Family Sitter: Progetto di identità e campagna di affissione per un network di servizi familiari

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Family Sitter Progetto di identitĂ e campagna di affissione per un network di servizi familiari condivisi

Enrico Novello





Politecnico di Milano Scuola del Design A.A. 2015/16 Corso di Laurea in Design della Comunicazione Laboratorio di Sintesi Finale “DESIGN DELLA COMUNICAZIONE PER IL WELFARE” Docenti V. Bucchetti, C. Diana, U. Tolino, P. Visconti Cultori della materia A. Arduini, A. Barone



Introduzione

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La ricerca

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Aiuti familiari condivisi: cosa sono?

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Ricerca sul campo

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Risultati e problematiche

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L’identità

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Visualizzare l’idea: le moodboard

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La genesi di Family Sitter

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La struttura degli artefatti

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Il progetto

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Osservare l’esistente: i benchmark

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Esplorando l’immagine

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Colore e volti: costruire le foto

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I volti del servizio

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Applicazioni e artefatti

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La verifica

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Testare i manifesti

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La parola ai Milanesi

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Conclusioni

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Bibliografia/Sitografia

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Ringraziamenti

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Introduzione Welfare è una parola ricorrente nella società di oggi, specialmente quando si parla del cambiamento della stessa. Con il cambiamento della composizione del nucleo familiare e i tempi sempre più frenetici della vita quotidiana, sorge la necessità di creare servizi per aiutare il cittadino, migliorandone la vita. Il Comune di Milano sta investendo molto in questo tema, intendendo il welfare come un mezzo per migliorare la società attraverso il contatto e l’aiuto reciproco tra le persone. Nel Laboratorio di Sintesi di Design della Comunicazione per il Welfare, il nostro obiettivo è stato progettare un servizio che coinvolgesse e fosse utile ai cittadini in un’ottica di coesione e condivisione, in modo da «creare le condizioni per cui tutti gli attori della città, dai giovani agli anziani, si sentano legittimate a costruire situazioni di welfare per creare un’idea di comunità».1 Nelle pagine che seguiranno sarà illustrato il processo che ha portato alla realizzazione di un network per servizi familiari condivisi e della sua campagna di affissione, partendo da una ricerca dalla quale è avvenuta la costruzione di un’identità visiva, fino alla realizzazione di artefatti comunicativi e alla loro verifica. 1 Cosimo

Palazzo, responsabile dell’Assessorato alle Politiche per il Welfare, durante l’incontro con gli studenti del Laboratorio di Sintesi.


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LA RICERCA


1 La ricerca Il primo step per definire il tema del progetto è una ricerca del contesto in cui il esso verrà collocato. Io e i miei compagni siamo partiti da una definizione del topic assegnatoci, delineando i limiti di ciò che volevamo approfondire. Abbiamo proceduto con una ricerca sul campo, intervistando sia la parte d’utenza sia la parte di erogatori, per trovare i punti sensibili in cui concentrare il nostro progetto.

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1.1

Aiuti Familiari Condivisi: cosa sono? All’interno del corso di Sintesi Finale la classe era divisa in sette macrogruppi, ciascuno dei quali si occupava di un tema tra cui: Lettura a domicilio Cena sospesa Pasto a domicilio Turismo sociale Diritto al compleanno Giardini condivisi E infine l’ultimo, che ci è stato assegnato e con cui avremmo lavorato per un intero semestre: Aiuti Familiari Condivisi.

Pag. Succ.: Serie di fogli contenenti traccie, appunti e schematizzazioni per comprendere i vari aspetti dei servizi familiari condivisi: target, aziende dedicate, organizzazione, ecc...

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LA RICERCA

Nel momento in cui ci è stato assegnato il tema io e i miei colleghi ci siamo seduti al tavolo e abbiamo pensato come muoverci: vi era già un’idea di fondo su cosa potessero essere i servizi familiari, tuttavia inquadrarli in categorie precise risultava tutt’altro che semplice viste le sfaccettature di questa categoria. Inoltre il concetto di “condivisione”, per quanto potessimo immaginare cosa potesse significare, ci era totalmente nuovo. L’obiettivo che ci siamo prefissati era quello di capire come intendere questo termine: erano già stati fatti tentativi di condivisione dei servizi? E se sì, in che misura? Quali altri metodi potevano essere applicati per rendere un servizio “condiviso”?


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Individuazione dei servizi Ci siamo innanzitutto appropinquati a individuare i servizi di maggior rilievo all’interno di questa macrocategoria. Abbiamo condotto una ricerca online, cercando parole chiave per trovare più termini possibili e identificando per ogni singolo servizio le sfaccettature che lo accomunavano o differenziavano da altri analoghi. Questi sono stati poi accorpati in macrocategorie, valutando caso per caso se le similarità fossero tali da poter individuare un servizio che potesse racchiuderle. Un importante fattore, oltre a limitare la ricerca ai confini della città di Milano, è stata l’esclusione di servizi “in nero”, considerando quindi solamente quelli erogati dalle aziende autorizzate e che lavorassero per il Comune. Inoltre abbiamo tenenuto presente anche in quali ci potesse essere una concezione di condivisione tra più utenti o tra operatori, a seconda della zona in cui essi operano (il palazzo in cui abitano, il vicinato o il quartiere), o attraverso un servizio preesistente. Facendo una ricerca preliminare ne abbiamo trovati cinque di rilevanti:

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LA RICERCA


Colf

Vi sono stati dei casi di Colf/Badante Condivisa a Milano, all’interno di un unico condominio. Questa ha riscosso un discreto successo, essendo generalmente benvoluta nell’ambiente in cui operava.

Trasporto anziani

Questo servizio è fornito dal Comune nei mesi estivi, ma la comunicazione lascia a desiderare. Anche aziende di welfare lo erogano, ma come servizio marginale all’interno di pacchetti.

Baby Sitter

Il Baby Sitter è il servizio più gettonato dei cinque. È interessante vedere che vi siano stati dei tentativi di baby sitter condivisa da parte delle istituzioni, che però non hanno mai trovato una diffusione importante.

Pet Sitter

Di agenzie di pet sitting ne esistono veramente poche, e sono quasi tutte internazionali. Interessante è il fatto che queste aziende puntino molto sulla presenza nel web.

Plant Sitter

Il plant sitting, nato da poco in Inghilterra, è ancora in fase di nascita. Se ne occupano pochi negozi e non esistono vere aziende che garantiscano il servizio.

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Ricerca sul campo

1.2

Una volta individuato il campo d’azione, il passo successivo è stato capire come procedere nell’individuare determinati dati utili per un futuro sviluppo di un network/servizio. È risultato utile costruire uno schema che potesse darci una visione d’insieme sugli step da intraprendere e sulla restituzione dei dati in modo da poterli utilizzare nella successiva fase di progettazione.

Ricerca preliminare Abbiamo raccolto dati, appunti, note su aziende che erogano servizi familiari, vedendo quali fossero predisposti alla condivisione e soprattutto in che parte fossero esercitati in nero.

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LA RICERCA


Restituzione dei risultati Per ultima cosa abbiamo restituito problematiche e spunti interessanti sottoforma di schematizzazioni, che ci hanno aiutato a capire dove agire progettualmente. Interviste Si è passati a una fase di intervista sia agli utenti dei servizi, sia alle aziende che ognuno di noi ha cercato, per capire come fosse la situazione percepita da entrambe le parti, oltre le stime e i numeri “ufficiali”.

Studio individuale di un servizio Abbiamo diviso i 5 servizi tra i componenti del gruppo, cosicchè a ognuno fosse stato possibile approfondire e analizzare un tema specifico nelle fasi successive

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Cosa dice l’utenza... Abbiamo quindi proceduto diffondendo un questionario online, destinato all’utenza dei servizi. Ci siamo serviti in particolar modo di Facebook come mezzo di diffusione, sfruttando il fatto che fossero presenti numerosi gruppi che si occupavano dei temi da noi analizzati, o che comunque racchiudevano un buon numero di persone che o per passione o per lavoro erano disposti a rispondere alle più svariate domande. Il responso è stato abbastanza buono, tanto da aver raccolto 97 testimonianze di utenti diversi. Inutile dire che non è un numero in grado di garantire una statistica, ma ci ha aiutato a costruirci un’idea un po’ più dettagliata della situazione in questo campo.

Come sei venuto a conoscenza del servizio? Ti affidi sempre alla stessa persona? L’hai mai consigliata a qualcuno? Condividi questo servizio con altri? Sei sempre stato soddisfatto? Sfrutteresti un sistema più comodo per trovare un servizio che fa al caso tuo?

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LA RICERCA


... E cosa gli operatori Con l’utenza avevamo analizzato solo una faccia della medaglia. Per farci un’idea precisa dello stato dei servizi, specialmente in termine di richieste e di comunicazione con l’esterno, abbiamo intervistato parallelamente diverse aziende del settore, in particolar modo quelle legate al Comune di Milano. Per rendere tutto meno macchinoso, abbiamo deciso che ciascun membro del gruppo avrebbe intervistato aziende che si occupavano di un servizio specifico (nel mio caso Aiuto al Trasporto), partendo da una sequenza di domande comune a tutti. Questa volta ottenere delle risposte è stato più complicato. Molti dei diretti interessati si sono dimostrati più restii a rispondere, almeno fino a quando non abbiamo dichiarato di essere del Politecnico e il nostro scopo era di pura ricerca.

Da quanto tempo esercita il suo lavoro? Com’è, ad oggi, la quantità di richieste? Avete avuto mai esercitato il servizio in maniera condivisa? Qual è l’approccio di advertising più efficacie per la vostra azienda?

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Spunti interessanti Nella suddivisione delle interviste alle aziende, mi sono occupato del Servizio di aiuto al Trasporto. Devo dire che, contrariamente a quanto mi aspettassi, ho ricevuto diversi spunti del tutto inaspettati e molto interessanti che hanno influenzato alcune scelte durante il mio percorso. In particolare, un operatore mi ha colpito con un discorso sulle modalità di pubblicità della propria azienda, che in controtendenza all’aumento dell’advertising digitale1 fa successo con mezzi più “classici”:

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LA RICERCA

Quello con cui ci pubblicizziamo sono principalmente volantini. [...] Una situazione tipo è: una signora che ha suo padre non autosufficiente e cerca un servizio. È molto facile che, passando in farmacia, chieda al farmacista: “Scusi, sa mica se c’è un servizio che faccia al caso mio?”. Il farmacista le dirà: “Guardi, abbiamo giusto dei volantini qui, provi a darci un’occhiata” e il gioco è fatto. [...] Avevamo provato in passato a usare cartelloni stradali, ma oltre a costare molto di più, non funzionavano così bene come i volantini e quello che viene dopo, cioè il passaparola.

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Se è vero che l’obiettivo del progetto è pensare a una rete di servizi, quindi mantendo una visione ampia del quadro generale, è anche vero che ogni sua parte contiene un piccolo universo a sé stante. Luoghi di contatto, in cui si trovano potenziali clienti per un dato servizio - in questo caso il trasporto per anziani sta alla farmacia, ma similmente il servizio di baby sitting sta alla scuola, quello di dog sitting al veterinario, ecc... In effetti non avevo considerato, fino a questo momento, il fatto di poter far conoscere un network così ampio rendendo visibili le sue componenti più che l’insieme. È una tecnica di marketing comune,2 eppure mi è parsa una prospettiva del tutto nuova il fatto di applicarla anche ai servizi per la persona. Visualizzare questi piccoli universi, e quindi ascoltare i bisogni delle singole persone, certamente è un buon metodo per rispondere a coloro che hanno dei bisogni espliciti, aiutandoli ad avvicinarsi al servizio. Mi sono reso conto, quindi, dell’importanza che questi luoghi hanno nel facilitare la comunicazione, luoghi che per questo motivo (e per comodità) da ora in poi chiameremo facilitatori. 1 Risultati

riferiti allo IAB Forum 2015, www.iab.it

2 Come

nel caso di Nutella, che sottointende una serie di valori di brand che portano a Ferrero. Esempio di E. Carmi, «Branding, una visione Design Oriented»

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1.3

Risultati e problematiche

Pag. Succ.: Schema risultato dalla ricerca sull’utenza dopo due settimane dal lancio del questionario.

Una volta risolta la questione delle interviste, io e il mio gruppo abbiamo finalmente messo insieme i pezzi per avere un quadro complessivo. Il numero totale di intervistati per la parte di utenza è ammontato a 97, sicuramente non rappresentativo di un’intera città, ma comunque utile per avere un’idea della percezione da parte di coloro che usufruiscono dei vari servizi. Dall’altro lato siamo riusciti ad avere contatto telefonico o via mail con i responsabili delle aziende, riuscendo ad avere informazioni più o meno dettagliate (a seconda della disponibilità dell’intervistato) sui numeri dell’utenza media, sull’andamento delle aziende in termini di nuova clientela e richiesta del servizio, e le modalità di advertising utlizzate dalle aziende in cui costoro lavorano ogni giorno. Oltre a qualche risultato tutto sommato prevedibile (ad esempio è stato confermato il fatto che i servizi siano adoperati a causa della mancanza di tempo, dato tutto sommato intuibile), sono risultati moltissimi punti interessanti che non ci aspettavamo di trovare, e che hanno dato una spinta decisiva alle decisioni progettuali che avremmo preso in seguito.

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LA RICERCA


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Passaparola Internet Annunci Cartacei Annunci del Comune

67% 67%

12% 12%

12% 12% 4% 4%

Come sei venuto a conoscenza del servizio? Questo è forse il dato che più di tutti ci ha stupito. Vediamo continuamente annunci di ogni sorta nei posti più impensabili, e Internet è un ottimo mezzo di comunicazione. Tuttavia è il passaparola a padroneggiare tra i mezzi di diffusione dei servizi. Evidentemente il sovraffollamento di informazione porta chi ne ha bisogno a essere “cieco” nei confronti di un qualunque annuncio, che assume importanza solo nel momento in cui una persona fidata si fa da portavoce dello stesso.

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LA RICERCA


40%

Insoddisfazione Assenza di contatti Mancanza di fiducia Rassegnazione

45%

30%

12%

Sei soddisfatto del servizio? A questa domanda la maggior parte degli intervistati ha risposto positivamente. Tuttavia il 40% non era contento, e noi abbiamo chiesto perché. Perché non cambiare? Le risposte sono state essenzialmente tre: “Non saprei chi cercare”, “Non mi fido” e “Ormai ci accontentiamo”. È interessante vedere come tutte queste possano essere relazionate a una mancanza di fiducia.

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Abbiamo inoltre studiato i punti e le modalitĂ di contatto che l’utenza ha coi servizi, immedesimandoci in un normalissimo cittadino e cercando di tracciare una mappa dei processi necessari per il raggiungimento di contatto con le aziende. Il risultato è stato un groviglio di situazioni molteplici, non sempre alla portata di tutti e quasi mai uguali da azienda ad azienda.

Passaparola

Internet

Affissioni

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LA RICERCA


Moto a luogo

Sede servizio

Form internet

Mail

Chiamata

Casa

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Una volta raccolti tutti i dati abbiamo potuto constatare una serie di problematiche legate all’uso e alle condizioni della nostra materia di studio. Queste riguardano specialmente la parte di utenza, in cui abbiamo riscontrato i problemi più evidenti e che in qualche modo ci hanno sorpreso maggiormente. Ovviamente in ogni servizio vi era una particolarità più o meno marcata, tipica di quell’ambito, che avrebbe richiesto un approfondimento a sé. Abbiamo quindi preferito concentrarci su aspetti comuni, che potessero valere trasversalmente. Mancanza di fiducia Il maggiore problema che abbiamo riscontrato, diffuso in ogni singolo servizio, è direttamente legato al passaparola e alla fiducia riposta in alcuni canali piuttosto che altri. Se la conoscenza di un servizio è data da un suggerimento di parenti e amici, significa che c’è un problema di fondo, legato alla comunicazione degli erogatori di servizi e soprattutto alla larghissima diffusione degli esercizi in nero. È quindi un passo fondamentale, avendo la visione di un ipotetico servizio, instaurare una sorta di legame con l’utenza, trasmettere un senso di “trust” che evidentemente non è presente ad oggi, facendo in modo che il canale ufficiale possa essere un mezzo potente come un suggerimento di una persona fidata.

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LA RICERCA


Frammentazione Se non il più lampante, questo è il primissimo problema che abbiamo riscontrato durante la ricerca, per giunta in prima persona. Già durante le fasi iniziali, infatti, abbiamo fatto una fatica notevole a trovare il materiale di ricerca. Tra siti web nascosti, collegamentei non funzionanti e numeri telefonici inesistenti ci è sembrato che la comunicazione delle aziende (e in certi casi anche del Comune), la maggior parte delle volte, fosse abbandonata a sé stessa. Come se non fosse abbastanza, in ambito italiano abbiamo trovato pochissimi esempi che “racchiudessero” servizi di diversa natura, rendendo la ricerca più difficoltosa a causa della sua frammentazione. Ci siamo immedesimati in un utente, che pur avendo un certo bisogno non avrebbe idea di dove cercare - come infatti è stato confermato da alcune persone nella nostra ricerca. Scarsità di garanzie La maggior parte degli intervistati, almeno una volta, si è affidata a un servizio in nero. Torniamo al discorso del passaparola, in cui le persone danno fiducia al lavoratore solo sotto un consiglio fidato. Così si presenta però un altro problema da non sottovalutare: la mancanza di garanzie e assicurazioni in caso di danni o incidenti.

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La parte di ricerca poteva definirsi conclusa. Avevamo raccolto abbastanza informazioni per poter capire quali fossero i punti particolarmente critici e per orientarci all’interno di essi. Era quindi fondamentale circoscrivere un campo di azione, spostando il focus progettuale su dei determinati aspetti in favore di altri. In questa fase il macrogruppo si è diviso in due. Mentre i nostri complementari si sono occupati di servizi riguardanti l’interno dell’ambiente domestico, noi abbiamo voluto prendere in considerazione tutti i servizi analizzati in precedenza, concentrandoci sulla canalizzazione e sulla facilità di accesso in funzione di eventuali integrazioni future. L’idea era quindi un network, di semplice accesso e supportato dal comune, che potesse aggregare una serie di aziende terze e fornire un determinato servizio in base alle esigenze dell’utente singolo. È stato stilato un breve brief di progetto, in modo da poter mettere per iscritto i risultati della ricerca da cui trarre l’incipit del progetto.

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LA RICERCA


Brief di progetto I servizi di aiuti familiari condivisi si propongono di fornire supporto nello svolgimento di mansioni
quotidiane collegate al benessere della persona e della famiglia. Tali servizi sopperiscono principalmente alla mancanza di tempo o ad impossibilità fisiche. L’erogatore si impegna a sostenere il cliente in momenti sensibili della giornata, svolgendo per lui mansioni non espletabili per cause differenti, offrendo quindi un servizio a domicilio per semplificare i processi. I destinatari sono eterogenei come target e classe sociale, e manifestano bisogni altrettanto diversificati. Figurano anziani, madri lavoratrici, single lavoratori e più in generale famiglie con dei figli piccoli. Data la particolarità di contatto è frequente un senso di sfiducia nei confronti di canali più impersonali come internet. Luoghi e figure chiave come scuole, farmacie, e veterinari servono a superare questo limite e connettere clienti e prestatori d’opera. Vista la sensibilità del tema e la varietà del target il linguaggio coordinato dovrebbe rispondere a molteplici esigenze, soprattutto alla generazione di un senso di affidabilità, mantenendosi al contempo facilmente accessibile, lineare ed esaustivo.

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IDENTITÀ


2 L’identità Avendo ottenuto ora le conoscenze necessarie per proseguire, abbiamo diviso il gruppo ulteriormente per creare l’identità del nostro network. Abbiamo come prima cosa cercato di visualizzare come potesse essere il nostro network grazie a delle moodboard, analizzando gli elementi e i princìpi fondanti, arrivando a stabilire prima di tutto il nome Family Sitter e conseguentemente un’identità definita da un logotipo e una serie di elementi caratterizzanti.

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Visualizzare l’idea: le moodboard

2.1

Il nostro percorso progettuale partiva definendo quali fossero i punti che volevamo risolvere: la canalizzazione di più servizi per facilitare l’accesso all’utenza e allo stesso tempo a valorizzare le aziende legate al Comune. Iniziava così la fase che, da designer, più ci riguardava da vicino: pensare a un modo per comunicare graficamente non solo il servizio in sé, ma anche una serie di princìpi e un tono di voce che avremmo voluto far trasparire da esso. Io e i miei compagni abbiamo esplorato diverse possibilità, costruendo tre moodboard per confrontarsi e iniziare ad orientarsi su una possibile direzione. Nel primo caso, in virtù della complessità del network, si è pensato a una comunicazione incentrata su illustrazioni lineari, mantenedola il più possibile asciutta e semplice, e dando spazio all’utilizzo di infografiche. In un altro caso si è pensato a una grafica ancora più asciutta, con l’introduzione di fotografie e l’uso di pochi colori già utilizzati dal comune. In entrambi i casi, però, l’impressione era di austerità e distacco oltre a non avere, col senno di poi, alcuna flessibilità riguardo la creazione di svariati artefatti. Ciò su cui abbiamo individuato maggiore potenziale era la terza moodboard, che univa elementi fotografici (con elementi a cui avevamo assocato la realtà quotidiana) a elementi grafici (che rappresentavano

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IDENTITÀ


Prime versioni delle moodboard, con riferimenti grafici presi da internet e rielaborati in Illustrator

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Progressione della moodboard,

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il servizio “astratto”, che andava a unirsi con la realtà, migliorandola). Anche se ritenevamo l’idea in sé valida per lo scopo, questa andava comunque affinata stilisticamente e cromaticamente. Da questo momento in poi ci siamo concentrati sul migliorare e raffinare la moodboard, e in parte ripensandone alcuni elementi. In un primo tentativo abbiamo soprattutto rivisto l’aspetto cromatico, enfatizzando il rosso per simboleggiare l’energia, l’attività, accostandolo a toni azzurri che rappresentassero calma e agio. Purtoppo il contrasto che questi generavano faceva passare in secondo piano l’aspetto simbolico dei colori, dando vita ad un’immagine troppo destabilizzante. Abbiamo quindi proceduto con delle tinte più tenui, arrivando ad eliminare definitivamente l’azzurro una volta avviato il progetto. Un altro aspetto che abbiamo preso in considerazione è stato l’inserimento di immagini fotografiche in favore di forme grafiche. Il colore, così, è diventato un elemento di supporto, mentre la parte fotografica dava più spazio alle persone e ai volti umani. In questo modo l’intento era di dare maggiore importanza all’aspetto empatico del servizio, mettendo al centro le persone che così passavano dall’essere idealizzate a reali, tangibili. Questo fattore ha influito sulla grafica per la campagna di affissione, che come vedremo nei capitoli successivi è virata in una direzione prettamente fotografica.

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La genesi di Family Sitter

2.2

Parallelamente all’inquadratura dell’immagine, una priorità del progetto era quella di pensare a un nome che potesse essere allo stesso tempo chiaro e con un forte mordente comunicativo. Lo scopo era fare in modo di racchiudere in una formula efficace dei concetti chiave di un network di servizi familiari condivisi. I vantaggi di sfruttare un approccio descrittivo consisterebbero nell’ottenere un’immediata presentazione all’utenza, oltre a uno spazio definito all’interno di un ambito di marketing.1 Abbiamo fatto diverse prove e del brainstorming, in cui abbiamo portato in primo piano la casa, il contatto tra persone, e in generale l’idea di aiuto tra individui. È diventato lampante come la prima cosa a cui ognuno di noi pensasse - e a cui ogni interessato potesse far riferimento in caso di interesse - fosse il target ultimo del nostro network, quindi la famiglia. A questa abbiamo voluto associare una parola che desse l’idea di aiuto e sostentamento, non intesa però come assistenzialismo. Per questo ci è venuta in mente una figura che ricorre spesso e universalmente riconosciuta in questi ambiti, il Sitter. Ciò che ne risulta è Family Sitter, che grazie all’uso di queste due parole riesce a contenere un concetto immediato e a contestualizzare rapidamente l’universo di cui parla.

1 Amanda Soderlund, Interview with Addison Whitney, www.clutch.co «[...] The interpretation of your name and brand helps to put you in your space in regards to what you do.»

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2.2.1

Curve e linee: il logotipo

Approvato il nome, il passo successivo è stato cercare un marchio che potesse valorizzare ciò che stavamo cercando di ottenere anche in modo visivo. Io e i miei compagni abbiamo fatto svariate prove, circa una ventina, adottando diversi approcci, dal calligrafico al puramente grafico. Ci siamo accorti che era estremamente difficile rappresentare con un simbolo un servizio così vasto e variegato, fatto che ci ha persuaso a scartare l’uso di icone e loghi grafici. Abbiamo propeso per un logotipo, appoggiandoci alla tipografia e alle forme del font come mezzo per far trasparire i valori da comunicare. Ne è risultata l’associazione due tipologie di font diverse: il segno morbido del calligrafico Sign Painter su “Family”, e il sans-serif Avenir Next LT Pro su Sitter. Abbiamo voluto accostare questi font opposti in modo da evocare da una parte una sensazione più calda e rassicurante - data dalle forme sinuose della calligarfia - e dall’altra un senso di robustezza, di sostenimento alla base della famiglia. Allo stesso modo, volevamo mettere al centro la città di Milano, in particolare l’idea che il servizio fosse dedicato alle famiglie milanesi. Abbiamo dunque provato a far emergere il “MI” di “Family” grazie a una semplice differenza cromatica, ma le soluzioni non erano convincenti. Abbiamo quindi sfruttato la malleabilità delle linee corsive per enfatizzare questo aspetto e per creare un simbolo allegorico del contatto tra due persone.

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Fasi di evoluzione del logotipo: dopo svariate sperimentazioni iniziali, abbiamo preso da ciascuna prova degli elementi funzionali alla comunicazione, costruendo il marchio definitivo

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2.2.2

Rappresentare i servizi

Risolta la questione del marchio, sono state esplorate le altre possibilità in cui intervenire per rafforzare l’identità di Family Sitter. Vista la quantità di singoli servizi che compongono il network, ci è sembrato doveroso trovare delle soluzioni per rappresentarli sia da un punto di vista grafico. Ispirandoci alle linee morbide del logotipo, abbiamo disegnato cinque diverse icone, ognuna con delle figure stilizzate intente nelle diverse attività. Nella loro versione standard abbiamo applicato i colori istituzionali, dove il cerchio più scuro evidenzia l’azione dell’operatore. Queste rappresentazioni grafica è stata creata in funzione di una serie di artefatti futuri, tra cui quelli istituzionali, in cui esse possono diventare un elemento distintivo che funga da completamento del marchio.

Le icone dei servizi, da sinistra e dall’alto: Accompagnamento Baby sitter Colf Dog sitter Plant sitter

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Analogamente, si è pensato a un sistema per completare il marchio, in modo che pur rimanendo riconoscibile descriva allo stesso tempo un servizio. Abbiamo voluto adottare un linguaggio allegorico, evitando di nominare il servizio in maniera diretta ma estendendo la lettura del marchio in modo da descrivere la competenza dell’operatore. Ciò significa che, ad esempio, Family Sitter per la Casa equivarrà al servizio di Colf, Family Sitter per i Bambini al Baby Sitter, ecc... Le estensioni scelte per ogni servizio sono: Colf = per la casa Baby Sitting = per i bambini Plant Sitting = per le piante Pet Sitting = per le piante Aiuto ai trasporti = per gli spostamenti

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2.2.3

Elementi di identità

Risolta la questione del marchio, sono state esplorate le altre possibilità in cui intervenire per rafforzare l’identità di Family Sitter. Ci è sembrato doveroso, vista la quantità di servizi, trovare una soluzione grafica in modo che ogni servizio potesse trovare un corrispettivo visivo. Ispirandoci alle linee morbide del logotipo, abbiamo disegnato cinque diverse icone, ognuna con delle figure stilizzate intente nelle diverse attività. Nella loro versione standard abbiamo applicato i colori istituzionali, dove il cerchio più scuro evidenzia l’azione dell’operatore. Queste rappresentazioni grafica è stata creata in funzione di una serie di artefatti futuri, tra cui quelli istituzionali, in cui esse possono diventare un elemento distintivo che funga da completamento del marchio.

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La struttura degli artefatti

2.3

Il lancio di Family Sitter prevedeva una costruzione di un sistema di artefatti, focalizzati a coprire aspetti riguardanti non solo il core del network ma anche l’aspetto di promozione del network. Per una migliore gestione dei lavori, abbiamo diviso la campagna di lancio tre cluster, dividendoci i compiti per curare individualmente ognuno di essi. Fin da principio abbiamo riconosciuto nel il sito web la migliore piattaforma per avere un network in grado di unire i diversi aspetti e i diversi servizi di aiuti familiari condivisi. Esso però non poteva esistere senza una campagna di advertising mirata a farlo conoscere a potenziali clienti, per cui abbiamo propeso per una campagna pubblicitaria che parlasse in due canali differenti. Mentre il mio collega si è occupato della campagna video, io mi sono occupato della campagna di affissione, di cui vedremo la struttura e l’approccio nel dettaglio nei capitoli seguenti. Entrambe le campagne puntano a pubblicizzare Family Sitter non solo attraverso il nome del brand, ma anche sfruttando i singoli servizi per trovare il consenso di una parte specifica dell’utenza.

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Campagna Video Serie di video promozionali proiettabili su schermi pubblici e in contesti web, atti a creare un impatto emozionale.

Campagna di affissione Serie di manifesti e volantini - più una brochure - utilizzabili in luoghi pubblici altamente frequentati o in luoghi strategici, a seconda del bisogno riscontrato dell’utenza.

Piattaforma Web Sito web con accesso, gestione, e informazioni sul servizio. Questo è il momento in cui l’utente entra effettivamente in contatto col servizio

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2.3.1

La campagna video

La campagna video prevede una serie di artefatti audiovisivi che mirano a creare un impatto emozionale, destinati ad essere trasmessi in diversi supporti. Oltre agli schermi della metropolitana, questi potrano fungere da spot pubblicitario in portali come Youtube e Vimeo, oppure nei siti di aziende affiliate a Family Sitter. La campagna si compone di sei video totali, cinque dei quali descrivono i singoli servizi e uno che funge da “cornice”, raccontando Family Sitter nella sua interezza. Video per i singoli servizi Sono cinque video (uno per servizio) della durata di una tretina di secondi, strutturati in modo che l’operatore sia il narratore della propria giornata. In questo modo si vuole cercare sottolineare il contatto emotivo che si crea con il Family Sitter, facendo trasparire il suo lato umano dal tono confidenziale e allegro del discorso. Il montaggio è simile a quello di un’intervista alla “Il testimone”, con tagli frequenti e un ritmo acceso. “Video cornice” L’ultimo video è quello in cui lo spirito di Family Sitter traspira non dal discorso dell’operatore, ma dalla parte dell’utente. Anche stavolta il modello sarà simile a quello di un’intervista, ma con la testimonianza di più persone che manifestano la loro soddisfazione verso il servizio e l’importanza che esso ha nella loro vita di ogni giorno.

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Alcuni screenshot del video “cornice”, dall’alto: utenti di Baby Sitting, di Plant Sitting e di Pet Sitting

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2.3.1

Il portale web

Il portale web èil cuore pulsante del network, da cui si possono ricavare tutte le informazioni necessarie sui servizi e iscriversi a essi. È stata progettata un’architettura backe-end e front end, insieme a un’interfaccia per l’accesso al servizio e una homepage. Quest’ultima è introdotta da una call to action che esora a utilizzare il servizio, e da un pulsante di accesso alla pagina personale. Il resto delle informazioni sono disposte nella pagina ad andamento

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Schermate dell’interfaccia del sito: a sinistra homepage, a destra richiesta del servizio

verticale. In particolare vengono approfonditi i servizi e in cosa consistono, i vantaggi di utilizzare il servizio, le istruzioni “how-to” per dimostrarne l’immediatezza e, infine, gli applicativi disponibili per smartphone. La prenotazione di un servizio, invece, è suddivisa in vari step, in cui è prevista una forte componente di personalizzazione non solo dell’orario, ma anche della zona e del singolo operatore, selezionabile a seconda delle preferenze e delle recensioni degli utenti precedenti.

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IL PROGETTO


3 Il progetto Definita l’identità, siamo passati alla generazione degli artefatti. Io e i miei compagni ci siamo divisi i compiti in base alle competenze preliminari che avevamo. È così che mi sono occupato della campagna di affissione. Ciò ha compreso una ricerca e una riflessione sui luoghi sensibili in cui agire, oltre all’individuazione benchmark di riferimento ed elementi comunicativi ricorrenti in servizi paragonabili ai nostri. Questo ha permesso di produrre e sviluppare dei manifesti e degli artefatti che raccontassero il servizio, attraverso numerose prove (fotografiche e di layout) per comunicare al meglio l’identità di Family Sitter.

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Prima ancora di pensare all’aspetto degli artefatti comunicativi mi sono posto il problema di dove questi potessero comunicare al meglio. È una domanda essenziale: in questo modo è possibile risolvere due questioni. Prima di tutto, fare un intervento ragionato implica un notevole risparmio di denaro, essenziale se si tratta di un servizio del comune, ottenendo comunque una buona visibilità. In secondo luogo, ma molto importante dal punto di vista progettuale, è la possibilità di regolarsi di conseguenza e dare agli artefatti una forma coerente al luogo di affissione. Ho pensato dunque al target a cui eravamo rivolti, che copriva una fascia di età decisamente ampia, e ai luoghi in cui tutti costoro potessero entrare in contatto. Uffici comunali e mezzi pubblici rispondevano bene alla questione visibilità, ma non erano sufficienti. A questo proposito mi è tornata in mente la conversazione al telefono che ho avuto due mesi prima con un operatore, e dell’importanza dei cosiddetti “luoghi facilitatori”1. La sua azienda di servizi alla persona ha puntato sulla pubblicità tramite volantini, perché, come citava: «È molto facile che, passando in farmacia, [una signora] chieda al farmacista: “Scusi, sa mica se c’è un servizio che faccia al caso mio?” e il farmacista gli indichi il volantino».

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IL PROGETTO


Essendo Family Sitter un network di servizi è inutile tentare di puntare solamente sull’aspetto globale, per la stessa architettura con cui è strutturato. Le persone, prima di cercare l’erogatore, cercano un determinato servizio, e il compito del network è quello di facilitarne la ricerca e aiutarle a trovarlo. Quindi perché non partire dalle singole componenti di Family Sitter, ovvero ogni servizio, individuando i luoghi già noti che potessero fungere da polo comunicativo? La struttura della campagna si è quindi suddivisa in due filoni principali, a seconda dei bisogni dell’utenza: da una parte è stato programmato un intervento nei luoghi di aggregazione, come mezzi pubblici, stazioni metropolitane, e uffici comunali. Questi luoghi permettono di stabilire un contatto con un bisogno implicito, e se non altro permetterebbero di creare visibilità a Family Sitter nel lungo andare. Dall’altra parte, diventa estremamente utile un intervento in luoghi chiave. Nella maggior parte dei casi i servizi si identificano con un luogo ben preciso, in quanto sia il servizio che il luogo fisico rispondono a determinate esigenze e bisogni espliciti dell’utenza. In questo modo il supermercato sta alla colf come il veterinario sta al dog sitter, come la farmacia sta all’aiuto per l’accompagnamento ecc... 1 vedi

pag.20, “Spunti interessanti”

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Per rispondere ad esigenze diverse (di spazio, visibilità, e praticità) sono state studiate diverse soluzioni a seconda del luogo della campagna. Luoghi facilitatori I luoghi facilitatori sono, nella maggior parte dei casi, luoghi di dimensioni contenute, in cui gli spazi dedicati all’advertising sono solitamente banconi o bacheche - quindi non sempre adibiti al caso. Tuttavia il vantaggio sta nel fatto che è possibile trovarvi, da parte dell’utenza, un bisogno esplicito per un dato servizio. Per una pubblicità efficace serviva pensare a degli artefatti di dimensioni contenute, seguendo allo stesso tempo formule già applicate ed efficaci Volantini - formato A5 La forma più classica di pubblicità: sono pratici e possono contenere grandi quantità di informazioni. Essendo il passaparola uno dei maggiori mezzi di conoscimento dei servizi, i volantini diventano utili per essere passati da persona a persona. Manifesti prefustellati - formato A3 Un’altra tipologia classica di pubblicità sono gli annunci. Ho pensato che rifarsi a questa formula piuttosto funzionale, avrebbe potuto essere una buona idea per lasciare un riferimento a chi ne ha bisogno.

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IL PROGETTO


Luoghi di aggregazione In una metropoli come Milano sono presenti luoghi estremamente affollati, ed essendo la nostra una serie di servizi molto richiesti, è più probabile la presenza di una richiesta latente dei frequentatori. Qui diventa utile far conoscere la natura del network, descrivendolo nella sua totalità, con la possibilità di sfruttare il passaparola come mezzo di conoscenza.

Manifesti - formato 50x70 Artefatti pensati per avere grande visibilità, viste le dimensioni ampie. Sono stati pensati per essere collocati in uffici del comune, metro o fermate dei mezzi, eventualmente scalabili a seconda del supporto. Volantini appendibili - formato A5 Anche questa forma di artefatto trova moltissimo riscontro negli autobus e nei vagoni della metropolitana. Implica un contatto ravvicinato, che può risultare vantaggioso per la comunicazione. Brochure - formato intero A4 Contiene informazioni più tecniche e dettagliate del network, destinata ai potenziali clienti e ai più interessati.

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3.1

Osservare l’esistente: i benchmark

Sotto: Esempi di immagine coordinata di Helpling: marchi, fotografie, interfaccia del sito, ed esempio di advertising

Come abbiamo potuto vedere anche dalla ricerca preliminare, all’estero erano già presenti esempi di network legati agli aiut familiaridi cui servirsi in caso di necessità. Risultava utile, quindi, analizzare la “concorrenza” in modo da capire il loro approccio alla comunicazione, i punti di forza e i concetti che vogliono far trasparire dai loro brand. Helpling per esempio è un servizio nato in Germania e presente da due anni anche in Italia. Si occupa esclusivamente di Colf, ma il principio è lo stesso del nostro network: basarsi su una piattaforma online per facilitare la ricerca dell’utente. Il colore verde ritorna sia sugli elementi a schermo del sito che sulle immagini usate, ponendo sempre l’attenzione verso l’operatore.

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Sotto: Esempi di immagine coordinata di Homejoy: marchio, trattamento fotografico e advertising

Homejoy mi è parso un altro esempio valido, visto che negli anni ha ricevuto moltissimo credito, prima della chiusura nel 2015. Problemi legali a parte, era sicuramente forte di una comunicazione solida. Benché non fosse così ricorrente come nel caso di Helpling, il colore giallo era comunque molto presente, insieme a una fortissima componente fotografica. Qui figuravano non solo gli operatori (vestiti rigorosamente di giallo) ma anche interni di case e abitazioni. Detto questo, è curioso vedere come la campagna di affissione per la Start-up fosse “slegata” dalla comunicazione utilizzata nel web, e si fosse passati a un approccio calligrafico con un abbandono del giallo riconoscibile.

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Altro esempio è IlMioSupereroe, una start-up italiana. Anche qui è molto presente la fotografia, ma senza una vera coesione stilistica tra gli scatti. Da una parte questo li rende generici, ma dall’altra riesce a dare una prima impressione visiva efficace per inquadrare il mood del servizio. Infine Provingo e Handy.com si differenziano dagli esempi precedenti, adottado un approccio più grafico e lavorando con icone.

Homepage de Il Mio Supereroe

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È vero che in molti casi la pubblicità avveniva sui social e praticamente mai in campagne di affissione, ma bisogna considerare che si parla di startup, e non di network garantiti dal comune. Inoltre ho trovato abbastanza elementi comunicativi che mi hanno permesso di focalizzare il quadro complessivo su un approccio comunicativo ideale rispetto a questo particolare tipo di tematiche. Considerando la ricerca e i benchmark fino ad ora trovati, possiamo concludere che nella maggior parte dei casi vi siano una serie di approcci ricorrenti. In primis la rappresentazione degli operatori e del lavoro svolto da essi. Non c’è un sito in cui non si veda una colf compiere le pulizie, o un operatore con lo strumento di lavoro. L’immagine parla per sé e salta all’occhio ancora prima di leggere il claim o prima dello stesso marchio. In secondo luogo il colore, dove più e dove meno, è un elemento ricorrente e riesce a caratterizzare le persone che lo indossano e gli ambienti caratterizzati da esso, creando un senso di coerenza non solo all’interno dell’immagine, ma anche dell’artefatto intero. Porre al centro dell’attenzione gli elementi “operatore” e “colore” mi è sembrata dunque l’ipotesi più coerente per portare avanti un progetto di questo tipo. In particolare, con un approccio fotografico, si aggiunge un grado di empatia maggiore verso un servizio che fa del contatto tra le persone il suo punto principale.

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3.2

Esplorando l’immagine Prime esplorazioni A questo punto, gli elementi a mia disposizione che potevano essere potenzialmente sfruttati erano una palette cromatica e una serie di icone associate a ogni servizio. La sfida consisteva nel capire come rappresentare le persone degli operatori al meglio, per cui sono iniziate diverse esplorazioni d’immagine, che hanno visto approcci di tipo grafico, fotografico e un misto tra i due. In queste prime prove sono state usate foto di repertorio, ed è andato definendosi lo stile fotografico da utilizzare. L’intento era di mettere al centro l’attività dell’operatore, apponendo forme cromatiche diverse in modo da evidenziarne l’attività, lo strumento, il vestito. In altre prove, parallelamente, si è lavorato sull’integrazione delle icone in ambienti “reali”, in modo da rappresentare l’influenza del servizio sul territorio o sull’ambiente domestico in modo più astratto e allegorico. Definendo l’idea, si è cercato di rifinire il trattamento fotografico, rendendolo più organico alla brand identity di Family Sitter attraverso un trattamento cromatico che riprendesse i colori istituzionali. Abbiamo ripreso in primis l’idea di colorare gli operatori e l’azione/l’interazione di questi con gli stessi colori delle icone, cercando in qualche modo di creare un corrispettivo inserito in ambienti fotografici e accentuando le analogie col mantenimento dei balloon colorati.

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Foto e icone La terza prova ha visto i due stili precedenti mescolarsi: sono state unite l’idea di portare colore ai soggetti fotografati, e dall’altra l’identificazione in family sitter frazie alla sovrapposizione dell’icona del relativo servizio. Per verificare quest’idea sono state scattate foto ad-hoc nei casi in cui vi fosse stato bisogno, ovvero Baby Sitter, Aiuto al Trasporto e Plant Sitting. Ciò ci ha portato a rivalutare e migliorare alcune icone - in termini di comprensibilità e di tratto. Anche in questo caso le foto sono state studiate per avere un fondo quanto più possibile neutro, applicando un ritocco in Photoshop per darne la colorazione in bianco e nero e regolarne il contrasto. Osservando il risultato finale, però, ci si è resi conto che non sortivano l’effetto desiderato. Il disegno dell’icona all’interno della foto non veniva percepito come un’identificazione ma come un effetto ottico fine a sé stesso. Oltretutto costringere la foto in una sola posa, azzeccando le proporzioni dell’icona, sarebbe risultato troppo limitante dal punto di vista progettuale. “Colorare” i soggetti però è rimasta un’idea fissa, che è stata portata avanti abbandonando l’approccio grafico in funzione di quello fotografico.

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L’approccio fotografico Il risultato fino ad ora ottenuto risultava tutt’altro che soddisfacente. Ho provato a muovermi sulla linea delle esplorazioni precedenti, cercando di modificare qualche aspetto e pensare a cosa poter migliorare, ma la verità è che così avrei reso il progetto stagnante, procedendo in una strada che non avrebbe portato da nessuna parte. Bisognava ripensare l’immagine: avevo maturato un’idea, sapevo cosa volevo comunicare. Bisognava solo trovare un modo diverso per farlo. Ho pensato che l’approccio fotografico fosse comunque una buona idea, ma che le vere potenzialità potessero venire fuori da uno svincolamento dagli elementi grafici - in particolare dalle icone. Mantenendo le idee di fondo, ho quindi provato ad adottare un approccio diverso, “sperimentandolo” su alcune fotografie di repertorio. Al posto del bianco e nero, le fotografie sono completamente a colori ma caratterizzate dalle due cromie. Questo ha permesso una maggiore flessibilità progettuale, svincolando completamente l’immagine dalle icone e permettendo un atteggiamento più spontaneo dei soggetti fotografati. Inoltre, stavolta, ho preferito rendere visibili i volti, in modo da poter dare anche una personalità agli operatori e non concentrare l’attenzione solamente sull’azione. In questo modo il fattore di fiducia verso l’operatore ritratto, almeno in un’ottica di storytelling, ne avrebbe potuto risentire in positivo, in visione di future applicazioni delle foto negli artefatti comunicativi.

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3.3

Colore e volti: costruire le foto Sembrava che finalmente, dopo un cambio di direzione, si fosse trovato il modo giusto per raccontare Family Sitter. Dopo svariate prove grafiche, in cui si è tentata l’unione tra un linguaggio fotografico e la grafica vettoriale delle icone, abbiamo capito che un’immagine fotografica sarebbe stata, da un punto di vista progettuale e comunicativo, molto più efficace. In questo modo ci saremmo potuti slegare da una posizione degli attori predeterminata dalle icone, che ne avrebbe determinato una fatale innaturalezza, compromettendo la resa comunicativa.1 Con l’adozione di un’immagine libera, si apriva la possibilità di creare una situazione ex-novo per ogni servizio, ed essendo un’immagine senza particolari vincoli gli attori potevano essere molto più spontanei a beneficio dello storytelling. Non è da sottovalutare il fatto che, in un’ottica a lungo termine, l’advertising per nuovi servizi sarebbe stato molto più semplice ed immediato. L’icona, quindi, è diventata subordinata all’immagine, ed è stata usata negli artefattti solo in funzione dell’orientamento sul sito web, come guida a una futura user experience. Visto il risultato decisamente soddisfacente della prova con immagine di repertorio, ho deciso di mantenerne lo schema di divisione in terzi. Dividendo un rettangolo in terzi, partendo

1 cfr. pag. 58, «Foto

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e Icone»


da sinistra, avremmo avuto l’oggetto o ciò con cui agisce l’operatore. Nel secondo terzo, ovviamente, l’operatore. I colori sono stati ripresi, citando implicitamente le icone: l’oggetto/interazione è in rosso e il vestito dell’operatore è arancione. Lo sfondo di nuovo neutro, con quel che basta per contestualizzare l’ambientazione in cui si svolge l’azione. Detto questo, trovare delle foto di stock gratuite avrebbe comportato, oltre che a un risultato decisamente poco gratificante, una serie di complicazioni legate alle licenze (senza parlare del budget inesistente con cui stavamo lavorando). Armatomi di una D300s, grazie a un discreto numero di telefonate e al prezioso aiuto di amici e familiari, sono riuscito a trovare attori disposti ad emulare situazioni ideali, rappresentando i servizi di Family Sitter con delle foto in tempi ragionevoli. Fatta eccezione per il Dog Sitter e l’Aiuto al Trasporto, le foto sono state fatte in ambiente interno, che mi ha permesso di controllare con precisione le luci e i colori. Fortunatamente la conoscenza di Photoshop mi è stata di grande aiuto nella costruzione dell’immagine, specialmente per quanto riguarda la componente di color correction, fondamentale nello scopo da perseguire.

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Un tocco di arancione: la color correction

3.3.1

Il passaggio successivo allo scatto delle foto consisteva nel ritocco e nella color correction. A causa dei tempi e dei mezzi, non sono riuscito a procurare dei vestiti della stessa tonalità a tutti gli attori, il che mi ha portato ad usare Photoshop per sopperire al problema. La prima modifica è avvenuta con lo strumento curve RGB, rendendo omogenei i punti di luce, e allo stesso tempo aumentando l’incisività dei neri per garantire un buon contrasto. Fatto ciò sono passato alla colorazione dei vestiti, modificando i toni di arancione per renderli il più possibile riconducibili al colore istituzionale. Ho applicato quindi una maschera a ciò che serviva in modo da cambiarne le tinte. Queste sono state poi corrette con piccoli accorgimenti ai singoli canali RGB e tramite livelli di saturazione. Lo sfondo è sempre stato studiato in modo da essere il più neutro possibile, con una predominante bianca e talvolta con una leggera desaturazione degli elementi, riducendo la palette cromatica al minimo in modo da far emergere maggiormente i colori arancione e rosso all’interno dell’immagine1.

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Andrew Gibson, Using Colour to Create Mood, http://www.andrewsgibson.com


A fianco: Immagine di partenza e modificata coi vari livelli di colore.

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I Family Sitter al completo

3.3.2

Definito il mood dei servizi singoli sono passato a lavorare su una foto che comprendesse più servizi, destinata agli artefatti per i luoghi di aggregazione e per il sito web. Mi serviva qualcosa che potesse ritrarre il servizio nella sua interezza, catturando più che le azioni (come nel caso precedente), l’essenza di Family Sitter. In questo frangente mi sono rifatto completamente ai Benchmark individuati all’inizio del progetto, come Homejoy ed Helpling. Gli operatori affiancati riuscivano a dare l’idea di coesione dell’azienda e di coloro che lavorano al suo interno, e con le loro espressioni sorridenti gli operatori assumevano un tono rassicurante e affidabile - requisito necessario se costoro entrano in in un ambiente domestico per svolgere un lavoro. Ho quindi deciso di affiancare Colf, Dog Sitter e Plant Sitter, organizzandoli in una foto di gruppo in cui guardassero direttamente verso l’osservatore, con espressione sorridente. I loro strumenti del mestiere, tenuti ben in vista, servono per caratterizzare ulteriormente i personaggi, dando un’aria di propensione per il lavoro e, implicitamente, per suggerire la varietà di attività fornite dal network. Gli attori sono i medesimi delle foto associate ai singoli servizi, in modo che le facce potessero essere riconoscibili in tutti i manifesti in modo trasversale.

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A fianco: Confronto tra il benchmark di Homejoy e la foto per il servizio

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Il processo di color correction è stato il medesimo delle precedenti foto. Questa volta però si è lavorato allo sfondo in maniera diversa. La foto è stata scattata non avendo in mente uno sfondo predefinito, ma con l’intenzione di collocare uno sfondo per ogni operatore, in modo da far vedere che Family Sitter potesse operare negli ambiti più diversi, ma che allo stesso tempo rimanesse un network coeso. Sin dall’inizio è stata quindi pensata con l’idea di essere già scontornata. Parlando coi miei compagni, ci si è anche resi conto che avere un’immagine scontornata di riferimento del servizio, da poter applicare nel sito web o in un potenziale artefatto, fosse molto comoda e utile in caso di necessità. La prima ipotesi di applicazione dello sfondo, però, risultava eccessivamente pesante e poco comprensibile, quindi ho cercato una soluzione più “classica” cercando uno sfondo in linea con i precedenti: un interno ben illuminato ma il più possibilmente neutro. Questo comportava due problemi: il primo era il rischio di dare l’impressione di vuoto, e il secondo di far sembrare la casa un posto troppo lussuoso rispetto al target a cui parlavamo. Come per i casi precedenti, il risultato migliore è stato ottenuto scattando una foto ad hoc.

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A fianco: Fasi di modifica della foto: dallo scatto grezzo alla color correction e a una prima idea di sfondo “misto�, fino alla foto utilizzata nel manifesto

foto con 3 sfondi

foto con sfondo casa

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3.4

I volti del servizio Il processo di ricerca dell’immagine ha quindi portato alla costruzione di sei immagini: cinque per descrivere i singoli servizi, e una per rappresentare il network intero. Ognuna di queste è stata modificata in Photoshop per ottenere una gamma di colori simili e riconducibili,specialmente i toni arancioni, e quando necessario omogenizzando lo sfondo per permettere l’inserimento del logotipo in applicazioni successive. Queste immagini sono state costruite per essere declinate a ogni tipo di artefatto, in particolare quella destinata al servizio totale, che verrà ripresa, nella versione scontornata, anche nella homepage di Family Sitter. Nelle prossime pagine, in ordine: Colf Baby sitter Aiuto ai trasporti Plant Sitter Dog Sitter Operatori Family Sitter

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3.5

Applicazioni e artefatti Nel momento in cui le foto sono state scattate, una buona parte del lavoro era già stata fatta: fin da subito era presente l’idea di averle come componente principale all’interno dell’artefatto, in modo che fungessero come di attenzione. Ciò che mancava, però, era un’idea applicazione effettiva che queste potevano avere all’interno di un manifesto o un qualsiasi artefatto. Erano state già fatto delle prove con delle grafiche non definitive in fase progettuale, ma non erano sufficienti a capire quale sarebbe stato il vero impatto una volta presa la decisione definitiva. Avendo già idea a monte degli artefatti che sarei andato a costruire, ho iniziato a fare delle prove di layout per avere un’idea dell’aspetto di un ipotetico manifesto, e per capire quali potessero essere i pesi effettivi degli elementi all’interno di questo. Benché fosse inutile sperare di avere un layout “definitivo” prima di aver concluso gli scatti, sono comunque riuscito a farmi un’idea di cosa poter inserire negli artefatti, almeno a livello di contenuto. Qusto comprendeva un claim che accompagnasse la foto, la descrizione generale del network e una parte dedicata alla spiegazione di accesso. Come vedremo tra poco, a seconda del supporto e del tipo di artefatto, gli elementi hanno subito modifiche e riadattamenti.

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3.5.1

I luoghi facilitatori

I manifesti prefustellati Dal momento che tutti gli artefatti si basano su soluzioni già note in tutti i servizi, ho pensato che prendere spunto dai classici annunci con foglietto strappabile fosse interessante da un punto di vista comunicativo. Questi sono una soluzione già largamente adottata da singoli e privati, e mi avrebbe permesso di perfezionare un approccio pubblicitario partendo da una solida base universalmente nota. In secondo luogo, però, sfruttarli avrebbe comportato un vantaggio percettivo di Family Sitter stessa. In questo modo sarebbe stata messa nello stesso piano di privati che offrono i loro servizi, scendendo da un ipotetico “piedistallo” e dando quindi un senso certamente di affidabilità - in primis avendo il marchio del comune, ma anche grazie a una grafica asciutta e diretta - ma anche di convenienza e umiltà, parlando ai cittadini in modo semplice con un linguaggio noto e comune. Come si è detto precedentemente, la componente fotografica fa da principe in linea con il resto degli artefatti, mostrando il lato “umano” di Family Sitter. Ma al di là della prima impressione, si sa, sono necessarie le informazioni, possibilmente servite in modo rapido e conciso. Ecco perché la prima cosa di cui mi sono occupato è stata la loro gestione all’interno del manifesto. Raramente, infatti, si dedica

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più di qualche secondo alla lettura di un annuncio o una pubblicità, il che mi ha costretto a pensare quali informazioni fondamentali far risaltare in quello strettissimo lasso di tempo. Ho deciso di incentrare le informazioni sulle modalità di accesso, mettendo in evidenza la particolarità del network di essere incentrato su una piattaforma web. Ho voluto sottolineare la cosa mettendo una fascia arancio con delle icone, per richiamarla non solo graficamente, ma anche per creare un contrasto cromatico che potesse far saltare all’occhio il tutto.

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Ovviamente è presente un’ulteriore approfondimento testuale, destinato però a una lettura più attenta dell’artefatto. Oltre a questo era quasi d’obbligo un claim, che descrivesse il servizio e stimolasse la curiosità dell’osservatore. Ho pensato che, avendo la foto una buona capacità descrittiva (anche grazie all’associazione del logotipo Family Sitter che aiutava a contestualizzarla), diventava ridondante, se non addirittura scontato, nominare il servizio. Inoltre, il fatto di avere molteplici manifesti mi dava il vantaggio di giocare sulla personalizzazione di ciascuno. Ho giocato su una call to action, con un claim che invitava a scoprire il servizio, ma mantenedo un linguaggio metaforico che esprimesse l’elasticità degli operatori Family Sitter. In ogni claim ho inserito un incipit diverso, dando un’identità a ogni singolo servizio pur mantendo una formula costante e riconducibile a un insieme. La personalizzazione è completata dall’icona del servizio, che fa da ponte tra l’immagine fotografica e la parte testuale.

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I volantini Insieme ai manifesti troviamo i classici volantini, che seguono il layout dei sopracitati e ne riprendono gli elementi. Essendo il volantino un artefatto che si presta a una lettura più attenta (in questo caso solo se c’è un interesse da parte di chi legge), è stato strutturato in maniera leggermente diversa rispetto al manifesto. In questo caso è stato scelto di porre l’immagine, il claim e l’icona nella parte frontale, per stimolare la curiosità ed essere il più possibile essenziali, dando al contempo un’idea di ciò che si tratta. Le informazioni, quindi, sono state messe interamente sul retro. Anche qui è ancora presente il box arancione, ma lo spazio ulteriore è sfruttato per informazioni approfondite sul network e sul servizio in particolare introdotte dalle domande “Chi siamo?” e “Cosa offre il servizio?”. In questo caso, molto più che per prima, è stato usato un tono confidenziale, evitando il più possibile di riportare informazioni in modo impersonale e distaccato.

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3.5.1

I luoghi di aggregazione

I manifesti La comunicazione nei luoghi di aggregazione è stata pensata diversamente dai luoghi facilitatori. In primis, per la tipologia di pubblico a cui è rivolta, visto che stavolta non c’è un interesse specifico, ma si cerca un bisogno latente diffuso, spingendo quindi la gente a conoscere il network di Family Sitter e ciò che esso offre. Inoltre, i luoghi a cui saranno destinati (metropolitane, stazioni dell’autobus, uffici comunali)influenzeranno direttamente il formato, motivo per cui da un manifesto A3 prefustellato ho preferito un A2, scalabile a seconda degli usi e dei supporti outdoor. L’impostazione è simile ai manifesti visti prima, in cui la componente fotografica è in primo piano, ed è corredata da claim e fascia informativa. Gli elementi, tuttavia, seguiranno una formula diversa dalla loro controparte in A3, in modo da essere ancora più diretti pur avendo come obiettivo lo stimolare interesse dell’osservatore. Nel claim, per esempio, si è pensato a una formula costituita da tre frasi, che potesse sitetizzare al massimo l’essenza del network parlando delle sue peculiarità. Ho voluto riprendere i concetti di canalizzazione, affidabilità e semplicità su cui ci siamo basati per la costruzione del brand. Cio che ne è risultato, dopo diverse prove, è “Un network di servizi. Operatori specializzati. Un unico portale”.

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Mockup del manifesto, particolare

Anche la banda arancio, pur mantenedo le icone caratteristiche, ha subìto dei cambiambiamenti. Quello su cui mi sono basato è stato evidenziare il fattore network e soprattutto la facilità di accesso. Il rimando al sito è stato spostato sotto al claim, e hanno preso posto delle brevi istruzioni sull’accesso e sulle modalità di funzionamento del sito. Anche qui ho cercato di riassumere il più possibile i passaggi e costruendo allo stesso tempo una call to action, mettendo in evidenza “Scopri”, “Scegli” e “Registrati”.

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Sotto: Mockup del volantino, particolare Pag. succ. Mockup dell’interno della brochure, particolare

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IL PROGETTO

I volantini appendibili In una città come Milano l’uso dei mezzi pubblici è largamente esteso, ed è per questo che risulta molto utile sfruttarli in un contesto in cui la comunicazione debba raggiungere il maggior numero di persone possibile. Per sopperire a questa necessità, i volantini appendibili possono essere una risorsa alquanto preziosa, essendo poco ingombranti, mobili, e con un budget tutto sommato ragionevole. Vengono ripresi gli elementi dal manifesto, ma il layout è leggermente modificato in funzione delle dimensioni ridotte. La foto sarà anche stavolta centrale, ma banda arancione avrà quindi una dimensione maggiore, che coprirà il manifesto. Le informazioni più dettagliate si hanno nel retro. Queste sono state approfondite rispetto al manifesto, in vista del fatto che nella tratta percorsa in un mezzo l’osservatore ha modo di leggere più attentamente di cosa si tratta.


Brochure L’ultimo artefatto è stato pensato più come un completamento degli altri, non necessariamente per essere esposto in un particolare ambiente, ma per essere distribuito in uno stand o in una sede del Comune. In questo caso avremo la foto d’insieme degli operatori che introduce le informazioni, ma il resto del contenuto sarà testuale. La brochure sarà ricavata da un A4 piegato in tre parti con andamento verticale - richiamando il sito. Aprendo la prima ala avremo la spegazione basilare di Family Sitter, con un box che si collegherà all’ala ancora chiusa e spiegando il funzionamento del network. Aprendolo le informazioni saranno più dettagliate, con una banda centrale sui princìpi, metodi di funzionamento e spiegazione di garanzie e assicurazioni fornite dalla piattaforma. In basso saranno presenti spiegazioni per ogni servizio (contrassegnati con l’icona corrispondente), che ne spiegheranno la natura e possibilmente con dettagli più specifici sulle tariffe e le questioni pratiche.

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LA VERIFICA


4 La verifica Una volta studiati e progettati gli artefatti, abbiamo voluto testare degli aspetti del nostro lavoro per osservare il comportamento di un pubblico di fronte agli artefatti, verificandone gli aspetti comunicativi. Io ho deciso di occuparmi dei manifesti prefustellati, organizzando un focus group per capire cosa ne pensassero dei potenziali utenti.

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4.1

Testare i manifesti Con la messa a punto degli artefatti stavamo volgendo al termine del progetto. Avevamo studiato una brand identity che era stata declinata in artefatti di diversa natura, in modo da creare un sistema vario e allo stesso tempo coerente che rispondesse alle esigenze di dell’utenza dei servizi familiari. Mancava però una parte fondamentale, quella che avrebbe determinato la bontà del nostro progetto: il riscontro col mondo reale. Una volta iniziato il PEL, ci è stato chiesto di analizzare una parte del nostro lavoro. Questo significava coinvolgere direttamente il potenziale target del nostro progetto, in modo da poter ossevare quanto, da un punto di vista comunicativo, fossimo riusciti ad avvicinarci alle aspettative di un potenziale pubblico, ed eventualmente quali accorgimenti applicare per aggiustare il tiro in un secondo momento. Dopo un’ultima revisione e messa a punto degli artefatti, abbiamo stilato un brief di progetto con una descrizione dettagliata del nostro piano di analisi. Per prima cosa ognuno di noi si è posto degli obbiettivi, per aver ben chiaro cosa ricavare dalla ricerca per poterlo declinare in un output. A questo è seguito un dettagliato elenco delle domande e delle attività che abbiamo voluto intraprendere, cercando di considerare anche azioni al di fuori della classica formula domanda-risposta, e orientandoci su un approccio più laboratoriale.

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LA VERIFICA


Personalmente ero curioso di vedere se l’approccio adottato nei manifesti era funzionale, quindi ho deciso di concentrare la mia ricerca sui manifesti dedicati ai singoli servizi. In questo modo ho trovato l’occasione per analizzare prima di tutto gli artefatti, ma anche gli elementi principali della campagna, ovvero le foto e il colore caratterizzante della brand identity. Riassumendo, lo scopo era capire l’effettiva efficacia e immediatezza del manifesto, toccando in particolare: L’impatto visivo all’interno di un determinato contesto L’incisività dei contenuti L’importanza del colore e della coerenza delle foto e dei valori che trasmettono L’esaustività dei contenuti rispetto a ciò che l’osservatore vuol sapere L’efficacia delle informazioni per l’attivazione del servizio Il secondo step consisteva nel pensare al modo migliore per verificare i sopra citati punti, in particolare riflettendo sui destinatari degli artefatti. Più i partecipanti si avvicinavano al target di riferimento, più sarebbe stata realistica la risposta. Nel mio caso, l’approccio migliore per raggiungere un’ampia fascia di persone si è rivelato essere la costruzione di un focus group, con una fascia di età compresa tra i 30 e i 60, e composto da una dozzina di individui.

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Ciò a cui volevo arrivare era il confronto tra più persone, che avrebbero costruito un dialogo basanto su un confronto di opinioni, partendo da delle semplici domande di livello generale. I manifesti sarebbero stati sottoposti a diversi livelli di lettura, andando dal semplice colpo d’occhio (quindi una lettura superficiale, a “primo impatto” dell’artefatto) fino a una lettura più attenta, osservando mano a mano i singoli elementi e l’impatto d’insieme nella struttura del manifesto. È stato scritto un protocollo di ricerca che comprendesse tutti i punti da analizzare, ordinati in una scaletta e nel metodo in cui meglio approcciarli. I punti comprendevano: Contestualizzazione (simulata) del manifesto in una bacheca e verifica del colpo d’occhio, in cui il manifesto è mostrato in una bacheca in mezzo ad altri annunci, e i partecipanti devono indicare il punto in cui a prima vista cade l’occhio; Memorizzazione del manifesto, in cui si analizza quali elementi rimangono maggiormente impressi nella mente dei partecipanti dopo qualche secondo; Verifica dell’impatto del colore arancione, in cui viene confrontato l’impatto percettivo/emotivo con e senza color correction dell’immagine, e analizzando i motivi che spingono a una scelta piuttosto che un’altra;

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Discussione sui soggetti fotografati, in cui si discuterà degli operatori rappresentati al loro interno, la loro coerenza rispetto alla situazione rappresentata e cosa trasmettono da un punto di vista umano ed empatico; Verifica del messaggio generale, che comprenderà un’analisi degli elementi del manifesto (disposizione, leggibilità), della comprensione del claim e dei valori trasmessi nell’insieme. Verifica del processo di attivazione del servizio, ovvero la compilazione di un form in cui gli intervistati descrivano le azioni ch efarebbero per mettersi in contatto con un ooperatore o per prenotare un servizio

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4.2

La parola ai Milanesi Discusso e approvato il protocollo, rimaneva il problema di trovare dei cittadini milanesi da intervistare. Essendo un fuorisede, non è stato un compito particolarmente semplice, ma dopo aver contattato qualche amico, fatto alcune telefonate a vecchie conoscenze di famiglia e la promessa di un aperitivo con bouffet, sono riuscito a racimolare un buon numero di persone. Hanno risposto in 12 persone, delle quali due in una fascia tra i 30-40 anni, sei nella fascia 40-50 e quattro nella fascia 50-60. Molte di queste persone si sarebbero conosciute per la prima volta grazie a questa intervista, quindi sarebbe stata del tutto normale un po’ di timidezza. Per il mio scopo sarebbe risultata un rischio enorme, perché implicava la probabilità di perdere le opinioni dei più timidi. Era quindi fondamentale operare in un ambiente informale, in modo completamente rilassato. Ci siamo dati appuntamento in una sala di un bar, la mattina del 9 aprile. Prima dell’incontro ho preparato del materiale di cui mi sono servito per dare continuità all’intervista. In particolare, una presentazione che potesse riassumere gli step mano a mano che si andava avanti, in modo da avere un riferimento visivo da supporto alle istruzioni e alle domande che facevo. Per il primo e ultimo punto del protocollo (vedere

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pagine precedenti) ho preparato dei cartoncini da distribuire, e infine ho stampato tre copie per ciascun manifesto, in modo da poterli far girare e confrontarli fisicamente nel tavolo. Nel luogo effettivo dell’intervisa, invece, abbiamo unito dei tavoli in modo da poter vedere da ogni angolo i partecipanti e il telo del proiettore. Per aiutare la memoria nel momento in cui avrei sinteetizzato i risultati in un output, mi sono servito di una gopro che ha ripreso la scena dall’inizio alla fine, e di un microfono direzionale in modo da avere una buona qualità del suono. Temevo che questi ultimi strumenti avrebbero inibito i partecipanti, rendendoli più cauti alle parole che avrebbero usato. Fortunatamente questo non è avvenuto: si sono dimostrati tutti molto entusiasti di dare un contributo, dimostrando di non avere la minima paura a esprimere la loro opinione... In bene e in male. È stato decisamente positivo, dato che sono emersi moltissimi punti di vista interessanti su aspetti che mi erano sfuggiti o a cui non avevo dato sufficientemente importanza in fase progettuale. L’intervista è durata poco più di due ore, e tutti i punti sono stati discussi in maniera sufficientemente approfondita. Ne è sorta una discussione con diversi confronti di idee tra i partecipanti, e come prima esperienza di questo tipo ho potuto ritenermi più che soddisfatto.

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Pag. prec: Foglio con appunti e domande per l’intervista, con note relative alle questioni del focus group.

Prime impressioni e colpo d’occhio Una volta fatti i convenevoli, siamo subito partiti con il test del colpo d’occhio. Ho proiettato un manifesto (per la precisione quello del babysitter), chiedendo di osservarlo per sette secondi e dirmi cosa fosse rimasto più impresso allo scadere del tempo, facendo una sorta di lista degli elementi più lampanti. Da parte di ogni partecipante, il primo elemento ad essere stato nominato è stata la fotografia. Essa è stata descritta in modo molto dettagliato, a partire dalla situazione della giovane ragazza che aiuta il bambino, fino alla descrizione dei colori. Il secondo elemento di cui si è parlato è stato il logotipo Family Sitter. In realtà quello che più è saltato all’occhio è stata solamente la parola “Family”, che però a detta di alcuni «È riuscita a contestualizzare l’immagine». Circa la metà delle persone ha anche notato il marchio del comune, una delle quali addirittura come prima cosa su cui si è posato l’occhio. Alla domanda se qualcuno si ricordasse il claim, quasi nessuno ha risposto, fatta eccezione per cinque persone a cui è rimasta impressa la parola “servizio”, cogliendone il senso più remoto. Quando, alla fine di questa fase, ho chiesto se fosse stato compreso il senso del manifesto, la risposta è stata positiva, dato che tutti avevano ben chiaro di cosa si stesse parlando.

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L’impatto del colore Nella fase successiva si è parlato dell’impatto del colore, e di quale versione di uno stesso manifesto fosse preferita a un’altra. A differenza di prima, il responso non è stato come mi sarei aspettato: il pubblico ha preferito la versione senza color correction. Questa scelta è dovuta principalmente a due motivi: i più erano per natura personale («il colore mi piace di più in questa versione, ma per un gusto toalmente personale»), mentre altri per natura percettiva. La maggior parte dei partecipanti ha infatti convenuto che la maggiore incisività di un colore scuro all’interno della composizione del manifesto, fa risaltare maggiormente l’operatore. Dall’altra parte, seppure avessero capito quale fosse l’intento di inserire il colore arancione, hanno percepito l’immagine come fredda, autunnale, e quindi non adatta al tipo di comunicazione che originariamente era stata pensata. Il colore è un tema che, duranti vari punti dell’intervista, viene ripreso in modo prepotente: vedremo pareri contrastanti e anche qualche ripensamento. Se in un contesto di analisi, come quello che è stato, il colore veniva percepito in modo negativo, in seguito sei persone hanno affermato che immaginandoselo

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in un contesto reale avrebbe decisamente risaltato rispetto al resto dei manifesti a cui solitamente erano abituati, rivalutando l’immagine e iniziando a guardare il manifesto in modo diverso. Gli operatori Abbiamo continuato l’intervista, mettendo da parte il manifesto nella sua totalità e analizzado i singoli elementi. Come prima cosa ci siamo concentrati sui soggetti delle foto, abbandonando il punto di vista percettivo come in precedenza, ma concentrandoci su quello empatico ed emozionale. È stato chiesto cosa, secondo ciascuno, rappresentassero gli operatori rafigurati: sono stati nominati degli aggettivi ricorrenti, tra cui tranquillità, rilassatezza, gentilezza e familiarità. Per la maggior parte, dunque, è emerso che le foto decontestualizzate dal manifesto suscitassero sentimenti positivi, tanto che, dopo aver chiesto «Vi sentireste di interagire con loro?» le risposte sono state decisamente positive. Quattro persone, però, avevano un’opinione completamente opposta. Hanno spiegato che il sentimento di freddezza notato prima traspariva soprattutto dalle foto, e che quindi veniva in qualche modo “trasportato” anche nella persona ritratta e nelle sue azioni. Nella maggior parte dei casi, dunque, la situazione

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rappresentata nella foto è stata percepita come appropriata e coerente dagli intervistati. Anche qui è stato ribadito che è la rappresentazione a non convincere completamente, tanto che il colore “freddo” percepito all’inizio, per alcuni intervistati, è imprescindibile dalla scena in sé, che risulterà di conseguenza. Ho poi chiesto, per ogni singolo operatore, se fosse chiara l’azione che stava svolgendo. Due immagini hanno creato ambiguità: la dog sitter e il plant sitter. Entrambi, se slegati dall’artefatto di appartenenza, danno l’idea di svago, facendo sembrare la situazione un’evento che ritrae il tempo libero e non un servizio alla pesona. La struttura e gli elementi A questo punto sono state distribuite le copie fisiche dei manifesti, in modo che i partecipanti potessero passarsele e confrontarle, analizzandole nel dettaglio. Abbiamo così avuto occasione di toccare diversi punti riguardanti i singoli elementi dell’artefatto. Come primo punto ho chiesto cosa si pensasse della struttura generale del manifesto: a parte tre persone, che avrebbero preferito un approccio più calligrafico in questo genere di artefatto, il resto dei partecipanti si è detto d’accordo sull’efficacia di una fotografia come elemento centrale. È stata anche suggerita qualche miglioria, come dare maggiore importanza

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Momento di dialogo tra me e il focus group.

ai marchi delle aziende e soprattutto a quello del comune, mettendolo addirittura al pari del logotipo Family Sitter, in quanto elementi rassicuranti per l’utenza. Una partecipante, inoltre, ha fatto notare la comodità di avere un codice QR, a cui tutti i partecipanti hanno dato ragione ritenedolo un elemento quasi essenziale per la sua comodità. Il discorso è poi passato al linguaggio, e all’effetto che questo dava durante la lettura e soprattutto alla percezione del tono di voce. Il fatto che il servizio non venisse mai nominato direttamente, ma che piuttosto vi fosse un linguaggio di tipo allegorico (“dai piatti alle piastrelle” per descrivere il range di competenze della colf, per esempio), ha suscitato entusiasmo negli intervistati,

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che hanno affermato che fosse comprensibile e allo stesso tempo divertente, poco convenzionale, quindi più accattivante rispetto a un manifesto tradizionale. Come attivarsi L’ultima attività fatta dal focus group, prima di congedarci, è stata di tracciare una mappa dei processi che ciascuno avrebbe fatto dal contatto col manifesto fino all’iscrizione alla piattaforma. È stato appurata la comodità dei bigliettini, tanto è vero che sette persone su dodici li prenderebbero come prima cosa. Di questi, cinque completerebbero il processo andando sul sito, mentre due si affiderebbero a un servizio più “classico” come il telefono, preferendo fin da subito un contatto con una persona. Dei restanti cinque partecipanti, tre preferiscono un contatto telefonico diretto, mentre gli altri due si collegherebbero immediatamente al sito web. In totale, troviamo che sette persone finirebbero a contattare Family Sitter tramite la piattaforma web, mentre cinque preferiscono parlare con una persona in carne ed ossa. Questo fa riflettere su come, pur essendo un servizio web-based, sia comunque importante avere un supporto più “tradizionale” e personale come alternativa.

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12 persone

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Bigliettino

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Sito web

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Telefonata

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5 Conclusioni


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CONCLUSIONI


Siamo quindi giunti alla conclusione di questo percorso. È stato senz’altro articolato, lungo e talvolta faticoso, ma ciò che ne è venuto fuori è un sistema comunicativo completo e coerente nelle sue declinazioni. Anche se non ho avuto modo di testare un largo campione di utenti, gli obiettivi comunicativi prefissati in fase di progetto sono stati per la maggior parte raggiunti. Con questo progetto ho potuto rendermi conto di come la comunicazione per un servizio legato a un organo ufficiale come il Comune di Milano, ma più direttamente al Welfare dei cittadini, sia un argomento che richieda una attenzione particolare. In questo ambito, ciò che risulta dal progetto di Design per il Welfare diventa un punto di riferimento per il cittadino e per la risoluzione dei suoi bisogni e delle sue necessità. Pertanto spero che, nel suo piccolo, il progetto possa creare degli spunti interessanti per una riflessione sul ruolo del Design della Comunicazione in ambito di Welfare.

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Bibliografia Carmi E, Branding. Una visione design oriented 2009, Fausto Lupetti Editore Maiocchi M., Pillan M. Design e Comunicazione 2009, Alinea Editrice Muller-Brockman J. Grid System In Graphic Design 1999, Niggli Verlag Kanashekevitch M.. Captivating Color 2011, Digital Photographic School Pinardi D.. Narrare: dall’odissea al mondo Ikea 2010, Edizioni Paginauno Lehman E. Come si realizza una campagna pubblicitaria 2003, Carocci Kelby S. The digital Photography Book 2013, Peachpit Press

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BIBLIOGRAFIA / SITOGRAFIA


Sitografia Comune di Milano

http://comune.milano.it/

A cura di Elisabetta Dodi I consultori familiari milanesi: un “osservatorio� dei cambiamenti della famiglia e del servizio consultoriale attraverso l’ascolto della domanda http://www.lombardiasociale.it/2012/12/20/i-consultori-familiarimilanesi-un-osservatorio-dei-cambiamenti-della-famiglia-e-delservizio-consultoriale-attraverso-lascolto-della-domanda/

Andrew Gibson Using Colour to Create Mood http://www.andrewsgibson.com/blog/2013/03/using-colour-tocreate-mood/

iab.it IAB Forum 2015 http://www.iab.it/iab-comunicati/iab-forum-2015-in-italialinternet-advertising-registra-un-altro-anno-record-con-unacrescita-a-doppia-cifra-10-e-arriva-a-valere-il-30-di-tutto-ilmercato-pubblicitario-inizia-l/

Amanda Soderlund, Naming a Business in 2015: Trends, Challenges, and Opportunities

https://clutch.co/agencies/resources/business-naming-domaintrends-2015

Amanda Soderlund, Interview with Addison Whitney

https://clutch.co/agencies/resources/interview-addison-whitney

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Ringraziamenti Vorrei ringraziare i miei docenti Valeria Bucchetti, Pamela Visconti e Umberto Tolino e i cultori Alberto Barone e Agusto Arduini, per avermi accompagnato durante questo percorso, con puntuali consigli e spronandomi sempre a migliorare. Ringrazio il gentilissimo operatore di Ascoser, che ha trovato il tempo per rispondere alle mie domande, aiutandomi a trovare delle solide basi per il progetto. Ringrazio gli amici del focus group, per la loro pazienza e per il loro aiuto. Ringrazio tutti i miei amici bassanesi e milanesi, per ogni birra, chiacchierata e sfogo. Ma piĂš di tutti ringrazio la mia famiglia, che mi ha sostenuto e aiutato in tutto e per tutto, al cento per cento, sempre. Ve vojo massa ben!





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