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La Pastorale ovvero L’Emancipatione de l’Huomo operata dal Verbo dramma in tre atti con prologo del fr. Fedele da San Biagio cappuccino
Introduzione, testo critico, apparati e indici di Marcello La Matina e Andrea Garbuglia
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Isbn 978-88-6056-029-2 Prima edizione: dicembre 2009 © 2009 eum edizioni università di macerata © 2009 per le musiche originali: Maurizio Balsano eum edizioni università di macerata Centro Direzionale, via Carducci, 63/a - 62100 Macerat info.ceum@unimc.it http://ceum.unimc.it Realizzazione e distribuzione: Quodlibet società cooperativa Via S. Maria della Porta, 43 - 62100 Macerata www.quodlibet.it Stampa: Litografica Com, Capodarco di Fermo, Fermo In allegato al volume il dvd-rom La Pastorale di Nardo. Dramma sacro e festa paesana in Sicilia. Produzione e realizzazione negli studi del CELFI dell’Università di Macerata. Responsabile scientifico: Marcello La Matina Collaboratori: Maurizio Balsano (musiche originali), Aldo Caldarelli (ideazione e realizzazione del progetto dvd-ipertesto), Andrea Garbuglia (edizione critica, apparati e bibliografia), Mirella La Motta e Silvana Giletto (ricerche sul territorio e indagini etnografiche; documentazione foto- e videografica), Francesco Maratta (documentazione storica e saggio conclusivo). Da un’idea di Michelangelo La Matina. Opera pubblicata con il contributo di: Università degli Studi di Macerata (fondi ex 60%), Comune di Joppolo Giancaxio (Agrigento), Comune di Casteltermini (Agrigento), International House-Language Centre (Palermo), signora Teresa La Matina.
Indice
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Premessa del Responsabile scientifico Prolegomena di Marcello La Matina
XI XIV XXIV XXXVII L LXII LXIII LV LXIV
1. «Una “Pastorale” al di sotto del mediocre»? 2. Il Natale: da fabula muta a vagito della Storia 3. Schema della vicenda e genere letterario 4. Criteri della presente edizione Bibliografia Abbreviazioni Sigla codicum
Argomento del dramma di Andrea Garbuglia Confronto struttura di Andrea Garbuglia
La Pastorale ovvero L’emancipatione de l’Huomo operata dal Verbo 3 17 57 91 127
Prologo Atto Primo Atto Secondo Atto Terzo Ristretto ragguaglio (Ms. Qq - E - 151 bibl. com. Palermo)
Apparati 137 147 163
La Pastorale in teatro di Francesco Maratta Appendice iconografica Indice dei nomi
Premessa del Responsabile scientifico
Il volume che qui presentiamo ripropone al lettore contemporaneo La Pastorale di padre Fedele Tirrito, frate cappuccino nato a san Biagio Platani nel 1717 e morto a Palermo nel 1801. Si tratta di un testo ben noto nell’area della Sicilia occidentale, dove esso viene rappresentato, con imperfetta cadenza, da almeno due secoli. La gente del luogo conosce la storia, che è vicenda di pastori che incontrano la Sacra Famiglia, ed è vicenda di creature celesti che sceneggiano l’eterna lotta fra il Bene e il Male. La Pastorale – il cui titolo originale suona L’emancipazione dell’Uomo operata dal Verbo. Dramma pastorale in tre atti – è stata composta per le scene dal frate cappuccino verso il 1757 e costantemente rappresentata nel territorio di Casteltermini e di San Biagio Platani, dove è ancor vivo il ricordo di memorabili recite dal tono epico e insieme popolare. Parallelamente, da molti secoli ormai, convivono con questa altre, meno note, “pastorali”. Esse allignano in paesi dell’agrigentino, e sono delle rappresentazioni improvvisate e itineranti. Ci troviamo in presenza di un arcipelago di piccole feste paesane, nelle quali l’elemento pastorale viene rappresentato al suo stato puro, o commisto con pezzi di storia sacra. Esiste un rapporto fra la “pastorale maggiore” del padre Fedele e le tante “pastorali itineranti” di Joppolo Giancaxio, Sant’Elisabetta, Cianciana? Lo scopo del nostro lavoro è quello di abbozzare una risposta. Per questo abbiamo ritenuto che non fosse inutile pubblicare, insieme al testo della Pastorale di padre Fedele, anche i testi e i documenti di queste altre “pastorali del sei gennaio”. Talché il dramma pastorale maggiore resulta ora inserito in un più ampio contesto antropologico, che ne mostra le radici popo-
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LA PASTORALE
lari insieme a quelle religiose, gli echi della letteratura bucolica insieme ai lazzi e alle intemperanze della tradizione contadina siciliana. Ciò che s’è voluto è in parte la ricostruzione – scientifica, per quanto si può – della lettera del testo; accompagnata, però, da una interpretazione in grado di far rivivere al lettore comune le parole di un testo lontano e lo spirito dal quale esse sono nate una volta e scaturiscono ogni volta che le si porta in scena. Il lavoro comprende le seguenti parti: una introduzione storicocritica al tema della Pastorale; il testo annotato del padre Fedele; una analisi storica e antropologica insieme del contesto nel quale questo genere di rappresentazioni si è diffuso in modo caratteristico. Mentre il presente volume documenta la Pastorale di padre Fedele, la quale era destinata alla scena teatrale, il dvd che accompagna il volume tratta specialmente le pastorali così dette itineranti. Inoltre si è pensato di inserire documenti, fotografie e brevi filmati, capaci di restituire l’immediatezza di queste liturgie paesane. Questo lavoro nasce da un’idea di Michelangelo La Matina, padre di chi scrive. Nativo di Casteltermini, profondo conoscitore della storia e della spiritualità francescana, egli aveva, già nel 1946, stupito i suoi concittadini con un breve scritto, oggi perduto, sulla Pastorale di padre Fedele. Poco prima della sua scomparsa, egli confidò all’amico Dr. Francesco Maratta il suo desiderio di vedere una nuova pubblicazione della Pastorale nella quale i problemi filologici, della storia del testo e della storia dello spettacolo, venissero presi in carico. Maratta mi comunicò quel desiderio paterno, ed io accettai di svolgere l’opera. Non da solo però, poi che non posseggo le capacità e le competenze necessarie ad una ricerca così sfaccettata. Costituii, con lo stesso Maratta, un gruppo di lavoro così composto: Mirella La Motta e Silvana Giletto avrebbero realizzato le ricerche sul campo e negli archivi, organizzando i risultati nella forma di un documentario filmato; Andrea Garbuglia ed io ci saremmo occupati del testo e del genere letterario della cantata dei pastori; Aldo Caldarelli avrebbe curato la regia del documentario. Inizialmente si pensava che il lavoro sarebbe stato pronto in due anni al massimo, ma varie e imprevedibili circostanze lo hanno ritardato fino a questa data. La prima fase delle ricerche è stata svolta dalle dottoresse Giletto e La Motta: esse hanno perlustrato una vasta
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zona dell'agrigentino alla ricerca di ogni fonte adoperabile. Hanno così potuto raccogliere dalla viva voce della gente una congerie di racconti orali, frustuli e documenti scritti, fotografie e un paio di copioni scritti della Pastorale finora gelosamente custoditi da alcune famiglie di Aragona e Casteltermini. Si è venuto così formando il corpus documentario dal quale potevano svilupparsi differenti filoni della ricerca. Andrea Garbuglia e io abbiamo subito iniziato a confrontare le versioni del testo di padre Fedele, sottoponendo ogni verso e ogni parola all’esame critico: è emersa così la forma dell’edizione che ora presentiamo. Frattanto, la bellezza di questa impresa ha conquistato l’amico compositore Maurizio Balsano, il quale ha musicato delle canzoni pastorali, adattando, per un gruppo cameristico, alcuni canti e danze popolari siciliani contenuti nella raccolta del Favara1. Aldo Caldarelli ha ideato una forma di ipertesto capace di contenere e rendere leggibili i dati così diversamente codificati: musiche, testi scritti, interviste orali, fotografie e filmati si trovano raccolti nella forma di una piccola enciclopedia del Natale dei pastori e di Nardo in Sicilia. Quest’opera non avrebbe visto la luce senza il generoso contributo finanziario del Comune di Joppolo Giancaxio, che qui ringrazio nella persona del suo sindaco Salvatore Lo Dico, del Comune di Casteltermini, del Language Centre di Palermo e della signora Teresa La Matina, che sarebbe poi la mia mamma. La quale è castelterminese di nascita ed ha potuto perciò aiutarci a far rivivere il testo compitandolo insieme a noi e accettando di essere interpellata costantemente in qualità di “parlante nativo”. Per il sostegno morale e per i numerosi suggerimenti nella ricerca delle fonti storiche e nell’impostazione generale, siamo debitori verso il Dr. Francesco Maratta2, benemerito cultore di storia locale, e autore di alcuni lavori che sottraggono la figura di Padre Fedele all’incuria dei secoli. Ringraziamo il Dr. Giuseppe Luppino delle Edizioni Università di Macerata, il Prof. Pier Giuseppe Rossi direttore del Celfi dell’Università di Macerata. Ringrazio poi Maurizio Balsano e i suoi musicisti. Nelle ricerche bibliografiche siamo stati
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Vedi Bibliografia. Francesco Maratta è scomparso il 3 settembre 2009, senza aver potuto vedere compiuto il lavoro al quale tanto ha contribuito. (Nota del 3 dicembre 2009) 2
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sostenuti da alcuni “angeli” che meritano qui d’esser menzionati: la Dr. Giuseppina Sinagra della Biblioteca Regionale Centrale di Palermo; la Dr. Rosalba Guarneri della Biblioteca Comunale di Palermo; la Dr. Beatrice Vissani del DIPRI dell’Università di Macerata; la Signora Donatella Benazzi della Biblioteca Universitaria di Genova; il padre Mario o.f.m della Biblioteca dei Cappuccini di Palermo. Come sempre, mi è stata vicina e prodiga di consigli mia moglie Roswita Bertelsons, che ha diviso con me anche i momenti difficili di questo tormentato cammino. I responsabili dell’editing, Umberto Perticarini prima e Francesca Frongia poi, vanno lodati per pazienza, amore e competenza. Il lavoro è dedicato a Michelangelo La Matina (Casteltermini 1924 – Palermo 2002), in memoriam. mlm Macerata, 5 aprile 2008 festa di san Vincenzo Ferreri, patrono di Casteltermini
La Pastorale in teatro Francesco Maratta*
La popolarità Il filologo o meglio chi voglia (se ne ha voglia) ricostruire l’intrico del copione deve risalire al 1916 quando il tipografo Giuliano - Carini lo pubblicò divenendone editore. Anche dopo la stampa della Pastorale, forse perché le copie via via andavano esaurendosi – per la benevola accoglienza dei lettori (anche italo-americani, a seguito della rappresentazione fatta al Circolo degli Emigrati castelterminesi di Trenton (N.J.) – nuovi copisti sono andati alla carica della Pastorale. Bisogna riferire che frammenti del testo pubblicato dal Giuliano - Carini si recitano tuttora, in modo itinerante a Joppolo Giancaxio (dove il copione intero è stato recitato nei tempi andati in un grande magazzino del Castello ducale), a Sant’Angelo Muxaro e pure a Santa Elisabetta, dove è confermata la licenza che nel tempo si sono permessi i divulgatori dell’opera. A Joppolo Giancaxio e soprattutto a Santa Elisabetta e a Sant’Angelo Muxaro la rappresentazione itinerante è basata sulle battute improvvisate dell’interprete del personaggio Nardo. La strada percorsa dai figuranti a Joppolo va dalla Piazza della Madrice a una piazza molto ampia, vicina al parco giochi, dove viene preparata e infine offerta al pubblico la ricotta fresca; a Santa Elisabetta lo spettacolo inizia in una mandria posta alla periferia del paese e finisce, tra i friz-
* Da F. Maratta, La vicenda della Pastorale di Padre Fedele da S. Biagio, Studio Media, Agrigento, pp. 24-34 [N.d.C.].
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zi e gli sbeffeggiamenti di Nardo, nell'unica piazzetta principale, dove viene offerta la ricotta a tutto il pubblico che ne fa richiesta. Ritornando a S. Elisabetta e alla popolarità della “sua” Pastorale itinerante c’è ancora da riferire che sui contrafforti della strada, che da questo centro va a S. Angelo Muxaro, un pittore locale, Filippo Stuto, ha dipinto venti murales, mancanti però delle didascalie necessarie che, se inserite, avrebbero dato alle opere il vantaggio di durare nel tempo e trasformarsi in un teatro della memoria, sia per chi conosce la rappresentazione, sia per chi voglia saperne di più. E a proposito aggiungiamo un appunto ulteriore: perché tutti i murales sono incentrati sulla figura del Nardo e nel ricordo delle sue gestualità, effettuate durante il percorso della strada che dalla mandria va al luogo dove poi avviene l’abbuffata di ricotta? E gli altri personaggi specialmente quelli della Natività perché sono stati omessi?
Anche una compagnia di giro A partire dal primo dopoguerra del secolo scorso i maggiorenti delle cittadine che potevano vantare un teatro si impegnavano a mantenere i loro palcoscenici vivaci, richiamando le cosiddette “compagnie di giro” il cui repertorio era quasi sempre uguale, anche se ciascuna compagnia aveva il proprio “cavallo di battaglia”, consistente in una interpretazione particolare del proprio capocomico nella quale questi metteva in risalto il suo talento naturale, affinato da varie “recite”. E nel girare di paese in paese talvolta i capocomici pagavano di persona, quando gli incassi non bastavano a coprire le spese e per attenuare il disagio, ricorrevano agli amici del luogo per avere le cosiddette “serate protette”, che in definitiva significavano biglietti d’ingresso al teatro venduti in anticipo a persone che non potevano dire di no. Al teatro comunale di Casteltermini1, un gioiellino quasi tutto di legno incastonato tra le proprietà dei signori Petyx e Gaetani di Basti1 Fu costruito nel 1912 su progetto dell’Ingegner Michele Scamardi sui resti di un vecchio teatro ed ebbe un periodo di vivacità con la direzione artistica dell’insegnante Vincenzo Mattaliano nel primo dopoguerra.
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glia e altri privati, nel 1932, essendo presente la compagnia del commendatore Carrara, questa dovette cedere alle pressanti amorevoli richieste di alcuni maggiorenti e rappresentare la “Pastorale” dall’8 dicembre seguente. Anche in quell’occasione l’interpretazione del personaggio Nardo fu assegnata concordemente a Cola Caltagirone2, un artigiano dolciere della rinomata ditta del cavalier Vincenzo Di Pisa. Cola era il Nardo per eccellenza, tant’è che dagli amici era chiamato “lu Nardu” per distinguerlo dal suo amico Nardo Vitellaro, il poeta3. Mentre il ruolo della Madonna fu interpretato da una bella fanciulla locale che, da allora finché visse, fu soprannominata “la bedda matri” e i figli “figli di la bedda matri”. Pertanto i componenti della compagnia Carrara, giunti in paese nella prima metà del mese di novembre, ebbero modo di imparare il copione, allestire qualche scenografia apposita, recitare il loro repertorio e perfino seminare delle fave, in un piccolo appezzamento di terra, che un amico mise a loro disposizione nelle immediate vicinanze dell’alberghetto “Firenze” e del teatro. Dall’otto dicembre dunque recitarono tutti i sabati e le domeniche, anche per alcuni sambiagesi che l’attivissimo Peppino Tortorici fece affluire con l’autobus dei fratelli Cuffaro; poi la compagnia sostò inoperosa in paese per il sopraggiungere della quaresima (allora era d’obbligo fermare ogni attività teatrale in tale periodo) quindi si attivarono per portare in scena il “Mortorio” dell’Orioles4 a Casteltermini, a Racalmuto ed a Sambu2
Nicolò Caltagirone nacque a Casteltermini il 1 gennaio 1885 da Michelangelo e da Concetta Ferlisi. Sposò Antonina Mattaliano dalla quale ebbe tre figlie. Da giovane lavorò in miniera e poi emigrò con un fratello in Argentina dove apprese “l’arte della pasticceria” e i primi rudimenti della recitazione che gli diede un capocomico italiano. Tornato in paese lavorò fino alla morte presso la pasticceria Di Pisa. Morì nel 1942. Aveva tra l’altro una voce melodiosa molto simile a quella del notissimo Beniamino Gigli. Queste notizie sono state fornite dal nipote Dr. Michelangelo La Matina che pubblicamente ringraziamo. 3 Su Nardo Vitellaro vedi, Personaggi della memoria di F. Maratta, Centro Studi Giulio Pastore, Agrigento, 1988. 4 Filippo Orioles (1687-1793) fu un apprezzato autore di drammi sacri, tra i quali ebbe grande successo il Riscatto d’Adamo, noto anche come Il Martirio di Gesù Cristo (ed. crit. a cura di Salvatore Bancheri, Marra, Cosenza 1995); l’opera è coeva a quella del Nostro [N.d.C.]. Visse fino a 106 anni, di lui parla il marchese di Villabianca.
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ca, per poi tornare a raccogliere le prime fave fresche. Questo ricordo è ancora vivo nella memoria di qualche vecchio.
Dove sicuramente fu rappresentata “La Pastorale” Ciascun paese ha una sua storia che è anche storia di aderenze ad un clima culturale natalizio o pasquale; in queste occasioni di festa anche gli elementi che sapevano allora calarsi nell’interpretazione di personaggi teatrali erano tenuti non solo in gran conto, nelle filodrammatiche cui appartenevano, ma essi stessi erano gelosi del ruolo che interpretavano. Nei luoghi dove era radicata la “Pastorale” c’era il Nardo che a Joppolo Giancaxio veniva interpretato efficacemente da Alfonso Giglione, a Montallegro questo ruolo era interpretato dall’esattore delle tasse Teodoro Calderone e così via. Da notizie certe possiamo dire che in passato questa “Pastorale” è stata rappresentata anche a San Biagio Platani, S. Angelo Muxaro, Cianciana, Cammarata, Mussomeli, a Campofranco in una sala del Palazzo del Principe a cura di Domenico Restivo e in un salone del seminario di Caltanissetta, per iniziativa di alcuni chierici agrigentini che dal 1928 al 1932 vi furono trasferiti temporaneamente per la parziale chiusura del loro seminario. Qui il testo, come ricordava l’arciprete Antonio Padalino, fu lievemente censurato, mentre l’interpretazione dei ruoli dell’Umanità e di Maria fu svolta da un giovanissimo seminarista.
Cola Caltagirone A Casteltermini, dalla fine degli anni Venti del secolo scorso fino all’inizio della seconda guerra mondiale, primeggiò un filodrammatico raro, il già menzionato Cola (Nicolò) Caltagirone. Il nostro ricordo della sua ultima recitazione è incentrato soprattutto sull’“a solo” del motivetto “Sintiriti si veni Maju” e sull’accenno di danza che egli soleva fare come incipit musicale, quando, fuggito dalla comunità e travestito per non farsi riconoscere da eventuali viandanti, gioiva per essere sfuggito alle grinfie del demonio.
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Questo ricordo della nostra infanzia è stato più volte vivificato dal ricordo che di lui aveva anche l’amico Dr. Paolo Lo Bue, poiché certa teatralità e certa iridescenza hanno persistente memoria nella memoria. E poi, come scordare la strofa scombinata che fa: Finchè la bocca canta, mi smafareggia alquanto, nel cuor io tengo pianto. Benché le forze mie sian dietate Desiderando una grossa pietanza.
Con quel che segue del copione.
La musica Sulla musica della “Pastorale” è bene sottolineare che uno solo dei tre atti è stato musicato, in seguito s’intende, dal castelterminese Gaspare Burgio (1795-1855), musicologo e appassionato rossiniano. Questa notizia, che riguarda una ulteriore sovrapposizione al testo di Padre Fedele, proviene dal Pitrè5 nell’opera citata supra, e siamo certi che l’avrà avuta da Gaetano Di Giovanni, storico e folclorista, suo amico e corrispondente. La musica spumeggiante, gli “a solo” e il coro inseriti da Gaspare Burgio hanno reso più spuria l’opera ma nello stesso tempo hanno dato più smalto alla “Pastorale” e più popolarità alla composizione, per cui al regista che voglia riproporla, così com’è avvenuto in passato, non resta che inserire nel testo lo spartito musicale che Giuliano-Carini non ha pubblicato nel 1916 e che inizia così: Sintirìti si veni Maju Ca di la fami ‘nterra caju, nuddu mi dici tè, chianci u zi Nardu starì, starè.
5 G.
Pitrè, Spettacoli popolari siciliani, op. cit.
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Per parlare ancora della popolarità della “Pastorale”, in certi centri dell’agrigentino, dobbiamo riferire che tuttora nella parlata comune di tanti anziani non è raro sentire espressioni ricavate dal linguaggio di Nardo e adattate alle circostanze nel loro dialogo di tutti i giorni, come queste: “caduta ca mi sirvisti pri dilizia, lancedda ca mi livasti lu fastiddiu”6, o “malu viaggiu a cu ci sta a garzuni”7, oppure “sugnu tuttu sfardatu pri l’amici”8. E ancora “chiddu è peggio d’un virseriu”, riferito al padrone della mandria Ribero9, oppure “nun haju abbentu né simana e mancu festa”10 e infine “e ju chi muru ‘nsiccu?”11. Ciò detto resta da riferire che il pubblico della “Pastorale” anticipava certe battute di Nardo come quella di non facile spiegazione “Zué” per dire vino.
La ricetta di Nardo Abbiamo accennato allo sconvolgimento subìto da Nardo a causa dello scontro fisico avuto col demonio, che gli era apparso sotto “mentite spoglie” alle porte di Betlemme, e alla necessità di cure mediche immediate. Nel monologo seguente alla disavventura Padre Fedele, per bocca di Nardo, mette pesantemente alla berlina la medicina del suo tempo e per averne un assaggio attingiamo direttamente dal copione (così come è pervenuto a noi): Si m’incuntrassi quarchi midicastru: mi farìa fari lu rècipi d’agliastru,/puru chi lu gisèri arrizzittassi./Ju ci cuntirìa la mia indigistioni,/iddu allura, cu manu a la gaglioffa,/sfurnirìa carta, pinna e calamaru,/mi farìa na ricetta di zué:/Rèci-
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Questa frase si dice quando si accetta volentieri l’impedimento a realizzare un’azione o un proposito. 7 È detto da chi lavora troppo per persone che non meritano soverchio impegno. 8 È detto da quanti si affannano a lavorare. 9 È detto nei confronti di gente di pessimo carattere che sfruttano i loro sottoposti. 10 È detto pure da quanti si affannano a lavorare. 11 È l’interrogativo che si pone chi mangia in compagnia e si accorge di non avere vino o altre bibite a portata di mano.
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pe di scandusci, surci a brodu,/asinapis radix alla robertas,/ pedis, ventris, auricolis d’una pecora./E per non scorrere questo pericolo/fiat empiastro sopra tuo ventricolo.
Non meravigli questa ricetta (la ricetta da tutti chiamata di Nardu) perché i termini scientifici e quelli delle medicine sono storpiati da sempre, tant’è che ci viene in mente la ricetta prescrittasi da un mutuato di Cianciana negli anni Settanta, del secolo appena trascorso, e finita all’INAM di Agrigento – comprese le fustelle e la firma del medico curante – con la prescrizione di “Siuvadardin due scatolli compresi” che tradotta dalla farmacista che l’ha “spedita” voleva dire “Furadantin due scatole compresse”; e dall’Istituto Nazionale per L’assicurazione sulle Malattie fu ammessa al pagamento! (Anche se il medico venne censurato)12. Nardo insomma, come qualsiasi assistito dell’attuale servizio sanitario nazionale, conosce il rimedio ai mali più ricorrenti e si prescrive la medicina ma, dopo aver valutata la sua ricetta, prima ne loda la probabile efficacia “Ah, sur dutturi ca m’intisi arricriari!/Nun faciti cchiù fricazioni” e poi la offre al medicastro dicendogli: “Chista è na zuppa pri vostru rigalu./ Na cosa sula m’aviti ordinari:/ pani, vinu, carni e poi mangiari.”
La Pastorale in musical? C’era una volta il teatro delle “compagnie di giro” carico di storie buone e anche tristi a causa dei magri guadagni. Questo teatro vantava nomi che in campo regionale godevano di una certa fama come le compagnie Arata, Marcellini, Pandolfini, Carrara, La Rosa, Giuffrida Petito che giravano per i nostri teatri, prima e dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1946 a Casteltermini recitò per più di due settimane la compagnia di Rosina Anselmi e Michele Abruzzo. Iniziati gli anni Cinquanta del secolo scorso le comunità dei teatranti si sono disgregate, le generazioni di attori, che avevano com-
12 Cfr. Leonardo Sciascia, La medicalizzazione della vita, «Nuova Rivista europea», I, n. 1, (Settembre 1997), Rapporti Europei, Trento.
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pagnie in proprio, dovettero cambiare mestiere perché era cambiata un’epoca. Furono dimenticati “gli spettacoli per famiglie” – detti così per la loro “castigatezza”. Andò di moda prima l’avanspettacolo e la rivista. Dopo gli anni Cinquanta si presentò il fenomeno della televisione e alla tv approdarono i romanzi sceneggiati; per cui quel teatro – cui appartiene la “Pastorale” – non potè avere ricambio, mentre a Natale si scoprirono altri motivi d’interesse. Da decenni la tv ha fatto in modo che fossero accantonate perfino le letture, le storie popolari dei nostri centri e le favole per i bambini; immaginiamoci che fine hanno fatto gli spettacoli come la “Pastorale” e quelli che si organizzavano da parte delle filodrammatiche. E allora, considerato che la “Pastorale” aveva fatto il suo tempo, circa un trentennio addietro si pensò di trasformarla in musical; il progetto era legato all’attività di un ottimo musicista palermitano, trasferitosi poi al nord, Carmelo Musumarra, che con Alfonso Zaccaria – poeta e giornalista agrigentino di valore – e con chi scrive queste note, volevano rendere più attuale l’opera di padre Fedele, inserendo il tutto in un famoso standard musicale allora in voga e in modo che la musica parlasse da sé. Da chi ebbe questa idea si ritenne che sarebbe bastato vincere l’imbarazzo di cambiare un po’ il testo al fine di non presentarlo più come un fossile teatrale. In definitiva, sfruttando l’inimitabile leggenda di tale spettacolo e operando una ulteriore contaminazione del testo, si poteva mettere sempre di più in risalto il ruolo di Nardo, dando più spessore ai suoi moti di libertà dal vincolo della mandria e dallo stato di soggezione nei confronti del “padrone” Ribero e del “caporale” Celiffo. Ma il musical già iniziato non è stato concluso perché l’impresa fu ritenuta ardua; si temette, anzitempo, per gli esiti di un copione ulteriormente contaminato, sia pure con una “redenzione sociale” definitiva di Nardo, adatta ai tempi moderni.
In conclusione E allora, che senso ha oggi parlare di quest’opera del Padre Fedele dinanzi agli spettacoli che ci presentano il teatro moderno e la tv? È possibile parlare ancora di rappresentazioni ingenuamente popolari che
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rallegravano gli spettatori di un tempo, anche se in diversa misura sono radicate tuttora nel territorio, sia pure rimaneggiate o mutilate? In queste pagine abbiamo voluto individuare i motivi che hanno reso popolare quest’opera minore del Padre Fedele da San Biagio, nel bicentenario della sua morte, anche se attraverso un esame dei fatti e delle implicazioni sociali a essa connessi. Né va sottaciuto che certi inserimenti del copione, certi aggiustamenti, perfino la costruzione di un palcoscenico apposito (inserito nel lontano 1944 in una chiesa sconsacrata di Casteltermini di recitarvi anche questa Pastorale – nonostante l’esistenza in paese di un buon teatro comunale) sono stati i più validi e più durevoli motivi di richiamo. Mentre altri motivi vanno ricercati per spiegare la persistente vitalità che tuttora si riscontra nelle rappresentazioni itineranti, che ogni anno vengono rinnovate a Joppolo Giancaxio, a Santa Elisabetta, a Sant’Angelo Muxaro con grande affluenza di pubblico nel periodo natalizio, come è stato riferito. Insomma, questo copione ha avuto un intreccio di circostanze accidentali che l’hanno stabilizzato ormai in un’area agrigentina dove resiste tuttora, tanto che oggi è quasi impossibile dire perché e come ha potuto godere di tanta popolarità, soprattutto a Casteltermini, dove non era raro incontrare persone che avevano mandato a memoria quasi tutto il copione della Pastorale e dove un parroco, il gigante Giuseppe Mistretta, oltre ad essere stato l’animatore e il regista della rappresentazione, fino agli anni Trenta, a sue spese, fornì alle filodrammatiche il porcellino di Nardo che “a fine stagione” veniva sacrificato in occasione dello schiticchio (scil. solenne cenone) dei teatranti e organizzatori dello spettacolo. Per chiunque voglia provare a capire come si è snaturata sempre più questa Pastorale di Padre Fedele da San Biagio – fino a essere rappresentata in certi luoghi come “Sagra della ricotta” o “Sagra della ricotta di Nardo”, per attrazione turistica – sarà necessario capire come essa sia arrivata fin qui13, anche se “l’impianto” originario del13
Sul periodico settimanale Solo buone idee, 7, 5 luglio 2002, dedicato ad Agrigento, nella rubrica “In giro per sagre” (p. 33), tra le sagre alimentari della provincia agrigentina sono elencate la Sagra della ricotta di Santa Elisabetta e la Sagra della ricotta e Pastorale di Nardo di Sant’Angelo Muxaro, entrambe derivate dalla recitazione itinerante dalla Pastorale di Padre Fedele.
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l’opera, e più particolarmente “la fiacchezza di struttura (…) la improprietà di alcune scene, il carattere scialbo di certi personaggi e la loro incoerenza di parole e di azioni, fanno pensare che la Pastorale sia rimasta inedita perché l’Autore non poté del tutto elaborarla e rifinirla”, come giustamente ha scritto uno dei suoi biografi, p. Pietro Roccaforte (vedi Bibliografia).
Indice dei nomi
Abruzzo, Michele 143 Agamben, Giorgio XX, XXIII, XXVI, L Alessi, Biagio XXXIX, LXII Anselmi, Rosina 143 Aristotele XXXVIII Avalle, D’Arco Silvio L Avignone, Vincenzo 151-153 Bachtin, Michail XXIII, XXXIV, LI Balsano, Maurizio IV, IX Barkhuizen, Jan H. LI Barra, Peppe XX Bédier, Joseph LI Belli, Cherubino XVIII Benazzi, Donatella X Benedetto da Militello, padre XVIII Bernardo da Corleone, santo 129 Bertelsons, Roswita X, 127 Bonfrani, Gianbattista 131 Bonanzinga, Sergio XVIII, LI Bruscato, Mariano XVIII Burgio, Gaspare (maestro) 77, 141 Buttitta, Antonino XVIII, XXVI, LI Caldarelli, Aldo IV, VIII, IX Calderone, Teodoro 140 Caltagirone, Michelangelo XLVII, 139 Caltagirone, Nicolò (detto “Cola”) XLVII, 139-141 Caracciolo, Allì IV, XXVIII, XXXIII, XXXIV, LI, 119 Carpenter, Marjorie LI
Casini, Francesco Maria (Cardinale) 128 Castagnola, Giovan Battista LI Castagnolo, D. Giovanni LI Chiappàra, Biagio XL, XLI, XLII, LXII Chracas, (o Cracas) fratelli (Giovanni e Luca Antonio) 132 Cielo d’Alcamo 89 Clément, Olivier XVII, LI Conca, Sebastiano 128 Corrado, Vincenzo LI Costantino, Gabriella LII Cumbo, Sebastiano XVIII Dal Fra, Carlo XXVII de’ Liguori, Alfonso Maria (santo) XX De Martino, Ernesto XVII De Santis, Cinzia XVII De Simone, Roberto XXXI, XXXV, LII, LIII, 119 Di Giovanni, Gaetano XII, XIII, XXXVII, XLIII, LII, LIV, 141 Di Pisa, cav. Vincenzo XLVII, 139 D’Ippolito, Gennaro XXXVIII, XLV, LII Di Marzo, Gioacchino XIII Domenico da Partinico, padre LII Favara, Alberto IX, LII Ferlisi, Concetta XLVII, 139 Francesco di Assisi (santo) LIV, 128, 130, 161 Frongia, Francesca X
XX-XXII, L,
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Garbuglia, Andrea III-V, VIII, IX Gigli, Beniamino XLVII, 139 Giletto, Silvana IV, VIII, XXXVIII Giglione, Alfonso 140 Giglione, Michele LXII Giovanni, santo evangelista 115 Giuliano-Carini, G. LXII, 141 Goodman, Nelson XXXIX, LII Guarneri, Rosalba X
Michetti, Antonio XXVII Mistretta, Antonino 122 Mistretta, Giuseppe 145 Misuraca, Pinuccia 153 Mongitore, Antonino LIII Mortillaro, Vincenzo LIII, 17, 69, 70, 91, 99, 100, 110, Musmeci-Catalano, Giuseppe XVIII Musumarra, Carmelo 144
Hjelmslev, Louis
Ong, Walter J. Orioles, Filippo
Jacopo da Lentini
XXVI
XVIII,
140
XLIII
Impellizzeri, Salvatore Krumbacher, Karl
XLIII
XIV, LII
XIV, LI, LII
La Matina, Marcello III, IV, V, XI, XLVI, LII La Matina, Michelangelo VIII, X, XLVII, 139 La Matina, Teresa IX, XLIX La Motta, Mirella IV, VIII, XXXVIII La Piana, George XIV, LIII La Rocca, Luigi LIII Lo Bue, Paolo 141 Lo Dico, Salvatore IX Longo, Gino XXXVIII, LXII Longosz, Stanislaw XVI, LIII Lord, Albert XLIII Lorenzo da Brindisi, Beato 131 Lo Verde, prof. Francesco XIII, XLVI, LII, LIV
Lotman, Jurij M. XXXI, LIII Luca, santo evangelista XXVI Ludovico d’Alcamo (Padre) L, 128 Luppino, Giuseppe IX Mangioni, Giovan Battista XVIII Maratta, Francesco IV, V, VIII, IX, XLVII, LIII, 76, 137, 139 Mattaliano, Antonia XLVII, 139 Mattaliano, Vincenzo (insegnante) 138 Matteo, santo evangelista XXVI Meli, Giovanni XLIII, LIII, 28, 110
Padalino, don Antonio 140 Padre Mario, bibliotecario o.f.m. X Pallotta, Guglielmo (Cardinale) 130, 131 Pandolfo, Vincenzo XVIII Paolo di Tarso, san XXI Parry, Milman XLIII Pellitteri, Luigi LIII Pellitteri, Vittorio LIII Perrucci, Andrea (= Ucone/Ocone, Rogiero Casmiro) XXIV, XXV, XXVIII, XXXI, XXXII, XXXIII, XXXIV, XXXV, LII, LIII, LIV, 119 Perticarini, Umberto X Picone, Giusto XLVI, LII Pitrè, Giuseppe XII, XIII, XIV, XIX, XXXVIII, XLIV, LIV, 77, 141 Pricoco, Salvatore XVII Rezzonico, Carlo (Papa Clemente XIII) 129 Riccio, Giuseppe XVIII Ricotta, Antonella 153 Roccaforte, Pietro (padre) LIV, 146 Rossi, Pier Giuseppe IX Romano (il melode) XIV, LI Scamardi, Michele 138 Sciascia, Leonardo 143 Serafino d’Ascoli (o da Montegranaro) santo 129, 130 Simonetti, Manlio XVII Sinagra, Giuseppina X
INDICE DEI NOMI
Sperandini, Giulio abate 130, 131 Sofronio, patriarca di Costantinopoli XIV, XV Spoto, Giuseppe XIII, LII, LIV Stuto, Filippo 138 Tirrito, fra Fedele da San Biagio (Matteo Sebastiano Palermo Tirrito) III, VII, VIII, IX, XI, XX, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXXI, XXXII, XXXIV, XXXV, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XLIII, XLVI, XLVII, L, LII, LIII, LIV, LV, LVIII, LIX, LX, LXII, LXIV, 1, 36, 127, 129, 130, 131, 132, 137, 141, 142, 144, 145, Tommaso da Celano, fra’
XX, XXI, XXII,
LIV
Tortorici, Peppino 139 Verdenelli, Marcello XLVI, LIII Vissani, Beatrice X Vitellaro, Nardo 139, XLVIII Wellesz, Egon XV, LIV West, Martin L. LIV Young, Karl
LIV
Zaccaria, Alfonso 144 Zaffuto, Francesco LIV
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