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H I CHKI C OK RO Y RGYO G LO F ELR FS E RMSAM GA AG ZA I NZEI N E GEN GN EA N INOA I2O0 2210 2 1
GENNAIO GENNAIO 2021
No.1 No.1
HICKORY HICKORY GOLFERS GOLFERS MAGAZINE
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HICKORY GOLFERS MAGAZINE #1
IL -GOLFNELLA -STORIAHICKORYGOLFERS.IT
Casa Editrice: Multimedia Comunications di Giovanni Meneghini & C. Sas Via Lamberto Chiesini,100 - 31053 Pieve di Soligo (TV) Direttore Responsabile: Paolo Pilla paolo.pilla@italianhickoryplayers.it Direttore Editoriale: Enrico Budel info@hickorygolfers.it Progetto Grafico: Claudia Bianchi Hanno collaborato: Enrico Budel, Paolo Pilla, Luca Ravinetto, Nicola Pucci, Ignacio Vicuna, Claudia Bianchi Italian Hickory Players Asd Via Col di Lana, 40 32100 Belluno (IT) info@italianhickoryplayers.it Photo di: Enrico Budel, Adriano Boscato, Fabrizio De Salvador, Claudia Bianchi. Fonte: accademiatf.eu, The Historical dictionary of golfing terms, La gazzetta, Unione, Il Gusto Italiano Iscrizione al Tribunale di Treviso N. 146 del 09/10/2010
SUPPLEMENTO AL GUSTO ITALIANO
Tecnica usata per l’immagine di copertina: la cianotipia. La cianotipo è un procedimento di stampa inventato nel 1842 dallo scienziato e astronomo inglese Sir John Herschel. Sfrutta due sali di ferro (potassio ferricianuro e ferrico ammonio citrato) che mescolati insieme diventano sensibili alla parte ultravioletta della luce solare. Sensibilizzando una superficie (carta o altro) e esponendola alla luce del sole dopo aver posizionato un negativo sopra la superficie stessa è possiamo ottenere una immagine fotografica positiva. P A G E
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CONTENUTI
“ Ho semplicemente esercitato la prerogativa di una donna di poter fare qualcosa senza il minimo riguardo per ciò che qualcuno pensa e perché voglio compiacere me stessa”. JOYCE WETHERED
P. 24 - 27
P. 16 - 21
Attrezzatura Ferri anti shank
Fai da te Valutare Hickory H I C KO RYG O L F E R S . I T
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CONTENUTI
P. 28 - 53
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Gare 2° Italian HickoryOpen
Il Golf nella storia 13 regole del golf
P. 76 - 83
HGM P. 84 - 107
Club makers James McEwan
NO. 1 Giocatori importantiWalter Hagen
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P.108 - 111
Golf Club Italiani Golf Club Pallanza
Moda e costume La gonna
Personaggi italiani Storici -
Toney Penna
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Joyce Wethered Capita di vedere qualche golfista donna potente. Spesso, però, la loro potenza è a scapito della femminilità.
word by Enrico Budel H I C KO RYG O L F E R S . I T
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uesta signora è stata capace di giocare a Golf combinando la grazia femminile, con la potenza e la precisione. I suoi colpi stupirono Henry Cotton, la sua costanza affascinò Glenna Collett Vare la regina del golf americano, Bobby Jones la considerava il miglior giocatore di golf, uomo o donna, che avesse visto. Vinse quattro volte il British Women’s Amateur Championship, cinque volte di seguito l’English Ladies Championship, ed è stata fondamentale nella fondazione della “Curtis Cup”. Quando, prima del British Amateur 1930, Jones ebbe l’opportunità di giocare con lei, ne ammirò i suoi colpi con il vento che soffiava dal mare. Portamento elegante, non ne sbagliò uno, e concluse le 18 buche dell’Old Course in 75 colpi. Era la partita di golf più pulita che Jones avesse mai visto. Nata a Brook, nel Surrey il 17 novembre 1901, iniziò ben presto a giocare, durante le vacanze in famiglia a Bude in Cornovaglia e a Dornoch in Scozia, dove la famiglia aveva una casa affacciata al campo da Golf. Il padre era buon giocatore con handicap 6, lei è semplicemente entrata nel gioco, perché quello faceva la sua famiglia.
Aveva nove anni quando cominciò a interessarsi al Golf; un anno dopo giocava 89 colpi. Non è mai stata seguita dal maestro, e questo le creò una certa flessibilità. Nel 1910, quando aprì il Club West Surrey, lei, dodicenne, entrò a farne parte. A17 anni fu selezionata per la squadra del Surrey Ladies, giocò a Worplesdon con handicap 5. Seppur che il suo Golf non avesse avuto lezioni dal maestro, sviluppò il suo istinto di gioco competitivo copiando il gioco dal fratello maggiore Roger, campione amatoriale britannico del 1923 e giocatore della Walker Cup.
La partita inaugurale della Curtis Cup, tenutasi al Wentworth Golf Club in Inghilterra nel 1932, fu un vero e proprio “who’s who” del golf femminile. Nella foto qui, da sinistra a destra, sono Opal Hill (Stati Uniti), Glenna Collett Vare (Stati Uniti), Joyce Wethered (GB e I) e Wanda Morgan (GB e I).
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Amava inoltre osservare Fred Robson, professionista del West Surrey. Aveva uno swing potente, aggraziato e ben bilanciato, e spesso mandava la palla ben oltre le 200 iarde, battendo molti giocatori maschi dell’epoca. Era anche dotata di grande forza mentale, che lei descriveva come “bozzolo di concentrazione”. I grandi giocatori dell’epoca le ammiravano il gioco, e riverivano le sue capacità. Ecco i commenti di alcuni grandi giocatori del tempo:
“Non ho giocato a golf con nessuno, uomo o donna, dilettante o professionista, che mi abbia fatto sentire così completamente superato. Non era tanto il punteggio conseguito, quanto il modo con cui ha giocato. Non era possibile pensare che Miss Wethered avesse tale precisione, non ha mai mancato un colpo.” Bobby Jones “Mentre la guardavo, pensavo che non ci fosse al mondo una stella del golf maschile che non avrebbe invidiato i suoi colpi forti e decisi, da uomo esperto.” Walter Hagen
“Ai miei tempi, nessun giocatore di golf si è distinto così tanto dai contemporanei come Lady Heathcoat-Amory (cognome da sposata). Non credo che una pallina da golf sia mai stata colpita per un volo così dritto, da qualsiasi persona, tranne forse da Harry Vardon.”
All’epoca il golf femminile era in gran parte sociale e le competizioni d’élite erano rigorosamente amatoriali, poche e distanti tra loro. Joyce ha giocato solo nel Surrey Ladies ‘Championship oltre ai due Majors. Vinse l’evento inaugurale del Surrey nel 1921 e lo vinse per altre quattro volte, nel 1922, ’24, ’29 e ’32.La sua vittoria più soddisfacente arrivò nel 1929 quando a St. Andrews riusci a battere la miglior giocatrice
Henry Cotton
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Il finish di un colpo con un ferro. La faccia del ferro non punta alla buca mentre la punta e il braccio destro si. Questo aiuta a colpire dritto. Ä” tra i grandi magazzini di Londra il piĂš antico ed elegante insignito della Royal Warrants, un riconoscimento per essere fornitore ufficiale della famiglia reale. P A G E
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Joyce e suo marito il baronetto Sir John Heathcoat-Amory
d’America, Glenna Collett. Solo pochi mesi dopo la sua vittoria amatoriale britannica, il crollo di Wall Street avvenne alla fine del 1929 e la sua famiglia perse gran parte della loro ricchezza, accumulata grazie alla proprietà di diverse miniere di carbone. Di conseguenza, nel 1933, Wethered non ebbe altra scelta che perdere il suo status di dilettante facendosi sponsorizzare dai famosi magazzini di Londra, Fortnum e Mason ( vedi foto ). Più tardi nello stesso anno stipulò un contratto con Spalding per commercializzare una serie di club da golf con il suo nome. Ha scritto una serie di articoli sul golf e due libri famosi, “Golf From Two Sides” (con Roger, 1922) e “Golfing Memories and Methods” (1933).Nel 1937 sposò un baronetto, Sir John Heathcoat-Amory e lasciò i suoi genitori nel Surrey per trasferirsi nella casa ancestrale, Knightshayes Court a Tiverton, nel Devon. Non ebbero figli. Dopo la seconda guerra mondiale fu reintegrata come golfista dilettante e continuò a giocare regolarmente con suo marito, spesso a Tiverton, un Golf Club che Sir John fu determinante nella fondazione nel 1932. Possedeva il terreno agricolo e accettò di affittare 120 acri per la costruzione del campo da golf. Oltre ad essere una campionessa di golf, Joyce è stata anche un eccellente giardiniera e ha svolto un ruolo chiave nella creazione del giardino di Knightshayes una eredità che ci rimane ancora oggi. Resta anche un piccolo museo, “The Golf Room”, a Knightshayes che ricorda la famosa giocatrice. I display contengono alcuni superbi cimeli del golf e medaglie della sua carriera. Nel sondaggio cinquantennale dell’Associated Press nel 1950, Wethered si è classificata settima tra tutti i golfisti e prima tra le golfiste. Gli uomini davanti a lei erano Bobby Jones, Ben Hogan, Walter Hagen, Byron Nelson, Sam Snead e Gene Sarazen. Più recentemente, nel 1975, il suo status nella storia del gioco è stato riconosciuto quando è stata inserita nella World Golf Hall of Fame.
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Joyce in una dimostrazione in capo pratica
Golf from two side Golfing memories and methods
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Perché giocare con i club hickory? P
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A 14 Word by Enrico Budel G E
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obby Jones aveva la miscela perfetta di ritmo ed equilibrio che gli ha permesso di essere il più grande golfista hickory di tutti i tempi. Il suo swing aveva una velocità di rotazione del club di circa 182 Km e raggiungeva con il driver una media di 230 metri. È stato uno dei giocatori più lunghi, ma era straordinario con il gioco corto. Sappiamo tutti che il gioco corto è quello che ti permette di ottenere un buon punteggio, quindi non dimenticarlo quando giochi a hickory! Usare i legni ( Driver, Brassie, Spoon) Le teste di legno sono più piccole rispetto ai club di oggi, perciò quando colpisci la palla dal tee ricordati di tenerlo più basso come se colpissi la palla con un legno 3 o 5 e mantieni uno swing più morbido. Solo così lo shaft in hickory risponderà con un colpo perfetto. Usare il Mid-Iron Questo è il ferro con meno loft nella sacca, di solito intorno ai 25 gradi. Un po ‘come un ferro 2 o 3, quindi può essere quello più difficile da colpire. Altri invece lo trovano fantastico perché riescono a “lavorarlo” meglio di un legno. Usare il Mashie Il cavallo di battaglia dei club hickory. Ha un loft come il ferro 6-7 di oggi ( circa 130-140 metri la distanza media ). Questi club sono sono eccezionali per un “chip and run” attorno al green. Prova questo club con un colpo simile a un putter e vedrai che tipo di risultati ottieni. Se hai problemi a colpire con gli altri club, prendi il mashie! Usare il Mashie Niblick E’ un buon club per effettuare un approccio al green. Hanno un loft di circa 45 gradi (equivalente a 8/9 ferro con 100-110 metri la distanza media). Ricordati che é più difficile imprimere spin alla palla con questi ferri quindi la soluzione é di anticipare il colpo perché la palla rotola di più.
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Usare il Niblick E’ il club con un loft maggiore ( circa 56-58° ) da usare per gli approcci attorno al Green o uscite dai bunker. Hanno una testa più larga del moderno send, più simile a una “pala” più facile per “tagliare” il colpo. Il Putter I putters Hickory sono per lo più con la testa a lama. Realizzate in acciaio forgiato, creano una piacevole sensazione quando li colpisci. Puoi trovare putter con un loft anche di 10° perché i green una volta erano lenti o avevano il taglio dell’erba alto. Molti giocatori che li provano aggiungono questo commento: “non ho mai pattato cosi bene!!”. Il golf hickory ti consente anche di vedere i campi attraverso una nuova lente, anche in quelli che hai giocato centinaia di volte. Atterri la palla in punti diversi, costringendoti a effettuare nuovi colpi o ha usare una strategia diversa. È quasi come se stessi giocando su un campo completamente nuovo! Può effettivamente aiutarti a migliorare il tuo gioco con i ferri moderni . Sei costretto a pensare in modo diverso, più con la mente che con i muscoli. Far oscillare più lentamente il tuo swing e avere una presa più morbida non può che aiutarti a migliorare i tuoi punteggi. Le nostre sacche a noleggio sono originali e prodotte prima del 1935 e comprendono: - N. 1 DRIVER - N. 1 BRASSIE O SPOON O MID IRON - N. 1 MASHIE - N.1 MASHIE NIBLICK - N.1 NIBLICK - N.1 PUTTER - N. SACCA
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Collezione privata di Enrico Budel 17 H I C KO RYG O L F E R S . I T
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I FERRI ANTI - SHANK WORD BY ENRICO BUDEL
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a parola “Shank”, oltre che significare un colpo molto demoralizzante per un golfista quando la palla se ne va a 45 gradi invece che dritta, è un potente, incisivo termine, che ha molta storia. Il termine Shank compare in inglese attorno all’anno 1000, in riferimento alla gamba del bovino. Re Edoardo I, che governava l’Inghilterra nel 1200, era noto per il soprannome “long shank” perché aveva le gambe lunghissime. Dal 1700 “ shanking” generò molti significati: si definiva shanked uno che camminava per una via, nel gergo carcerario (usato da gangster e delinquenti nella Londra del periodo) significava accoltellato con un’arma improvvisata. Il termine è poi migrato nella botanica dove si descriveva “shanked off” una pianta afflosciata. Il termine venne usato nel golf verso l’inizio del 20° secolo, se ne trova conferma nel giornale The Modern Golfer del 1924, dove si afferma che “Shanking” è un errore che si verifica frequentemente in un golfista.
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Come con altri termini, ad esempio “ the yips” (contrazioni muscolari improvvise che costringono l’atleta a modificare il proprio allenamento o perfino a smettere di praticarlo), lo shank lo troviamo anche in altri sport: tennis (quando la palla colpisce il telaio della racchetta) cricket (la palla colpisce lateralmente la mazza). I primi ferri. “anti shank” compaiono attorno al 1892, Mr F. Fairlie brevettò un ferro dove lo shaft era attaccato nella parte posteriore della testa, la cosa si rivelò estremante popolare nel periodo. Tre anni dopo Mr E.G. Smith produsse il modello “wry-neck”, dove la base del gambo forma una curva molto accentuata. Si possono trovare modelli con questa caratteristica nei putters, mashie niblick e niblicks, realizzati da Gibson con il marchio “Star”. La loro caratteristica, oltre ad aiutarti a evitare lo shank, producono un suono che sembra cupo o imbronciato, come se tu avessi in mano un jiegger o un cleek. P A G E
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Mashie brevetto Mr. F. Fallie del 1896
Mashie brevetto Mr. E. G. Smith per Gibson Star del 1900 P A G E
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COME VALUTARE UN PEZZO HICKORY Word by Enrico Budel
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Se ne fecero anche per i Golf Club Italiani, o per i professionisti che insegnavano all’epoca, ma sono molto difficili da trovare. Il loro valore dipende da più cose: se troviamo una serie completa (ad es. Mid iron, Mashie, Mashie Niblick, Niblick) con gli stessi segni, nella collezione aumentano di valore. George Nicoll creò un numero enorme di bastoni, nell’era hickory. Per datare le mazze si deve osservare il disegno della “mano” (il suo marchio), che più volte varia. Studiare le variazioni del marchio aiuta a stabilire la data di produzione dei club. È meglio se hanno gli shaft e i grip originali (lo vedi se sono tutti uguali e con la stessa usura). Controllare anche se ci sono ammaccature, cosa che si può vedere e sentire nella pipetta dove viene inserito lo shaft, oppure se il perno che lo ferma è ben visibile e allineato con il ferro. Aggiunge valore al set la marchiatura degli shaft (vicino al grip), dallo stesso produttore. Importanti sono le facce dei ferri; se sono completamente lisce sono prima del 1910, se sono puntinate a mano (lo si vede dalla loro irregolarità), sono antecedenti a quelli fatti a pressione dalla macchina. Il prezzo? Oggi un set completo di Tom Steward può raggiungere anche i 2000/2500 dollari, mentre un pezzo singolo varia dai 40 ai 60 euro, ma può raggiungere cifre superiori ai 150.
lcune persone, dopo aver fatto acquisti in qualche mercatino o su eBay , mi chiedono una valutazione. Una indicazione vera e propria non esiste: neanche su internet se ne trovano, né sul produttore, né su modello o prezzo. L’unico vero arbitro è il mercato. Dipende sempre da quanto siamo disposti a pagare per l’acquisto. So che non è una risposta soddisfacente, cercherò quindi di esporre qualche idea, sperando che sia d’aiuto. Il mio sapere sul collezionismo di vecchie mazze da golf hickory ha trovato la maggior fonte di informazioni sulla lettura dell’Enciclopedia Golf Collectibles di John M. Olman e Mort Olman. L’edizione che possiedo è stata stampata nel 1985, quindi molti prezzi non sono aggiornati; ma esistono altre pubblicazioni che vengono aggiornate ogni 2/3 anni, dove ci si può fare l’idea di come valutare un pezzo. A me piacciono i pezzi in grado di sostenere il gioco, adatti a creare l’emozione che dà l’uso sul campo da golf; altri cercano solo il pezzo raro. Ricordiamoci che il divertimento sta più nel trovare, collezionare e imparare che trattare. Più uno impara più diventerà acuto nel trovare pezzi interessanti davvero preziosi. I club hickory non sono particolarmente rari, all’inizio del 1900 ne sono stati prodotti milioni di pezzi per soddisfare questa passione. Molti sono spariti, bruciati o sotterrati nei parcheggi di qualche Golf Club ma ce ne sono ancora molti in giro. Un club medio lo puoi trovare sui trenta euro, ma lo potresti pagare molto di più da un antiquario, oppure meno nel magazzino del tuo Greenkeeper. Esiste la regola che più è vecchio il pezzo, più è raro. È come per le auto: se ne sono stati prodotti pochi esemplari più sono difficili da trovare, e più il valore sale. Alcuni club sono più rari perché erano costosi, o non erano fatti per un giocatore regolare. Alcuni con nomi famosi - Tom Morris, Tom Stewart per esempio - sono molto richiesti; quelli per il mercato sono abbastanza comuni, e non hanno prezzi elevati.
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Set composto da sei ferri di Tom Stewart per Willie. Willie Kidd (1920-1957) è stato un giocatore affermato che ha gareggiato in diversi PGA nazionali e US Open, incluso l’Open 1930 a Interlachen. Kidd era anche un insegnante e un costruttore di club. P A G E
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LE ORIGINI
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DEL GOLF word by Paolo Pilla
Hulton Archive/Getty Images
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ropongo una carrellata sulle origini del Golf, che sono pur sempre quelle del gioco come praticato nell’ambito della nostra Associazione, l’“HICORY GOLF”. Lo facciamo prima di entrare nel mondo delle “regole” che lo governano. La nascita del Golf, dove e quando, è controversa. Più di un Paese ne vanta le origini, financo la Cina, che lo fa risalire già al tempo della Dinastia Tang Meridionale (X sec.). Era in Cina un gioco chiamato “CHUÍWÁN”, destinato a persone facoltose, che usavano mazze intarsiate di giada e oro. Dicono i cinesi che il Golf raggiunse la Scozia, introdotto da viaggiatori mongoli. D’interesse è però anche il pensiero che lo fa risalire ai tempi dell’Impero Romano, “la PAGANICA”, in cui si utilizzavano bastoni e palle di cuoio imbottite di piume. Un gioco che i legionari potrebbero aver trasmesso 2000 anni fa ai celti delle Highlands, con i quali si naturalizzò, fino a gettare le prime basi del golf moderno in Scozia. Porgendo l’orecchio allo storico del golf Steven van Hengel, questi sostiene che quel gioco era diffuso in Olanda ben prima che in Scozia. Era chiamato SPEL METTEN KOLVE, e se ne ha traccia della sua pratica fin dal 1297, con mazze e palle sulle dune di sabbia, e d’inverno sul ghiaccio. I primi cenni sul Golf, desumibili dagli archivi storici, risalgono al 1457 quando, con un atto del Parlamento, re Giacomo II di Scozia vietò il gioco del golf a favore del tiro con l’arco. La cosa però, non chiarisce l’esatta natura di quel gioco. Fu solo nel 1744, che il gioco del Golf ebbe ad avere connotazioni riconoscibili come il Golf praticato oggi, fu quando furono pubblicate le prime regole del gioco. Ad ogni buon conto, visto che sono tante le teorie sulla provenienza, è saggio restare col pensiero della sua prima apparizione in Europa nel Medioevo, in Scozia, a prescindere da dove fosse arrivato. Era allora Il passatempo praticato dai pastori scozzesi sui mitici links, campi adibiti al pascolo vicini al mare. È confermata in modo certo, la presenza di quel gioco che i contadini
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praticavano con bastoni. Scene di pittori fiamminghi sono rappresentate con chiarezza, e lì ne avvenne la codifica. Nei primi secoli del millennio, Scozia e Olanda avevano ottimi rapporti commerciali. Quando nel porto di Edimburgo arrivavano le navi, venivano sbarcate partite di palline di cuoio piene di piume bollite (featheries) ambite dai giocatori scozzesi, che a loro volta caricavano bastoni di legno e ferri. Viste le molteplici situazioni in cui poteva venirsi a trovare la palla durante il gioco, e la necessità di uniformarsi per farlo continuare, crebbe il desiderio che tutti i giocatori rispondessero a un corretto, comune comportamento. E ancora, quando il gioco destò l’interesse di una più vasta area di popolazione e di un più ampio ceto sociale, emerse la necessità di regolamentarlo. P A G E
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Fu appunto nel 1744 che sorse il primo circolo, a Muirfield nell’est della Scozia. Lì fu fondata la Company of Gentlemen Golfers, con a capo sir William St Clair, barone di Roslin. Gran Maestro ereditario della massoneria scozzese, Roslin usava indossare l’alta uniforme, dei Gentlemen Golfers: giubba rossa con pantaloni alla zuava di velluto, e scarpe cardinalizie con fibbia; di sir William, possediamo un bel ritratto. esperienze, si diedero uno statuto per regolamentare il gioco, misero per iscritto i precetti in uso dai suoi membri, li codificarono. Quell’associazione è tuttora esistente e di prestigio; i documenti ritrovati testimoniano il ruolo della massoneria, che è stato fondamentale per il Golf. Passato un decennio, fu nel 1754 che l’associazione dei golfisti di St. Andrews, ispirati dallo statuto degli “onorevoli” colleghi di Edimburgo, realizzò la
Cina intorno al 1425-1435: l’imperatore Xuande mentre gioca una specie di partita a golf. Durante la dinastia Tang (618-907 d.C.) le donne giocavano anche a un gioco noto come buda o chuiwan simile al golf moderno, i giocatori usavano un bastone per colpire una pallina in buche nel terreno.
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storica stesura delle 13 regole del golf, che in sostanza rimangono le colonne portanti delle regole moderne; risale a quel periodo, anche la scelta del campo a 18 buche. Nell’800 i club non permettevano l’accesso alle ladies. Pur se in minor misura per ragioni storico- culturali, a un certo punto si fecero avanti anche loro. Fu però solo sul finire del secolo, che il Royal North Devon Golf Club, si curò di accettarle nel Club. Le competizioni erano strettamente femminili, le signore potevano frequentare le gare maschili solo in funzione di marcatore. Dovrà passare oltre un secolo prima che fossero ammesse nel percorso maschile. A St. Andrews, potevano usare solo il putting green, e non erano ammesse sul percorso degli uomini. Fu loro concesso soltanto dopo oltre un secolo, al British Open. C’è da dire tuttavia che, quando nel 1893 le ladies giocarono il loro primo campionato, nel Regno Unito i Circoli a loro riservati erano già 128. Negli USA fu fondamentale il manuale “Golf for women”, pubblicato nel 1904, alla cui stesura si dedicò Genevieve Hecker, prima campionessa dilettante americana. Oggi nel dilettantismo, il Golf femminile figura alla stregua di quello maschile; nel professionismo, le proette sono un po’ di calibro minore, specialmente nei riguardi dell’entità dei premi in denaro. Interessante fu l’avvio delle competizioni a squadre, riguardanti il vecchio e il nuovo mondo, che subito ebbero successo: la Walker Cup (i principali golfisti dilettanti) e la Ryder Cup (i più forti professionisti), che vengono disputate in parallelo ogni due anni. L’una negli anni dispari, l’altra negli anni pari, e si svolgono alternativamente negli Stati Uniti, e in Europa. Mentre nella formazione europea della Walker Cup, il cui fondatore fu il bisnonno del presidente americano George W. Bush, la squadra è esclusivamente composta da Irlanda e Gran Bretagna, nella Ryder Cup combattono contro l’America le varie nazioni del vecchio continente. In Italia il golf fece la sua apparizione nel Settecento, a Roma, sui prati di Villa Borghese e di Villa Doria Pamphilj, nei terreni di proprietà del principe Torlonia. Il primo Campo da golf “moderno” fu invece il Florence Golf Club, nato nel 1889 a Firenze, voluto dalla comunità inglese,
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gli addetti alle ambasciate, che desideravano avere a disposizione un vero percorso di golf. Nacque poi il Circolo del Golf Roma Acquasanta, immerso nella storia, circondato da un panorama straordinario, sul cui percorso passarono i più famosi nomi dell’industria, dell’arte, e del cinema: Gianni Agnelli, l’Agha Khan, Gary Cooper, Ingrid Bergman, e tutta la nobiltà romana. I costumi del Golf di un tempo attraggono i lettori di questa rivista, perché consapevoli che il Golf di allora era vero Golf.
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Patersone’s House in Golfer’s Land - Edinburgh The Sabbath Breackers” J. C. Dolman’s Charles I riceve la notizie della ribellione irlandese mentre giocava a Leith Links. (Da Clark’s Golf: A Royal and Acient Game.) P A G E
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A CONFRONTO LE PRIME 13 NOTE DEL GOLF DEL ‘700, CON LE ATTUALI REGOLE word by Paolo Pilla
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È
interessante porre a parallelo le attuali Regole del Golf, con i 13 “Articles & Laws in Playing the Golf”, redatte nel 1744 da “The Honorable Company of Edinburgh Golfers”. Questa compagnia era costituita dai Gentlemen Golfers di Leith, la cittadina dove ebbe luogo il primo Challenge for the Silver Club, di Edimburgo, in cui le regole furono applicate al gioco. Le regole del Golf hanno più volte subìto variazioni, già dal ‘700, e fino ai giorni nostri. I principi fondamentali di questo sport ricco di storia, sono rimasti tali da allora, quelle che nel corso dei secoli son cambiate, sono le procedure idonee ad applicarli. La continua evoluzione delle regole è la logica risposta alla grande varietà di circostanze a suo tempo non previste, che sono e merse e ancora emergeranno in uno sport praticato all’aperto, in un ambiente naturale di grandi dimensioni. Le modifiche alle regole hanno anche dovuto tenere conto dei rinnovati concetti di progettazione di un Campo, nonché delle modalità per la manutenzione, e la diversità dei territori in cui si gioca a golf. Non ultimo, l’ascolto di discussioni tra gli appassionati sull’opportunità di talune procedure, che talvolta apparivano complesse, o incoerenti. I più grandi cambiamenti sono avvenuti nel 1899, 1934, 1952, 1984, e l’ultimo, avvenuto nel 2019, è stato di notevole consistenza. Pubblicate e approvate dalla United States Golf Association e dall’R & A Rules Limited, le nuove regole del 2019 mirano soprattutto a semplificarle, e a modernizzare l’insieme. 1 - “YOU MUST TEE YOUR BALL, WITHIN A CLUB’S LENGTH OF THE HOLE.” “Devi tirare la tua palla, da una distanza non superiore a un bastone” La nota indicava la distanza massima di un bastone, dal punto che definiva il punto di partenza, per la buca da giocare.
Oggi la norma ci obbliga semplicemente a posizionare il tee all’interno dell’area di partenza già predisposta e configurata in un rettangolo, anche se per fare il colpo, il giocatore può disporsi anche al di fuori di essa. Il colpo fatto in maniera non conforme, viene annullato.
2 - “YOUR TEE MUST BE UPON THE GROUND.” “il tee dev’essere posizionato sul suolo.”
Anche oggi, il giocatore che mette in gioco una palla dall’area di partenza, deve posizionare il tee (che dev’essere regolamentare) sul terreno, o mettere la palla direttamente sulla superficie del terreno, seppur su una irregolarità, anche se creata dal giocatore stesso. Se esegue un colpo in maniera non conforme, viene squalificato.
3 - “YOU ARE NOT TO CHANGE THE BALL WHICH YOU STRIKE OFF THE TEE.” “non devi cambiare la palla che colpisci dal tee.”
La nota è del tutto attuale, non si può sostituire la palla durante il gioco di una buca, salvo che per forza maggiore (palla persa, o rotta inservibile al gioco). La palla che si posiziona sul tee di partenza, la stessa deve essere imbucata; se il giocatore la sostituisce senza ragione, gioca una palla sbagliata, e ne paga le conseguenze: 2 colpi di penalità, e deve rigiocare con la sua palla.
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4 - “YOU ARE NOT TO REMOVE, STONES, BONES OR ANY BREAK CLUB FOR THE SAKE OF PLAYING YOUR BALL, EXCEPT UPON THE FAIR GREEN & THAT ONLY WITHIN A CLUB’S LENGTH OF YOUR BALL.” “non devi rimuovere, pietre, impedimenti sciolti che interferiscano con il gioco della tua palla, salvo che non siano oltre la distanza di un bastone, o in green.”
Oggi è più permissivo, si possono rimuovere gli impedimenti sciolti anche dal bunker e dalle zone di penalità, ma bisogna far attenzione a che l’azione non faccia muovere la palla. Se questo accade, la si deve ripiazzare e s’incorre in penalità, a meno che il gioco non fosse sul putting green.
5 - “IF YOUR BALL COMES AMONG WATTER, OR ANY WATTERY FILTH, YOU ARE AT LIBERTY TO TAKE OUT YOUR BALL & BRINGING IT BEHIND THE HAZARD AND TEEING IT, YOU MAY PLAY IT WITH ANY CLUB AND ALLOW YOUR ADVERSARY A STROKE FOR SO GETTING OUT YOUR BALL.” “se la tua palla va in acqua o comunque nell’ostacolo d’acqua, devi avvisare l’avversario, la puoi recuperare, e giocarla dietro l’ostacolo.”
Questo evento prevede oggi modalità differenziate. Si può comunque recuperare la palla, dropparla in un punto diverso a seconda che sia entrata nell’area di penalità frontale o laterale (gialla o rossa), e giocarla, assegnandosi un colpo di penalità.
6 - “IF YOUR BALLS BE FOUND ANYWHERE TOUCHING ONE ANOTHER, YOU ARE TO LIFT THE FIRST BALL, TILL YOU PLAY THE LAST.” “se la tua palla tocca un’altra palla, la si deve alzare per far giocare l’altra palla.”
S’intende la palla che interferisce con il gioco di un altro giocatore. Tranne quando la palla è in movimento, si può chiedere che la palla che interferisce venga alzata, anche se le palle non si toccano. Anziché sollevare la palla, il giocatore interessato può però decidere di giocare per primo.
7 - “AT HOLLING, YOU ARE TO PLAY YOUR BALL HONESTLY FOR THE HOLE, AND, NOT TO PLAY UPON YOUR ADVERSARY’S BALL, NOT LYING IN YOUR WAY TO THE HOLE.” “devi imbucare la tua palla, non quella dell’avversario.”
Si riferisce all’aver giocato la palla dell’avversario anziché la propria, cosa che si può verificare di frequente. Se questo capita, si è giocata una palla sbagliata; il giocatore è penalizzato, e l’avversario metterà in gioco una palla nel punto dove in origine si trovava la sua.
Il logo della ROYAL INSURANCE COMPANY P A G E
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8. “IF YOU SHOULD LOSE YOUR BALL, BY ITS BEING TAKEN UP, OR ANY OTHER WAY, YOU ARE TO GO BACK TO THE SPOT, WHERE YOU STRUCK LAST & DROP ANOTHER BALL, AND ALLOW YOUR ADVERSARY A STROKE FOR THE MISFORTUNE.” “se dovessi perdere la palla, torna dove avevi giocato e metti in gioco un’altra palla.”
È la regola della palla persa o fuori limite. Si hanno solo 3 minuti di tempo per cercarla, se non la si trova si è penalizzati di “colpo e distanza”. In altre parole, con la penalità di un colpo si dovrà tornar a giocare dal punto in cui si era giocato in precedenza. È questo il caso che se si hanno dubbi sulla possibilità di trovare la palla giocata, è opportuno giocarne una provvisoria.
9 - “NO MAN AT HOLLING HIS BALL, IS TO BE ALLOWED, TO MARK HIS WAY TO THE HOLE WITH HIS CLUB OR, ANYTHING ELSE.” “Nessuno può dare consiglio su che bastone usare per eseguire il tiro.”
È vietato dare o ricevere consiglio; il più frequente, su quale sia il bastone più giusto da giocare. Se il gioco è dal green, non è consentito neppure indicare la linea di gioco, salvo che dal partner. Non è considerato consiglio il chiedere informazioni sulle regole.
Il 1° Manoscritto Delle 13 Regole Del Golf Libretto dell regole del 1925
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10 - “IF A BALL BE STOPP’D BY ANY PERSON, HORSE, DOG, OR ANY THING ELSE, THE BALL SO STOP’D MUST BE PLAYED WHERE IT LYES.” “se la corsa della palla è arrestata da una persona, un cavallo o qualsiasi altro animale, dev’essere giocata dove si trova.”
Anche oggi è così, se la palla in movimento è accidentalmente deviata o fermata sul percorso da un agente estraneo, dev’essere giocata come si trova, salvo che sul green, nel qual caso il colpo va rigiocato.
11 - “IF YOU DRAW YOUR CLUB, IN ORDER TO STRIKE & PROCEED SO FAR IN THE STROKE, AS TO BE BRINGING DOWN YOUR CLUB; IF THEN, YOUR CLUB SHALL BREAK, IN, ANY WAY, IT IS TO BE ACCOUNTED A STROKE.” “Se intendi muovere il tuo bastone con l’intento di fare interamente il colpo, e termini l’azione fino a giù, dev’essere contato un colpo.”
Qui si vuole sostanzialmente dare la definizione di colpo: Il colpo è il movimento in avanti che si fa con il bastone e lo si porta a termine nell’intenzione di colpire la palla; non c’è stato colpo, se il giocatore ha controllato il suo downswing, arrestandolo prima di colpire la palla;
12 - “HE, WHOSE BALL LYES FARTHEST FROM THE HOLE IS OBLIGED TO PLAY FIRST.” “è tenuto a giocare per primo chi è più lontano dalla buca.”
Sul percorso gioca per primo chi ha la palla più lontana dalla buca. Questa norma è ancora attuale, ma presa in modo meno severo, si tratta di velocizzare il gioco, nell’accordo con i corrispondenti.
13 - “NEITHER TRENCH, DITCH, OR DYKE, MADE FOR THE PRESERVATION OF THE LINKS, NOR THE SCHOLAR’S HOLES OR THE SOLDIER’S LINES, SHALL BE ACCOUNTED A HAZARD; BUT THE BALL IS TO BE TAKEN OUT/ TEED/ AND PLAY’D WITH ANY IRON CLUB.” “Né trincea, diga o fosso fatti per preservare i links, né i buchi dello studio saranno considerati un rischio; la palla deve essere giocata con qualsiasi ferro.”
Questa norma, nata al tempo come regola locale, fu la prima a essere inclusa nelle originali regole del golf, ma a dire il vero non ha una stesura molto chiara. È considerata riguardante il caso della palla che finisce la sua corsa in condizioni anormali di terreno, o che si sia infossata, o anche sia finita in un green sbagliato. Sono condizioni da cui, in alcune situazioni, ci possiamo liberare. Si può ovviare all’interferenza senza penalità, droppando la palla nel punto più vicino, dove non esista più l’interferenza.
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La perla di Torino: una storia di tradizioni e innovazioni “Io e mio fratello sin da ragazzini abbiamo lavorato nella pasticceria di famiglia. Quando scoprii di essere celiaco, mi resi conto che non potevo rinunciare a lavorare in un settore in cui la maggior parte degli insegnamenti me li aveva trasmessi mio padre e decisi di dedicarmi al cioccolato, prodotto escludendo glutine o componenti artificiali” – Sergio Arzilli.
La Perla di Torino selezionata fra i Maestri del Gusto 2021/2022. scopri di più su www.laperladitorino.it
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Word by Enrico Budel
Le bandiere del Marion golf club UNA STORIA CHE COMINCIA DA META DEGLI ANNI 1850
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Sono stati oggetto di molte controversi perché, per un golfista, lo svolazzare della bandiera indica da dove soffia il vento ed è un fattore molto importante per valutare distanza e direzione. Se colpisci il cestino rischi che la palla ti si allontani molto dalla buca. Ancora oggi in questo campo non ci sono i marcatori di distanza ed è vietato l’utilizzo dei misuratori di distanza. Le bandiere furono adottate universalmente dalla maggior campi da golf nel 1894 con l’introduzione delle misure standard del foro e con l’utilizzo delle tazze in metallo per sostenere l’asta. Ancora oggi chi vince un torneo USGA in questo campo da golf riceve come premio l’emblema del Marion GC. Le bandiere da golf dei tornei in tutto il mondo sono tra le più ricercate dai collezionisti ma il “Santo Graal” resta questo cestino di vimini. Ad un’asta nel 2006 ne è stato battuto uno per 5.000 dollari e sicuramente é un ottimo investimento per chi ne possiede perché il prezzo continua a salire.
on esiste una provenienza ben precisa ma la bandiere fatte di vimini, non era insolito trovarle a quell’epoca, nei campi da golf in Inghilterra e Scozia. Si presume che Hugh Wilson, l’architetto che disegnò il campo del Marion GC, abbia preso spunto dai pastori Scozzesi che portavano i loro pranzi in dei cestini attaccati su un bastone durante una sua visita in Inghilterra. Un’altra storia racconta che Wilson, trascorrendo molto tempo con l’Ambasciatore Americano in Inghilterra, avesse notato, nel putting green presso la Court of St. James’s, che la moglie aveva messo in ogni buca dei bastoni con in cima un cesto di fiori. Sta di fatto che non esiste negli archivi del Marion GC nessuna informazione o nelle liste di navi in partenza dall’America del periodo, che Winson avesse intrapreso un viaggio nelle isole britanniche. Nel 1912, quando inaugurarono il campo da golf, le bandiere non erano i “famosi” cestini di vimini ma nel 1915, Bill Glynn, sovrintendente al Merion, fece domanda in Federazione molto rigida all’epoca e ricevette il permesso per poterli usare. Fino al 1980 i cestini di vimini venivano prodotti da una persona che lavorava nel golf, poi l’incarico venne dato a una donna della Carolina del Sud di cui non si conosce nel nome ne il luogo dove li produce. Se vengono rotti i greenkipper li distruggono e di notte vengono raccolti per non essere rubati. I “Merion Wicker Basket” sono di 2 colori, rossi nelle prime 9 buche e arancioni nelle seconde 9 ( prima erano gialli ma si vedevano con più difficoltà). Il perché di questi colori sembra derivi dalla vernice che usavano per i ritocchi ai tosaerba Toro per il rosso e arancione dai tosaerba Jacobsen.
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Il brevetto dei cestini di vimini del Flynn Merion Golf Club.
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LA COPPA DELLE ANDE È un po’ curiosa la storia di questa coppa, che risale al 1841.
Word by Ignacio Vicuña
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Conserva inoltre, sulla sua faccia e sulla base, insieme ai nomi dei campioni di golf sudamericani, le originali scrizioni: “Royal Yacht Squadron 1841 - dono di sua maestà la regina Vittoria”. Il cileno Eduardo Costabal Zegers, che era architetto e amava anche giocare a golf, progettò e costruì molti campi in Cile. Concepì il Campionato sudamericano di golf della “Los Andes Cup”, un campionato di golf sudamericano per giocatori dilettanti, che fu inizialmente giocato nel 1944 in un sobborgo di Santiago a Los Leones, nella sola partecipazione di Argentina e Cile.
ra il tempo in cui la regina Vittoria intendeva rendere omaggio al “Royal Yacht Squadron”, l’esclusivo club nautico dell’isola di Wight. La regina si era rivolta alla famosa casa di artigiani orafi - gioiellieri Mappin & Webb, per il progetto di un trofeo degno di chi lo doveva ricevere. Le venne proposta un’opera in argento puro di William Bellchambers, famoso artista dell’epoca, abilissimo nell’uso del bulino. Lo scultore aveva creato un trofeo di grandi dimensioni: 52 centimetri di altezza oltre alla base, del peso di sei chilogrammi. La regina Vittoria preferì un altro lavoro, e il grande trofeo d’argento, per destino o per scelta, finì dimenticato nei magazzini della Mappin & Webb. Nel 1942, cent’anni dopo, il cileno Eduardo Costabal Zegers, che stava cercando un trofeo per l’esordiente torneo di “Copa Los Andes”, lo vide a Buenos Aires, nella vetrina di una filiale della gioielleria londinese. La cosa divertente è che questo imponente pezzo non era in vendita, era seducente ornamento per attirare gli amanti dell’antiquariato. Ma Costabal, uomo colto e visionario, se ne innamorò, e chiese di poterlo acquistare. Il proprietario proprio non intendeva venderlo, per cui l’ostinato cileno dovette cambiare strategia. Invece di seguire la strada della contrattazione, per poterlo acquistare ne seguì una più convincente: gli fece capire che la coppa, utilizzata come trofeo nei tornei di Golf, avrebbe viaggiato in tutti i paesi del continente sudamericano, e sarebbe stata un simbolo per lo sport, che faceva da collante per le nazioni. La contrattazione non fu tuttavia facile, ma il pensiero dei futuri splendori del trofeo, convinse il manager. Le parole di Costabal: “Questa coppa viaggerà in tutti i paesi del continente, per essere giocata in un torneo di golf sudamericano, e sarà un simbolo”. Giorni dopo, il trofeo era in viaggio per Santiago, dentro una valigia diplomatica. Il capolavoro mantenne per tutto il tempo, la sua particolare bellezza. Il ciborio, che poggia su una base simile ad un tronco d’albero, mostra piccole figure di animali e piante.
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La coppa è alta 52 cm e pesa 6 kilogrammi. P A G E
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Negli anni si unirono poi Brasile, Bolivia, Colombia, Perù, Paraguay, Uruguay e Venezuela. Peculiarità della Los Andes Cup, che ha resistito negli anni, sono le regole della competizione: l’esaltazione del gioco di squadra in modalità match play, l’impegno su 36 buche giornaliere. Fu da quella “Coppa delle Ande”, che ebbe origine, negli anni ’50, la South American Golf Federation.
Architetto cileno Eduardo Costabal Zegers non amava solo giocare a golf ma era anche un design e ha costruito molti campi in Cile. Ha ideato ilcampionato sudamericano di Golf Cup Los Andes, che è stato giocato inizialmente nel 1944 a Los Leonescon con la sola partecipazione dell’Argentina P A G E
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Buca 11 del St. Andrews Golf Corse. H I C KO RYG O L F E R S . I T
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Un tempo
che fu Luca Ravinetto
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i fu un tempo, pare incredibile ma quel tempo ci fu, in cui la palla da golf volava sempre dritta verso il bersaglio. Gli arcieri che si divertivano a colpire i bersagli con le loro frecce trovavano ancor più divertente farlo con le palline da golf. Quelle magiche palline, prima di legno e poi di pelle, andavano più lunghe e più dritte delle loro frecce, fu così che James II nel 1457 dovette mettere al bando il gioco del golf in quanto distraeva i soldati scozzesi dal tiro con l’arco; le palline potevano essere più precise ma non erano così “mortali”. Ci volle più di un secolo per togliere il divieto ma poi anche il re dell’epoca, James VI si appassionò al gioco del golf e quando una cosa appassiona gli aristocratici immediatamente appassiona anche chi aristocratico non è. Fu così che ricchi, soldati, borghesi e poveracci si riversarono in massa sui link del Fife per giocare a golf uno contro l’altro. Alle donne, invece, giocare a golf venne vietato tassativamente. Mary Stuart la mamma del re James VI fu un’assidua giocatrice ma fu imprigionata per 20 anni e nel 1587 venne condannata a morte perché ritenuta troppo libera e lasciva; per le donne dell’epoca non era salutare giocare a golf! Fra i giocatori più assidui nei links di St.Andrews P A ci fu un certo Callum Macduff, il golfista più am47 G E
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mirato dell’epoca, solo nel 1586 fece il record di 18 hole in one alla buca più lontana dal paese e più vicina al mare, venne chiamata High (In). La High (In) era la buca più gettonata perché si poteva giocare senza essere visti dalle mogli, ogni tanto qualche d’una provava a scollinare ma fra i vari compiti dei caddie c’era quello di guardare verso il paese e se qualche gonnella svolazzante e infuriata si fosse avvicinata troppo il caddie avrebbe suonato il corno, dopodiché tutti sapevano cosa fare e anche il re James VI faceva la sua parte fingendo di dare ordini militari a tutti gli “ex” giocatori di golf, per il resto invece c’era chi cominciava a tirare con l’arco, chi a marciare, chi a fare a spadate. James VI aveva una bellissima moglie, Anna di Danimarca, la lasciava spesso sola e anche le nozze le fece per procura mandando il Conte Maresciallo George Keith a rappresentarlo. Anna pensava che James fosse gay, purtroppo per lei la verità era assai peggiore: suo marito era un golfista. Anna, abbandonata a causa del golf, decise di andare in Inghilterra dove mise su uno dei salotti letterari più ambiti d’Europa. Anna era una nobile e poteva farlo, ma le altre mogli? Intanto le pantomime messe su da James VI e amici per convincere le mogli che stessero addestrandosi a sconfiggere un nemico proveniente dal mare persero di efficacia. La moglie di Callum Peterson, Agnes Sampson, era una popolana che su ordine di Anna di Danimarca aveva messo su un comitato di donne e si era decisa a farla pagare cara, sia al re che agli altri mariti. Intanto le palle da golf continuavano a volare sempre più dritte, solo colpi di vento e rimbalzi potevano deviarle, il record di due hole in one di Callum era diventato famoso in ogni angolo di Scozia e tutti si riversavano sempre più spesso sulla High (In), la buca più lontana dal paese e più vicina al mare, per provare ad emularlo. Qualcosa però cominciò a cambiare, alcune palle sembrarono essere diventate maledette, non andavano più dritte, anzi sembravano andare storte anche quando colpite bene e persino
Malin Matsdotter fù l’unica e ultima vittima giustiziata per essere una strega durante la grande caccia alle streghe in Svezia nel 1668-76. Re James II.
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James II e la Regina Elisabetta II con figli, 1694 Royal Collection Trust
prendere il green cominciò a diventare un’impresa. I golfisti si riunirono insieme al re james VI nell’intento di capire cosa stesse succedendo al loro gioco preferito e dopo accesi dibattiti su “giro bene le spalle?”, “sto spostando il peso?”, “il grip è corretto?”, stabilirono che i loro swing erano perfetti e che solo una maledizione poteva far andare le palle così storte. Per il paese di St.Andrews, cominciò a girare la parola maledizione più di prima, si diceva che le donne si fossero riunite in gruppo per maledire le palline da golf e che Agnes fosse a capo di quelle stregacce. Nei giorni freddi e piovosi della Scozia del tempo venivano viste andare a giro sempre più spesso, giravano per i vicoli bui in cerca di ogni singola pallina da golf, le cercavano nei negozi, per le strade, a casa, poi ogni singola palla veniva toccata con un dito e maledetta. Le palle che andavano dritte erano sempre meno, chi ne era in possesso se la teneva stretta e non l’abbandonava mai, c’era chi la portava anche in bagno e chi la teneva sotto il cuscino mentre dormiva. James VI, incoraggiato dagli amici golfisti, dette inizio alla più grande caccia alle streghe che si fosse mai vista in tutta Europa. Golfisti con le mani nei capelli, disperati e delusi, cominciarono ad accusare le proprie mogli di stregoneria. Era il 1590, in quest’anno cominciò la Witch Hunt, le mogli, dopo essere state abbandonate per il golf, vennero accusate di stregoneria, condannate e torturate. Anche Callum Macduff, il detentore del record degli hole in one alla High (In) non batté ciglio quando presero sua moglie Agnes per interrogarla e torturarla, al processo partecipò attivamente anche James VI. P A G E
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“Dicci strega, cosa hai fatto con le tue amiche alle nostre palline?” Agnes, sorridendo, sussurò all’orecchio del re qualcosa, ancora oggi non sappiamo cosa gli disse ma James ne rimase sconvolto e cominciòa urlare iracondo: “Mai più dritte? Mai più dritte? Questo maleficio deve essere fermato.” Il 28 gennaio 1591 Agnes Sampson venne messa al rogo alla Witch Hill, una collinetta vicina all’attuale tee della buca uno dell’Old Course. Tutta St.Andrews era in attesa che Agnes bruciasse definitivamente nella speranza che la maledizione avesse fine. Agnes Sampson si voltò verso la High (In), l’attuale buca undici dell’Old Course e poco prima di morire urlò la sua maledizione a tutte le palle da golf di sempre: “Golfistas maledictus sum, sphericula golfae que nunquam ire per iterum dericto”. Poi si voltò verso il marito e gli disse: “Callum, tu hai scatenato tutto questo e tu sarai colpevole insieme a me, solo quando la tua abilità verrà eguagliata in questo giorno maledetto, soltanto allora la maledizione avrà fine”. Agnes bruciò. Il re, Callum e gli altri mariti golfisti si guardarono spaventati, speravano che quel rogo avesse risolto il tutto e che la maledizione non avesse avuto effetto. Corsero come dei forsennati verso la High (In), colpirono le loro palle ma queste continuarono ad andare storte, le colpirono di continuo fino a notte fonda, sempre più forte e con le lacrime agli occhi ma purtroppo per loro e per tutti i golfisti a venire la maledizione aveva avuto effetto. In futuro nacquero i primi maestri, continuarono a migliorare i bastoni e a cambiare la costruzione delle palline, ma niente fu più come prima. La maledizione, ancora oggi, può essere annullata solo da colui che il 28 gennaio farà hole in one alla High (In), la buca undici di St.Andrews, la più lontana dal paese e la più vicina al mare.
Cose vere -Il 1590 iniziò la caccia alle streghe più grande che ci fosse mai stata;
-Golf bandito da James II; -Agnes Sampson è stata condannata per stregoneria e messa al rogo il 28 gennaio 1591;
-La 11 di St.Andrews (High In) è veramente la buca più lontana dal paese e più vicina al mare;
-James VI fu veramente partecipe all’interrogatorio e Agnes veramente gli sussurrò qualcosa all’orecchio che sconvolse il re;
- La buca 11, nonostante sia un par 3, è talmente difficile che viene ritenuta il par 5 più corto di Scozia;
-James VI era omosessuale; -Mary Stuart giocava a golf e venne rinchiusa in Inghilterra;
-Anna di Danimarca abbandonò per molto tempo la Scozia e andò in Inghilterra per creare il salotto letterario;
-Non partecipò alle nozze ma mandò per procura Keith;
-La Witch Hill si trova vicino al tee della uno di St.Andrews.
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Caddy Maps buca 11 St. Andrews H I C KO RYG O L F E R S . I T
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2° Open d’ Italia Hickory 10 - 11 - 12 SETTEMBRE 2020
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Golf Club Villa Condulmer (TV) H I C KO RYG O L F E R S . I T
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PILLOLE DI GOLF/331: A VILLA CONDULMER L’OPEN D’ITALIA DEGLI HICKORY PLAYERS Il nostro inviato al torneo con i bastoni come un secolo fa MOGLIANO VENETO - Nel Campo da Golf di Villa Condulmer si è giocato, dal 10 al 12 settembre, il secondo Open Italia degli hickory players. Si è scelto di far concludere il secondo Open Internazionale nella giornata del 12, coincidente con il 12 settembre 1925, giorno conclusivo del primo Open d’Italia, giocato al Golf Club Alpino di Stresa sul Lago Maggiore, in cui si impose un italiano, il leggendario Francesco Pasquali. Il giorno precedente il torneo, la prova campo ha avuto come clou la “Hole in one”, o in seconda battuta, il “Nearest to the pin”, il cui premio è consistito in un soggiorno per due persone al castello di Otočec, offerto dall’Ente Turismo Sloveno, che è stato conquistato da Steffen Endres di Villa Condulmer. Sempre da parte slovena, abbiamo apprezzato degli ottimi vini bianchi, ser-
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viti a farci gustare ancor più le tre versioni di quel particolare delizioso prosciutto, una felice pensata della padovana Tosetto: prosciutto non da carne di maiale, bensì di vitello, di manzo, di manzo in affumicatura. Tirato a festa, Il Campo sembrava gradire quegli ospiti che in lui onoravano quella raffinatezza che sa esprimere un torneo giocato com’era consuetudine cent’anni fa. Ho partecipato anch’io, ed è stata una esperienza interessante e bella. Non era numerosa la brigata, eravamo sette team, ma composta di eccellenti persone, proprio tutte belle, brave, come le vorresti sempre trovare in campo. Miei compagni di gioco, due eccellenze: il gentiluomo lombardo-veneto Sario Buti, e la contessa austriaca Gertraud Hofer.
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Una classe che non si faceva pesare, anzi, persone semplici e gradevoli. Tale era la classe, che non hanno fatto minimamente pesare il mio maldestro gioco determinato dalla mancanza di pratica con quel tipo di attrezzatura. Era infatti la prima volta che entravo in gara con bastoni hickory. Per chi come me è uso utilizzare i ferri moderni, il set di hickory ha bisogno di farsi conoscere. Intanto ho scoperto che per un buon feeling è opportuno impugnare il bastone in una presa delicata. poi che hanno una resa un po’ minore, sono leggermente più pesanti. Ma quando impugni il grip, ricevi una sensazione di piacere che non provi con i ferri moderni. Nella partita hickory non si possono avere i classici 14 clubs, ne sono ammessi soltanto nove. io ne ho usati sei: un Driver, un Woods Spoon, un Buffy, un Iron Mashie, un Niblick, e un Putter. I primi tre con la testa di legno, gli altri di ferro forgiato. Ma tanto, per il mio gioco non me ne sarebbe servito un numero maggiore. Quello che mi è sembrato più simile ai ferri moderni, che mi ha reso la vita più facile, è stato il Putter, che infatti ha la testa semplice, forgiata come una lama, di buon equilibrio. Ho usato le palline moderne, e così anche il tee rigorosamente di legno.
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Quattro erano le nazioni partecipanti: Austria, Germania, Slovenia, Italia. La giornata, radiosa, era un po’ caldina, ma non quel caldo tanto fastidioso del recente passato. Come dicevo, il mio gioco non è stato buono, ma quello che ho trovato, è stato proprio quello che mi aspettavo avvicinandomi all’Hickory Golf: il piacere di trascorrere una giornata in un bel posto, in ottima compagnia, e apprezzare da vicino il bel gioco di cent’anni fa. Al passaggio tra la 9 e la 10, proprio al momento del giusto appetito, i prosciutti Tosetto ancora più buoni di ieri, formaggi e squisitezze varie, ci han rifocillato. E qui i vini erano produzione del vice presidente Giancarlo Moro. Una chicca! La gara era Medal, la formula di gioco più antica. Ed ecco i vincitori: Nel lordo ha trionfato STEFFEN ENDRESS con 88 colpi (Golf Villa Condulmer) Nel Netto: - primo SARIO BUTI 74 (Asolo Golf) - secondo GERTRAUD HOFER 74 (Reiters Golf & Country Club) - terzo MARTIN PANOSCH 76 (GC Salzkammergut). P A G E
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Il primo e il secondo vincitori del netto, erano appunto i miei compagni di gioco. Possiamo definire la cena una dovizia per tutti i palati: doppio raffinato menu di pesce o di carne, con sette ghiotti antipasti, due primi, due secondi, il dolce di crema catalano (super), i vini rigorosamente selezionati dal sommelier della villa. Durante questo sfarzoso “Gran Galà History”, tenuto nella sala “Giardino” dell’hotel Villa Condulmer, c’è stata la premiazione, quando a tutti i giocatori, come gradevole costume di Hickory players, è stato consegnato un borsone caricato con graditi e gustosi premi (vini, creme, cioccolatini). Al vincitore primo netto, il “lombardo-veneto” Sario Buti, è stata consegnata la “Claret Jug”, pregevole lavoro in legno hickory dell’artista Pietro Arnoldi, alla cui base viene inciso il suo nome. La potrà tenere con sè per un anno, la riconsegnerà all’Open dell’anno venturo. Onore a Gertraud Hofer di Oberwart, che ha presentato lo score parimerito col vincitore; prassi vuole, in questo caso, che in caso di parità di score, la vittoria sia per chi ha fatto miglior punteggio nelle seconde nove buche. La contessa Hofer, del Reiters Golf & Country Club Tatzmannsdorf, campionessa europea di hickory 2018, ha fondato in Austria, l’Hickory Club Burgenland, assecondando questa forma di golf comunitario, che sta godendo di crescente popolarità in tutta Europa. Martin Panosch, seconda posizione maschile, partecipa a tornei internazionali di golf hickory. I suoi successi sportivi includono la vittoria nel netto al campionato europeo di hickory a l’Aia nel 2014 (Koninklijke Haagsche Golf & Country Club), la vittoria nel lordo al Binowo Park Golf Club nel 2017 e al Modry Las Golf Club di Cracovia, nel 2018, “campione internazionale polacco di hickory”. Da questa pagina, un significativo grazie al personale tutto del Campo di Villa Condulmer: abbiamo trovato un percorso in perfetta efficienza, sorridente. Molto apprezzato anche il ristorante del Golf, per l’impareggiabile chef, e la gentilezza dell’intero staff. Paolo Pilla
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CRUCOLO 9.0
9.0 sta per nona generazione che gestisce il Rifugio Crucolo dal 1782, nel 2015 entra nel registro delle imprese storiche. Il colore viola è come la fiamma del paramapmpoli, colore dell’eccellenza, della storia e dei prodotti crucolo. L’azienda prende il nome dal luogo dove fu costruito e tutt’ora si trova il ristorante Rifugio Crucolo, sul “cucuzzolo” della montagna nel cuore della Val Campelle che si trova a metà strada, tra la Valsugana ed il gruppo montuoso del Lagorai Grazie all’innamoramento e la fidelizzazione dei clienti l’azienda Crucolo a crescere anno dopo anno tanto da riuscire oggi ad affermare il proprio marchio nel mondo dei salumi, dei formaggi, e dei liquori.
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Il nostro detto è:
“da na roba fata ben per farla meio basta nanina de pasion” (da una cosa fatta bene per migliorarla basta un po’ di passione)
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BALL MAKERS FEATHER BALLS Per giocare a Golf, agli albori si usavano le “feathery”, palline di golf costruite introducendo delle piume (pennuti di cortile) in pelle di cuoio precedentemente immersa in acqua e albume, la pelle veniva poi ricucita. L’attrezzo per l’inserimento si chiamava “brogue”, era un cuneo di legno o di ferro. Quando il tutto era asciutto, la pelle si restringeva e le piume si espandevano dando durezza alla palla. Con tempo asciutto le palline resistevano abbastanza, ma si deterioravano rapidamente quando pioveva o il terreno era bagnato. Talvolta sera necessaria più di una pallina per portare a termine una partita. Nel 1848 venne introdotto l’uso della guttaperca indiana, sostanza di origine vegetale molto simile al caucciù, dalla quale si distingue per l’assenza di elasticità. Di questa sostanza estratta da alcune specie di alberi dell’ordine delle Sapotacee, il suo maggior uso oggi è in odontoiatria, e per impermeabilizzare gli abiti. I primi produttori di palline erano bravi, erano come i calzolai, essendo abili nel lavorare la pelle e fu loro permesso di diventare membri della Cordiner Incorporations locale. Ma tale autorizzazione durava solo per la loro vita, non poteva essere tramandata ai figli. Nella biblioteca della St Andrews University esiste un curioso elenco di tutte le richieste di iscrizione dal 1616 al 1796, e quelle ricopiate dal 1524 al 1616,
perché il volume precedente era andato perduto. I Ball Makers di St Andrews rimasero registrati nella Cordiner Incorporation fino a quando l’editto commerciale del 20 ottobre 1788 ne proibì l’adesione, a meno che non si iscrivessero come calzolai, con l’obbligo di versare la somma di 100 sterline scozzesi. Nel 1791 a George Robertson e a Patrick Robertson fu negata l’iscrizione, perché contrari al regolamento della legge del 20 ottobre 1788.
David Marshall di Leith è stato uno dei principali produttori di palle dell’inizio del XIX secolo. Valore £ 2,500-3,500
La rarità può rendere preziosa una palla ( 1950 circa) anche quando è in pessime condizioni. Valore £ 1,500-2,500
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Qui sotto un elenco dei primi produttori di palle di St Andrews: ARNOTT, ROBERT: 1704 BALMANNO, RICHARD: 1706 BERWICK, WILLIAM: 1674 DAVID BERWICK: 1650 DICKSON, ANDREW: 1643-1653 KID, PATRICK: 1638 MILN GEORGE :1710-1738 RUSSEL, WILLIAM: 1755 TOD, JOHN: 1730-1743 WALLWOOD, JOHN:1690 DAVID, ROBERTSON: 1707 ALEXANDER ROBERSON: 1733 WILLIAM ROBERTSON: 1745 PATRICK E PETER ROBERTSON: 1787 ALLAN ROBERTSON: 1848
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Le cuciture sono intatte ma per il resto questa palla della metà del XIX secolo è in cattive condizioni. Valore £ 1,500-2,000
Realizzata intorno al 1845 è una delle palle di piume di ultima generazione e pesa circa 42,5 grammi. Valore £ 2,200-2,800
Questa bella palla di piume in condizioni eccellenti è stata realizzata da uno dei maestri del artigiani John Gourlay di Musselburgh, intorno al 1835. Le palle prodotte da Gourlay sono molto quotate nell’aste. Valore £ 4,000-5,000
Questa palla dell’inizio del XIX secolo è di un produttore sconosciuto. Ha le cuciture che si stanno spaccando e la pelle è leggermente screpolata ma è ancora un tesoro molto ricercato. Valore £ 2,000-3,000
Realizzata da Thomas Alexander di Musselburgh, intorno al 1830, è ancora in buone condizioni e ha la cucitura finale visibile sopra e sotto la cucitura. Valore £ 6,000-8,000
E’ del più grande produttore dell’epoca , Allan Robertson. Questa palla è segnata con il numero 29 insieme alle iniziali del proprietario. E’ uno dei più grandi cimeli al mondo per un collezionista di golf. Valore £ 10,000-14,000
GUTTA PERCHA BALLS Nel 1848 fu introdotta una nuova tipo di pallina da golf meno costosa. La palla era fatta di gutta percha, una sostanza simile alla gomma ma più dura e meno elastica, che veniva importata in Gran Bretagna dall’impero Indiano e Malese. Sorprendentemente, tuttavia, nessuno sa con certezza chi l’abbia inventata. Molti credono che sia stata inventata da Robert Paterson, ma ci sono altri che credono che l’inventore sia William Smith, un orologiaio di Musselburgh. La “palla gutty”, era composta da strisce di gomma modellata. Uno dei suoi vantaggi era che poteva essere fusa e modellata quando era calda.
Inizialmente non fu riconosciuto come un vantaggio, ma quando i caddies iniziarono a giocare con palline perse o scartate, scoprirono che l’effetto aerodinamico dei tagli migliorava il volo della palla. Verso la metà degli anni 1850 la maggior parte dei produttori di palle martellava a mano le superfici delle loro palle con rientranze casuali, e intorno al 1860 Robert Forgan iniziò a contrassegnare le sue palle con una croce. Gli stampi furono poi introdotti nel 1860.
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Sebbene non sia così rara come pallina martellata a mano, con questi è molto più rara di quelle con altri motivi . Questa, in ottime condizioni, è stato realizzata da Alex Patrick di Leven nel 1865. Valutata £ 1,000-2,000
Il motivo a maglie era forse il più popolare di tutti sulle palle Gutty. Questa è stata fatta in Musselburgh nel 1860. Valore £ 450-650
La vernice rossa veniva utilizzata sulle palline da golf nel 1880 e alcuni produttori come Archie Simpson la applicavano sulle palline con motivi a spirale. Valore £ 450-500
RUBBER CORE BALLS Il terzo grande passo avanti nello sviluppo della moderna pallina da golf, avvenne nel 1898 e arrivò dagli Stati Uniti. In quell’anno Coburn Haskell e Bertram Work di Akron, Ohio, chiesero un brevetto per realizzare una palla con una copertura di guttaperca e un centro composto da filo di gomma elastico avvolto su se stesso sotto tensione. Ricevettero il brevetto nell’anno successivo e nel 1900 l’ingegnere John Gammeter, ottenne un brevetto per una macchina avvolgi filo. Queste nuove “palle Haskell” non furono inizialmente un successo.
Sebbene percorrevano una grande distanza anche quando non venivano colpite correttamente, erano difficili da controllare e furono soprannominate “Bounding Billies”. Il problema fu risolto per caso. Il professionista del Chicago Golf Club, James Foulis, inavvertitamente rimodellò un palla Haskell in uno stampo con dei buchi, invece del motivo a rete che tutti avevano usato fino ad allora. La palla risultò più facilmente controllabile. Nel 1902 Sandy Herd vinse il British Open con un Haskell e nel 1910, le sfere con anima in gomma, sostituirono tutte le altre palle.
La palla più popolare della Spalding, la Kro-Flite, fu realizzata da William Taylor nel 1920 con una superficie a rete e un motivo a fossetta. Valore £ 80-120
La Spalding & Bros fu dei più grandi produttori di palline ed è stato anche uno dei primi ad ottenere una licenza per produrre palline con anima in gomma. La Spalding 90 venne introdotta nel mercato nel 1919. Valore £ 8-120
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Hickory Golf South West organizza tour personalizzati nel sud-ovest dell’Inghilterra, un’area rinomata per la sua straordinaria bellezza e il ricco patrimonio. I tour sono organizzati per gruppi fino a sei persone: per giocatori esperti e principianti assoluti. C’è anche l’opportunità di visitare il laboratorio di uno dei produttori di mazze in hickory rimasti nel Regno Unito, Shaun Davies e insieme a gustare un delizioso tè alla crema della Cornovaglia mentre si ascolta un’affascinante presentazione sul golf di hickory.
www.hickorygolfsouthwest.co.uk
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JAMES MC EWAN STORIA DI UN CLUB MAKERS
Word by Enrico Budel
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A James, nell’attività, succedette Peter McEwan (1781-1836). Aveva 21 anni quando gli morì il padre; già un anno prima, ventenne, aveva tre operai al suo servizio. La famiglia viveva in un piccolo gruppo di case note come Wright’s Houses a Bruntsfield, e nel 1780 arrivarono dei nuovi vicini: Douglas Gourlay veniva dal Musselburgh, ed era il più noto produttore di palle in piuma del suo tempo; aveva 3 figli, che lavoravano nell’azienda con il padre. Nel 1802 la figlia Jean andò in sposa a Peter McEwan, fecero impresa, le due famiglie poterono così servire di attrezzatura e di palle il Golf Club di Bruntsfield. Peter era molto rispettato come club maker, suo figlio Douglas (1809-86) diventò altrettanto famoso, e il figlio James McEwan junior (1805-36) fece apprendistato con Gourlay. Non sappiamo molto di James, che per coincidenza triste e curiosa morì a 31 anni, lo stesso giorno del padre.
ato a Stirling nel 1747, James McEwan era falegname e carraio, ma deve aver avuto esperienza anche nel costruire attrezzi da golf, in quanto ne fece il suo mestiere quando nel 1770 arrivò a Edimburgo. Cinque anni dopo il suo arrivo, ottenne il “Burgess Ticket” (licenza di commercio come club maker). Fu apprendista di Thomas Comb, attivo a Bruntsfield dal 1760, di cui continuò poi l’arte. Sembra che fabbricasse anche archi, ma di sicuro faceva mazze da golf ben rifinite e robuste. Delle poche che ne restano oggi, una con la testa in prugnolo timbrata “McEwan”, con il marchio di un cardo e lo shaft in frassino, è nella collezione del Royal and Ancient. La famiglia McEwan sfornò club maker per altri 127 anni, 3 articoli di Golf Magazine del 1986, testimoniano di Douglas McEwan. È noto che solo James, il capostipite, metteva la sua iniziale sulle mazze; se ne possono tuttavia trovare altre con la scritta McEwan, ma non si sa chi ne sia l’autore.
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Il Marchio di James McEwan. Nel 1847, la terza generazione Douglas McEwan fondò D. McEwan & Son Golf Club & Ball Makers a Musselburgh. P A G E
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Collezione McEwan Long Nose Club.
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Douglas continuò l’attività fino alla morte, ne succedette il figlio Peter McEwan. La stima di questi fu tanta, avendo fornito mazze ad Aberdeen, Montrose, Perth, North Manchester, Blackheath, Bruntsfield e Musselburgh. Aveva inoltre fornito e riparato mazze per i membri del Royal and Ancient. Loro agente a St Andrews era David Robertson, anch’esso della famosa famiglia di ball maker. Quando nel 1819 i McEwan persero la loro attività, Hugh Philp divenne il club maker per la Society of Golfers a St. Andrews, che in seguito divenne Royal and Ancient Golf Club. Oggi i suoi club sono molto richiesti, come articoli da collezione, con prezzi d’asta che raggiungono migliaia di sterline. Nel 1847, quando giocare a golf a Bruntsfield divenne difficile, aprirono altri locali di clubmaking a Musselburgh, e a Gullane. Le loro mazze erano ritenute buone come quelle di Philp, ma alcune avevano un collo troppo fine ed erano quindi a rischio di incrinature. Quelle dei McEwan avevano robustezza unica, e un’ottima rifinitura. Bernard Darwin, golfista dilettante di alto livello, scrittore di golf e nipote del naturalista britannico Charles Darwin, riteneva i loro putter di gran lunga superiori a tutti.
Feather ball dei Gourlay.
I McEwan facevano mazze a Long Nouse, ma nel 1885 erano passati a fare mazze “bulger” in quanto più richieste. Nel 1897, con l’arrivo della meccanizzazione e delle mazze a testa incavata (socket-head), l’attività di famiglia cessò, anche se Peter aveva 5 figli club maker. Nel 1892 Peter si era trasferito con il figlio William, al Formby Golf Club, lasciando al figlio maggiore Douglas le attività a Musselburgh e Gullane, e chiudendo quella di Bruntsfield. Si dice che la loro impresa fosse fallita quando un importatore americano non ebbe a rispettare gli obblighi, ma più probabilmente è che non erano buoni affaristi, ed erano sfavorevoli all’idea della produzione di massa. Secondo i resoconti dei McEwan, nel 1857 il prezzo di un loro driver era circa di 3/6 monete e le mazze mancine a 4 ciascuna, mentre gli altri professionisti vendevano teste a 2 monete l’una. Sono molte le collezioni che hanno teste con il marchio McEwan. Il R&A ne ha alcuni ottimi esempi, incluso, come detto sopra, l’unico noto di James, con il marchio del cardo. Belle mazze McEwan si possono trovare a Murfield, al Woking Golf Club, al Royal Wimbledon Golf Club e al Royal St George’s Golf Club.
Targa commemorativa per contrassegnare il sito di Golfhall (Edinburgo) (il primo Golf Club al mondo). P A G E
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WALTER HAGEN, PRIMA STELLA DEL GOLF
PROFESSIONISTICO articolo di Nicola Pucci
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i Walter Hagen potremmo star qui a discuterne per giorni, tanti e tali sono gli argomenti da proporre sul suo conto. Ma quel che più di ogni altra cosa mi preme sottolineare oggi, su queste stesse pagine che hanno già celebrate le imprese di Gene Sarazen, Ben Hogan, Arnold Palmer, Gary Player e Jack Nicklaus, solo per citare i più grandi che gli sono succeduti negli albi d’oro più prestigiosi, è che indubbiamente, ancora prima del leggendario Bobby Jones, a cui è legato a filo doppio, è stata la prima lucentissima stella del golf mondiale. In effetti, se teniamo per un attimo nel limbo quell’Harry Vardon, sei volte vincitore dell’Open Championship, che appartiene all’era pionieristica di bastoni e palline, ovvero quella che sta a cavallo tra la fine dell’Ottocento e la prima decade del Novecento, ecco che Hagen assurge al rango di vera e proprio celebrità, proiettando il golf verso dimensioni mai conosciute prima, quelle del professionismo nel senso stretto del termine, e questo non solo per le prodezze sui green, che sono tante e ben distribuite tra Stati Uniti e Regno Unito, ma anche, se non soprattutto, per una personalità assolutamente fuori dal comune. Hagen, che nasce a Rochester il 21 dicembre 1892 in una famiglia di origini tedesche, in effetti è sportivo a 360° gradi, se è vero che, oltre ad apprendere egregiamente il mestiere di golfista iniziando come caddy al Rochester Country Club, il che, sotto l’occhio vigile di ex-professionista, Alfred Ricketts, gli consente di racimolare qualche dollaro per aiutare i genitori, operai, che devono badare a cinque figli, sa cavarsela altrettanto bene, o quasi, con il baseball, tanto che nel 1914 si merita una chiamata dei Philadelphia Pillis, alla quale non risponde dovendo, in contemporanea, disputare un torneo di golf, esattamente una settimana prima di imporsi agli US Open, di 1 colpo sull’amateur Chick Evans. E’ la chiave di volta della sua carriera, Hagen ha 21 anni e se l’anno prima, proprio all’Us Open, era terminato quarto al debutto, seppur osteggiato dai campioni che non lo conoscevano ed ai quali, in risposta, aveva promesso di tornare “per vincere il torneo“,
Walter Hagen in un completo in flanella bianco con polsini arrotondati solo una volta in perfetto stile anni 1913.
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ecco che la prima vittoria di una collezione di ben 11 Major (terzo alle spalle di Nicklaus stesso, 18, e di Tiger Woods, 15) lo proiettano, già, tra i fuoriclasse del golf. Ed Hagen non manca certo di appeal, dentro come fuori dal campo, amante com’è del jet set, vestendo abiti di eleganti tessuti e colori sgargianti e guidando macchine di lusso. Certo, direte voi, bisogna potersela permettere, la bella vita, ed è quello che Hagen capisce al volo, monetizzando il suo status di campione con lucrose esibizioni in ogni angolo del mondo, assumendo, primo a farlo, quello status di “professionista” che tanto mal digeriscono gli amici britannici. Proprio in Inghilterra, a quell’Open Championship che, come è giusto che sia, ostenta la fama di torneo più antico, prestigioso e carico di tradizione del mondo, e che vieta ai professionisti di frequentarne la clubhouse, Hagen si presenta una prima volta nel 1920, al Royal Cinque Ports Golf Club di Deal, nel Kent, forte di una seconda vittoria l’anno prima all’US Open, stavolta battendo Mike Brady al playoff. E lo fa in pompa magna, com’è nel suo stile, forse non per quel che è il responso del campo (solo 53esimo) ma con le fanfare di una lussuosissima, e costosissima, Pierce-Arrow parcheggiata proprio all’ingresso del club al quale non potrebbe accedere. Per poi, dopo il sesto posto del 1921, andare a farsi infine accogliere tra gli eletti con la vittoria del 1922, primo americano a mettersi in bacheca la Claret Jut, per un trionfo, con un colpo di vantaggio su Jim Barnes e George Duncan, che verrà poi seguito da quelli del 1924, sempre per un colpo su Ernest Whitcombe, del 1928, lasciando Gene Sarazen a due colpi, e del 1929, quando domina di 6 colpi un altro americano, Johnny Farrell. E se ad Hagen si può attribuire la paternità della Ryder Cup, di cui è capitano nonché giocatore della squadra americana per le prime sei edizioni che si risolvono in quattro vittorie per gli Stati Uniti e due per l’Europa, così come possiamo, senza rischio di venir smentiti, ritenere che il suo palmares sarebbe stato ancor più congruo se avesse potuto giocare il Masters, nato solo nel 1934
Walter Hagen nel suo potente e lungo tee shot.
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quando ormai il campionissimo di Rochester aveva 41 anni il che gli consentì solo quattro partecipazioni ed un anonimo 11esimo posto nel 1936, ecco che se c’è un torneo che più di ogni altro, al di là della storia, stuzzicava i suoi appetiti di golfista di prima fascia, quello fu il Pga Championship, che seppe far suo a cinque riprese. Record da condividere con Nicklaus. Nato nel 1916 quando fu proprio Jim Barnes a vincerne la prima edizione, il Pga Championship, dopo due anni di interruzione complice la Grande Guerra, torna a giocarsi nel 1919, con Barnes a concedere il bis, prima che Hagen, a cominciare dal 1921, imprima il suo marchio al torneo. E’ bene ricordare che il Pga Championship, a differenza degli altri Major, si disputa, almeno fino al 1958, con la formula dello stroke play per una prima fase di qualificazione, per poi svilupparsi nel formato del match play per la fase decisiva. E nel 1921, appunto, tra i 32 golfisti ammessi alla fase ad eliminazione diretta, all’Inwood Country Club vicino New York, oltre a Barnes stesso e allo scozzese Jok Hutchison, detentore del titolo, Hagen è indubbiamente il giocatore più accreditato. E dopo aver avuto la meglio di Jack Forrester (6&4), Tom Byd (6&5) e Johnny Golden (8&7), ed aver battuto in semifinale Cyril Walker (5&4), si trova a sfidare proprio Barnes all’atto conclusivo, il 1 ottobre 1921. E qui, affidandosi al putt, che lo assiste nei momenti più difficili, riesce infine a prevalere, 3&2, mettendo in bacheca il primo successo. prevalere, 3&2, mettendo in bacheca il primo successo. Per festeggiare la seconda vittoria tocca attendere il 1924, perché nel frattempo Gene Sarazen coglie una prestigiosa doppietta, 1922 battendo Emmet French (4&3) e 1923 superando proprio Hagen (che si arrende alla 38esimo buca, dopo che i primi due giri si erano chiusi in parità). E al French Lick Springs Golf Club, nell’Indiana, Walter, che lungo la strada della finale ha superato, uno dopo l’altro, Tom Harmon (6&5), Al Watrous (4&3), Johnny Farrell (3&2) e Ray Derr (8&7), rinnova l’eterna sfida con Barnes, stavolta imponendosi nettamente, 2 up.
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E’ il 20 settembre 1924, ed Hagen, quel giorno, apre un dominio destinato a durare per altri tre anni ancora. Nel 1925 l’Olympia Fields Country Club, nell’Illinois, dal 21 al 26 settembre, è teatro della recita di Hagen, che deve tirar fuori il meglio del suo repertorio per riuscire a venire a capo della resistenza di Al Watrous e Leo Diegel, sconfitti solo alle supplementari buche 39 e 40, prima di dominare, dopo il 7&6 contro Mike Brady al secondo turno, Harry Cooper in semifinale (3&1) ed infine andare a cogliere il terzo trionfo in finale con Bill Mehlhorn (6&5). Eletto, ormai, il Pga Championship quale Major preferito, seppur anche in Inghilterra Hagen si faccia davvero rispettare, nel 1926 Walter, che qualche mese prima ha dovuto far buon viso a cat-
tiva sorte per la seconda vittoria di Bobby Jones, che si è imposto anche all’Open Championship, da amatore, e che prova ad oscurarne la popolarità, agli Us Open, ha ancor più voglia di confermarsi il numero 1. E dal 20 al 25 settembre, al Salisbury Golf Club di East Meadow, alle porte di New York, trova ancora sulla sua strada in finale Leo Diegel, non prima aver battuto Joe Turnesa, Dick Gout, Pat Doyle e Johnny Farrell, entrambi costretti ad arrendersi 6&5. E se l’anno prima Hagen aveva rischiato di rimetterci la pelle, stavolta è padrone del campo, ed infine, 4&3, cala il poker personale, terza vittoria consecutiva. Che poi diventano quattro (cinque in totale) un anno dopo ancora, quando si gareggia al Cedar Crest Country Club di Dallas, dal 31 ottobre al 5 novembre 1927. Hagen è il più forte fin dal turno di
Walter Hagen ha sempre avuto una passione per le lunghe, potenti e costose auto. P A G E
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qualificazione, che lo vede chiudere con lo score più basso, 141 colpi (1 sotto il par), il che gli vale la medaglia che premia il migliore del giro preliminare in stroke play, per poi, dopo due vittorie con Jack Farrell (3&2) e Tony Manero (11&10) ed un sfida equilibrata ai quarti di finale con Tommy Armour, 4&3, vincere agevolmente con Al Espinosa in semifinale, 1 up, e con Joe Turnesa all’atto decisivo, ancora 1 up. E con il quinto successo al Pga Championship, caso mai non lo fosse già, Walter Hagen entra, definitivamente, nel guinness dei primati. In attesa che Jack Nicklaus, molti anni dopo, faccia altrettanto…
Walter Hagen al Cadillac in Michigan
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Il Duca e la Duchessa di Windstor con W. Hagen, Tommy Armour, Bob Jones al Red Cros Fund nelle Bahamas. Il Principe del Galles premia W. Hagen nel 1928 al suo 3° titolo. P A G E
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LA GONNA
nel go f Word by Claudia Bianchi
Come per tutte le tendenze, la moda da golf femminile è cambiata radicalmente negl’anni. I Golf Country Club erano un luogo in cui i giovani uomini e donne della società potevano incontrarsi. Era quindi importante che le persone, soprattutto le donne, fossero vestite alla moda. Una carrellata fotografica sull’evoluzione della moda femminile nel golf.
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MODA & COSTUME
1894
Illustrazione di Harper’s Bazar del 1894 mostra cosa indossavano molte donne golfiste in quell’epoca. Consisteva in una gonna alta diversi centimetri da terra e una semplice camicetta. Tuttavia esistevano alcuni problemi con i soci uomini del Club: le maniche della camicetta troppo aderenti e la gonna spesso catturava l’attenzione mentre passava.
1904
Nel 1904 Thomas Burberry di Londra introdusse alcuni miglioramenti nell’abbigliamento da golf femminile venduto nel suo negozio. Una linea di cappotti con le maniche più ampie che permetteva più libertà nel movimento e una gonna “rialzabile”. Attraverso l’uso di un cordoncino, la gonna potrebbe essere sollevata fino a 5 cm circa dal suolo. L’illustrazione è una pubblicità del 1913.
1909
Nei primi decenni del XX secolo l’abbigliamento standard di una donna era camicetta, giacca e gonna. A partire dal 1909 , le donne iniziarono a indossare un cardigan lavorato a maglia al posto della giacca. Caricatura; The Wit & Humor of a Nation in Picture, Song, & Story , 1915.
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MODA & COSTUME
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1915
Fu introdotto il jersey con lavorazione a maglia come tessuto sia per le camicette e gonne. Furono inserite le pieghe sulle gonne e nel retro delle camicette sempre per migliore il movimento. L’illustrazione è una pubblicità di Ansco Camera, 1915
1919
Golflex è stato un importante produttore di abbigliamento sportivo femminile nella prima metà del 20 ° secolo. Annuncio Golflex, 1919
1922
Bradley era meglio conosciuto per i suoi costumi da bagno in maglia di lana, ma produceva anche altri indumenti sportivi, compresi i maglioni da golf. Il loro slogan era “Slip into a Bradley and Out-ofdoor”. Illustrazione da un catalogo Bradley del 1922.
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MODA & COSTUME
1920
Il maglione e la gonna a pieghe continuarono a essere una scelta popolare per il golf negli anni ‘20. Annuncio Fleisher Yarn, 1923
1924
Un corsetto Gossard, 1924
1925
Le riviste di ricamo spesso davano indicazioni per realizzare maglioni e gilet da golf. Da Modern Priscilla, 1925
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MODA & COSTUME
Nel 1920, il completo da golf standard era un abito a due pezzi abbinato. Gli abiti da golf erano piuttosto semplici, con una gonna dritta o pieghettata. Le donne indossavano spesso calze a fantasia e le scarpe da golf dell’epoca avevano solitamente suole di gomma. A partire dal 1921 circa, le donne golfiste venivano talvolta ritratte in mutande, ma questo non sarebbe stato consentito in molti country club. Illustrazione dal catalogo Bonwit Teller Sports, 1925
A metà del 1920, molti negozi iniziarono a vendere abiti da golf fatti con un pezzo unico. La Best & Co. di New York vendette un vestito che chiamavano “Shirtmaker”. Questo abito intero era perfetto per il golf e altri sport e fu così popolare che diventò lo stile di abbigliamento più popolare per i successivi 30 anni. Catalogo Bonwit Teller, 1925
Un abito in maglia di jersey ispirato a Chanel. Era spesso coodinato con pantaloncini. Catalogo Bonwit Teller, 1925.
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1932
Pubblicità di Golflex del 1932 mostra gli stili più popolari indossati per il golf: l’abito camicia di un pezzo, la combinazione di vestito e maglione e l’abito a due pezzi.
1934
Pubblicità del 1934 per il sapone Ivory Snow presenta un vestito a camicia pieghettato di BH Wragge.
1937
Per tutti gli anni ‘30 e ‘40, gli abiti da golf seguirono praticamente linee dettate dalla moda. A differenza del tennis, dove la gonna diventava molto corta, nel golf la lunghezza rimase fedele alle dimensioni di come si portava in strada. Pubblicità di Martha West, 1937
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Questa linea si chiamava The American Golfer PubblicitĂ di Julius Garfinckle.
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1940
La maggior parte degli abiti da golf erano realizzati in cotone di facile manutenzione, ma questa azienda, Swing Flex, produceva abiti sportivi in rayon, come si vede in questa pubblicitĂ del 1940.
1949
Particolari le maniche che si abbottonano, le tasche e gli spacchi profondi sul retro del corpetto. Royal of California, 1949
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1949
Serbin era un’azienda di abbigliamento sportivo nota per il suo Shirtwaister ( abito abbottonato sul davanti come fosse una camicia). Era naturale che ne creassero una versione per i golfisti. Serbin, 1949
1940
Scarpe da golf donna, anni ‘40
1950
Scarpe da golf donna anni ’50
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MODA & COSTUME
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1960
Scarpe da golf donna anni ’60
1959
Negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta, la maggior parte delle golfiste indossava una camicetta e una gonna spesso sormontate da un maglione in cashmere o da una gonna con camicia di cotone. Sempre piĂš spesso era accettabile per una donna indossare una camicetta senza maniche e persino dei bermuda sul campo da golf. Illustrazione Max Factor, 1959
1962
Catalogo Abercrombie & Fitch del 1962
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una delle prime forme di cravatta, a far parte dell’abbigliamento maschile. Il papillon condivide la storia della cravatta, nel senso che seppur di foggia diversa, era ed è usata a mo’ di cravatta. I primi a decorarsi il collo con un pezzo di stoffa furono, nel ‘600, i mercenari croati durante la Guerra dei 30 anni. Serviva per chiudere la camicia sprovvista di bottoni. Le cravatte erano indossate in modo programmato, sciolte, talvolta servivano ore per ottenere un buon aspetto. I nobili francesi si innamorarono di quell’accessorio, furono loro a chiamarlo cravatta, il cui significato era appunto “croato”. Non è proprio chiaro, se sia nata prima la cravatta, evoluta poi in papillon, o viceversa. Papillon, è la traduzione francese del termine “farfalla”. Ne ricorda infatti la forma, ed è per questo che spesso si parla anche di farfallino o cravatta a farfalla. Negli anni successivi, in seguito a una decadenza della cravatta, il papillon acquisì maggiore importanza. In una famosa fotografia del 1863, si può vedere Abraham Lincoln che mostra il papillon nello stile dell’epoca. Lincoln sta guardando stoicamente avanti, mentre indossa un papillon nero con i terminali appuntiti. D’altro canto, il suo predecessore James Buchanan, indossava una cravatta bianca. Tra il 1850 e la fine del secolo, i papillon hanno dominato l’abbigliamento maschile. Li si poteva vedere principalmente in bianco o nero, ma anche in altri colori, e tessuti. Nel corso degli anni il papillon ha contraddistinto il look di politici di rilievo come sir Winston Churchill, che non usciva mai di casa senza indossarne uno, ed ebbe a subirne inibizione, perché era considerato un accessorio politicamente non conforme. Fortunatamente nel corso degli ultimi anni, è tornato a far parte del guardaroba maschile, riconquistando le più importanti passerelle di moda, e significò un particolare di stile per l’eleganza della nuova Hollywood. Nonostante l’aumento di popolarità, ci sono ancora preconcetti nei confronti di chi veste il papillon.
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Alcuni pensano che il papillon sia indossato solo da eccentrici o da anziani. Dal mio punto di vista, si indossa il papillon semplicemente perché piace, semmai perché si ama la cultura del passato, come avviene per l’architettura.
I modelli di papillon
I papillon possono essere realizzati in qualsiasi stoffa, ma la maggior parte sono realizzati in seta, cotone, o con una miscela di filati. La lana, meno comune, è perfetta per il look più casual e vacanziero. Tra i vari modelli creati dagli stilisti negli ultimi anni, due sono i modelli più utilizzati: il classico, e quello a punta di diamante. - il classico: è nella sua forma più essenziale: un tocco di raffinata eleganza, adatto anche alle occasioni più formali - a punta di diamante: ideale per uomini meno alti o con una forma del volto più sottile. È adatto agli smoking con revers a lancia, poiché la forma del papillon ne richiama e accompagna lo stile. Sono disponibili in due misure: 5 cm per le persone con una circonferenza del collo fino a 41 cm, e nella misura di 6 cm se maggiori. Quando il “dress code” lo richiede, il papillon dev’essere abbinato all’abito, seguendo i canoni dell’eleganza. Con lo smoking lo si indossa nero (da cui l’espressione black tie), in raso o seta lucida come la fascia. Per una serata in frac invece sarà bianco in piqué come il gilet. Mise d’eccezione a parte, il papillon può diventare un accessorio ironico, adatto al look casual, per esempio con una giacca sportiva o abbinato ad un maglione. -Il nodo: bandito dal guardaroba dei gentiluomini, il papillon preconfezionato e già annodato, che per quanto di facile utilizzo non si addice alla mise più ricercata. Ecco come realizzare velocemente un nodo classico, in 10 semplici passaggi. Importante, le estremità del papillon non devono superare in altezza le punte del colletto della camicia, e in larghezza, le linee laterali del viso. In questo modo si mantengono le proporzioni corrette.
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STORIA DEI MAGLIONI CURIOSITÀ SUGLI INDUMENTI AGLI ALBORI DEL GOLF
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WORD BY ENRICO BUDEL
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er tutto il Medioevo e il Rinascimento, la maglieria è stata un’arte rigorosamente maschile, portata avanti in laboratori da mastri artigiani riuniti in vere e proprie associazioni di mutua assistenza (GILDE). Come per molti indumenti, il maglione ha avuto uno scopo funzionale. Gli indossatori storici di questo capo erano per lo più pescatori, che avevano bisogno di indumenti caldi e resistenti, per proteggersi dagli eventi atmosferici. Già nel XV secolo le mogli dei pescatori di Guernsey, isola della Manica tra Gran Bretagna e Francia, lavoravano a maglia in modo “guernseys”, con lana filata a trama fitta che respingeva l’acqua marina. Lo sviluppo del commercio introdusse tale moda nelle comunità costiere delle isole britanniche, e del Mare del Nord. I maglioni, definiti anche “gansey”, erano caratterizzati da vari motivi sul collo, generalmente corto come i polsini, adatti questi a essere sostituiti se usurati. La cucitura era personalizzata, con disegni tipici del villaggio di appartenenza. A metà del XIX secolo, il “gansey” fu adottato dalla Royal British Navy e quel maglione fa ancora parte dell’uniforme di alcuni membri dell’esercito britannico. I capi lavorati a maglia nelle “Fair Isle” delle Shetland scozzesi ebbero commercio anche fuori dall’isola. L’ “Aran “, che proviene dalle isole al largo delle coste irlandesi, fu adattato ai “gansey”, e acquistato dai pescatori per aiutare l’industria della pesca locale. Le donne hanno successivamente modificato il tipo di lavorazione della maglia, sostituendolo con il modello “all-over.” Fino ai primi decenni del XX secolo, rimase un capo funzionale per certe professioni e comunità, ma tutto cambiò man mano che la moda diventava forza trainante nelle scelte dell’abbigliamento. Nel 1921 al principe di Galles, uomo sempre alla moda, venne donato un “Fair Isle”, che indossò volentieri in pubblico. Sempre pronto a promuovere i prodotti britannici, oltre al maglione a girocollo e scollo a V, il principe indossava calze “Fair Isle”, soprattutto sui campi di golf, creando un vero e proprio stile per tutte le classi dei giocatori.
In quegli anni il giovane drammaturgo Noël Coward rese popolare il dolcevita, noto anche come maglione a collo alto. Negli anni ’50, un articolo della rivista Vogue propose il maglione “Aran”, e la conseguente forte richiesta spinse l’Irlanda a iniziare la produzione industriale e l’esportazione in tutto il mondo. Tra gli anni ’20 e ’70, star del cinema e della musica rock come Errol Flynn, Steve McQueen, Cary Grant , Mick Jagger e Michael Caine indossavano ogni tipo di maglione, consolidandone il ruolo nel guardaroba maschile, valorizzando il casual-cool per uomini attenti allo stile.
I maglioni della fine degli anni ‘20 sono pieni di motivi geometrici. Guanti e berretto Fair Isle.
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Abbigliamento britannico d’ispirazione vintage progettato e realizzato nel Regno Unito
I maglioni sono oggi disponibili in un’ampia gamma di colori, motivi, trame e tipi di lavorazioni, tra cui; - Solid, lavorato a maglia con un singolo filo in tinta unita o colorato. - Fair Isle, che utilizza colori e modelli tradizionali scozzesi dal risultato tipico - Aran, in lana grezza non colorata che utilizza motivi larghi e spessi per creare una trama tridimensionale - Il cable knit, un modello classico in tinta unita lavorato a treccia E nei vari stili: - Crew Neck: dal nome del pescatore che in origine indossava questo capo: il “Crew Neck”. Si tratta di un pullover con collo arrotondato e aderente. Oggi, è il maglione più popolare. Può essere indossato sopra una camicia con colletto ma non c’è abbastanza spazio per indossare una cravatta. - V-Neck: essenzialmente identico al “Crew Neck” ma la scollatura è tagliata a forma di V. Questo maglione viene indossato con camicia, cravatta o ascot.
- Turtleneck: caratterizzato da un collo a lupetto o dolcevita, può essere indossato da solo con un pantalone classico o blue jeans, sotto un blazer. - Shawl collar: maglione con collo sciallato che discende da quelli in dotazione ai soldati americani. - Cardigan: aperto sul davanti come una giacca e chiuso da bottoni o alamari. La versione più comune è il monopetto, ma ci sono anche versioni a doppio petto. - Hzip: di recente manifattura, questo modello ha un collo alto che può essere aperto e chiuso con una cerniera corta, generalmente indossato aperto. - Tennis: maglioni classici con collo a V profondo, con bordi colorati intorno alla scollatura sul fondo e sui polsini. Originariamente erano quasi esclusivamente lavorati a trecce in bianco o crema, ora sono disponibili in una varietà di colori e finiture. - “Commando” o “Woolly Pully”: maglione girocollo aderente, che presenta spalline rinforzate e toppe sui gomiti, manifattura di origine militare. P A G E
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Lo stile era una scarpa da golf popolare. Negli anni ’60 debuttarono scarpe con cavità integrate per chiodi facilmente svitabili, e dagli anni ’70 erano disponibili chiodi a punta dura in tungsteno. Negli anni ’80 arrivarono scarpe più flessibili che si adattavano al piede a differenza di quelle rigide usate fino ad allora. Verso la fine degli anni ’90 i chiodi in plastica avevano gradualmente sostituito quelli in metallo, per danneggiare meno il terreno di gioco. Nel 2010 Fred Couples fu tra i primi a indossare le scarpe spikeless, che al posto dei chiodi hanno una suola in gomma increspata con buona presa. Questo tipo di scarpe ibride è vantaggioso per i dilettanti, sono adatte per la vita quotidiana e non serve cambiarle tra un round e l’altro. Su un terreno meno asciutto è ancora vantaggioso usare le scarpe con chiodi in plastica, e in questo decennio lo sviluppo tecnologico ha portato a modelli molto leggeri.
Storia e modelli
delle scarpe da golf
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a storia delle scarpe da golf è iniziata a metà del 1800, quando i golfisti scozzesi iniziarono a inserire chiodi nelle suole di cuoio per migliorare la presa sul terreno erboso umido e scivoloso. L’ edizione del 1857 del The Golfer’s Manual è una delle prime prove di questo. Ma i chiodi si allentavano e provocavano ferite al piede. Nel 1891 furono introdotte punte metalliche. È il duca di Windsor * che dobbiamo ringraziare per aver reso noti i molti e vari stili delle scarpe da golf di oggi. Le principali sono: Gillie o ghillies sono Oxfords senza lingua, allacciate sul collo del piede spesso con lacci sfrangiati, indossati con il kilt o knickers e calzini argyle. La parola “gillie” significa “ragazzo” o facchino nel gaelico scozzese e deriva dall’antica “gilla” irlandese da “gildae”. Nel 1906 Spalding introdusse le Saddle Oxford, così chiamate per il cuoio a forma di sella attorno ai lacci, aprendo la strada alle iconiche scarpe in pelle bicolore, con una fascia di colore scuro che scorre attorno al centro della scarpa. Inizialmente erano rivolte agli sport come il tennis e il badminton ma ben presto divennero un sinonimo di moda tra i golfisti. La sella può essere dello stesso colore o diversa. Le scarpe venivano chiamate due tonalità se la sella era di un colore diverso rispetto al resto della scarpa. Negli anni ’50 diventarono popolari tra uomini e donne e soprattutto adolescenti, e negli anni ’60 consolidarono la popolarità. Professionisti come Doug Sanders e Tom Weiskopf abbinarono variazioni di colori vivaci delle scarpe a stravaganti combinazioni di pantaloni e camicia. I Kilties sono oxford con una linguetta di pelle sfrangiata inserita sul collo del piede coprendo i lacci e gli occhielli.
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Brevetti divertenti Un piccolo rastrello fissato sulla parte posteriore delle scarpe da golf consente una migliore presa sul terreno specialmente nella sabbia dei bunker. Può includere un perno che consente la regolazione del rastrello da una posizione abbassa a sollevata dal terreno.
Dispositivo da agganciare alla scarpa per non disperdere i tee in plastica nell’ambiente.
Per gli “imbroglioni”! Dispositivo per calciare la pallina quando si trova in situazioni non comode da colpire. Può essere montato o staccato al momento del bisogno.
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Golf Club Pallanza
Soci davanti alla Club Houe.
Panoramica di Verbania-Pallanza- Lago Maggiore. Buche golf club pallanza.
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n Campo di Golf esisteva già da qualche anno nella zona, l’Alpino di Stresa, lo aveva voluto il Cav. Bossi dell’Hotel Regina. Era però di sole 9 buche, e per giunta molto accidentato: non poteva soddisfare i tanti che si appassionavano a questo gioco. Sotto la direzione tecnica della ditta specializzata Inglese “Hawtree e Taylor Ltd. di Londra”, la Società Ceretti e Premoli creò, un campo di Golf di 18 buche lungo 6.300 iarde. Fu scelta la piana di Pallanza, e precisamente la tenuta dell’Ing. Franzi, un milione di metri quadri, circondata dal Toce, dal Lago, dal canale che alimenta il Lago di Mergozzo, e dalla Strada Nazionale del Sempione. Il terreno era permeabile, e facilmente raggiungibile sia da Pallanza e da Baveno, che da Stresa. Ogni buca presentava differenti caratteristiche e difficoltà. Costruito nel 1870, l’hotel Majestic è un perfetto esemplare di architettura belle époque. Amato da numerosi personaggi del bel vivre di fine ‘800, il Majestic divenne in breve tempo una meta prestigiosa e ambìta. Gli anni ’30 del secolo scorso possono essere considerati la sua epoca d’oro,
quando la struttura era frequentata da capi di stato, artisti e musicisti. Vi soggiornarono Claude Debussy, Arturo Toscanini, ed Eleonora Duse. Al molo dell’albergo, tra fine ‘800 e prima metà del ‘900, approdarono i battelli degli Stuart, dei sovrani d’Italia, della famiglia imperiale di Germania e persino di alcuni maharaja indiani. Decaduto dopo la seconda guerra mondiale, l’hotel fu acquistato, nel 1979, da Silvano Zuccari, padre di Cristina. Già alla guida di un’importante società di gas da lui fondata nel 1959, l’imprenditore non pensò neppure per un attimo di occuparsi direttamente della gestione dell’hotel. Scomparso il padre nel 1989, Cristina si trovò a succedergli a capo dell’impresa di gas, che guidò con perizia per dieci anni. Nel 1999, infatti, la societàà fu acquistata da una multinazionale tedesca. Cristina ne rimase amministratore unico ancora per tre anni, ma nel frattempo aveva già maturato la decisione, insieme alla madre Rossana, di lanciarsi nel settore alberghiero, assumendo la gestione diretta del gran hotel Majestic. Un’avventura che continua ancora oggi.
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Auguste Boyer.
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IL GOLF
IL TORNEO D’INAUGURAZIONE
Un grandioso e caratteristico fabbricalo ospitò la Club House, dove i giocatori di Golf trovavano ristoro, e ogni confort. La Club-house comprendeva oltre agli spogliatoi per signore e per signori con relative toilette, sale di lettura, di riunione, Restaurant, e grill room. Essendo su piano sopraelevato, consentiva la visione dell’intero campo di gioco. Annesso al Campo di Golf restò in funzione la Cascina con bestiame da latte, allevamento di polli, maiali, conigli, ecc. e venne creato un brolo a servizio degli Alberghi che erano affiliati al Golf. E ancora c’era la spiaggia per bagni in acqua dolce, e una riva per la pesca sul fiume. La coraggiosa iniziativa aveva incontrato larga simpatia nell’ambiente dei Club Inglesi di Golf, e fu fruttuosa per l’industria Turistica del bacino “Isole Borromee”.
Un importante match internazionale fu disputato, alla presenza di molti spettatori, tra cui il Podestà di Pallanza, e tante personalità della comunità straniera. La coppia Auguste Boyer, professionista del Golf di Nizza e M’. East professionista del Golf Locarno, combatté in match play foursomes su 18 buche con la coppia Francesco Pasquali — professionista all’Alpino di Stresa, e Pat Kirkpatrick — professionista del Majestic Golf Club Pallanza. Nelle prime buche la coppia Pasquali-Kirkpatrick, ottenne il vantaggio di un punto, poi pareggiato, e alla 18^ buca la coppia Boyer-East vinse per (oneup). Boyer che era uno dei più forti giocatori di golf del periodo, e che conosceva pressoché tutti i campi di golf d’Europa, espresse ammirazione per il campo, giudicandolo uno dei migliori d’Europa. Si augurò anche, come già il campione d’Italia amateurs ing. Malli, di poter disputare su questo campo i campionati dell’anno dopo. Anche il comm. Baisini, Vice Presidente della Federazione Italiana Golf, espresse il proprio plauso. Uguale consenso fu pronunciato dai Campioni Royer, Muffei, Pasquali, Major Charlton, e dal Presidente della Federazione Italiana Golf, Conte Faà di Bruno, che giudicò il campo come il più idoneo in Italia per le competizioni internazionali. L’autorevole giornale dell’epoca, “Golf”, confermò che il professionista del Club Kirkpatrick, uno dei più valenti giocatori di golf dell’Inghilterra e ottimo maestro, giudicò il Campo come uno dei migliori d’Europa sia per la costruzione che per la natura del terreno, nonché per la bellezza del sito. Il giornalista sportivo Plumon, nella Rivista «Le Golf» di Parigi, ebbe a elogiarlo come il più bel Campo di Golf d’Europa, comodo da arrivarci da Torino, da Milano e dalla Svizzera. Durò fini al 1939, anno in cui l’Hotel Majestic chiuse, e il Campo fu riconvertito in terreno agricolo.
I PRIMI SOCI
La prima associazione era composta dalla crema dei dintorni: nobili e possidenti, nonché facoltosi stranieri. primo Presidente fu l’on. Luciano Scotti, ingegnere.
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Francesco Pasquali. P A G E
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TONEY PENNA, DA NAPOLI AGLI USA AD INSEGUIRE IL “SOGNO AMERICANO” CON LA MAZZA DA GOLF articolo di Nicola Pucci
Penna inizia a far parlare di sé nel 1932, sfiorando la vittoria al Cotton States Open dove perde al play-off con Ted Longworth, per poi, l’anno dopo, conquistare il successo al Southeastern PGA, e nel 1935 debuttare agli US Open, conclusi al 55simo posto. E se nel 1936 Toney manca il taglio al Major americano, bisogna attendere l’anno dopo perchè l’italo-americano non solo vinca il primo torneo del PGA Tour, il Pennsylvania Open Championship giocato al Merion Cricket Club, dove batte di 2 colpi Bill Mehlhorn, Willie Goggin ed Ed Oliver, ma pure si migliori all’US Open giungendo 28esimo, vincendo poi nel 1938 un secondo torneo sul principale circuito statunitense, il Kansas City Open. Nel frattempo Penna stringe amicizia con celebrità dello spettacolo come Perry Como, con cui ha modo di giocare più volte, Dean Martin, Bing Crosby e Bob Hope, e proprio nel 1938, annunciato dal 31esimo posto alla prima partecipazione al Masters di Augusta, per poco non fa saltare il banco all’US Open, che per la sua 42esima edizione trova ospitalità presso il Cherry Hills Country Club di Englewood, in Colorado. Ralph Guldahl è il detentore del titolo, e a fine torneo concederà il bis riuscito fino a quel momento solo a Willie Anderson, a John McDermott e al leggendario Bobby Jones e se Toney, dopo un modesto primo giro in 78 colpi che lo tiene ad 8 colpi di distanza dalla coppia al comando composta da Jimmy Hines
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on è proprio vero, come dice il guru, che il “sogno americano si avvera solo quando dormi“. Chiedete a Toney Penna che, ben prima che Francesco Molinari esportasse la sua arte golfistica in giro per il mondo, e pure con eccellenti risultati come la vittoria all’Open Championship del 2018, unico italiano a riuscirci, è lì a dimostrare, così come, a far data 1995, lo stesso Costantino Rocca arrivasse ad un passo dal far sua la prestigiosissima “Claret Jug” perdendo al play-off con John Daly non prima averlo agganciato al primo posto con un putt chilometrico entrato nella storia, negli anni a cavallo della Seconda Guerra Mondiale annunciò al pianeta che anche l’Italia poteva produrre buoni giocatori di golf. Penna in effetti nasce a Napoli il 15 gennaio 1908, ma adolescente, assieme alla famiglia, prende bagagli e bastimento cullando l’illusione di trovar fortuna di là dall’Atlantico, trasferendosi prima ad Harrison, nello stato di New York, poi a Dayton e Cincinnati, nell’Ohio. Ed in terra d’America il giovane Toney scopre il golf, apprendendo l’arte come caddy per poi, lui immigrato italiano che prenderà cittadinanza stelle-e-strisce, palesando doti non comuni nel colpire la pallina ed andare in buca, diventare giocatore professionista. Dotato di una forte personalità e di uno spiccato senso dell’umorismo, e potrebbe essere altrimenti visto che nelle sue vene scorre sangue partenopeo,
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ed Henry Picard, firma due carte da 72 e 74 colpi ai due giri successivi rotolando a 13 colpi dalla vetta della classifica, all’ultimo giorno tira fuori il meglio del suo repertorio, segnando uno score di 68 colpi che gli consente non solo di realizzare il record per le ultime 18 buche e risalire posizioni su posizioni, ma pure di cogliere infine la terza moneta (tradotto in soldoni, 650 dollari), appaiato ad Harry Cooper e ad 8 colpi, appunto, da Guldahl. Penna, caso mai non lo fosse già prima, di colpo entra nel novero dei golfisti più accreditati, ottenendo anche due decimi posti al Masters nei due anni successivi, 1939 e 1940, prima che il secondo conflitto bellico lo blocchi, probabilmente, nel momento migliore della sua carriera. Alla ripresa dell’attività, nel 1946 Penna si trasferisce in Florida, a Delray Beach, e nel triennio che va dal 1946 al 1948 aggiunge altre tre perle alla sua collezione di golfista vincente, una per anno. Si comincia con il Richmond Open, messo in saccoccia grazie ad un decisivo birdie proprio all’ultima buca che gli consente di rigettare il tentativo di rimonta, tra gli altri, di Ben Hogan, per proseguire con l’Atlanta Open, dove tiene Jimmy Demaret ad 1 colpo di distanza, infine chiudere con il North and South Open, togliendosi lo sfizio di battere di 2 colpi un certo Sam Snead, 285 colpi contro 287. Ovviamente, come ogni buon golfista di levatura internazionale che si rispetti, anche Penna strizza l’occhio ai tornei dello Slam, ed allora, detto che all’Open Championship, proprio lì dove decenni dopo i suoi connazionali Rocca e Molinari si guadagneranno gloria e notorietà, non avrà fortuna mancando il taglio nell’unica occasione che lo vedrà partecipare, nel 1954 (che poi è anche il suo ultimo da professionista), sono Masters ed US Open a stuzzicare maggiormente i suoi appetiti golfistici. Nel 1946, ad esempio, a dimostrazione che l’inattività forzata prodotta dalla Seconda Guerra Mondiale non ha ammorbidito il suo “animus pugnandi“, al Canterbury Golf Club di Beachwood, in quell’Ohio che è un po’ come casa sua, chiude in testa il primo giro appaiato allo stesso Snead prima di retrocedere al 15esimo pos-
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to finale, per poi terminare ottavo nel 1948, ad 11 colpi da Ben Hogan. Dalle parti dell’Augusta, invece, dopo le due topten prima della Seconda Guerra Mondiale, gira in terza e quarta posizione dopo 36 buche nel 1946 (infine è 21esimo) ed è ottavo l’anno dopo (terzo ancora dopo due giri), prima di entrare nella fase declinante della sua carriera. Infatti Toney, che al Masters 1950, provvisoriamente decimo dopo due giri, compare per l’ultima volta tra i migliori di un torneo Major, ha già troppo altro di cui occuparsi, come ad esempio, dopo anni di onorata militanza presso la MacGregor Golf Company, mettersi in proprio e fondare un’azienda produttrice di mazze da golf, la Toney Penna Golf Company. Verranno poi, ma questa è storia dei nostri giorni, Rocca e Molinari, campioni di quella vecchia, cara Europa che Toney Penna lasciò da ragazzo, per coronare, davvero, il suo personalissimo “sogno americano“. Armato di sacca, bastoni e palline.
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Cinquant’anni dopo, é stato reintrodotto il marchio di attrezzature da golf Toney Penna per una nuova generazione di golfisti. La nuova Toney Penna Golf Company continuerà lo standard di innovazione, qualità e stile, i tratti distintivi del marchio Toney Penna.
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