindi quello che si profila è un ambito di “libero mercato” che non può essere avocato surrettiziamente dal gestore monopolista. E’ auspicabile quindi una qualificazione, anche attraverso l’azione regolatoria, degli operatori di contabilizzazione perché il cittadino possa godere della più efficace ed efficiente trasposizione, all’interno dell’utenza raggruppata, dei criteri tariffari fissati dall’Autorità. Questo potrà favorire lo sviluppo di soggetti professionisti competenti e tecnologicamente evoluti anche nell’ottica dei servizi digitali (es.: telelettura, avvisi automatici di perdita, etc.); capaci di garantire l'adeguato trasferimento tariffario e le migliori condizioni di fruizione della risorsa idrica erogata dal gestore del SII all’interno dell’utenza raggruppata.
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Nunzio BONAVITA ABB
“Quello che non può essere misurato ed espresso in numeri, non può essere dato per conosciuto”. La frase attribuita a Lord William Kelvin è una buona sintesi di quanto accade in ambito idrico e in particolare dell’approccio che si dovrebbe tenere per ottimizzare la gestione delle risorse. Considerata l’evoluzione tecnologica e il cogente bisogno di ridurre gli sprechi, è importante che l’Italia computi e analizzi le proprie criticità e trovi soluzioni tecnologiche adeguate, procedendo con gli investimenti necessari. Nell’ambito del monitoraggio e della misurazione a 360° la ricerca tecnologica degli ultimi anni ha aumentato l’efficacia delle soluzioni possibili, non solo nel campo della ricerca perdite, ma anche nel monitoraggio della qualità delle acque o nell’implementazione di strategie di manutenzione predittiva. Le soluzioni esistono e le competenze italiane in materia di efficientamento idrico sono richieste e applicate in tutto il mondo: è ora che questi saperi siano anche ad uso nazionale e non solamente destinati all’esportazione.
Gaetano VIVIANO Isoil Industria
La misura risulta uno strumento di fondamentale importanza non solo qualora essa sia necessari a fini fiscali ma anche come strumento di conoscenza delle reti e come strumento a garanzia dell’intera di filiera idrica. Un approccio integrato e sistemico che preveda strumenti di misura collegati tra loro in una rete di monitoraggio e controllo risulta essere una metodologia efficace al monitoraggio del ciclo idrico integrato. Soltanto così sarà possibile per il gestore ottenere informazioni chiare sulla conformità della rete, sulle portate veicolate all’interno della rete – sia essa di scarico o di approvvigionamento - o sul verificarsi di eventi insoliti che faranno scattare eventuali allarmi. In un contesto di aumento della richiesta di strumentazione per il monitoraggio e controllo, dunque, i gestori sono orientati sulla scelta di strumenti che richiedano poca manutenzione ma che siano anche molto affidabili e accurati. In questo contesto ISOIL Industria sta sempre più ponendo l’attenzione allo sviluppo di strumenti affidabili, accurati, in grado di effettuare autodiagnosi e utili allo sviluppo di smart water grids.
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Renato TRAPATTONI Netribe
Per comprendere quali soluzioni siano ritenibili appropriate ed opportune per il Sistema Idrico Nazionale Italiano, è necessario partire prendendo la consapevolezza della potenziale crisi idrica attuale e di probabile rilievo sempre più nel prossimo futuro. Con il termine “crisi idrica” si identifica uno stato di carenza fisiologica, tra l’offerta e la domanda del bene idrico su un preciso territorio. Talvolta, in presenza di gravi squilibri e di carenze strutturali, talvolta con situazioni di carenze parziali ma con stati di equilibrio apparenti molto labili. Prescindendo da un livello superiore di governo strategico e strutturale dell’offerta idrica per un determinato territorio, una buona gestione operativa del Gestore Idrico sul territorio di riferimento, può essere elemento determinante nel mitigare o nel migliorare lo stato della carenza. Diversamente la mancanza di buona gestione operativa, acuisce ulteriormente lo stato della carenza territoriale. Tra gli elementi significativi nella gestione e nel contrasto della carenza idrica vi è la qualità tecnica operativa. La qualità tecnica di un Gestore Idrico non si esprime esclusivamente e banalmente con la ovvia gestione e governo delle perdite sulla rete distributiva. La qualità tecnica si esprime con un insieme di parametri complessivi di governo, molto ampi, articolati e correlati. In uno scenario di difficoltà complessivo e diffuso, con carenze non solo idriche ma anche di risorse finanziarie dedicate agli investimenti necessari a porre in sicurezza il sistema idrico distributivo del territorio nazionale, va riconosciuta grande responsabilità e capacità di indirizzamento esercitato dall’AEEGSII. Autorità che è riuscita in pochi anni a portare il Settore Idrico ad un livello di maturità operativa similare al settore gas ed elettrico (ambiti questi ultimi nei quali l’evoluzione è però durata un decennio). Questa rapida evoluzione è stata resa possibile grazie ad un attento ed efficace operato dell’AEEGSII che ha sollecitato i Gestori Idrici con strumenti di indirizzo e di governo, quali la definizione di un modello metodologico economico-operativo-patrimoniale delle Tariffe, la Carta dei servizi, la misurazione smart e digitale e i nuovi prossimi indirizzi di performances nella Qualità Tecnica. In questo scenario, comunque e sicuramente evolutivo per il Settore Idrico, s’inserisce inoltre anche l’arrivo del nuovo paradigma tecnologico dell’ IoT - Internet of Things - che sta avanzando in qualunque aspetto della vita quotidiana,
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ad una velocità crescente modificando profondamente sia i modelli operativi dei Gestori sia il modello di interazione comportamentale con l’Utenza-Cliente. IoT che introduce per il settore Idrico nuovi concetti fondamentali per il futuro uso del bene Idrico: la Misurazione Secondaria, il Consumo Consapevole e il Consumo Solidale.
Armando MARTIN Seneca
Nella prevenzione delle crisi idriche il monitoraggio è di fondamentale importanza per riconoscere in tempo utile i segnali di un’imminente crisi, per descriverne l’evoluzione e per mettere in campo gli opportuni interventi. L’immensa quantità di dati prodotti da strumenti tecnologici sempre più avanzati e interconnessi ci pone di fronte alla questione della qualità e della trasparenza di queste informazioni. Il grado di complessità del quadro aumenta considerando che tutti gli asset coinvolti nella filiera logistico-produttiva sono interessati dal processo di ammodernamento noto come “Industria 4.0”. Fenomeno che travalica singoli settori, imprese, impianti e macchinari. vantaggio primario del paradigma Industria 4.0 è la disponibilità di tutte le informazioni utili in tempo reale per i soggetti interessati. Calzante per descrivere lo status quo è l’affermazione di Luigi Einaudi “conoscere per deliberare” e per ottenere il maggior numero possibile di dati e informazioni è necessario condividere le informazioni con una più ampia platea.
Osvaldo PALEARI Sensus
Lo smart metering può essere inteso in due modi differenti; una prima interpretazione gli attribuisce il significato di software di gestione e analisi dei dati, la seconda invece quella di sistema complesso alla cui base ci sono strumenti di misura evoluti. A mio avviso “smart metering” non può che identificarsi con il contatore intelligente più che con la piattaforma software. Il vero nodo nelle nostre reti è che allo stato attuale non abbiamo strumenti capaci di comunicare dati, e senza uno strumento adeguato – lo smart meter – è impossibile quindi avviare qualsiasi metodo di analisi. Il multiservizio, negli scorsi anni, è riuscito a imprimere una spinta alle tecnologie di condivisione dei dati, confrontando acqua, luce e gas. Il vero incentivo però, potrebbe essere l’abbassamento delle tariffe che
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l’efficientamento derivato dalla diffusione delle reti intelligenti potrebbe portare nel medio periodo. A chi opera nel settore - politici e operatori tecnici - si chiede un po’ di coraggio per continuare a progredire.
Giuseppe MAMMANA Telereading
Come noto uno dei maggiori problemi del sistema idrico italiano sono le perdite, la cui percentuale varia sensibilmente nelle diverse aree del Paese con picchi molto alti al Sud. Ad esempio in Calabria e Sicilia le perdite toccano il 70-80% dell’acqua immessa in rete. A risentire del fenomeno non è solo l’ambiente, ma anche il cittadino che subisce una maggiorazione dei costi del servizio. La soluzione a una tale situazione può essere identificata parallelamente in due elementi: da una lato una modalità di governance differente e dall’altro maggiori investimenti in tecnologie avanzate. Sicilia e Calabria dal punto di vista gestionale non hanno né la capacità né la forza di darsi una nuova regolamentazione in materia, qualsiasi decisione che vada in una direzione differente da quella attuale verrebbe accolta negativamente. Sotto il profilo degli investimenti tecnologici, invece, si fa sempre più pressante l’urgenza di agire in tale direzione, non solo perché oggi le tecnologie sono pronte, ma anche perché non è più sostenibile per i consumatori non conoscere i propri consumi reali - il consumo idrico non è contabilizzato - ma pagare, invece, una tariffa forfettaria. Osservando tali dati è evidente di come il Paese sia diviso in due macro aree, una delle quali ha gravi difficoltà ad innovarsi. Il cambiamento però è necessario oltre che conveniente sul lungo periodo. Un ammodernamento tecnologico infatti porterebbe con sé un risparmio di 1 miliardo di euro.
Maurizio DEL RE Veolia
Di crisi idrica si parla in due casi opposti: quando non c’è disponibilità d’acqua oppure quando ce n’è troppa. In ambo i casi l’equilibrio degli ambienti urbani viene alterato, specialmente se si tratta di luoghi ad alta densità demografica. Nel caso di una crisi è necessario che i gestori del servizio idrico e le autorità d’ambito agiscano sinergicamente per risolvere l’emergenza e una volta superato il momento critico per garantire la
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conservazione della risorsa. Una gestione ottimale e funzionale dei servizi idrici dovrebbe basarsi sulla misura dei volumi dell’utenza e sulla loro distribuzione nell’arco delle 24 ore, senza trascurare di indagare il grado di consapevolezza dell’utente. La tecnologia ha un ruolo di primo piano nella raccolta di queste informazioni e dei dati disaggregati, poiché fornisce all’utente finale e anche al gestore una consapevolezza profonda della gestione e dell’utilizzo della risorsa. In diverse aree italiane, i gestori – digiuni delle informazioni accennate – non sono in grado di imporre una tariffa corretta, immobilizzando così gli investimenti in migliorie della rete. Per queste ragioni, pianificare l’installazione di strumenti di misura è il primo passo per migliorare la gestione del servizio, ridurre i costi e diminuire gli sprechi.
Sandro MARCON Maddalena
Il parco contatori italiano per acqua potabile consta di strumenti con una media di 25 anni di utilizzo. Il dato di vetustà è espressione di una realtà, quella italiana, nella quale il mercato non è ancora riuscito ad esprimere le proprie potenzialità, il che fa dell’Italia un paese non allineato al resto d’Europa e a paesi come la Francia, la Germania, ai quale dovrebbe guardare. il recente Decreto Ministeriale 93 potrebbe dare , se applicato correttamente, un impulso alla sostituzione di strumenti che non possono garantire, visto la vetustà, la certezza della misura; questa attività potrebbe essere l’occasione per promuovere l’installazione di smart meter Per quanto riguarda la misura dell’acqua irrigua , attività avviata da decenni soprattutto nel centro-sud Italia, ci si scontra con lo scoglio di una regolazione nazionale e internazionale pressoché inesistente. Per entrambi i settori, si sente la necessità di avere un interlocutore istituzionale unico, capace di aprire il dibattito con gestori, costruttori e industria.
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LE ASSOCIAZIONI
Vincenzo CANNIZZO APCE
L’obiettivo principale è trovare soluzioni a lungo termine e adatte non solo per far uscire il settore idrico dal suo stato emergenziale ma a renderlo efficiente nel tempo. E la strada intrapresa qualche anno fa ponendo il mondo dell’acqua sotto il controllo dell’Autorità ha innescato un circolo virtuoso che sta portando buoni risultati. Tariffe che remunerino investimenti, attenzione alla regolazione commerciale e – da quest’anno – sviluppo della qualità tecnica del servizio. La via per raggiungere quest’ultimo obiettivo è quella di dare incentivi a chi investe per ridurre le perdite e penalizzare chi non rispetta i target stabiliti. Si tratta di un sistema diretto in grado di incidere sui comportamenti dei gestori, rendendo ciò che è giusto fare – cioè non sprecare acqua – anche conveniente. È stato questo il percorso che l’Autorità ha intrapreso anni fa per le perdite nella distribuzione del gas: con alcune delibere mirate infatti si è fatto in modo che la rete dei metanodotti fosse adeguatamente protetta dai fenomeni corrosivi, inserendo meccanismi premianti per chi rispetta standard di qualità tecnica (protezione catodica efficace) e penalizzazioni per coloro i quali, al contrario, non s’impegnano nel garantirli. Purtroppo nei recenti documenti di consultazione dell’Autorità non sembra si voglia, per il momento, andare al fondo della questione e ci si concentra su generici obiettivi di riduzione delle perdite.
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Col risultato che la maggior parte dei gestori sono più concentrati nella ricerca delle falle e nella loro riparazione piuttosto che nelle tecniche per evitarle. Non c’è nulla da inventare: basta applicare il modello gas che è già una realtà efficiente da decenni. Quindi riparare quanto già esiste e costruirne nuove porzioni di rete incentivando le migliorie e la prevenzione, è l’unica strada seria da intraprendere, per evitare che uno stato di urgenza diventi la normalità.
Alessandro ROTA Coldiretti
Il 2017 è stata un’annata difficile per l’agricoltura, con perdite stimate di circa 2 miliardi di euro a livello nazionale. In Lombardia, la regione più importante a livello agricolo (per incidenza sul PIL del settore), il mancato guadagno è invece stato contenuto raggiungendo i 90 milioni di euro. Questo dato, molto meno severo rispetto a quello italiano, ha delle cause precise: la sua storica dotazione infrastrutturale, una gestione generalmente virtuosa e la presenza di bacini idrici da cui attingere (i laghi soprattutto) hanno permesso alla Lombardia di affrontare e superare il lungo periodo siccitoso. Non solo. Analizzando con maggiore attenzione le cause dei danni ai raccolti, si evidenzia come i maggiori danni siano attribuibili a fenomeni atmosferici come le tardive gelate e le forti grandinate primaverili e non all’assenza di precipitazioni. La correlazione tra acqua e coltivazioni è e rimarrà stretta. Un’agricoltura sensibile e attenta all’utilizzo razionale della risorsa idrica senza sprechi e sostenibile è, inevitabilmente, un’agricoltura attenta alla sicurezza alimentare e alla qualità dei prodotti e non solo alla quantità della produzione. Si tratta di un processo di miglioramento e consapevolezza che non coinvolge solo l’uso di acqua, ma anche l’introduzione di nuove tecnologie, l’impiego attento ed efficiente di concimi e fitosanitari, per un’agricoltura lombarda sempre più virtuosa e sostenibile.
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PAPER 16/2017 - ACQUA
Energia Media Milano / Roma comunicazione@energiamedia.it www.energiamedia.it
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