Arrhov Frick - Tradizione, natura ed innovazione - I nuovi codici di costruzione del futuro

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Forma e natura Il territorio scandinavo L’architettura scandinava, dai maestri alla contemporaneità Politiche ambientali nell’architettura odierna Forma e natura

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Casi studio

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House in Lilla Rågholmen Atelier Lapidus, Skägga House in Viggsö Brunstorp housing block Fem Hus housing block Hammarby Gård housing block

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Conclusioni

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Crediti

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Bibliografia e sitografia



abstract


“The central core of our work could be this interest in two very fundamental issues. A primitive idea of minimal/economic construction/structures, and secondly, a strong ambition to make life better for people […]. Most of all, we are simple people with a strong ambition, to continue to practice our profession as a form of genuine craftsmanship” 2G, Juhani Pallasmaa, Ilka and Andreas Ruby, Johan Linton, Arrhov Frick, Barcellona, 2018

Abstract

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Viviamo in un periodo in cui si registra una necessità di attenzione ai temi della sostenibilità ad ampia scala ambientale ed economica, in quest’ottica il lavoro dello studio Arrhov Frick ne è esempio rilevante, risultando essere un ingranaggio di un più ampio meccanismo che cerca di dare una risposta a tali temi in maniera consapevole e attenta, attraverso una ricerca formale di riduzione all’essenziale e di relazione e dialogo con la natura. Riassumendolo come tematica del rispetto di una condizione formale e stilistica oltre che attuativa culturale, riguardo ad un determinato luogo. Alla base di tutto questo vi è l’analisi di due concetti elementari, “forma e natura”, in continua relazione. La forma, nel lavoro dello studio Arrhov Frick, diviene strumento di controllo e verifica del progetto e conseguentemente di riduzione delle risorse, sia materiche che economiche, per andare in contro ad esigenze finanziarie ed ambientali che sono alla base delle nuove politiche internazionali. Si riducono le dimensioni, acquisendo un’ambizione di minimizzazione dei consumi, dei segni materiali e della propria impronta. La natura è abitualmente riconosciuta come sola produttrice di risorse e non come luogo simbolo di un linguaggio. La forma diviene strumento di controllo, con conseguente riduzione dei consumi, attraverso stratagemmi che standardizzano i meccanismi produttivi, lasciando che essa possa rimanere il più possibile definita come luogo in cui porsi, che attraverso la sua singolarità crea l’architettura e non viceversa. Il fine dello studio, sta nell’analisi del significato più specifico dell’opera, il controllo del processo di produzione e realizzazione a tutte le scale, dalla più minuta all’insieme, contribuiscono a costruire qualità. Attraverso il controllo dei procedimenti, delle fasi di elaborazione e di esecuzione, riducendo l’impiego di risorse, sia dal punto di vista

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Figura 1 Arrhov Frick, Grisslehamn, Sketch, Stoccolma, 2018

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del disegno che della funzione, massimizzando il controllo del processo realizzativo.

We live in a period in which there is a need for attention to the issues of sustainability on a large environmental and economic scale, in this perspective the work of the Arrhov Frick studio is a relevant example, resulting in being a cog in a broader mechanism that tries to give an answer to these issues in a conscious and careful way, through a formal search for reduction to the essential and relationship and dialogue with nature. Summarizing it as a theme of respect for a formal and stylistic condition as well as cultural implementation, regarding a given place. At the base of all this there is the analysis of two elementary concepts, “form and nature”, in continuous relationship. The form, in the work of the Arrhov Frick studio, becomes an instrument of control and verification of the project and consequently of reduction of resources, both material and economic, to go against the financial and environmental needs that are the basis of new international policies. The size is reduced, acquiring an ambition to minimize consumption, material signs and its own footprint. Nature is usually recognized as the only producer of resources and not as a symbolic place of a language. Form becomes an instrument of control, with a consequent reduction in consumption, through stratagems that standardize the production mechanisms, leaving it to remain as defined as much as possible as a place to place oneself, which through its singularity creates architecture and not vice versa.

Abstract

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The aim of the study lies in the analysis of the most specific meaning of the work, the control of the production and realization process at all scales, from the smallest to the whole, contribute to building quality. Through the control of the procedures, of the elaboration and execution phases, reducing the use of resources, both from the point of view of design and function, maximizing the control of the realization process.

Figura 2 Arrhov Frick, Park, Sketch, Jonkopimg, 2015

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“A nation that destroys its soil destroys itself. Forests are the lungs of our land, purifying the air and giving fresh strength to our people.” Franklin D. Roosevelt

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Il territorio scandinavo Ci troviamo in un territorio che negli anni è sempre stato emblema di una natura incontaminata, dove il rispetto verso il paesaggio circostante risultava essere elemento imprescindibile in paesi come Norvegia, Svezia e Finlandia. Negli anni la società ha subito una crescita nell’ambito del settore terziario, riducendo quel forte legame che la popolazione aveva con la natura, appartenente a settori come l’agricoltura o l’allevamento. Ad oggi la percezione che si ha di questi luoghi non risulta essere cambiata, essi continuano a mantenere il loro status di “aree verdi incontaminate”, grazie soprattutto ad una cultura ed una filosofia di pensiero che accomuna l’intera popolazione ed impone un forte rispetto a ciò che li circonda. Queste regioni sono caratterizzate da un’immensità di spazi verdi, una bassa densità di abitanti, concentrata in larga parte nei centri urbani. Molti di questi luoghi sono etichettati come inospitali, dato il clima rigido, i lunghi periodi di oscurità, ma accolgono sempre più, piccole abitazioni utilizzate come case vacanze, che permettono, ad esempio, al lavoratore costretto a vivere per la maggior parte del tempo in luoghi caotici, un momento di calma e relax. Oltretutto ad aumentare ancora di più il contatto con l’ambiente, vi è la forte presenza della flora selvaggia con cui si può avere un contatto diretto. Ampie foreste di pini e larici sono simbolo di questi paesi e sono spesso frutto di materia prima per la produzione di materiale da costruzione, simbolo poi di un linguaggio architettonico proprio di questi luoghi. Ne sono esempio le differenti abitazioni private, progettate dallo studio Arrhov Frick. I materiali hanno il compito di riportare l’anima di queste terre, attraverso il contatto degli elementi costruttivi, senza essere coperti da

Figura 3 Google Earth, Scandinavia, 2021, Vista da satellite

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illusorie coperture, frutto solo di uno studio estetico. Ogni materiale è parte di un processo di ricerca, non solo estetico e costruttivo, ma empatico ove i materiali suscitano emozioni all’interno di chi abita questi spazi, passando dal legno puro, per luoghi privati, al cemento per le aree comuni. Infine, le scelte costruttive e materiche sono frutto di una cultura che chiede di trovare luce, calore, rifugio e protezione nelle proprie abitazioni ripari da questi luoghi, bui per lunghi periodi dell’anno, sferzati da forti venti e colpiti da temperature rigidissime nei periodi invernali. Costruire in queste latitudini ha portato nel tempo l’architettura a doversi adattare all’ambiente, facendo di necessità virtù, un dialogo costante tra “forma e natura”, differendo da ciò che è possibile vedere nel resto del mondo.

L’architettura scandinava, dai maestri alla contemporaneità Un susseguirsi di guerre e di unioni scandisce la storia della penisola scandinava, dominata per lungo tempo fino al XIX secolo dal Regno di Svezia, la quale fu costretta a cedere il territorio di allora della Finlandia alla Russia, annettendo però quello della Norvegia, sino ad allora dominio della casa reale danese. A causa di queste vicende la lingua svedese si diffuse in tutta la penisola scandinava, come prima o seconda lingua e ciò portò ad inevitabili scambi ed influenze reciproche. L’Ottocento fu caratterizzato dalla crescita dei grandi centri urbani con la conseguente costruzione a Copenaghen, Helsinki e Oslo di numerosi edifici pubblici in un solido e nobile stile

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neoclassico, ispirato alle coeve mode europee, opera fra gli altri dei danesi C. F. Hansen e M. G. Bindesboll, del finlandese C. L. Engel e del norvegese C. H. Grosch. Sul finire del secolo in architettura si promuove uno stile che rispecchi l’identità nazionale, in particolar modo in Norvegia e in Finlandia, prostrate dalle occupazioni e quindi maggiormente sensibili, dove il senso di appartenenza alla propria terra, spinge a nuove proposte, incentivato dalla volontà di acquisire una relativa autonomia. Uno dei padri dell’architettura scandinava che inizia a lavorare sfruttando queste correnti “rivoluzionarie” è Eliel Saarinen il quale inizia ad affermarsi attraverso la collaborazione e la successiva apertura di uno studio d’architettura insieme a H. Gesellius e A. Lindgren. Appena aperto, l’atelier viene investito da una notevole quantità di incarichi: tra questi si ricorda la vittoria del concorso per la realizzazione del padiglione finlandese all’Esposizione di Parigi del 1900. Per loro questa fu la prima vera occasione di poter innalzare il loro grado, sia come nome che come impegno, esibendo quel romanticismo nazionale che si diffondeva per tutto il territorio accomunandosi in contemporanee ricerche che avvenivano già in diverse nazioni europee. Questo linguaggio era accomunato da forme plastiche e massicce, rappresentate con tetti accentuati, abbondanza di torri e torrette, ingressi a ruota, timpani triangolari di porte e facciate, decorazioni fitomorfe o zoomorfe o tetramorfe. Si veniva a creare un’originale ibridazione del linguaggio architettonico con riferimenti di Richardson e Sullivan con quello più fantasioso dello Jungendstil tedesco, fatti reagire con specifici della cultura finlandese. Il Museo Nazionale di Helsinki risultò essere la massima espressione per tale linguaggio architettonico, oramai divenuto patrimonio

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comune, dimostrato dalla continua ricorrenza dei suoi elementi specifici nelle opere realizzate poi in Finlandia. Il rapporto con l’Europa era forte, soprattutto con paesi come Grecia, Italia, Francia e Germania dove spesso venivano condotti approfonditi studi e tour per poter aggiornare le soluzioni costruttive e di stilistico alla nuova architettura. Un esempio è la Stazione ferroviaria di Helsinki di E. Saarinen con la sua concezione costruttiva tecnicamente avanzata e il suo aspetto massivo, ma anche grazie all’abbondante uso di pareti vetrate intelaiate tra i lisci pilastri di pietra. L’edificio segue un significativo grado di modernità, tale comunque da farlo risultare originale, nonostante le diverse fonti da cui attinge. Il linguaggio che Saarinen elaborò risultava essere molto personale e al tempo stesso capace di trasmettere energia e di suscitare una forte identificazione collettiva, con quest’opera egli cessa di incarnare le istanze del nazionalismo. Da un altro punto di vista, tutto il lavoro, le influenze e il linguaggio sviluppato da Saarinen nel portare l’architettura finlandese ad una nuova era, non ha lasciato tracce apparenti sulla generazione più giovane che ha poi proseguito il proprio lavoro in patria: né Alvar Aalto, né Erik Bruggman, né Hilding Eklund, né Johan Sirén sembrano risentire dell’influsso di Saarinen. Nello stesso tempo, l’evolversi del suo linguaggio al di là dell’Oceano, specialmente negli Stati Uniti d’America, ha portato all’adattamento di un linguaggio architettonico che si è dovuto confrontare con forme e tipologie differenti, oltre a passare da un ambiente naturale forte e soccombente ad una giungla urbana in piena espansione. In Svezia e in Danimarca il classicismo che accomuna l’architettura in tutti i paesi nordici, in questo periodo si presenta nella sua proposta dorica, espressione di una

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pragmatica attitudine a dare forma e spazio ai bisogni primordiali e naturali dell’uomo, primo fra tutti quello di protezione. Al contrario il danese Jensen Klint fonde in un unico possente organismo motivi ripresi dalle chiese rurali e dalle strutture gotiche, impiegando il mattone come unico materiale costruttivo. In Svezia a dominare il panorama architettonico durante il primo decennio del secolo, sono le tonalità classiciste, espressione di un solido linguaggio di importanza nazionalromantica, a cui poi si ricollegarono architetti del calibro di Erick Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz. Agli inizi del ‘900 Asplund e Lewerentz, risultarono essere gli architetti di punta nel panorama svedese. Il cimitero di Enskede fu la massima espressione del loro linguaggio, attraverso la realizzazione di architetture che ad oggi risultano essere la rappresentanza di un linguaggio architettonico di un intero paese. L’esempio più celebre è la cappella del bosco, un misuratissimo edificio sovrastato dall’imponente coperchio, un tetto a falde a 45 °, coperte con scure scandole di legno, preceduto da un porticato di 12 bianchi fusti lignei che occupa quasi la metà del suo sviluppo in lunghezza; custodito dietro laconiche pareti bianche e lisce si apre lo spazio quadrato della cappella funeraria, su cui si innesta una cupola illuminata da un oculo centrale. I pur evidenti rimandi classici compresi in tale configurazione non sono tuttavia riconducibili a soluzioni di repertorio o a mere citazioni figurative: non è un caso, del resto, che nella cappella del bosco scompaia ogni traccia di quello spensierato décor neoclassicista che caratterizza importanti opere precedenti di Asplund. Per Asplund, come per non molti altri architetti del ‘900 alla periferia d’Europa, il classico è qualcosa che prescinde dalle determinazioni storiche e che in qualche

Figura 4 E. Saarinen, Stazione centrale di Helsinki, Helsinki , 1919

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misura “precede” la codificazione stilistica. Un esempio è la Biblioteca di Stoccolma, impostata su una pianta quadrata coronata nella parte centrale da una grande cupola. Oltre alle più ovvia memoria del Pantheon e della Rotonda di Palladio, la biblioteca sembra riecheggiare la semplice assolutezza dei progetti dei visionari francesi di fine ‘700. La conversione di Asplund al modernismo è tutta da valutare nell’ambito dell’Esposizione di Stoccolma del 1930, una manifestazione dedicata alla promozione dei prodotti svedesi. Questa manifestazione fu emblematica e permise di divulgare al resto del mondo le esperienze architettoniche svedesi, come il funzionalismo. Gli esempi di Le Corbusier e del Weissenhof di Stoccarda influenzarono la costruzione del padiglione ospitante. L’anno seguente vi fu la pubblicazione di Acceptera, il cui obiettivo era mettere la tecnologia a servizio del benessere umano. Il funzionalismo nei paesi scandinavi non rappresentò una rottura violenta rispetto al precedente classicismo moderno; al contrario, ne costituisce quasi il naturale sviluppo, la traduzione più idonea dello stile di vita dei popoli nordici, in relazione alle loro condizioni ambientali. Nella variante nordica, il funzionalismo è sinonimo di alta qualità del progettare e del costruire in termini moderni, indispensabili premesse ad una necessaria alta qualità dell’abitare e del vivere. Proprio in quest’ultimo periodo avviene il passaggio dal calligrafico neoclassicismo che ancora connota la prima versione del progetto al funzionalismo dell’edificio costruito. Un aspetto ulteriore che accomuna le diverse esperienze architettoniche funzionaliste in Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca è la loro capacità di fornire una declinazione locale di un linguaggio ormai divenuto internazionale senza privarlo con questo

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Figura 5 E. G. Asplund, Cappella nel bosco, Stoccolma 1920

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del suo rigore proprio. Significativo è come due dei massimi esponenti dell’architettura scandinava come Aalto e Asplund, sfuggano a questa classificazione all’interno del linguaggio oramai proprio di questi luoghi. Nel primo risulta evidente l’orgogliosa coscienza di chi sa di poter produrre qualcosa di più di una semplice architettura definita dalle funzioni; nel caso di Asplund sembra invece un desiderio di rimanere al di sotto di qualsiasi precisa caratterizzazione stilistica. Contemporaneamente, sia pure in maniera distinta, essi rimangono tra i più illustri esponenti di una cultura che affonda le proprie radici nelle tradizioni locali, ma che al tempo stesso sa porsi in rapporto con i problemi più generali e fondamentali del costruire. Sotto questo profilo, il funzionalismo scandinavo appare meno ideologico di quanto risulti invece spesso nel resto d’Europa, più legato all’ambiente, più sensibile ai materiali, più rispondente al fattore umano. Nella variante nordica, il funzionalismo è sinonimo di alta qualità del progettare e del costruire in termini moderni, indispensabili premesse ad un’altra qualità dell’abitare del vivere. Proprio in quest’ultimo avviene il passaggio dal calligrafico neoclassicismo che ancora connota la prima versione del progetto, al funzionalismo dell’edificio costruito. Quindi cosa vuol dire lo stile scandinavo nell’ambito dell’architettura odierna? Le architetture prodotte attraverso un linguaggio “nordico” sono altamente riconoscibili nella loro particolarità. Lo stile è calibrato e razionalizzato in ogni scelta, anche dove le scelte sembrano casuali, inoltre è spesso caratterizzato da un senso di naturale armonia, ove la componente materica ed ecologia giocano un ruolo primario. Gli architetti provenienti da questa area geografia hanno quasi sempre lavorato negli spazi dove sono cresciuti,

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sviluppando e adattando un linguaggio che è maturato nel tempo, ma che ha sempre trovato la sua chiave di lettura in determinati ambiti culturali, fino ad essere riconosciuto nel mondo sotto il nome di Funzionalismo. I maggiori caratteri di questo movimento sono determinati da politiche verdi che tendono al riciclo dei materiali, all’innovazione tecnologica, alla scelta attenta dei materiali e soprattutto a garantire un senso di appartenenza della collettività mediante gli edifici d’interesse pubblico. Nel tempo la globalizzazione ha permesso differenti pratiche architettoniche o specifici linguaggi, di poter espandersi e migrare, adattandosi a contesti totalmente differenti, alla ricerca di una perenne evoluzione. Per certi aspetti ciò non è sempre visto come un elemento negativo, vista la possibilità di ampliare il proprio bagaglio culturale ed artistico. Eero Saarinen e Alvar Aalto, due dei più grandi maestri della storia architettonica scandinava, non si identificavano nella cultura del loro tempo, ma furono influenzati soprattutto dal contatto con gli Stati Uniti d’America. Nella seconda metà del Novecento altri grandi maestri come Jørn Utzon e Sverre Fehn, si trovarono a contatto con culture di altri paesi. Dall’altro lato della medaglia si ha il rischio che specifici linguaggi e pratiche architettoniche perdano le proprie caratteristiche pur di cercar di adattarsi a contesti completamente differenti sia culturalmente che di paesaggio naturale ed artificiale. Questa scelta, del porsi controtendenza rispetto ad un panorama architettonico, che per anni è stato alla base di un modo di pensare l’architettura in questi paesi, vengono spesso identificate alcune caratteristiche che furono alla base dell’International style, ovvero uno stile unico, accusato di una forte perdita di identità e carattere. Al contempo questo affacciarsi a un modo di vivere

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moderno ha permesso ad alcuni studi scandinavi di crescere in maniera esponenziale, portandoli ad essere tra gli studi d’architettura più importanti al mondo, oltre a creare grandi firme. Ad oggi Snøhetta, Big (Bjarke Ingels), 3XN-GXN, AART, Cobe, sono tra i nomi più importanti ed ambiti nel campo dell’architettura. Questi grandi studi spesso vengono accusati di una “perdita di carattere”, ove i singoli progetti sono opere di design totalmente improntate alla realizzazione di un modello estetico con la conseguente perdita di un linguaggio caratterizzante, identificativo, che li renda unici nel loro essere. Uno degli esempi più caratteristici di questo cambiamento può essere ritrovato all’interno di un passaggio di “Che cosa è l’architettura, Lezioni, conferenze, un intervento”, di Francesco Venezia:

“Oggi, purtroppo, il “meraviglioso” mondo dell’architettura contemporanea non è più architettura, bensì una collezione di straordinarinon metto nessuna ironia in questa parola - di straordinari, affascinanti oggetti di design che vengono proposti come edifici, ma che sono oggetti di design. [...] L’architettura, oggi, sembra non avere più fondazione: non fonda su un sedimento concettuale, non fonda su un suolo, rinuncia a rendere espressivo il dramma di scaricare i propri pesi su di esso. Ci sono architetti che addirittura si preoccupano di omettere nei loro progetti la rappresentazione della struttura portante perché la vedono come un fastidio, come qualcosa che toglie attrattiva al progetto.” Questa nuova generazione che avanza, sta portando l’architettura su un altro livello, attraverso l’innovazione, la creazione di forme, che fino a Venezia F., Che cosa è l’architettura - Lezioni, conferenze, un intervento , pp. 28, Milano, Electa, Mondadori Ediotre, 2013

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pochi anni fa risultavano essere impensabili, il raggiungimento di altezze inimmaginabili, tutto questo attraverso la forte relazione che oramai l’architettura ha con l’ingegneria e la tecnologia, oltre che l’internazionalizzazione delle conoscenze in un continuo “work flow”. Nel panorama architettonico scandinavo si distinguono anche giovani studi come Arrhov Frick. In essi il legame con la cultura architettonica nazionale risulta più forte, ciò non li rilega ad essere statici e monotoni, tutt’altro, hanno la capacità di rielaborare un linguaggio aggiornato, mantenendo sempre i loro elementi distintivi e riconoscitivi, riconducibili ad un determinato paese o linguaggio che sia. Ogni loro architettura è intrinsecamente legata al luogo in cui si pone, anche se risulta internazionale, in quanto adotta alcuni canoni di bellezza estetica della modernità, ma che trovano la loro massima espressione solamente in determinati paesaggi e luoghi. I temi centrali come forma e natura, risultano evidenti in ogni loro singolo progetto, sviluppati in maniera coerente attraverso alcuni punti cardine, nati attraverso la capacità di trasformare forti ostruzioni legate, quali la complessità del territorio, budget ridotti e al continuo aumento dei prezzi dei materiali e della manodopera, brillanti soluzioni architettoniche, forte collaborazione con le piccole industrie del luogo, così da mantenere una forte la connessione con il territorio, alla standardizzazione dei processi di costruzione che permettono in questo modo una riduzione dei costi. Figura 6 3XN - GXN, Cuber Berlin, Berlino 2020 Figura 7 Snøhetta, Under, Høllen, 2020

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“Tutte le cose che ammiriamo e troviamo belle in natura hanno uno scopo e una funzione per la sopravvivenza del pianeta. Rispetto agli oggetti prodotti dall’uomo, la natura ha avuto milioni di anni per sviluppare i suoi “oggetti” alla perfezione. ” Andrejs Legzdiņš

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Politiche ambientali nell’architettura odierna “L’accordo di Parigi stabilisce un quadro globale per evitare pericolosi cambiamenti climatici limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2ºC e proseguendo con gli sforzi per limitarlo a 1,5ºC. Inoltre punta a rafforzare la capacità dei paesi di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici e a sostenerli nei loro sforzi.”

Figura 8 BIG, Bjarke Ingels, The Twist, Jewnaker, 2020

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La maggior parte dei movimenti “green” nel mondo, si pone come obbiettivo la riduzione delle emissioni. Tra di essi si distinguono in modo simbolico, le politiche ambientali riguardanti l’architettura, o più in generale la costruzione o la ristrutturazione di edifici. Spesso questi nuovi movimenti tendono a finire nell’ideale ritorno alla natura e a forme urbane a bassa densità, proiettate verso un consolante futuro, ma che talvolta risultano sfociare nell’utopia. La natura poi, nemmeno a dirlo, è stata “imposta” come la grande ossessione del Secolo Urbano. Oggi, alla luce dell’emergenza sanitaria e con la spinta al lavoro agile, la dimensione rurale pare diventare una soluzione sempre più prossima all’essere praticabile. Come elemento di ulteriore incentivazione a queste politiche di risparmio ad impatto zero, il comitato europeo ha dato vita nel 2010 all’European Green Capital. Un concorso annuale che sancisce, dopo una scrupolosa analisi da parte di una branca della commissione europea, quale sia la città che maggiormente si è impegnata a ridurre le sue emissioni, in modo

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Figura 9 Arrhov Frick, Hammarby Gård Stoccolma, 2015

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da spronare gli altri centri a impegnarsi in ulteriori azioni e per mostrare e incoraggiare lo scambio delle migliori pratiche tra le città europee. Negli ultimi dieci anni per ben quattro volte, delle città scandinave hanno vinto questo illustre premio. Da ciò è possibile intuire come le politiche ambientali legate a questi luoghi siano di gran lunga maggiori rispetto agli altri Paesi della comunità europea e non solo. Al contempo ciò presuppone la presenza di rigide politiche per quanto riguarda la preservazione del paesaggio e la costruzione di nuove strutture. Arrhov Frick è l’esempio perfetto di come una piccola realtà si debba confrontare con rigidissime costrizioni per la realizzazione di un singolo progetto, rimanendo al contempo competitiva nella sua offerta. Tra le maggiori difficoltà da superare possiamo evidenziare il costo di produzione dei materiali, la mano d’opera, il trasporto dei materiali, fino ad arrivare all’impatto ambientale che i materiali stessi hanno durante la loro produzione e al riciclo. In tutto ciò la difficoltà maggiore sta nel dover coesistere con le richieste ed i gusti di un cliente che orientativamente risulterà avere un budget inferiore alle spese e pretese. Dovendo convivere con questa moltitudine di problematiche, giovani studi, in questo caso ricollegabili ai territori scandinavi, sono riusciti a trasformare determinate restrizioni in una filosofia di progetto identitaria, mantenendo la propria impronta in ogni singola architettura. Riuscendo spesso a conservare un contatto diretto con la persistenza in senso stretto, sia a livello di natura, forma e linguaggio, incentivati dall’utilizzo di materiali provenienti dalle loro terre, ed il conseguente crollo dei costi. Uno degli espedienti più comuni per minimizzare l’impatto ambientale dei processi costruttivi, è la standardizzazione degli elementi compositivi. Ottimizzando passaggi

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fondamentali come il trasporto ed il costo di produzione delle componenti. La prefabbricazione impone un lungo processo di studio al dettaglio di tutti i processi costruttivi riducendo al minimo la possibilità di errori, che solitamente porterebbero a considerevoli tagli del budget e incremento sulle tempistiche. Il numero delle ore che la mano d’opera dovrà svolgere in cantiere sarà ridotto al minimo. Dovendo occuparsi del solo assemblaggio in loco, attraverso un effetto a catena, questo comporterà una riduzione drastica dei costi e degli incidenti sul cantiere, garantendo così maggiore pulizia e agibilità nelle aree di lavoro. Questo è garantito dalla produzione di ogni singolo elemento, che comporrà l’edificio, all’interno di fabbriche o industrie, rilegando il cantiere al singolo compito dell’assemblaggio. Ciò implicherà la riduzione del numero di spostamenti di materiali e operai. Inoltre, sarà possibile raggiungere un altissimo livello di specializzazione delle componenti, riducendo al minimo la possibilità di sviste, avendo a disposizione un processo di costruzione quasi completamente automatizzato. Infine, i costi di eventuali imprevisti saranno quasi ininfluenti, dovendo ogni singola componente superare rigorosi controlli prima della consegna. In aggiunta, uno degli elementi caratterizzanti di queste architetture, specialmente in paesi come Svezia, Norvegia e Finlandia, sono le grandi vetrate. Esse giocano un ruolo fondamentale sull’impatto ambientale dell’intera Scandinavia. Questi territori sono caratterizzati da lunghi periodi dove le ore di luce sono nulle, portando al massiccio consumo di elettricità per l’illuminazione degli spazi interni delle abitazioni. L’attenta analisi dei percorsi solari e il successivo orientamento delle abitazioni, garantisce un forte aumento della quantità di luce naturale che penetra all’interno degli spazi abitati,

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Figura 10 Arrhov Frick, Hammarby Gård Stoccolma, 2015

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implementato a sua volta dalla costruzione di ampie vetrate, anch’esse frutto di un processo di industrializzazione. L’unione di tutti questi fattori porta all’abbassamento dei consumi di elettricità di ogni singolo abitante, facendo arrivare ad essere i paesi scandinavi i maggiori importatori di elettricità in Europa. Mutando la scala di progetto, cambiano le tempistiche di realizzazione, i costi e molti dei fattori messo in evidenza in precedenza, passando dalle piccole abitazioni private che si mimetizzando nel bosco al più generico “housing block” all’interno di spazi abitativi urbani o maggiormente densificati. Alla base di entrambe le tipologie rimangono gli stessi valori di fondo, nel primo caso potremmo avere la creazione di pali strutturali in legno, appositamente selezionati e tagliati da aziende specializzate, passando per una facciata in blocchi di calcestruzzo prefabbricato assemblabili in loco. Ad aumentare ancora di più la possibilità di relazione dei differenti apparati che andranno a comporre l’edificio, dall’ingegnerie, che disegna la struttura fino ad arrivare alle aziende specializzate si utilizzano differenti software, che si identificano sotto l’acronimo BIM, “Building Information Modeling”, che facilita lo scambio e l’interoperabilità delle informazioni. Il BIM consente di progettare, costruire, mantenere e utilizzare le nostre infrastrutture, in maniera più efficace poiché integra in un unico modello intelligente tutte le informazioni utili in ogni fase della progettazione architettonica, strutturale, impiantistica, energetica e gestionale, rendendole sempre disponibili, e aggiornandole in modo coordinato, in ogni fase del processo. Esso influenza ancor di più quelli che sono i processi di realizzazione di progetto sia dal lato economico che di sostenibilità. Nel primo caso il vantaggio si ottiene attraverso la velocizzazione sia in termini di tempo e risorse

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spese nel verificare ogni fase del processo, sia in termini di una corretta pianificazione dei tempi e dei costi di costruzione eliminando eventuali errori. Nel secondo caso si riesce a mantenere un basso impatto ambientale, consentendo una produttività più efficace, una riduzione dei rischi di cantiere, una migliore manutenzione e gestione dell’edificio e persino un corretto riciclo dei materiali postdemolizione. Questo mezzo permette a piccoli e grandi studi di preventivare ogni singolo movimento per la struttura, dal singolo costo ad un mutamento nel quantitativo di luce giornaliera che entra nel singolo appartamento. In conclusione, l’unione di tutti questi processi di elaborazione progettuali e di regolamentazioni sul costruire, possono essere riassunti secondo una politica o movimento chiamato “Architettura sostenibile”. In rispetto del territorio che ci circonda, con l’obbiettivo di rallentare il continuo declino dell’ecosistema terrestre, cercando di creare un’architettura ad impatto 0.

Forma e natura Il paesaggio spesso risulta esse elemento connotante e distintivo per l’identificazione di molte architetture. Esso modifica e genera idee, portando l’architettura stessa a adattarsi a ciò che risulta già presente. Le scelte compositive si ripetono in modo costante all’interno di specifici contesti, dal colore bianco delle case greche alla pendenza delle falde del tetto nei paesi scandinavi, frutto di una conoscenza passata di un territorio a cui l’uomo si è dovuto adattare. L’architettura ha il compito di superare le difficoltà che alcuni territori presentano, generando soluzioni che

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l’uomo successivamente andrà a ripetere come elemento ponderante e costitutivo alla base di ogni progetto. Tutto questo rende l’architettura di un territorio iconica e difficilmente replicabile in habitat differenti, perché fuori contesto. La storia che un linguaggio architettonico porta con sé è frutto di un’evoluzione costante che gli ha permesso di adattarsi al meglio con l’ambiente circostante. Sarebbe come spostare la tipica casa nel bosco scandinavo sul mar Mediterraneo, ed è subito possibile intuire come essa sia fuori posto. Di conseguenza si può affermare come gli elementi naturali che compongono il territorio, dalla flora a la fauna fino alla moltitudine di bacini d’acqua o alle grandi foreste di conifere, formano quell’iconico ed immutabile contesto che rende questi territori e di conseguenza le architetture che lo popolano come uniche nel suo genere. Questo forte rapporto con la natura, che definisce l’architettura come una sua estensione artificiale, non porta con sé un collegamento con un’architettura organica, dove le forme cercano di essere dei prolungamenti degli elementi naturali, ma cerca invece di adattarsi ad un contesto, mimetizzandosi, usando prodotti che provengono da quei territori in cui si collocano. Esse rimangono spesso solamente forme pure, non astratte, frutto di un attento studio della natura, ma riducibili sempre ad un archetipo. Il fine è quello di mimetizzarsi nel paesaggio, seguire con attenzione le dinamiche ecosistemiche del luogo e ridurre al minimo l’impatto antropico. Molti dei progetti realizzati dallo studio Arrhov Frick, ma più in generale delle tipiche “case nel bosco”, cercano di reinterpretare in chiave contemporanea forme, tecniche e conoscenze del passato, creando un legame affettivo con l’ambiente costruito. Materialità, come ad esempio l’odore del legno grezzo creano un’atmosfera

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PROCESSI


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intima e accogliente, legata allo scenario naturale grazie a delle ampie aperture figlie di specifici bisogni. Il ruolo dell’artigiano può essere riassunto in un’ottica di ritorno dell’architetto ad un ruolo oramai scomparso, dove la cura del dettaglio e la capacità di trasmette all’interno del proprio progetto le volontà del cliente. Attraverso le veridicità dell’atto costruttivo, attuabile ancor di più ad una scala di progetto minore, l’architetto/artigiano ha la possibilità di manovrare e modulare ogni singolo dettaglio dell’architettura, oltretutto favorito da una delle maggiori innovazioni nel campo costruttivo, il BIM, che permette di aver una specializzazione di ogni singolo componente. Ciò che distingue un prodotto industriale da uno artigianale sta nella cura del dettaglio e nella differenziazione tra un elemento e l’altro dove niente uguale a sé stesso. Il processo industriale permette la creazione di un prodotto seriale, contrariamente, il prodotto artigianale non è riconducibile ad un’ottica del “tutto uguale”. Possiamo dire che l’architetto è un artigiano che può modellare il proprio manufatto usando prodotti industriali. In quest’ottica si pone il lavoro dei due architetti J. Arrhov e H. Frick, dove ogni singolo progetto entra in simbiosi con il territorio che lo circonda, portandolo ad essere un elemento delicato e ogni volta diverso. Come un prodotto artigianale esso ha come obiettivo il rispetto del luogo in cui prende vita. Ma che riconduce ad un senso di intimità e di privacy, all’interno dello spazio stesso, senza renderli asettici e cucendoli attorno a chi li vivrà. In conclusione, specialmente nei casi studio che verranno analizzati, si rivela fondamentale la relazione della forma con la natura e viceversa. Che sia per obbligo o per volere, la forma tende a adattarsi alla persistenza utilizzando differenti espedienti. Nelle aree di lavoro dove la pendenza del terreno

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Figura 11 Arrhov Frick, Vattern, Jonkoping, 2010

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non dà la possibilità di costruire semplicemente adagiano la struttura sul terreno, la costruzione tenderà ad imporsi su di esso attraverso l’artificio. L’artificio implica tecniche di manomissione del territorio, esportando o comprendo il materiale della superficie. In entrambi i casi si cerca sempre di mantenere un forte dialogo con il terreno, sia attraverso una continuità materica, che con il proseguimento del pendio da parte della struttura. Significativi sono i due casi studio, Atelier Lapidus e Fem Hus housing block. In altri casi, l’architettura si muove, si distorce, cercando di seguire quella che è la natura in un senso più astratto, portando ad essere l’irraggiamento e la ventilazione che andranno ad influenzare la forma. Si può notare come rispetto ai casi studio sopra citati, la ricerca di un contatto con la natura porta alla riduzione dell’impatto ambientale e dei costi di costruzione. Uno degli esempi più caratteristici, proviene sempre da un edificio dello studio Arrhov Frick, House in Viggsö, essa si adagia su un pendio roccioso senza mutare la preesistenza. Questa struttura idealizza il concetto di un’architettura temporanea, dove il sollevamento dell’abitazione su una struttura di pali in legno, la riconduce ad un senso di sospensione di naturalità, riportandola quasi indietro nel tempo a qualcosa di rude. In questo esempio vediamo come la natura prende il sopravvento e l’artificio umano risulta mimetizzarsi nel fitto bosco. In ognuno di questi esempi è possibile notare che la chiave di lettura di queste architetture risiede nel rapporto tra forma e natura. Questi due elementi si trovano in continua relazione ma nessuno dei due tende ad imporsi in maniera preponderante sull’altro, lavorano in simbiosi in modo da nascondere l’architettura stessa, mimetizzandola all’interno della territorio o di obbligarla ad uscire e rendersi

Forma e natura

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partecipe di un territorio, astraendosi dall’elemento naturale che può anche essere identificato nell’urbanizzato, ma che in esso si muove in maniera apparentemente irregolare, ma che in realtà nasconde una motivazione riconducibile ai principi precedentemente evidenziati.

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arrhov frick


“The project’s materially and construction technique were adapted to economize the amount of material as well as to reduce the hours of assembly. Due to the house of prefabricated concrete the facades and dividing walls are loadbearing element – the construction method was simplified, the building time shortened, and the details prepared for budget cuts. Furthermore, because of the building’s simplicity the qualities of the project could be retained, regardless of the builder. The process became an important tool for other projects, dealing with question on how to turn constraints into assets. ” 2G, Juhani Pallasmaa, Ilka and Andreas Ruby, Johan Linton, Arrhov Frick, Barcellona, 2018

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Figura 12 Henrik Frick,

Lo studio di architettura Arrhov Frick è fondato nel 2010 dagli architetti Johan Arrhov e Henrik Frick, uniti dopo la partecipazione della decima Edizione del concorso europeo “Europan – Europe” del 2009. Questo concorso, oltre a dar luogo alla nascita della collaborazione tra i due architetti, li vide anche vincitori, con un progetto che prevedeva la realizzazione di un edificio ad uso di eventi culturali all’interno di un lotto verde in prossimità del mare, con annessa la realizzazione di un parco e di una rete pedonale che dia accesso ai pedoni alle qualità naturali della città svedese di Östhammar, cittadina di poco più di 4.000 abitanti a Nord di Stoccolma, con un affaccio diretto sul mare. Oggi lo studio è composto da 12 collaboratori provenienti da diversi Paesi, con sede a Stoccolma, in Svezia. I loro progetti architettonici, fino ad oggi, si sono concentrati principalmente nella città di Stoccolma e nell’arcipelago di isole limitrofe, spesso attraverso la costruzione di case vacanza o complessi abitativi. Le loro costruzioni sono la raffigurazione di un’architettura nuda, spoglia e logica a livello strutturale oltre che costruttivo, che appare oggi come un determinato riorientamento nei valori architettonici e nell’aspirazione comune. La loro ricerca persegue attraverso la riduzione della forma alla sua struttura minima, razionalizzata, alla sua geometria più semplice e ad un’articolazione pragmatica di proporzioni e dettagli, senza aspirazioni separate di selezione. Ciò che ne consegue spesso si rispecchia in forme archetipiche, riconducibili a gli schizzi preparatori di ogni singolo progetto. Essi tendono attraverso l’utilizzo di pochi tratti e colori, a rappresentare l’anima stessa dell’edificio. In questo caso la riduzione del disegno ad una sintesi massima, risulta essere immediato il volere di Arrhov Frick. Il peso di queste scelte tipologiche costruttive

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è riconducibile ad un rispetto delle tematiche ambientali presenti negli ultimi anni ove ogni singolo elemento viene adoperato in modo da minimizzare il suo impatto sul pianeta, durante il suo intero ciclo vitale, dalla creazione, l’utilizzo di specifici materiali, alla dismissione e la conseguente possibilità di riciclo. In questo modo minimizzando il gesto compositivo, Arrhov Frick creano un duplice messaggio: il mantenimento di un linguaggio architettonico ben radicato nel territorio e al contempo una sensibilizzazione rispetto a tematiche come il consumo materico, riconducibile al concetto di rispetto della natura. La planimetria e le varie funzioni sono subordinate alla regolarità dell’ordine, un risultato continuativo, sempre presente, che contraddistingue ogni loro singola architettura, sia in fase di progetto che di cantiere. Questa costruzione logica dell’architettura non è data da un processo solamente tecnologico, non si immedesima in una struttura ripetitiva, ma a un riferimento unico, un modello diversificato per ogni singolo progetto. L’estrema cura del dettaglio tecnologico e l’approccio ingegneristico delle loro architetture, ne garantisce si una standardizzazione del prodotto, ripetuto, che non perde qualità artistiche e singolari, ma anzi esprime una loro unicità. Ogni singolo elemento progettuale nasce da uno studio approfondito, che lo rende specificatamente elaborato per quel singolo compito, con caratteristiche personalizzate, ove la sua collocazione all’interno del progetto risulta esser frutto di un più ampio ragionamento. Da ciò ne deriva sia un processo legato all’industrializzazione del prodotto, ma che contrariamente a ciò, in epoca odierna, permette di crearne una sua singolarità, idealizzato

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come l’evoluzione tecnologica di una cultura artigianale. Uno dei processi creativi più cari allo studio svedese sta nell’essere limitati nel primo approccio progettuale, partendo da qualche principio elementare, iniziano a disegnare, pensando profondamente all’edificio in modo qualificato e concreto. In un’epoca fondata sull’immagine e l’estetica, quando tutto: personalità, comportamento, politica e persino, il solo parlare di architettura e prodotti di consumo, si è trasformato in un irritabile calcolo estetico e di manipolazione, questo semplice realismo appare come una purificazione o riforma. Questo è ulteriormente rafforzato dalla loro esplicita voglia di immedesimarsi nella cultura artigianale, nello studiare attentamente i dettagli, che caratterizzano il loro modo di lavorare. Ogni singolo dettaglio viene attentamente curato e modellato in modo da coincidere perfettamente con gli altri elementi compositivi. Come precedentemente affermato, alla base di ciò non vi è il solo porsi controtendenza contro una cultura architettonica apparentemente legata solamente all’aspetto esteriore, ma nell’avanzamento che sta nel riuscire a mantenere un processo di lavoro, come quello artigianale, spesso delineato come obsoleto, in una chiave moderna, dove attraverso la cura del singolo dettaglio in un processo oramai meccanizzato, si riescono a ridurre al minimo i consumi sia in ordine materico che monetario. Conseguentemente risulta visibile come la loro qualità viene evidenziata nella riduzione all’essenziale, e alla precisione nel porsi controcorrente rispetto alla fascinazione. L’edilizia abitativa in Svezia è complessa perché il budget è limitato e il costo di costruzione è molto elevato, il che lascia poco spazio all’invenzione, creatività. Occorre procedere quindi nella

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Figura 13 Johan Arrhov

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progettazione a piccoli passi e studiare le opportunità che esistono. Il risultato di ciò è l’adattamento, evolvendo si è iniziato a modificare il linguaggio dell’architettura. Questi limiti sono finiti per diventare punti cardine del loro linguaggio compositivo, che possiamo notare nella lettura dei processi costruttivi delle architetture di Arrhov Frick, la loro idea di architettura è appunto frutto di determinati obblighi o esigenze date dal contesto. Uno dei differenti stratagemmi che vengono usati all’interno delle loro costruzioni sta nel non identificare l’immagine come obiettivo cardine, tendono contrariamente a pensare a come utilizzare un sistema di prefabbricazione esistente o uno specifico assemblaggio, questo però non implica una perdita nell’estetica, anzi ne amplifica l’imprevedibilità, garantendo una bellezza velata ed autentica. In conclusione, lo studio Arrhov Frick si diversifica per il loro approccio al lavoro, ponendosi in controtendenza rispetto alle correnti architettoniche presenti nel panorama odierno. Uno degli elementi che li contraddistingue è la composizione di disegni prodotti in modo sistematico per garantire qualità fondamentali ai loro progetti, un processo oramai reso obsoleto, che riporta in mente la relazione con la cultura artigianale. Il lavorare con modelli e valutare piccoli cambiamenti nella massa risulta essere poco interessante per loro; questo perché semplicemente non sono alla ricerca di una perfezione stilistica o armoniosa come fine ultimo, ma ciò sarà il risultato di un lungo processo di studio ed analisi. Nei passaggi successivi, quando il progetto esce dal cantiere, a volte può sembrare un po’ inclinato, con proporzioni inaspettate, e questo è qualcosa che apprezzano e che li caratterizza; creano il loro linguaggio che sembra comportare un approccio di fatto, senza

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aspirazioni estetiche separate, risultando leggero, raffinato e piacevole. Il piano tipo di Arrhov Frick è composto da strutture quadrate e minime, con un dettaglio che segue una logica edile piuttosto che qualsiasi obiettivo visivo, idealizzato in concetto di bellezza unicamente estetica. Il resoconto che può risultare a primo impatto caratterizzante, nella loro architettura, è con la natura e con il luogo. Possiamo suddividere i loro lavori in due categorie, le realizzazioni urbane e quelle rurali. Le prime caratterizzate da una forte lottizzazione e standardizzazione dei processi costruttivi, posizionati come elementi di un puzzle inseriti in una preesistenza di un contesto cittadino. Le seconde sono piccole case vacanza collocate nel verde della campagna svedese. Queste differenze in realtà non esistono; come precedentemente evidenziato, i caratteri portanti sono dati dal linguaggio, riassuntivo della tecnica e del ragionamento costruttivo, ma anche di un processo di immedesimazione e rispetto all’interno di un determinato luogo, che può essere in città o in aperta campagna. Il modo di lavorare rimane lo stesso indipendentemente dalla presenza di preesistenze legate alla natura o all’artificio. Che vi siano rocce ed alberi o strade ed abitazioni, la loro architettura tende a adattarsi non ad imporsi, crea relazioni, cerca di lavorare in simbiosi con gli elementi che la circondano, attraverso l’adattamento ed il mutamento della propria forma o posizione fino alla ricerca di un dialogo con la materialità propria del luogo. A prescindere dalla scala d’intervento la matericità e il dettaglio costruttivo ne fanno la propria cifra. Come precedentemente accennato, risulta essere molto forte il loro interesse negli aspetti costruttivi dell’architettura, particolarmente dal punto di vista ingegneristico più che architettonico.

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L’interesse per il lato tecnico caratterizza il loro lavoro in modo molto diretto, tecnicamente ed economicamente. Come nella maggior parte degli studi di architettura sono presenti differenti componenti nel personale, che hanno specifici compiti da svolgere, mirati verso un determinato campo di lavoro. Le figure più singolari sono evidenziate dall’architetto e dall’ingegnere, in continua contrapposizione, ma che contrariamente a ciò nello studio Arrhov Frick si fondono, lavorando in simbiosi l’uno con l’altro, non etichettandoli i loro compiti in due processi distinti. L’umiltà del loro lavoro rappresenta l’antitesi delle ambizioni megalomane emerse anche nell’architettura nordica. Emblemi della tradizione “genuina artigianalità” processo di realizzazione e di impegno nelle realtà della costruzione, del materiale e del lavoro in modo incarnato e immersivo, che è in gioco nell’odierna pratica computerizzata e nel culto ossessivo dell’immagine visiva. Il distanziamento odierno del lavoro architettonico dall’atmosfera autentica di officine, cantieri e dalla fisicità stessa del lavoro è un’architettura gravemente impoverita e fuorviante.

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casi studio


Figura 14 Arrhov Frick, Inmgaro, Sketch, Ingaro, 2014

Consideriamo sei progetti realizzati negli ultimi anni dallo studio Arrhov Frick: House in Viggsö, Atelier Lapidus, Skägga, House in Lilla Rågholmen, Brunstorp housing block, Hammarby Gård housing block e Fem Hus housing block. Attraverso un processo di analisi del linguaggio che contraddistingue questo studio, risulteranno emblematiche le chiavi attraverso cui poter leggere in modo più chiaro i seguenti casi studio, non evidenziando solamente abilità costruttive, progettuali o estetiche, ma si cercherà di approfondire l’essenza stessa delle opere. Caratteristica unificatrice di tutti i progetti è il tema dell’abitare, attraverso l’uso di scale e paesaggi differenti. I primi tre progetti sono abitazioni private monofamiliari, spesso utilizzate solamente come case vacanze, contraddistinte dall’immersione nella natura. Le restanti tre architetture sono sviluppate in una scala maggiore, attraverso blocchi abitativi, strutture plurifamiliari, spesso edificate in aree con una densità abitativa maggiore rispetto a precedenti progetti, ove il contesto risulta essere artefanno e non naturale. Un’attenta analisi rispetto alle tematiche fino ad ora analizzate, ove principi cardine rimangono forma e natura, faranno parte del percorso conoscitivo di queste opere. Nei sei progetti si riconosce in determinate scelte compositive, materiche o logistiche il rapporto che Arrhov Frick hanno con alcuni dei grandi maestri dell’architettura scandinava e mondiale, passando da Sverre Fehn a Frank Lloyd Wright. Nei progetti considerati Arrhov Frick sviluppano proposte chiare basate su una profonda comprensione dei contesti specifici e dei limiti economici, tendendo a ridurre l’architettura ai suoi fondamenti, spesso con un’enfasi sulla funzione, sui materiali di base e sull’economia materica, tecnologica e strutturale.

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House in Lilla Rågholmen Residenza privata Lilla Rågholmen 2017




Casa in Lilla Rågholmen è una residenza privata costruita appunto a Lilla Rågholmen, una piccola isola privata nell’arcipelago di Stoccolma, in Svezia. Per questo progetto è stata utilizzata una pianta libera, flessibile, con facciate aperte, struttura a vista e aperture orizzontali che può essere interpretata come un’evoluzione degli spazi abitativi secondo i dettami dell’architettura scandinava tra l’Otto e il Novecento. Possiamo trovare elementi di forte richiamo con quelli di Villa Edstrand a Falsterbo di Sigurd Lewerentz, costruita tra il 1933 e il 1947. Questa è una piccola villa per vacanze, in un lotto di terra al di fuori della città di Stoccolma, vicino al mare, dove l’elemento connotativo, come possiamo notare anche nel progetto di Arrhov Frick è lo studio della luce attraverso le aperture, gli infissi e i serramenti che, grazie ad elementi scorrevoli, mantengono sia la possibilità di privacy che ampie vedute aperte sul paesaggio circostante. La struttura della costruzione nasconde la visione diretta sul panorama, giocando con linee e rette che creano tagli e ombreggiature, diversificando le vedute verso e dal contesto, verso gli alberi, il verde, le rocce e i pendii. In essa vi è un completo abbandono di qualsiasi pregiudizio formale, mostrando i frutti di una ricerca poetica personale ove non trovano più posto linguaggi e formalismi precostituiti, improntata piuttosto sulla certezza che l’architettura è espressione di un bisogno. Questo distaccamento da un linguaggio univoco presente sia nella Casa in Lilla Rågholmen che nella Villa Edstrand viene enfatizzato nell’uso dei materiali, in questo caso più resistenti e adatti alle rigide condizioni del clima, una scelta quasi obbligata ma che anche nel passare del tempo risulta essere continuativa. Entrambe le abitazioni presentano una grande apertura verso l’esterno,

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Figura 18 Pianta House in Lilla Rågholmen Figura 19 Sezione House in Lilla Rågholmen

anche se nel progetto dello studio Arrhov Frick, in maggior presenza, garantita da un processo di innovazione tecnologica, come dalle ampie vetrate e la forte presenza del cemento come elemento di protezione, consolidante per la struttura in entrambi i casi, che si adatta con la preesistenza. Il cemento nella Casa in Lilla Rågholmen sale a formare il perimetro dell’abitazione, livellandola rispetto alle increspature del terreno. Questo forte elemento basamentale continua anche internamente formando dei particolari giochi formali, con l’intento di creare uno spazio caldo e con maggiore privacy il perimetro esterno, internamente risulta scavato di qualche decina di centimetri in modo da creare un davanzale o una panca, in base all’uso che se ne vuole fare, che perimetra l’intera abitazione. Esso è elemento gettato in opera, probabilmente l’unico non prefabbricato che, come detto, si collega in maniera continuativa alle fondamenta. Oltre che essere elemento interno, incorpora in sé il concetto di limite, come confine delicato, che separa l’ambiente interno dall’esterno, rafforzato da questo piccolo dislivello oltre che l’avere un forte di risparmio materico intelligente, la creazione di una panca interna che forma il limite della casa, oltre che l’appoggio per i pilastri strutturali. Questa soluzione permette di incorporare più funzioni in un unico elemento. Identifica in maniera univoca i caratteri ed il linguaggio architettonico dello studio Arrhov Frick, dove attraverso una soluzione tecnica e tecnologica, si riesce a creare un risparmio materico di forte impronta estetica, che mantenga un linguaggio minimalista. Dal plinto, una griglia quadrata di 16 pali in acciaio si estende verso l’alto per sostenere un tetto in legno a sbalzo basso, che limita in confini quasi invisibili della casa. Lo spazio che si viene a creare internamente può

House in Lilla Rågholmen

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essere riconducibile ad un padiglione espositivo, interamente racchiuso in una scatola vetrata, che ha la capacità di eliminare anche solo per un istante il confine tra interno ed esterno. L’effetto di una struttura eterna, quasi asettica, come se composta da un solo principio è garantita dai pochi elementi fissi presenti nella pianta: una cucina al centro della casa, tramezzi intorno alle camere da letto e al bagno, oltre che un camino sospeso, che diventa elemento di contraddizione con la linearità della struttura, questo stesso effetto lo conduce ad essere fulcro sospeso, riconducibile al concetto assegnato ai camini nei progetti di Frank Lloyd Wright. Consapevole coerenza con le premesse della modernità, pur se non necessariamente con i suoi stilemi oramai consolidati. Denuncia la volontà di proteggere l’intimità familiare, lasciando al contempo libera la visuale dell’interno verso le rocce, il verde ed il mare. Infine, la presenza di ampie vetrate che la cingono, oltre che fungere da barriera, come elemento costruttivo in sé per sé, attraverso la matericità del vetro creano un limite invisibile, che sommato alla presenza di sottili pilastri strutturali che mantengono la copertura, annullano il concetto di barriera. Contrapponendo la pesantezza del basamento in calcestruzzo che si adagia sopra il pendio roccioso con la leggerezza di una semplice copertura in legno, questo concetto viene ulteriormente amplificato.

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Atelier Lapidus Residenza privata Skägga 2017




Atelier Lapidus è una residenza estiva situata in una delle più grandi isole dell’arcipelago di Stoccolma, nella città di Skägga. Una piccola struttura collocata all’interno di una foresta, come in Casa in Lilla Rågholmen, le facciate aperte annullano il confine tra interno ed esterno. L’abitazione poggia su un lotto di discrete dimensioni, anch’esso risulta essere una pavimentazione in cemento che si posa sulle differenti increspature della roccia, portando l’intero piano a livello. Evidenti sono i punti di massimo e minimo del basamento rispetto alle rocce su cui appoggia, passando da pochi centimetri fino ad arrivare a più di un metro. La colata di cemento risulta essere più ampia dell’area dell’abitazione perché essa annette un prolungamento dove è posizionata una piscina interrata, in questo caso nel basamento. In conclusione, la struttura risulta essere chiara e minimale, ove la base in cemento si appoggia sulla topografia rocciosa dell’isola, livellandola, in modo da realizzare un basamento solido dove posizionare la pianta della struttura e la piscina. Sopra questa massiccia colata di cemento sono state inserite nove colonne in acciaio, 70x70 mm, alte 6 m, che compongono la struttura portante dell’edificio e che permettono la realizzazione di queste ampie vetrate, richiamando lo stesso procedimento costruttivo presente nella Casa in Lilla Rågholmen. La facciata è realizzata con massicci assi di legno prefabbricate, che stabilizzano la struttura ed incorniciano la suddivisione dei piani, oltre che garantire una forte geometrizzazione della facciata. La scelta degli elementi lignei in facciata è stata frutto di uno studio sul contesto e sulla matericità degli elementi costruttivi, in modo da non imporre una struttura asettica, frutto solo di scelte di design all’interno di un contesto armonico e puro come

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Figura 25 Pianta, Atelier Lapidus Figura 26 - 27 Sezione, Atelier Lapidus

Atelier Lapidus

quello naturale. Internamente è possibile ritrovare un ulteriore elemento che accomuna questo progetto con Casa in Lilla Rågholmen, anche se in scala ridotta, ossia il dislivello interno rispetto al basamento. Internamente, in questo caso solamente nella zona giorno, risulta esserci un dislivello di 20 o 30 cm rispetto allo spazio cucina e all’area esterna. Questo stratagemma, oltre che un chiaro risparmio materico, permette la creazione di una zona più intima rispetto allo spazio esterno dell’abitazione e al contempo anche se non vi è la netta separazione degli spazi, attraverso paramenti murari è possibile creare una ridefinizione degli spazi interni, un’immedesimazione nel roumplan di Adolf Loos ad una scala ridotta. Le finestre che circondano quasi interamente i due livelli dell’abitazione sono rivestite da una sottile copertura a doppia falda, con un forte richiamo ad una struttura archetipica. Il piano terra, spazioso e libero ha solo pochi elementi fissi, come la cucina ed il bagno, mentre il piano superiore distribuisce le camere ed i servizi. Attraverso l’utilizzo e la scelta di differenti materiali si garantisce una chiara suddivisione degli spazi, passando da materiali freddi, come il cemento per il piano terra, legato maggiormente all’intrattenimento degli ospiti o al tempo libero, mentre il legno, più caldo nel piano superiore, legato ad una maggiore privacy personale. Questo lavoro porta a ridurre l’architettura ai suoi fondamenti, sviluppando una proposta chiara, basata sulla profonda comprensione dei contesti specifici ed economici. La singolarità degli elementi costruttivi e delle scelte materiche per la suddivisione degli spazi interni ed esterni sono alla base di chiare scelte economiche e formali, frutto di un approfondito studio, che non le ha viste prender vita per un semplice fatto

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estetico o di gusto. Ritornando al concetto di basamento, possiamo notare come nell’Atelier Lapidus questa procedura si ripete, prendendo esempio dai precedenti casi studio, Casa in Lilla Rågholmen e Casa vacanza in Viggsö, dove nel primo caso, la stessa soluzione, un basamento in cemento, permette all’abitazione di adagiarci su un terreno impervio, ma che non ne provoca un distacco formale, ma un’immagine chiara che vive in simbiosi con la preesistenza come se fosse frutto del terreno stesso. Il secondo caso, Casa vacanza in Viggsö, trasmette anche esso lo stesso concetto, ma a differenza di esse si sopralza rispetto al terreno, non ci si adagia, richiamando la crescita degli alberi che la circondano, cercando così un effetto quasi mimetico, garantito oltre tutto dalla sua forte matericità. Queste è possibile che siano delle conclusioni logiche in un paese come la Svezia il cui territorio è per la maggior parte disabitato e dove gli insediamenti umani si sentono ospiti.

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House in Viggsö Residenza privata Stoccolma 2016




La Casa vacanza in Viggsö è una piccola abitazione collocata nell’isola di Viggsö all’interno dell’arcipelago di Stoccolma. Questo progetto può essere identificato come esemplificativo all’interno del linguaggio architettonico dello studio Arrhov Frick, riassume la perfetta sinergia tra l’ingegneria e l’architettura. L’abitazione sorge su un lotto vergine, di piccole dimensioni, completamente immerso nella natura, a strapiombo su una piccola distesa di sabbia fronte mare. La metratura così raccolta ha obbligato Johan Arrhov e Henrik Frick alla creazione di spazi complessi, multiformi e diversificati, ove il singolo elemento tecnologico deve svolgere opportunatamente un triplo ruolo, estetico, tecnologico e funzionale, in modo da garantire solidità all’intera struttura oltre che l’uniformazione di un linguaggio. Il processo di costruzione e progettazione spesso scandito da un lungo ragionamento, dovendo il progetto coesistere con due forti costrizioni, un budget minimo, che stabilisce i principi di origine di questa residenza privata ed il trasporto dei materiali costruttivi, che doveva avvenire in maniera efficace sull’isola, data anche la forte incidenza sul budget. Una seconda tematica che identifica il metodo di riflessione e relazione del loro pensiero con i propri progetti è riassunto attraverso semplici parole: trasporto e assemblaggio. Queste singole azioni hanno inciso in maniera drastica sull’identificazione dei materiali e sulla configurazione del progetto. Ogni singolo elemento doveva superare differenti gradi di analisi per poter essere scelto, in primo luogo il costo, successivamente la facilità di trasporto, l’assemblaggio e la materialità. Questo processo scaturisce nel rispetto di un determinato linguaggio, che non si allontana in modo sproporzionato dal contesto naturale che lo circondava, ma che in

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Figura 33 Esploso struttura House in Viggsö Figura 34 Sezione, House in Viggsö

House in Viggsö

contrapposizione ne crea continuità. A partire dalle suddette considerazioni risulta evidente come la struttura in legno, che forma l’ossatura dell’abitazione, risulta semplice ed al contempo economica, In tutto ciò la matericità degli elementi costruttivi scelti gli ha permesso di poter essere trasportata ed assemblata in modo efficiente sull’isola, e successivamente di supportare campate relativamente grandi. Sintetizzando, un budget limitato era indubbiamente l’elemento con cui confrontarsi che è diventato una parte rilevante del design della casa. Gli interni sono stati altrettanto frutto di un complesso ragionamento, che ha portato ad una forte standardizzazione dei volumi. L’abitazione è suddivisa in tre parti uguali, di 20 mq ciascuna, riassumibili nel volume d’ingresso, nel soggiorno a doppia altezza e nella terrazza aperta affacciata sull’acqua. L’intera struttura è stata innalzata a graticcio su dei pilastri in legno, essi oltre a compiere un compito strutturale, sostenendolo a svariati metri d’altezza rispetto al terreno, la mascherano in differenti angolazioni all’interno di un paesaggio naturale. Tali elementi strutturali affermano una condizione temporanea, di passaggio, una sospensione dal terreno e dalla natura, che accoglie l’abitazione come elemento estraneo, che la protegge tra la sua scogliera che brulica di pini, erica, licheni e bacche selvatiche, tipiche del luogo, creando uno spazio senza pretese all’interno del paesaggio. La copertura è costituita da un semplice pannello ondulato in plastica sorretto da una struttura in legno a due falde, questi elementi sommati alla semplicità della struttura riportano l’immaginario dell’architettura ad una struttura basilare, archetipica, rude che si connette al tema dell’artigianalità, attraverso un percorso che viaggia a ritroso nel tempo. La deprivazione di ogni

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elemento superfluo all’interno della Casa in Viggsö, derivante da una dialettica precisa, di risparmio economico, trasporto dei materiali, rispetto della natura e materico degli elementi costruttivi, ne creano un senso aulico, dove la semplicità non è frutto di una mancanza ma eleganza, raffinatezza, riverenza e solennità. La purezza e la ricercatezza non sono che effetti del rispetto per l’elemento naturale che la circonda, anche grazie ad un’introspezione materica, che si ha nel riportare la materialità negli elementi costruttivi. Il connubio di questa espressività, ne crea un’immagine quasi temporanea, illusoria, che si nasconde, denigrando l’architettura da un senso di continuità, ma ponendola in bilico, come forma, tra artefatto costruito dall’uomo ed elemento naturale emerso dal terreno come la natura che lo circonda.

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Brunstorp housing block Blocco abitativo Jönköping 2018




Il Blocco abitativo di Brunstorp è il progetto che maggiormente ha reso note le problematiche del costruire in un paese come la Svezia, con la conseguente evidenziazione delle qualità progettuali e costruttive dello studio Arrhov Frick. Limitato dal mercato locale, in una zona scarsamente popolata, come quella di Brunstorp, appena fuori dalla città di Jönköping, questo progetto è stato l’occasione per progettare 90 unità abitative economiche con un elevato tenore di vita. Il primo passo è stato stabilire una corrispondenza con i produttori di prefabbricati riguardo alle modalità di produzione di sistemi efficaci e flessibili, garantendo una forte specializzazione di ogni componente. Ciò è avvenuto parallelamente all’analisi delle tipologie abitative già presenti nell’area “urbanizzata” e alle richieste degli abitanti. Le capacità di sfruttamento del sito sono state massimizzate, creando un volume lungo, stretto e orientato nord-sud con vista panoramica sul lago Vättern. Secondo la topografia del territorio, il volume è piegato in tre sezioni, dove i piani sono stati orientati naturalmente, con camere da letto a est e soggiorni a ovest, tutto attraverso precise tipologie abitative: appartamenti tradizionali, case a schiera e unità più grandi con ampi spazi esterni. La prima delle unità abitative parte a nord ed è composta da cinque piani, progettati con un balcone longitudinale esterno rivolto ad est, raggiungibile tramite una tromba delle scale comune. Ogni appartamento ha un cortile anteriore con uno strato di vetro esterno parzialmente svincolato che separa le aperture della zona giorno. La parte centrale ha un design più classico, gli appartamenti si raggiungono tramite due scale principali, avendo un totale di sei appartamenti per

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Figura 40 Piano tipo, Brunstorp, Housing Block Figura 41 Sezione, Brunstorp, Housing Block

livello. Infine, nella parte più a sud, la struttura degli alloggi è caratterizzata da un balcone di ingresso longitudinale. Al piano inferiore, gli appartamenti sono a due piani, simili a una casa a schiera. Come precedentemente accennato l’intero edificio è costituito da un sistema di elementi prefabbricati in calcestruzzo; le pareti divisorie, solaio, copertura, facciata e balconi sono state sviluppate dopo un lungo periodo di studio e ricerca, sia a livello materico che di tecnologia costruttiva. Dopo questa lunga gestazione, si è potuto garantire un’accelerazione drastica nel processo di costruzione: sono occorsi soli 14 mesi, dal primo schizzo alla costruzione completata. Aggiunte più leggere in acciaio, vetro e plastica sono state poste sulla struttura portante creando spazi accessori e diversificati per gli abitanti. Tutto ciò ha comportato un elevato risparmio economico, sia a livello di standardizzazione dei materiali usati che di manodopera, di un’efficace suddivisione degli elementi costruttivi, che di logistica, risultati elementi chiave nella realizzazione del progetto, assicurandosi così la possibilità di rendere accessibile la vendita degli appartamenti a ceti meno abbienti, partendo da un prezzo medio di circa 1500 euro al metro quadro. Il lotto su cui sorge, come detto, si trova in un’area urbanizzata, ma con bassa densità abitativa, il che porta ad aver minori vincoli e maggiori libertà nel muovere la struttura in base alle necessità. Rilevante risulta essere la connessione con una delle opere più importanti del panorama storico architettonico scandinavo, il Sanatorio di Paimio di Alvar Aalto del 1933. Il sanatorio come nel Blocco abitativo di Brunstorp crea un immaginario distorto della struttura. Questo processo sembra essere in entrambi i casi frutto di un orientamento legato agli elementi morfologici o naturali che si trovano

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in prossimità delle aree di progetto. Entrambe le strutture sono frutto di un posizionamento irregolare di forme geometriche elementari frutto di una continua ricerca dell’illuminazione e irraggiamento, quindi una miglior vivibilità degli spazi abitati, ove nelle regioni scandinave risulta elemento vitale. Il legame con la natura risulta quasi impalpabile, ma è su di esso che la forma squadrata dell’edifico si basa. Ogni angolo o torsione della costruzione sono motivate dalla ricerca del miglior orientamento solare, oltre che dal seguire il profilo naturale del lago su cui si affaccia. In questo modo si è garantito all’interno di ogni singolo appartamento una luce naturale diffusa, quando presente, durante tutta la giornata con una conseguente riduzione dei consumi di energia elettrica. Il progetto ha ottenuto un successo così evidente da essere stato premiato all’interno del concorso europeo EU-miesward.

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Fem Hus housing block Blocco abitativo Nacka 2018




Il blocco abitativo Fem Hus, si trova vicino al piccolo paese di Lännersta, nell’area di Nacka. Nacka risulta essere la più grande isola dell’arcipelago di Stoccolma, ove la presenza di abitazioni al di sopra del suolo è di poco inferiore allo spazio verde rimanente. In Svezia le leggi urbanistiche sono molto rigide. Questo ha portato alla non completa distruzione degli spazi verdi e la creazione di tipologie abitative per lo più mono familiari. Questa area risulta essere quasi completamente dedito alle residenze, adatto alle famiglie che si vogliono allontanare dal caos urbano, ma che spesso ne devono rimanere a contatto per questioni lavorative. L’urbanistica dell’area ha dato luogo ad un fenomeno di “città diffusa” controllata. Contrariamente alla quasi monotonia delle tipologie abitative presenti nell’area, il Fem Hus è un blocco abitativo ad alta densità, nato per ospitare i lavoratori delle piccole aziende limitrofe. Il progetto è stato edificato sopra un ampio appezzamento di terreno, caratterizzato da una particolare pendenza, dal livello del mare fino alla quota strada vi sono circa 30 metri di dislivello. Il progetto ha previsto la realizzazione di cinque unità abitative ad alta concentrazione oltre che altre più piccole unità, per l’esattezza settantatré appartamenti e dieci case a schiera in tutto. Particolare attenzione fu data all’orientamento di questi edifici, in modo da catturare la maggior quantità di luce possibile, oltre che per garantire delle viste naturali, avendo davanti a sé il mare. Il progetto non prevedeva solamente la costruzione di questi edifici, ma comprendeva anche il disegno dei suoi collegamenti e spazi aperti, peculiarità sono le aree comuni, molto grandi ed arieggiate, in modo da permette la presenza di spazi giochi per bambini e spazi comuni per i residenti. Le tipologie di appartamenti sono uniche per ogni

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PROCESS

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ARCHIVE

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Figura 47 Sezione tipo Fem Hus Housing Block Figura 48 Modello Fem Hus Housing Block

Fem Hus housing block

edificio, dai monolocali agli ampi loft, e offrono una varietà di qualità, tra cui spazi a doppia altezza, tetto, terrazze e grandi aperture verso l’acqua. Le abitazioni sono costruite in mattoni, acciaio, cemento e legno, con ogni edificio che crea un’identità individuale all’interno del tutto. In esse il concetto di industrializzazione è stato quasi totalmente ridotto al minimo dalle difficoltà di trasporto in loco. Ogni elemento è stato ridotto alla dimensione minima possibile, inoltre sono stati scelti elementi strutturali facilmente adattabili ai repentini cambiamenti di quota dell’area. In tutto questo vi è stato un forte impiego della manovalanza che ha permesso la creazione di gradinate, molto simili a dei terrazzamenti, ove nelle aree livellate si sarebbero andate a posare le strutture portanti, in entrambi i casi realizzate attraverso il sistema di intelaiatura in cemento di pilastri e solai. La presenza di mattoni o di casseforme per il cemento è legata ai riempimenti delle strutture. Infine, come elementi esterni di finitura, che spesso ricalcano i lineamenti della struttura portante in facciata sono attuati attraverso l’utilizzo di elementi in acciaio, pannellature sottili, prodotti di industrializzazione, in modo da poter essere replicabili e maggiormente accessibili a livello economico e di trasporto. Il legame con la natura è sì presente ma risulta quasi impercettibile ad una prima analisi; nei casi studio analizzati in precedenza, soprattutto nelle abitazioni private monofamiliari, come ad esempio House in Viggo, è possibile notare come essi s’impongono su un territorio vergine attraverso forti speculazioni e attraverso un’imposizione in primis materica, evidenziando il forte contrasto tra l’elemento naturale e l’artificio umano. House in Lilla rappresenta questo concetto in maniera esemplare, attraverso

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OCESS

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ampie colate di cemento che levellano interamente la topografia dell’area su cui sorge l’abitazione. Contrariamente a ciò il blocco abitativo Fem Hus, si adegua ai cambiamenti ai dislivelli del terreno, assecondandoli. Risulta evidente nelle sezioni dove interi blocchi abitavi si adagiano su dislivelli di circa sei metri. In conclusione, possiamo vedere come il linguaggio architettonico dello studio Arrhov Frick, sia chiaro e ben definito, risultando flessibile ad ogni necessità, che possono essere date da budget ridotti, problematiche legate al trasporto o a complessi lotti dove operare.

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Hammarby Gård housing block Blocco abitativo Stoccolma 2015




Il blocco abitativo Hammarby Gård è una struttura residenziale all’interno della città di Stoccolma. La pianta longitudinale risulta essere semplice e chiara, essendo stata determinata con precisione attraverso i regolamenti dettati dall’amministrazione comunale che consentivano solamente un determinato sviluppo verso l’alto, un piano superiore incassato e balconi che si affacciano sul cortile. Il perimetro viene scandito dalla persistenza di un ex area industriale che attraverso un progetto di rigenerazione urbana ed interventi puntuali si è stata trasformata in un quartiere residenziale a basso prezzo, per gli standard del paese. La forma del lotto molto semplice ha permesso una forte standardizzazione degli spazi interni, che giocano attraverso l’utilizzo di geometrie semplici. In questo modo ogni singolo elemento dell’edificio è stato precedentemente studiato a tavolino, realizzato in fabbrica e successivamente assemblato sul posto. Questa forte standardizzazione degli elementi costruttivi è stata di fondamentale importanza per garantire un netto risparmio nel trasporto dei materiali, nella mano d’opera, dovendo essa solamente assemblare le differenti parti, con una conseguente maggiore pulizia del cantiere e un minor rischio di incidenti. Questo implica ancora un forte calo dei prezzi di realizzazione, che permette un conseguente minor prezzo di vendita degli immobili, a vantaggio di una maggior offerta sul mercato immobiliare anche a ceti meno abbienti. Inoltre, questo processo di solo assemblaggio in loco, presuppone, come detto, una lavorazione delle parti della struttura in fabbrica. Lo studio ha collaborato con diverse compagnie del luogo, a cui si è appoggiata per la realizzazione di tutte le

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Figura 54 Schema distributivo Hammarby Gård Housing Block Figura 55 Sezione Hammarby Gård Housing Block

componenti della costruzione, come se fosse un Lego. Questo processo ha permesso anche una forte personalizzazione delle singole componenti, uno studio del dettaglio che si aveva attraverso un confronto diretto con il produttore che, ricevuto il disegno e le indicazioni principali, produceva i singoli pezzi. Anche in questo caso, l’organizzazione del lavoro permette di ridurre il rischio di errori durante la costruzione e l’economicità della produzione, essendo le parti prodotte in serie e non in cantiere. In conclusione, la materialità e la tecnica di costruzione del progetto sono state adattate per risparmiare materiale e ridurre le ore di assemblaggio. L’edificio, che, come detto, ha una struttura, principalmente longitudinale, si sviluppa su due grandi facciate, la prima, che affacciata internamente al lotto, assorbe il sole del mattino, mentre l’opposta cattura il sole della sera. La concettualizzazione iniziale del progetto ha idealizzato ogni appartamento in modo che si estendesse tra le due facce, consentendo l’esposizione alla luce solare durante il giorno. Le planimetrie sono organizzate attorno ad uno spazio aperto che corre per tutta la profondità dell’appartamento, questo nucleo centrale ospita l’ingresso e la cucina, che successivamente si possono collegare con il salone e la sala da pranzo, che possono essere scelti dall’utente in base alle sue preferenze, orientandoli verso il cortile o sulla strada. Le camere sono collegate allo spazio principale, senza la necessità di corridoi, in modo da ridurre al minimo lo spazio inutilizzato all’interno dell’abitazione. I balconi verso il cortile ricoprono l’intera facciata e sono costituiti da una struttura in acciaio con pannelli scorrevoli in vetro, intelaiati in acciaio zincato. Questa ulteriore offerta è permessa dal costo

Hammarby Gård housing block

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relativamente basso nella tecnica di costruzione, frutto della forte standardizzazione dei processi costruttivi. Questi spazi risultano fondamentali per residenti, si contrappongono ad una facciata dura, molto materica, con blocchi in calcestruzzo geometrici che si incastrano formando i vuoti per le aperture, contrariamente a ciò questi spazi vetrati, garantiscono un’apertura verso l’esterno, un modo per vivere l’abitazione in maniera diversa, dove spesso chi vive riesce a coltivare un hobby o solamente dargli un carattere più personale. Interamente costruito in calcestruzzo prefabbricato, il metodo di costruzione è stato semplificato,i tempi di costruzione ridotti e i dettagli preparati per i tagli di budget. Caratterizzante più di ogni loro altra opera è la massimizzazione dei processi di standardizzazione, portati quasi al limite che portano a pensare che il progetto possa mantenere le sue qualità indipendentemente dal costruttore. Questo meccanismo di elaborazione del progetto per Arrohv Frick è diventato uno strumento di fondamentale importanza per i progetti successivi, creando una metodologia con la quale affrontare domande su come utilizzare i vincoli come risorse, risparmiare attraverso la prefabbricazione e su come agire con le preesistenze.

Figura 57 Dettaglio prospetto/ sezione Hammarby Gård Housing Block

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conclusioni


“Una casa non deve essere su una collina, o su qualsiasi altra cosa. Deve essere della collina, appartenerle, in modo tale che collina e casa possano vivere insieme, ciascuna delle due più felice per merito dell’altra.” Frank Lloyd Wright

Conclusioni

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La ricerca condotta sullo studio Arrhov Frick, ha avuto come scopo l’approfondimento della realtà di un giovane gruppo di architetti, Johan Arrhov e Henrik Frick. La scelta è stata frutto di un’indagine all’interno del panorama architettonico odierno, più specificatamente delle correnti nord-europee. Una fase importante è stato l’approccio con una cultura ed una filosofia totalmente differente da quella italiana, a me più vicina. In un primo momento ho cercato di approfondire alcune delle realtà più innovative del panorama architettonico scandinavo, tramite un processo di scouting, sviluppato attraverso la consultazione di bandi e concorsi d’architettura nel mondo. Da essi ho potuto apprendere come elementi grafici, rappresentativi o testuali, siano il frutto di un principio alla base di uno sviluppo soggettivo, unico e identificativo. Contrariamente, alla base di ogni singolo progetto vi è un comune senso di appartenenza legato ad una cultura del territorio, che spesso ne influenza le scelte compositive o materiche; riassumendo, è ciò che rende un’architettura conforme o inappropriata in base al contesto in cui è collocata. Ciò portò all’identificazione di questi tratti comuni attraverso l’immedesimazione stessa all’interno di uno studio che per me potesse rappresentare al meglio i valori di un processo costruttivo e rappresentativo di immediata comprensione. In fondo non vi era una domanda definita che spingesse alla ricerca dello studio Arrhov Frick, ma i fattori sopra citati ed una passione personale frutto di esperienze verso la cultura scandinava mi hanno portato a selezionare questo giovane e promettente studio di Stoccolma. Il passaggio successivo consistette nella raccolta di tutte le loro pubblicazioni, dal numero 77 della rivista 2G, il discorso tenuto al Hall di Padova, fino

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Figura 58 Arrhov Frick, Presentazione lavori, Hall di Padova, 2015

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ad arrivare alla decima edizione dell’Europan, che ha visto nascere la loro collaborazione. Questo mi è servito per comprendere al meglio come un linguaggio architettonico possa essere artefice di diversi fattori (sociali, culturali, linguistici e piscologici), di come esso si sia evoluto nel tempo ed abbia potuto influire non solo sul pensiero di singoli individui ma di intere comunità. Il fine più sorprendente di ciò è come una semplice architettura, quasi archetipica, possa essere riconducibile ad uno specifico scenario, provocandone sensazioni che riconducano a pensare ad un determinato luogo o ad elementi che stimolano ricordi, pensieri o percezioni. Solo successivamente furono sviluppate delle chiavi di lettura più specifiche, partendo inizialmente da semplici concetti come “forma e natura,” fino ad arrivare allo sviluppo di un più ampio processo di analisi. Ciò ha evidenziato uno schema di lavoro cardine di ogni loro progetto, fortemente legato, come ho già detto, ad una identità comune che riconduce alle origini di un popolo e all’ambiente in cui vivono tale da permettergli di adattarsi a dissimili scale di progetto e a differenti paesaggi. L’utilizzo di sei casi studio, (case vacanza e blocchi abitativi), classificati tramite la scala di progetto, sono stati elementi chiave per evidenziare quelli che sono le influenze ed i concetti alla base dell’architettura di Johan Arrhov e Henrik Frick. In conclusione il traguardo raggiunto risulta essere coerente con l’aspettativa inizialmente concepita. Il concetto di un codice comune, l’evoluzione di una filosofia di pensiero radicata nel territorio, che nel tempo si è sviluppata e innestata all’interno delle nuove generazioni, hanno fatto sì che questo pensiero non rimanesse solo un semplice copia e incolla, riproponendo quello che i grandi maestri avevano precedentemente elaborato, ma

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sviluppandolo ed applicandolo ad un più ampio processo. Elementi cardine possono essere definiti la produzione semi industriale, il concetto di cantiere pulito, il rispetto del territorio, fino ad arrivare al mantenimento di forme, frutto di un ragionamento sulla preesistenza e non figlie di un puro formalismo. Tuttavia, è importante tenere presente che questa ricerca è frutto di un ragionamento personale, nel tempo evolutosi attraverso il sostegno del Porfessor Massimiliano Roca e degli Arch. Roberta D’Agrosa e Cecilia Pastore.Riassumendo ho cercato di rendere semplici alcuni schemi di lettura obbligati per l’interpretazione del linguaggio progettuale di Arrhov Frick, ponendomi come punto di partenza un possibile sviluppo per un lavoro di ricerca dedito all’evoluzione di un’architettura maestra nel panorama odierno. Uno degli elementi fondamentali alla base di questo progetto sarebbe dovuta essere l’intervista con Johan Arrhov e Henrik Frick, in modo da poter capire se i ragionamenti fatti, come ad esempio, i collegamenti esemplificati durante il lavoro con il territorio, il continuo rapporto di simbiosi con le industrie manifatturiere o anche solamente la relazione della loro architettura con i grandi maestri del passato, fossero veri, ma tutto ciò non è stato possibile. Lo studio compiuto sugli architetti in questione per elaborare questa tesi è stato realizzato al meglio del materiale pubblicato senza tralasciare nessun elemento ed approfondendo ogni loro progetto, permettendomi così di non creare un elaborato che risultasse essere incompiuto. Per questo motivo, nessuna opinione oggettiva può essere espressa circa la loro linea di pensiero rispetto alla produzione architettonica e di design, di conseguenza non è possibile elaborare una teoria unica valida per ogni singola creazione.

Conclusioni

Figura 59 Arrhov Frick, Welcome, Model, 2010

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crediti


House in Lilla Rågholmen

Atelier Lapidus

Luogo Lilla Rågholmen, Svezia Architetti Johan Arrhov, Henrik Frick Collaboratori Jennifer Heinfeld, Iris Lacoudre Design e costruzione 2013 - 2017 Area 160 m‌^2 Fotografo Mikael Olsson

Luogo Skägga, Svezia Architetti Johan Arrhov, Henrik Frick Collaboratori Jennifer Heinfeld, Iris Lacoudre, Camille Sineau Design e costruzione 2012 - 2015 Area 4,000 m‌^2 Fotografo Mikael Olsson

House in Viggsö

Brunstorp housing block

Luogo Viggsö, Svezia Architetti Johan Arrhov, Henrik Frick Collaboratori Carlos Nieto, Sofia Nyman Design e costruzione 2013 - 2016 Area 60 m‌^2 Fotografo Mikael Olsson

Luogo Jönköping, Svezia Architetti Johan Arrhov, Henrik Frick Collaboratori Roberta Corrdetti, Carlos Nieto, Milan Simsic Design e costruzione 2016 - 2018 Area 8,800 m‌^2 Fotografo Mikael Olsson

Fen Hus housing block

Hammarby Gård housing block

Luogo Nacka, Svezia Architetti Johan Arrhov, Henrik Frick Collaboratori Carlos Nieto, Roberta Corradetti, Pepe Ribera Design e costruzione 2014 - 2018 Area 12,200 m‌^2 Fotografo Mikael Olsson

Luogo Stoccolma, Svezia Architetti Johan Arrhov, Henrik Frick Collaboratori Martin Milijand, Sofia Nyman Design e costruzione 2012 - 2015 Area 4,000 m‌^2 Fotografo Mikael Olsson

Crediti

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bibliografia sitografia


Biraghi M., Storia dell’architettura contemporanea I - 1750 - 1945, Torino, Einaudi, Piccola biblioteca Einaudi, 2008 Biraghi M., Storia dell’architettura contemporanea II - 1945 - 2008, Torino, Einaudi, Piccola biblioteca Einaudi, 2008 Chipperfield D., Domus: N°1047 , Milano, Domus, 2020

Chipperfield D., Domus: N°1048 , Milano, Domus, 2020 Flora N., Giardiallo P., Postiglione G., Sigurd Lewerentz, 1885 - 1975 , Milano, Electa, Mondadori Ediotre, 2001 Norberg-Schulz C., Postiglione G., Sverre Fehn: opera completa , Milano, Electa, Mondadori Ediotre, 2007 Pallasmaa J., Ruby I., Ruby A, Linton J., Arrhov Frick, Barcellona, 2G, Koenig Books, 2018 Ray S., L’architettura contemporanea. L’architettura moderna nei paesi scandinavi, Bologna, Cappelli Editore, 1965 Reed P., Alvar Aalto: 1898 - 1976 , Milano, Electa, Mondadori Ediotre, 2009 Serraino P., Eero Saarinen : 1910-1961 : espressionista strutturale , Milano, Taschen, 2006 Venezia F., Che cosa è l’architettura - Lezioni, conferenze, un intervento , Milano, Electa, Mondadori Ediotre, 2013

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Pintos P., Lilla Rågholmen House / Arrhov Frick Arkitektkontor, Archdaily, 24/03/20 https://www.archdaily.com/924240/lilla-ragholmen-house-arrhov-frick-arkitektkontor?ad_medium=office_landing&ad_ name=article

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ARRHOV FRICK LILLA RÅGHOLMEN, Divisare, 10/12/19 https://divisare.com/projects/417738-arrhov-frick-mikael-olsson-lilla-ragholmen

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Europan 10 Östhammar winner, Europan - Europe, 2016 https://www.europan-europe.eu/en/

Swiss Architectural Award - Settima Edizione 2019-2020, Swiss Architectural Award, 2019 - 2020 https://swissarchitecturalaward.com/it/edizioni/2019-2020/candidati/profiles/arrhov-frick/

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