Smart land dal territorio nuovi impulsi allo sviluppo - Energia Media

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Smart Land. Dal territorio nuovi impulsi allo sviluppo Alberto Bramanti

In un mondo globale il locale non ha smesso né di esistere, né di contare. Tra le questioni ancora aperte, attuali e certamente interessanti, vi è quella della ricerca di soluzioni capaci di riconciliare il glo-

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bale con il locale, di valorizzare il genius loci del territorio e di mettere così a valore il capitale relazionale presente in una determinata area, secondo le regole di un’economia dei flussi oggi operante. L’Italia è il Paese dei distretti industriali e dei cluster produttivi; tuttavia, la grande esperienza maturata in questo campo deve essere og-

IDEE settembre 2017

gi rideclinata sulla base di un contesto economico e sociale radicalmente mutato. Ecco che il caso di un territorio complesso quale la Lombardia può risultare utile per una riflessione sul futuro dei territori e sulle smart land. Dati recenti forniti dal McKinsey Institute mostrano come la crescita del PIL mondiale dal 2007 al 2015 sia dipesa pesantemente dallo sviluppo (o meno) delle aree urbane. L’invenzione tutta umana della città, a migliaia di anni di distanza dai primi nuclei urbani della Mesopotamia, continua a contare e ad essere centro propulsore delle idee e dello sviluppo. Si stima che le prime 2.000 aree metropolitane al

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mondo produrranno il 75% della crescita globale al 2020 e di questo 75% il 35% sarà concentrato nelle prime 100 città (si veda figura 1). Se il XX è stato il secolo che ha visto l’ascesa degli Stati Nazionali, con una piccola parentesi sulle Regioni nella sua parte finale, il XXI sarà il secolo delle città o, piuttosto, delle città allargate, delle aree funzionali urbane, delle global city-regions. Di tutte quelle aree che fungono e fungeranno da gateway per collegare il locale con il globale. Una di queste si trova in Lombardia, e più precisamente nell’area del milanese, essendo il capoluogo regionale una fra le 100 città censite dallo studio McKinsey. Un dato interessante – che evidenzia come la dimensione funzionale prevalga oggi su quella giuridico-istituzionale, che la competizione si giochi su un nucleo di global city-regions – e che Milano figuri, tra quelle europee o persino mondiali, in posizione di tutto rispetto. In un’economia delle reti Milano si colloca in Lombardia, nella macro regione nord italiana (area padana), nella nuova macro regione Alpina, nel Sud Europa. In ognuno di questi spazi di riferimento Milano svolge e svolgerà ruoli di gateway, di attrazione e formazione di capitale umano qualificato, di fornitore di KIBS (Knowledge Intensive Business Services), di polo finanziario e tecnologico, di “testa pensante” di un comparto manifatturiero che deve ulteriormente crescere e rinnovarsi. Un compito tutt’altro che semplice. Senza governance e programmazione infatti si genera solo disordine e al caos può seguire anche il possibile fallimento se viene meno un adeguato apporto di risorse umane sempre più qualificate. Il successo di un territorio (città, distretto, regione, macro area) è fatto dalle persone che vi abitano e dalle buone aziende che lì si insediano per assicurarsi il lavoro delle persone di medio-alto profilo professionale. L’area metropolitana di Milano, la Lombardia, la macro regione del Nord, devono dunque assicurarsi di continuare ad accumulare conoscenza ed attrarre lavoratori qualificati e imprese innovative. La sfida per questa global city-region è pertanto quella di rimanere hub dell’innovazione radicandosi nell’advanced manufacturing. L’alternativa non potrebbe che essere un declino lento ma irreversibile, con in una progressiva perdita delle eccellenze produttive e dei talenti. In un certo senso, la scarsità maggiore, oggi, non è di tipo finanziario, ma di idee; in un mondo in cui la ricchezza è aumentata (pur concentrandosi), sono molteplici i soggetti dotati di importanti capitali sempre alla ricerca di buone occasioni di investimento. In sintesi, la competitività urbana è composta da due elementi. Il primo è quello delle determinanti economiche (hard side), declinabili nei nuovi fattori di produzione, nelle infra-

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strutture d’avanguardia, nelle economie di agglomerazione, nelle interdipendenze produttive e nelle le amenities urbane. Il secondo elemento riguarda le determinanti strategiche (soft side) che comprendono le capacità di governo, le strategie urbane, la cooperazione pubblico-privata e le nuove partnership, il tutto accompagnato da una buona dose di flessibilità istituzionale. Un modo differente e complementare per ribadire questa articolazione della competitività territoriale è guardare ai tre elementi che congiuntamente definiscono il territorio. Il concetto economico di territorio comprende infatti: a) un sistema localizzato di esternalità tecnologiche; b) un sistema di relazioni sociali ed economiche che costruisce alla formazione di un ”capitale relazionale” e/o di un ”capitale sociale”; c) un sistema di governance locale che porta a unità una collettività, un network di attori privati, e un sistema di amministratori pubblici locali. Mettere in relazione positiva questi tre building blocks è operazione essenziale per ogni processo di sviluppo. Un passaggio finale riguarda il futuro delle città. Non vi è dubbio che la dimensione urbana ha già oggi, e ancor più assumerà nel futuro prossimo un ruolo determinante nel plasmare i percorsi di sviluppo territoriali. Anch’essa peraltro è soggetta a tre grandi trend di cambiamento. Il primo ha a che fare con le nuove forme dell’organizzazione urbana, che discendono dall’incrocio tra nuove tecnologie ICT, big data e sistemi intelligenti: il riferimento a questo coacervo di elementi è, per semplicità, la smart city. Il secondo riguarda la sensibilità ambientale sia dal lato domanda – con la continua richiesta di miglioramento degli standard qualitativi –, sia dal lato offerta – con prospettive di innovazione (di prodotto, di servizio ed organizzative) dirompenti. Per questo secondo trend si può sinteticamente utilizzare l’etichetta di green economy. Il terzo e ultimo trend, riguarda la dinamica demografica di una popolazione urbana mediamente istruita e con aspettative di vita crescenti: è il tema del cosiddetto invecchiamento attivo e dei nuovi bisogni. Questi tre grandi trend di cambiamento coesistono, interagiscono e si intersecano, con risultati interessanti che nascono proprio nelle aree di sinergia e complementarietà (si veda figura 2). La “dimensione locale” – in continua e dinamica relazione con il globale – si mantiene così viva e rilevante. Essa è il punto di raccordo con il consumatore finale, offre una capacità di ascolto e di attenzione per le persone che vivono e lavorano e le imprese ed organizzazioni che operano sul territorio; essa si presenta come quell’“ultimo miglio” in cui si generano informazioni e valori. La tecnologia si può ottenere facilmente, acquisendola da fornitori industriali, le reti di distribuzione possono essere facilmente modificate per adattarsi

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alle nuove economie di scala territoriali, ma c’è una modalità di gestione intelligente dei processi e di produzione di servizi che ha nella dimensione territoriale un punto estremamente interessante e forse unico: lavorare per progetti in maniera sinergica, unendo le diverse componenti (interne ed esterne al territorio) in alleanze strategiche. Esistono infine, due snodi al contempo problematici e sfidanti. Il primo concerne la gestione di componenti di rischio sistemico crescenti, nella quale le moderne società non sono ancora adeguatamente attrezzate. Il secondo attiene al quadro normativo-regolatorio che – laddove lacunoso o poco chiaro – finirà per incidere negativamente sulla velocità di sviluppo dei nuovi progetti tecnologici. Un esempio per tutti è rappresentato dall’automobile a guida autonoma, senza conducente e alla sua prossima circolazione urbana. È noto come le sperimentazioni proseguano da anni in diverse parti del mondo da parte di importanti soggetti industriali (Google, Nissan, Bosch, Tesla, Citroen, ecc.) e come i risultati siano sempre più tangibili e confortanti: automobili con guida assistita o senza pilota circolano ormai da un po’ di tempo in Europa come negli USA. Ciò che rende difficile il passaggio da una sperimentazione ormai matura a una reale commercializzazione è essenzialmente legato al problema della gestione della sicurezza e dei

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rischi correlati. È infatti altamente probabile che, diffondendosi, le vetture a guida autonoma causeranno anch’esse degli incidenti, probabilmente pochi e quasi certamente in numero inferiore rispetto a quelli che oggi derivano dagli errori umani nella guida. Tuttavia, presto o tardi, capiterà anche l’incidente mortale e a quel punto cosa accadrà? A chi ci si rivolgerà per avere il risarcimento dei danni? Alla società automobilistica che ha progettato quel bene? Alla municipalità che gestisce il sistema software di coordinamento o di gestione? Al gestore delle reti elettriche se un eventuale blackout mandasse in tilt il pilota automatico. Attualmente non siamo ancora attrezzati per gestire questi rischi, né dal punto di vista della regolamentazione, né da quello della ripartizione dei costi. Inoltre, a queste problematiche si aggiunge ancora quella di una possibile, ulteriore vulnerabilità del sistema ad attacchi terroristici. Una strada per superare queste impasse è iniziare a sviluppare progetti pilota in piccole aree. In questo caso il territorio può divenire luogo privilegiato di sperimentazione, spazio d’avanguardia, veri e propri smart land. Non solo, da questo punto di vista può qualificarsi, guadagnare elementi di competitività rispetto ad altri territori che impiegano più tempo nel dotarsi di progetti innovativi. Ciò che oggi manca, spesso, non sono tanto le soluzioni tecnologiche, ma piuttosto quella organizzative, l’interfaccia privilegiata con la cittadinanza e con la comunità.

L’autore Alberto Bramanti è Professore Associato, Università Bocconi, Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico alberto.bramanti@unibocconi.it

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Figura 1. Contributo delle cittĂ alla crescita globale

Fonte: McKinsey Global Institute (2011), Urban World: Mapping the Economic Power of Cities. Figura 2. Tre trend di cambiamento urbano

Fonte: Bramanti A., Silva F. (2017), Nuovi servizi di pubblica utilitĂ locale in Italia. Energia, N. 1, pp. 62-70

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