Enrico Ferraresi Portfolio / 2012
Enrico Ferraresi Portfolio / 2012
Enrico Ferraresi Portfolio
Enrico Ferraresi Portfolio / 20122
Enrico Ferraresi Portfolio / 2012
Informazioni personali \personal information
Nome Cognome \full name Indirizzo \address Telefono \telephone E-mail \e-mail Data di nascita \date of birth NazionalitĂ \nationality
Enrico Ferraresi Via O.Morata n.32, 4122, Ferrara (FE), Italia +393285732274 ferraresi.e@gmail.com 11/09/1987 Italiana \italian
Il sottoscritto Enrico Ferraresi autorizza il trattamento dei dati personali contenuti nel presente portfolio secondo quanto prescritto dall’art. 13 del D. Lgs. 196/2003
Curriculum Vitae \curriculum vitae Esperienze professionali \professional experience Date Attività svolte Principali attività Datore di lavoro Date Attività svolte Principali attività Datore di lavoro Date Attività svolte Principali attività Datore di lavoro Date Attività svolte Principali attività Datore di lavoro Date Attività svolte Principali attività Datore di lavoro
Marzo 2012 - Luglio 2012 Collaboratore Occasionale Partecipazione a gruppi di progettazione a tutti i livelli (preliminare, definitivo ed esecutivo), restituzione di elaborati grafici per la presentazione dei progetti, esecuzione di modelli artigianali di studio o presentazione. Arch. Alessandro Bucci - Cooprogetto soc. cop., via Severoli 18, 48018, Faenza Febbraio 2012 - Luglio 2012 Tutor didattico in Laboratorio di Progettazione Architettonica 1 – Prof. Arch. Marco Pavarani – Iotti + Pavarani Architetti. Attività di tutoraggio e di supporto delle attività didattiche attraverso revisioni coordinate con il professore o aggiuntive. Università di Ferrara – Facoltà di architettura, via Quartieri 8, 44121, Ferrara 21 Novembre 2011 - 19 Gennaio 2012 Stagista Partecipazione a gruppi di progettazione a tutti i livelli (preliminare, definitivo ed esecutivo), restituzione di elaborati grafici per la presentazione dei progetti, esecuzione di modelli artigianali di studio o presentazione. Arch. Alessandro Bucci - Cooprogetto soc. cop., via Severoli 18, 48018, Faenza Febbraio 2010 - Giugno 2010 Tutor didattico in Laboratorio di Progettazione Architettonica 1 – Prof. Arch. Alessandra Segantini – C+S ASSOCIATI. Attività di tutoraggio e di supporto delle attività didattiche attraverso revisioni coordinate con il professore o aggiuntive. Università di Ferrara – Facoltà di architettura, via Quartieri 8, 44121, Ferrara 31 Luglio 2008 - 26 Settembre 2008 Stagista Partecipazione a gruppi di progettazione a tutti i livelli (preliminare, definitivo ed esecutivo), restituzione di elaborati grafici per la presentazione dei progetti, esecuzione di modelli artigianali di studio o presentazione. 5+1AA srl. , via Interiano 3/11, 16124, Genova
Istruzione e formazione \education and training Date Titolo Ente erogatore Livello Voto
2006 - 2012 Laurea specialistica in Architettura Università degli studi di Ferrara - Facoltà di Architettura di Ferrara Laurea Specialistica 110 e lode/110
Capacità e competenze professionali \education and training Capacità e competenze tecniche
Ottima conoscenza e padronanza di Photoshop, Illustrator, Indesign, Autocad, Allplan, Rhino, Cinema4D e Vray per C4D e di tutti gli applicativi del pacchetto Office, generale propensione per il rapido apprendimento all’uso dei software; Discreta capacità di disegno a mano libera; Buona capacità di costruzione di modelli fisici di studio o presentazione; Conoscienza e padronanza di tecniche di rilievo dell’architettura; Discreta conoscienza e padronanza della tecnica fotografica.
Conoscenze lignuistiche
Italiano (madrelingua) Inglese - buona B1/B2 (CEF) Francese - limitata A1/A2 (CEF)
Capacità e competenze sociali
Capacità di lavorare in gruppo maturata in molteplici situazioni in cui era indispensabile la collaborazione tra soggetti con ruoli e competenze diversi. Capacità relazionali e di gestione di dinamiche di gruppo maturate in anni di attività di volontariato (educatore di ragazzi dai 10 ai 20 anni, anche disabili, servizio presso strutture Caritas).
Capacità e competenze organizzative
Capacità di lavorare in situazioni di stress e di portare avanti in modo coordinato il lavoro relativo a consegne diverse con scadenze ravvicinate, maturate durante le esperienze lavorative o di studio.
“Gli dicono: che il gioco e il lavoro la realtà e la fantasia la scienza e l’immaginazione il cielo e la terra la ragione e il sogno
Viene di seguito presentata una selezione di lavori accademici e non, abbastanza rappresentativi delle mie capacità e del mio percorso formativo. Nel presente volume si è scelto di presentare tutti i progetti nel modo più completo possibile, per poter permettere al lettore di comprendere al meglio il contenuto progettuale complessivo e le idee di fondo di ogni lavoro.
sono cose che non stanno insieme. Gli dicono insomma che il cento non c’è. [...] Il bambino dice: invece il cento c’è.” Loris Malaguzzi
Diversi lavori presentati sono stati svolti in all’interno di gruppi di lavoro. Non sono qui riportati i nomi dei colleghi, tuttavia le esperienza legate all’elaborazione collettiva dei progetti sono tutte un valore aggiunto sia a livello di formazione professionale e umana, sia rispetto alla qualità del risultato finale. Si specifica che, proprio per rispetto di queste collaborazioni, tutti gli elaborati selezionati e presentati hanno un contributo personale individuale rilevante. L’ordine di presentazione non è strettamente cronologico: nella prima metà del volume sono illustrati gli esiti di alcuni corsi accademici, nella seconda metà progetti partecipanti a concorsi. Con diversi esiti essi sono stati svolti sia parallelamente al percorso universitario, sia nel periodo immediatamente successivo alla laurea. I temi affrontati sono abbastanza diversi, però sono individuabili alcuni elementi in comune che posso dire abbiano caratterizzato un po’ il mio percorso fino ad ora. In primo luogo il tentativo di inserire in ogni progetto un margine, anche piccolo, di ricerca: non si sono mai applicate soluzioni standard e di sicuro effetto, ma si è cercato sempre di aggiungere un tassello di pensiero specifico in ogni progetto anche a costo di rischiare rispetto al risultato finale.
Un elemento importante e costante nel mio processo formativo è stata la ricerca di equilibrio ed elaborazione del processo di copia, fosse da architetture e maestri dell’architettura, fino ai riferimenti metaforici o paesaggistici da trasportare nel progetto. L’idea è quella di un rapporto di memoria e amnesia o realtà e astrazione rispetto alle suggestioni o ai riferimenti iniziali, tale per cui questi se possibile rimangano come pensiero di fondo, ma siano riconoscibili solo parzialmente nella soluzione finale. Due temi ulteriori che progressivamente hanno acquisito sempre maggiore importanza nel mio progettare sono la materia e il vuoto. Il primo si traduce in un’attenzione, che a partire dagli aspetti costruttivi strutturali, fino al disegno di dettaglio, cerca di valorizzare la natura dei materiali per il loro valore “fisico-tecnologico” ma anche “percettivo-emozionale”: caratteristiche meccaniche, modi di lavorazione, colore, scabrosità o liscezza, temperatura, rapporto con la luce. Il secondo, riguarda la sempre maggiore attenzione dedicata agli “spazi” piuttosto che agli oggetti, che si parli di architettura o che si parli di disegno urbano. Non è tanto importante il volume in se - con le sue caratteristiche di materia, forma e luce - quanto le relazioni che questo instaura attraverso il vuoto con il contesto circostante, sia esso spazio esterno al volume o spazio interno. In ultimo in ogni progetto si è cercato di combinare in modo equilibrato una parte di pensiero razionale e “pratico” e un’altra di pensiero “emozionale” in modo da non proporre mai soluzioni utopiche, ma che pur in una loro realistica realizzabilità avessero un piccolo valore aggiunto emotivo.
PRO TEMPORE
Luogo: ex-Reggiane, Reggio Emilia, Italia Dimensione: L Tesi di Laurea Titolo: Pro Tempore - strategie di us temporaneo come start-up urbano: progetto di riqualificazione delle ex officine
Il tema del progetto è la riqualificazione urbana nell’area delle Ex Officine Reggiane a Reggio Emilia attraverso un “approccio di tipo complesso”. Tale progetto è oggetto della tesi di laurea e si inserisce in un quadro di studio e ricerca ampio riguardante: le dinamiche di trasformazione urbana in situazioni spaziali o temporali di scarsità o di risorse economiche, le modalità di gestione di queste e i diversi livelli di progettazione coinvolti.
reggiane a Reggio Emilia Relatore: Prof. Arch. Nicola Marzot Performa A+U
La tesi è strutturata i due parti. La prima, non qui riportata e prettamente di ricerca, riguarda lo studio dei fenomeni di creazione di “scorie urbane”, le loro cause e conseguenze e gli strumenti gestionali e progettuali per affrontarli, anche attraverso l’approfondimento di casi studio europei. Da questa sezione emerge come uno degli strumenti principali ad oggi elaborati, ma con ancora ampi margini di sviluppo sia quello degli usi temporanei che qui vengono proposti come leva per attivare una trasformazione a brevissimo termine ma che possa avere in se già i semi per uno sviluppo sostenibile a lungo termine. La sezione successiva riguarda l’elaborazione di un metodo progettuale che raccolga gli stimoli della sezione precedente e la sua simulazione in un caso pratico sufficientemente realistico, individuato, appunto, nell’Area delle ex-Reggiane a Reggio Emilia. Anche questa parte si può dividere in macro-sezioni: la prima che riguarda un’analisi dei fattori della trasformazione nel contesto specifico - a partire dalle trasformazioni già in atto e dagli strumenti urbanistici attualmente operativi - la seconda che dà una risposta progettuale concreta. Il progetto ottenuto deriva da una combinazione tra le priorità classiche del progetto urbano e quelle derivate dagli strumenti operativi messi in campo, in un’ottica che privilegia la realizzabilità dell’intervento come obbiettivo primario. Esso si concretizza dunque, non solo nel disegno di un masterplan ma anche e soprattutto: - nella definizione di un programma funzionale atipico, composto da funzioni temporanee e ibride caratterizzate dalla finalità di poter at-
tivare un’alta intensità di relazioni sociali ed economiche; - nella definizione di una strategia temporale d’intervento, che è lo strumento di coordinamento che assegna, a ciascun fattore coinvolto una collocazione rispetto agli strumenti urbanistici vigenti definisce le priorità di intervento e individua la vera e propria “road map” della riappropriazione; - nella definizione di Soft Tools - tutti quegli strumenti non architettonici in grado di generare città – che hanno l’obiettivo di attivare le risorse latenti nel contesto promuovendo nuovi modi d’uso, avviare e coordinare la trasformazione e far si che l’azione non rimanga entro i propri confini ma possa contagiare l’intorno; - nella definizione degli Hard Tools ovvero in una definizione architettonica degli spazi, secondo una logica di economicità e minimo intervento attraverso tecnologie standardizzate rilette e rese specifiche nel tentativo di sfruttare al massimo le possibilità di sperimentazione spaziale date dalla temporaneità dell’intervento.
Analisi \analisis
Stato di fatto \condition of things
Strategia \strategy
STEP 1 - PRE-POC
STEP 2 - POC
STEP 1 - PRE-POC
STEP 2 - POC
Progetto architettonico \architectural project
La casa atorno all’albero
Luogo: ipotetico ambiente alpino Dimensione: M Laboratorio di sintesi finale Anno accademico: V Prof. Arch. Gianluca Frediani frediani+gasserarchitettura
Il progetto presentato è oggetto di un’esercitazione interna la corso di sintesi finale di progettazione del V anno. Assegnato un ipotetico lotto con una pendenza importante, una vasta radura ed un albero nel centro il progetto era da svolgere disegnato a mano, interamente in laboratorio, in massimo due giornate di lavoro. Il potenziale cliente eravamo noi stessi in un ipotetico futuro. Trovandomi nella condizione particolare di essere “cliente di me stesso” ho cercato di proporre un progetto che ripulito di ogni velleità compositiva e formale fosse il più sincero e personale possibile. La prima cosa che ho pensato è stata: lo spazio che mi interessa è quello all’ombra dell’albero. Mi piacerebbe stare seduto all’ombra dell’albero e guardare le montagne. Così mi sono ritagliato un pezzettino di piano che inquadra la montagna all’ombra dell’albero. Tutto il progetto ruota attorno a questo. Il secondo pensiero ha riguardato il come approcciarmi al pendio: ho deciso di assecondarlo. I miei nonni hanno una casa in montagna dove ho accumulato centinaia di ricordi belli: è in pietra e legno. Ho provato a pensare alla materia, alla sua temperatura, al trascorrere del tempo su questa, al suo peso, la sua grana e ho provato ad interpretarne “l’identità”. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto avere un muro solido, grosso, a cui dare le spalle per guardare la valle incorniciata dall’albero e dalla sua ombra. Ho giocato con le aperture per fare sì che la luce cambiasse gli spazi animandoli durante il giorno con le ombre dell’albero: tutti gli spazi della casa si aprono verso quel fazzoletto di terra sotto l’albero, lo suggeriscono, lo lasciano intravedere sempre. Ho provato a costruire una successione di spazi aperti e spazi intimi, l’ho immaginatacome un respiro, come una sequenza continua. Era tutto fatto, ma ancora mi sembrava mancasse qualcosa: ho immaginato di arrivare lì, e alla fine ho aggiunto il tetto a falde, come se si fosse posato dopo, mi sembrava più casa. Non mi sono posto neanche per un secondo problemi intellettuali, ho provato ad immag-
inare l’amosfera che avrei voluto a casa mia e ho provato a tradurla in disegno. Ho provato a rispettare il luogo e ho cercato il bello, personale e sincero.
Shaping Void (City Mall)
Luogo: ex-Mof, Ferrara, Italia Dimensione: L Laboratorio di sintesi finale
Il progetto presentato, svolto in due settimane, è la quarta e ultima esercitazione prevista all’interno del laboratorio di sintesi finale. Svolto nell’arco di due settimane, prevedeva lo sviluppo di un progetto urbano su di un area vuota a Ferrara - Italia.
Anno accademico: V Prof. Arch. Gianluca Frediani frediani+gasserarchitettura
Il sito del progetto è l’ex-MOF, l’ex mercato ortofrutticolo. Un vuoto urbano di circa 20.000 mq tra il fiume e le mura della città storica. Un parcheggio gigante, una distesa di asfalto chiusa da un muro, con pochi edifici preesistenti significativi. Il programma funzionale di massima è già stabilito dai vigenti strumenti urbanistici. Ci sono diverse possibilità, da trasformare in specifiche strategie urbane. Collegare le polarità. Ripristinare la continuità del percorso verde e pedonale. Risolvere il problema dei parcheggio. Il problema principale è però di progettare un nuovo pezzo vivente della città. Per progettare un pezzo di città è necessario, prima di tutto, per avere un’idea di ciò che potrebbe essere una città. La risposta non deve essere semplicistica, e al tempo stesso non può essere esaustiva. È tuttavia possibile identificare un singolo elemento che è necessario: relazioni umane. Abbiamo bisogno di progettare uno spazio in cui potrebbe essere presente una congestione di interazioni. Si sono cercati i modelli da poter prendere in considerazione per formulare una proposta. Le risposte trovate sono due: la prima tradizionale, ampiamente abusata, è il centro storico, la seconda, disprezzata da buona parte degli urbanisti, ma pienamente parte della nostra cultura, è il centro commerciale. Il primo modello, soprattutto in Italia, ha un valore aggregativo, sociale e identitario inestimabile, tuttavia viene spesso idolatrato dimenticando troppo spesso i problemi in cui oggi versa, origine del progressivo svuotamento. Difficile conciliazione fra mobilità pedonale e carrabile, scarsa igiene e sicurezza nelle strade minori, scarsità di verde pubblico. Dall’altra parte abbiamo un “oggetto”, il centro commerciale, che spesso per motivi ideologici viene disprezzato e quindi escluso da ragionamenti di tipo architettonico urbanistici pur essendo ad oggi il contenitore di relazioni economico-sociali quotidiane maggior-
mente funzionante. Le considerazioni a riguardo si limitano in ambito ubanistico a consideralo un male ormai purtroppo necessario, in ambito architettonico all’applicazione di un modello standardizzato a cui viene applicata una pelle che sia la più attraente possibile. Le possibilità di sfruttamento economico di un modello ibrido tra questi due sono talmente evidenti che la loro evoluzione naturale è già sotto i nostri occhi incarnata nel proliferare degli outlet. La cosa spaventosa è il successo di tali nuovi poli. La provocazione è questa: è possibile attraverso le discipline dell’architettura e della progettazione urbana un’evoluzione diversa? Sono stati studiati e confrontati i due modelli senza ideologie o perbenismi, cercando di coglierne i meccanismi “sociali-gestionali” e formali. Il progetto ha gradualmente assimilato gli stimoli ibridandoli e sintetizzandoli fino a farli sparire in una modulazione degli spazi che entra in relazione con il contesto specifico. A partire da modelli “teorici” si è data forma ad uno spazio specifico dove i vuoti sono l’elemento compositivo primario e i pieni solo la conseguenza. Ogni interazione ha il suo spazio specifico: ci sono spazi pubblici più grandi, spazi privati più intimi e tra essi la più ampia possibile graduazione di spazi intermedi. Ogni spazio così “modellato” non solo struttura la trama urbana ma si riverbera sugli edifici circostanti suggerendo la loro funzione - in accordo con il programma esistente - e la loro architettura.
Riferimenti \references Stato di fatto\condition of things
Centro storico\historic centre
tipologie edilizie \building tipology
polaritĂ esistenti e nuove \existing and new polarity
Centro commerciale\mall
spazi pubblici \public spaces
connessioni verdi \green connections
corti \courtyard
percorsi \paths
rete di piazze \squares network
aree tematiche \thematic area
anchor \anchor
Masterplan
Programma funzionale \functional program
Fronti strada \ La struttura urbana è costituita da un primo per-
Street fronts \ The urban structure is formed by a first circular path of
corso circolare di più ampie strade “pubbliche” commerciali. Da
wider “public” commercial roads. From this branch out all the smaller and
questo si dipartono tutte le strade più piccole e più private. Le
more private roads. The first ones are lively and noisy, others are more
prime sono più vivaci di un rumoroso, gli altri sono più intimo e
intimate and quiet.
silenzioso.
Pre esistenze \ Sono magazzini con una struttura a travi e pilastri
Pre-existences\ They are concrete frame warehouses. They don’t have
in calcestruzzo. Non hanno qualità architettonica. Il loro valore è
architectural quality. Their value is of memory and identity, thanks to their
nella memoria e nell’identità, grazie alle loro massa. L’intenzione
masses. The intention is to consider only their volume and their structure
è quella di considerare solo il loro volume e la loro struttura e ri-
and reshape all the rest to give a new perceptive dimension to the spaces
modellare tutto il resto per dare una nuova dimensione percettiva
which have to be suitable for new functions related to culture.
degli spazi adattati per nuove funzioni legate alla cultura.
Corti \ Il blocco a corte è l’elemento base dell’insediamento, la
Courtyard \ The parameter block is the base element of the settlement
corte è l’oggetto che cambia i rapporti tra l’edificio e il contesto al
and the courtyard is the object that changes the relationships between the
fine di creare il giusto equilibrio tra esigenze pubbliche e private.
building and the context; in order to create the right balance between public
Ci sono quattro possibilità di cortile, ognuno con le sue carat-
and private necessities. There are four possibilities of courtyard, each one
teristiche proprie
with its proper features
Creativity City
Luogo: Stazione Ferroviaria di Porta Romana, Milano, Italia Dimensione: L Laboratorio di progettazione IV Anno accademico: IV Prof. Arch. Gabriele Lelli Lelli e Associati Architettura
L’esame prevedeva la riqualificazione l’area ferroviaria dismessa attraverso un progetto con tema “quartiere per artisti”, con cuore in un museo di arte contemporanea. Il professore ha proposto un metodo specifico: si parte dall’analisi emozionale, si producono delle cartoline “d’atmosfera” e da queste si tira fuori il progetto. Gli strumenti sono: il figure-ground per il masterplan, il modello fisico per il museo.
Arch. Alberto Francini Metrogramma
Il masterplan si configura più che altro come un esercizio formale di disegno urbano in quanto non c’è un vero e proprio programma funzionale da soddisfare. L’unico vincolo è quello di proporre all’interno dell’area la presenza di un museo. L’idea dunque è quella di proporre una trama di spazi che abbiano il loro significato e la loro qualità nella loro forma, dimensione, sequenza definizione volumetrica e materica. La proposta è un luogo che rallentando il ritmo della città favorisca un maggior grado di interazione nell’idea che per favorire un ambiente di lavoro creativo sia necessaria una “calma dinamica”. La fantasia ha bisogno di tempi e luoghi per essere coltivata. Serve che le persone possano incontrarsi e avere la possibilità di stare insieme come desiderano. Far girare i pensieri senza una direzione precisa. L’arte forse prima di tutto è questo, comunicazione, entrare in relazione. Si è quindi pensato alla più ampia gamma possibile di spazi posti tra loro in sequenza con ritmo spezzato. Attorno ai vuoti, in proporzione a questi, si strutturano tutti i volumi. Semplici, apparentemente in disordine. Le coperture riprendono quelle degli edifici industriali vicini che formano il paesaggio di Porta Romana. Un paesaggio che nella Creativity City viene estremizzato abbastanza per trasmettere un clima ludico e spensierato, essenza dell’arte. La presenza diffusa del museo nell’area è il legante. Presenza che possa essere l’elemento connettore formale e imput alla formazione di un’identità propria dell’area. L’intervento è nuovo e ha bisogno di un’identità nuova. Il programma del museo è abbastanza indefinito con l’intenzione di andare incontro a tutte le possibili esigenze dell’arte contemporanea, considerando la sua naturale tensione all’ibridazione. La frammentazione del programma funzionale in più edifici è funzionale a tutto questo. Le torri sono tanti piccoli spilli nel
tessuto, una presenza evidente e utile all’orientamento, ma con poca superficie espositiva, da vivere nel tempo di una risalita, in forte rapporto con il contesto. Contenitori liberi di mostre temporanee, in rapido mutamento. Il museo “taglia L”, nella struttura preesistente è l’ideale per grossi raduni, concerti, performance. Il museo “taglia S” è l’ideale per reading, piccole conferenze, piccole mostre, una fruizione dell’arte più domestica, che riguarda tutto ciò che potrebbe essere nel salotto di casa. Infine il museo taglia M è il vero perno, il centro di gravità che ancora a terra tutto. La sua funzione è monumentale, deve essere la presenza che tiene insieme tutti gli elementi dell’intervento qualificandoli. Avallando il loro valore con la sua presenza. Monumentale non significa, urlato o mediatico. Deve stare piantato a terra tranquillo, solido nella sua presenza. La sua funzione prevalente è quella espositiva classica, ma la sua forma strutturale modula una complessità di ambienti che possono adattarsi facilmente ad ospitare ogni installazione o allestimento provvisori. Il programma è ridotto all’essenziale: al piano terra trovano posto tutti gli spazi accessori in strutture leggere mobili, i quattro pilastri ciclopici contengono i servizi, nell’interrato sono disposti tutti gli ambienti necessaria alla logistica, al deposito dellle opere e dei materiali per gli allestimenti.
Una casetta piccola così
Luogo: Castel dell’Alpi - BO, Italia Dimensione: M Laboratorio di Costruzione II
Il tema progettuale è un piccolo locale con rimessaggio barche in riva al lago, in una modesta località di montagna, a bassa quota sull’Appennino bolognese. L’incarico era portare il progetto al livello di esecutivo.
Anno accademico: IV Prof. Arch. Roberto di Giulio Ipostudio Architetti
La presenza dell’edificio destinato a zona ristoro è il possibile anello mancante per costituire un sistema naturalistico, paesaggistico e ludico più complesso che si sviluppi con il Lago e Castel dell’Alpi nel suo centro. La posizione scelta è strategica sia per condizioni ambientali, come l’insolazione ottimale, sia strategiche fungendo da collegamento tra le polarità esistenti o che sorgeranno prossimamente: il paese, la vecchia chiesa, il campo sportivo, il camping. La ricchezza del paesaggio è la prima risorsa del progetto: l’altimetria varia del suolo, la mutabilità stagionale di luce, colori, odori e rumori del bosco, il continuo incresparsi delle acque del lago e il riflettersi di tutto su questo. Il paesino di Castel dell’Alpi con la sua storia così particolare e tragica: spazzato via da una frana, che ha risparmiato solo la piccola chiesa - aggrappata ad uno sperone di roccia a piombo sul lago - nei primi del novecento e caparbiamente ricostruito dai pochi abitanti in una nuova posizione sempre in riva al lago. Il luogo è pieno di bellezza, storia e poesia. Una ricchezza nascosta da ascoltare e scoprire. L’idea è quella di un oggetto discreto, che tralasciando formalismi e virtuosismi compositivi, si strutturi come strumento percettivo che, senza rompere gli equilibri, guidi alla scoperta delle particolarità e dei dettagli che messi insieme formano l’identità unica del luogo. Un contenitore senza niente di strano e dentro un racconto di tanti episodi. Ogni scelta materica, costruttiva e tecnologica è finalizzata a massimizzare l’esperienza riproponendo le sensazioni spaziali e percettive del paesaggio – reinterpretate sempre in una dialettica tra realtà e astrazione, memoria e amnesia - in un costante e vario rapporto
visivo con questo. Allo stesso tempo si è cercata una concretezza dell’idea di rispetto del luogo, cercando soluzioni architettoniche e tecnologiche che rendessero il progetto sostenibile privilegiando sistemi passivi che limitassero il piÚ possibile il fabbisogno energetico annuo.
Binomio fantastico
Luogo: Ex zuccherificio, Comacchio (FE), Italia Dimensione: L Laboratorio di progettazione III Anno accademico: III Prof. Arch. Antonello Stella
Il tema progettuale è la riqualificazione di di un’area industriale dismessa nella periferia di Comacchio, convertendola in un polo integrato di logistica, servizi, produzione, promozione e vendita il cui centro è uno stabilimento di produzione di imbarcazioni turistiche a motore in vetroresina. La progettazione riguarda il materplan dell’area di progetto e la progettazione architettonica del singolo manufatto.
n!studio
L’area ha un’estensione che equivale a circa la metà dell’intero paese e storicamente ha un ruolo rilevante in quanto costituiva a metà novecento la fonte di lavoro di una percentuale importante di abitanti. Si tratta dell’unica struttura industriale dell’insediamento e in generale del territorio nnel raggio di parecchi chilometri in un territorio dominato dalla geometria dei campi. Attualmente sono presenti sull’area pochi edifici volumetricamente significativi, mentre il resto è rimasto come segno a terra gradualmente nascosto da una vegetazione incolta. Secondo le indicazioni di Sipro - Società interveti produttivi che si dedica alla promozione dello sviluppo di aree industrali e artigianali in provincia di Ferrara, il sito si presterebbe come adatto per una duplice funzione. In primo luogo potrebbe essere la localizzazione adatta per una stazione logistica multimodale inserita a scala territoriale all’interno del progetto per rendere navigabile il Po - finanziato dall’unione europea - un cui ramo estuariale importante scorre proprio sul confine dell’area. Sfruttando l’elevata accessibilità, potrebbe in secundo luogo, essere la localizzazione ideale per lo sviluppo di centri integrati legati a specifiche produzioni, individuate in particolare nell’azienda Cantieri Estensi con stabilimento produttivo attualmente collocato a Ostellato. Il progetto propone una sintesi di tutti gli elementi cercando di interpretare i segni del territorio a partire da un metodo restato alla progettazione architettonica dalla narrativa: il “binomio fantastico” proposto da Gianni Rodari nella grammatica della fantasia. Cos’è daltronde l’architettura se non un magnifico racconto? Da queste associazioni ne deriva quello che Rodari mutuando il ter-
mine da Max Ernst chiama spaesamento sistematico, ovvero quando un oggetto “normale” precipitato in un contesto inusuale acquisce nuovi significati. Così accade per lo stabilimento produttivo il cui volume puro si frammenta scontrandosi con il parco. Sembra quasi che fammenti di campi solidificatosi dopo aver penetrato il parco si siano posati su questo investendolo. Proprio qui nella zona di attrito trovano posto le funzioni “accessorie” che trasformano il significato dell’intero stabilimento produttivo in qualcosa di più che solo uno stabilimento produttivo. C’è la mensa, l’asilo aziendale, l’area relax verde, gli uffici direzionali, l’area di rappresentanza e vendita. Tutto in un ottica che in un sistema continuo di rimbalzi tra pesaggio, lavoro, relazioni, modifica i rapporti lavorativi tradizionali nella direzione di una maggiore condivisione, collaborazione, efficienza, trasparenza e identità.
Restauro del Monastero di Sant’Antonio in Polesine Luogo: Monastero di Sant’Antoni in Polesine, Ferrara, Italia Dimensione: M
Il lavoro, realizzato nell’ambito del Laboratorio di Restauro, prevedeva il rilievo ed il progetto restauro - completo in tutte le sue fasi - del chiostro e di alcuni locali al piano terra, del Monastero Benedettino di clausura di Sant’Antonio in Polesine a Ferrara.
Laboratorio di restauro Anno accademico: IV prof. Arch. Rita Fabbri
Il procedimento usato ha visto l’esecuzione: della ricerca storica archivistica e bibliografica - non qui riportata per sintesi - del rilievo architettonico e fotografico della parte accessibile di ambienti e la sua restituzione grafica, il disegno dello stato di fatto, il rilievo e la restituzione dello stato di degrado con l’indicazione degli interventi di restauro proposti, la proposta di una riorganizzazione e un riallestimento di alcuni ambienti per una piena valorizzazione del luogo e una maggiore funzionalità di questi nel mantenimento delle loro funzini attuali. Il concept generale è quello delll’intervento minimo. In altre parole l’intenzione è che l’intervento di restauro pur avendo la necessità di rendere gli ambienti confortevoli e sani, deve rimanere riconoscibile senza disturbare l’esperienza dello spazio e senza cancellare le stratificazioni del tempo sul manufatto non solo per il loro valore emozionale-poetico, ma anche per quello storico e testimoniale. La coonvinzione è che anche gli interventi più piccoli non debbano essere considerati come scelte solo tecniche, ma anche progettuali e critiche. Ogni decisione collocata dunque coerentemente con il concept iniziale, non è per questo automatica o acritica, al contrario a partire proprio da una conoscenza approfondita del luogo è tesa a massimizzarne le qualità e l’atmosfera caratteristica.
Notte e dì
Luogo: Palazzo Costabili, Ferrara, Italia Dimensione: M
L’obbiettivo del progetto è il riallestimento di alcuni locali al piano terra di Palazzo Costabili sede del Museo archeologico nazionale di Ferrara, contenente una ricchissima collezione di reperti etruschi provenienti dall’antico insediamento di Spina.
Museografia Anno accademico: V Prof. Arch. Gabriele Toneguzzi
Palazzo Costabili è un immobile di enorme pregio, edificato a cavallo tra quattrocento e cinquecento da Biagio Rossetti. La collezzione del museo è di assoluto pregio e raccoglie solo una monima parte dei reperti disponibili in magazzino. Nonostante questi dati di merito, l’allestimento museale di scarsa qualità, i sistemi di fruizione tradizionali e i servizi carenti - non sono presenti bookshop, cafè ecc. - rendono la struttura scarsamente appetibile dal punto di vista turistico. Il progetto prevede dunque una riorganizzazione di alcuni ambienti al piano terra per poter insediare adeguati servizi, rendere accessibili alcuni spazi - tra cui il grande giardino “nascosto” all’italiana - e servizi anche indipendentemente dall’apertura del museo, valorizzare come spazi espositivi alcuni spazi al momento inutilizzati trovando un’adeguata collocazione per alcuni reperti indicati dalla direzione del museo. Il progetto “stategico” si concretizza in un progetto di allestimento che arriva al disegno pecifico dei diversi arredi e sistemi espositivi, in funzione della massima valorizzazione possibile di reperti e luogo, sia da un punto di vista storico-scientifico che percettivo-emozionale.
GrOBuild
Luogo: Via Partenope, Napoli, Italia Dimensione: M Anno: 2009 Concorso di Idee “Green Office Building (GrOBuild 2009) - Student Competition for a Sustainable Office Concept” Ente Banditore: COST office, ESF -
Il concorso ha lo scopo di promuovere la progettazione di un edificio per uffici “verde” che tenga conto dell’intero ciclo di vita e la necessità di minimizzare la domanda di energia. L’obbiettivo è la progettazione di un edificio per uffici a Napoli - via Partenope 36 - nella stessa zona della attuale Centro Congressi dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Il nuovo edificio non può essere più alto e non può avere un volume maggiore di quello esistente.
European Science Foundation, COST C25 Risultato: Terzo classificato
Un palazzo per uffici ecosostenibile per uffici a Napoli. La prima suggestione è il luogo, comprendere le suespecificità ambientali, non solo “climatiche”. Un luogo preciso: al limite. Sulla sottile fascia tra mare e città. Al centro del golfo di fronte a “Castel dell’Ovo”. Al confine con il cielo. Perché un edificio per uffici, qui? Sarebbe ancora una volta meglio un vuoto, un luogo comune, di tutti, dove perdersi in colori, profumi, vento, luce, una miriade di riflessi. Che cosa è la sostenibilità in questo preciso contesto? Il progetto nesce da questa domanda. Il tentativo è dunque un edificio che scompare e diventa “nulla” parlando con il mare. La facciata di vetro ha un dualismo materico speciale. Generato attraverso il calore dalla sabbia. Profondamente legato a questa sottile fascia. Soldificando diventa trasparente e lucido con un aspetto a metà tra il liquido e l’imateriale, in un rimando immediato ai riflessi del mare e del cielo. La superficie è continua, ma composta da due tipi di vetro: float e cast. Montato orientato in diversi modi. Il sistema di composizione della facciata unisce il luogo e la sostenibilità. Le lastre di vetro montate a secco su montanti in alluminio dividono l’intera altezza del piano in tre fasce. La parte centrale è di vetro float e le altre due in vetro stampato. Questi, attraverso il disegno in rilievo, riflettono la luce e mitigano il flusso di radiazione luminosa. Il resto è atmosfera. Tutto dipende il vetro attraverso il quale stai osservando: la pelle di vetro crea un gioco con lo sguardo, in cui il fattore principale è la posizione relativa. Diffusione, trasparenza,
rifrazione, e distorsione cambiano con la posizione dell’osservatore. Sono stati cercati effetti come la deformazione, la brillantezza, la divisione, grazie alla posizione della lastra di vetro stampato frammentando un’unica interpretazione in un’immagine complessa e sfaccettata. L’aspetto cambia con la luce del cielo e gioca con i riflessi del mare, come sua diretta emanazione. Scomparire ed essere contemporaneamente presenti. Un Edificio a sei piani è diventata un’opportunità. Il sistema interno di distribuzione - centrato sui quattro ascensori che si trovano dietro il vetro frontale - diventa un’esperienza panoramica. La persona è trasportata all’interno della relazione tra l’edificio e il Golfo di Napoli. Il completamento del concetto e della sua sostenibilità e il sistema di differenti patii. Attraverso l’intero edificio, incrociando o partendo, o semplicemente bucando il blocco monolitico. Essi sono delle pause, luogo di incontro tra le persone e con il mare. Invitano esplicitamente al moto verso il mare, il golfo, il castello. Ciascuno ha la possibilità di aprirsi facendo entrare dentro l’edificio la brezza del mare. La sua freschezza, il suo odore caratteristico, che penetra in profondità e mitiga la calura estiva. A volte è la vegetazione, che recupera il “nulla” che avrebbe dovuto esistere. A volte è la stessa acqua che richiede uno spazio in cui l’orizzonte si raddoppia. Infine l’ultimo piano: qui l’edificio si dissolve. Una piccola superficie è dedicata alla zona di ristoro per dipendenti e ospiti, il resto sono verde e acqua restituendo a tutti il confine tra cielo, mare e città.
William Turner
netBOX
Luogo: Ecomuseo delle Orobie, Bergamo, Italia Dimensione: M
Il presente progetto si è classificato secondo tra 53 progetti partecipanti al concorso di idee Experience Spaces indetto dall’Ecomuseo delle Orobie, dal Dipartimento Indaco del Politecnico di Milano e da Art Container.
Anno: 2011 Concorso di Idee “Experience Spaces” Ente Banditore: Ecomuseo delle Orobie, Dipartimento Indaco del Politecnico di Milano, Art Container Risultato: Secondo classificato Pubblicato su www.architetti.com
Tratto dal brief di concorso: “l’Ecomuseo delle Orobie vuole essere promotore di un nuovo modo di “allestire” il territorio eco museale e di dotarlo di punti di informazione, di accoglienza, di ospitalità, di gestione dei servizi ecc.[...]La soluzione progettuale oggetto del presente Concorso dovrà essere rivolta alla definizione di progetti di nuovi “experience spaces” temporanei, low cost e eco-compatibili, realizzati attraverso l’utilizzo di uno o più container isomarittimi rifunzionalizzati e recuperati.”
www.europaconcorsi.it
Per “experience spaces” si intendono spazi che attraverso “la possibilità di esperire” contribuiscano ad una conoscenza del territorio non solo in termini nozionistici ma anche emozionali. L’obiettivo è la valorizzazione del territorio, nei suoi aspetti naturalistici, paesaggistici e culturali. Nella soluzione progettuale proposta si è ritenuto necessario pensare il territorio come un sistema di elementi relazionati tra loro. Ogni elemento vale tanto quanto è raggiungibile, esplorabile, vivibile all’interno di un contesto vario articolato che presenta occasioni sempre differenti. La rete è il concetto chiave. Il paesaggio non ha bisogno di segni aggiuntivi: esso è lo spettacolo. È necessario dunque progettare dei piccoli “nodi” che tengano insieme la rete costituendo gli episodi del racconto che guidano alla scoperta del luogo. La prima scelta progettuale è stata lavorare con singoli container, pensandoli più facilmente trasportabili e collocabili ovunque, con minore impatto ambientale. Elementi piccoli che potessero essere distribuiti diffusamente sul territorio. La seconda scelta, conseguente alla prima, è pensare il progetto dei singoli oggetti anch’esso come un sistema che deve offrire flessibilità e varietà, unica garanzia di poter avere elementi ogni volta specifici rispetto al luogo in cui vengono collocati.
ll container mantiene la sua funzione di contenitore ed al suo interno si struttura un sistema composto da combinazioni possibili di “wood box”, scatole di legno di due metri per lato, che ospitano le vere e proprie unità funzionali, esperienziali. Le dodici funzioni individuate per i wood box, ciascuna descritta da una specifica azione, vanno dalle funzioni di base necessarie per poter “abitare” un territorio ad altre più particolari e accattivanti come la sauna o il “prendersi cura”. Ogni elemento è pensato con spirito ludico, per divertirsi e stupirsi nella scoperta del paesaggio attraverso l’uso di tutto il corpo. Attraverso la combinazione di questi moduli è possibile assemblare infiniti ambienti. Il sistema tecnologico scelto è estremamente semplice e si ispira all’artigianato locale nel quale le lavorazione del legno riveste un ruolo primario: un sistema di listelli in legno con appositi incastri permette di modulare gli agganci delle pareti della scatole e gli arredi secondo una stessa logica. Il legno è il materiale sostenibile per eccellenza e nelle modalità del progetto, data la sezione ridotta degli elementi, consente costi di produzione molto bassi, e può provenire da riciclo. Per sfruttre gli scarti di lavorazione, il sistema di isolamento è realizzato in truciolato. Tutto è completamente riciclabile e la necessità di manutenzione è praticamente nulla, in quanto si è scelto un legno non trattato che sopporta il passare degli anni acquisendo quella inconfondibile patina grigiastra che ne esalta le qualità. Nell’ottica della semplicità di costruzione, manutenzione e utilizzo, abbiamo scelto soluzioni impiantistiche e tecnologiche, ad impatto ambientale nullo e a kilometri zero valorizzando le risorse del contesto: candele, stufe a legna, serbatoi e filtri per l’acqua piovana.
Szeged 2.0
Luogo: Ex-centrale elettrica, Szeged, Ungheria Dimensione: L Anno 2011 Concorso di idee: Europan 2011 Szeged - Diversity recharged Ente banditore: Europan
Il progetto partecipante a Europan 11 riguarda la trasformazione di un ex centrale elettrica in una nuova centralità urbana. Le richieste riguardano: il mantenimento e la valorizzazione di alcuni manufatti superstiti nell’area, un’elevata accessibilità e multimodalità di trasporti, la presenza di un centro culturale polifunzionale, una strategia di insediamento per fasi nell’ipotesi che lo sviluppo sia gestito da un ipotetico investitore privato. Il progetto, interamente sviluppato in due settimane, è stato selezionato tra gli otto partecipanti alla fase finale di giudizio. L’obbiettivo è stato cercare di soddisfare tutte le richieste nel miglior modo possibile, privilegiando la reale fattibilità dell’operazione considerandola l’unica strada possibile per una reale modifica della realtà. A distanza di tempo si può affermare che la scarsa analisi del contesto effettuata e la volontà di aderire troppo strettamente al bando abbiano eliminato, in fase di progettazione, un po’ di capacità visionaria, che invece il progetto vincitore ha saputo avere brillantemente senza per questo sconfinare nell’utopia. La rivoluzione dal Web 1.0 al Web 2.0 significa possibilità di personalizzazione, partecipazione, interazione. Queste sono gli obbiettivi per la riqualificazione di questo settore di Szeged. Il sito è al confine tra aree di città con caratteristiche molto diverse. da un lato Rokus - l’espansione sovietica- e l’area ex-industriale: qui gli spazi appartengono a tutti ea nessuno allo stesso tempo; dall’altra parte, i nuovi sobborghi periferici regno della proprietà privata. Il nostro obiettivo per creare una nuova centralità è quello di far collidere queste due realtà, mettendo in luce i lati positivi di entrambi, e collegando tutti gli anelli della catena. È necessario definire una strategia, che deve essere specifica ed estremamente flessibile. La soluzione trovata mescola interventi temporanei ed economici, edifici intercambiabili, un tessuto urbano flessibile e alcuni punti fermi. Il primo punto fermo riguarda le preesistenze. Ognuna ha la sua particolare importanza. Riutilizzarle è fondamentale. Se queste riman-
gono inutilizzate, infatti, queste saranno solo un costo, se vengono invece resi funzionanti, possono essere una risorsa incredibile. Si propone dunque per questi un riutilizzo immediato e temporaneo per ampliare la conoscenza dell’area, della sua storia e delle sue possibilità. Il secondo punto fermo riguarda la definizione dei vuoti, questi permettono di definire la struttura dello spazio e posizionare gli edifici. A partire da una lettura dell’esistente, si definisce, in primo luogo un grande vuoto centrale che possa essere accogliente per tutti gli eventi maggiormente collettivi. In secondo luogo tutti gli spazi di vita quotidiana della comunità. Progettazione di spazi esterni e il riutilizzo temporaneo di edifici vuoti sono interventi economici ma estremamente efficaci: con pochi soldi si possono creare spazi per le persone, costruire un’immagine positiva per il luogo, e conservare gli edifici da una ulteriore rovina fino alla loro utilizzazione definitiva . L’ultimo punto fermo, il primo che comporta un investimento cospicuo sull’area riguarda la porta dell’area. Questo è un luogo importante, a maggior ragione se si identifica l’area intera come porta della città. L’idea è quella di strutturare la porta attraverso un vuoto che abbia come sua quinta un edificio multifunzionale che abbia come destinazione principale quella di parcheggio multpiano. Tutti gli altri step di sviluppo sono intercambiabili. È possibile sviluppare abitazioni o uffici e negozi a seconda delle esigenze. Tutti gli edifici sono volumetricamente semplici e hanno la stessa impronta a terra offrendo così la possibilità modificare le scelte iniziali, posizionando un ufficio al posto di una casa o viceversa. Il tessuto urbano è costituito da edifici isolati aggregati in piccole “cellule autosufficienti”, ogni cellula può anche funzionare da sola, in modo tale che ci possano essere infinite possibilità di sviluppare la zona in diverse fasi temporali.
Cittadella del commiato
Luogo: ex-Sant’Anna, Ferrara, Italia Dimensione: M Anno: 2012 Concorso di idee: Nuova sede obitoriale: la nuova “Cittadella del commiato”
Il progetto è stato sviluppato in occasione del concorso di architettura indetto dal comune di Ferrara inerente la riqualificazione di un comparto dell’ex Ospedale attualmente in via di dismissione e riqualificazione. Le nuove funzioni da insediare identificate con il nome “cittadella del commiato” riguardano un nuovo obitorio comunale con tutti i servizi necessari annessi.
Ente banditore: Comune di Ferrara
Il sito, situato al confine del comparto ex Sant’Anna – San Rocco e a pochi metri dalle mura, si configura come un aggregato chiuso, delimitato da un recinto, traccia dell’edificato storico oggi in gran parte demolito. La trasformazione dell’area in cittadella del commiato, prevista dal nuovo masterplan, diviene l’occasione per ripensare all’area come parte della città. La particolare destinazione d’uso prevista si adatta perfettamente a quella che oggi è già l’atmosfera che si respira all’interno del complesso: il recinto murario definisce un luogo intimo, protetto dalla strada, silenzioso, in stretta connessione visiva con il sistema delle mura. Alla base della proposta vi è la convinzione che la riservatezza presente oggi all’interno dell’area debba essere mantenuta e rafforzata dando nuovo valore alle preesistenze storiche e al vuoto che le pone in stretta relazione. La necessità di individuare degli ambiti separati, già suggerita dal bando nella definizione del sedime – vincolante - del progetto, impone una scelta decisa nella definizione dell’atmosfera e coerente con il nuovo assetto funzionale. Il principio insediativo è la chiave. In questo trovano la giusta sintesi le esigenze funzionali, la qualità ambientale dello spazio aperto, i rapporti spaziali e formali tra l’esistente e il nuovo. La scelta progettuale è chiara: non bisogna aggiungere nuovi volumi fuori terra. I rapporti spaziali vengono definiti nell’assenza più che nella presenza. La continuità visiva può mantenersi su tutto il lotto valorizzando il valore storico ed estetico dell’impianto urbano esistente. Il rapporto con l’esterno viene mediato dal muro che tagliato puntualmente non è più elemento di cesura ma dispositivo percettivo che rafforza il legame con l’esterno.
Il progetto definisce una nuova corte ribassata che rafforza l’idea di recinto e intensifica quella atmosfera di silenzio, di intimità, di riservatezza necessari per la nuova funzione. Il bordo viene valorizzato e rafforzato permettendo allo stesso tempo una ricucitura tra i diversi ambiti urbani. Il progetto si definisce attorno a due percorsi percettivi e funzionali indipendenti che trovano nella processione funebre il giusto ricongiungimento: il percorso della salma e il percorso dei cari al defunto. Tutti gli ambienti si strutturano attorno ad un asse centrale che culmina con l’accesso dal retro alle camere ardenti. Il percorso “della salma” definisce il limite tra la parte tecnica e quella accessibile al pubblico consentendo alle diverse funzioni di svolgersi senza interferire reciproca interferenza. L’accesso pubblico agli ambienti più propriamente di commiato avviene in posizione opposta a quella tecnico. Esso viene mediato da uno specchio d’acqua che ricostruisce il limite delle antiche preesistenze e conduce alla rampa di ingresso. La discesa e la variazione di gradiente luminoso segnano la soglia. Il percorso del dolente si caratterizza per una successione di spazi che lo accompagnano gradualmente verso un clima di raccoglimento e intimità al momento del commiato. Tutti gli spazi ipogei cercano nel rapporto visivo costante con il verde il valore aggiunto. In esso, nella sua virtù distensiva, si è individuato l’elemento di respiro necessario per favorire un’atmosfera raccolta, ma non greve. Tutti gli spazi si distribuiscono attorno ad un ambiente centrale di attesa e ristoro. Esso è caratterizzato dall’ampia vetrata verso est, affacciata sul declivio verde che dolcemente raccorda la quota di calpestio interna con quella esterna. La cisterna rimasta come “oggetto nel verde” a livello terra proseguendo nell’interrato acquista valore ritagliando una nicchia circolare raccolta, aperta sul verde e illuminata in modo zenitale. Il dislivello esterno ritaglia un ambito separato, intimo e silenzioso, senza chiuderlo fisicamente. Lo sbalzo della copertura ritaglia la vista escludendo tutto ciò che avviene oltre al pendio.