Secundum Flumen

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Secundum flumen riqualificazione territoriale lungo il corso medio del fiume Tergola



Secundum flumen riqualificazione territoriale lungo il corso medio del fiume Tergola

Università degli Studi di Ferrara Dipartimento di Architettura “Biagio Rossetti” Anno accademico 2015/2016 Laureando: Enrico Redetti Primo relatore: prof. Romeo Farinella Secondo relatore: prof. Michelangelo Savino



Sommario Abstract

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Premessa

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Capitolo 1: Il Veneto Centrale e la città contemporanea

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Capitolo 2: Terre della Tergola

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1.1 La città contemporanea. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Una questione di lessico 1.2 Breve storia della diffusione urbana in Veneto. . . . . . . . . 24 Il modello Veneto Boom edilizio Studi e ricerche 1.3 Caratteristiche e particolarità del territorio veneto centrale. . . 31 Matrici territoriali 1.4 Doppelgänger. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Doppio paesaggio Poco più di un’abitudine Materia prima 1.5 Una nuova metropoli? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

2.1 I fiumi come via alla riqualificazione territoriale. . . . . . . . 51 2.2 L’area di studio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 Criteri Il fiume Tergola 2.3 Sistema della mobilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Il territorio accessibile Tubi e spugne L’”opera grande” Assetto viario dell’area di studio La mobilità dolce e il sistema ciclabile Problematiche legate alla viabilità e all’uso dei mezzi pubblici 2.4 Sistema insediativo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64


Case sparse Edificato lungo strada Agricolo rado Frazionamenti lungo strada Strada urbanizzata Microagglomerazioni Microagglomerazioni isolate Nuclei periurbani 2.5 Sistema produttivo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 Industria diffusa Placche industriali 2.6 Sistema naturale e rurale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 Sistema naturale Flora Fauna Paesaggio agricolo Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86

Capitolo 3: Il gran cambiamento

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3.1 La dominazione romana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 Il “piano paesaggistico della conquista romana” Uno strumento di gestione del territorio: la limitatio Il fiume Tergola e la Cis Musonem 3.2 Il medioevo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 Nuove dinamiche territoriali Il Veneto nell’Alto Medioevo 3.3 La Serenissima e l’avvento della modernità. . . . . . . . . 107 L’espansione di Venezia sulla terraferma Il fiume dei cento mulini 3.4 Dal 1800 a oggi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 Una mutata ottica territoriale L’industrializzazione del territorio Dispersione Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119


Capitolo 4: Strategie territoriali

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4.1 Pianificazione e gestione politica del territorio. . . . . . . . 121 Le nuove leggi urbanistiche regionali PTRC PTCP La Federazione dei Comuni del Camposampierese e il PATI 4.2 Analisi delle problematicità. . . . . . . . . . . . . . . . . 130 Criticità generali relative ai territori dispersi Criticità specifiche dell’area di studio: 4.3 Gli strumenti per la riqualificazione. . . . . . . . . . . . . 138 Il contratto di fiume I parchi agricoli 4.4 Casi studio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144 Il parco fluviale della bassa valle dell’Arno Il parco della Piana 4.5 Strategie. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 Il ruolo del pubblico e quello del privato Una tesi bipolare 4.6 Il percorso della riqualificazione . . . . . . . . . . . . . . 149 Ipotizzare un possibile scenario Un parco fluviale per il fiume Tergola Un parco agricolo per le “terre della Tergola” Azioni di promozione e marketing territoriale 4.7 Le linee strategiche del Contratto di fiume. . . . . . . . . . 155 Un’infrastruttura per la gestione integrata del rischio idraulico Una (infra)struttura per la dispersione Un’infrastruttura per il turismo, lo sport e il tempo libero Potenziamento ecologico e rinaturalizzazione del sistema-fiume 4.8 Il masterplan strategico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166


Capitolo 5: Atlante della progettualità diffusa

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Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169 5.1 Gestione dello spazio rurale. . . . . . . . . . . . . . . . 173 La direzione dello sviluppo Riferimento progettuale: le linee guida per un ambiente agricolo ad alto valore naturale (HNVF) Mappatura della qualità dello spazio agricolo Azioni per le aree “parco fluviale” Azioni per il “parco agricolo”- buona integrità: Azioni per il “parco agricolo”- media integrità: Azioni per il “parco agricolo”- integrità compromessa: 5.2 Energie dismesse: “il fiume dei cento mulini” . . . . . . . . 187 L’attività molitoria sul Tergola Abaco dei mulini presenti nell’area di studio Energie dismesse 5.3 Mobilità dolce e ciclabile: la Ciclovia della Tergola . . . . . 199 Una tipologia “spuria” di ciclabile Il progetto Sezioni proposte per la pista ciclabile Moduli e loro possibili composizioni 5.4 Centri fluviali e spazio pubblico: San Giorgio delle Pertiche . 209 La città pubblica e la città privata 5.5 Ricuciture: il percorso didattico della centuriazione . . . . . 215 Una nuova connessione territoriale Masterplan dell’intersezione tra il percorso e la pista ciclabile Materiali e arredo urbano 5.6 Un’infrastruttura naturale: campi didattici e bacino di laminazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 Il rischio idraulico e la logica emergenziale Il progetto integrato dell’infrastruttura idraulica Le Stanze della Tergola Il meandro perduto 5.7 Infrastrutture: la “nuova centuria” di Reschigliano . . . . . . 233 Il Veneto delle cave dismesse L’area della discarica di Reschigliano, un ambito complesso Una montagna in pianura


Bibliografia

241

Tavole di progetto

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Libri e riviste Sitografia Piani consultati

Ringraziamenti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273




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Abstract Il Veneto centrale è stato caratterizzato, a partire dagli anni ‘70 dalla formazione di quella che è stata definita “città diffusa”, che ha visto la dispersione di funzioni residenziali e produttive in un territorio fino a quel momento agricolo. Questa tipologia insediativa pone serie problematiche che riguardano gli ambiti della mobilità, della fornitura di servizi e del welfare, dell’integrazione sociale e dell’impatto sul territorio in termini di consumo di suolo e inquinamento. La crisi economica, inoltre, sta modificando rapidamente lo scenario produttivo, imponendo una riflessione sul futuro di questi territori e sulla necessità di attivare percorsi di riqualificazione all’interno degli stessi. Oggi, dopo un periodo di marginalizzazione nelle dinamiche territoriali, da più parti viene riconosciuto ai corsi d’acqua un ruolo chiave nel processo di riqualificazione e di ripensamento dei territori caratterizzati dalla dispersione, arrivando a considerarli delle vere e proprie “strutture territoriali”, da cui può iniziare il ripensamento delle aree circostanti. Questa tesi si pone questo obbiettivo, studiando il corso del Tergola, un fiume di risorgiva che attraversa il territorio del Veneto Centrale, caratterizzato dalla persistenza dell’impronta della centuriatio romana e dalle forme tipiche della “città diffusa”. 12


Abstract

Il progetto si articola in due direzioni principali: la prima studia la definizione del quadro strategico territoriale, stabilendo degli obbiettivi e proponendo un “masterplan” di sviluppo per l’area di studio. La seconda si posiziona su un piano prettamente progettuale, affrontando il tema delle azioni puntuali da attuare sul territorio, sia da soggetti pubblici che da soggetti privati, ed è costituito da quello che ho definito “atlante della progettualità diffusa”: una raccolta non necessariamente sistematica di progetti e buone pratiche che si pone come una guida nei confronti di chi si accinge a progettare in questi luoghi, stilata in accordo con gli obbiettivi del progetto territoriale. I temi progettuali spaziano dalla mobilità ciclabile ai criteri di gestione dello spazio rurale, passando per la riqualificazione di edifici dismessi e per il tema della gestione delle infrastrutture.

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Premessa

Quello affrontato da questa tesi è un territorio che è stato intensamente studiato nel corso degli ultimi trent’anni e che è stato investito da “un’impetuosa ondata descrittiva”1, che ha approntato un vasto repertorio lessicale e formale mirato a interpretare, commentare e raccontare il fenomeno che ha coinvolto dagli anni ’70 diverse aree sia in Italia che nel resto d’Europa: la dispersione di funzioni abitative e produttive in sempre maggiori porzioni di territorio precedentemente agricolo. Proverò più avanti a tracciare una breve storia delle più importanti tra queste ricerche che abbiano come oggetto il Veneto Centrale o altre zone con caratteristiche simili: le loro conclusioni sono infatti un imprescindibile punto di partenza per affrontare un percorso progettuale in questo tipo di contesto. Ritengo, tuttavia, che vada fatta una considerazione. Il cambiamento sopra descritto è avvenuto molto rapidamente, elaborando in corsa nuove tipologie insediative e forme urbane, stravolgendo equilibri e funzioni di territori fino a quel momento considerati periferici, spesso comportando un impatto distruttivo 1 (Secchi 2000)

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sull’esile configurazione precedente delle relazioni fisiche, umane e naturali. Questo ha fatto sì che tali ricerche si ponessero spesso, se non sempre, sul piano della descrizione, della comprensione o più semplicemente della denuncia di tali stravolgimenti, colti sul farsi, assumendo posizioni variegate nei loro confronti, da quelle apertamente critiche a quelle più inclini a professarne l’inevitabilità. Oggi i cambiamenti, le trasformazioni, gli stravolgimenti possono essere definiti tali solo nel racconto ex post di quel processo. Il territorio è stato nella maggior parte dei casi modificato a tal punto da rendere ingenuo il pensiero del ritorno a una condizione precedente, allo stesso modo lo è d’altronde l’idea di poter imporre ulteriori regole o limitazioni a un processo che si è di fatto mosso nella piena legalità, sfruttando possibilità e margini che l’urbanistica ha concesso. È troppo tardi. Il palinsesto territoriale, così come è arrivato a noi si presenta sotto forma di uno stato di fatto. Da tale presa di coscienza, negli ultimi anni, si è assistito anche negli studi sulla “città diffusa” (tra i tanti termini possibili in questa ricerca userò questo, coniato da Indovina negli anni ‘90, per la sua diffusione e per l’aderenza ai temi territoriali trattati) ad un cambio di prospettiva, testimoniato dall’emersione di una rinata voglia di “progetto territoriale”, che provi ad affrontare le problematiche imposte dal contesto in un’ottica pragmatica. Esaurita la fase di studio delle cause e delle conseguenze del fenomeno della dispersione della città nel territorio agricolo, anche come conseguenza del16


Premessa

la crisi economica, si deve forse iniziare a pensare alle modalità con cui si possano innescare in questi luoghi i primi episodi di ristrutturazione urbana, di ripensamento basato sulla modifica dell’esistente, della valorizzazione delle emergenze naturali e delle specificità che tali territori hanno, comunque, conservato. In un recente saggio, Chiara Merlini invita a “tornare sul posto”2, invocando un approccio disinibito al tema dei territori diffusi, che eviti la “moralizzazione” della città contemporanea, tanto quanto la sua nobilitazione nell’attesa che si esplichi una qualche forma di auto-regolazione, riconoscendo insomma in tali luoghi la potenzialità di un’evoluzione, nell’ottica della quale la qualità deve essere implementata attraverso azioni progettuali. Questo lavoro di tesi cerca a suo modo di rispondere a questo appello.

2 (Merlini 2015)

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Capitolo 1:

Il Veneto Centrale e la città contemporanea 1.1 La città contemporanea Una questione di lessico Identificata di volta in volta come “città territorio”, “città dispersa”, “città diffusa”, “città generica”, “campagna urbanizzata”, “sprawl”, “città agripolitana”, “città-regione”, “arcipelago metropolitano”, la dispersione è un fenomeno che oppone resistenza alla sua riduzione a un’immagine definita. Bernardo Secchi l’ha definita prima di tutto un “fenomeno imbarazzante”1, per la difficoltà che si riscontrano nel tentativo di fornire di essa una descrizione il più possibile “oggettiva”. Sul piano dei suoi effetti territoriali la città contemporanea può essere individuata da una serie di caratteristiche che nella maggior parte dei casi ne segnano i territori. Tra le più tipiche e ricorrenti è possibile nominare la bassa densità insediativa, l’indipendenza dalle tradizionali logiche della rendita fondiaria (e di conseguenza da quelle della città 1 (Secchi 2005)

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densa), la tendenza all’espansione in territori rurali, la netta prevalenza della mobilità privata su quella pubblica e un’economia basata su un modello industriale post-fordista, basato su piccole-medie aziende e su dinamiche di distretto2. L’affermazione di questo modello urbano (se così si può definire) è avvenuta a partire dagli anni ‘60 contemporaneamente in alcune aree del Nord Europa (Belgio, Olanda), intorno ad alcune grandi città del Centro Europa e in Italia (in particolare nell’hinterland milanese, nel Nord-Est, lungo la costa adriatica e in Salento), con le caratteristiche sopracitate come “trait d’union”, ma anche con molte particolarità legate al luogo. Rimane difficile comunque articolare una descrizione della dispersione urbana senza cadere nell’elencazione dei suoi effetti più evidenti (e molto spesso negativi) sul territorio. Le somiglianze tra territori classificati come dispersi si limitano talvolta agli aspetti più superficiali, mentre differiscono in quelli più sostanziali. Già dal principio di questo lavoro, per le definizioni date poco sopra, mi sento di distinguere la “città diffusa” da due fenomeni spesso associati ad essa: in primo luogo dallo “sprawl” di stampo nord-americano, per la natura prevalentemente residenziale di quest’ultimo (nella forma del “suburb”) e per il fatto che coinvolge territori quasi sempre vergini, privi di preesistenze; in secondo luogo dalla “città illegale”, cioè dall’urbanizzazione legata all’abusivismo edilizio, che coinvolge ad esempio alcune parti del Sud 2 (Indovina & Savino 1999)

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fig. 1.1 - Distribuzione del costruito sul territorio veneto (Corinne Land Cover)


bassa

alta

DensitĂ




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Italia, con caratteristiche e problematiche molto di- fig. 1.2 - Edifici industriaverse da quelle che si riscontrano sul territorio veneto. li in dismissione Anche al di fuori dell’ambito tecnico, la particolarità e la pervasività del fenomeno hanno suscitato tentativi di descrizione da parte di registi, poeti, artisti e fotografi. La città contemporanea, con la sua carica fortemente individualista riesce infatti a fissare a livello formale l’emersione dell’autonomia del soggetto all’interno della società, che fino a quel momento si mostrava solo implicitamente come sintomo in alcune forme espressive come la letteratura, la danza, il teatro o la poesia. Lo scostamento rispetto all’”unità” della società ottocentesca3 è evidente. Le “figure” più spesso utilizzate nel tentativo di descrivere la città contemporanea sono quelle della dispersione, dell’incertezza, della frammentazione, della discontinuità, della complessità, dell’eterogeneità4; quelle, insomma, più spesso associate al mondo contemporaneo.

1.2 Breve storia della diffusione urbana in Veneto Il modello Veneto La storia recente del Nord Est (e del Veneto in particolare) è strettamente legata allo sviluppo di una fitta rete industriale costituita perlopiù di piccole e piccolissime imprese. Tra gli anni ’60 e gli anni ’70 questo sviluppo ha generato la rapidissima trasfor3 (De Micheli 1959) 4 (Secchi 2000)

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mazione dell’economia veneta, che era precedentemente basata quasi esclusivamente sull’agricoltura5, in una realtà estremamente competitiva in determinati settori come l’arredamento, la moda, la meccanica di precisione e l’occhialeria; la fortuna di quello che è stato chiamato in modo altisonante “modello veneto” è stata l’organizzazione di un sistema produttivo di stampo post-fordista, connotato da una fortissima competitività (e competizione) da parte delle piccole aziende, un’offerta di qualità medio-alta, la propensione all’export e l’innesco di dinamiche di “distretto” (frammentazione dei cicli produttivi)6.

Boom edilizio Come spesso accade, il rapido sviluppo economico ha prodotto un forte ritorno edilizio, non solo sotto forma di industrie e capannoni, ma anche e soprattutto come villette, servizi commerciali, luoghi per il tempo libero: forme spaziali che sono espressione (ed ostentazione) del benessere faticosamente raggiunto. A partire dalla seconda metà degli anni ‘70 quest’ondata di cemento, prefabbricati e asfalto si è sedimentata su di un territorio non ancora adeguatamente innervato di servizi, in una costruzione “non sostenuta da una adeguata maglia di infrastrutture”7, e ancora fortemente condizionata dalla suddivisione poderale storicamente basata sulla mezzadria, generando una grande pervasività dello spazio costruito. Verso l’ini5 (Indovina 1990, Indovina & Savino 1999) 6 (Vinci 2005) 7 (Indovina 1990)

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zio degli anni ‘90 l’attività imprenditoriale ed edilizia fig. 1.3 - Capannoni sfitti sembra andare verso una contrazione, mentre esplo- nella campagna vicino a Castelfranco Veneto de nuovamente negli anni successivi: dalla media di 10,9 milioni di m3 di capannoni all’anno tra il 1978 i il 1985 si è passati a quella di 18,3 milioni di m3 tra il 1986 e 1993, di 20 milioni tra il 1994 e il 1999, fino all’ulteriore boom edilizio degli anni successivi: 24 milioni nel 2000, 27 milioni nel 2001, 38 milioni nel 2002 e 24 milioni nel 20038. Solo a partire dal 2008, con l’inizio della crisi economica, si può intravedere un calo, seppur lieve, dell’edificazione.

Studi e ricerche In questo scenario l’accondiscendenza delle amministrazioni locali, unita al ritardo nello studio del fenomeno da parte di urbanisti e geografi ha fatto sì che la dispersione urbana emergesse nel dibattito urbanistico relativamente tardi: la prima formulazione del tema nei termini attuali è infatti ed attribuibile ad alcune ricerche effettuate da Giorgio Piccinato tra il 1983 e il 1986, riguardanti il tema dell’urbanizzazione rurale nelle provincie di Padova, Venezia e Treviso, pubblicate nel 1986 con il titolo “Processi di urbanizzazione diffusa nel Veneto”9. 8 (Tempesta 2009) 9  Cfr. (Piccinato 1986). Già negli anni ‘50 in realtà, nel pieno della ricostruzione, ed a margine del dibattito sulla struttura urbana del territorio italiano alcune voci si levarono in opposizione alla tendenza del momento verso l’accentramento degli interventi nei poli urbani di Roma, Milano, Napoli e Genova. Nel 1957, ad esempio, Ludovico Quaroni su “Urbanistica” invoca la necessità di rifarsi al policentrismo storico che caratterizza l’Italia, il cui territorio è segnato da molti centri di piccola-me-

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A questo farà seguito nel 1990 un’ulteriore studio10 sviluppato nel contesto dello IUAV e coordinato da Francesco Indovina che ipotizza la nascita in territorio veneto di un’inedita organizzazione spaziale, caratterizzata da rapporti molto stretti tra abitazione e luogo di lavoro, da indifferenza localizzativa ma allo stesso tempo dalla profonda correlazione con legami meno visibili: familiari, personali, clientelari. A tale insieme, Indovina e il suo gruppo di lavoro dà il nome di “città diffusa”, riferendosi ad un nuovo “sistema di valori”11 che era andato affermandosi, al di là della diffusione dell’urbanizzazione. Il termine ebbe un enorme successo (forse aiutato anche dalla propria genericità) e viene correntemente utilizzato per descrivere situazioni anche molto diverse da quella studiata dal DAEST. Dal 1990 in poi il fenomeno esplode anche dal punto di vista mediatico: con i segni della diffusione

dia dimensione, anche nella localizzazione dei nuovi interventi, vedendoli come “parte integrante della maggiore costellazione urbana” (Quaroni 1957). Nel 1962 Giancarlo de Carlo parla di “città regione” e di “città territorio”, intendendo in realtà più la diffusione di servizi e pratiche urbane che di tessuto insediativo. Inizia, comunque, ad emergere una retorica della dispersione, collegata alla necessità di eliminare la dicotomia “città-campagna”, vista come restrittiva e troppo legata al passato. Il dibattito di questi anni (del 1962 è il seminario “La nuova dimensione della città: la città regione”, a cui partecipa Aymonino, oltre ai già citati Quaroni e Tafuri), comunque si arena piuttosto velocemente su temi di densificazione e di progetto di tale “città regione”. 10 (Indovina 1990) 11 Ibidem.

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che si fanno sempre più evidenti sul territorio si moltiplicano anche le ricerche che cercano di cogliere tale processo nel farsi, evidenziandone di volta in volta le problematiche o gli elementi di maggiore novità rispetto allo scenario precedente. Riprendendo la suddivisione tracciata da Cristina Bianchetti12 si possono individuare negli studi che hanno affrontato il tema della città contemporanea in Italia negli anni ‘90 cinque differenti correnti di pensiero. La prima è costituita dalla linea “neo-riformista” che raggruppa posizioni anche molto diverse: insieme ai più aspri detrattori della dispersione, che individuano in essa un processo a-morale da ricondurre entro i canoni della città tradizionale si incontrano anche posizioni più aperte (come quella di Indovina) che pur evidenziando gli esiti negativi della città diffusa guarda con interesse ad essa come all’espressione di un contesto profondamente mutato, in grado di dare spunti di intervento anche in campo economico, politico e sociale; in generale comunque si può dire che queste ricerche si caratterizzano per un approccio tradizionale che individua nella pianificazione urbanistica la risposta alla dispersione edilizia. La seconda posizione è stata definita “elementarista” e fa riferimento alle posizioni di Bernardo Secchi, che definisce la dispersione come l’espressione di diverse “razionalità minimali”, liberate delle forme tradizionali di contenimento dell’individualismo (come in fondo è la forma città) ed in conflitto l’una con l’altra. Su questo pensiero si imposta una ricerca che 12 (Bianchetti 2003)

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se da una parte esclude la “compressione degli effetti spaziali” di quest’espressione, dall’altra pone la sfida di approcciare la dispersione in ottica progettuale, che rende necessario affinare strumenti inediti che si adattino alle nuove forme che il paesaggio costruito va assumendo. In maniera diversa si pone quella che è stata definita “tradizione neo-comunitaria”, che vede in Magnaghi uno dei suoi componenti di spicco: essa mette al centro delle proprie ricerche il concetto di “territorio”, inteso come luogo di concrezione dei legami che vincolano gli abitanti al proprio luogo di residenza, siano essi sociali, culturali o geografici. Tale visione “territorialista” tende a vedere la dispersione insediativa come un decadimento di tali valori, un rumore di fondo che sovrapponendosi indifferentemente su superfici molto vaste affievolisce il legame tra un luogo ed i suoi abitanti. In questo senso molte di queste ricerche sono incentrate sulle strategie da mettere in atto per recuperare o per proteggere tale legame, limitando gli esiti negativi della “città contemporanea”. Gli ultimi due filoni di ricerca, quello “neo-fenomenologico” e quello del ”postmoderno” condividono il richiamo ad adottare nei confronti della diffusione uno “sguardo obliquo”, che fuoriesca dagli schemi e dalle categorie consolidate per quanto concerne l’analisi urbana. Tuttavia, mentre il primo approda a una posizione progettuale, che cerca di cogliere e enfatizzare le differenze, in un approccio situazionista e “giocoso”, il secondo si arena in un estetizzante quanto sterile richiamo all’”impossibilità del progetto” 30


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e all’esaltazione del vuoto e dell’individualismo. In anni più recenti, soprattutto con l’avvento della crisi economica e di una generale frenata dell’urbanizzazione periurbana, si può registrare un cambio di approccio da parte degli studi sulla città diffusa, che tendono ad assumere un atteggiamento più “pragmatico” e progettuale nei confronti dei territori diffusi. In questo senso vanno lette le più recenti ricerche nate all’interno dello IUAV e dell’EMU a Venezia, promosse dal gruppo guidato dallo stesso Bernardo Secchi ed ora proseguite da Paola Viganò, che pongono al centro del loro percorso i concetti di riciclo, di riuso e di rigenerazione.13 Sempre in questo senso possono essere lette altre esperienze14 che si confrontano con la necessità di applicare correttamente i nuovi strumenti urbanistici nati dalle riforme che a cavallo del 2000 hanno cambiato il mondo della pianificazione territoriale in Italia e che assumono la crisi economica come un “momento di problematizzazione” che dovrebbe spingere a ripensare alcune delle prassi nella progettazione territoriale.

1.3 Caratteristiche e particolarità del territorio veneto centrale Il toponimo “Veneto Centrale” è stato ampiamente utilizzato per descrivere la pianura veneta interessata da fenomeni di dispersione insediativa, con esso ci 13 (Munarin & Tosi 2015, Fabian 2015, Pellegrini 2010), il lavoro Recycle Italy, e in Particolare Recycle veneto) 14  Cfr. (Magnaghi 2009, Savino 2012, Merlini 2015)

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tana

demon

Bassano del Grappa

to Pe Traccia

Castelfranco Veneto Cittadella

Vicenza

A4

Padova

A13


Il Veneto Centrale e la città contemporanea fig. 1.4 - Area centrale del Veneto - inquadramento

si riferisce generalmente all’area compresa tra le città di Padova, Venezia, Treviso e Vicenza. È qui, infatti, che sul 17% del territorio regionale si addensa il 42% della popolazione, con una densità media di 650 ab/km2, più del triplo del dato medio italiano. All’interno di tale perimetro si è assistito al processo di formazione di un’enorme “città a bassa intensità”15, sul perimetro della quale si collocano i centri urbani più grandi e densi: Venezia-Mestre (309 000 ab.), Padova (215 000 ab.), Vicenza (107 000 ab.), Treviso (84 000 ab.), che tuttavia concentrano solo il 30 % della popolazione totale dell’area. Lo spazio tra questi centri è segnato da una fitta rete di centri medi (sono 17 tra i 20 000 e i 50 000 abitanti), che costituiscono la matrice del policentrismo di questa parte di territorio, una rete le cui maglie sono a loro volta saturate dalla “struttura minuta” della dispersione urbana, che segue il fine reticolo della divisione fondiaria e della rete idrica16.

Matrici territoriali La diffusione insediativa in Veneto sì è propagata su un territorio ricco di preesistenze, tutt’altro che una “tabula rasa”. Vi sono, infatti, una serie di elementi (sia artificiali che naturali) che hanno condizionato l’edificazione, emergendo nell’osservazione dello spazio costruito come vere e proprie “matrici territoriali”. I percorsi dei fiumi, in quest’area il più grande è il Brenta, hanno condizionato la localizzazione dei 15 (Fabian 2015) 16 (Indovina 1990, Tosi & Munarin 2002, Fabian 2015)

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centri sin dalla preistoria: favorendola nei punti di fig. 1.5 - Area centrale guado o in presenza di ponti, scoraggiandola nelle del Veneto - matrici territoriali aree soggette ad allagamenti ed esondazioni. La fascia delle risorgive in questo senso assume una grande importanza territoriale, dividendo una pianura alta “asciutta” da una bassa “umida”. La prima, più al riparo da eventi calamitosi ed epidemie, la seconda meno salubre ma estremamente fertile e solcata da corsi d’acqua a portata limitata e costante. Quest’ultima è stata interessata dall’intervento dei gromatici romani, che vi tracciarono il fitto reticolo delle centuriazioni. La maglia di strade e canali si è conservata fino a noi per la sua fortissima “inerzia” che ha assecondato le azioni antropiche sul territorio per secoli, divenendo di fatto la struttura di fondo dell’ambiente agricolo prima e di quello urbano poi. La laguna di Venezia è stata una risorsa strategica in un periodo storico in cui la terraferma offriva poche sicurezze, divenendo la fortuna di una realtà come quella della Serenissima. La sua presenza ha avuto un impatto molto grosso sul territorio, non è infatti da dimenticare che nel corso degli anni moltissimi degli interventi sui corsi d’acqua dell’entroterra sono stati dettati proprio dalla necessità di controllare l’apporto di acqua e inerti in laguna. Essa tuttora rimane una risorsa di estrema importanza per quanto riguarda l’ecosistema costiero e naturale.

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astelfranco Veneto

ova

Montebelluna

Treviso

Venezia



Il Veneto Centrale e la città contemporanea fig. 1.6 - Area centrale del Veneto - Superficie Agricola Utilizzata (SUA)

1.4 Doppelgänger La figura del “doppelgänger” rappresenta nella cultura popolare, ma anche in psicologia, la figura del “doppio”: l’immagine distorta riflessa nello specchio che esalta la natura ambigua delle cose, evidenziandone i lati perturbanti.

Doppio paesaggio La lettura del paesaggio costruito del Veneto Centrale può essere effettuata assumendo svariati punti di vista. In questo caso mi è sembrato utile riprendere la “classica” contrapposizione tra città campagna, riletta dal punto di vista dello scontro tra produttività dell’ambiente agricolo e consumo di suolo, come se effettivamente queste fossero immagini speculari di uno stesso processo agente sul territorio. La competizione tra ambiente agricolo e spazio urbano permane infatti tuttora, sebbene venga talvolta sminuita da definizioni che vedono il paesaggio della dispersione come una nuova forma di convivenza tra i due. I cittadini della città diffusa non sempre coincidono con i contadini della città diffusa, e il legame tra la terra e i sui abitanti assomiglia più a quella che Marco Paolini ha definito come “metalmezzadria” che non a un nuovo e felice connubio tra cultura urbana e ambiente rurale.

Poco più di un’abitudine In molti casi ciò che ha preservato il territorio rurale del Veneto dalla definitiva scomparsa delle sue 37


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caratteristiche spaziali è la sua grande “inerzia”, la fig. 1.7 - Area centrale forza conservativa insita nel suo minuto reticolo di del Veneto - Suolo consumato (fonte ISPRA) campi e filari alberati, che è più legata alla cura “disinteressata” che una parte della sua popolazione (molto spesso quella più anziana) fortunatamente ancora dedica al territorio, piuttosto che al perpetrarsi delle ragioni che hanno portato all’affermazione di tale paesaggio17. Assumiamo che una crisi della produttività dell’ambiente agricolo sia il presupposto per una sua invasione da parte di quello costruito. Le cause di questa crisi possono essere sia strutturali - come l’accesso ai mercati di paesi che offrono prodotti a prezzi più bassi e competitivi - che storiche - il Veneto ha una struttura fondiaria minuta e basata sulla mezzadria che ha visto l’affermazione, dal 1700 in poi della eto 167 mld coltura 5,6 mld = 3,35 % monocoltura del mais, un cereale povero e poco redditizio).

Mais 34%

Foraggere 24%

Frumento 12%

Vite 8%

Ripartizione della superficie coltivata in Veneto

La superficie agricola utilizzata (SAU) in Veneto Centrale costituisce il 66% del totale del territorio, producendo il 3,35% del PIL, che sale al 9,8% considerando tutta la filiera agroalimentare (considerando quindi anche la componente produttiva della trasfor17 (Sereni 1961)

38

Soia 8%

Altro 14%




Il Veneto Centrale e la città contemporanea fig. 1.8 e 1.9 - Due villette situate a pochi metri l’una dall’altra, Riese (TV)

mazione dei cibi). L’area dedicata alla coltivazione di mais e di altri cereali da foraggio rimane ancora il 58% del totale18.

Materia prima Con l’espressione “consumo di suolo” si intende la trasformazione a titolo definitivo di una porzione di territorio precedentemente naturale o agricolo in superfici urbanizzate o comunque impermeabilizzate in funzione del bisogno umano. In tale definizione sono incluse le nuove urbanizzazioni, ma anche i luoghi compromessi con cave o cantieri, gli spazi della mobilità, le aree per attrezzature territoriali (depuratori, centrali, aeroporti, ecc.). Il rapporto ISPRA 2015 sul consumo di suolo evidenzia infatti come solo il 30 % del consumo di suolo sia attribuibile ad edifici, mentre il resto si ripartisce tra strade ( 40.2 %), piazzali e parcheggi (13,1%) e altre aree impermeabili, come aeroporti, cave, serre, ecc19. Si può capire come una dei maggiori “peccati” attribuibili alla dispersione insediativa stia proprio nella scarsa efficienza dei rapporti tra gli spazi dedicati al trasporto e spazi edificati, con una netta prevalenza dei primi. In territorio veneto, con riferimento particolare all’ambito qui studiato, si può notare come i dati diffusi dall’Osservatorio sul consumo di suolo confermino l’esplosione del consumo del territorio tra gli anni ‘80 18  I dati sono estratti dal “Rapporto statistico 2015”, pubblicato dalla Regione Veneto, venendo eventualmente da me incrociati con quelli pubblicati in piattaforma GIS dalla stessa Regione. 19 (Ispra 2015)

41


Secundum Flumen

e l’inizio degli anni 2000, con una leggera flessione successiva legata alla crisi economica. Suolo consumato (%) Anni '50

1989

1996

1998

2006

2008

2013

Veneto

3,9

6

7,2

7,6

8,9

9,5

9,8

Italia

2,7

5,1

5,7

5,8

6,4

6,6

6,9

fonte: rapporto ISPRA 2015

Evoluzione del consumo di suolo in Italia e in Veneto dagli anni ‘50 ad oggi

Detto questo, è importante osservare come nel caso della realtà veneta risulta per molti versi riduttivo guardare al boom del settore edilizio come una semplice conseguenza del successo di altri settori economici. Piuttosto esso ha spesso interpretato il ruolo di vero e proprio “volano”, con ricadute importanti su altri settori e un indotto composto da piccole (o piccolissime) imprese che ha risentito di importanti benefici economici, che si sono riversati anche su settori molto distanti da quello edilizio. Al di là dei benefici immediati, comunque, è evidente che un sistema economico come questo, che trae parte della sua forza dallo sfruttamento di una risorsa non rinnovabile (in questo caso il suolo), si rivela estremamente fragile sul lungo periodo. La saturazione (e la relativa compromissione) di larghe parti di territorio ha causato l‘inceppamento di quello che veniva visto un meccanismo destinato a durare a lungo. La dispersione (in questo caso delle abitazioni) 42



Secundum Flumen

trae origine dalla volontà di fuga rispetto a un ambiente urbano percepito come ostile e incapace di fornire i vantaggi che una migliorata condizione economica potrebbe offrire: quando anche la campagna stessa risulta impoverita dei suoi tratti caratteristici rimangono solo le tante problematiche a livello urbanistico, sociale e della mobilità che tale processo ha innescato.

Vicenza 9,7 %

Treviso 12,9 %

Padova 15,2 %

Consumo di suolo nelle provincie del Veneto Centrale

1.5 Una nuova metropoli? Immaginando i possibili sviluppi futuri di tale scenario, si può registrare una tendenza all’addensamento di tale città-territorio lungo le principali direttrici di traffico regionali (autostrada A4 e Pedemontana), secondo quello che stato chiamato “ progetto implicito”20 non essendo evidenziato da nessuno strumento urbanistico. Tale processo ha portato più di un osservatore a considerare quella veneta una “metropoli in fieri”, accomunandola ad altre grandi aree metropolitane europee e mondiali, come le Fiandre o Los 20 (Pellegrini 2010); per il concetto di progetto implicito cfr. (Secchi 2000)

44

Venezia 12,2 %


Il Veneto Centrale e la città contemporanea

Angeles. Il Veneto Centrale conserva comunque ancora molte peculiarità date alla natura preminentemente agricola del territorio e al particolare sistema economico che in tale scenario si è affermato. Come già affermato, inoltre, la crisi economica lascia intravedere i segnali di un’inversione di rotta che coinvolge pesantemente il settore delle costruzioni e che non lascia facilmente immaginare quale possa essere lo sviluppo futuro di queste aree.

45


Secundum Flumen

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Capitolo 2:

Terre della Tergola 2.1 I fiumi come via alla riqualificazione territoriale Il territorio centrale veneto è accomunato da alcune caratteristiche unitarie, conseguenza del recente processo di diffusione edilizia che ha coinvolto queste aree. Al suo interno si presenta una grande varietà di temi che potrebbero essere affrontati a livello progettuale in un lavoro di tesi. Tra questi, ho scelto quello che in base ad alcune letture e ad alcune considerazioni preliminari alla scelta dell’area (ma non del tema) mi sembrava più adatta a far emergere il mix di problematiche e di potenzialità che ho sempre intravisto in questi territori, e che mi incuriosiva approfondire. I corsi d’acqua sono da sempre intimamente correlati alla modificazione del territorio. La loro presenza è stata determinante per delineare l’attuale assetto del territorio (la localizzazione di città, la presenza di aree considerate pericolose perché spesso allagate ecc.), divenendo allo stesso tempo un elemento imprescindibile nella sua descrizione, costituendo un riferimento per geografi e cartografi. Questi sono stati spesso e volentieri un supporto alla crescita urbana, costituendo un grande serbatoio di energia disponi51


Secundum Flumen

bile ad essere sfruttata e una modalità di mettere in contatto luoghi geograficamente distanti, basti pensare alla Repubblica di Venezia che dai boschi del Cansiglio trasportava in laguna il legname necessario alla costruzione della sua flotta attraverso le acque del Piave. Non è un caso che molte delle riflessioni compiute in anni recenti portino ad intravedere nei fiumi dei veri e propri strumenti di riqualificazione, delle “infrastrutture culturali”1 che, se riletti con un adeguato approccio progettuale, possono divenire una preziosa risorsa per i territori che li accolgono. Essi si configurano come elementi strategici in aree caratterizzate da dispersione urbana, fornendo un margine di azione in territori nei quali la possibilità di concepire un progetto unitario è altrimenti difficoltosa. La “filigrana” storica di questi territori, che in molti casi si trova minacciata dalla pervasività dello spazio urbanizzato, è una qualità che se “stimolata” e valorizzata attraverso il progetto può ambire ad essere una vera e propria risorsa per il futuro della “città diffusa”.

2.2 L’area di studio La scelta di un elemento che potesse guidare il processo di riqualificazione territoriale è quindi ricaduta sul corso di un fiume di risorgiva. La ricorrenza di tale elemento nelle aree più problematiche suggerisce la possibilità di compiere delle riflessioni che si1 (Farinella 2005)

52


Terre della Tergola F.

Pia

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Fascia delle risorgive

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Treviso F. Sile

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fig. 2.1 - Il fiume Tergola nel contesto dei fiumi di risorgiva del Veneto Centrale

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Pia

ano esportabili, con i dovuti distinguo, anche in altre aree con caratteristiche simili. Il fiume Tergola si presta a questo tipo di studio: pur essendo di portata limitata è stato storicamente determinante per i territori che lo circondano - come risorsa o come pericolo, a seconda della situazione - attraversa un territorio che presenta criticità tipiche delle zone disperse, ma che presenta elementi di grande valore testimoniale e naturale, come quello legato alla centuriazione. Il suo corso inoltre, pur presentandone i presupposti, non è ancora stato messo al centro di interventi organici di riqualificazione territoriale (come sta avvenendo ad esempio nel vicino

53


Castelfranco

Secundum Flumen

Piombino dese Cittadella

Villa del Conte Camposampiero Santa Giustina

Fiu

m

e

Te r

go

la

Noale

San Giorgio delle Pertiche Borgoricco

2 km Campodarsego Villanova

Padova Fiume

Brenta

Mestre

Area di progetto

Marzenego)2.

fig. 2.2 - Individuazione dell’area di studio nella zona a nord di Padova

Criteri L’area di progetto è stata definita come una fascia di territorio di 4 km di larghezza completamente ricadente nella provincia di Padova che ha il proprio asse sul corso del fiume Tergola. Si è stabilito poi di allargare tale fascia in un punto così da comprendere il centro del comune di Camposampiero, il più 2  Cfr. http://www.acquerisorgive.it/cdfmarzenego/ https://marzenego.wordpress.com/

54

e


Terre della Tergola

grande nella zona. Non è stato considerato tutto il corso del fiume Tergola, ma solo il suo tratto centrale, ricadente all’interno dell’Unione dei comuni del Camposampierese. La fascia così definita coinvolge parzialmente il territorio di 7 comuni: Villa del Conte, Santa Giustina in Colle, Camposampiero, San Giorgio delle Pertiche, Borgoricco, Campodarsego e Villanova di Camposampiero. Su quest’area l’analisi si è concentrata su 4 aspetti: mobilità, sistema insediativo, sistema produttivo e ambiente naturale/rurale.

Il fiume Tergola Il Tergola è un corso d’acqua di risorgiva, che nasce presso le Paludi di Onara, nella zona sud ovest di Cittadella. La sua portata iniziale è di circa 300 lt/s , mentre presso la sua immissione nel Naviglio Brenta, a Strà ne registra circa il doppio. Il suo corso si snoda per circa 35 km, gran parte dei quali nel territorio della centuriazione romana, della quale era il principale asse idraulico. Il nome di questo fiume deriva, secondo Dante Olivieri, dal latino turbidus, “torbido” mentre il primo documento scritto che fa riferimento ad esso emerge in un documento dell’839 (dove è chiamato Tercola).

2.3 Sistema della mobilità Il territorio accessibile La permanenza di un fitto sistema capillare di strade, percorsi, sentieri e strade bianche, eredità del secolare processo di modifica del paesaggio da par55


Cittadella

Secundum Flumen

Paludi di Onara

T.

Va

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Villa del Conte

Br en

Arsego

Sant’Andrea

F. Mu so

C. P ioveg o

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San Giorgio delle Pertiche

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di Vil la Bo zza

Camposampiero

Santa Giustina in Colle

Peraga Vigonza

Mira Dolo Stra

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iglio

Bren

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te dell’uomo, ha prodotto un territorio quasi omoge- fig. 2.3 - Il corso del fiuneamente accessibile, portando alcuni osservatori a me Tergola e gli insediamenti che vi si accostano parlare di questa rete come di un sistema isotropo e poroso3.

Tubi e spugne Si può attuare una prima grande distinzione delle vie di comunicazione in due classi: quelle “aperte”, che consentono cioè l’entrata e l’uscita dei veicoli in qualsiasi punto, come nelle strade tradizionali, e quel3 (Viganò 2008)

56


Terre della Tergola

le “chiuse”, che permettono l’accesso e il deflusso di veicoli solo in determinati punti (gli svincoli), come le autostrade o le superstrade. In alcune delle sue ricerche, Bernardo Secchi concettualizza queste tipologie della mobilità all’interno di scenari dispersi con due immagini: i tubi, ovvero le direttrici “chiuse” ad alta velocità, e le spugne, cioè ampie parti di territorio fortemente accessibili e ad un alto grado di porosità4. Quello di strade come tubi è un concetto legato fortemente alla gestione ingegneristica del territorio, che assimila il traffico a un fluido e la sua gestione al funzionamento di un sistema idraulico. I tubi sono strade con un’alta velocità di percorrenza, un margine non permeabile e pochi punti di contatto con il territorio circostante. Questi punti divengono spesso, in un contesto scarsamente gerarchizzato come quello studiato, luoghi di accentramento di funzioni commerciali e terziarie, nelle forme dello “spaccio” o del grande centro commerciale, assumendo il ruolo di polarità per le aree circostanti5. L’idea di spugna viene proposta invece per quella viabilità secondaria nella quale la gestione del traffico è piuttosto legata a meccanismi di “percolazione” attraverso le maglie viarie, che avviene grazie all’alto grado di riconnessione interna che le strade “aperte” hanno raggiunto. Volendo proseguire con questo paragone può capitare, ad esempio nel caso della realizzazione di una circonvallazione, che una strada di tipo “tubo” 4 (Secchi 2000) 5 (Fregolent & Savino 2011)

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Cittadella

Arsego

San Giorgio Pertiche

Cittadella Vicenza

Castelfranco Treviso

Vicenza Fratte Villa del Conte Castelfranco

Camposampiero

Santa Giustina in Colle

Arsego San Giorgio delle Pertiche

Campodars

San Michele delle Badesse

Borgoricco

Treviso

Bronzola

Padova Dotazione di servizi

Fiumicello

Superstrada

Campodarsego

Strada statale

Sant’Andrea

Strada regionale Viabilità locale Dotazione di servizi

Padova

Villanova di Camposampiero

Ferrovia

Superstrada

Viabilità ciclabile

Strada statale

Strada regionale

Reschigliano

Viabilità ciclabile locale

Viabilità locale Ferrovia

Codiverno

Territorio urbanizzato

Viabilità ciclabile

Viabilità ciclabile locale

Centri storici

Territorio urbanizzato Centri storici

Padova Mestre Autostrade

Pionca


Terre della Tergola fig. 2.4 - Area di studio, sistema della mobilità e della ciclabilità

sostituisca una precedente via di tipo “spugna” quando essa raggiunge un livello di saturazione tale da rendere difficoltoso il movimento nel territorio. Nell’area studiata un esempio molto chiaro è la Nuova Strada del Santo, che affianca e sostituisce la storica Strada del Santo, già via Aurelia. A livello locale, oltre a questo tipo di interventi sono molto frequenti quelli volti ad aumentare la capacità di assorbimento delle spugne o a limitare la viscosità del traffico, come la realizzazione di rotatorie e piste ciclabili.

L’”opera grande” Molte delle ricerche recenti sull’ambiente diffuso rintracciano nella manutenzione dei sistemi minuti che compongono le “spugne” la grande sfida della riqualificazione urbana, Lorenzo Fabian si riferisce a questo processo come ad un’”opera grande”- in contrapposizione alle grandi opere - che è necessario intraprendere sul territorio6. Guardando alla prassi vigente presso le amministrazioni locali, il più grosso limite sembra essere attualmente costituito dalla frammentarietà con la quale vengono programmati tali interventi e dal loro carattere locale e preminentemente pragmatico, essi cioè “nascono su iniziativa dei singoli comuni per risolvere di volta in volta problemi puntuali e riguardano tutti i tipi di strade, cioè non selezionano, ad esempio, solo le strade a maggior traffico e sono a servizio di tutte le situazioni (centri consolidati e abitato disperso, aree produttive e residenziali). Un esempio chiaro di 6 (Fabian 2015)

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Secundum Flumen

questa frammentazione sono le piste ciclopedonali e ciclabili, che pur venendo realizzate in numero sempre maggiore nel loro assieme non riescono a costituire un sistema continuo e connesso, una rete, ma di fatto sono l’insieme dei tratti realizzati dove si è creata la possibilità di realizzarle; raramente infatti sono realizzate in relazione o a servizio delle attrezzature collettive”7.

Assetto viario dell’area di studio Nel Camposampierese la viabilità su gomma ha il proprio asse sulla superstrada SR 308 “Nuova del Santo”, che dal 2001 collega Padova a Castelfranco, mentre ancora una certa importanza riveste ancora il percorso attraverso i centri abitati dell’SR 307. In questo caso risulta interessante osservare il funzionamento del sistema “accoppiato” di tubo e spugna presente all’interno dell’area di studio. Esso infatti, con il primo che assorbe il traffico di attraversamento, sembra esibire una certa efficienza nella gestione del traffico, anche grazie alla frequenza degli svincoli della superstrada, permettendo alla viabilità minore di smaltire velocemente il traffico in uscita. L’elemento che in questa parte di territorio mostra più criticità è forse invece proprio la nuova strada a due corsie, che risulta essere sottodimensionata e spesso intasata dai tanti camion che viaggiando a bassa velocità “quantizzano” il traffico veicolare. Oltre a quelle già citate si può nominare Via Desman (il nome tradisce la sua natura di antico decu7 (Pellegrini 2010)

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Bassano

Castelfranco

Treviso

Terre della Tergola Resana Vicenza

Cittadella

Piombino dese

San Martino di Lupari Loreggia

Fratte

Trebaseleghe

Villa del Conte Camposampiero Piazzola sul Brenta

Santa Giustina Arsego

Massanzago

Noale

San Giorgio delle Pertiche Borgoricco Santa Maria di Sala

Limena

Campodarsego Villanova

Vigodarzere

Vigonza

Cadoneghe Ponte di Brenta PADOVA

Area di progetto

fig. 2.5 - Area a nord di Padova, viabilità principale

Mestre

Strade statali e regionali

mano romano), che da san Giorgio delle Pertiche Autostrade e superstrade arriva fino a Santa Maria di Sala, che lungo il suo sviluppo ha visto nascere una lunga serie di centri minori (Borgoricco, San Michele delle Badesse, Sant’Angelo...), ormai ricollegati a formare un continuo quanto trafficato fronte urbano.

La mobilità dolce e il sistema ciclabile EuroVelo è un insieme di itinerari cicloturistici, definita a livello europeo da un gruppo di lavoro dell’ECF (European Cyclists’ Federation), che si compone di 15 percorsi che attraversano tutta Europa. In Italia EuroVelo registra l’adesione della FIAB, 61


Bassano Castelfranco

Secundum Flumen

Resana Vicenza

Cittadella

Onara

Treviso

Piombino dese

San Martino di Lupari Loreggia

Fratte

Trebaseleghe

Villa del Conte

Piazzola sul Brenta

Camposampiero Massanzago Santa Giustina Arsego

Noale

San Giorgio delle Pertiche Santa Maria di Sala Borgoricco Zeminiana

Limena

Campodarsego Villanova

Vigodarzere Cadoneghe PADOVA

Vigonza Ponte di Brenta Mestre

che promuove il progetto e collabora alla sua realiz- fig. 2.6 - Area a nord di Linee extraurbane di autobus Padova, trasporto pubblico di progetto zazione nelArea nostro paese tramite la rete Bicitalia. Ferrovie Il Veneto è lambito da due itinerari EuroVelo: • •

EV 7 - Itinerario Centrale dell’Europa: - Capo Nord - Malta EV 8 - Percorso Mediterraneo: Tarifa - Atene

Essi tuttavia rimangono sui margini del territorio regionale, lasciando alla rete secondaria il compito di innervarne l’interno. Esistono infatti molti percorsi della rete Bicitalia classificati come di rilevanza nazionale, regionale o locale. Per l’area del triveneto Bicitalia 62


Terre della Tergola

ha stabilito, viste le caratteristiche del territorio, che la mobilità ciclabile dovrà coincidere il più possibile con il tracciato dei fiumi. Il percorso di questo tipo più vicino all’area di studio è quello previsto sugli argini del fiume Brenta, anche se non ancora realizzato in molti tratti. Un discorso a parte riguarda la realizzazione della Ciclovia Treviso-Ostiglia, nata sul tracciato della ferrovia che ricollegava il capoluogo veneto con il fiume Po, ora dismessa. Tale progetto è stato inserito nella pianificazione (PTRC) come “progetto strategico, in quanto taglia trasversalmente la rete ciclabile fluviale veneta e consente di riconnetterla con Euro-Velo e un’altra importante direttrice nella ciclabilità della pianura padana, la Ven.To (Venezia-Torino), che corre sull’argine del fiume Po. Al momento la realizzazione di tale opera, che passa per l’area di studio, è completa solo nelle provincie di Treviso e Padova, mancando il tratto terminale (e più importante) in provincia di Vicenza. Essa deve essere ritenuta comunque come un importante riferimento in quanto le sue caratteristiche (il percorso è molto diretto e completamente all’ombra, perché realizzato sulla preesistente massicciata ferroviaria) lo rendono tuttora un itinerario frequentatissimo e integrato negli spostamenti locali della popolazione.

Problematiche legate alla viabilità e all’uso dei mezzi pubblici Come in molti dei territori della “città diffusa”, la dissoluzione di centri abitati definiti ha dato luogo all’emergere di problematiche di una certa rilevanza: 63


Secundum Flumen

le più evidenti forse sono costituite dall’isolamento subito dalle categorie “deboli” e che non hanno accesso ai mezzi privati (giovanissimi, anziani, nuclei familiari economicamente in difficoltà), l’indebolimento delle relazioni sociali e dei rapporti di vicinato, l‘aumento del numero di auto circolanti e l’inefficienza dei tradizionali mezzi di trasporto pubblico. Per quanto riguarda questi ultimi la criticità maggiore risiede nella distribuzione delle persone e dei luoghi di lavoro nel territorio, con le singole fermate dei mezzi pubblici che faticano a trovare un bacino di utenza sufficiente a garantirne la sostenibilità e un ritorno economico adeguato al corretto funzionamento. Non è un caso che il mezzo pubblico di gran lunga più utilizzato in Veneto sia l’autobus, che viene utilizzato per il 15 % degli spostamenti (a fronte del 78% dell’auto privata e del 7% del treno), per la sua maggiore flessibilità nel percorso e nel sistema di fermate.

2.4 Sistema insediativo Un aspetto che ritengo importante considerare è quello della struttura degli insediamenti residenziali. Questa è infatti in grado di dare utili informazioni sul processo di sedimentazione del costruito sul territorio, nonché sui suoi rapporti con la campagna, i centri esistenti e la strada. Negli anni sono stati proposti diversi approcci a questo tipo di analisi: alcuni vertono più sulla tipologia del singolo edificio - la villetta monofamiliare, la

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fig. 2.7 - Usi consolidati del sistema rurale di strade bianche, San Giorgio delle Pertiche




Terre della Tergola fig. 2.8 - La ciclabile Treviso - Ostiglia tra San Giorgio delle Pertiche e Santa Giustina in Colle

palazzina, il capannone, la casa a schiera8 - altri invece sulla morfologia insediativa che essi generano. Quella adottata in questa tesi è una classificazione che segue quest’ultimo filone, proposta da Marano Sartore negli anni ‘809 e ripresa recentemente da Alessandra Cazzola10, che divide il costruito in tre macro-classi divise a loro volta in ulteriori sotto-classificazioni.

Case sparse Rientrano in questa categoria gli edifici collocati in un contesto tipicamente agricolo: cascine, masserie, casali. La suddivisione dei suoli corrisponde a quella poderale.

Edificato lungo strada Tipologia di costruito costituita da edifici nati lungo un fronte strada, che possono assumere diverse conformazioni a seconda della saturazione di quest’ultimo. Il fronte strada costituisce l’elemento ordinatore dell’edificato, che quindi deriva da esso l’orientamento prevalente. 8 (Fantin et al. 2012) 9  Cfr. M. SARTORE, Forme e processi di urbanizzazione diffusa. Un’analisi della morfologia insediativa in un’area rurale del Veneto centrale, in «Archivio di studi urbani e regionali» n. 32, Franco Angeli, Milano 1988, pp.165-218 10 (Cazzola 2016)

67


ViabilitĂ carrabile Edificato lungo strada

ViabilitĂ carrabile

Agglomerazioni

Edificato lungo strada Agglomerazioni Centri storici

Centri storici


Terre della Tergola fig. 2.9 - Area di studio, sistema insediativo

Caratteristiche: • Più edifici che ricadono sullo stesso segmento viario • L’accesso avviene dalla strada In questo caso solo saltuariamente gli edifici sono a servizio dello spazio agricolo, il quale può avere accesso diretto dalla strada oppure essere servito da strade bianche che si dipartono da essa. All’interno di questa tipologia, a seconda del livello di “ruralità” si possono distinguere: Agricolo rado È fortemente caratterizzata da aspetti di “ruralità”, essendo storicamente legata a questo settore economico, e presenta una scarsa regolarità nella scansione tra gli edifici, di contro ad una forte regolarità nella successione di campi coltivati ed edifici.

Frazionamenti lungo strada La scansione di edifici è regolare ed è meno frequente la presenza di campi coltivati tra un edificio e l’altro. Non conservano legami con l’ambiente agricolo, a cui volgono le spalle. 69


Secundum Flumen

Strada urbanizzata Si tratta dell’estremizzazione del caso precedente, con l’edificato che dopo avere saturato il fronte strada inizia ad espandersi anche nel terreno retrostante, tuttavia non vi è la presenza di vie secondarie parallele a quella principale, ma solo di strade ortogonali di accesso alle abitazioni.

Microagglomerazioni Questa tipologia si distingue dalla precedente per il tipo di rapporto che instaura con la strada. Nel caso delle agglomerazioni l’aggregazione di edifici avviene o attorno a uno spazio comune oppure assume uno spessore tale da rendere la direzione della strada indifferente per l’orientamento e la localizzazione degli edifici, che non seguiranno una direttrice lineare ma si aggregano agli altri edifici secondo logiche di giustapposizione. Anche in questo caso si possono riconoscere ulteriori categorie: Microagglomerazioni isolate Si tratta di insediamenti di modeste dimensioni inseriti in un ambito territoriale in cui prevalgono i carat70


Terre della Tergola

teri agricoli, organizzati su una maglia stradale minima e caratterizzati da un tessuto che nella sostanza si presenta ordinato e compatto. Lottizzazioni rurali Si tratta di piccoli frammenti di tessuto realizzati in un periodo di tempo definito secondo un disegno unitario. Rappresentano un “isola� di tessuto abitativo all’interno di un contesto ancora prevalentemente agricolo. Nuclei periurbani Si tratta di un vero e proprio aggregato urbano, derivante spesso dalla saturazione di un’area da parte delle tipologie descritte precedentemente, che per ispessimento e successive aggiunte raggiungono dimensione tale da attirare funzioni e servizi.

71




Industria a “piastra” Industria dispersa Industria a “piastra”

Aree di espansione non ancora costruite

Industria dispersa

Commerciale

Aree di espansione non ancora costruite Commerciale

Spazi per il parcheggio

Spazi per il parcheggio


Terre della Tergola fig. 2.10 - Superficie pavimentata di deposito per prodotti in attesa di essere spediti, Campodarsego fig. 2.11 -Area di studio, sistema produttivo e commerciale

2.5 Sistema produttivo Industria diffusa Guardando allo scenario produttivo di questo territorio, si può da subito fare una divisione tra un’industria di più grossa taglia, raggruppata in “placche” e collocata ai margini dei centri comunali e una caratterizzata da una grana molto più fine, collocata nelle maglie del tessuto residenziale, composta perlopiù da piccoli capannoni e laboratori in adiacenza alle abitazioni.

Quest’ultima costituisce il residuo di quello che è stata la grande ondata di imprenditorialità che a partire dagli anni ‘80 si è estesa sul territorio, partendo dall’iniziativa di singole famiglie ed organizzandosi 75


Secundum Flumen

autonomamente in filiere improvvisate ma sorpren- fig. 2.12 - Area indudentemente efficaci. Settori in cui questo territorio ha striale di Campodarsego spesso prodotto grandi eccellenze sono ad esempio quelli della meccanica, della moda e dell’arredamento.11

Placche industriali Per sua stessa natura, comunque, tale sistema produttivo ha continuato a modificarsi con il tempo: le aziende, ingrandendosi, sono state portate a espandersi negli spazi offerti dalle amministrazioni locali, in aree predisposte, dando origine alle “placche”, che “non sono più quegli spazi di tipo quasi-rurale che da soli erano in grado di funzionare come spazi di autoproduzione, sostegno di vicinato e solidarietà. In qualche maniera il loro successo ne ha decretato anche la fine, prima concentrandoli e mono-funzionalizzandoli, poi forzandoli a diventare altro in modo definitivo. Ora sono delle vere e proprie eterotopie della produzione”12. Il processo di modifica continua tuttora, con le aziende (le stesse che hanno fatto la fortuna di questo territorio) che sono portate a delocalizzare la produzione, venendo a mancare la manodopera a basso costo, uno dei presupposti del “modello veneto”. Un paradosso in termini, nel quale il sistema economico di quest’area non è più compatibile con lo stile di vita della società che esso stesso ha contribuito a costruire. 11 (Indovina & Savino 1999) 12 (Guida 2012)

76



Secundum Flumen

Osservando più da vicino il territorio, al di là delle tendenze generali del settore, si possono comunque riconoscere alcuni esempi di resilienza (e di intelligenza imprenditoriale) da parte di aziende che hanno saputo fronteggiare le mutate condizioni al contorno, in particolare nelle produzioni che valorizzano la qualità dei prodotti e del processo produttivo. Anche guardando all’industria dispersa, quella dei capannoni sul retro delle villette, nonostante frequenti casi di dismissione e abbandono, si registrano episodi di riuso e riattivazione in chiave innovativa di alcune attività, sul modello della start-up e nell’ambito delle nuove tecnologie. Proprio la capacità di investire energie ed attivare nuove attività è forse la più grande sfida di questo territorio, che tuttavia deve confrontarsi con un panorama lavorativo ormai datato e con un territorio in 78


Terre della Tergola

gran parte compromesso. La convinzione di chi scrive è che il progetto urbanistico debba tenere conto delle energie “sopite” (anche imprenditoriali) del territorio, che siano esse pubbliche o private, includendole in un processo che altrimenti si ridurrebbe alla “moralizzazione” di pratiche imprenditoriali e costruttive che appartengono di fatto al passato.

2.6 Sistema naturale e rurale Sistema naturale Lo spazio aperto in quest’area del Veneto centrale, al contrario di quanto si potrebbe supporre, conserva tuttora una grande ricchezza in fatto di biodiversità e ricchezza ecologica, anche se in molti casi questa è minacciata dagli effetti pervadenti dell’inquinamento e dell’urbanizzazione. Il sistema ecologico fa perno sui tanti corsi d’acqua e su un fitto reticolo di spazi che potremmo definire “di scarto”: bordi campo, bordi strada, aree abbandonate e dismesse, fossi vegetati, aree boschive che resistono lungo il corso dei piccoli fiumi. L’esiguità di questi spazi, che spesso si configurano come semplici linee nel territorio, viene compensata dalla loro diffusione e interconnessione reciproca.

Flora Sebbene non si distinguano ambiti vegetati di particolare pregio si può citare la presenza di saliceti e formazioni riparie lungo i principali corsi d’acqua e di querco-carpineti e carpineti. Nelle zone extraurba79


Aree con buona integrità paesaggistica Aree con discreta integrità paesaggistica Aree compromesse

Aree con buona integrità paesaggistica Aree con discreta integrità paesaggistica

Zone di interesse (boschi, aree umide...) Aree compromesse Idrografia

Zone di interesse (boschi, aree umide...) Idrografia


Terre della Tergola fig. 2.13 - Area di studio, sistema naturale

ne permangono delle siepi residuali, alcune in buono stato, con presenza di specie del querco-carpineto. In corrispondenza di alcuni corsi d’acqua si trovano invece siepi a carattere idrofilo con fitocenosi legate agli ambienti umidi. Nelle zone extraurbane e rurali si possono riscontrare anche frammenti residuali di bosco planiziale.

Fauna La fauna è quella tipica dell’ambiente agricolo di pianura. Rettili - come la biscia d’acqua e la testuggine palustre - anfibi - come il tritone punteggiato e la raganella - e pesci - tra cui la tinca e il luccio-, popolano i corsi d’acqua, le cui sponde ospitano la nidificazione di uccelli come la folaga, la gallinella d’acqua o il germano reale. Non è raro che uccelli migratori come l’airone cenerino e la garzetta si spostino in queste aree nella stagione estiva. L’ambiente agricolo ospita invece una grande varietà di piccoli mammiferi, tra cui l’arvicola, il riccio, la nutria e il capriolo.

Paesaggio agricolo Il giudizio sulla qualità dello spazio aperto agricolo è stato guidato dalle tante analisi effettuate su questo territorio in occasione della redazione di piani comunali e intercomunale sull’integrità del carattere rurale di tali aree. Ho preso inoltre in considerazione i seguenti criteri sulla permanenza di caratteri qualitativi dello spazio agricolo, individuati a partire dallo studio dell’assetto 81


Secundum Flumen

storico di questo ambito territoriale:

Filare

Campi

Capezzagna

Fosso

Siepe

Permanenza della tipologia agraria a “campi chiusi”: Le parcelle agricole sono delimitate da siepi e filari che seguono la rete dei fossi e dividono proprietà e colture diverse, creando uno spazio racchiuso.

82

Cavino

Filari “maritati” di vite

Campi

Campi baulati Cavin di mezzo

Filari “maritati” di vite

Cavino

Conservazione della sistemazione agricola “alla Padovana”: i campi sono lavorati con una “baulatura” trasversale molto accentuata per favorire il deflusso delle acque nei fossi laterali (“cavini”) venendo delimitati da filari di vite “maritata”, spesso affiancati da una strada (“capezzagna”).


fig. 2.14 - Specie animali presenti lungo il corso della Tergola


Secundum Flumen

Parcellizzazione minuta legata alla suddivisione romana: in molti casi sÏ possono ancora riconoscere le tracce della divisione fondiaria romana, basata sull’actus e sullo iugerum.

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Secundum Flumen

Bibliografia Bonarrigo M., Padova: la città, le acque, Francisci Editore, Padova 1993 Cazzola A., Paesaggi coltivati, paesaggio da coltivare: Lo spazio agricolo dell’area romana tra campagna, territorio urbanizzato e produzione, Gangemi, Roma, 2016 Cederna A., La distruzione della Natura in Italia, Einaudi, Torino 1975 Castiglioni B. Ferrario V., “Dov'è il Paesaggio Veneto?” in Ars n. 111 luglio/settembre 2007 Clement G., Manifesto del Terzo paesaggio, 2005 De Rossi A., Durbiano G., Governa F., Reinerio L., Robiglio M. (a cura di), Linee nel paesaggio. Esplorazioni nei territori della trasformazione. Utet, Torino 2009 Donadieu P., Campagne Urbane, 1998 (Trad. Roma 2006) Fabian L., Nuove strade a Nord Est. Scenari e progetti per le infrastrutture della mobilità nella città diffusa, in "Città tra sviluppo e declino", a cura di G. Calafati, 2015 Fantin M. Morandi M. Piazzini M. Ranzato L. (a cura di), La città fuori dalla città, INU Edizioni, Roma 2012 Farinella R. (a cura di), Acqua come patrimonio, Aracne editrice, Roma 2013 Farinella R. (a cura di), I fiumi come infrastrutture culturali, Editrice Compositori, Bologna 2005 Farinella R. Ronconi Michele (a cura di), Territorio, Fiumi, Città. Esperienze di riqualificazione in Italia. Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 2008

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Secundum Flumen Regione Veneto, Guida al PSR 2014-2020, Venezia 2015 Scandurra E., Spazi pubblici, in Urbanistica Informazioni n. 166/1997 Secchi B., La cittĂ del XX secolo, Laterza, Bari 2005 Tempesta T., Crescita Urbana nel veneto e degrado del territorio, nel Dossier Legambiente del novembre 2009 Vallerani F., Acque a Nord Est, Ci Esse editore, Verona 2004 Vallerani F., Italia desnuda, Milano 2013 Vallerani F., Vie d'acqua del Veneto, La Galiverna 1983 Varotto M., In bicicletta tra Padova e Bassano, 1998 Varotto M., Le terra della Tergola. Vicende e luoghi d'acqua in territorio Vigontino, Vigonza 2005

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Capitolo 3:

Il gran cambiamento 3.1 La dominazione romana

Il “piano paesaggistico della conquista romana” Il territorio Veneto, grazie alle sue caratteristiche geomorfologiche e climatiche è stato ampiamente popolato già in epoca preistorica, con l’insediamento di popoli chiamati paleoveneti. La conquista romana, avvenuta nel II secolo a.C., ha prodotto un forte aumento della popolazione di queste aree, in parte accentrato nei centri preesistenti di fondazione retica o paleoveneta, che si ampliarono, in parte dovuto alla fondazione di nuovi municipii e presidi militari, 91


ssimo ne ma Cardi Umbilicus agri

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Umbilicus agri Decum

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Aree con orientamento “secundum flumen”

Aree con orientamento “secundum flumen”

“Limites” esistenti

“Limites” Tracce

esistenti

Strade esistenti Tracce

Importanti centri sul fiume

Strade esistenti

Importanti centri sul fiume

assimo


Il gran cambiamento fig. 3.1 - Permanenze di epoca romana nell’area di studio

che costituivano un efficace sistema di controllo del territorio. Durante il periodo repubblicano, contestualmente alle grandi campagne militari di Cesare, si diede avvio a una capillare infrastrutturazione del territorio, attraverso la costruzione di nuove strade e la suddivisione e l’organizzazione della territorio agricolo, seguendo quello che Emilio Sereni ha definito il “piano paesaggistico della conquista romana”. L’assetto del territorio, infatti, è parte di un “sistematico e generale piano di colonizzazione, nel quale la forma del paesaggio agrario diviene addirittura il segno della condizione giuridica delle popolazioni vinte e delle terre conquistate”1. Il più importante elemento nel sistema romano di gestione delle proprie terre era costituito dalle strade. Il tracciamento delle strade consiliari avveniva secondo un percorso che consentisse di spostare in minor tempo uomini e merci, e che quindi non necessariamente inanellava le città o era coerente con la tessitura dei campi e che si presentava per ampi tratti rettilineo2. Per fare un esempio la più importante strada consiliare romana che solcava il Veneto, la via Postumia, virava verso nord nei pressi di Verona per evitare la pianura umida e per rimanere al di sopra della fascia delle risorgive, limitando così la costruzione di ponti e guadi ai soli fiumi alpini.

1 (Sereni 1961) 2 (Pellegrini 2010)

93


Secundum flumen

Acelum Oderzo

Tarvisium

Altinum

Vicetia

Patavium

Ateste

Adria

Uno strumento di gestione del territorio: la limitatio Gli spazi aperti e pianeggianti vennero quindi suddivisi tra i coloni e i veterani dell’esercito romano, secondo il sistema della centuriazione (limitatio), che prevedeva che questi fossero divisi secondo una maglia regolare in campi bonificati ed irrigati da un fitto sistema di canali. La divisione avveniva secondo una ritualità definita, che era molto simile a quella prevista per la fon94

fig. 3.2 - Assetto territoriale del Veneto Centrale in epoca romana, con indicate le principali centuriazioni (in rosso la Cis Musonem)


Il gran cambiamento

dazione di un nuovo castrum. L’agrimensore (la figura “tecnica” coinvolta nella misurazione e nella divisione del territorio) stabiliva un punto centrale per la nuova centuriazione: l’umbilicus agri, dal quale posizionandosi rivolto a ovest dava un nome allo spazio che lo circondava, ultra a quello che gli stava davanti, citra a ciò che gli stava alle spalle, dextera per ciò che era alla sua destra e sinistra per ciò che era alla sua sinistra. Da questo punto inoltre secondo le quattro direzioni si dipartivano i due assi principali, il decumanus in direzione est-ovest e il kardo in direzione nord-sud. L’orientamento non risultava sempre rigidamente allineato ai punti cardinali ma veniva stabilito pesando un grande numero di fattori, i più rilevanti dei quali erano la preesistenza di una strada o un centro sul quale impostare il cardo o il decumano oppure le caratteristiche morfologiche del sito che, ad esempio, potevano suggerire un orientamento favorevole allo scolo delle acque (come vedremo nel caso della pianura veneta). I confini dell’area centuriata erano normalmente costituiti da elementi naturali abbastanza grandi per definire un limite per il reticolo di strade e canali, ad esempio un grande fiume, la linea di costa o una serie di rilievi. Elementi più minuti venivano piuttosto inglobati nello schema generale, andando a costituire delle “emergenze” all’interno di un territorio altrimenti omogeneo. Nel caso di piccoli corsi d’acqua diversi studi hanno provato come essi venissero sfruttati per alimentare i sistemi di canali affiancati alle strade e non tendessero ad essere sostituiti da questi. Inoltre, come fa notare Mauro Varotto parlando di “centuria95


Secundum flumen

zione morbida”3 è probabile che i Romani lasciassero le aree nelle più strette vicinanze con i fiumi a un alto grado di naturalità (il cosiddetto compascum), permettendo usi comuni dell’alveo con boschi e pascoli liberi e limitando il rischio connesso a piene ed esondazioni; era infatti presente una distinzione tra bassure e terre alte, con le prime che conservavano le loro caratteristiche di terre umide e acquitrini, e le seconde che venivano invece bonificate per l’uso agricolo, con quote diverse. Parallelamente al cardo e al decumano, secondo uno schema ortogonale, venivano tracciate ogni 100 actus (l’actus è definito come la distanza che una coppia di buoi riesce a percorrere con un aratro in una “tirata” e corrisponde a 35,5 metri: 100 actus sono quindi 3550 metri) delle strade chiamate limites quintarii, che costituivano l’ossatura secondaria della centuriazione, Molto spesso all’incrocio di tali vie sorgevano piccoli borghi rurali. L’area delimitata da quattro limites era chiamata saltus. È presente un ulteriore ordine di strade, più piccole, che suddivide il saltus ogni 20 actus, delimitando quadrati di 711 metri di lato chiamati centuriae.

Il fiume Tergola e la Cis Musonem La centuriazione “al di sotto del fiume Muson”, corso d’acqua che la separava dal territorio di Altinum, risulta oggi essere la centuriazione romana meglio conservata in Veneto per chiarezza dei tracciati e qualità dell’ambiente agricolo, pur avendo attraversa3 (Varotto 2005)

96


Il gran cambiamento

Umbilicus agri Decum

Kardo

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Limite

s quin tarii

Patavium

fig. 3.3 - La centuriazione Cis Musonem

to numerosi fasi di modificazione e adattamento del disegno originario: di essa rimangono 220 centurie delle presunte 600 e 380 km di strade degli 880 km originari. La prima suddivisione del territorio è stata collocata dagli storici (Bosio, Nardo, Pellegrini) tra il 49 e il 42 a.C, dunque all’incirca nel periodo delle lotte tra Pompeo e Cesare. Il 49 a.C. è l’anno nel quale gli abitanti del Nord Italia avevano ricevuto lo status di cittadini romani. Nello specifico dell’area oggi chiamata “Graticolato”, l’asse sul quale i periti agrimensori romani decisero di impostare la suddivisione fu la preesistente Via Aurelia (l’attuale SR307), che collegava Padova alla via Postumia e ad Acelum (Asolo). L’inclinazione di questa strada, di circa 14° verso Nord-Est, permet97



Il gran cambiamento fig. 3.4 - Il campanile di San Giorgio delle Pertiche, a pochi metri dalla Tergola, era un’antica torre difensiva

teva infatti un ottimale scolo delle acque e una suddivisione agevole del territorio circostante. L’umbilicus, il punto di innesto del decumano massimo, era situato nei pressi dell’attuale San Giorgio delle Pertiche, il percorso di tale via è in parte ricalcato dall’attuale Via Desman, il cui toponimo tradisce l’ascendenza latina (da Decumanus). Il confine della centuriazione era definito a nord dal fiume Muson (da cui il nome), a sud dal fiume Brenta (Medoacus Maior), a ovest dalla linea delle risorgive4. In questo quadro, il fiume Tergola venne integrato all’interno della griglia stradale, che interseca in alcuni punti, costituendo una sorta di “spina dorsale” idraulica del sistema di fossi e canali previsto con la centuriazione. Come accennato sopra, è probabile che mentre molte parti di campagna venivano in questo modo bonificate, altre (in particolare quelle vicino al fiume) fossero piuttosto lasciate intatte come fasce di rispetto per il fiume e per altri usi (caccia, pesca, tempo libero)5. Sembra provato come l’attività romana di divisione del territorio non avesse come unico scopo quello di ricavare spazio per l’agricoltura (che sembra infatti sovrastimato rispetto ai fabbisogni dell’epoca), ma servisse soprattutto a mettere in pratica un’efficace presidio degli spazi ai limiti del proprio territorio in modo da garantire una pronta risposta in caso di pericolo o di invasione. A questa motivazione si dovrebbe infatti (oltre che per una volontà di ricompensa) la 4 (Bortolami & Mengotti 2012) 5 (Varotto 2005)

99


Secundum flumen

scelta di assegnare tali terre ai veterani delle campagne belliche, in quantitĂ proporzionate al grado e al merito dimostrato in battaglia. In questo senso si può ipotizzare che i territori centuriati non fossero da subito completamente coltivati, ma che presentassero dei vuoti e delle “smagliatureâ€? che solo in epoche successive, con un aumento della pressione insediativa e della richiesta di cibo, siano stati saturati da nuovi campi e insediamenti.

100


Il gran cambiamento

3.2 Il medioevo

Nuove dinamiche territoriali La memoria della centuriazione come “atto iniziale” dell’infrastrutturazione del territorio si perse presto dopo la caduta dell’impero romano, salvo essere riscoperta a metà Ottocento con il ritorno dell’interesse verso l’archeologia: è solo grazie alla grande ”inerzia” di questo sistema che queste tracce sono arrivate quasi integre a noi. In epoca alto medioevale, come in altre parti d’Italia, vi è stato un declino delle strutture territoriali che avevano reso l’impero Romano un’efficientissima macchina di gestione delle proprie terre e si assistette a una riorganizzazione del territorio intorno a nuove polarità e sistemi politici, come quello feudale, che iniziavano ad emergere in questo periodo. Le campagne furono sconvolte da enormi alluvioni causate dalla scarsa manutenzione nei confronti dei fiumi, come quella del 689 che sconvolse gran parte del basso padovano, descritta da Paolo Diacono nella sua Hi101


Villa del Conte

Camposampiero

Villa del Conte

San Giorgio delle Pertiche

Camposampiero

Torre dei burri

San Giorgio delle Pertiche

Torre dei burri

Sant’Andr

Sant’Andrea

“Castra” e fortezze Nuove strade

“Castra” e fortezze

Strade esistenti

Nuove strade

Strade esistenti Centri storici Centri storici

Ville Venete

Ville Venete


Il gran cambiamento fig. 3.6 - Permanenze di epoca medioevale nell’area di studio

storia Langobardorum come “un diluvio quale non si era più prodotto dai tempi di Noè”. Le città che sotto l’impero romano erano state più floride come Padova entrano in un lungo periodo di crisi, che nel caso di quest’ultima è legato al declino dell’importante porto fluviale che ne aveva fatto la fortuna1. I nobili iniziarono un lento ma progressivo esodo verso le campagne, dove la società si iniziò la riorganizzazione nella forma delle curtes, che offrivano alla popolazione difesa nei confronti delle minacce esterne in cambio di tasse e manodopera. Allo stesso tempo, a scala territoriale iniziarono ad assumere sempre più importanza i luoghi strategici dal punto di vista del presidio militare, i castra, ovvero le roccaforti poste a controllo dei confini.

Il Veneto nell’Alto Medioevo Nella pianura centrale veneta si può dire che “il sistema degli insediamenti e delle principali linee di comunicazione si consolidò a monte della cosiddetta linea delle risorgive. […] L’alta pianura in conseguenza della maggior profondità delle acque del sottosuolo presenta insediamenti accentrati, mentre la bassa, ricca di acque superficiali che sgorgano dai fontanili ha dimore sparse”2. Allo stesso modo si rafforzarono i presidi all’imbocco delle valli (Conegliano, Asolo, Marostica) e i percorsi pedemontani, mentre vennero abbandonati alcuni porti (Aquileia, Altino) per l’eccessiva vulnerabilità alle invasioni barbariche e di 6 (Vigato 2006) 7 (Ugolini 1985)

103


Secundum flumen

conseguenza anche alcuni tracciati romani persero gradualmente di importanza. Nello stesso periodo iniziò l’insediamento di alcune parti di laguna, che pose le basi alla fondazione di Venezia. Proprio l’emersione della realtà veneziana portò il fiume Muson (e di riflesso anche il parallelo Tergola) in epoca tardo medioevale a delinearsi sempre più come un segno di confine presidiato dalle piazzeforti di Camposampiero, Stigliano e Mirano e costituì in questo senso elemento strategico da presidiare con “castelli” (documentati e talvolta tuttora esistenti, come quello di Peraga sul tergola). Prima che Venezia estendesse il suo controllo nell’entroterra, infatti, i Carraresi, che controllavano Padova, provarono più volte a rafforzare il flusso di questi fiumi nella speranza che la laguna ne risultasse interrata3. Lungo il corso della Tergola vi è memoria di tali punti di controllo del territorio nei paesi di Sant’Andrea, San Giorgio delle Pertiche, Torre dei Burri, Santa Giustina del Colle e Villa del Conte. In questi casi il corso d’acqua veniva incanalato in fossati e usato come difesa naturale dagli attacchi, un interessante esempio è costituito dal campanile di San Giorgio delle Pertiche (vedi fig. ), che è costituito da un’antica torre difensiva riattata a torre campanaria. Se il declino delle strutture romane era coinciso con un peggioramento della gestione del territorio, che vide in questo periodo un grande aumento delle superfici boscate e incolte, dopo il Mille un periodo di relativa stabilità favorì un discreto aumento 8 (Vigato 2006)

104


Il gran cambiamento

Cittadella

Treviso

Castelfranco

Signoria di Treviso

Vicenza

Signoria di Milano Canale Bisatto 1145

Signoria di Padova

Este

fig. 3.7 - Assetto territoriale del Veneto Centrale in epoca medioevale, con indicate le opere idrauliche promosse dalle Signorie

Venezia

Canale Brentella 1314

Padova

Repubblica di Venezia

Canale Piovego 1209

Canale Battaglia 1200

demografico e il consolidarsi di una struttura territoriale composta da piccoli ma prosperosi centri abitati. Molto interessante è in questo senso notare che uno dei toponimi più ricorrenti dell’area studiata - il prefisso Campo - deriva da campus, che “si riferisce ai nuovi insediamenti che sorgono su terreni disboscati e messi a coltura”. Questi nuclei, nati attorno alle Pievi, sorgevano spesso all’incrocio degli antichi cardini e decumani, oppure all’intersezione tra questi e un corso d’acqua, in punti spesso già ritenuti importanti dai Romani. Proprio i corsi d’acqua di risorgiva, con la loro portata limitata ma costante, vennero colonizzati con i primi mulini, che sfruttavano l’energia idraulica per la macinazione del grano e il taglio della legna. 105


Secundum flumen

Particolarità di molte chiese nate lungo la Tergola è quella di avere orientamento affine al fiume (secundum flumen), spesso con il fronte dell’edificio religioso prospiciente all’argine, come nel caso dell’antica parrocchiale di Pionca, demolita negli anni ’504.

9 (Varotto 2005)

106


Il gran cambiamento

3.3 La Serenissima e l’avvento della modernità

L’espansione di Venezia sulla terraferma Nel corso del 1400 l’aspirazione della Repubblica di Venezia ad assumere una sempre maggiore importanza territoriale coinvolge come ho accennato l’entroterra veneto: vengono fondate nuove istituzioni per la gestione del territorio, con un occhio particolare al sistema idrico, che viene riformato secondo criteri “proto-ingegneristici” e dotato di rigidi controlli per garantire lo sfruttamento per l’agricoltura, la navigabilità interna e per minimizzare l’interramento della laguna, percepito sempre più come un reale pericolo. La deviazione del Brenta verso sud, risalente al 1507, è frutto di questi processi. Nel 1501 viene istituita la Magistratura dei Savi alle Acque, e dal 1556 tutte le acque interne divengono demaniali dando il via al controllo veneziano dei fiumi, dei laghi e dei canali in territorio Veneto. In questo contesto è spiegabile la poca importanza data alle strade da parte della 107


) II sec

)

-O

eviso

Ferro v

Archeologia industriale Nuove strade

Archeologia industriale

Strade esistenti Ferrovie Strade esistenti Nuove strade Ferrovie Centri

abitati

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Mulini

Mulini

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Il gran cambiamento fig. 3.8 - Permanenze di epoca rinascimentale e moderna nell’area di studio

Serenissima: da una parte il sistema idrico suppliva a tale deficit, dall’altra vi era un tentativo di limitare lo sviluppo urbano delle aree periferiche del territorio, così da garantire su di esso un controllo più efficace1. Non è un caso che questo sia il periodo di maggiore espansione dell’attività molitoria in tutto il territorio, nel quale un’attività che era in precedenza saldamente in mano ai detentori del potere politico (feudatari e nobili in primis) viene liberalizzata e passa sotto il controllo indiretto della Magistratura, che ne stabilisce i limiti e fornisce le concessioni ai richiedenti.

Il fiume dei cento mulini Sul corso della Tergola tale processo si attua in maniera esemplare, tanto da spingere gli scrittori dell’epoca a nominarlo come il “Fiume dei cento mulini”. Si tratta come è intuibile di un’iperbole, tuttavia è provata la presenza di almeno 20 mulini nei 36 km dell’asta fluviale dalle paludi di Onara a Cittadella all’immissione nel naviglio Brenta presso Stra. Molti di questi sono tuttora esistenti, alcuni conservando addirittura la funzione originale, tuttavia modificazioni e rettifiche del letto del fiume rendono difficile la lettura di questo prezioso patrimonio. Per queste zone, rispetto ai bellicosi secoli precedenti, si tratta di un periodo relativamente pacifico: i castelli che nei secoli precedenti costellavano la campagna vengono nell’epoca della serenissima riadattati a “residenze domenicali”, e nuove ville sorgono 10 (Pellegrini 2010)

109


Secundum flumen Treviso

Castelfranco

enza Muson dei Sassi 1613

Canale Fossanuova 1530

Tajada del Re sul Piave 1570 Taglio del Sile 1642

Taglio “novo” del Muson Venezia 1613

Padova

Taglio “novissimo” 1605 Brenta Nova 1507

Este

lungo le riviere fluviali per accogliere le vacanze della nobiltà veneziana. Anche la componente agricola subisce delle modificazioni; un aumentato fabbisogno e nuove tecnologie per la bonifica permettono di recuperare alle paludi e alle zone umide che ancora costellavano il corso del fiume nuovi preziosi spazi da adibire alla coltivazione del grano e della vite.

fig. 3.9 - Assetto territoriale del Veneto Centrale in tra il 1500 e il 1600, con indicate le opere idrauliche attuate dalla Repubblica di Venezia

fig. 3.10 - Estratto dal catasto austriaco del 1845, dove sono visibili le rettificazioni e le modifiche apportate al corso d’acqua

110



Nuova superstrada Nuova superstrada

Strade esistenti

Strade esistenti Ferrovie Ferrovie

Centri abitati Centri abitati


Il gran cambiamento

3.4 Dal 1800 a oggi

“Basta avere le primordiali nozioni idrodinamiche per sapere alla dimostrazione, che la prolungazione degli alvei dei fiumi produce rallentamento del corso, ed il conseguente innalzamento delle loro acque singolarmente in istato di tumidità. Per evitare gli effetti dell’espansione sui coltivati adjacenti terreni. Io spirito agronomico ne immaginò le arginature, prima parziali e poco elevate, in progresso continuate e ridotte gigantesche e montuose. Guido Erizzo, “Memoria sui veneti fiumi”, 1808

Una mutata ottica territoriale

fig. 3.11 - Stato attuale dell’area di studio

Nel 1797 con la caduta della Serenissima e il trattato di Campoformio cambiano profondamente le dinamiche di gran parte del territorio veneto. Nel 1805 l’amministrazione del cosiddetto “Regno d’Italia” riorganizzò il territorio in Dipartimenti, Distretti, Cantoni e Comuni, scompaginando un equilibrio che la gestione veneziana, seppure con un impianto pro113


Secundum flumen

fondamente burocratico aveva costruito nel corso di quattro secoli di storia. L’impero austriaco per 69 anni controllò il territorio veneto, operando principalmente sulla costruzione e gerarchizzazione delle strade intorno alla “strada Maestra d’Italia”, la Milano-Venezia, e l’organizzazione di alcuni servizi, come quello postale, che contribuirono a infrastrutturare ulteriormente il territorio. Nel 1866 il Regno Lombardo-Veneto viene annesso al regno d’Italia, pur permanendo in molti casi le strutture amministrative austriache. Inizia in questo periodo una modalità di gestione del territorio (in parte tuttora accettata) nella quale le vie d’acqua vengono sempre più marginalizzate, avendo come risultato “l’emarginazione e atrofizzazione del paesaggio fluviale”1 in funzione della creazione dell’infrastruttura ferroviaria e del potenziamento di quella stradale, mentre i fiumi, i canali, le rogge e i fossi vengono lasciati in balia di una visione prettamente ingegneristica del territorio. A quest’ultima si devono, soprattutto nella prima parte del XX secolo, i numerosissimi processi di rettifica, arginamento e disboscamento degli argini fluviali, perorati perlopiù in nome della sicurezza idraulica del territorio. In questo periodo, caratterizzato da una grande crescita demografica, il Veneto risente comunque di una certa marginalità nello scenario del Nord Italia, che nel frattempo inizia ad arricchirsi delle prime nuove dotazioni industriali, soprattutto nella sua parte occidentale. La costruzione delle autostrade, infatti, a 11 (Varotto 2005)

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fig. 3.12 - La ciminiera di un’antica fornace presso Campodarsego, ora in stato di abbandono



Secundum flumen A 27 (Alemagna) 1972 Treviso

Castelfranco A31 (Valdastico Nord) 1976

A4 (Venezia-T 1970 Passante di Mestre 2009

Vicenza

A4 (Brescia-Padova) 1962 Padova A31 (Valdastico Sud) 2014

Venezia A4 (Venezia-Padova) 1932

Este A 13 (Padova- Bologna) 1970

partire dagli anni ‘30 con il piano Puricelli, si limita alla direttrice Milano-Venezia, vicino al precedente tracciato ferroviario. La vocazione del territorio veneto rimane agricola, ma la societĂ muta profondamente, qui come da altre parti d’Italia, in cui si assiste al tramonto della classe aristocratica che fino a quel momento aveva costituito la struttura del controllo del territorio, lasciando spazio alla classe sociale borghese che tuttavia ha il proprio habitat nei contesti urbani e che poco ha a che vedere con il sistema della mezzadria che ancora risultava ampiamente diffuso nella pianura Veneta. In questo periodo le campagne subiscono una fase di impoverimento e di involuzione, che un’agricoltura ormai fortemente dipendente dalla coltivazione del 116

fig. 3.13 - Assetto territoriale del Veneto Centrale dopo la realizzazione del sistema autostradale nel Novecento


Il gran cambiamento

granturco non riesce più a nutrire in modo adeguato: nel 1878 un’indagine da parte dello Stato Italiano rivelò che il 30% dei contadini veneti soffriva di pellagra, una grave patologia causata dalla carenza di nutritivi, particolarmente ricorrente in aree in cui l’alimentazione ruotava attorno al solo mais. Tale problema continuerà fino quasi a metà del XX secolo, a causa della diffusa povertà e delle restrizioni portate dal primo conflitto mondiale, che ha colpito in modo particolarmente duro queste aree.

L’industrializzazione del territorio La nascita di attività industriali, nell’area del Camposampierese, si limita al consolidamento delle “officine” che già erano presenti sul territorio, come nel caso dei siti molitori che vanno evolvendosi dapprima con macchine a vapore e poi con turbine elettriche, e alla nascita di alcune “fornaci”, di cui ancora oggi si conserva un interessante esempio nei pressi di Campodarsego. Per lo sviluppo di un sistema industriale propriamente detto, esclusi i centri principali, si deve attendere fino alla metà del ‘900, quando il Veneto (che già dagli anni ‘20 aveva visto la nascita del poli industriali di Padova e Marghera) assiste alla crescita del sistema di piccole e medie industrie che è stato trattato nel Capitolo 1, che avrà nei decenni successivi un ruolo determinante nella costruzione del paesaggio del Veneto contemporaneo, connotato da un territorio estesamente costruito e infrastrutturato.

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Secundum flumen

Dispersione La diffusione urbana in molti casi ha snaturato le caratteristiche tradizionali del territorio, imponendo forme estranee al contesto, in altri casi ha piuttosto assecondato strutture già esistenti, come nel caso della centuriazione romana, dove il reticolo di campi chiusi e canali è stato “colonizzato” dalle concrezioni urbane, risultandone profondamente cambiato e allo stesso tempo perpetrando in qualche modo una forma del territorio che è stata impressa su di esso più di due millenni fa.

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Il gran cambiamento

Bibliografia Barattucci C., Urbanizzazioni disperse. Interpretazioni ed azioni in Francia e in Italia 1950-2000 Bonarrigo M., Padova: la città, le acque, Francisci Editore, Padova 1993 Bortolami S. Mengotti C, Antico sempre e nuovo: l’agro centuriato a nord-est di Padova dalle origini all’età contemporanea, Cierre Edizioni, 2012 Cederna A., La distruzione della Natura in Italia, Einaudi, Torino 1975 Indovina F. (a cura di), La città diffusa, Iuav-Daest, Venezia, 1990 Meneghello L., Libera Nos a Malo, Feltrinelli, Milano 1963 Secchi B., La città del XX secolo, Laterza, Bari 2005 Sereni E., Storia del paesaggio agrario italiano, Roma 1961 Settis S., Paesaggio Costituzione Cemento, Einaudi, Torino 2010 Turri E., La conoscenza del territorio, Marsilio, Venezia 2002 Ugolini P., La formazione del sistema territoriale e urbano della valle padana, in Storia d’Italia, Annali 8,Insediamenti e territorio, a cura di Cesare de Seta, Einaudi 1985 Varotto M., Acque per la terra, terra per le acque: la centuriazione "morbida" lungo la Tergola Varotto M., Le terra della Tergola. Vicende e luoghi d'acqua in territorio Vigontino, Vigonza 2005 Vigato M., Le comunità di Campodarsego. Ambiente e società tra medioevo ed età moderna, 2006

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Capitolo 4:

Strategie territoriali 4.1 Pianificazione e gestione politica del territorio Le nuove leggi urbanistiche regionali Dal 2000 in poi una nuova generazione di leggi urbanistiche sta tentando di riformare la pianificazione in Italia, introducendo strumenti come la perequazione urbanistica, la pianificazione strategica e un aumentato uso della partecipazione per supplire ad alcuni dei limiti che i vecchi piani presentavano. In particolare nel caso del Veneto la Legge Regionale n. 11/2004 prevede un nuovo tipo di piano, il PATI, Piano di Assetto del Territorio Intercomunale, che dovrebbe “assicurare il coordinamento delle direttive urbanistiche tenendo conto delle caratteristiche insediative e strutturali, geomorfologiche, storico-culturali, ambientali e paesaggistiche dei Comuni aderenti, in cui vengono individuate le macro scelte in riferimento ai tematismi che verranno affrontati. Tali temi vengono sviluppati, da una parte in coerenza con le direttive dei piani gerarchicamente preordinati e, in particolare, del P.T.C.P. adottato e, dall’altra dettando prescrizioni rivolte al successivo livello programmatorio dei P.I.�. 121


Secundum Flumen

PTRC Piano Territoriale Regionale di Coordinamento

PTCP Piano Territoriale Regionale di Coordinamento

PATI Piano Territoriale Regionale di Coordinamento

PAT Piano Territoriale Regionale di Coordinamento

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Strategie territoriali fig. 4.1 - Livelli della pianificazione territoriale in Veneto

PTRC Nel piano territoriale regionale di coordinamento, l’area di studio rientra negli ambiti 22 (“Fascia delle risorgive tra Brenta e Piave”) e 28 (“Pianura centuriata”) dell’Atlante di ricognizione del Paesaggio all’interno del PTRC. In esso vengono evidenziate criticità come i rischi legati all’eccessiva urbanizzazione, alla distruzione e banalizzazione del paesaggio naturale e alla diffusione di pratiche agricole intensive e meccanizzate.

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Secundum Flumen fig. 4.2 - Zona industriale di Campodarsego

PTCP Piano territoriale elaborato dalla Provincia di Padova stabilisce degli obbiettivi territoriali da perseguire, in particolare tra quelli relativi all’ambiente fisico sono in questo caso rilevanti il 2 (“Area delle risorgive e protezione delle risorse idro-potabili”) e l’8 (“Rischio idraulico”). L’area del fiume Tergola è inoltre interessata da alcuni vincoli: nell’area delle paludi di Onara è infatti istituita un’Area di tutela, mentre il suo corso è inerito tra le “aree ad interesse naturalistico”, normate dal PTRC.

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Strategie territoriali

La Federazione dei Comuni del Camposampierese e il PATI La provincia di Padova ha suddiviso il suo territorio in 11 ambiti, che corrispondono alla nuova scala intermedia di pianificazione previsti dalla L.R. Tali ambiti in alcuni casi sono divenuti anche la base per il raggruppamento amministrativo di diversi comuni con la forma dell’”unione di comuni”. Nell’area di progetto, ad esempio, nel 2011 è stata fondata la “Federazione dei comuni del Camposampierese”, un unione di comuni composta da 11 municipalità: Borgoricco, Campodarsego, Camposampiero, Santa Giustina in Colle, San Giorgio delle Pertiche, Loreggia, Massanzago, Piombino Dese, Trebaseleghe, Villa del Conte, Villanova di Camposampiero. La federazione si è dotata di uno statuto ed è guidata da un presidente e da una direzione, che hanno competenze in materie di amministrazio127



Strategie territoriali fig. 4.3 - Villa Farsetti a Santa Maria di Sala

ne, di gestione e di controllo, polizia locale, sviluppo economico, turismo, cultura istruzione e soprattutto di gestione del territorio, dell’ambiente e della viabilità. L’ente, come capofila, ha quindi promosso la realizzazione di un PATI, che è stato adottato nel 2012 ed è entrato in vigore nel 2014. In esso, l’area circostante al fiume Tergola, insieme a quella intorno al Muson Vecchio, viene classificata come “ambito per l’istituzione di parco fluviale agricolo” e in esso viene più volte sottolineata l’importanza dei fiumi (blueways) nella costituzione del sistema ecologico. Il piano inoltre invoca le necessità di un intervento che si faccia promotore della riqualificazione del territorio e della limitazione del consumo del suolo.

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Secundum Flumen

4.2 Analisi delle problematicità Criticità generali relative ai territori dispersi Come accennato, il fenomeno della diffusione può essere rilevato a più scale, che passano da quella territoriale-regionale - una direttrice di traffico - a quella locale - una strada rurale. Nell’intervento in contesti diffusi, tale progressione scalare dovrebbe permeare anche la dimensione progettuale, con strumenti dinamici e capaci di gestire le trasformazioni del territorio sia dal punto di vista strategico che da quello pratico riguardanti il controllo della qualità degli interventi. La maggior parte delle azioni intraprese finora per limitare gli effetti negativi che scaturiscono da questo tipo di contesto, infatti, sono legate a direttive regionali e linee guida derivanti da normative europee ma troppo spesso si scontrano con la natura minuta dell’amministrazione del territorio, la cui gestione è deputata principalmente ai comuni. Si può notare una diffusa difficoltà nell’individuazione di una scala corretta di intervento, e di conseguenza anche nella scelta degli strumenti (urbanistici ma anche politici) per attuarli. A questo si può aggiungere l’incapacità da parte dei rappresentanti politici regionali e locali di offrire un orizzonte e una direzione credibile di sviluppo, lasciando il compito di tracciarne una ai pochi soggetti privati dotati di sufficiente capitale e iniziativa. Un esempio di questa dinamica è quello relativo alla grande operazione di Veneto City, che ben rappresenta la prassi in simili circostanze. Di fatto la politica lascia ai privati lo scopo di esporsi e di proporre, per poi appoggiare (o 130


Strategie territoriali

contrastare) il risultato dell’iniziativa privata, di fatto rinunciando ad avere il controllo sulla costruzione del territorio1. Da una parte quindi le amministrazioni locali tendono a ma sopportare + vincoli e direttive regionali, vissute come imposizioni “dall’alto”, dall’altra attuano a loro volta una serie di interventi a piccola o piccolissima scala per tentare di contrastare alcune conseguenze del diffuso, spesso riguardanti l’ambito della mobilità. Tale bipolarità dell’azione di governo del territorio ha una prima grave conseguenza nella difficoltà ad interpretare in modo organico progetti a scala sovra comunale da parte delle singole amministrazioni, con risultati troppo spesso frammentati e fra loro poco coerenti. Nel caso del Camposampierese, la presenza di un organismo unitario di gestione del territorio (la Federazione), pur nascendo da necessità di razionalizzazione economica e del personale pubblico, potrebbe offrire la possibilità inedita di assumere la scala “intercomunale” come quella nativa del progetto, quantomeno allargando il campo d’azione rispetto alla precedente prassi.

Criticità specifiche dell’area di studio: 1. Rischio idraulico e dissesto idrogeologico Uno dei temi centrali per quanto riguarda questo territorio è sicuramente quello della gestione del rischio idraulico e della prevenzione del dissesto idro1 (Fregolent & Savino 2011)

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Strategie territoriali fig. 4.4 - Mappa del rischio idraulico/del territorio consumato

geologico. Tale criticità può essere riscontrata a più livelli: il più generale è legato alla gestione ed alla manutenzione del letto dei corsi d’acqua più importanti (Muson Vecchio, Tergola, Muson dei Sassi) e si concretizza in esondazioni e allagamenti in caso di periodi di precipitazione eccezionale, come è avvenuto più volte anche in periodi recenti. Costituisce il rischio più impattante, ma anche il meno ricorrente, che comporta danni ingenti e disagio generalizzato agli abitanti. Vi è, tuttavia, anche una criticità meno evidente ma decisamente più diffusa, legata ai corsi d’acqua minori, canali di bonifica, scoli e fossi, causata dalla carenza di manutenzione, dal crescente intubamento a cui sono sottoposti gli scoli che fiancheggiano le strade, o anche solo dalla mancanza di conoscenze idrauliche nelle modificazioni del territorio. Le conseguenze di tale “degrado diffuso” si concretizzano in una minore efficienza del sistema di scolo delle acque, con la creazione ristagni idrici che finiscono per ridurre la produttività dei terreni, in generale in una riduzione della capacità del territorio di rispondere a un carico idrico sopra la norma, anche se non di tipo eccezionale. Questi due differenti tipi di criticità sono stati riassunti nel concetto di “aree esondabili o soggette a ristagno idrico”, inserito nel quadro conoscitivo del PATi del camposampierese. Tale classificazione coinvolge una percentuale del territorio studiato in questa tesi che tocca il 50 %, come evidenziato dalla figura 4.4.

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Strategie territoriali

2. Pervasività dello spazio costruito

fig. 4.5 - Mappa della mobilità dolce e dei centri sportivi/del territorio agricolo

Come affrontato all’interno del Capitolo 1, lo spazio costruito assume grande rilevanza nel paesaggio della “città diffusa”. La diffusione di abitazioni, ma anche di funzioni e servizi, su territori sempre più vasti determina l’emersione di problematiche in ambito sociale, sanitario, dei trasporti, dell’istruzione, ed in generale di tutte le materie in cui la presenza di una “massa critica” condiziona la possibilità di fornire un servizio di qualità a costi sostenibili dalla pubblica amministrazione. Risulta evidente come in territori soggetti a dispersione tale “massa” non sia presente, o quantomeno essa sia soggetta a una distribuzione spaziale che impedisce l’erogazione di un servizio efficiente (come nel caso del trasporto pubblico). A quelli che potremmo definire i problemi relativi all’idea di “welfare state”, si sommano le tante problematiche di tipo ambientale, legate all’inquinamento atmosferico, ma anche idraulico, acustico e visivo. Insieme alle criticità “oggettive”, potremmo nominare anche delle criticità “soggettive”, che riguardano i singoli abitanti, causate da un contesto che è nato dal prodotto di molte individualità, non nascendo da alcuna cultura (come può essere considerata quella urbana). Il prodotto è una società che per certi versi è introiettata in un mondo “privato”, in cui le occasioni di socializzazione e di contatto (e scambio) sono ridotte, in cui (ovviamente con le dovute eccezioni) si registra l’emersione di sentimenti relativi all’esclusione, all’individualismo e alla paura.

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Secundum Flumen

3. Frammentazione del sistema ecologico L’ecosistema naturale della pianura Veneta si è sempre fondato su una rete esile ma continua di filari alberati, sponde di fiumi e torrenti, campi chiusi, piccoli boschi ed aree umide. Questo sistema ha il pregio di non essere dipendente dall’integrità di tutte le sue parti e dunque mostra una certa resistenza anche in contesti di edificazione diffusa dove il permanere anche solo di alcuni tra questi elementi permette la sopravvivenza di una forte componente naturale, impoverita qualitativamente rispetto al passato, ma comunque capace di generare biodiversità: è la caratteristica resilienza di quello che Gilles Clément ha definito “Terzo Paesaggio”2. Questo sistema presenta tuttavia una criticità fondamentale: la sua efficacia è correlata intimamente alla sua continuità territoriale, delle cesure all’interno di quello che è a tutti gli effetti un “tessuto” naturale causano l’isolamento di alcune sue parti e ne decretano (naturalisticamente parlando) la “morte”. Nell’area di studio da questo punto di vista la criticità più rilevante è costituita dalla superstrada e da alcune strade i cui fronti sono fortemente urbanizzati, che costituiscono delle vere e proprie barriere nel sistema naturale territoriale. 4. Mancanza di sistematicità negli interventi Come già affermato, la città diffusa veneta è una città sostanzialmente legale, e in quanto tale è l’esito di una fase pianificatoria, per quanto disattenta e 2 (Clément 2012)

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Strategie territoriali

assoggettata ad interessi che esulano dal bene collettivo. Dal punto di vista quantitativo, quindi, essa rispetta gli “standard urbanistici”, cosa ancora più vera se pensiamo che il processo di urbanizzazione è avvenuto in un tempo relativamente recente, dopo i dibattiti che tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70 hanno contribuito a stabilirne modalità e applicazioni. La vera criticità in questi territori risiede infatti nella bassa qualità degli spazi che concretizzano tali standard, sia da un punto di vista urbanistico (localizzazione sfavorevole, mancato ricollegamento tra gli interventi, scarsa accessibilità) che da quello meramente progettuale (bassa qualità dell’arredo urbano, incuria del verde pubblico, spazi sovra o sotto dimensionati). Questi spazi, realizzati come mero atto dovuto nel processo di urbanizzazione del territorio, nella maggior parte dei casi prendono la forma oggi di “non-luoghi”, spazi di bassa qualità i costi del cui mantenimento pesano oggi sulle amministrazioni locali senza che questi abbiano la possibilità o la forza di migliorare l’ambiente circostante.

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Secundum Flumen

4.3 Gli strumenti per la riqualificazione Il contratto di fiume La complessità del territorio oggetto di intervento richiama la necessità di rifarsi ad alcuni strumenti recentemente istituiti per la gestione del paesaggio. Il primo di essi è il contratto di fiume. I Contratti di Fiume (CdF) sono strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale. I soggetti aderenti al CdF definiscono un Programma d’Azione (PA) condiviso e si impegnano ad attuarlo attraverso la sottoscrizione di un accordo1. Si integrano con il sistema di pianificazione territoriale che fa capo ai bacini idrici e possono concorrere alla sua definizione e integrazione per quanto riguarda prevenzione e riduzione dell’inquinamento, l’utilizzo sostenibile dell’acqua, la protezione dell’ambiente e degli ecosistemi acquatici; la mitigazione degli effetti delle inondazioni e della siccità nonché per il coordinamento e la coerenza delle azioni e degli interventi previsti per l’attuazione delle suddette direttive. A livello legale “i Contratti di fiume sono uno strumento per la pianificazione e gestione dei territori fluviali riconosciuto con un apposito emendamento nel 2015 all’interno del Codice dell’Ambiente DLgs 3  Tratto da http://nuke.a21fiumi.eu/

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Strategie territoriali 152/2006 all’art. 68 bis.”2. Il Veneto è tra le 13 re-

gioni italiane che hanno adottato la “Carta italiana dei contratti di fiume”, stilata dal Tavolo nazionale dei contratti di fiume, che stabilisce modalità comuni di impostazione del CdF. A grandi linee i requisiti in essa contenuti per l’impostazione di un contratto di fiume sono i seguenti: 1. Condivisione di un Documento d’intenti contenente le motivazioni e gli obiettivi generali, stabiliti anche per il perseguimento degli obblighi cui all’articolo 4 della direttiva 2000/60/ CE e delle direttive figlie, le criticità specifiche oggetto del CdF e la metodologia di lavoro, condivisa tra gli attori che prendono parte al processo. La sottoscrizione di tale documento da parte dei soggetti interessati dà avvio all’attivazione del CdF; 2. Messa a punto di una appropriata Analisi conoscitiva preliminare integrata sugli aspetti ambientali, sociali ed economici del territorio oggetto del CdF, come ad es.: la produzione di una monografia d’area o Dossier di caratterizzazione ambientale (inclusa un’analisi qualitativa delle principali funzioni ecologiche), territoriale e socio-economico (messa a sistema delle conoscenze), la raccolta dei Piani e Programmi (quadro programmatico), l’analisi 4  Tratto da “Definizioni e Requisiti Qualitativi di base dei Contratti di Fiume” Tavolo Nazionale Contratti di Fiume, Gruppo di Lavoro 1: Riconoscimento dei CdF a scala nazionale e regionale e definizione di criteri di qualità DOC1 - 12 marzo 2015

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Secundum Flumen

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preliminare sui portatori di interesse e le reti esistenti tra gli stessi. Tra le finalità dell’analisi vi è la definizione e/o valorizzazione di obiettivi operativi, coerenti con gli obiettivi della pianificazione esistente, sui quali i sottoscrittori devono impegnarsi; Elaborazione di un Documento strategico che definisce lo scenario, riferito ad un orizzonte temporale di medio-lungo termine, che integri gli obiettivi della pianificazione di distretto e più in generale di area vasta, con le politiche di sviluppo locale del territorio; Definizione di un Programma d’Azione (PA) con un orizzonte temporale ben definito e limitato (indicativamente di tre anni), alla scadenza del quale, sulla base delle risultanze del monitoraggio di cui al successivo punto 2.g), sarà eventualmente possibile aggiornare il contratto o approvare un nuovo PA. Il PA deve indicare oltre agli obiettivi per ogni azione anche gli attori interessati, i rispettivi obblighi e impegni, i tempi e le modalità attuative, le risorse umane ed economiche necessarie, nonché la relativa copertura finanziaria; Messa in atto di processi partecipativi aperti e inclusivi che consentano la condivisione d’intenti, impegni e responsabilità tra i soggetti aderenti al CdF ; Sottoscrizione di un Atto di impegno formale, il Contratto di Fiume, che formalizzi le decisioni condivise nel processo partecipativo e definisca gli impegni specifici dei contraenti;

fig. 4.6 - La campagna di San Giorgio delle pertiche


Strategie territoriali

7. Attivazione di un Sistema di controllo e monitoraggio periodico del contratto per la verifica dello stato di attuazione delle varie fasi e azioni, della qualità della partecipazione e dei processi deliberativi conseguenti. 8. Informazione al pubblico. I dati e le informazioni sui Contratti di Fiume devono essere resi accessibili al pubblico, come richiesto dalle direttive 4/2003/CE sull’accesso del pubblico all’informazione e 35/2003/CE sulla partecipazione del pubblico ai processi decisionali su piani e programmi ambientali.3

I parchi agricoli Quella dei parchi agricoli è un’esperienza che, derivante alle esperienze francesi sulla gestione del paesaggio rurale, si va affermando anche in Italia come una modalità efficace di gestione e di programmazione degli spazi aperti. Si strutturano come enti nominati da una amministrazione pubblica locale (molto frequentemente dal consiglio provinciale) che si forniscono di uno statuto e di un Piano di gestione e che riuniscono i produttori e le aziende locali del settore primario. La finalità dei Parchi Agricoli è quella di coordinare le energie presenti sul territorio nella direzione della tutela del patrimonio rurale, della promozione dei prodotti tipici del territorio, della salvaguardia della biodiversità e dei valori naturali presenti nelle aree in cui è istituito. Può inoltre favorire le aziende che vi aderisco attra5 Ibidem.

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verso la creazione di marchi di qualità specifici e la messa in atto di iniziative di marketing territoriale e agro-turistico.

4.4 Casi studio Il parco fluviale della bassa valle dell’Arno

Empoli

Genesi del progetto Il progetto nasce da una convenzione fra il Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio (UPTA) dell’Università degli Studi Di Firenze e il Circondario Empolese Valdelsa. Dapprima nato come progetto di ricerca interno, il progetto si è poi articolato nell’elaborazione di molte tesi di laurea e delle attività didattiche portate avanti 144

progettisti Alberto Magnaghi e gruppo di lavoro composto da Massimo Carta, Sara Giacomozzi, Francesco Monacci, Giovanni Ruffini localizzazione Circondario Empolese Valdelsa, Firenze cronologia 2004-2007 ente Università di Firenze (Larist) committente Comuni rivieraschi del circondario empolese


Strategie territoriali

dallo stesso Magnaghi. Il progetto è poi stato portato avanti in sinergia con le amministrazioni locali, fino all’elaborazione di un masterplan e alla stipula di un accordo di massima per la realizzazione del futuro parco fluviale. Particolarità Elemento di novità e interesse di questo progetto è la volontà di utilizzare il fiume e gli interventi ad esso connessi come un vero e proprio strumento di riqualificazione territoriale , restituendo allo stesso tempo agli abitanti la fruizione dell’Arno. In quest’ottica, i progettisti utilizzano in maniera disinibita e discreta una grande varietà strumenti urbanistici, dai più classici ai più aggiornati, come il contratto di fiume. Elaborati Il piano si articola in “scenari progettuali”, tematiche di ordine generale associate a particolarità di alcune delle aree interessate dal parco, che vengono poi elaborati attraverso le tavole degli “indirizzi progettuali” che presentano i progetti in maniera sinottica. Il contratto di fiume ha lo scopo di portare a realizzazione gli stimoli progettuali emersi in precedenza, è dunque il vero e proprio motore strategico del processo di piano.

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Il parco della Piana localizzazione Piana Pratese e Fiorentina cronologia 2005-2008 ente Università di Firenze (Larist) committente Regione Toscana

Firenze

Genesi del progetto Il Parco della Piana nasce in un contesto tipicamente periurbano, alle porte di Firenze, in cui la necessità di valorizzazione e difesa dello spazio agricolo e naturale si deve confrontare necessariamente con la riqualificazione di contesti (anche urbani) con problemi di dispersione urbana, inquinamento e presenza di infrastrutture. Processo di piano Il processo per l’elaborazione del processo è stato articolato in una fase conoscitiva iniziale, una successiva fase partecipativa con la creazione di “laboratori di partecipazione”, i cui risultati sono stati elaborati da tecnici e hanno portato all’istituzione del “Parco agricolo della Piana fiorentina”. 146


Strategie territoriali

Il progetto si è da subito configurato come l’occasione di promuovere la riqualificazione di un’area fortemente urbanizzata attraverso la valorizzazione dello spazio vuoto.

4.5 Strategie Il ruolo del pubblico e quello del privato In uno scenario in cui le amministrazioni pubbliche faticano a reperire i fondi anche solo per la manutenzione del patrimonio esistente, emerge sempre più la necessità di coinvolgere anche l’iniziativa (e i fondi) dei soggetti privati nella trasformazione del territorio. In questo senso l’urbanistica (e in generale chi amministra il territorio) deve da una parte prendere atto di tale necessità, dall’altro assumere un ruolo attivo per fare in modo che essi siano dotati di supporto tecnico e di indicazioni precise che pur suggerendo una direzione di sviluppo condivisa li responsabilizzi, nel comune interesse di costruire un territorio sempre più competitivo e resiliente. Un grosso limite è costituito infatti dall’assenza di fiducia nei confronti del soggetto privato (in alcuni casi giustificabile), che viene percepito da urbanisti e tecnici come il maggior responsabile della dispersione urbana, incline solo a seguire i propri interessi economici, in un territorio che tuttavia nella maggior parte dei casi ha visto anche politici e amministratori perseguire interessi personali, in maniera meno scontata e più colposa. Rimane necessario mantenere un livello di attenzione estremamente alto nei confronti della correttezza di questo tipo di processi, ma anche 147


Secundum Flumen

superare una contrapposizione che altro non fa che accentuare tensioni e incomunicabilità. Oggi, comunque, gli strumenti strategici forniscono un’opportunità di dialogo che (complice anche la crisi economica) è nell’interesse di tutti sfruttare, ponendo le basi per un nuovo modello di gestione del territorio, meno conflittuale e più condivisa.

Una tesi bipolare La struttura strategica del progetto elaborato in questa tesi è piuttosto semplice e può essere vista come articolata in due principali direzioni, che in qualche modo riflettono i diversi soggetti coinvolti nella trasformazione del territorio. La prima si spinge nell’ambito della pianificazione a scala intercomunale, fornisce indicazioni di tipo strategico-territoriale, individuando macro-temi di riqualificazione, ipotizzando linee di intervento e modalità di attuazione del piano. Si propone di essere parte di un progetto che “organizza, struttura, mostra, gerarchizza”4. La seconda direzione guarda invece all’universo “nascosto” delle azioni puntuali o lineari attuate sul territorio da una moltitudine di soggetti: singole amministrazioni pubbliche, cittadini e aziende. Si riferisce a una grande pletora di possibili azioni, potenzialmente molto diverse fra loro: opere di compensazione ambientale, piccoli interventi di riqualificazione urbana, realizzazione di piste ciclabili, sistemazioni idrauliche sui corsi d’acqua o anche solo manutenzione del paesaggio agricolo, azioni che vengono quo6 (Donadieu 2006)

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tidianamente realizzate sul territorio. A queste cerca di fornire un compendio di “buone pratiche” o semplicemente di spunti progettuali che trovino riscontro nella pianificazione del territorio a scala più vasta. Richiamando ciò che ha scritto Bernardo Secchi, questa seconda parte del progetto si configura come una “collezione di frammenti” progettuali, che vuole contribuire a creare un’immagine della futura configurazione del territorio più per giustapposizione e per induzione che per disegno planimetrico5.

4.6 Il percorso della riqualificazione Ipotizzare un possibile scenario Una struttura amministrativa di base come l’unione dei comuni e la presenza di un piano di assetto del territorio da essi condiviso costituisce un importante punto di partenza per ipotizzare un processo di riqualificazione e rigenerazione del territorio, ma che ritengo necessiti di essere potenziato e affiancato da altri strumenti. Questa tesi ipotizza, nella simulazione di un processo che vedrebbe in realtà coinvolti moltissimi attori, che i soggetti portatori di interesse sul territorio (dunque sia pubblici che privati), si organizzino innanzitutto attorno a uno strumento di stampo prettamente strategico: viste anche altre esperienze di questo genere, ho ritenuto che il più adatto in questo caso fosse il “Contratto di Fiume”, che conserva tutte le caratteristiche fondamentali di un piano strategico, 7 (Secchi 2000)

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Secundum Flumen

ponendo inoltre il corso d’acqua al centro del processo di piano. In questo caso questo fatto è funzionale al “taglio” che ho dato dall’inizio al progetto: in un territorio caratterizzato da una grande omogeneità (“isotropia”, come l’ha definita Paola Viganò), un fiume anche piccolo può costituire un’importante riferimento sia a livello spaziale che ideale, collegando e caratterizzando territori che altrimenti in tale omogeneità rischierebbero di “dissolversi”. All’interno dello strumento strategico le amministrazioni locali, raggruppate nell’”Assemblea di Bacino”, costituiscono la regia politica dell’operazione ed hanno l’importante compito di garantire continuità politica durante il processo di piano e soprattutto nella successiva fase di gestione e di attuazione dello stesso. Nella prima fase esse saranno affiancate da un “Tavolo tecnico operativo”, costituito da tecnici, (in questo caso potrebbe essere coincidente con il team che ha redatto il PATI), che ha il compito di fornire un primo quadro conoscitivo analitico e interpretativo del territorio e il supporto nel percorso seguente. All’interno di questo lavoro di tesi, si potrebbe vedere la parte di analisi come il prodotto di questo passaggio iniziale. Da questo punto il “contratto di fiume”entra nella fase di definizione vera e propria, con l’organizzazione di un “forum” aperto anche ai soggetti privati (associazioni dei consumatori, degli industriali, degli agricoltori ecc.) in un’ottica partecipativa e di concertazione, e sulla base delle criticità individuate (vedi cap. 4.2), elabora uno scenario di indirizzo condiviso e delle strategie che permettano di raggiungerlo. 150


Strategie territoriali

Un parco fluviale per il fiume Tergola Il corso medio del fiume Tergola, assume in questo scenario un’importanza strategica per la riqualificazione territoriale, per questo su tutta la sua lunghezza ho individuato un area (che in parte riprende le indicazioni del PTRC e del PATI) sottoposta a vincolo paesaggistico e trattata come “parco fluviale”. All’interno di tale perimetro si situeranno le azioni riguardanti la sicurezza idraulica del bacino del tergola e le sistemazioni ambientali volte a minimizzare gli effetti dell’inquinamento e a potenziare il sistema ecologico.

Un parco agricolo per le “terre della Tergola” Nelle aree più distanti dal fiume, racchiuse in un perimetro individuato in base alle qualità ambientali della campagna e alla sua importanza strategica, è ipotizzabile la creazione di un “parco agricolo”, non soggetto ad alcun vincolo paesaggistico, che se da una parte ha comunque come obbiettivo l’aumento della qualità degli spazi aperti, dall’altro coinvolge direttamente gli agricoltori con lo scopo di aumentare redditività, resilienza e qualità dell’ambiente rurale. Il raggiungimento di questi obbiettivi è ricercato attraverso l’applicazione di “linee guida” (vedi cap. 5.1) con obbiettivi variabili a seconda delle condizioni iniziali dell’ambiente agricolo, mappate in fase di redazione del piano.

151


Secundum Flumen

Fase di ideazione, analisi e concertazione

Strumento strategico | Contratto di fiume

152

Cabina di regia politica Assemblea di bacino dei comuni di riviera:

Tavolo tecnico operativo Indirizza le scelte strategiche territoriali

Villa del Conte Santa Giustina in Colle Camposampiero Borgoricco San Giorgio delle Pertiche Campodarsego

Documento metodologico preliminare Discussione pubblica e fase partecipativa • Dossier tecnici approntati da urbanisti e architetti • Comunicazione pubblica di analisi e risultati • Workshop e tavoli di lavoro e di discussione aperti alla popolazione Forum di bacino Riunisce soggetti pubblici e privati interessati dal processo di trasformazione del territorio

Documento finale strategico sottoscritto dai sindaci


Fase di gestione e implementazione

Istituzione di un parco fluviale

Realizzazione di interventi strategici e apposizione di vincolo su alcune aree

Ufficio di gestione del contratto di fiume

Interno alla Federazione dei Comuni del Camposampierese Monitoraggio dei risultati ottenuti Analisi “continuativa” sullo stato di attuazione degli obiettivi e sull’efficacia delle proposte attuate Ricognizione tra i soggetti privati per l’istituzione di un parco agricolo Annessione per step successivi privilegiando l’adesione spontanea, la continuità del parco e l’affinità con gli obbiettivi del Contratto di Fiume Coordinamento degli attori per l’istituzione di un parco agricolo

Scenario di progetto ipotizzato all’interno della tesi

153


Secundum Flumen

Azioni di promozione e marketing territoriale Il parco agricolo, puntando sull’aspetto qualitativo, sull’unione di piccoli produttori e sulla loro promozione aiuterebbe a valorizzare l’ambiente naturale ed allo stesso tempo a fornire un supporto ai produttori locali dal punto di vista della produttività. In questo senso sarebbe opportuno che tale associazione di produttori si dotasse di un “marchio” che ne renda riconoscibili le iniziative e i prodotti, e che allo stesso tempo possa servire per la promozione del territorio dal punto di vista turistico. fig. 4.7 - Possibile logo per un marchio che valorizzi i prodotti e le azione collegate ai parchi della Tergola

154


Strategie territoriali

4.7 Le linee strategiche del Contratto di fiume Coerentemente con le problematiche individuate nell’analisi dell’area di intervento, sono state ipotizzate quattro di intervento che costituiscono l’ossatura del contratto di fiume. Per ognuna di esse sono stati specificati obbiettivi e azioni di progetto, da applicare sul territorio come effetti del piano. Questi vanno visti come integrabili fra loro, in progetti che riescano a rispondere in maniera integrata a problematiche diverse tra loro, come l’“atlante della progettualità diffusa” cerca di mostrare da un punto di vista realizzativo e pratico.

155


Secundum Flumen

Un’infrastruttura per la gestione integrata del rischio idraulico Obbiettivi: • Mitigazione del rischio idrogeologico • Miglioramento della qualità dell’acqua e dell’aria • Favorire una gestione razionale dell’elemento idrico: bilanciare usi produttivi e ambientali • Aumentare la resilienza territoriale in caso di precipitazioni straordinarie Azioni: • Manutenzione e potenziamento della rete idrica minore • Interventi sullo spazio agricolo per migliorare capacità drenante e permeabilità dei suoli

156

fig 4.8 - scenario di progetto per la sicurezza idraulica


Aree esondabili (fonte PATI) Casse di laminazione previste ed inserite nel progetto di rinaturalizzazione


Secundum Flumen

Una (infra)struttura per la dispersione

Obbiettivi: • Riqualificazione ambientale e urbanistica della “città diffusa” • Creazione di una “polarità lineare” che guidi e diriga le scelte urbanistiche e ambientali • Aumento della percezione di sicurezza (stradale, sociale, ambientale) da parte della popolazione residente

Azioni: • Progettualità che affrontino nodi problematici della viabilità e della pianificazione • Connessione del percorso principale con la mobilità locale, le scuole, le parrocchie, i centri urbani

158

fig 4.9 - scenario di progetto per la gestione dello spazio costruito


Parco agricolo della Tergola Parco fluviale della Tergola Aree urbanizzate


Secundum Flumen

Un’infrastruttura per il turismo, lo sport e il tempo libero

Obbiettivi: • Promozione della crescita turistica locale • Potenziamento dell’accessibilità territoriale dal punto di vista culturale, sportivo e turistico • Creazione di una struttura territoriale del tempo libero Azioni: • Riqualificazione degli elementi caratteristici del paesaggio fluviale (sponde, salti d’acqua, mulini) • Promozione di usi alternativi del fiume come la fruizione da barche, kayak, canoe ecc. • Completamento della pista ciclabile CittadellaStrà • Potenziamento dei poli sportivi, museali e culturali esistenti

160

fig 4.10 - scenario di progetto per la mobilità dolce, il turismo e lo sport


Percorso del Muson

Piste ciclabili esistenti Piste ciclabili di progetto Punti nodali del sistema Salti d’acqua - approdi di progetto


Secundum Flumen

Potenziamento ecologico e rinaturalizzazione del sistema-fiume Obbiettivi: • Riqualificazione degli spazi aperti agricoli • Potenziamento del corridoio ecologico costituito dal fiume • Incentivazione di pratiche agricole innovative e sostenibili • Aumento della produttività dello spazio agricolo Azioni: • Creazione ex novo e manutenzione degli elementi valorizzanti (siepi, aree umide, boschetti) • Creazione di un parco agricolo e di spazi di vendita di prodotti locali a km 0

162

fig 4.11 - scenario di progetto per il sistema ambientale


Aree fluviali ad alta naturalitĂ Aree agricole a buona integritĂ Corridoi ecologici


Secundum Flumen

4.8 Il masterplan strategico Il masterplan strategico è un elaborato che condensa graficamente tutte le prescrizioni strategiche immaginate per l’area oggetto di studio, in una sorta di “scenario finale di progetto”. In esso si possono ritrovare informazioni sulla mappatura dello spazio agricolo in funzione dell’istituzione del parco fluviale e di quello agricolo, l’individuazione delle azioni principali di progetto, tra le quali la più importante è forse la realizzazione della ciclovia Strà-Cittadella e dei relativi nodi con il sistema della mobilità, che costituisce il principale elemento di accesso e fruizione ai Parchi della Tergola. Le aree più problematiche sono state contrassegnate come bisognose di ulteriori approfondimenti; vi sono elencati, inoltre, i temi progettuali protagonisti dell’”atlante della progettualità diffusa”, indicati nelle aree oggetto di successivo approfondimento.

164

fig 4.12 - Masterplan strategico


Cittadella Vicenza

Cittadella Castelfranco Treviso

Treviso

Parco agricolo di Villa del Conte 1

Pa

rco

flu

via

le

Castelfranco

de

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ola

2

3

a

stigli

o-O

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Ciclo

Area umida - naturalistica delle Guizze

uson

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assi

Ciclabile del Brenta Ostiglia

bile M

4

Cicla

Parco agricolo di San Giorgio delle Pertiche

Museo della centuriazione

Percor 5

6

Legenda Fiume Tergola Area di intervento: Parco della Tergola Area di possibile espansione del parco Area di progettazione particolareggiata Zone umide

{

so dida

ttico Br

onzola

-Borgo

ricco

Area didattica dell’agro centuriato

Parco fluviale

Parco agricolo

7

Padova

Nuclei ecologici Percorsi ciclabili esistenti/di progetto Superstrada Ferrovia Punti di interscambio modale

Atlante della progettualità diffusa 1 Gestione dello spazio agricolo 2 Energie dismesse: “il fiume dei cento mulini” 3 Mobilità dolce e ciclabile: la ciclovia della Tergola 4 Centri fluviali e spazio pubblico: San Giorgio delle Pertiche I prati umidi di Codiverno

5 Ricuciture: il percorso didattico della centuriazione 6 Un’infrastruttura naturale: cassa di laminazione a Bronzola 7 Infrastrutture: la nuova Centuria

Padova Mestre Autostrade

Strà Riviera del Brenta


Secundum Flumen

Bibliografia AA. VV., La città fuori dalla città, a cura di Marisa Fantin, Maurizio Morandi, Maurizio Piazzini, Lorenzo Ranzato, INU Edizioni, Roma 2012 Clement G., Manifesto del Terzo paesaggio, 2005 De Rossi A., Durbiano G., Governa F., Reinerio L., Robiglio M. (a cura di), Linee nel paesaggio. Esplorazioni nei territori della trasformazione. Utet, Torino 2009 Donadieu P., Campagne Urbane, 1998 (Trad. Roma 2006) Fabian L., Nuove strade a Nord Est. Scenari e progetti per le infrastrutture della mobilità nella città diffusa, in "Città tra sviluppo e declino", a cura di G. Calafati, 2015 Farinella R. Ronconi M. (a cura di), Territorio, Fiumi, Città. Esperienze di riqualificazione in Italia. Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2008 Fregolent L. Savino M. , «Aisle of Plenty. Territori dell’opulenza», in Agnolotto M., Guerzoni M. (a cura di), La civiltà dei superluoghi. Immagini e forme della metropoli contemporanea,Editore Damiani, Bologna, pp. 148-153, 2007; ora anche in Indovina F. (a cura di), Dalla città diffusa all’arcipelago metropolitano, FrancoAngeli, Milano, 2011 Indovina F. (a cura di), La città diffusa, Iuav-Daest, Venezia, 1990 ISPRA, Aree Agricole ad alto valore naturale: dall’individuazione alla gestione, Manuali e linee guida: 62/2010 Jogan I., Tra sviluppo locale e processi di identità: le strettoie del piano nella città diffusa, Archivio distudi urbani e regionali n. 80/2004 Magnaghi A. Giacomozzi S. (a cura di), Un fiume per il territorio, Firenze University Press 2009

166


Strategie territoriali Merlini C., Un nuovo viaggio nella "città diffusa": spazi aperti, dotazioni pubbliche, infrastrutture come primi elementi di riqualificazione, in "Città tra sviluppo e declino", a cura di G. Calafati, 2015 Mininni M., Prefazione al libro "Campagne Urbane", di Pierre Donadieu, 2006 Munarin S., TOSI Maria Chiara, Accessibilità, walking distance, giustizia spaziale. Riflessioni sulla "efficienza statica" della città italiana, in "Città tra sviluppo e declino", a cura di G. Calafati, 2015 Pays.Med, Per una corretta gestione del paesaggio : linee guida, Pays.Doc 2007 Pellegrini P., Le trasformazioni della città diffusa del Veneto centrale. Premessa per la riconcettualizzazione del sistema della mobilità, tesi di dottorato IUAV, Venezia, 2010 Sermini M., Le politiche urbane di fronte ai cambiamenti sociali, Archivio di studi urbani e regionali n. 43/1992

167



Capitolo 5:

Atlante della progettualità diffusa Premessa Come accennato nel capitolo precedente, la seguente raccolta di “frammenti progettuali” si vuole proporre come un compendio di azioni possibili all’interno delle linee tratteggiate dal Masterplan territoriale strategico. Non va comunque intesa come una serie di “regole” da seguire, né come un elenco completo di possibili azioni, quanto piuttosto come un sistema aperto di elaborazioni progettuali (un atlante, appunto) passibile di ampliamento continuo, dotato di una struttura volta a stimolare proposte innovative e inedite, piuttosto che a limitarle. Rappresentando il risultato di un lavoro di tesi, la compilazione di questa lista non può contemplare l’apporto di idee e diversi punti di vista che nel processo reale dovrebbe coinvolgere quanti più soggetti possibile tra quelli interessati alla trasformazione del territorio (sia pubblici che privati), e da tale pluralismo dovrebbe trarre ricchezza di spunti e di visioni. Allo stesso tempo, l’atlante dovrebbe contenere gli esiti 169


Secundum Flumen

progettuali di una visione unitaria del territorio, e non come il luogo di mediazione tra visioni diverse, tra loro in contrasto. Tale mediazione, sebbene necessario, dovrebbe appartenere a una fase precedente del processo, quella di elaborazione di uno scenario strategico condiviso, ai risultati della quale il presente “atlante” dovrebbe attenersi e risultare il più possibile coerente. In tal modo, credo, vi sarebbe l’opportunità di orientare nella direzione di un’”traguardo territoriale” condiviso le tante piccole azioni che sommate incarnano il discreto (ma consistente) processo di evoluzione della città contemporanea. I 7 progetti dell’”Atlante della progettualità diffusa” qui presentati sono stati elaborati tentando di integrare tra loro le linee guida emerse nella fase di studio, valutando quali potessero esserne i più interessanti esiti progettuali. Nella loro definizione sono stati assunti i seguenti macro-temi: • • • •

Progetto 1 Gestione e manutenzione degli spazi rurali Progetti 2-3 Mobilità dolce, welfare Progetti 4-5 Spazio pubblico e turismo Progetti 6-7 Gestione dell’infrastruttura

Per ognuno di essi sono state indicate le linee guida di riferimento tra quelle di indirizzo nel contratto di fiume, gli obbiettivi specifici, relativi alla specificità dell’azione progettuale, e le aree di possibile replicabilità all’interno del territorio studiato, così da renderne evidente il carattere esemplificativo e non 170


Atlante della progettualitĂ diffusa

strettamente prescrittivo.

171


1

Linee strategiche di riferimento 1. Un’infrastruttura per la gestione integrata del rischio idraulico 3. Potenziamento ecologico e rinaturalizzazione del sistema-fiume

Obiettivi specifici Riduzione del rischio idraulico, potenziamento del sistema ambientale, miglioramento della qualità del paesaggio rurale, aumento della produttività del settore agricolo e

Aree di applicazione Aree rurali all’interno del perimetro del Parco Agricolo


Atlante della progettualità diffusa

5.1 Gestione dello spazio rurale La direzione dello sviluppo Il primo dei progetti sul territorio dell’”Atlante” è riferito alla gestione degli spazi aperti, ed in particolare all’ambiente rurale. L’importanza di questa componente territoriale impone la necessità che da subito siano chiarite regole e linee guida per la sua gestione. La prima cosa da stabilire è quale potrebbe essere l’evoluzione nelle condizioni attuali di questo ambiente. Come accennato nel capitolo 1, la scarsa produttività del contesto agricolo ha fatto in modo che il territorio “vergine” iniziasse a venire percepito esso stesso come una risorsa passibile di essere sfruttata in senso economico, da qui il consumo di suolo che si è accompagnato alla crescita nel corso degli ultimi 40 anni. In questo caso il progetto assume una posizione ben precisa: per quanto il paesaggio agricolo della centuriazione conservi ancora interessanti caratteri del suo assetto tradizionale, essi sono destinati a una rapida scomparsa nel caso in cui non ne venga recuperata la capacità di essere produttivi. In questo senso è da escludersi un’ottica di tipo conservativo, che imponga vincoli a caratteristiche paesaggistiche, senza porsi problemi sul suo reale uso non solo non risultando sostenibile sul lungo termine, ma rischiando addirittura di accelerarne il processo di impoverimento. In coerenza con il “Masterplan territoriale” ho dunque immaginato uno scenario in cui la qualità 173


Secundum Flumen

dell’ambiente naturale possa non essere fine a se stessa, ma funzionale al recupero di funzioni economiche del territorio stesso. Per quanto riguarda l’agricoltura questo si coniuga nell’incentivazione di pratiche che si pongano su un campo prettamente qualitativo, come ad esempio quello delle eccellenze alimentari, nell’ottica del quale un territorio di più alta qualità ambientale può divenire una garanzia sulla qualità del prodotto stesso. Trovo importante anche notare come anche il paesaggio produttivo potrebbe trarre vantaggi dall’associazione con un contesto territoriale riconosciuto dal punto di vista qualitativo: molto spesso infatti anche le aziende che non sono collegate direttamente con l’agroalimentare hanno profonde radici nella natura di questo territorio (basti pensare, a titolo di esempio, alla Carraro e alla Zanon, aziende che hanno sede a pochi metri l’una dall’altra in comune di Campodarsego e che sono tra i leader mondiali nella produzione di macchinari agricoli per contesti ambientali particolari). Non si tratta infatti di ristabilire una condizione precedente in una visione “reazionaria” nei confronti delle modifiche sull’ambiente rurale, quanto piuttosto un nuovo paradigma nel quale il territorio rurale deve essere visto come una risorsa preziosa, ed il mantenimento del suo delicato equilibrio risulta fondamentale anche nel caso di profondi cambiamenti come quelli che hanno investito, e stanno ancora investendo, il territorio centrale veneto, soprattutto se ad essi si alternano periodi di crisi economica.

174


Atlante della progettualità diffusa

Riferimento progettuale: le linee guida per un ambiente agricolo ad alto valore naturale (HNVF) L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ha pubblicato nel 2010 le linee guida da applicare alle arre che a livello europeo sono state definite come High Natural Value Farmlands (HNVF), cioè “aree da proteggere e conservare perché detentrici di biodiversità di interesse comune sono in generale rappresentate in Europa da sistemi agricoli a basso input, in territori rurali caratterizzati da pascoli con una bassa densità di animali in allevamento, oppure da coltivazioni con basso uso di prodotti chimici di sintesi e di pratiche intensive”1. In questo caso l’area centrale veneta non rientra, se non in qualche sua parte, nei termini di questo tipo di classificazione, in questa sede, tuttavia tali linee guida sono state assunte come obbiettivo nell’orizzonte “auspicabile” di sviluppo. Di seguito un breve elenco di quelle più pertinenti con i temi riscontrati nell’area del Camposampierese: Aree a colture arative Promozione della rotazione colturale: •

Riduce il rischio di erosione del suolo causato dalle frequenti arature;

Aumenta la potenziale biodiversità dell’area, permettendo l’insediamento di specie animali e vegetali utili, favorendo il controllo biologico nei confronti di quelli nocivi;

La presenza di leguminose nella rotazione diminuisce il ri1 (ISPRA 2010)

175


Secundum Flumen schio di erosione e allo stesso tempo arricchisce il terreno di nutritivi, diminuendo la necessità di concimazione. Coltivazione di cereali: •

Costituiscono un importante fonte di alimentazione per la fauna selvatica. al contrario della coltura del mais che impoverisce lo spazio agricolo e naturale.

Bordi campo Creazione di bordi campo inerbiti artificialmente con specie naturali fiorite: •

Permette di attrarre insetti impollinatori

Garantisce uno spazio filtro tra la parte adibita a coltura e il territorio circostante (filari alberati o siepi)

Aumenta la qualità paesaggistica del territorio

Canali e fossi vegetati Creazione di fasce tampone vegetate •

Garantisce una migliore qualità delle acque e il mantenimento del valore naturalistico dei fossi

Riduce l’erosione dovuta allo scorrimento dell’acqua verso il fosso

Programmazione e gestione della pulizia dei corsi d’acqua: •

Nelle operazioni di scavo e di pulizia va mantenuto 1/3 del canale non scavato per garantire il rivegetamento del letto

Alcuni tratti dovrebbero venire recintati per garantire lo sviluppo di vegetazione alta, riparo di uccelli e piccoli mammiferi

Piccole zone umide e laghetti Creazioni di nuovi laghi all’interno delle aziende agricole: •

Costituiscono un’importante risorsa se messi a sistema con il sistema ecologico e naturale

176

fig 5.1 - Mappatura del territorio agricolo in classi con diverse prescrizioni


parco fluviale_ aree a vincolo paesaggistico parco fluviale_ aree a vincolo parco agricolo_ aree paesaggistico di pregio da conservare parco agricolo_ aree di pregio da conservare parco agricolo_ aree da potenziare parco agricolo_ aree da potenziare parco agricolo_ aree compromesse da riqualificare parco agricolo_ aree compromesse da riqualificare aree edificate aree edificate



Atlante della progettualità diffusa fig 5.2 - Un fosso vegetato con salici e canne che ancora delimita due campi. Codiverno (PD)

Dragaggio e mantenimento delle zone umide esistenti: •

Il materiale estratto può essere utilizzato come fertilizzante

Filari alberati e siepi Mantenimento e ripiantumazione dei filari esistenti: •

Costituiscono l’ossatura, insieme al sistema idrografico, della rete ecologica primaria

Piantumazione di nuovi filari: •

Permettono la divisione tra le colture e l’ombreggiamento dei campi, diminuendo l’evaporazione e potenziando la resilienza territoriale

Mappatura della qualità dello spazio agricolo Come visto in precedenza (capitolo 2.5), è stata compiuta una mappatura della “qualità” dello spazio rurale, basata in parte su valutazioni già compiute in sede di pianificazione (in primo luogo su quelle del PATI del Camposampierese), in parte integrata con considerazioni sulla permanenza di elementi caratteristici del paesaggio tradizionale. Tale mappatura si è tradotta nell’individuazione di quattro diverse tipologie di progetto per lo spazio agricolo (le aree urbanizzate sono infatti escluse dalla classificazione): • parco fluviale (le uniche interessate da vincolo paesaggistico) • parco agricolo: aree di pregio da conservare • parco agricolo: aree da potenziare • parco agricolo: aree compromesse da riqualificare Le aree del primo tipo sono le uniche che preve179


Secundum Flumen

dono l’imposizione di un vincolo e il coinvolgimento in prima persona delle istituzioni per quanto riguarda la riqualificazione ambientale (soprattutto in merito alle azioni da compiere sul corso d’acqua e per la realizzazione della nuova ciclabile). Nelle altre aree, invece, quelle indicate come “parco agricolo” si presuppone l’adesione spontanea da parte di soggetti privati. Tale partecipazione potrebbe essere facilitata dalla visibilità garantita da un progetto territoriale di questa portata, allo stesso tempo incoraggiata attraverso l’implementazione di incentivi e sgravi da parte dei comuni. Un aspetto interessante è costituito dalla possibilità di dirottare su queste aree (soprattutto su quelle indicate come “compromesse”) le azioni indicate come necessarie dalla più recente normativa in termini di “compensazioni ambientali”, guidando in questo modo tali interventi in maniera mirata sul territorio, secondo le direttive strategiche stabilite dal “masterplan”. Nelle pagine seguenti sono state ipotizzate le azioni più consone in ciascuno degli ambiti omogenei del “Parco”.

180

fig 5.3 - Frammento di campagna presso Villa del Conte, scenario di progetto



Secundum Flumen

Azioni per le aree “parco fluviale” Piantumazione di nuovi filari lungo il percorso ciclabile: •

Permette di ricreare un ambiente fluviale ricco dal punto di vista ecologico

Ombreggiamento della pista ciclabile

Casse di espansione del fiume lasciate a zona umida: •

Impedisce

che

ulteriori

superfici

vengano

“ingegnerizzate” nel nome della sicurezza idraulica •

Arricchisce il sistema ecologico fluviale, creando delle isole di naturalità

Rinaturalizzazione degli argini: •

Rende più resiliente il sistema fiume, in quanto le radici proteggono gli argini dall’erosione e dagli scavi degli animali

Il fiume assume un aspetto più naturale, con un letto più largo e un corso più sinuoso

Ricollegamento alle aree verdi esistenti: •

Limita

l’isolamento

degli

spazi

nell’ottica del “network” ecologico

182

naturali

esistenti,


Atlante della progettualità diffusa

Azioni per il “parco agricolo”- buona integrità: Promozione della rotazione colturale: •

Arricchisce i terreni permettendo di limitare l’apporto di concimi chimici

Introduce un elemento di variabilità nell’ambiente agricolo, altrimenti appiattito su alcuni tipi di colture

Coltivazione di cereali a spiga: •

Producono semi che costituiscono un’importante base di alimentazione per la catena alimentare

Creazione di laghetti artificiali all’interno delle aziende: •

Costituisce una scorta d’acqua nel caso di prolungate siccità o eventi calamitosi

Permette, con l’escavazione dei fanghi di ottenere concimi a prezzo di un ridotto impatto ecologico

Manutenzione e potenziamento dei filari esistenti: •

Costituiscono il più elementare elemento del sistema ecologico

Permette di schermare coltivazioni pregiate e/o biologiche da funzioni non compatibili e dagli agenti inquinanti

183


Secundum Flumen

Azioni per il “parco agricolo”- media integrità: Incentivazione della creazione di filari a bordo campo

Promozione di colture biologiche e ad alta redditività

Manutenzione e potenziamento dei fossi e dei canali

Tutela dei fondi e dei filari esistenti

184


Atlante della progettualità diffusa

Azioni per il “parco agricolo”- integrità compromessa: Creazione di “fasce tampone” rispetto alle aree urbane

Possibilità di espansione urbana se ritenuta sostenibile

Manutenzione delle strade bianche

Creazione di “isole naturali” per la continuità ecologica

185


2

Molino di Bepi Toson Molino del coppo Molino Scudiero

1

Molino Benetello Molini di Bagio 2 Molino Zorzi 3

Molini Manzoni

4

Molino Volpato

5

6 8

Molino Nalesso Mulino Quattro Case 7 Molino Santon

Mulino di Peraga In uso come mulini In uso con altra destinazione Dismessi

Molino di Vigonza

Linee strategiche di riferimento Una (infra)struttura per la dispersione 4. Un’infrastruttura per il turismo, lo sport e il tempo libero 2.

Obiettivi specifici Riqualificazione di edifici e siti fluviali dismessi, ricreazione di un “paesaggio fluviale”, fornitura di servizi e funzioni alla comunità, potenziamento dell’offerta turistica e dell’immagine di queste aree.

Aree di applicazione Mulini dismessi o ancora in uso lungo il corso della Tergola, ed aree a loro adiacenti.


Atlante della progettualità diffusa

5.2 Energie dismesse: “il fiume dei cento mulini” L’attività molitoria sul Tergola Il progetto si confronta con uno degli elementi più ricorrenti lungo il corso della Tergola: la presenza di edifici molitori o permanenze legate ad essi, come sono i salti d’acqua. Durante il ‘700 il fiume era arrivato ad essere chiamato “dei cento mulini”, lungo il suo percorso vi sono testimonianze infatti di almeno una trentina di siti attivi in quest’epoca, di cui ad oggi ne sono rimasti circa 15. Alcuni di essi hanno conservato la funzione originale, pur vedendo le ruote idrauliche venire soppiantate da più moderne turbine elettriche, mentre altri sono stati convertii in abitazioni private, negozi, officine o sono stati semplicemente abbandonati. Questi manufatti sono facilmente individuabili per alcune caratteristiche comuni: • Collocazione in adiacenza al corso d’acqua e orientamento ad esso parallelo • Presenza del foro per il passaggio del mozzo dell’albero motore, in molti casi ancora esistente • Presenza del “salto d’acqua”, un dislivello sul letto del fiume di circa 80 cm che permette lo sfruttamento dell’energia cinetica dell’acqua • Appena al di sotto del salto d’acqua vi è normalmente un allargamento del corso del fiume, detto “gorgo”, creato dalle turbolenze che tale salto genera nel fluido.

187


Abaco dei mulini presenti nell’area di studio 1 Molino Benetello

2 Molino di Bagio

Epoca: Funzione attuale: mulino

Epoca: Funzione attuale: abitazione privata

3 Molino Zorzi

4 Molini Manzoni

Epoca: Funzione attuale: in disuso

Epoca: Funzione attuale: residenza privata

5 Molino Volpato

6 Molino Nalesso

Epoca: Funzione attuale: mulino

Epoca: Funzione attuale: abitazione privata

7 Molino Quattro Ca’

8 Molino Santon

Epoca: Funzione attuale: diroccato

Epoca: Funzione attuale: mulino


Atlante della progettualità diffusa pag. successiva

Energie dismesse

fig 5.4 - Mulino Santon, a Codiverno, ancora in funzione con macine elettriche

L’Unione Europea si è attivata sul tema dei mulini dismessi finanziando il progetto “RESTOR Hydro”, che si propone di recuperare gli edifici molitori in chiave innovativa, trasformandoli in centrali di micro-generazione di energia, in un’ottica di promozione delle energie rinnovabili e di recupero del patrimonio storico e culturale costituito dai mulini. L’Italia è uno dei paesi in cui dovrebbero partire i primi “progetti pilota” per questo tipo di recupero. Tale progettualità potrebbe essere molto interessante, perché con modalità innovative e che non impattano sull’uso attuale degli edifici che un tempo ora mulini vi è la possibilità di recuperare un uso del corso d’acqua e allo stesso tempo anche di rileggerne l’immagine in chiave contemporanea. Considerando le caratteristiche del territorio Camposampierese e gli intenti di questo progetto, comunque, gli antichi mulino possono aspirare anche ad altri funzioni, divenendo un punto di riferimento per le qualità locali, e di recupero del rapporto tra spazio urbano e fiume, con l’attivazione di punti privilegiati per le attività sportive (sul corso d’acqua o sulle sue sponde), per la creazione di spazi civici e di incontro.

189




Schermo informativo e involucro batterie

Sistema di illuminazione del percorso

Ruota con turbina per la produzione di energia elettrica

Pista ciclabile


Atlante della progettualità diffusa

Installazione di impianti di micro-idroelettrico Lo scopo di questo intervento è quello di sensibilizzare i fruitori del fiume sulle potenzialità delle nuove tecnologie di micro-generazione di energia, allo stesso tempo riportando lungo il fiume uno degli elementi caratterizzanti il suo passato: la ruota idraulica. Si andrebbe quindi ricreando un “paesaggio dell’acqua”, che fa tuttavia riferimento a nuove tecnologie e non a una “messa in scena” di un passato ormai irrimediabilmente concluso. Tra le altre cose l’implementazione di impianti micro-idroelettrici permette di diminuire i costi di gestione attraverso la produzione dell’energia necessaria all’illuminazione del percorso o di rientro dei costi di realizzazione. Questo sistema “produttivo” dovrebbe essere affiancato da un sistema informativo, che fornisca informazioni in tempo reale su quantità di energia prodotta, intensità e qualità del flusso d’acqua, rendendo questi dei veri e propri punti di monitoraggio sulla salute del fiume.

193


Attrezzature per sport e fitness

Salto d’acqua

Attracco per piccole imbarcazioni


Atlante della progettualità diffusa

Creazione di spazi attrezzati per sport fluviali e di accesso al corso d’acqua Per contrastare la marginalità dei corsi d’acqua, una strategia efficace ne vede l’utilizzo come spazio privilegiato per attività sportive e legate al tempo libero, come il rafting, l’escursionismo con canoe e kayak, fino all’utilizzo delle sponde per percorsi attrezzati e impianti sportivi. In questo caso il “gorgo”, allargamento del corso del fiume sottostante il salto d’acqua, viene riletto come un punto privilegiato di accesso al corso d’acqua: un piccolo pontile permette infatti a chi ne voglia ripercorrere il corso in direzione opposta a quella del flusso d’acqua di risalire l’argine (molto spesso alto e privo di punti di risalita) per poi rientrarvi a monte del salto d’acqua, che costituisce altrimenti una barriera invalicabile. Lo stesso salto d’acqua, in discesa, diventa una divertente “rapida” che può essere comunque evitata da chi prediliga un percorso meno “adrenalinico”. Sulle sponde, e presso gli edifici molitori, se dismessi possono trovare spazio attrezzature per altre attività sportive.

195


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Atlante della progettualità diffusa

Riuso degli edifici molitori dismessi come centri civici Il tipo di intervento più rilevante è previsto per i mulini in stato di abbandono (che tuttavia spesso risultano ben conservati): il loro riuso come contenitori di funzioni sociali, allacciati visivamente e funzionalmente al nuovo percorso ciclabile, fornirebbe servizi rivolti ai giovani, agli anziani e in generale alla popolazione residente, creando un punto di incontro e di scambio nel luogo che aspira a divenire il vero “spazio pubblico” di questo territorio: il fiume.

197


3

Villa del Conte Camposampiero

Santa Giustina in Colle

San Giorgio delle Pertiche

Sant’Andrea Campodarsego

Padova

StrĂ

Linee strategiche di riferimento Una (infra)struttura per la dispersione Un’infrastruttura per il turismo, lo sport e il tempo libero 2. 4.

Obiettivi specifici Creazione di un punto di fruizione del fiume e del parco incentrato su di esso, ricollegamento dei centri locali e riconnessione a sistema delle ciclabili esistenti, garanzia di maggiore sicurezza negli spostamenti, ricollegamento alla rete ciclabile regionale e nazionale

Aree di applicazione Argini del fiume Tergola


Atlante della progettualità diffusa

5.3 Mobilità dolce e ciclabile: la Ciclovia della Tergola Una tipologia “spuria” di ciclabile Il tema della ciclabilità e della realizzazione di nuove piste ciclabili, piuttosto centrale nelle azioni di riqualificazione territoriale nate in tempi più recenti, può essere declinato in due modi: • Guardando all’inserimento in itinerari cicloturistici a scala regionale, nazionale o addirittura europea, ad esempio in relazione al sistema EuroVelo, nel tentativo di promuovere il territorio e aprire la possibilità di un turismo basato sulla mobilità dolce. Tali itinerari devono valorizzare le emergenze del territorio, allo stesso tempo privilegiando la linearità del percorso, la sicurezza e la scorrevolezza di percorrenza • Il secondo tipo riguarda più da vicino la mobilità locale e l’idea che sia possibile migliorare la qualità ambientale promuovendo l’uso della bicicletta nel tempo libero ma anche come mezzo di trasporto sostitutivo dell’automobile, ad esempio nel tragitto casa-lavoro. Nell’area di studio si possono trovare esempi di entrambe queste tipologie di mobilità ciclabile: la prima è ben interpretata dalla ciclovia “Treviso-Ostiglia”, mentre la seconda si può riconoscere negli interventi realizzate dalle amministrazioni locali per aumentare la sicurezza stradale che fiancheggiano ormai molte strade anche in quest’area, spesso sostituendo i canali per la raccolta delle acque. 199


Unione Europea

ECF (European Cyclists’ Federation) Dal 1997 promuove la rete “EuroVelo” 15 itinerari e pubblicazione di linee guida

Unione Europea

ECF (European Cyclists’ Federation) Dal 1997 promuove la rete “EuroVelo” 15 itinerari e pubblicazione di linee guida

Italia Unione Europea

FIAB (Federazione italiana amici ECF (European Cyclists’ Federation) della bicicletta) Dal 1997 promuove la rete “EuroVelo” In Italia applica le direttive “EuroVelo” nella 15 itinerari e pubblicazione di linee guida rete Bicitalia, composta da 17 ciclovie tra Italia cui figura la “BI 4 ciclovie dei Fiumi Veneti”

FIAB (Federazione italiana amici della bicicletta)

In Italia applica le direttive “EuroVelo” nella Regione Veneto composta da 17 ciclovie tra rete ItaliaBicitalia, cui figura la “BI dei Fiumi Veneti” 84 ciclovie 2004 Bici Plan Regionale

FIAB (Federazione italiana amici EV 2014 Masterplan della ciclabilità della bicicletta)

Riprende e sviluppa le linee“EuroVelo” guida europee In Italia applica le direttive nella e indicandoda le di Bicitalia, composta 17 priorità ciclovie tra retenazionali, Regione Veneto intervento e stanziando i fondi. Implementacui figura la “BI 4 ciclovie dei Fiumi Veneti” 2004 Bici Plan Regionale zione della rete REV (Rete Escursionistica 2014 Masterplan della ciclabilità Veneta). Riprende e sviluppa le linee guida europee e nazionali, indicando le priorità di Regione Veneto intervento e stanziando i fondi. Implementa2004 Bici Plan Regionale zione della rete REV (Rete Escursionistica 2014 Veneta).Masterplan della ciclabilità EV 8

egionale della mobilità ciclabile

uroVelo azionali egionali

Riprende e sviluppa le linee guida europee e nazionali, indicando le priorità di intervento e stanziando i fondi. Implementazione della rete REV (Rete Escursionistica Veneta).


Atlante della progettualità diffusa fig 5.5 - Rete ciclabile regionale in Veneto (tratteggiati gli itinerari ancora da realizzare)

La ciclabile lungo il corso della Tergola vuole essere una versione ibrida di queste tipologie: essa è predisposta per un uso di tipo cicloturistico, ma allo stesso tempo può essere utilizzata dai pedoni e per gli spostamenti locali, costituendo un’importante infrastruttura che garantisca una via sicura anche tra centri vicini, ricollegando le reti ciclabili locali già esistenti in una sorta di “network” della mobilità dolce. Il percorso collega la città murata di Cittadella con la riviera del Brenta, due tra realtà turistiche affermate nello scenario Veneto, e si sviluppa per circa 35 km sugli argini del fiume Tergola, attraversando l’ambito della centuriazione romana e delineandosi come un’interessante alternativa al percorso lungo il fiume Brenta (non ancora completato). Lungo il suo percorso interseca alcune importanti ciclovie, tra cui il percorso Castelfranco-Padova lungo il Muson dei Sassi oltre alla già citata Treviso Ostiglia.

Il progetto Il progetto ha previsto lo studio di due diverse tipologie di sezione, una per il percorso in aree urbanizzate (ad esempio in presenza di centri abitati lungo il fiume) e una per i tratti rurali, nei quali il percorso ciclopedonale si colloca sull’argine fluviale o nelle sue immediate vicinanze. Sono stati poi ipotizzati dei moduli, ognuno con dimensioni e funzioni diverse, che rispondono alle diverse vocazioni del percorso ciclopedonale e che possano essere composti tra loro e collocati nei punti strategici del percorso, individuati da una sezione longitudinale. 201


Secundum Flumen

Sezioni proposte per la pista ciclabile

Ciclabile

Pedonale

Strada

Parcheggi

Pedonale

Tratti urbani

Nell’attraversamento delle zone abitate, il percorso ciclabile si accosta alla viabilità esistente, in sede propria, assumendo come priorità la sicurezza degli utenti e la rapidità degli spostamenti. Il restringimento della carreggiata, molto spesso sovradimensionata, permette inoltre la creazione di spazi pedonali e di ridurre il traffico di attraversamento.

202


Atlante della progettualità diffusa

Campi

Bordo - campi

Percorso misto su argine

Tergola

Campi Argine rinaturalizzato

Tratti rurali

In aree rurali, i fiumi costituiscono la struttura ideale a cui accostare la mobilità ciclabile, permettendo di non intaccare il sistema idrico minore (fossi, scoline ecc.) molto spesso affiancato alle strade. In questo caso la sede è promiscua e condivisa da ciclisti e pedoni, privilegiando un uso nel tempo libero e come “mobilità lenta”.

203


Secundum Flumen

Moduli e loro possibili composizioni

A

Manutenzione e auto-riparazione biciclette - punto acqua

A Piazzola manutenzione

204

B

Sosta e deposito cicli

A+2xB Punto di sosta


Atlante della progettualitĂ diffusa

C

Servizi igienici

D

Spazio attrezzato con cucina e magazzino

B+C

A+B+C+D

Servizi igienici e sosta

Bici-Grill

205


Km 0 Km 5,2 Km 5,7 Km 7,9 Km 8,7 km 9,4 km 9,9 4, rco 6 r

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8,2 km Cittadella 7 km Paludi di Onara

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Museo della centuriazione

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del Tergola

Km 11,6

Km 13,1

Km 14,8

Km 17

Km 18,7

4

Strà 9 Km Fiume Brenta 9,5 Km


4

Villa del Conte

Santa Giustina in Colle San Giorgio delle Pertiche Bronzola

Sant’Andrea

Pionca

Peraga

Padova

Strà

Linee strategiche di riferimento Una (infra)struttura per la dispersione 4. Un’infrastruttura per il turismo, lo sport e il tempo libero 2.

Obiettivi specifici Riattivazione di aree sottoutilizzate nei centri urbani, rafforzamento dei servizi alla popolazione, creazione del binomio “fiume”-”spazio pubblico”, incentivazione alla socialità e alla formazione di nuovi punti di aggregazione

Aree di applicazione Centri storici e non nati lungo il corso del fiume


Atlante della progettualità diffusa

5.4 Centri fluviali e spazio pubblico: San Giorgio delle Pertiche Oggetto di questo approfondimento sono i centri storici che sorgono sulle sponde del fiume. Diversamente rispetto ad altri contesti, nei centri urbani in ambiti dispersi le aree di proprietà pubblica sono molto numerose, poiché proprio lì si concentrano anche gli standard urbanistici che dovrebbero servire la componente diffusa dell’edificato, che invece spesso non vi nessun tipo di accesso. Questi stessi spazi presentano bassissima qualità e una pressoché assenza di manutenzione, rivolgendosi a un bacino di utenza molto limitato. Il progetto si fonda quindi su 2 obiettivi: • Riconnettere e mettere a sistema tali spazi • Ricucire il rapporto del centro urbano con il fiume

209


La città pubblica La città privata


Atlante della progettualità diffusa fig 5.6 - Mappatura del centro storico di San Giorgio delle Pertiche, in blu le aree private, in rosso quelle pubbliche

La città pubblica e la città privata Sono state mappate quindi le aree pubbliche lungo il corso del fiume e le ho riconnesse con il percorso della ciclabile “Cittadella-Strà”, impostando su di esse due sistemi paralleli e complementari: uno di “parchi” e uno di “piazze”. La maggior parte di tali spazi ha già tale connotazione in un senso o nell’altro e il progetto non fa altro che ricollegarli e dare a ciascuno una connotazione specifica, riassunta nel seguente masterplan.

211


Secundum Flumen

Centro sportivo

Chiesa

Municipio Centro parrocchiale Scuola Media

212

Piazza

fig 5.7 - Masterplan per il centro di San Giorgio Delle Pertiche


Arena per spettacoli all’aperto

Il frutteto comune

“Piazza dell’acqua”

“Piazza del municipio” Piazza del mercato

Parcheggio Spazio mercato

Parco urbano

Skate-park Parco “protetto” (0-4 anni)


5 S. Giorgio delle Pertiche

Borgoricco

Bronzola

Linee strategiche di riferimento Un’infrastruttura per la gestione integrata del rischio idraulico 2. Una (infra)struttura per la dispersione 3. Potenziamento ecologico e rinaturalizzazione del sistema-fiume 4. Un’infrastruttura per il turismo, lo sport e il tempo libero 1.

Obiettivi specifici Riconnessione di polarità territoriali al fiume con percorsi protetti, creazione di un fronte urbano definito e contenimento dell’edificato, progettazione integrata di infrastrutture per il rischio idraulico, funzione didattica del fiume rivolta a scuole e famiglie

Aree di applicazione Percorsi non situati lunghi corsi d’acqua


Atlante della progettualità diffusa

5.5 Ricuciture: il percorso didattico della centuriazione Una nuova connessione territoriale Questo progetto affronta da una parte il tema della riconnessione del sistema fiume con il resto del territorio e dall’altra vuole arricchire tale sistema aprendolo alle visite da parte di scolaresche e turisti, permettendo di approfondire in modo diretto e interattivo la conoscenza del territorio. Si è ipotizzato un nuovo percorso ciclo-pedonale che connetta Bronzola e Borgoricco, dove ha sede il Museo Storico della Centuriazione, allo stesso tempo ridefinendo il fronte verso la campagna della grande conurbazione incentrata su via Desman, con l’obbiettivo di preservare e valorizzare la campagna retrostante. A Bronzola inoltre è presente uno svincolo della superstrada, permettendo di raggiungere l’inizio del percorso in circa 20 minuti dal centro di Padova; in questo punto è stata prevista, insieme ad alcune azioni di riqualificazione territoriale, la realizzazione di una vasca di laminazione e di una serie di campi didattici (le “stanze della Tergola”) funzionali allo studio delle colture tradizionali e alla divulgazione delle più innovative. Per quanto concerne il percorso, si è ritenuto di articolarne le tappe in tre itinerari tematici, incentrati sulla lettura storica, etnografica e naturalistica del territorio.

215


Secundum Flumen 4

3

1 2

5 3 4

6

6

5 Bronzola

Tappe 1 2 3 4 5 6

Segni di industrializzazione L’arrivo di Napoleone La repubblica Veneta e l’entroterra Un periodo di barbarie Cos’è la centuriazione? I Romani e il controllo del territorio

Punti di interesse 1 2 3 4 5 6

216

Museo della centuriazione romana Cippo romano Ponte-canale veneziano (XVII sec.) Il corso del Tergola Oratorio paleocristiano di Campanigalli Molino Volpato

2

1

Borgoricco


Atlante della progettualità diffusa 3

2

4

1

Borgoricco

1

5

2 6 3 Bronzola

Tappe 1 2 3 4 5 6

Cavini, capezzagne e campi Le tecniche colturali e le piantate Prodotti e coltivazioni tipiche L’edilizia rurale I “campi chiusi” Il fiume nella cultura popolare

Punti di interesse 1 La campagna veneta 2 Le “stanze didattiche” del Tergola 3 Museo etnografico di Valle Agredo

217


Secundum Flumen 2 3

1 4 5 2 Bronzola

Tappe 1 2 3 4 5

Flora di Valle Agredo Il bosco planiziale Le siepi e i fossi L’ambiente umido L’ecosistema fluviale

Punti di interesse 1 Vasca di laminazione naturalizzata 2 Tergolandia

218

1

Borgoricco



Secundum Flumen

Masterplan dell’intersezione tra il percorso e la pista ciclabile A Nuovo percorso verso Borgoricco - museo della centuriazione B Cassa di laminazione - zona umida C “Stanze” didattiche D Piazza urbana E Parco artistico “Tergolandia” (esistente) F Oratorio paleocristiano di Campanigalli G Approdo canoa e kaiak H Ambiti di riqualificazione mulino volpato e area industriale I Svincolo superstrada

220


A

Verso S. Giorgio

B

C

D Bronzola

E F

G H I

Verso S. Andrea


Fondo in calcestruzzo drenante a basso impatto ambientale

Materiali e arredo urbano

Pannelli informativi in metallo cor-ten


Sistema di illuminazione a led differenziato per aree rurali e urbane

Panchine in cor-ten e legno


6 Casse di espansione

Linee strategiche di riferimento Un’infrastrutturaPadova per la gestione integrata del rischio idraulico 3. Potenziamento ecologico e rinaturalizzazione del sistema-fiume 4. Un’infrastruttura per il turismo, lo sport e il tempo libero 1.

Obiettivi specifici Progettazione integrata di opere idrauliche e infrastrutturali, prevenzione di interventi di grande impatto ambientale realizzati in un ottica emergenziale

Aree di applicazione Casse di laminazione e opere idrauliche compiute sul corso del fiume


Atlante della progettualità diffusa

5.6 Un’infrastruttura naturale: campi didattici e bacino di laminazione Il rischio idraulico e la logica emergenziale In anni recenti, purtroppo, il tema della difesa del territorio da allagamenti e alluvioni raggiunge le cronache locali e nazionali ad intervalli sempre minori. Qualche giorno di precipitazioni sopra la media basta infatti per mandare in crisi il già sofferente sistema di smaltimento delle acque e causare estesi danni ad attività agricole, produttive e commerciali. Politici e amministratori, in momenti di crisi, spendono non poche parole per marcare la necessità di intervenire sul territorio con interventi mirati a ridurre il rischio idraulico e mitigare gli effetti negativi di allagamenti ed esondazioni. I termini in cui si viene posto questo problema (reale) sono quasi sempre quelli dell’”emergenza” e della “criticità”, arrivando a stanziare anche ingenti quantità di denaro per finanziare interventi di ingegneria idraulica sui corsi d’acqua. Le opere realizzate consistono nella maggior parte dei casi in vasche di espansione e di laminazione per i corsi d’acqua che, pur rispondendo ai criteri richiesti in sede di progetto, sono spesso paesaggisticamente impattanti e di bassa qualità ambientale, oltre a sottrarre ulteriori spazi all’ambiente agricolo, spesso di grande qualità perché collocati lungo i corsi d’acqua. Vi è dunque una scarsa capacità di intendere questi interventi in un’ottica generale di prevenzione, programmandoli in tempi adeguati e prevedendo che essi siano progettati oltre che per rispondere a re225


Secundum Flumen

quisiti di tipo ingegneristico-prestazionale, anche per promuovere un generale miglioramento del ambiente fluviale.

Il progetto integrato dell’infrastruttura idraulica Questo progetto affronta il tema della realizzazione di questo tipo di infrastrutture partendo dal presupposto che esse siano necessarie, ma che sia altrettanto necessaria il loro inserimento in una visione più allargata di “territorio resiliente”, studiandone il rapporto con il contesto e la possibilità di integrazione con altre progettualità presenti nell’area. In questo caso una cassa di espansione già prevista nel Piano degli Interventi del comune di Campodarsego, è stata pensata come punto di snodo tra il sistema ciclabile già elaborato nel progetto 2 dell’Atlante e il percorso didattico del progetto 5, rendendo quest’infrastruttura il centro di un ricco sistema di percorsi per il tempo libero e per gli spostamenti locali, permettendo di ipotizzarne un uso che vada oltre le poche (relativamente) volte in cui dovrà essere effettivamente riempita d’acqua per prevenire inondazioni e allagamenti. Un masterplan di quest’area, nei pressi del paese di Bronzola, è stato già ipotizzato all’interno del progetto 5, studiandone l’integrazione con il già esistente parco di “Tergolandia”. In questo caso esso è stato maggiormente dettagliato, immaginando la realizzazione di due interventi accomunati dalla collocazione presso l’inizio del percorso didattico della centuriazione: la cassa di laminazione (“Il meandro perduto”) e un sistema di campi didattici (“le stanze 226

fig 5.8 - Diagramma dei due progetti previsti lungo la Tergola


Percorso didattico verso Borgoricco

Cassa di laminazione ed espansione del fiume (PI) Percorso della Tergola

Campi didattici


Secundum Flumen

della Tergola”).

Le Stanze della Tergola Lungo il corso del fiume, nel primo tratto del “percorso didattico della centuriazione”, in alcune parti del territorio agricolo, quelle orientate secondo la giacitura del fiume (“secundum flumen”), viene riproposta la tipologia dei “campi chiusi”, nei suoi caratteri fondamentali. Questi spazi racchiusi (le “stanze” appunto”) divengono un luogo di studio e conoscenza dell’ambiente agricolo, proponendo una percorso dalle tipologie tradizionali di colture e piantate (come quelle della vite e dei cereali, presenti in quest’area sin dall’epoca romana, nelle loro varie declinazioni) fino alle più recenti tendenze nel campo dell’agricoltura biologica e biodinamica. Inserendosi nel percorso didattico, questo spazio si rivolge sia a un pubblico che voglia studiare e approfondire questi temi (scolaresche, corsi) sia come un luogo di sperimentazione e di promozione per i professionisti che si occupano di questi temi sul territorio. Non è infatti da dimenticare che il comune di Campodarsego ospita la sede di alcune aziende leader mondiali nella produzione di macchinari per la coltivazione in contesti delicati e di alta qualità.

Il meandro perduto La previsione della realizzazione di una vasca di laminazione è stata vista come l’opportunità di restituire all’ambiente fluviale una forma ormai perduta lungo quasi tutta la lunghezza del corso d’acqua: la formazione di anse più o meno strette, che sono state 228


Atlante della progettualità diffusa

eliminate nel corso degli ultimi due secoli in un’ottica di razionalizzazione e rettificazione del corso del fiume. All’interno della vasca il fiume continua quindi a scorrere liberamente, definendo zone umide (i punti più profondi della vasca) e aree sabbiose, visibili dal percorso grazie a due passerelle che gli permettono di attraversare l’invaso, che costituiscono un punto di osservazione del nuovo ecosistema che all’interno di essa si andrà a creare.

229


Le stanze della Tergola: campi didattici Un frammento di campagna a “campi chiusi”, con intento didattico, che ripropone la varietà di colture e piantate che è possibile incontrare in quest’area. Alcune aree potrebbero essere utilizzate ad orto comune (che potrebbe ad esempio essere curato dai bambini) e contribuire all’informazione e alla sensibilizzazione sull’ambiente agricolo.


Il meandro perduto: vasca di laminazione sulla Tergola La necessità di realizzare una vasca di laminazione viene sfruttata per riproporre una forma naturale, quella dell’”ansa del fiume”, che i tanti interventi di arginatura e rettificazione hanno cancellato dal corso del fiume. All’interno del “meandro” il fiume è libero di tracciare liberamente il proprio percorso, mentre sul resto dell’area trovano spazio aree umide e canneti. Il percorso che lo attraversa è dotato di punti di osservazione della fauna e della natura.


7 Campodarsego

Sant’Andrea

Reschigliano

Padova

Linee strategiche di riferimento Una (infra)struttura per la dispersione 4. Un’infrastruttura per il turismo, lo sport e il tempo libero 2.

Obiettivi specifici Riutilizzo di aree marginali e con problematiche legate alla presenza dell’infrastruttura, creazione di nuovi spazi per il tempo libero senza ulteriore consumo di suolo, riconnessione di parti di territorio separate dalla superstrada

Aree di applicazione Aree problematiche in accostamento a grandi infrastrutture, discariche e cave dismesse


Atlante della progettualità diffusa

5.7 Infrastrutture: la “nuova centuria” di Reschigliano Il Veneto delle cave dismesse L’area centrale del Veneto è caratterizzata dalla presenza massiccia di cave per l’estrazione di inerti e ghiaie in pianura, che sfruttano i sedimenti alluvionali per la produzione di cemento. Tale opera di prelievo, effettuata in parallelo a quella sul letto dei fiumi, ha creato molteplici “ferite” sul territorio di pianura, profonde fino ad alcune decine di metri. Nella maggior parte dei casi le cave sono state dismesse e il loro volume è stato colmato dalle acque della falda che in queste aree corrono a pochi metri dal suolo. In altri è stato utilizzato per lo stoccaggio di rifiuti o macerie.

L’area della discarica di Reschigliano, un ambito complesso L’area scelta per questo progetto presenta entrambe queste situazioni, contemplando 3 bacini idrici e un grande invaso che accoglie una discarica, collocati nel sito di una cava di argilla per laterizi dismessa nel 1987. A rendere ancora più complesso quest’ambito è stata costruita all’inizio degli anni 2000 la nuova superstrada, che lo divide in due parti pressoché uguali, una caratterizzata da zone industriali e bacini idrici e l’altra dalla grande discarica di Reschigliano, ora in via di chiusura, e da ulteriori incavi colmi d’acqua. La discarica è stata oggetto negli ultimi anni a grossi investimenti per la realizzazione di un impianto di valorizzazione del percolato e di opere ambientali 233


Secundum Flumen

di mitigazione e per limitare il rischio dell’ambiente circostante.

Una montagna in pianura La particolarità di quest’area suggerisce un approccio progettuale che punti a riqualificare un pezzo già “compromesso” di territorio, senza comportare ulteriore consumo di suolo e allo stesso tempo affrontando le più importanti problematiche poste dal contesto. In questo caso le più rilevanti tra queste risultano essere: • La riqualificazione ambientale e visuale della discarica di Reschigliano • La valorizzazione e protezione delle zone umide nate all’interno delle cave dismesse • Il superamento della barriera costituita dalla superstrada, che in questo punto corre sul piano di campagna. Dal punto di vista urbanistico, l’area si trova in un punto baricentrico rispetto a tre centri abitati: Reschigliano, Sant’Andrea e Campodarsego. Il progetto è chiamato “La nuova centuria” per la sua collocazione all’interno del paesaggio del graticolato romano, e poiché quest’area ha esattamente la forma delle antiche divisioni poderali romane: un quadrato di circa 700 m di lato. Prevede la realizzazione di percorsi che lo ricollegano ai citati centri e che convergono in questo punto, con un nuovo sovrappasso ciclabile che riconnette i due lati della superstrada. L’area verso Campodarsego è stata pensata come 234


Campodarsego

Sant’Andrea

Area di progetto

Reschigliano


Secundum Flumen

un’area umida multifunzionale, che potrebbe essere adibita a centro per la pesca sportiva (sport ampiamente praticato in queste zone, spesso illegalmente), predisponendo alcune piattaforme lungo gli argini e mettendo in sicurezza la sponda, nonché delle postazioni per il bird-watching e l’osservazione della fauna naturale. Tale insieme, collocandosi tra due zone industriali, permetterebbe anche di ridurne l’impatto ambientale e di schermarne i fronti con la piantumazione di alberi. L’area della discarica, invece, vede nascere un “Parco in salita”, che guadagna il dislivello necessario a salire sulla sommità del rilievo e contestualmente quello per attraversare la superstrada. Tale parco dovrebbe trarre la sua particolarità sfruttando la pendenza per integrare giochi per bambini, rampe e terrazzamenti che offrano una vista inedita del territorio circostante, tramutando un oggetto negativo (la discarica) in un luogo di interesse e novità, che trae forza proprio dal suo carattere orografico e dalla sua morfologia “montuosa”.

236


Stato di fatto

Bacini idrici in cava dismessa

Discarica di Reschigliano in fase di chiusura e dismissione

Superstrada sul piano di campagna

Bacini idrici in cava dismessa


La “nuova centuria�

Sovr da Parco giochi e punto di osservazione Verso Campodarsego


rappasso sulla superstraIl “parco in salita�

Piattaforme per la pesca sportiva

Verso S. Andrea

Verso Reschigliano



Bibliografia Libri e riviste Barattucci C., Urbanizzazioni disperse. Interpretazioni ed azioni in Francia e in Italia 1950-2000 Bianchetti S., Abitare la città contemporanea, Milano 2003 Bonarrigo M., Padova: la città, le acque, Francisci Editore, Padova 1993 Bortolami S. Mengotti C, Antico sempre e nuovo: l’agro centuriato a nord-est di Padova dalle origini all’età contemporanea, Cierre Edizioni, Verona 2012 Cederna A., La distruzione della Natura in Italia, Einaudi, Torino 1975 Castiglioni B. Ferrario V., “Dov'è il Paesaggio Veneto?” in Ars n. 111 luglio/settembre 2007 Cazzola A., Paesaggi coltivati, paesaggio da coltivare: Lo spazio agricolo dell’area romana tra campagna, territorio urbanizzato e produzione, Gangemi, Roma, 2016 Cipolla C., Uomini, tecniche, economie, Londra, 1962 Clement G., Manifesto del Terzo paesaggio, 2005 De Rossi A., Durbiano G., Governa F., Reinerio L., Robiglio M. (a cura di), Linee nel paesaggio. Esplorazioni nei territori della trasformazione. Utet, Torino 2009 Donadieu P., Campagne Urbane, 1998 (Trad. Roma 2006)

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242


Bibliografia Jogan I., Tra sviluppo locale e processi di identità: le strettoie del piano nella città diffusa, Archivio distudi urbani e regionali n. 80/2004 Lironi S., Governo del territorio, paesaggio e sostenibilità ambientale nel Veneto, pubblicato nel Dossier di Legambiente del novembre 2009 Magnaghi A. Giacomozzi S. (a cura di), Un fiume per il territorio, Firenze University Press 2009 Merlini C., Un nuovo viaggio nella "città diffusa": spazi aperti, dotazioni pubbliche, infrastrutture come primi elementi di riqualificazione, in "Città tra sviluppo e declino", a cura di G. Calafati, 2015 Mininni M., Prefazione al libro "Campagne Urbane", di Pierre Donadieu, 2006 Meneghello L., Libera Nos a Malo, Feltrinelli, Milano 1963 Munarin S. Tosi M. C., Accessibilità, walking distance, giustizia spaziale. Riflessioni sulla "efficenza statica" della città italiana, in "Città tra sviluppo e declino", a cura di G. Calafati, 2015 Pays.Med, Per una corretta gestione del paesaggio : linee guida, Pays.Doc 2007 Pellegrini P., Le trasformazioni della città diffusa del Veneto centrale. Premessa per la riconcettualizzazione del sistema della mobilità, tesi di dottorato IUAV, Venezia, 2010 Piccinato P. (a cura di), Processi di urbanizzazione diffusa nel Veneto, ricerca Mpi/Cnr IUAV, 1986 Regione Veneto, PTRC: Atlante ricognitivo degli ambiti paesaggistici Regione Veneto, Guida al PSR 2014-2020, Venezia 2015

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Secundum Flumen Rufi J., Nuove parole, nuove città, in Archivio di studi urbani e regionali n. 81/2004 San Rocco magazine, n. 10 Ecology e n. 02 The Even covering of the field Salzano E., L'habitat dell'uomo bene comune in La società dei beni comuni, AA. VV. Carta edizioni, 2010 Savino M., «Dopo la crisi, quale modello territoriale?», in Bertagna A. Gastaldi F., Marini S. (a cura di), L’architettura degli spazi del lavoro. Nuovi compiti e nuovi luoghi del progetto, Quodlibet Edizioni, Macerata, 2012 Scandurra E., Spazi pubblici, in Urbanistica Informazioni n. 166/1997 Secchi B., Resoconto di una ricerca, in Urbanistica n. 103/1995 Secchi B., Prima lezione di urbanistica, Laterza, Bari 2000 Secchi B., La città del XX secolo, Laterza, Bari 2005 Sereni E., Storia del paesaggio agrario italiano, Roma 1961 Sermini M., Le politiche urbane di fronte ai cambiamenti sociali, Archivio di studi urbani e regionali n. 43/1992 Settis S., Paesaggio Costituzione Cemento, Einaudi, Torino 2010 Tempesta T., Crescita Urbana nel veneto e degrado del territorio, nel Dossier Legambiente del novembre 2009 Turri E., La conoscenza del territorio, Marsilio, Venezia 2002 Ugolini P., La formazione del sistema territoriale e urbano della valle padana, in Storia d’Italia, Annali 8,Insediamenti e territorio, a cura di Cesare de Seta, Einaudi 1985 Vallerani F., Vie d'acqua del Veneto, La Galiverna 1983

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Bibliografia Vallerani F., Acque a Nord Est, Ci Esse editore, Verona 2004 Vallerani F., Italia desnuda, Milano 2013 Vallerani F. Varotto M (a cura di), Il grigio oltre le Siepi, Nuovadimensione, Portogruaro (VE) 2005 Varotto M., Acque per la terra, terra per le acque: la centuriazione "morbida" lungo la Tergola Varotto M., In bicicletta tra Padova e Bassano, 1998 Varotto M., Le terra della Tergola. Vicende e luoghi d'acqua in territorio Vigontino, Vigonza 2005 Vigato M., Le comunità di Campodarsego. Ambiente e società tra medioevo ed età moderna, 2006 Vinci I. (a cura di), Il radicamento territoriale dei sistemi locali,, FrancoAngeli, Milano 2005 Zanzotto A., In margine ad un vecchio articolo, in “Il grigio oltre le siepi”, Nuovadimensione, Portogruaro 2005

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Secundum Flumen

Sitografia

Contratto di fiume per il Marzenego http://www.acquerisorgive.it/cdfmarzenego/ https://marzenego.wordpress.com/

Piani della provincia di Padova http://pianionline.provincia.padova.it/

Tavolo nazionale dei contratti di fiume http://nuke.a21fiumi.eu/

Catasto storico di Padova e Rovigo http://archiviodistato.provincia.padova.it/

Sito del PTRC Veneto http://ptrc.regione.veneto.it/

Osservatorio locale del paesaggio del graticolato romano http://paesaggiograticolato.provincia.padova.it/

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Bibliografia

Piani consultati PTRC della Regione Veneto PTCP della provincia di Venezia PTCP della provincia di Padova PATI del Camposampierese PATI della Comunità metropolitana di Padova Piano di assetto del territorio (PAT) e piano degli interventi (PI) dei comuni: •

Borgoricco

Campodarsego

Camposampiero

San Giorgio delle Pertiche

Santa Giustina in colle (PRG)

Vigonza

Villa del Conte

Villanova di Camposampiero

Piano Regionale Veneto della Viabilità Ciclistica (2014)

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Tavole di progetto

























Ringraziamenti Grazie innanzitutto ai miei relatori, Romeo Farinella e Michelangelo Savino, che mi hanno dispensato fiducia e consigli e guidato in questo percorso con pazienza e personalità. Grazie. A tutta la mia famiglia. A Papà e Lisa, perché siete una risorsa, sempre. A Carla, Ninni, Yuri, Carlos, Marina, Bruno, e tutti i tanti altri, che mi avete fatto (e continuate a farmi) crescere curioso e pieno di affetto. A Elena, che mi accompagni sempre testarda, nonostante me. Ad Andre, Cate, Diego, Fra, Nick, Pedro e Pola, perché non potevo trovare compagnia migliore. Cazzoni godetevi ‘sto grazie che poi ricomincio a insultarvi per qualsiasi cosa.

A Samuele e Giulio, perché alla fine saremo sempre i Baroni; grazie anche a Zu e Tonica, baronesse d’elezione. Agli amici di una vita, perché alla fine non ci si vede tanto ma ci siete sempre: grazie Ale, Jack, Pippo, Luca, Tirel, Condo. A tutte le persone che ho conosciuto a Ferrara, di tutte le nazionalità,italiani, francesi, spagnoli (senza dimenticare il Belga) perché alla fine è stata proprio una figata. Infine grazie alle tante persone che non ho nominato perché mi scocciano i ringraziamenti che durano più di una pagina ma che in questi anni hanno condiviso momenti belli o brutti con me. Grazie.




Laureando | Enrico Redetti Relatori | prof. Romeo Farinella, prof. Michelangelo Savino A.A. 2015/2016 UniversitĂ degli studi di Ferrara | Laura Magistrale in Architettura


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