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Acqua Paper 5/2015
L’efficienza industriale nella Regolazione Pubblica del servizio idrico integrato Raffaele Di Stefano
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L’Autore Redattore del presente Paper è l'Avv. Raffaele Di Stefano, senior advisor di NE Nomisma Energia srl per il settore Water; attualmente ricopre l'incarico di Garante del Sistema Idrico Integrato della Regione Lazio.
©Energia Media - luglio 2015
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Premessa Il presente discussion paper si pone in rapporto di continuità con il precedente working paper, discusso a Milano il 27 marzo 2015, con le aziende della filiera industriale del servizio idrico integrato che intendono rendersi parte attiva nel dibattito per la regolamentazione del settore. Si pone altresì come documento di premessa per il position paper che verrà prodotto a valle della conferenza Acqua 2.0 che si è tenuta a Roma il 14 luglio 2015. La ipotesi di lavoro assunta, dal working paper prima, ed ora dal presente documento è che se da una parte l’evoluzione della regolazione non può prescindere dal coinvolgimento del segmento industriale delle aziende portatrici di innovazione di prodotto e di processo, dall’altra quella filiera industriale deve organizzarsi per
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esprimere in maniera costruttiva un proprio punto di vista se non unitario almeno rappresentativo, e mettersi in grado di apportare il proprio contributo alla decisione. Il tema dell’innovazione è stato declinato con riferimento a due aspetti individuati come di massima rilevanza: la pianificazione d’ambito e la tariffa. Esiste infatti un rapporto stretto e diretto tra innovazione, efficienza e tariffa applicata; ed un rapporto altrettanto stretto e diretto tra innovazione ed efficiente gestione di una risorsa strategica, limitata e pubblica, quale l’acqua; e la pianificazione d’ambito è il luogo dove queste esigenze possono, anzi debbono, comporsi in un equilibrio sostenibile. Il presente documento intende coinvolgere in primo luogo gli Enti di governo d’Ambito, perché affrontino il tema dell’effettivo esercizio delle funzioni di programmazione e di controllo loro attribuite, ed affrontino anche il tema della verifica dell’efficienza e dell’efficacia del servizio concretamente erogato dal gestore; e sullo stesso tema il presente documento si rivolge alle società di gestione del Servizio Idrico Integrato. Ma si rivolge anche alle istituzioni nazionali e regionali, ed alla AEEGSI in particolare, perché l’urgenza degli investimenti tecnologici necessari per recuperare l’arretratezza complessiva del sistema e garantire gli obblighi di legge, non venga ulteriormente postposto, magari subordinato, ad una nuova “razionalizzazione” ovvero riorganizzazione dei gestori del S.I.I. o degli A.T.O., con l’inevitabile trasferimento dei relativi costi di ritardato/mancato adeguamento, sia economici che ambientali, sulla collettività.
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1. Scenario normativo di riferimento Sul presupposto dell'insostenibilità per le finanze pubbliche dei necessari ed indifferibili investimenti a completamento delle opere idrauliche ed igenico-sanitarie, nel 1994 venne approvata la legge di riordino del Sistema Idrico Integrato n. 36, la c.d. Legge Galli. La scelta operata dalla legge fu quella di accollare sia il costo degli investimenti sia il costo della gestione direttamente agli utenti del Servizio Idrico Integrato, con il meccanismo dell’anticipazione dell’investimento da parte della società di gestione. Ad oggi ad oltre vent’anni dall’entrata in vigore della legge, possiamo osservare che l’effetto di tale scelta fu che i cittadini si sono visti gravare il costo del servizio, senza godere de benefici fiscali diretti o indiretti per lo sgravio degli investimenti dalle casse pubbliche; mentre le società di gestione all’epoca (pressoché) tutte municipalizzate, con le competenze tecniche a loro proprie, hanno selezionato soci finanziatori o meglio che avrebbero dovuto garantire l’accesso ai finanziamenti piuttosto che soci tecnologici esperti nella gestione del sistema idrico. Il risultato non è stato quello auspicato dal legislatore. In realtà sotto la vigenza della legge Galli, la frammentazione delle gestioni idriche è stata, in alcune Regioni, ridotta in favore delle storiche aziende ex municipalizzate, che sono cresciute sotto forma di società commerciali, perlopiù al riparo della concorrenza di mercato; mentre le amministrazioni pubbliche, partecipi della proprietà azionaria delle società di gestione, non si sono adeguate per far fronte agli impegni previsti dal successivo D.Lgs 152/06. Se l'obiettivo di sostenere ed anzi accelerare la realizzazione delle urgenti e necessarie opere di adeguamento idraulico ed igenico-sanitario non è stato raggiun-to; le tariffe del Servizio Idrico Integrato sono invece costantemente e sensibilmente aumentate, anche in ragione della loro storica “compressione politica” che ne ha determinato la revisione al rialzo anche solo per far fronte ad esigenze basilari per interventi obbligatori a lungo rinviati. Sarebbe utile verificare, con valutazioni indipendenti, gli esiti complessivi della riforma del S.I.I., a vent’anni dalla legge istitutiva, in termini di costi e benefici per gli utenti e per Paese ed, in prospettiva, l’utilità di un sistema tariffario “cost-reflective” nella sostanziale carenza di innovazioni di processo e di prodotto .
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La regolazione indipendente è solo ai primi passi ed il risultato complessivo dell’ennesima riforma, nonché della giurisprudenza e dei più recenti interventi normativi, appare lontano dal definire un assetto soddisfacente sia in termini di liberalizzazione del settore, sia soprattutto di perseguimento dell’efficienza, se si considera che l’applicazione secca del principio del full recovery cost, in mancanza di altri interventi, rischia di tradursi essenzialmente nel riconoscimento dei costi dell’inefficienza. La questione è che in conseguenza degli investimenti c’è aumento della tariffa (a meno di interventi pubblici che allo stato non appaiono prevedibili); ma anche in assenza di investimenti i costi dell’inefficienza del sistema portano comunque ad un aumento della tariffa. Ed i cittadini-utenti si manifestano davvero insoddisfatti di pagare una tariffa sempre crescente, anche sensibilmente, per remunerare Piani d'Ambito inadeguati. Poiché l’aumento delle tariffe è comunque certo (ma deve essere assolutamente contenuto in limiti sostenibili) il punto è fare bene le cose necessarie: le risorse limitate debbono essere impiegate per il recupero dell’efficienza. La scelta per l’innovazione tecnologica, come garanzia di efficienza gestionale ed economica e quindi di risparmio economico ed ambientale, diviene scelta necessaria ed obbligata. Il Governo è da ultimo tornato sulla materia con il D.Lgs 133/14 c.d. Sblocca Italia (e per quanto riguarda la riorganizzazione infrastrutturale anche con la Legge di Stabilità 2015) a rafforzare quanto in realtà, era già previsto nel D.Lgs 152/06 ha previsto una apposita Unità di Missione. Il Ministro dell'Ambiente ha recentemente approvato con il decreto n. 39 del 24/02/2015 il «Regolamento recante i criteri per la definizione del costo ambientale e del costo della risorsa per i vari settori di impiego dell'acqua».
2. Il Piano d'Ambito come strumento di pianificazione strategica e fonte contrattuale Il Piano d'Ambito è il cardine intorno al quale cui si costruisce la gestione del S.I.I nel suo duplice aspetto di manutenzione delle infrastrutture esistenti e di realizzazione di quelle nuove e necessarie in ragione dell'evoluzione delle esigenze dell'utenza. 7
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Tale documento ha valore contrattuale, sia nei confronti della società di gestione che nei confronti della comunità dei cittadini-utenti. In particolare: nel rapporto tra Ente di Governo società di gestione, il Piano d'Ambito è il terreno su cui far valere la forza negoziale dell'ente pubblico; e nel rapporto Ente di Governo - società di gestione - cittadini-utenti è il fondamento della legittimità dell'imposizione tariffaria. Solo una pianificazione d'ambito puntuale nella indicazione degli obblighi a carico del gestore, e condivisa con la comunità locali (sia nella forma istituzionale del Comune, sia in quella di tutela degli interessi diffusi delle comunità di cittadini-utenti d parte delle associazioni) può garantire il raggiungimento degli obiettivi e costi del servizio adeguati; adeguati anche perché, o meglio, proprio perché accettati dai cittadini – utenti nel quadro della condivisione degli obiettivi. Diversamente, senza pianificazione puntuale e precisa, e senza adeguata informazione e conoscenza, non c'è possibilità di corretta verifica d'adempimento e non c’è possibilità di puntuale valutazione dell’efficienza dell’impiego delle risorse e quindi di valutazione dell'andamento della gestione e dell’adeguatezza tariffaria. Purtroppo, una storia ormai ventennale, ci consegna l’esperienza di Piani d'Ambito complessivamente inadeguati, come le c.d. “urgenze” impietosamente mostrano (incompleta copertura del servizio di fognatura e depurazione, gravi perdite acquedottistiche, obsolescenza degli impianti e delle reti, carenze diffuse nella qualità e nella quantità della risorsa idrica); e società di gestione, che immemori della loro originaria natura di aziende di scopo che gestiscono il servizio in regime di privativa, si concentrano sulle questioni finanziarie ed aziendalistiche in una preoccupante autoreferenzialità. Proprio partendo da questa prospettiva finanziaria /aziendalistica delle società di gestione, sono tornati ricorrenti, negli ultimi anni, gli appelli tesi a garantire investimenti per 45, 60 fino ad 80 miliardi di euro per l'ammodernamento e la messa a norma del Sistema Idrico Integrato. Dette previsioni riflettono in maniera puramente descrittiva un meccanismo di formazione del fabbisogno che è pura sommatoria degli interventi elencati dai Piani d’Ambito, indipendentemente dalla loro effettiva desiderabilità in termini di miglioramento del servizio e della loro realizzabilità (prova ne sia che complessivamente gli investimenti programmati e realizzati dalle imprese sono spesso molto inferiori rispetto al fabbisogno pianificato). Si tratta di una rappresentazione in qualche modo passiva di una tradizione di 9
pianificazione poco attenta alla razionalità economica, incapace di tradurre i “desideri” degli enti locali in programmazione, e soprattutto raramente collegata ad una reale valutazione delle necessità in relazione agli obiettivi. Una realtà di approssimazione che stride profondamente con la complessità e l’estremo dettaglio formale dei piani, sulla quale grava talvolta il sospetto che la pianificazione stessa sia dettata più da quello che il soggetto gestore intende o può realizzare che dalle genuine esigenze del territorio oppure, simmetricamente, che i Piani d’Ambito siano espressione della necessità degli enti locali di attivare investimenti non necessari a scopi di stimolo all’economia locale. A tale quadro si sovrappone una struttura istituzionale che, nonostante gli sforzi dell’Autorità indipendente (talvolta apparentemente sostitutivi delle attribuzioni di altri organi decisionali), permane confusa e condizionata dalle sovrapposizioni di poteri e competenze, non risolta del resto dall’entrata in funzione della stessa struttura di Missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Continuare ad investire in assenza di puntuali e specifici piani d'ambito è irresponsabile e vuol dire affidare di fatto la programmazione in bianco alle società di gestione, senza chiedergli efficienza ed efficacia nella gestione e senza
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possibilità di effettivo controllo sul loro operato. Esiste infatti un rapporto inverso tra efficienza del servizio e tariffa: al diminuire dell’una aumenta l’altra e viceversa. E la tariffa è l’unica risorsa credibile, e certa. Ma giova qui ribadire che il problema della buona programmazione non dipende solo dalla capacità politica, quanto dalle competenze manageriali che sappiano adeguatamente e lealmente attuarla; in altre parole non è tanto un problema di politica quanto un problema di cultura tecnico manageriale; e su questo terreno le debbono farsi valere la aziende innovative del settore idrico, quelle di gestione
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quelle di progettazione e produzione di processi e prodotti e giocare un ruolo da protagonisti in questa stagione di necessari cambiamenti. Dal canto loro, gli Enti di Governo dell'Ambito debbono dotarsi della effettiva capacità di programmazione e controllo tecnico ed economico-finanziario dei Piani d'Ambito.
3. L'arretratezza tecnologica del SII ed un nuovo ruolo per l'innovazione tecnologica In carenza di chiari e puntuali atti di programmazione pubblica, ed all'insegna della commistione di interessi tra pubblico e privato, la gestione del SII è stata in qualche modo posta al riparo della concorrenza, senza al tempo stesso dotarla di incentivi all’efficienza sostitutivi delle regole di mercato. Ne risulta che il Sistema Idrico Integrato risulta essere quello più arretrato da un punto di vista tecnologico tra i servizi gestiti dalle società multi utility, nonostante le attività complesse che lo compongono. Un ruolo pure importante ha giocato la cronica incapacità del sistema di finanziare gli investimenti, problema solo di recente affrontato con l’introduzione della regolazione indipendente. Ma molto ha giocato una cultura manageriale talmente disattenta all’innovazione da aver prodotto una “cristallizzazione tecnologica”, una vera e propria anomalia di mercato che non trova analogia in nessun altro settore dove le innovazioni tecnologiche hanno da sempre introdotto un positivo processo di miglioramento delle prestazioni ed assecondato le crescenti esigenze di consumatori sempre più maturi.
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C'è un grande margine d'azione per le tecnologie innovative per l'efficientamento complessivo del sistema; margine che può e deve essere recuperato per migliorare la qualità del servizio e ridurre i costi sia economici che ambientali del servizio: dal telecontrollo, allo smart metering, al trattamento dei reflui, al riuso della risorsa idrica, all'efficienza energetica, all’utilizzo come risorsa dei fanghi di depurazione. Per non parlare delle tecnologie per il monitoraggio ed il miglioramento dell’efficienza delle reti. La scelta di utilizzare le tecnologie innovative non è un'opzione, ma è un obbligo imposto dalla buona gestione industriale del servizio, ma anche un obbligo generale posto in capo al concessionario di condurre il servizio in concessione secondo i principi di efficacia ed efficienza. Si tratta, in altri termini, di dare concreta attuazione al principio normativo dell’efficienza della gestione, al fine di liberare risorse che potrebbero essere utilmente destinate agli investimenti o retrocesse ai cittadini sotto forma di riduzione tariffaria. L’obiettivo di avere un S.I.I. di qualità sembra non avere alternative: o si ignora il referendum (ed è la critica mossa dai movimenti dell’acqua pubblica al governo ed all’ AEEGSII per l’azione intrapresa successivamente al luglio 2011) o si rispetta lo spirito e la lettera del
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referendum (senza pretese di interpretazioni c.d. “manipolative”) ed allora non ci sono le risorse economiche per gli investimenti. Oppure si ha il coraggio di intervenire modificando le prassi e le regole delle gestioni e l’innovazione tecnologica diviene strumento strategico per il ribaltamento della prospettiva: dalla scarsità delle risorse economiche, all’intelligenza dell’investimento.
4. Proposta di un programma minimo d’intervento Il ribaltamento della prospettiva richiede un’azione decisa e congiunta da parte delle aziende della filiera industriale sui diversi livelli di governo del SII: sull’Autorità nazionale perché orienti il sistema tariffario all’innovazione ed all’efficenza;
sulle Autorità d’ambito, perché
nella pianificazione d’ambito siano posti obiettivi sfidanti per la gestione e siano pretesi adeguati standard di qualità del servizio in coerenza con gli obiettivi di difesa dell’ambiente e risparmio della risorsa;
sulle società di gestione perché rompano la cristallizzazione
tecnologica del mercato, si aprano all’innovazione finalizzata all’efficienza, evolvano gli standard progettuali, orientandoli a recepire i miglioramenti tecnologici più attuali, garantendo i criteri concorrenziali di selezione degli affidamenti,ai sensi della vigente normativa sugli appalti; su tutti i livelli di governo del SII per affrontare in maniera innovativa il tema dell'uso razionale e sostenibile della risorsa idrica e della depurazione dei reflui di produzione e del loro riuso. Per altro verso occorre stimolare le industrie della filiera idrica a comprendere la necessità di offrire soluzioni di efficientamento innovative, ed incoraggiarle a collegarsi tra di loro, ed incalzare le società di gestione, offrendo le migliori soluzioni. Infine l’assenza (al momento) di specifica direttiva europea sull’obbligo dell’approccio B.A.T. (Best Thecnology Avaible) nel Sistema Idrico Integrato, da inserire nei capitolati d’appalto, non esime legislatore ed il regolatore dall’affrontare il tema del monitoraggio e della misurazione quali pre-condizioni necessarie per una corretta gestione del S.I.I.
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