Tecniche della ceramica

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Tecniche della ceramica

Realizzato da: Vincenza Carlino Anno di corso: III Grafica Anno Accademico: 2007/2008 Materia: Tecniche della ceramica Prof.: Calogero Piro



Tecniche della ceramica A cura di Vincenza Carlino


Indice cap. 1 - Cenni storici

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cap. 2 - Produzione artigianale - Il ciclo produttivo - Selezione e preparazione dell’argilla - Lavorazione dell’argilla - Modellazione - Essiccazione - Cottura

pag. 5 pag. 5 pag. 5 pag. 5 pag. 6 pag. 7 pag. 7

cap. 3 - Prodotti in ceramica - Tipi di ceramiche - Terracotte - Grès - Porcellana - Porcellana feldspatica - Cotto - Grès porcellanato - Maiolica

pag. 10 pag. 11 pag. 11 pag. 11 pag. 12 pag. 12 pag. 12 pag. 13 pag. 13

cap. 4 - Smaltatura e decorazione - La seconda cottura - Produzione industriale di piastrelle ceramiche - Preparazione delle materie prime, essiccazione, cottura - Smaltatura e ricottura - Paper clay - Smalto - Nero fratta

pag. 14 pag. 15

pag. 16 pag. 17 pag. 17 pag. 17 pag. 18

cap. 5 - La piastrella - Proprietà fisiche

pag. 19 pag. 20

cap. 6 - Descrizione sommaria dei lavori svolti

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Cap. 1 - Cenni storici

La ceramica è conosciuta fin dall’antichità e molti popoli ne hanno fatto uso, primi fra tutti i cinesi, per questa ragione è possibile trovare vari manufatti fossili nei luoghi più disparati. I primi manufatti sono del neolitico, e si compongono di vasellame cotto direttamente sul fuoco. I manufatti considerati più antichi risalirebbero al XI millennio a.C. e sono stati ritrovati in Kyushu, Giappone. Successivamente l’arte vide l’introduzione del tornio, che consentì di ottenere facilmente oggetti aggraziati e di perfetta simmetria rispetto all’asse di rotazione. L’introduzione della verniciatura vetrosa, in uso a partire dal II millennio a.C. in Mesopotamia, migliorò ulteriormente la resistenza all’usura e le caratteristiche estetiche. Un vera rivoluzione si ebbe, tuttavia, con la scoperta della lavorazione della porcellana, che si fa risalire in Cina del VIII secolo d.C. L’antica Grecia ereditò la tecnica della ceramica dalla civiltà minoico-micenea. Dal VI al V sec. a.C. Atene dominò i mercati con la sua produzione di vasi, ma nel IV sec. a.C. questa decadde. Sorsero altre fabbriche locali in Beozia, Etruria, Magna Grecia e Sicilia. La produzione di queste lasciò un segno tanto profondo che, molti secoli, dopo, Josiah Wedgwood chiamò Etruria la sua manifattura di porcellane, destinata a diventare una delle più famose del mondo. In età augustea si diffuse la ceramica aretina, con decorazione a rilievo. A questa seguì in tutto l’Occidente romano la ceramica. a rilievo detta terra sigillata, che rimase in uso fino al termine dell’impero. Nel tardo medioevo le ceramiche venivano realizzate con il tornio, cotte al forno e impermeabilizzate con una vernice vetrosa. Dopo il XIII secolo si incominciano ad usare anche altri colori e decorazioni più sofisticate. Verso la fine del 1800 la produzione di ceramica prende corpo, grazie all’introduzione di alcune tecniche industrializzate. In Italia, nel modenese, si mette a punto una tecnica che permette di aumentare la produzione di piastrelle, all’epoca in uso quasi solo in cucina e bagno. Negli anni ‘50 si introducono altre consistenti migliorie, quali la pressa automatica e il forno a tunnel. Con queste varianti alla produzione si riesce infine a raggiungere una produzione su scala medio-larga, necessaria per sostenere un mercato in forte espansione. Ma è negli anni 3


‘60 e ‘70 che il mercato della ceramica in Italia vede una vera impennata. La produzione viene completamente automatizzata in tutte le sue fasi e viene introdotto un nuovo macchinario: l’atomizzatore. Questo consentì di sostituire i filtri pressa usati nella preparazione ad umido degli impasti. Dagli anni ‘80 in poi, infine, ci si è concentrati soprattutto sulle tecniche di cottura veloce (cottura rapida monostrato) e sulla riduzione dell’impatto ambientale della produzione. Da pochi anni vengono utilizzati anche per la costruzione di dischi per impianti frenanti, mescole di carbonio e ceramica, in grado di diminuire l’effetto del fading; e poi anche per il suo peso contenuto; ancora in fase di progetto viene montato solo su vetture di alto livello, come Ferrari, Porsche e Lamborghini.

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Cap. 2 - Produzione artigianale

Il ciclo produttivo Il ciclo produttivo prevede vari passaggi, a seconda del risultato che si desidera ottenere e a seconda che la produzione sia artigianale o industriale.

Selezione e preparazione dell’argilla L’argilla viene anzitutto selezionata per la lavorazione che si intende portare avanti. I tre tipi di argilla usata sono: •

Caolino. Presenta bassa plasticità, colore bianco, scarso potere essiccante ed è refrat-

tario. È usato nelle porcellane cinesi. •

Argilla sabbiosa. Presenta alta plasticità e grana fine.

Argille refrattarie. Sono specialmente resistenti al fuoco.

Quale che sia l’argilla che si utilizzerà, essa non è direttamente utilizzabile per il processo se si trova ancora al suo stato naturale. Deve venire ripulita dalle impurità e per ottenere questo si procede alla fase della stagionatura. Successivamente viene sciolta in acqua per la lavatura, che causa la dispersione dei sali solubili. Infine subisce una ulteriore depurazione per eliminare le residue impurità e soprattutto per affinarla, togliendo le particelle a granulometria più grossolana.

Lavorazione dell’argilla Selezionata e ripulita, si procede a impastare l’argilla. Questa fase tende a eliminare eventuali bolle d’aria e a renderla compatta, per prevenire il formarsi di crepe nel prodotto finito. All’impasto si aggiunge, talvolta, della “chamotte”, ovvero polvere ottenuta dalla macinazione della ceramica precedentemente cotta, con lo scopo soprattutto di rendere il prodotto resistente agli sbalzi repentini di calore. L’aggiunta della chamotte è, ad esempio, quasi indispensabile nel Raku Giapponese e nel Raku Americano a Fumo.

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Modellazione Un’arte tanto antica ha accumulato nei secoli varie tecniche di modellazione. Tra di esse ricordiamo:

Modellazione a mano libera È la più antica ed è simile a quanto fanno i bambini quando giocano con la plastilina: si prende una porzione di argilla e, con il solo uso delle mani , si modella la forma desiderata.

Modellazione a colombino Prevede l’uso e l’assemblamento dei colombini di argilla. Si dividono blocchi di argilla delle dimensioni di un sigaro e si stendono con i palmi delle mani, ottenendo dei lunghi cilindri simili a lunghi grissini. Si arrotolano questi colombini gli uni sopra agli altri, si uniscono fra di loro e si lisciano per ottenere una superficie compatta. Con questa lavorazione, ugualmente antica, si modellano soprattutto vasi e ciotole.

Modellazione a lastre Si prende un pane d’argilla e se ne tagliano lastre di spessore omogeneo usando un filo o stendendole con un matterello. Successivamente le lastre vengono tagliate a stampo oppure giuntate tra loro con l’aiuto di incisioni spalmate con barbottina.

Modellazione al tornio È usata soprattutto per la produzione di vasellame in cui vi sia una simmetria rispetto all’asse di rotazione. Il tornio è un formato da un supporto girevole, simile ad un piatto la cui velocità viene stabilita tramite un pedale, come nel tornio antico, o tramite motorino regolato da reostato, ai giorni nostri. Si pone una data massa di argilla al centro del piatto girevole, avendo cura di posizionarla perfettamente in centro. Quindi si modella con uso delle mani o di altri strumenti mentre si regola la rotazione del tornio stesso. La massa di argilla che si è deciso di usare all’inizio deve essere sufficiente a formare tutto l’oggetto, dal momento che non è possibile aggiungerne in corso d’opera senza pregiudicare la forma data con la modellazione.

Modellazione a stampo In questa modellazione si prepara, anzitutto, uno stampo in gesso, che solitamente replica un oggetto che si intenda riprodurre. Quindi vi si cola dentro argilla liquida e si attende pazien6


temente che essicchi. Viene quindi estratta dallo stampo e rifinita a mano. Infine si cuocerà in forno l’oggetto modellato che perderà, rispetto all’originale di cui è la copia, un 10% del volume.

Essiccazione Qualunque sia la tecnica che si è adottata, è necessario che i manufatti in argilla essicchino completamente all’aria. A questa fase va dedicata una particolare cura. Una essiccazione omogenea e uniforme è garanzia di durevolezza dell’oggetto finito e soprattutto della coerenza della sua forma: una essiccazione non uniforme può generare deformazioni. Solo dopo questa fase si può procedere alla cottura. L’essiccazione, infatti, consente che l’oggetto perda l’umidità residua e la sua plasticità. Viene così fissata la forma che si è inteso dargli. Dopo un certo periodo di essiccazione l’argilla raggiunge lo stadio adatto ad essere incisa e decorata. Tale stadio è detto della stadio della durezza cuoio: l’argilla è infatti già indurita, ma mantiene ancora una certa residua plasticità.

Cottura Terminata la delicata fase dell’essiccazione si procede con quella della cottura. Questa avviene in forni appositi, che raggiungono temperature che possono andare parecchio oltre i 1000°C. Il processo può durare anche molte ore. È infatti necessario che la temperatura segua curve di crescita e decrescita graduali e prestabilite, e che tutte le varie fasi abbiano una durata prestabilita. In seguito alla cottura il prodotto subisce un’ulteriore riduzione di volume. Poiché la cottura modifica la struttura del prodotto finale, modulandola si possono ottenere risultati diversi: •

Terracotta - si ottiene mantenendosi tra 960 e 1030°C

Terraglia tenera - si ha tra 960 e 1070°C

Terraglia dura - si ha tra 1050 e 1150°C

Gres - si ottiene tra 1200 e 1300°C. Il Gres è un prodotto fortemente vetrificato, imper-

meabile e poco poroso. Prodotti quali il klinker, il ball clay, e il fireclay appartengono a questa famiglia 7


Porcellana tenera - si ha tra 1200 e 1300°C, previo utilizzo di caolino. A questo stadio

otteniamo sia la vetrificazione, sia la traslucidità, sia l’impermeabilità. •

Porcellana dura - si ha tra 1300 e 1400° C. È di solito di uso industriale.

Ceramica High-Tech - si ottiene tra 1400 e 1700° C, previo utilizzo di sostanze aggiun-

tive, quali caolino e allumina. Nelle diverse fasi della cottura, inoltre, avvengono varie trasformazioni: •

150°C - si elimina l’acqua residua nell’impasto e quella contenuta fra gli interstrati

tra i 250°C e i 350°C - le materie organiche vanno in combustione. Viene liberata l’ac-

qua zeolitica chimicamente combinata •

tra i 350°C e i 600°C - si libera l’acqua igroscopica

800°C - si decompongono e trasformano i carbonati

oltre i 1000°C - fondono i feldspati, e si ottiene la vetrificazione

Va ricordato, infine, che la presenza di ossigeno in camera di combustione determina il degrado delle sostanze organiche presenti, nonché l’ossidazione delle sostanze minerali. Come risultato si ottiene un prodotto di color rosso ruggine per azione dell’ossigeno (ossidante) sul ferro. Si otterrà, invece, un colore nero scuro per azione del vapore e monossido di carbonio (riducente).

L’argilla è malleabile quando idratata e puo’ quindi essere facilmente lavorata con le mani. Quando è asciutta diventa rigida e quando subisce un intenso riscaldamento, diventa permanentemente solida e compatta. Queste proprietà rendono l’argilla, uno dei materiali più economici e largamente usati nella produzione ceramica fin dall’antichità. Le prime testimonianze di utilizzo di questo materiale da parte dell’uomo per creare manufatti risalgono al periodo neolitico, quando i primi oggetti di argilla (ciotole, vasi, ecc.) venivano cotti direttamente sul fuoco. L’argilla, attualmente, oltre che nella ceramica, è usata anche in molti processi industriali, come la preparazione della carta, la produzione di cemento, laterizi, filtri chimici.

Cosmesi L’argilla e’ talvolta utilizzata per usi esterni cosmetici, come ad es. la maschera a base di argilla, che molte persone applicano sulla pelle. Il principio secondo cui agisce e’ la sua variabile consistenza a contatto con l’acqua; l’argilla disciolta parzialmente in acqua viene applica8


ta come fango, con uno spessore dell’ordine di millimetri, su una zona della pelle (tipicamente sul viso, ma anche su tutto il corpo). L’argilla dopo un periodo nell’ordine di decine di minuti si asciuga completamente divenendo un film rigido aderente perfettamente ad ogni asperita’. La parte dello strato della pelle piu’ esterna (strato corneo dell’epidermide) lentamente si scolla dallo strato granuloso dell’epidermide e resta adesa all’argilla, la quale venedo rimossa (ad esempio con acqua) esfolia questo piccolo strato di cellule morte superficiali che abbandonano il corpo del soggetto. Come risultato la pelle appare al tatto (ed otticamente) notevolmente piu’ liscia e morbida. Questo accorgimento estetico e’ stato usato empiricamente per millenni da varie culture antiche, fino a giungere pressoche’ invariato ai giorni nostri.

Vivaistica Nell’ortocoltura e floricoltura indoor, spesso vengono utilizzati materiali o miscele di materiali in sostituzione o per la replicazione del suolo; a queste applicazioni viene adattata un tipo di argilla trattata denominata “argilla espansa”. Si tratta di granuli, sferette rozzamente irregolari, ottenute principalmente mediante trattamento termico di piccole quantità di argilla. A secondo del diametro, o granulometria, vengono utilizzate per diversi tipi di colture. La principale caratteristica per cui viene apprezzata l’argilla espansa e’ il drenaggio che e’ possibile ottenere col suo utilizzo come suolo puro o miscelato con altro terriccio. I granuli sono a bassa densità poiché immagazzinano al loro interno una quantità di aria che li rende molto leggeri ma possono immagazzinare anche una quantità di umidità quando vengono bagnati, divenendo più pesanti.

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Cap. 3 - Prodotti in ceramica

La ceramica è un materiale composto inorganico, non metallico, rigido e fragile, molto duttile, con cui si producono diversi oggetti, quali vasellame e statuine decorative. È inoltre usato nei rivestimenti ad alta resistenza al calore per le sue proprietà chimico-fisiche e il suo alto punto di fusione. Solitamente di colore bianco, può venire variamente colorata e smaltata. La ceramica è usualmente composta da diversi materiali: argilla, feldspato, sabbia, ossido di ferro, allumina e quarzo. Una composizione così articolata determina la presenza di cristalli fini e appiattiti. La forma di questi, inoltre, conferisce alla ceramica una certa plasticità e ne rende la lavorazione più facile e proficua. Con ceramica non si intende solo il materiale, ma per estensione anche il prodotto che di quel materiale risulta composto. I prodotti in questione possono essere moltissimi. Tra i più frequenti merita ricordare: •

ceramici tradizionali. Sono utilizzati nell’industria edilizia

da rivestimento e da copertura. Sono le tegole e le piastrelle.

strutturale. Sono i laterizi.

sanitari.

meccanici e aeronautici, soprattutto nei motori e turbine.

Le piastrelle, inoltre possono a loro volta venire suddivise in: •

non smaltate: cotto, grès rosso, clinker e, in alcuni casi, il gres porcellanato.

monocottura: può essere rossa, bianca e clinker

Questi due tipi danno luogo a ceramiche tecniche e con scarsissimo assorbimento di acqua. •

in bicottura: prevalentemente la maiolica.

in cotto forte e terraglia.

Entrambe caratterizzate da un forte assorbimento di acqua. 10


Tipi di ceramiche La ceramica è una lavorazione antica e molto diffusa in aree anche molto distanti tra loro. Esistono tipi diversi di ceramiche: •

ceramiche a pasta compatta. Rientrano nel gruppo i gres e le porcellane. Hanno una

bassissima porosità e buone doti di impermeabilità ai gas e ai liquidi. Non si lasciano scalfire da una punta d’acciaio. •

ceramiche a pasta porosa. Sono tipicamente le terraglie, le maioliche e le terracotte.

Hanno pasta tenera e assorbente, facilmente scalfibile. I tre tipi di ceramiche principali sono la terracotta o coccio, il gres e la porcellana, che può essere tenera o dura.

Le terrecotte Sono ceramiche che, dopo il processo di cottura presentano una colorazione che varia dal giallo al rosso mattone, grazie alla presenza di sali o ossidi di ferro. La cottura si effettua a 960 - 980°C. La presenza di ossido di ferro, oltre a dare il colore tipico, migliora anche la resistenza meccanica della ceramica cotta. Sono utilizzate sia senza rivestimento superficiale che con rivestimento. Le prime come ceramica strutturale e ornamentale: mattoni, tegole, coppi, vasi, brocche, ecc.. Le seconde anche come vasellame da cucina: tazze, piatti, pentole.

Il grès Si ottiene per mescolanze argillose naturali che producono ceramiche dette, appunto, greificate. È necessaria una temperatura tra 1200°C a 1350°C. I colori variano a seconda dei composti ferrosi presenti. Per ottenere grés bianchi si utilizzano impasti artificiali a base di argille cuocenti bianche e rocce quarzoso-feldspatiche che inducono la greificazione della massa. Possono venire smaltate, come per tutte altre ceramiche, dopo la cottura oppure venire colorate al livello dell’impasto che contiene, di solito, un 33% circa di argille caolinitiche (bianche), un 50% di fondenti (principalmente feldspato) e la percentuale restante di materiali inerti (sabbie o quarzo). Il grès porcellanato è apprezzato perché ha elevate caratteristiche tecniche: bassissimo assorbimento di acqua (fino allo 0,05%) ed elevata resistenza meccanica. In tal modo il grès risulta una scelta preferenziale per le pavimentazioni.

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La porcellana È considerata il più “alto” livello di produzione ceramica per gli orientali. Principale componente ne è una particolare argilla bianca: il caolino idrossisilicato di alluminio. È stata inventata in Cina attorno al VIII secolo ed è realizzata appunto con caolino, silice (o sabbia quarzosa) e il feldspato. Il caolino conferisce le proprietà plastiche e il colore bianco della porcellana ma non sempre; il quarzo è il componente inerte e svolge la funzione da sgrassante (inoltre consente la vetrificazione); infine il feldspato, viene definito fondente, perché, fondendo a temperature più basse, abbassa notevolmente la cottura dell’impasto ceramico (1280°C). Esistono tipi anche molto diversi di porcellana, tipici delle diverse tradizioni di produzione. Il caolino è una roccia costituita prevalentemente da caolinite, un minerale silicatico delle argille. Il caolino ha un aspetto terroso e piuttosto tenero ed è prodotto dall’azione dell’acqua sul feldspato. È solitamente bianco, anche se talvolta assume colorazioni arancio o rossicce per la presenza di ossidi di ferro. Per il suo colore, e in virtù del suo basso costo, viene largamente usato nell’industria cartiera per riempire gli spazi della cellulosa e dare brillantezza e uniformità alla carta. Molto usato anche nell’industria ceramica. È altresì utilizzato nella produzione di coloranti per alimenti, di dentifrici e nell’edilizia. Prende il nome dalla città di Cao Ling in Cina ove fu scoperta.

Porcellana feldspatica La porcellana feldspatica o porcellana dura viene usata, oltre alla produzione di stoviglie, anche per costruire fusibili ed è resistente al calore, agli shock termici, alla scalfitura, ai graffi e agli urti. A differenza degli altri materiali ceramici, viene prodotta a temperature molto elevate (1400°C), in atmosfera controllata (riducente) e con materie prime purissime scientificamente dosate.

Cotto Il cotto è un materiale edile di produzione artigianale o industriale atto al rivestimento pavimentario, ottenuto da un particolare trattamento e cottura dell’argilla. A seconda del tipo di argilla utilizzato, lo spettro cromatico può variare dall’ocra gialla al rosso amaranto. 12


In passato era usato come materiale povero nell’edificazione di case rurali; oggi è divenuto un materiale pregiato e sempre più richiesto sul mercato. Note città abili nelle lavorazioni del cotto sono Faenza e Battipaglia.

Grès porcellanato Le piastrelle in gres porcellanato sono ottenute tramite il processo di sinterizzazione della barbottina. La cottura avviene ad una temperatura di circa 1350°C in forni lunghi sino a 140 ml dove la materia prima è portata gradualmente alla temperatura massima, lì mantenuta per un breve periodo, e sempre gradualmente viene raffreddata sino a temperatura ambiente. Il processo di cottura determina la ceramizzazione/greificazione della barbottina, attribuendone le tipiche caratteristiche di robustezza , impermeabilità, ingelività. Durante la cottura avvengono però varie deformazioni sulla materia precedentemente pressata. Le deformazioni maggiori riguardano la planarità, la calibratura e l’imbarcamento. Le deformazioni di cui sopra determinano la qualità del prodotto finito; al termine della fase di cottura le piastrelle vengono suddivise per classi omogenee di calibro e tono. Il materiale non pienamente conforme ai parametri dettati dalle norme UNI viene declassato ( 2a, 3a scelta, stok, ecc..) Con le attuali tecnologie produttive si possono ottenere piastrelle con formati variabili da 5x5 a 30x120 cm, con spessori da 7 a 16 mm , che possono essere smaltate e non smaltate.

Maiolica Maiolica è un termine usato anticamente per definire quei prodotti ceramici provenienti dall’isola di Maiorca, che originariamente erano ricoperte da una superficie di smalto stannifero (Diossido di stagno, SnO2). Nello studio della ceramica antica il termine è spesso abbinato alla parola “arcaica” “(maiolica arcaica)” semplicemente per dire che si tratta di una tipologia della ceramica medievale. Spesso erroneamente, anche sui dizionari, viene considerata maiolica tutta la ceramica di terracotta smaltata o un oggetto di tale materiale, in realtà ci sono tre passaggi fondamentali che identificano questo metodo decorativo: infatti l’oggetto biscotto (cioè gia cotto una prima volta) viene smaltato, “decorato soprasmalto” e spruzzato di un sottile strato di cristallina-vetrina trasparente (fase caratterizzante). Senza quest’ultima fase si avrà una mezza maiolica o detto più semlicemente una decorazione soprasmalto. La prima tavoletta di maiolica antica è stata trovata a Minorca nel 1903. 13


Cap. 4 - Smaltatura e decorazione

Ci sono molti modi di decorare e colorare la ceramica, anche in relazione al tipo di risultato che si desidera ottenere e alla cottura cui si sottoporrà il pezzo. I colori da ceramica sono essenzialmente di tre tipi: •

Ingobbio - sono specifici colori per la decorazione della ceramica composti da argille

già cotte e finissimamente triturate, caolino, sostanze minerali e ossidi. Sono, di fatto, smalti adatti a poter venire applicati sull’oggetto essiccato, ma ancora crudo e da cuocere. Questo permette di saltare un passaggio e cuocere l’oggetto una sola volta, dal momento che questi colori particolari tollerano l’alta temperatura cui si sottopone la ceramica. Gli ingobbi non sono tanto largamente diffusi, essendo costosi e dalle tinte tenui. Perché raggiungano la vetrificazione, inoltre, è necessario portare l’oggetto alla medesima temperatura dell’argilla che si ritrova nella composizione dell’ingobbio. Molti ceramisti che apprezzano la tecnica preparano da sé gli ingobbi che desiderano usare. •

Cristalline, dette anche Vetrine. Sono smalti di tipo vetroso, impermeabili e lucidi.

Usualmente trasparenti, solo occasionalmente sono colorate. Lasciano intravedere l’argilla sottostante. Alle cristalline si aggiungono fondenti, quali il germano (che sostituisce il tossico ossido di piombo), gli alcali o i borati. Questo allo scopo di abbassare il punto di fusione. •

Smalti - anch’essi di tipo vetroso. A differenza delle cristalline non sono trasparenti, ma

coprenti. Ciò è determinato dalla presenza di componenti quali il feldspato potassico o sodico, bentonite, stagno, e altri ancora. La smaltatura di un pezzo in ceramica ha lo scopo di proteggere il pezzo dall’usura, di facilitarne la pulitura e la manutenzione e di decorarlo. Se il pezzo viene smaltato e non colorato all’ingobbio la smaltatura avviene dopo la cottura e si utilizzano appositi smalti composti da una miscela in vari rapporti di vetro, opacizzanti, fondenti e terre. La smaltatura classica, pertanto è detta applicata al biscotto, ovvero all’oggetto già passato in cottura. Anche per la smaltatura vi sono svariate tecniche, tra le quali ricordiamo:

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smaltatura ad aerografo

smaltatura per immersione

pittura a smalto

smaltatura a campana

smaltatura elettrostatica

Dopo che si sia provveduto a smaltare la superficie dell’oggetto, si passa alla decorazione pittorica che è usualmente fatta a mano con pennello e colori ceramici. Questi colori ceramici sono ottenuti da ossidi minerali oppure da ossidi metallici addizionati di fondenti o indurenti. Dopo la smaltatura e la decorazione si procede con una seconda cottura, il cui scopo è quello di fissare lo smalto all’oggetto.

La seconda cottura Come si è detto, gli oggetti sottoposti a smaltatura classica devono subire una seconda cottura per fissare i colori. Tale cottura si attua in forno ad una temperatura compresa tra i 850 e i 970°C, a seconda dei fondenti utilizzati nello smalto. Questa seconda cottura porterà lo smalto a vetrificare, rendendolo lucido e impermeabile. Poiché l’umidità dello smalto è scarsa e i pericoli di rottura sono conseguentemente bassi, la curva della temperatura può essere innalzata più velocemente.

Produzione industriale di piastrelle ceramiche I processi fondamentali sono due: •

monocottura - la materia prima viene generalmente approntata con processo a pro-

cesso ad umido e l’essiccazione è a spruzzo. Vi è una sola fase di cottura, dopo che il pezzo è stato essiccato e smaltato. Durante questa cattura singola avvengono anche i processi di sinterizzazione e stabilizzazione dello smalto. •

bicottura - in questo caso la preparazione della materia prima segue quasi sempre

un processo a secco. Vi sono due fasi di cottura. Nella prima avviene la sinterizzazione del supporto. Segue la cottura dello smalto. 15


Il ciclo produttivo industriale è composto da varie fasi. Tra queste ricordiamo: preparazione delle materie prime, formatura, essiccamento, smaltatura, cottura e scelta. I due terzi della produzione industriale italiana attuale sono occupati dal Grés porcellanato, di cui la metà viene smaltata.

Preparazione delle materie prime, essiccazione, cottura Lo scopo della preparazione delle materie prime è ottenere un impasto di composizione omogenea, con una distribuzione granulometrica e forma dei grani appropriata. La granulometria fine permette una giusta velocità di essiccamento e una corretta reattività in fase di cottura. La forma dei grani e l’umidità dell’impasto influenzano l’uniformità del pressato. Infine l’impasto deve presentare un contenuto d’acqua adatto al sistema di formatura che si è scelto. I sistemi di formatura sono: •

pressatura - interessa soprattutto il settore delle piastrelle e comporta un 5-6% di ac-

qua. •

estrusione - è in uso soprattutto per i laterizi e comporta un 20 % di acqua

colaggio - è il sistema adottato per i sanitari e presenta un contenuto di acqua del 40%

Dopo la formatura ha luogo il processo di essiccatura e successivamente quello di cottura. I materiali ceramici possono essere ottenuti da polveri tramite un processo detto di sinterizzazione. Questo processo chimico-meccanico avviene in forni ad altissime temperature dove le polveri si fondono dando origine ai materiali ceramici. In particolare il feldspato, portato ad alte temperature, avvolge i cristalli di sabbia e argilla. Dopo l’essiccazione normalmente i prodotti modellati subiscono il processo di cottura, che conferisce maggiore resistenza meccanica ai manufatti ed elimina l’acqua residua rimasta dopo l’essiccamento.

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Smaltatura e ricottura La smaltatura può avvenire tra la prima cottura e la seconda o subito prima della cottura unica. Lo scopo, come si è già detto, è duplice: da un lato estetico, dall’altro pratico. Che lo smalto sia vetrina trasparente o smalto colorato il risultato finale è l’impermeabilizzazione e l’isolamento termico. Nelle ceramiche si aggiungono ossidi di piombo agli smalti, per abbassarne il punto di cottura e risparmiare sui costi. Le porcellane, invece, usano vetrina senza piombo e la ricottura è a 1500°C.

Paper clay Il paper clay è un metodo di lavorazione della ceramica che prevede l’inserimento di cellulosa nell’impasto prima della cottura. Prende il nome da due termini inglesi paper (carta) e clay (argilla). Si ottiene impastando l’argilla con carta sbriciolata o particelle di fibre vegetali come cotone o lino. La cellulosa modifica migliorandola la lavorabilità dell’impasto e conferisce alla ceramica cotta piu leggerezza e robustezza.

Smalto Lo smalto è un rivestimento impermeabilizzante coprente a base vetrosa di tonalità chiara, fusibile a temperature di 880 - 980°C, solitamente applicato a oggetti di ceramica, come base per essere decorati o solamente come copertura. La composizione chimica è simile a quella del vetro, in quanto formata da una miscela di silice, carbonato di sodio o potassio, si conferisce un aspetto opaco con l’aggiunta di stagno e altri ossidi metallici. Può anche essere di diversi colori.

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Nero fratta Il nero fratta è un colore per ceramiche, è uno smalto di colore nero metallico, con riflessi cangianti. Il termine “nero fratta” deriva dall’unione delle parole “nero” con “Fratta”, antico nome della città di Umbertide. Nato casualmente e messo a punto tra il 1927 e il 1928, negli stabilimenti dell’azienda “Ceramiche Artistiche Rometti”, fondata nel 1927 ad Umbertide, in provincia di Perugia. Secondo testimonianze orali, questo splendido smalto nero cangiante nacque da un errore nella preparazione della consueta formula del colore. Vennero, infatti, sbagliati i dosaggi dei diversi componenti e il prodotto derivante fu posto, come di consueto, in una botte di due quintali. Quando Corrado Cagli, artista dell’epoca di chiara fama, notò questo nuovo nero ne fu profondamente colpito e decise di utilizzarlo per la realizzazione di alcune sue opere divenute poi famose come: il Santone, Icaro ed Eolo. Anche molti altri importanti artisti, successivamente, vollero realizzare opere con questo nuovo colore. Le particolari proprietà cangianti e riverberanti di questo smalto, sono dovute alla presenza di cristallina piombifera, manganese e ramina, con prevalenza di cristallina. Fu una vera novità tecnica adatta soprattutto alla scultura.

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Cap. 5 - La piastrella

La piastrella (denominata anche “mattonella” o “pianella”) è un elemento architettonico usato per rivestire le superfici di pavimento e muri come rifinitura e anche con fini artistici. Caratterizzata da spessore ridotto (1 cm, nelle piastrelle più comuni), può presentare forme geometriche molteplici (quadrati, rettangoli, esagoni, etc.), dimensioni variabili (15x15 cm, 15x20 cm, 20x20 cm, etc...) e può essere realizzata con materiali diversi (laterizio, graniglia, marmo, ceramica, cemento, etc...). La piastrella rientra all’interno della categoria dei prodotti semilavorati edili. La piastrella più comune si ottiene da un impasto di argilla cotto in forni a una temperatura minima di 800 gradi per dodici ore. Quando poi viene lasciato raffreddare, si ottiene un materiale resistente, rigido, non più solubile in acqua e nello stesso tempo friabile. Le categorie di piastrelle in ordine di resistenza fisica e meccanica: •

Cotto: piastrella a pasta bianca o rossa (il colore dipende dalla composizione dell’ar-

gilla: più è raffinata, più sarà chiara; se invece la polvere è sottile ci sarà minore presenza di detriti al suo interno. La colorazione rossa è invece data dall’ossidazione di tracce di ferro.) •

Monocottura: consiste nel cuocere supporto e smalto in un unica passata in forni a

temperatura superiore ai 2000-2200 °C: é la tecnologia che fornisce le piastrelle di maggiore durezza. •

Bicottura: la piastrella viene realizzata in due tempi, dove nel primo si cuoce l’impasto

parzialmente, andando così a creare quello che viene comunemente chiamato biscotto, mentre in un secondo momento questo viene dipinto con smalti e passato alla seconda cottura. •

Clinker

Grès porcellanato: piastrella non smaltata ottenuta tramite un processo chiamato

“pressatura”. Può assumere vari colori, ma la caratteristica principale è la sua porosità molto bassa che la rende quasi completamente impermeabile.

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Proprietà fisiche La resistenza all’abrasione superficiale della piastrella si misura in PEI (che va da 1 a 5) tramite il quale si misura la capacità della piastrella di sopportare il peso dovuto al passaggio di persone, di mobili o di macchinari, senza perdere le caratteristiche estetiche originali. La “capacità di attrito” di una piastrella (cioè la resistenza allo scivolamento di un corpo sulla sua superficie) è determinata dal processo di trattamento della superficie stessa, la quale potrà essere levigata, bocciardata o lavorata in modo tale da non renderla del tutto liscia. Per ottenere piastrelle più resistenti, l’impasto va cotto a temperature maggiori affinché l’argilla solidifichi con una maggiore densità molecolare.

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Cap. 6 - Descrizione sommaria dei lavori svolti

Il corso aveva come fine lo studio delle tecniche di lavorazione della ceramica; ciò prevedeva la realizzazione, durante le ore svolte, di alcuni manufatti in argilla, nel mio caso un vaso con tappo ed un piatto. Il vaso è stato realizato dopo una fase di studio della forma per la quale sono state formulate alcune ipotesi. Scelta quella ideale, ho attribuito le dimensioni (base cm 10, h. cm 35, diametro a meta altezza cm 19 e cm 19,8, larghezza del collo cm 8) ed ho riportato una raffigurazione cartacea del manufatto usata come guida durante tutta la fase di realizzazione. La tecnica utilizzata a tale scopo è stata la “modellazione a colombino” che prevede l’uso e l’assemblamento dei colombini di argilla. Si dividono i blocchi di argilla delle dimensioni di un sigaro e si stendono con i palmi delle mani, ottenendo dei lunghi cilindri simili a lunghi grissini. Si arrotolano questi colombini gli uni sopra gli altri, si uniscono fra di loro tramite “barbottina” e si lisciano per ottenere una superficie compatta. La barbottina è un legante liquido piuttosto denso e di consistenza cremosa, ottenuto dall’impasto di acqua e argilla in quantità variabili a seconda dell’uso. In alcuni casi si può aggiungere alla miscela anche una piccola quantità di aceto. Nella lavorazione della creta, ha principalmente lo scopo di legante tra pezzi di una stessa opera lavorati separatamente. È comunque utilizzata anche per il “colaggio”, cioè la tecnica di colare l’impasto di argilla liquida (barbottina) all’interno di uno stampo in gesso. Per preparare la barbottina è sufficiente sciogliere dell’argilla essiccata e polverizzata in un po’ d’acqua, mescolando fino ad ottenere un impasto fluido ma di buona densità. Per ottenere una barbottina più densa (utilizzata anche per la tecnica del colaggio) si può aggiungere alla miscela anche una piccola dose di elettroliti (silicato di sodio o carbonato di sodio). L’uso della barbottina come legante, nella lavorazione della creta, tipicamente è opzionale finché la creta ha ancora una buona duttilità (prima fase della lavorazione); è invece necessaria quando la creta ha raggiunto la “durezza cuoio”. Per rendere più efficace l’azione legante della barbottina, è utile effettuare anche delle zigrinature (con apposito strumento) sulle superfici da unire tra loro, in modo da fornire maggior superficie ancorante ed evitare lo scolla21


mento in fase di essiccamento. Se i pezzi da unire tra loro fossero già completamente asciutti, sarà necessario mantenerli bagnati per una ventina di minuti con uno straccio umido di acqua e qualche goccia di aceto. Dopo aver modellato il manufatto, questo è poi stato lasciato ad essiccare completamente all’aria ed in seguito ridefinito tramite carteggiatura. Un procedimento del tutto analogo è stato eseguito per la realizzazione del tappo, dalla forma eccentrica. Per quanto riguarda il piatto, questo l’ho realizzato lisciando una lastra di argilla con la modellazione a stampo su un calco a forma di piatto, predefinito in gesso, avvalendomi dell’uso di un tornio girevole da tavolo, rifinendolo a mano. Anche il piatto è stato poi lasciato ad essiccare all’aria; successivamente tolto dallo stampo e ulteriormente ridefinito. Il corso prevedeva, inoltre, la realizzazione di un elemento decorativo modulare ripetuto su quattro piastrelle smaltate. Dati i tempi brevi, si è optato per la realizzazione simulata su tavolette in compensato di dimensioni cm 20x20, decorate poi con pittura acrilica.

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