Laurea in sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza – Enrico Guelfo Gjylapian – III Sessione - discussione Quando si parla della strage di Ustica si incontrano posizioni contrastanti. Il fatto che attualmente non sia possibile inquadrare e definire con certezza alcuni aspetti, decisamente significativi, degli eventi relativi alla strage stessa contribuisce ad alimentare le fratture tra le diverse posizioni. Durante il mio lavoro mi sono astenuto da qualsiasi tipo di considerazione politica, o sociologicamente etnocentrica, per soffermarmi sugli aspetti essenziali della vicenda. Un siffatto modo di procedere, oltre a essere buona norma per qualsiasi tipo di lavoro scientifico, risulta ulteriormente necessario lavorando su di un evento fortemente soggetto, negli anni, a speculazioni di tipo mediatico e politico, come la strage di Ustica. L'accertamento della verità è stato ostacolato deliberatamente e molte delle speculazioni suddette appaiono come fondate su elementi intenzionalmente depistanti, inseriti nel circuito delle informazioni da cui attingono, nella formazione delle loro verità, il sistema giudiziario ed i mass media. L'enorme eco mediatico di alcune delle tantissime dichiarazioni emerse in merito è stato tale e basato su elementi così verosimili (e alcuni certamente veri) da costringere gli inquirenti a soffermarsi su di un'enormità di dichiarazioni contrastanti, tutte parzialmente vere ma che, al contempo, presentano tutte degli elementi, posti a fondamento di tali dichiarazioni, che contrastano irrimediabilmente con altre risultanze processuali o vengono smentite, dopo una ricerca più o meno faticosa, dai fatti. Con il mio lavoro ho cercato di approfondire 3 argomenti: 1) Strage di Ustica – Analisi dei fatti. Idividuazione delle ipotesi attualmente sussistenti. 2) Strage di Ustica – Esposizione ed analisi dell'opera di ricerca della verità e degli ostacoli che ne hanno impedito il totale raggiungimento. 3) Incidente di Ramstein – Approfondimento di un possibile coinvolgimento con la strage di Ustica, nell'ipotesi che possa essersi realizzato un sabotaggio del velivolo solista - essendo tale mezzo pilotato da Nutarelli la cui testimonianza avrebbe potuto essere di estrema importanza nella risoluzione del caso Ustica. Rispetto al punto primo, le ipotesi considerate nella loro totalità possono essere suddivise in due gruppi. Le teorie con potenzialmente forti implicazioni politiche e quelle che riescono, in alcune declinazioni di esse, a risultare a tale proposito neutre. In quest'ultimo gruppo di teorie si possono rintracciare quelle che comprendono una bomba mai rivendicata, il cui movente si perde tra le piege del tempo e le ipotesi di uno scontro con un velivolo senza pilota andato fuori controllo, del genere di un drone bersaglio o da analisi atmosferica. Esserdo ormai da tempo deceduto l'ex presidente della compagnia aerea Itavia anche le ricostruzioni che escludono un evento traumatico come causa della caduta del velivolo civile risultano ormai politicamente neutre. Tale ricostruzioni identificano la causa del disastro in una destrutturazione avvenuta in volo per via di uno stato non meglio precisato di anomalia tecnica, stato di cui non vi è nessuna traccia. Alle volte l'avaria viene persino dichiarata come dovuta al precedente utilizzo del Dc9 come cargo, circostanza che ha comportato un frequente contatto di materia salina corrosiva con la struttura dell'aereo e ne avrebbe quindi indebolito la struttura. Ricostruzione davvero illogica e che non tiene conto della normale procedura di manutenzione dei velivoli da trasporto, i cui componenti vengono periodicamente sostituiti per mantenere uno stato di servizio paragonabile a quello dei velivoli nuovi. Tutte questi scenari sono comunque stati esclusi dalle risultanze tecniche che hanno pertanto escluso l'ipotesi di una qualsiasi bomba, che va quindi depennata, anche se alla mancaza di una rivendicazione palese si potrebbe obiettare che non sono immediatamente identificabili tutti i canali attraverso i quali le rivendicazioni di atti simili possono avvenire. Gli scenari verso cui si devono, a questo punto, orientare le ulteriori analisi porterebbero, se le realtà dei fatti venisse accertata totalmente, portare a delle conseguenze tangibili sul piano degli equilibri politici nazionali e sovranazionali. Questa è un'ulteriore conferma della necessità di un approccio politicamente laico. L'evento scantenante a seguito del quale il Dc9 è precipitato è, allo stato attuale delle pubbliche conoscenze, da ricercarsi in un impatto o una quasi collisione con un altro oggetto in volo attiguo al velivolo. Attualmente si può affermare che tale evento, in base alle risultanze, è scaturito da una situazione di guerra segreta
o operazione di polizia coperta, da inquadrarsi in un panorama densamente popolato di velivoli militari in assetto operativo. Questo scenario è molto probabile che coinvolga anche un combattimento tra velivoli, con scambi di colpi di arma da fuoco e lancio di missili, e non è infine possibile escludere che quella sera, come conseguenza delle azioni qui descritte, non siano precipitati, oltre al Dc9, altri aerei. Essendo il gruppo degli scenari dalla possibile rilevanza politica quello nel quale è compresa la verità, il fatto che non sia stata ricostruita completamente è dovuto, al pari di una serie di eventi altrimenti inspiegabili, alla messa in opera di un'estesa e sistematica azione di depistaggio ed occultamento delle prove. È certo che tale insabbiamento sia stato organizzato, disposto e realizzato per mezzo di un'estesa (estesa geograficamente, in quanto gli individui coinvolti potrebbero essere in numero relativamente esiguo) e capace rete di soggetti, già poche ore dopo la tragedia. La portata delle azioni legate alla realizzazione di tale opera è ancora in corso di accertamento. È sicuro che almeno un suicidio sia dovuto ad un stato di prostrazione psicofisica enorme causato da pressioni atte a ridurre la pericolosità del soggetto come teste nel caso Ustica. Recentemente sono state riaperte le indagini atte ad accertare le cause della morte di Marcucci, potenziale portatore - insieme all'amico, e forse più di questi, Ciancarella (Ciancarella è un'importante attore nel ricorso alla procura di Massa che ha permesso la riapertura del caso Marcucci) - di elementi di grande utilità nelle indagini. Al che bisogna spendersi riguardo la posizione di Ivo Nutarelli e Mario Naldini, la coppia di piloti dell'Aeronautica italiana in volo su di un F-104 biposto la sera del disastro. Essi hanno intercettato il Dc9 volando a distanza di vista prima di rientrare in probabile stato di allarme. Per otto lunghi anni da parte loro è stato il silenzio. In alcune rare occasioni si sono espressi rispetto ai fatti di Ustica ma puramente a titolo di opinione personale e sempre senza menzionare di esser stati in missione quella sera; a parte le presunte parole ipoteticamente proferite da uno di questi piloti, Naldini, ad un amico in occasione di un incontro molto discreto e dal tono intimo. Pare, però, che questa comunicazione riservata avesse lo scopo di tutelare la famiglia dell'autore in caso di pericolo. Uno di questi rari eventi durante i quali i due piloti si sono lasciati sfuggire un'opinione ha visto gli amici e colleghi dvidersi. Naldini avrebbe attribuito la caduta del Dc9 ad una bomba di stampo mafioso, calcando la mano sulla diffusione del fenomeno mafioso al Sud. Nutarelli, siciliano, per quanto intimo amico del collega e perfettamente abituato alle sue prese in giro nonchè persona particolarmente calma e posata, reagì con uno scatto fuori contesto, utilizzando un insolito registro linguistico ed esternando estrema agitazione nel zittire l'amico (parlare così era sbagliato, secondo Nutarelli, in quanto tutti sapevano che il Dc9 era stato «buttato giù»). Se i due fossero stati sottoposti a pressioni più o meno lievi per orientare la loro eventuale (ed, al momento della morte, imminente) deposizione di fronte agli inquirenti sulle cause della tragedia, Nutarelli avrebbe potuto - essendosi arroulato e quindi probabilmente soddisfatto di essersi, apparentemente, allontanato dai rischi di venir coinvolto in episodi con risvolti di stampo mafioso – reagire diversamente da Naldini e decidere quindi di rivelare i dettagli della missione eseguita la sera del 27 giugno 1980, in un gesto di opposizione all'apparente stato di omertà che andava imponendosi in quegli anni sul caso Ustica. La circostanza che Nutarelli avrebbe espresso, anche in ambiente militare (persino di fronte ad un superiore), delle perplessità nei riguardi della tesi di una bomba a bordo del Dc9, rafforza questa ipotesi. Le modalità dell'incidente a causa della morte di entrambi, allo stato attuale delle conoscenze rese pubbliche, lasciano aperta la possibilità di teorizzare in modo tecnicamente soddisfacente un sabotaggio atto a produrre le condizioni necessarie ad un siffatto incidente per avere luogo. La possibilità di un sabotaggio del velivolo di Nutarelli, se considerata in modo indipendente dal movente di un tale atto, pare ancora più degna di attenzione alla luce dell'evidenza che tale velivolo mostra di estrarre il freno arodinamico appena prima dell'impatto con quello di Naldini. Una sequenza che sarebbe giustificabile solamente con ripetuti errori umani ed un estremo tentativo di recupero ma che un sabotaggio del sistema propulsivo avrebbe invece potuto realizzare con facilità. Una circostanza del genere prevede quindi un attentato atto a colpire solamente Nutarelli, facendolo collidere con uno dei velivoli in manovra nella manifestazione aerea. Se questi non si fosse accorto all'ultimo momento degli errori di quota e velocità, tentando di rallentare e di alzare la quota, l'impatto lo avrebbe portato a risparmiare molte vite tra gli spettatori, possibile coinvolgendo solamente un
secondo velivolo. Naldini sarebbe sopravvissuto ma - già apparentemente schierato, come confermato dai membri della famiglia di Naldini quando dichiarano che ha sempre sostenuto l'ipotesi della bomba - sarebbe certamente stato ulteriormente dissuaso dal mettere in dubbio tale ricostruzione, ufficialmente sostenuta da importanti veritici dell'istituzione militare italiana e da alcuni politici. Tale panorama apre troppe possibilità di speculazione, a danno dell'immagine dello Stato, per essere tollerato e perchè non venga pertanto data una risposta pubblica ed esaustiva a tutti i dubbi non risolti e le domande senza risposta che rendono possibile teorizzare uno scenario come quello sopradescritto. Tornando a parlare di Ustica, un approccio politicamente ed ideologicamente neutrale rispetto al movente costringe a considerare l'opzione della realizzazione di operazioni di guerra elettronica. Lo studio degli apparecchi a dispozione data la tecnologia dell'epoca e della diffusione di tali sistemi permette di individuare il tipo di inganno probabilmente usato. Queste considerazioni insieme alla declassificazione, avvenuta durante il tempo, di molte informazioni tecniche prima coperte da segreto militare, consentono di chiedere che vengano realizzate, durante le indagini, ricerce e simulazioni atte ad individuare le possibili configurazioni di velivoli e sistemi d'arma o da guerra elettronica implicati nell'abbattimento del Dc9 al fine di tracciare un quadro completo della situazione. Tale lavoro deve partire dalle ipotesi che il velivolo civile sia caduto a causa del coinvolgimento nella detonazione di uno o due missili, della perforazione della carlinga da parte della stessa quantità di missili o corpi morti da essi provenienti, della rottura di un'ala del Dc9 avvenuta a causa del lancio di missili o ad altra azione di guerra, includendo quindi anche e non solo una quasi collisione. Quasi collisione potenzialmente avvenuta durante un sorpasso eseguito da un velivolo militare in volo sulla stessa rotta del Dc9 al fine di sfuggire da un'imminente intercettazione. A seguito del momento nel quale la sequenza di caduta e destrutturazione del Dc9 incomincia, si può individuare un intreccio di rotte che indicano uno scontro o uno scambio di colpi. I velivoli sopravvissuti si dirigono poi a Sud e ad Est. In direzione della traccia di uno dei velivoli diretti ad Est verrà ritrovato un serbatoio militare da caccia imbarcato, di provenienza ignota ma di fabbricazione statunitense o alleata. A nord venne ritrovato pochi anni fa il relitto di un aereo da caccia di tipo Phantom II, riconosciuto ed individuato come proprio dagli Stati Uniti ma la cui data di caduta effettiva diversa dal 27 giugno 1980 è tutt'ora causa di ragionevoli dubbi. Il 18 luglio 1980 venne invece ritrovato, in circostanze quantomeno uniche per non dire sospette, la carcassa di un Mig di produzione sovietica e di apparente appartenenza libica. La storia ufficiale è ancora più dubbia e talmente piena di elementi contradditori che un depistaggio è stato sicuramente diretto a manovrare le circostanza di questo ritrovamento. Risulta però impossibile capire in che direzione e per quali scopi tali azioni di manipolazione siano state dirette non essendo, in ultima analisi, esclusa la possibilità che accettare il coinvolgimento di un Mig libico, teorizzando la caduta del Dc9, non possa sviare ulteriormente l'attenzione da altri elementi fondamentali ad accertare il reale svolgimento dei fatti. Al fine di una ricerca scientificamente corretta è pertanto necessario ipotizzare parallelamente uno scenario - o meglio, vari scenari - nel quale - o nei quali - il Mig è coinvolto e partecipa attivamente agli eventi del 27 giugno ed altrettanti nei quali lo si esclude e lo si considera un elemento sviante. Sarà possibile quindi avere un quadro completo delle alternative da confrontare ed analizzare in base ai riscontri tecnici esistenti - ed eventualmente nuovi – per integrare i dati con le testimonianze che risulteranno, in fase di analisi, più attendibili. La portata dei possibili sviluppi offerti nel campo del sapere sociologico, criminologico e giuridico dall'elaborazione in chiave storica degli eventi relativi alla strage di Ustica, dallo studio e dall'analisi (ed eventuale, conseguente, sperimentazione) degli stessi pare essere adeguata a configurare la necessità di un costante impegno scientifico volto a favorire ed osservare l'emergere della verità in questo ambito. In quest'ottica, lo studio dei processi di ricerca della verità risulta una materia di analisi i cui risultati potrebbero essere dotati di grande spendibilità. Bologna, lunedì 25 marzo 2013 Enrico Guelfo Gjylapian