Efficienza Energetica Paper 12/2017
EďŹƒcienza energetica nelle strutture assistenziali private
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Efficienza Energetica Paper 12/2017
EďŹƒcienza energetica nelle strutture assistenziali private
Il presente paper prende spunto dalle riflessioni emerse durante il convegno “Efficienza energetica nelle strutture assistenziali private italiane�, tenutosi a Padova il 20 gennaio 2017 e realizzato in collaborazione con Confcoperative Rovigo e con lo Studio legale Tonucci&Partners.
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Contributi di Francesco MONTEMURRO - Direttore IRES - Lucia Morosini Silvia FERRARI - Unità Tecnica per l’Efficienza Energetica, ENEA Richard C. MORABITO - Avvocato, Partner Studio Tonucci&Partners
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Nota introduttiva
È ormai noto come il 40% dei consumi energetici europei sia imputabile agli edifici (fonte EURAC) e come questa quota – decisamente elevata – possa essere ridotta anche del 70% grazie a interventi di efficienza energetica. Un obiettivo che non riguarda solamente l’edilizia residenziale – a cui si attribuisce la maggior percentuale nell’uso di risorse – ma anche il terziario. Ospedali, case di cura e strutture assistenziali possono trarre grandi vantaggi dalla pianificazione e dalla realizzazione di interventi di efficienza energetica. In particolare, le cosiddette Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) si configurano come strutture che per caratteristiche, esigenze e obiettivi stanno a metà strada fra l’ospedale e l’abitazione privata: la necessità di garantire livelli elevati di comfort ambientale a chi lì risiede e viene assistito porta ad avere consumi energetici mediamente alti. Calore, raffrescamento, illuminazione sono gli ambiti che maggiormente incidono sul fabbisogno energetico delle RSA e che, conseguentemente rappresentano le principali voci di spesa. È sempre più necessario comprendere il reale peso della spesa energetica sul bilancio di queste strutture e mostrare ambiti di intervento e soluzioni disponibili per migliorare le prestazioni e giungere a un reale risparmio monetario: progettazione, interventi infrastrutturali sull’immobile e sugli impianti, sostituzione di elementi non performanti (lampade e infissi), integrazione con energie rinnovabili, soluzioni di gestione smart, in un’ottica che si avvicina all’idea di “edificio intelligente”. Ma anche soluzioni finanziarie e strumenti fiscali che hanno l’obiettivo di favorire l’accesso al credito e incentivare la decisione di fare efficienza.
Interventi
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Residenze sanitarie assistenziali (Rsa). Programmazione socio-sanitaria, gestione dei costi e finanziamenti
Francesco MONTEMURRO IRES
La necessità di intraprendere interventi di efficienza energetica da parte di istituti sanitari è strettamente legata all’evoluzione della domanda e dell’offerta dei servizi sanitari residenziali sia pubblici che privati. Secondo un recente studio in Italia la spesa pubblica complessiva per il Long Term Care (LTC) ammonta all’1,9% del PIL del 2015. Circa due terzi di questa percentuale corrispondono a servizi erogati a soggetti di età superiore a 65 anni, cifra destinata a salire al 3,2% entro il 2060 secondo i dati raccolti nel 2016 dal Mef – Dipartimento della Ragioneria dello Stato. La diffusione delle stime al 2060 ha generato non poche contestazioni, in particolare dall’Inps, che identifica una percentuale di spesa superiore in virtù dei cambiamenti che interesseranno i nuclei familiari (che saranno ridimensionati) e delle modifiche degli stili di vita (tra cui il tasso di occupazione crescente della quota femminile di popolazione) che renderanno le famiglie più fragili nell’ambito della cura delle persone malate. Nelle modalità di erogazione della spesa pubblica i paesi europei seguono regole eterogenee che dipendono dall’interazione tra Stato e autonomie locali, mercato no profit, famiglie e caregiver informali. Alcuni tra i paesi della Comunità europea, avendo considerato in passato criticità finanziarie e in tempi più recenti i cambiamenti in atto, hanno deciso di anticipare la domanda riorganizzando il sistema dell’offerta assistenziale, prestando particolare attenzione al tema dei finanziamenti. Tra i paesi più attenti ci sono Austria, Francia, Germania, Olanda, Portogallo e Spagna. Le strategie adottate in Europa hanno privilegiato il potenziamento dei servizi sul territorio e l’assistenza domiciliare integrata a nuove forme di residenzialità, basate sulla combinazione tra cure formali e informali.Nell’ambito dello sviluppo di servizi, alcuni dei paesi europei hanno attivato strategie di “deinstituzionalisation”, cioè di sviluppo di servizi di comunità (community based services) alternativi ai ricoveri residenziali tradizionali e alle prestazioni erogate in ambienti me-
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ramente istituzionali. In Danimarca ad esempio da alcuni anni sono cambiate le regole per la costruzione di residenze assistenziali, mentre in Francia dal gennaio 2016 sono stati introdotti per legge forti incentivi per identificare strategie alternative alle RSA. In generale le linee guida della “deinstitutionalisation” sono l’assegnazione di priorità alle scelte degli utenti per migliorarne effettivamente la qualità della vita e la sostenibilità finanziaria dei progetti. Obiettivo dell’operazione è raggiungere e mantenere bassi tassi di istituzionalizzazione attraverso la creazione di un mix equilibrato di sistemi mirati di cure formali e informali, le cui speranze di successo si basano sul coordinamento e l’integrazione delle differenti forme di assistenza. Le residenze tradizionali verranno in alcuni casi sostituite da altre strutture costituite da piccole unità di convivenza anche per persone con malattie cognitive (come alloggi assistiti e con servizi, nuclei di convivenza, oppure centri multiservizi integrati). In queste strutture l’assistenza e le diverse forme di cura non impediscono a soggetti autosufficienti di mantenere forme di gestione della propria vita privata compatibilmente con le condizioni cliniche. Sullo scenario europeo si stanno affacciando anche organizzazioni quali centri multiservizi, che erogano un’ampia gamma di prestazioni tra le quali teleassistenza, promozione dell’autonomia personale, aiuto a domicilio, catering, lavanderia, assistenza personale e ove necessaria assistenza residenziale. Il modello di assistenza integrata non è del tutto nuovo per il panorama italiano e può ricordare, per alcuni aspetti, la struttura e i servizi offerti dalle case della salute sorte in alcune tra le regioni italiane. Secondo quanto osservato dall’European Centre for social welfare policy and research (dati 2015) generalmente la famiglia partecipa al programma delle attività, nonostante l’anziano sia in residenza, anche trascorrendo buona parte della propria giornata nel centro. Le strutture residenziali di assistenza, i centri diurni e gli altri servizi semiresidenziali svolgono una importante funzione di raccordo tra le cure ospedaliere e i servizi presenti sul territorio con l’obiettivo di ridurre i ricoveri ospedalieri impropri e di assicurare supporto e sollievo alle famiglie impegnate nella cura a domicilio delle persone non autosufficienti. Il collegamento delle Rsa con i servizi territoriali (il medico di medicina generale, l’assistenza domiciliare integrata, i centri diurni; ecc.) dovrebbe essere finalizzato alla ricerca di soluzioni assistenziali coerenti con le esigenze degli anziani. In Italia l'attuale tasso di istituzionalizzazione degli anziani è molto più̀ basso rispetto ad altri paesi europei.
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Si registra inoltre una distribuzione non omogenea delle strutture residenziali, con una forte concentrazione al Nord-Ovest (circa un terzo del totale) mentre al Sud l’offerta è molto scarsa con l’eccezione della Sicilia. Per quanto riguarda la domanda di permanenza in questi centri, il numero degli anziani ospiti delle strutture residenziali è diminuito nel 2009/2013 del 7,4% (elaborazione su dati Istat “Presidi residenziali socio-assistenziali e sociosanitari”, 2015). La riduzione della domanda riguarda soprattutto gli anziani più̀ “giovani”, mentre per gli ultra 85enni si conferma una domanda di residenzialità̀ più̀ rigida, -0,9%. Secondo recenti stime ISTAT negli anni successivi al 2013 il numero degli ospiti delle strutture residenziali è ripreso a crescere. In generale tra le criticità dei centri con capienza maggiore di 100 e più posti letto, ove gli spazi di vita (locali di soggiorno e per le relazioni sociali) sono spesso periferici rispetto al baricentro dei servizi sanitari si registra una bassa personalizzazione delle cure assistenziali e insufficiente privacy per gli ospiti. Secondo alcuni studi, attualmente, il tasso medio di occupazione delle Rsa si aggira intorno al 95% (La residenzialità per gli anziani: possibile coniugare sociale e business, a cura di Assoprevidenza e di Itinerari previdenziali, 2016) La recente crisi economica ha favorito la riduzione dei livelli medi di occupazione, oltre ad una generale flessione della domanda di ingresso da parte di potenziali ospiti; i tassi di occupazione registrati nel corso del 2015 sono più̀ bassi nell’ordine dell’1-1,5%, valore che si eleva al 2-3% nelle strutture di grandi dimensioni e con rette di degenza elevata (> € 70 al giorno). Ciononostante, le strutture adibite a RSA sono risultate tra i protagonisti dell’evoluzione del mercato di questi ultimi anni, e questo segmento è riuscito ad attirare l’interesse degli operatori del settore e degli investitori istituzionali attratti dagli alti rendimenti e da una condizione socio-economica particolarmente favorevole al consolidamento di tutte quelle attività̀ connesse all’assistenza per anziani. Considerando quanto fin qui evidenziato, le strutture sanitarie sono chiamate in un prossimo futuro ad affrontare sfide impegnative, tra le quali la riorganizzazione in centri più leggeri, con il duplice obiettivo di mantenere e garantire un livello qualitativo di servizi soddisfacente per l’utenza e di accrescere il livello di umanizzazione degli stessi. Inoltre il crescente peso dei costi amministrativi conseguenti il ricorso a modelli aziendali complessi e l'appesantimento dell'apparato burocratico spingono in direzione di un elevato livello di professionalizzazione e del raggiungimento di idonei requisiti dimensionali (in termini di strutture e/o posti letto gestiti).
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In conclusione le RSA subiranno presto una profonda riorganizzazione e un potenziamento degli interventi socio-sanitari attraverso il miglioramento della programmazione sociosanitaria per la realizzazione di sistemi di interventi integrati in grado di fronteggiare una domanda sociale crescente e variegata unitamente ad un miglioramento e semplificazione degli aspetti regolamentari, organizzativi e operativi alla base del funzionamento della strutture esistenti. Inoltre sarà necessario stimolare la diversificazione delle attività̀ per fare delle RSA un centro propulsore delle cure a livello territoriale per la riabilitazione, la permanenza diurna e l’assistenza temporanea. Sarà infine utile affiancare le attività̀ di riqualificazione delle strutture residenziali tradizionali con lo sviluppo di forme di residenzialità̀ leggera, nonché́ intraprendere con determinazione la strada dell’umanizzazione dei servizi e del coinvolgimento delle persone malate nelle scelte di cura che le riguardano. Alla luce di questi elementi le RSA sotto il profilo dell’efficienza energetica rappresentano un mercato interessante e in crescita, con una forte capacità di attrarre investitori. Per queste ragioni il settore ha una buona capacità di accedere ai finanziamenti.
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L’efficienza energetica nelle strutture assistenziali
Silvia FERRARI ENEA
Il 4 luglio 2014 l’Italia con il Decreto Legislativo 102 ha recepito la Direttiva 2012/27/UE sull’Efficienza Energetica. L’articolo 8 del Decreto prevede che grandi imprese e imprese energivore eseguano la diagnosi energetica il 5 dicembre di ogni anno. Il rispetto della norma ha rappresentato per molte realtà l’occasione di capire a fondo cosa sia l’efficienza energetica ed è stato un modo per ripensare al meglio la gestione delle proprie risorse. A seguito dell’emanazione della Direttiva, ENEA è stata coinvolta dal Ministero per attuare un’opera di monitoraggio sul rispetto della norma, per fornire supporto tecnico, per creare una banca dati relativa alle imprese obbligate alla pratica e infine per stendere rapporti sullo stato dell’arte. Il monitoraggio e la creazione di una banca dati ex novo hanno fatto emergere chiaramente il riscontro positivo delle imprese italiane. L’analisi dei dati, presentata ufficialmente tra il 18 e il 20 ottobre a Bratislava nel corso del programma europeo Concerted Action, ha evidenziato che alla scadenza prevista dal decreto, il 5 dicembre 2015, 7.561 imprese avevano adempiuto all’obbligo inviando 14.342 diagnosi. Cifre superiori alla somma di tutte le diagnosi europee. Gli ottimi risultati sono da attribuirsi al lavoro di coordinamento e confronto nel quale sono state coinvolte le imprese italiane, che hanno così potuto assimilare strumenti e procedure (modelli di rendicontazione, linee guida per gli operatori…). Tra le più di 7 mila imprese che hanno consegnato le diagnosi, quelle afferenti al settore sociosanitario sono state 150. Di queste il 37% erano case di cura specialistica, il 17% RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), il 13% ambulatori o uffici, il 16% ospedali, il 10% IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) e il 7% centri di riabilitazione. Al momento della stesura della diagnosi però non esisteva una guida che elencasse i parametri da valutare e riportare, per questo ciascuna delle 150 strutture ha scelto autonomamente le voci da prendere in considerazione. In particolare il 3% ha scelto di indicare il numero di dipendenti, il 4% il fatturato, il 38% il numero di posti letto, il 30% la superficie della struttura, il 10% il volume riscaldato e il 15% le prestazioni sanitarie erogate (ricoveri,
interventi…). Per quanto riguarda il settore specifico delle RSA la scelta è ricaduta soltanto su posti letto, superficie della struttura, volume riscaldato e numero di addetti. Una delle maggiori difficoltà incontrate e che si sta cercando di affrontare e risolvere nei tavoli di lavoro dedicati al settore specifico è valutare quale sia l’indicatore migliore da utilizzare in quanto maggiormente correlato al grado di efficienza energetica di un impianto. L’esempio di quanto accaduto per le certificazioni in ambito sanitario ci fa credere che in un futuro molto prossimo sia fondamentale analizzare i settori produttivi per definirne gli indicatori energetici (in questo senso assumono importanza i fogli riepilogativi). Considerando che l’Italia è il paese europeo che ha dato una risposta migliore alla richiesta di diagnosi è importante fissare standard specifici per l’analisi delle imprese italiane senza assumere le guide di altre realtà europee come le uniche possibili, ma anzi integrandole. In previsione del prossimo obbligo, 2019 per chi ha effettuato la diagnosi nel 2015 ENEA ha in programma la pubblicazione di nuove linee guida specifiche per i vari settori e dell’aggiornamento delle guide esistenti in collaborazione con le associazioni di categoria, inoltre sta cercando di fornire-con l’aiuto di tavoli di lavoro a Roma e Milano- linee guida per il monitoraggio per la stesura delle prossime diagnosi. In particolare si sta cercando di definire i siti sui quali effettuare le misure e le percentuali di copertura per i vettori energetici e le aree funzionali. Oltre a quanto fin qui elencato, sono in corso diverse attività istituzionali, tra le quali il controllo dell’invio della documentazione richiesta dal decreto 102 (nell’ottica delle nuove scadenze al 5 dicembre); la definizione dei criteri di valutazione della documentazione e il supporto al MiSE e alle Regioni per le PMI. L’attività di supporto alle Regioni e alle PMI si rivela di particolare importanza considerato che l’obbligo di diagnosi nel 2015 ha interessato solamente le grandi imprese, esentando le altre categorie che però avrebbero l’occasione, negli anni successivi di migliorare le proprie prestazioni. La riuscita e l’efficacia del lavoro di ENEA dipendono molto anche dalla capacità di confronto e dialogo tra le imprese, per questa ragione l’Agenzia ha aperto svariati tavoli di lavoro sia a Roma che a Milano aperti a tutte le tipologie di aziende, oltre ad aver dedicato un indirizzo email (diagnosienergetica@enea.it) a tutte le domande e le richieste di chiarimento. Da ultimo le imprese che hanno consegnato la diagnosi energetica saranno tenute a consegnare entro il 31 marzo dell’anno successivo i risparmi conseguiti a seguito di interventi di efficientamento.
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Il finanziamento dell’efficienza energetica
Richard C. MORABITO Tonucci&Partners
Le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), come anche le cliniche e le strutture ospedaliere, rappresentano un interessante “benchmark” per l’implementazione d’interventi di efficientamento energetico di natura standardizzata. Infatti, tra le caratteristiche principali delle RSA vi è il fatto di: I) essere strutture appartenenti prevalentemente a soggetti privati; II) avere un elevato livello di consumo elettrico e termico e III) essere spesso riconducibili a gestori/proprietari con un elevato rating/merito di credito. Come per qualsiasi intervento in tema di efficienza energetica, tanto nel settore pubblico che in quello privato, le tematiche che si appalesano prima di dar corso a un intervento sono: a. Chi sono i soggetti che possono realizzare questi interventi? b. Come realizzare gli interventi? c. Quali strumenti finanziari è possibile attivare per finanziare l’intervento? Con riferimento al primo quesito, ai sensi del D.lgs. 115/2008 (il “Decreto”) attuativo della direttiva Comunitaria n.32/2006 relativa “all’efficienza degli usi finali dell’energia e dei servizi energetici”, la risposta appare abbastanza scontata; le ESCO rappresentano il soggetto idoneo alla implementazione degli interventi in materia di efficienza energetica. Ai sensi del Decreto si definisce Esco: “Qualsiasi persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici ovvero altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell’utente e, ciò facendo, accetta un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell’efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento stabiliti”. Ai sensi del Decreto si definisce Esco: “Qualsiasi persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici ovvero altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell’utente e, ciò facendo, accetta un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi for-
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niti si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell’efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento stabiliti”. Una Esco, dunque, è in grado di offrire ai propri clienti l’intero ciclo dell’efficientamento energetico che partendo dalla diagnosi energetica e lo studio di fattibilità dell’intervento si conclude con la realizzazione, gestione e finanziamento del servizio energetico stesso. Alla seconda domanda, cioè come sia possibile realizzare l’intervento, risponde l’Art. 2 co.2 lett. n) del D.Lgs. 102/2014 di attuazione della direttiva Comunitaria n. 27/2012 sempre in materia di efficienza energetica, ai sensi del quale per la prima volta viene introdotta la figura del contratto di rendimento energetico o di prestazione energetica (EnPC). L’EnPC è un “accordo contrattuale tra il beneficiario dell’intervento o chi per esso esercita il potere contrattuale e il fornitore di una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, verificata e migliorata, durante l’intera durata del contratto, dove gli investimenti (lavori, forniture o servizi) realizzati sono pagati in funzione del livello di miglioramento dell’efficienza energetica stabilito contrattualmente o di altri criteri di prestazione energetica concordati quali risparmi finanziari”. Nello specifico, con riferimento agli interventi di efficientamento energetico compiuti a beneficio di una Pubblica Amministrazione, i contratti di Enpc, devono essere conformi al modello contrattuale predisposto dall’ENEA, ma non ancora licenziato dal Ministero dello Sviluppo Economico, e comunque prevedere alcuni elementi minimi fissati ai sensi dall’allegato 8 al Decreto 102/2014, tra i quali a titolo esemplificativo ma non esaustivo, ricordiamo: • l’elenco degli interventi da implementare; • l’identificazione del valore dei risparmi garantititi da conseguire tramite l’applicazione delle misure previste nel contratto; • la durata degli interventi descritti; • le indicazione delle implicazioni finanziarie del progetto; • le disposizioni chiare per qualificazione e verifica dei risparmi garantiti; • gli obblighi e le sanzioni in caso d’inadempimento del gestore. Gli elementi sopra descritti potrebbero in ogni caso rappresentare un valido vademecum anche per la stesura di modelli contrattuali di EnPC standardizzati e pienamente bancabili, da implementare anche nel settore privato. Da ultimo con riferimento agli strumenti finanziari attivabili dalle ESCO/soggetti beneficiari per finanziarie gli interventi di efficientamento energetico, possiamo, brevemente, ricordare:
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• I prestiti bancari. I prestiti chirografari rappresentano, al momento, lo strumento più utilizzato dalle banche per finanziare le Esco. Il ricorso al finanziamento corporate tuttavia lascia sul tappeto almeno due importanti problemi: (i) il merito di credito della Esco finanziata e (ii) i limiti all’indebitamento derivanti anche dall’applicazione degli stringenti criteri legati a Basilea III, ai sensi dei quali dopo pochi interventi, generalmente, le Esco (meno capitalizzate) perdono la capacità di poter essere nuovamente finanziate. • Il noleggio operativo. Attualmente, rappresenta la forma più evoluta (ma non ancora molto diffusa) per finanziare un intervento di efficientamento energetico. Attraverso questa modalità, la Esco/beneficiario dell’intervento noleggia i beni tramite i quali verrà eseguito l’intervento d’efficentamento stesso (e.g. pompe di calore, cogeneratore ecc.), assumendosi al contempo tutti i rischi connessi alla gestione dei beni. In questo caso la Esco/ beneficiario dell’intervento beneficerà: (i) della deducibilità totale dei canoni di noleggio; (ii) non trattandosi tecnicamente di un finanziamento, della non segnalazione in centrale rischi; (iii) della manutenzione ricompresa nel canone di locazione. Al termine del contratto non è previsto il trasferimento della proprietà dei beni locati in favore della Esco/ beneficiario dell’intervento. • Leasing. La locazione finanziaria ha caratteristiche analoghe a quelle precedentemente descritte alla voce noleggio operativo. Nel leasing tuttavia, la Esco/beneficiario dell’intervento ha la facoltà di diventare proprietaria dei beni locati al termine della locazione. Per ragioni connesse all’ammortamento degli asset oggetto del contratto, il leasing ha durata mediamente più lunga rispetto al noleggio operativo. • Project Financing. In teoria dovrebbe rappresentare il sistema principe di finanziamento dell’efficienza energetica. Attraverso questo strumento di finanziamento si potrebbe infatti finanziare a leva, e senza il ricorso a garanzie personali, i singoli interventi di efficientamento energetico. E’ lo stesso progetto che una volta realizzato garantirà il ripagamento del debito finanziato grazie ai soli flussi di cassa generati. Tuttavia, la mancanza di una tipizzazione della contrattualistica applicabile (i.e. EnPC), le ridotte dimensioni economiche dei singoli interventi e una certa difficoltà a canalizzare e garantire i flussi di cassa (in questo caso derivanti da un risparmio), hanno determinato una certa qual “timidezza” da parte degli enti finanziatori a fare ricorso a questo strumento di finanziamento. • FTT- Finanziamento Tramite Terzi. Definito dall’art. 2 del D.lgs. 115/2008 è il metodo di finanziamento con cui più diffusamente le ESCO finanziano il beneficiario finale ai sensi dei contratti di EnPC. Si tratta di un accordo contrattuale con cui un terzo rispetto al fornitore di energia e al beneficiario delle operazioni di efficientamento (i.e. ESCO), forni-
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sce capitali per tale misura e addebita al beneficiario un canone pari a una parte del risparmio energetico conseguito avvalendosi della misura stessa. • Anticipo TEE (Titoli di Efficienza Energetica): si tratta di un accordo tra un soggetto abilitato all’ottenimento dei Titoli di Efficienza Energetica e il cliente beneficiario dell’intervento di efficienza energetica. il cliente ottiene da tali soggetti una parte del capitale necessario per realizzare l’intervento di efficienza energetica (solitamente il 25%). Tra le altre forme di finanziamento, al momento poco diffuse su larga scala, possiamo ricordare: • Project Bond. Sono obbligazioni di scopo emesse dalle società che realizzano un progetto infrastrutturale. Il target sono gli investitori istituzionali e il rimborso dipende dai flussi finanziari che il progetto è in grado di generare. • Mini Bond. Consiste in un regime agevolato per l’emissione di obbligazioni ai sensi del decreto legge 83/2012, che permette alle imprese (anche non spa) di reperire liquidità dal mercato azionario. • Equity crowdfounding. E’ una forma di micro finanziamento che coinvolge gruppi di investitori che usano il proprio capitale per finanziare iniziative di efficienza energetica. In Italia il crowdfounding è consentito alle start-up innovative secondo il decreto legge 179/2012. In aggiunta a quanto sopra, non si può tacere che a livello comunitario sussistono ulteriori strumenti di natura pubblicistica finalizzati a favorire la diffusione dell’efficienza energetica tramite finanziamenti e/o fondi di garanzia. A solo titolo esemplificativo possiamo ricordare: (i) “Horizon 2020” programma di finanziamento a fondo perduto gestito senza intermediazioni dall’UE. Destinatari del programma di finanziamento sono pubblica amministrazione e imprese; (ii) “Private Financing for Energy Efficiency – PF4EE”, strumento con duplice valenza di protezione di rischio di credito per portafogli finanziari e finanziamento a lungo termine; (iii) il Fondo Europeo per l’Efficienza Energetica (EEEF), fondo destinato a interventi pubblici commercialmente realizzabili; (iv) i fondi FESR, fondi strutturali europei regionali per il supporto alla diffusione degli interventi anche di efficienza energetica. Infine, a livello nazionale l’art. 15 del Decreto 102/2014 prevede l’istituzione di quello che, a detta dei principali osservatori, dovrebbe rappresentare lo strumento principe per far decollare l’efficienza energetica tanto a livello pubblico che privato, il Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica (il “Fondo”). Il Fondo è suddiviso in due sezioni, una prima relativa alla concessione di garanzie su singole operazioni o su portafogli di operazioni e una seconda riguardante l’erogazione di Energia Media
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finanziamenti direttamente o attraverso banche e intermediari finanziari (compresa BEI) o mediante sottoscrizione di quote di fondi comuni di investimento (titoli di credito di nuova emissione, titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione dell’efficienza energetica). Il Fondo ha una natura rotativa ed è strutturato per dare la priorità a interventi volti alla creazione di nuova occupazione, alla riqualificazione energetica di un intero edificio, alla promozione della costruzione di edifici ad energia quasi zero e infine all’introduzione di misure di protezione antisismica in aggiunta alla riqualificazione energetica. Attualmente,si è ancora in attesa della pubblicazione da parte del MISE del decreto che identifichi le modalità operative e i criteri di intervento del Fondo stesso. A fronte di tutti gli strumenti e le norme sin qui elencati ci si aspetterebbe che gli investimenti in efficienza energetica siano significativi, eppure (nonostante un beneaugurante incremento in questi ultimi anni) ancora non è così.Il mercato dell’efficienza energetica è infatti pervaso da quello che possiamo definire un vero e proprio paradosso: nonostante lo sforzo legislativo sia su scala nazionale che europea, per incoraggiare gli investimenti dei privati, i progetti di efficientamento non raggiungono ancora valori rilevanti. Le cause alla base del paradosso possono essere ricercate in diversi fattori, che peraltro si innestano nell’attuale scenario economico non particolarmente favorevole, tra i questi: (a)
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le barriere conoscitive, ai sensi delle quali vi è ancora poca consapevolezza circa la convenienza ad implementare interventi di efficienza energetica; (b) una certa difficoltà nel valutare gli investimenti e/o i progetti proposti ai soggetti finanziatori; (c) la presenza di poche ESCO adeguatamente strutturate dal punto di vista tecnico e finanziario e/o di di adeguato standing da parte dei soggetti beneficiari degli interventi (rischio performance; controparte/canone); (d) la mancanza di standard contrattuali bancabili del contratto EnPC; (e) la maggiore complessità nello strutturare operazioni di finanziamento a leva. Il modello delle RSA potrebbe tuttavia contribuire ad invertire la tendenza e permettere di superare il sopra richiamato paradosso. Tra le caratteristiche delle RSA c’è che, generalmente, sono parte di catene composte da un mix di più edifici energivori, appartenenti ad uno stesso gruppo, con caratteristiche sostanzialmente analoghe, per le quali è possibile ipotizzabile interventi di risparmio energetico standardizzati e potenzialmente replicabili su tutta la filiera. Nonché, consentire una modellizzazione dei contratti di EnPC e delle diagnosi energetiche, con conseguente favorevole impatto sulla finanziabilità degli interventi stessi. Inoltre, la tipologia degli interventi ipotizzabili su questi edifici (e.g. co/trigenerazione; pompe di calore; illuminazione) rappresenta quella maggiormente redditizia e con un tempo medio di ammortamento piuttosto breve (intorno ai 5 anni). In considerazione di quanto sopra si può dire che almeno in teoria il business appaia piuttosto promettente. Alla luce delle potenzialità offerte dal mercato delle RSA e in attesa dell’effettiva implementazione del Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica anche con riferimento al settore privato, è possibile ipotizzare il ricorso a un modello finanziario che preveda l’intervento attivo dei fondi d’investimento di private equity. Come sopra ricordato spesso le ESCO presenti sul mercato non sono sufficientemente capitalizzate per poter eseguire tutti gli interventi necessari. Per questa ragione si potrebbe considerare una formula giuridica affinchè ESCO e fondi possano cooperare insieme, tale per cui il fondo agendo come advisor finanziario della ESCO rispetto a finanziabilità o fattibilità dell’intervento, possa allo stesso tempo: (a) intervenire direttamente come finanziatore o cofinanziatore dell’intervento; e/o (b) intervenire come terzo garante, con la formula di fondo rotativo di garanzia, al fine di permettere alla ESCO un più agevole ricorso all’indebitamento bancario.
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