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Acqua Paper 2/2015
Regolazione pubblica ed efficienza industriale del servizio idrico integrato Raffaele Di Stefano
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Nomisma Energia NE Nomisma Energia è una società indipendente di ricerca in campo energetico e ambientale, il cui obiettivo è comprendere e anticipare le dinamiche di fondo dei mercati e dell'industria, assistendo i propri clienti nella definizione delle loro strategie. Vuole essere un laboratorio di idee per discutere dei temi del mondo dell'energia, caratterizzato da crescenti consumi ed esigenze di sostenibilità. NE Nomisma Energia, ha esteso il perimetro dei servizi offerti anche al settore idrico avvalendosi delle competenze maturate e di un team di professionisti con specifiche e consolidate conoscenze. I servizi di consulenza prevedono un approccio multi-disciplinare in grado di coprire le diverse esigenze degli operatori con un metodo di indagine c.d. "dal basso verso l'alto" strutturato attraverso step di elaborazione progressivamente condivisi e discussi con la committenza.
L’Autore Redattore del presente Paper è l'Avv. Raffaele Di Stefano, senior advisor di NE Nomisma Energia srl per il settore Water; attualmente ricopre l'incarico di Garante del Sistema Idrico Integrato della Regione Lazio.
Tutte le immagini e fotografia presenti in questo Paper sono state regolarmente acquistate su banche dati. Nel caso in cui l’autore ritenga che siano state violate le regole di copyright, è pregato di segnalarlo al seguente indirizzo: comunicazione@energiamedia.it ©Energia Media - marzo 2015
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Raaele Di Stefano
Regolazione pubblica ed efficienza industriale del servizio idrico integrato
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Premessa Il presente working paper è stato commissionato da Energia Media Srl a NE Nomisma Energia Srl per offrire una prospettiva industriale al tema degli investimenti nel sistema idrico; non si pone, quindi, l'obiettivo di trattare in via esaustiva le molteplici problematiche connesse alla gestione del Servizio Idrico Integrato, ma quello puntuale di offrire spunti al dibattito, utili per approdare ad un maturo position paper sull'argomento . Il documento è stato redatto con approccio pratico-operativo ponendo l'attenzione su due aspetti strategici del Servizio Idrico Integrato: quello relativo alla necessità di una corretta ed adeguata Pianificazione d'Ambito come presupposto ineludibile di investimenti adeguati alle esigenze reali del servizio; e quello relativo all'efficienza industriale del servizio offerto, in particolare sotto il profilo dell'incentivo all'uso delle migliori tecnologie disponibili, e con esplicito riferimento allo stato della depurazione dei reflui industriali.
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Introduzione storica I grandi interventi infrastrutturali e di pianificazione, per garantire l'universalità del servizio idrico integrato su tutto il territorio nazionale, risalgono agli anni '60 e '70. Successivamente, sul presupposto dell'insostenibilità per le finanze pubbliche dei necessari ed indifferibili investimenti a completamento delle opere idrauliche ed igenico-sanitarie, nel 1994 venne approvata la legge di riordino del sistema idrico integrato n. 36, la c.d. Legge Galli. Sotto la vigenza della legge Galli, poi riassorbita nel D.Lgs 152/06, la frammentazione delle gestioni idriche è stata drasticamente ridotta in favore delle storiche aziende ex municipalizzate, che sono cresciute sotto forma di società commerciali, perlopiù al riparo della concorrenza di mercato; mentre le amministrazioni pubbliche, partecipi della proprietà azionaria delle società di gestione, non si sono adeguate per far fronte agli impegni previsti dal D.Lgs 152/06; l'obbiettivo di sostenere ed anzi accelerare la realizzazione delle urgenti e necessarie opere di adeguamento idraulico ed igenicosanitario non è stato raggiunto; d’altra parte le tariffe del servizio idrico sono costantemente e sensibilmente aumentate per garantire, nel migliore dei casi, il mantenimento delle funzionalità di sistema ed i relativi livelli di servizio.
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L'insoddisfazione per l'applicazione data alla legge Galli e gli effetti prodottisi hanno contribuito all’esito referendario del 2011, che è giunto a negare il presupposto logico della formazione della tariffa, in particolare per quanto attiene alla remunerazione del capitale, come determinato dalla legge Galli e dalle sue successive modifiche. Ne è seguito il trasferimento, col decreto legge 201/2011 c.d. Salva Italia, dei poteri in materia di regolazione del servizio idrico all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, cui di fatto è stato demandato il compito di recuperare l’agibilità economica di un sistema che appariva paralizzato dal referendum.
L’attualità I provvedimenti tariffari dell'Autorità, dapprima transitori e poi – dal 2014 – definitivi, peraltro legittimati dalla giustizia amministrativa sollecitata a chiarirne la coerenza con l’esito referendario, hanno avuto il merito di ispirare definitivamente la materia tariffaria al criterio di aderenza ai costi. Tuttavia, la regolazione indipendente è solo ai primi passi ed il risultato complessivo dell’ennesima riforma, nonché della giurisprudenza e dei più recenti interventi normativi, appare lontano dal definire un assetto soddisfacente sia in termini di liberalizzazione del settore, sia soprattutto di perseguimento dell’efficienza, se si considera che l’applicazione del principio del full recovery cost, in mancanza di altri interventi, rischia di tradursi essenzialmente nel riconoscimento dei costi dell’inefficienza. Nel mentre i cittadini-utenti continuano a non essere affatto soddisfatti di pagare una tariffa sempre crescente, anche sensibilmente, per remunerare gli investimenti della società di gestione impegnata a realizzare un Piano d'Ambito che, anche per carenza sistematica di dati puntuali, risulta essere inadeguato se non addirittura inaffidabile.
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Il Governo è da ultimo tornato sulla materia con il d.l. 133/14 c.d. Sblocca Italia (e per quanto riguarda la riorganizzazione infrastrutturale anche con la legge di stabilità 2015) a rafforzare quanto in realtà, era già previsto nel D.Lgs 152/06 in ordine alla responsabilità di pianificazione, da parte degli enti di governo locale, prevedendo per gli inadempienti commissariamenti a cascata, da parte della Regione e del Governo; e spingere per l’unicità, e non solo l’unitarietà, della gestione, evidentemente sul presupposto che le economia di scala di gestione e di investimento possano far recuperare efficienza al sistema; ed a tal fine ha costituito anche apposita unità di missione .
Il piano d'ambito come strumento contrattuale La programmazione d'ambito è il cardine intorno a cui si costruisce la gestione del SII nel suo duplice aspetto di manutenzione delle infrastrutture esistenti e di realizzazione di quelle nuove e necessarie in ragione dell'evoluzione delle esigenze dell'utenza. Tale documento ha valore contrattuale, sia nei confronti della società di gestione che nei confronti della comunità dei cittadini-utenti. In particolare: nel rapporto con la società di gestione il Piano d'Ambito è il terreno su cui far valere la forza negoziale dell'ente pubblico nella qualifica di ente di governo dell’ambito; e nel rapporto con i cittadini-utenti è il fondamento della legittimità dell'imposizione tariffaria da parte della società di gestione, che opera in regime di monopolio. Solo una pianificazione d'ambito chiara, puntuale nella indicazione degli adempimenti a carico delle parti contrattuali, e condivisa con la comunità locali, sia nella forma istituzionale del Comune, si in quella di auto-organizzazione e tutela degli interessi diffusi da parte
delle comunità di cittadini-utenti, può garantire costi del
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servizio adeguati; adeguati anche perché, o meglio, proprio perché, accettati dai cittadini – utenti. Diversamente, senza pianificazione puntuale e precisa, e senza adeguata informazione e conoscenza, non c'è possibilità di corretta verifica d'adempimento e di valutazione sull'andamento della gestione.
Il rapporto tra Ente di Governo dell'Ambito ed il gestore Purtroppo, un'esperienza ormai quasi ventennale ci ha consegnato piani d'ambito assolutamente inadeguati, come i fatti impietosamente mostrano (incompleta copertura del servizio di fognatura e depurazione, gravi perdite acquedottistiche, obsolescenza degli impianti e delle reti, carenze diffuse nella qualità e nella quantità della risorsa idrica) e la spiacevole percezione, nella difficoltà di districare ignoranza ed asimmetria informativa, della loro non conoscenza, anche da parte degli stessi enti che l'hanno approvati. D’altro canto, le società di gestione, in carenza di chiari obiettivi contrattualmente imposti dall'Ente di Governo d'Ambito, immemori loro originaria natura di aziende di scopo, create per gestire
il
della
sistema idrico,
rovesciano la prospettiva e si concentrano sulle questioni finanziarie ed aziendalistiche in una preoccupante autoreferenzialità.
La corretta programmazione d'ambito deve precedere gli investimenti Partendo da questa prospettiva finanziaria – aziendalistica delle società di gestione, sono tornati ricorrenti, negli ultimi anni, gli appelli tesi a garantire investimenti per 45, 60, fino ad 80 miliardi di euro per l'ammodernamento e la messa a norma del sistema idrico integrato.
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Dette previsioni riflettono in maniera puramente descrittiva un meccanismo di formazione del fabbisogno che è mera sommatoria degli interventi elencati dai piani d’ambito, indipendentemente dalla loro effettiva desiderabilità in termini di miglioramento del servizio e della loro realizzabilità (prova ne sia che complessivamente gli investimenti programmati e realizzati dalle imprese sono spesso molto inferiori rispetto al fabbisogno pianificato); si tratta di una rappresentazione in qualche modo passiva di una tradizione di pianificazione poco attenta alla razionalità economica, incapace di tradurre i “desideri” degli enti locali in programmazione, e soprattutto raramente collegata ad una reale valutazione delle necessità in relazione agli obiettivi. Una realtà di approssimazione che stride profondamente con la complessità e l’estremo dettaglio formale dei piani, sulla quale grava talvolta il sospetto che la pianificazione stessa sia dettata più da quello che il soggetto gestore intende o può realizzare che dalle genuine esigenze del territorio oppure, simmetricamente, che i piani d’ambito siano espressione della necessità degli enti locali di attivare investimenti non necessari a scopi di stimolo all’economia locale. Bisogna, invece, partire dalla programmazione.
Piano d'ambito partecipato e verifica di puntuale adempimento Occorre che la programmazione d'ambito da parte dell'Ente di Governo preceda la pianificazione aziendale della società di gestione; ed occorre che tale pianificazione d'ambito sia effettivamente discussa e negoziata dagli enti locali (costituenti l'Ente di Governo dell'Ambito) con garanzia di partecipazione dei cittadini alla procedura di approvazione del Piano d'Ambito, che assicuri loro una partecipazione effettiva,
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almeno sul modello di partecipazione minimale già adottato per l'approvazione dei programmi urbanistici dei comuni. Dal canto loro, gli Enti di Governo dell'Ambito debbono dotarsi della effettiva capacità di programmazione e controllo tecnico ed economico-finanziario dei Piani d'Ambito Anche al fine di valutare l'andamento della gestione, risultando all'uopo assolutamente insufficiente il supporto garantito dalle S.T.O. Solo dopo aver dotato l'ente pubblico degli strumenti necessari per negoziare con la società di gestione, attraverso un procedimento garantito da un minimo di trasparenza e partecipazione, gli investimenti necessari potranno essere effettuati con la ragionevole convinzione, e non più con la sola fideistica speranza, di ottenere i benefici attesi, e si potranno dispiegare le politiche tariffarie necessarie al loro finanziamento, anche le più difficili, con la partecipazione informata e responsabile dei cittadini-utenti . Continuare ad investire in assenza di puntuali piani d'ambito è invece irresponsabile e vuol dire affidare di fatto la programmazione alle società di gestione, senza neppure possibilità effettiva di controllo.
L'arretratezza tecnologica del S.I.I. In carenza di chiari e puntuali atti di programmazione dell'Ente di Governo d'Ambito, ed all'insegna della commistione tra pubblico-privato, le ex municipalizzate sono cresciute fuori delle regole del mercato e della concorrenza, con una gestione tecnica del servizio fortemente influenzata dalla ambigua governance aziendale posta al riparo dalle intemperie della concorrenza e dalle convenzioni di gestione trentennali. Un ruolo importante ha giocato la cronica incapacità del sistema di finanziare gli
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investimenti, problema solo di recente affrontato con l’introduzione della regolazione indipendente. Ne risulta che il sistema idrico integrato risulta essere quello più arretrato da un punto di vista tecnologico tra i servizi gestiti dalle società multi utility, nonostante le attività complesse che lo compongono. Inoltre, in carenza di specifici obblighi di legge, le innovazioni sia di prodotto che di processo introdotte a miglioramento del servizio ed abbattimento dei costi sono state minime.
L’incentivo all’efficienza ed efficacia: un nuovo ruolo per l'innovazione tecnologica C'è un grande margine d'azione per l'efficientamento complessivo del sistema; margine che può e deve essere recuperato per migliorare la qualità del servizio e ridurre i costi sia economici che ambientali del servizio: dal telecontrollo, alla telelettura, al trattamento dei reflui, al riuso della risorsa idrica, all'efficienza energetica, all’utilizzo come risorsa dei fanghi di depurazione. E le tecnologie innovative possono contribuire in maniera determinante a tale obiettivo. La scelta di utilizzare le tecnologie innovative non è un'opzione. In realtà si ritiene corretto sostenere che già esiste un obbligo generale posto in capo al concessionario di condurre il servizio in concessione secondo i principi di efficacia ed efficienza; sicché si ritiene corretto tradurre tale obbligo non soltanto nell’indurre il gestore ad utilizzare i migliori processi date le tecnologie disponibili, ma anche all’uso delle migliori tecnologie disponibili, laddove queste garantiscano i migliori standard di servizio. È indifferibile sollecitare i gestori al rispetto di tale obbligo, uscendo dalla genericità degli assunti e degli impegni ed ipotizzando azioni propulsive proprio da parte degli Enti di Governo.
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Si tratta, in altri termini, di realizzare concretamente il principio normativo dell’efficienza della gestione, al fine di liberare risorse che potrebbero essere utilmente destinate agli investimenti o retrocesse ai cittadini sotto forma di riduzione tariffaria. Tale obiettivo richiede un’azione decisa e congiunta dei diversi livelli di governo coinvolti e legittimati: l’Autorità nazionale deve orientare alla ricerca dell’efficienza operativa il sistema tariffario; le Autorità d’ambito, in dialogo costante con gli enti locali e con i cittadini, devono strutturare la programmazione, e su di essa vigilare, su criteri di rispondenza degli investimenti alle esigenze del territorio, di coerenza dei piani con gli obiettivi di difesa dell’ambiente e risparmio della risorsa, di innovazione tecnologica capace effettivamente di dirigere il sistema verso gli esiti di efficienza operativa indotta dal sistema tariffario. Oltre a sollecitare i gestori occorre anche stimolare le industrie della filiera idrica a comprendere la necessità di offrire soluzioni di efficientamento innovative, per quegli interventi sulle infrastrutture non più rinviabili, ed incoraggiarle a collegarsi tra di loro, ed incalzare le società di gestione, offrendo le migliori soluzioni.
Le urgenze ambientali e l'uso razionale della risorsa idrica Le imprese manifatturiere ed il sistema industriale nel suo complesso hanno un'ulteriore specifico interesse, oltre a quello di contribuire all'efficentamento del S.I.I.: hanno interesse concreto ed immediato ad affrontare in maniera innovativa il tema dell'uso razionale e sostenibile della risorsa idrica e della depurazione dei reflui di produzione.
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In altri termini, esse devono inserire nei loro piani di competitività progetti adeguati di efficientamento dei costi della risorsa idrica e dei costi ambientali per l'abbattimento dell’inquinamento. Per comprendere l'urgenza e la dimensione del problema
basti porre mente alla
diffusione capillare sul territorio delle aziende ed alla difficoltĂ di controllo dell'uso della risorsa idrica e della relativa produzione di reflui, largamente superiore, per volumi e inquinanti, rispetto a quelli civili.
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Considerazioni conclusive • Piano d'ambito partecipato e valutazione dei costi / benefici Gli enti locali vanno incoraggiati ad assumere un ruolo attivo e concludente per esercitare le prerogative di diritto a pianificare, programmare e controllare il S.I.I.; ma vanno anche sostenuti nella capacità di gestione di tali attività, non disponendo, almeno nella larga maggioranza dei casi, con tutta evidenza,
delle competenze
adeguate a formulare una propria proposta di pianificazione superando l'asimmetria informativa rispetto ai gestori. Gli enti locali vanno altresì aiutati a mettere in campo un modello di Piano d'Ambito Partecipato dalle comunità locali governate per approvare programmi tecnici e finanziari i cui costi / benefici siano condivisi ed accettati dai cittadini-utenti. • L'incentivo all’innovazione tecnologica Le società di gestione del S.I.I.. vanno sollecitate ad intraprendere la strada dell'innovazione tecnologica come prassi di gestione operativa, e non solo come opzione di investimento straordinario, nel rispetto dello spirito, oltre che della lettera, del contratto di gestione. • Organizzare la filiera industriale Le imprese della filiera industriale di riferimento del S.I.I. Vanno incoraggiate ad incalzare le società di gestione con proposte di soluzioni innovative per l'efficentamento del sistema. Al sistema industriale nel suo complesso va indicata una prospettiva concreta per affrontare in maniera responsabile il più vasto tema della gestione razionale delle risorse idriche e della depurazione industriale.
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