Elisabetta Michielin Pasolini e l'acqua, kellerman editore

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KilometridiStorie 2


Km2 / Elisabetta Michielin

PASOLINI E L’ACQUA


Pasolini e l’acqua E ringrazia che ci sono io, che sono una moltitudine. Andrea Pazienza

Kilometri di Storie 2 Elisabetta Michielin Pasolini e l’acqua Illustrazioni dell’autrice I codici qr rimandano ad approfondimenti o altre risorse in rete. ©I Edizione dicembre 2017 - Kellermann Editore ©I ristampa marzo 2018 - Kellermann Editore Tutti i diritti riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta senza il consenso scritto dell’Editore.

Kellermann Editore piazza San Michele, 29 31029 Vittorio Veneto TV tel 0438.940903 fax 0438.947653 info@kellermanneditore.it www.kellermanneditore.it ISBN 978-88-6767-061-1

A leggere l’opera e la vita di Pasolini ci si accorge che il suo rapporto con l’acqua, con i fiumi e con il mare è stato fortissimo. Penso al Tagliamento, ai bagni e alle lunghe estenuanti gite in cui Pasolini in un unico movimento scopre la propria diversità e di quel Friuli minore crea un mito, una lingua, una poetica nuova. Penso al suo arrivo a Roma, alla scoperta e frequentazione ossessiva dei Lungotevere, ai suoi romanzi romani che seguono le curve del Tevere e poi dell’Aniene e si immergono nelle Marane. Ad Accattone e il suo tuffo nel fiume che rigenera un antico mito. Penso al mare: in uno dei suoi primissimi racconti, Pasolini immagina, tra Salgari e gli antichi greci, il mare ancora mai visto; riflette sul termine francese (che è femminile) e quindi sul desiderio di tornare al grembo materno. Penso alla laguna di Grado sede dell’amore impossibile con Maria Callas, ma anche alle spiagge italiane dove gli italiani che stanno cambiando vengono interpellati da Pasolini in Comizi d’amore o all’ultima fotografia di una Italia in bilico sulla modernità ripercorsa da Ventimiglia a Trieste ne La lunga strada di sabbia. Penso alla sua morte a Ostia, lì, dove il Tevere finisce. L’opera di Pasolini è un’enciclopedia: piena di lemmi geniali a volte contraddittori, a volte frettolosi, a volte superficiali; ma a più di 40 anni dalla sua morte questa enciclopedia ancora è riletta e offre materiali a punti di vista e interpretazioni diverse. Il cerchio della vita di Pasolini (per molti la sua opera migliore) continua a interrogarci per l’intreccio fortissimo fra opera e vita tenute insieme dall’ossessione del desiderio. E da questo punto di vista possiamo ben dire che tutti avremmo voluto essere Pasolini.

Elisabetta Michielin


Sommario

Tagliamento Livenza

Pasolini e l’aqua5

Casarsa Sacile

Dedica8

Zoccoletti Zoccoletti48

Zuppa d’acqua10

Storie della città di Dio50

Guarda, guarda, in mezzo al Pacher Piccolo,una rondine12

Trionfi e Lamenti sul Lungotevere52

La Livenza14

Eccola di nuovo!54

La mer 16

Addio Tomà56

Natura vs Storia18

Genesio, Borgo Antico, Mariuccio e Fido58

Ho voglia di esser nel Tagliamento20 Che giornata perfetta22 Desiderio24 Ragazzo del Tagliamento26

Narcìs28

Dove andavamo noi erano dolori60 Occhi nero di putto62 Quanto abbiamo riso in Sabaudia64

Sulle tue spalle rosse30

Chia nel paesaggio più bello del mondo66

Una città divina32

Hostia68

Irregolari lungo il Tevere34

Il Biondo Tevere70

Tevere - lanciato nel silenzio animale della sua piena36

La barca dell’amore72

Daje va, damo sodisfazione ar popolo38

Dedica76

Tre framens da Saffo40 Che d’è?42

Grado Caorle

Tevere

Chia

Qui finisce l’Italia74 Aniene

Una nota finale78

Roma Ostia

Tutti da Er Ciriola44 I bagni al Tevere al tempo del grande Belli46

Sabaudia


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Dedica “Fontana di aga dal me país. A no è aga pí fres-cia che tal me país. Fontana di rustic amòur.” Nel 1942 Pasolini compie un atto creativo inedito e rivoluzionario. Inventa una lingua e una poesia nuova da quella parlata friulana di ca da l’aga, della riva destra del Tagliamento, che fino ad allora non era mai stata messa per iscritto. Nello stesso periodo Pasolini scriveva all’amico Luciano Serra a Bologna: ”Ho inventato una infinità di miti. Ho costruito una storia leggendaria di questi luoghi che prima non esisteva, e spero che un giorno verrà riconosciuto un valore...”. Luciano Serra molti anni dopo ricorderà: “Ed esterrefatti e felici lo fummo quando Gianfranco Contini scrisse a Pier Paolo che avrebbe recensito le poesie friulane e Pasolini ballò e saltò sotto i portici”.

Traduzione: Fontana di acqua del mio paese. Non c’è acqua più fresca che al mio paese. Fontana di rustico amore.

Libri e cappottoni a Bologna

Tagliamento Casarsa

Pasolini legge Poesie a Casarsa.


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Zuppa d’acqua “(...), a me sembra che non ci sia pagina nessuna tranne forse in Ippolito Nievo (là da Fratta verso il mare – là lungo il Varmo fiume) così affrescata, così zuppa d’acqua e di voglia d’amore, così seducente e così corruttrice di minorenni – come quando giù per il libro Amado mio i ragazzi vanno nel mare di Caorle e lui Desiderio seduce e descrive in alta poesia quel paesaggio!” Così Giuliano Scabia nella poesia Mentre cammino su per un sentiero (Pasolini dall’acqua al petrolio).

All’anello della fontana di Venchiaredo - “acque modeste, tenerissimi legni” (Pasolini) - scrive Ippolito Nievo, “io credo ed affermo (...) si venga più per fare all’amore che per abbeverarsi.”

Tagliamento

Il Parco letterario Ippolito Nievo si sviluppa tra Fratta, Cordovado, Venchiaredo e Stalis, i luoghi che videro all’opera l’autore delle Memorie di un italiano.

Venchiaredo

Casarsa Stalis

Cordovado Fratta

La Fondazione Ippolito Nievo ha pubblicato online le opere dell’autore leggibili gratuitamente.


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Guarda, guarda, in mezzo al Pacher Piccolo, una rondine Erio ha tredici anni, patisce la propria differenza, e cerca “una buona azione completa, rifinita, che fosse anche bella: una impresa con un principio e una fine, di cui si potesse parlare come in un libro”. In una Cordovado dove “non c’è che il sole”, zuppa d’acqua e di risorgive, fra i laghetti del Pacher, l’azione bella e poetica si incarna in una rondine che Erio salva dall’acqua e che subito si dilegua indifferente nel cielo. Erio è uno fra i primi dei moltissimi ragazzini di Pasolini che, o alter ego del poeta o oggetti del desiderio, si affollano lungo i fiumi in mutandine e maglietta e si tuffano nudi e innocenti nell’acqua. La rondinella del Pacher è un raccontino giovanile pubblicato in Un paese di temporali e primule a cura di Nico Naldini. Tagliamento

continua... Venchiaredo

Casarsa Stalis

Cordovado Sesto al Reghena Laghetti del Pacher

Fratta


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La Livenza “Mia madre quasi giovinetta, china sopra il Livenza, raccoglie la primula eretta, estranea...” Strano che a Pasolini, così attento alle parole, sia sfuggita la declinazionoe al femminile del fiume di Sacile. Eppure Pasolini in uno scritto mai pubblicato e riportato da Enzo Siciliano nel suo Vita di Pasolini scrive che ogni volta che gli chiedono qualcosa di sua madre gli viene in mente sempre la stessa immagine: Sacile dove lui e la mamma camminano nei prati fra le prode dei fossi pieni di primule. “Ciò mi da una gioia infinita che anche adesso, mentre ne parlo, mi soffoca”. Pasolini, abita con la famiglia a Sacile in due periodi distinti: nel 1929 quando Pier Paolo frequenta la terza elementare e già comincia a scrivere le prime poesie, e nel 1931 quando frequenta la prima classe del ginnasio a Conegliano dove deve recarsi in treno ogni mattina.

Livenza Sacile

«Mamma quando sarò grande voglio fare il capitano di marina e il poeta».


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La mer In francese il mare, come si sa, declina al femminile. Secondo Pasolini questo significa che la propria esistenza non si dipana secondo una storia di causa ed effetto, fino alla redenzione o alla condanna del nostro vizio, ma il “mare ci invita a ritornare al principio di una storia, cioè non solo a essere sempre, beatamente, indifferenziatamente noi stessi, ma a essere quello che siamo stati...” Operetta marina è il risultato di un disegno narrativo stratificato, denso di note e varianti, che ha per tema il mare e l’acqua e che si innesta direttamente sui ricordi e le elaborazioni simboliche del giovanissimo Pasolini. Il poeta scopre la “forma nuova che era” [lui stesso] uscito dalla famiglia paterna, “alla deriva da un antico nucleo ravennate”, e da quella materna, legata a un “Friuli femminilmente ingenuo e religioso” in un orizzonte solcato dall’Isonzo, il Tagliamento e il Po che si sciolgono nel mare. È quel mondo perduto, altro da sé ed inafferrabile, di cui Pasolini andrà sempre alla ricerca, del quale soffrirà il lutto per tutta la vita.

Tagliamento

Casarsa

Operetta marina è stato scritto intorno al 1947. Pasolini immagina il mare come estensione dei fiumi (il Po, la Livenza, l’Isonzo, il Tagliamento) lungo i quali si va formando la sua personalità poetica, e attraverso le letture assolute di Salgari e dei classici greci.

Pasolini legge Supplica a mia madre.


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Natura vs Storia “(...) il rapporto tra un figlio e sua madre non è un rapporto storico: è un rapporto puramente interiore, privato, al di fuori della storia, in realtà metastorico e perciò ideologicamente improduttivo, mentre invece ciò che fa la storia è il rapporto di odio e amore tra padre e figlio.” Queste parole di Pasolini, a commento di Edipo Re, confermano una visione stereotipata delle donne. Nel 1974, ci fu un importante dibattito fra intellettuali a proposito dell’aborto. Pasolini, pur dichiarandosi d’accordo per una regolamentazione, non esita a definirlo un “omicidio” dimenticando totalmente - come gli farà notare Dacia Maraini - che è la donna a subirne la violenza e che la questione dell’aborto riguarda l’autodeterminazione della donna. Anche quando Pasolini lamenta la superficialità nell’impostazione del problema dell’aborto e della sessualità mostra una sua sostanziale estraneità e non conoscenza delle idee e delle pratiche delle donne e del femminismo che in quegli anni mettevano in questione la normalità del coito eterosessuale. Il prologo di Edipo Re, il film più autobiografico secondo il regista, è girato in Lombardia ma evoca l’infanzia di Pier Paolo Pasolini lungo la Livenza e a Sacile. A Silvana Mangano, che interpreta la madre, Pasolini scrive una lettera pubblica che contiene queste significative parole: “Richiamata qua da un obbligo / che si ha vivendo, / resta la realtà della tua lontananza, / come una lastra di vetro / fra te e il mondo. / Senza che ce lo siamo mai detto, / la mia anima era spesso con te, / dietro quel vetro.“ Livenza Sacile

Carla Lonzi di Rivolta femminile, scrive a Pasolini a proposito dell’aborto. Una lettera mai giunta a destinazione.


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“Ho voglia di essere nel Tagliamento, a lanciare i miei gesti uno dopo l’altro nella lucente cavità del paesaggio. Il Tagliamento, qui è larghissimo. Un torrente enorme, sassoso, candido come uno scheletro. [...] Siamo rimasti soli, e il temporale ci ha colto, in mezzo all’immenso greto. Era un temporale livido come un pene eretto. Siamo fuggiti - vestendoci in fretta - ma a metà del ponte il vento ci ha fermati. Il Tagliamento era scomparso, come in mezzo alla nebbia. La rabbia che il vento alzava furiosamente nel cielo ci accecava. E il cielo, da nero e giallo, era diventato bianchissimo”. I cieli friulani, è certo - dopo Pasolini - hanno assunto un biancore e un’evidenza che prima non avevano. Il Tagliamento è ancora oggi luogo di bagni e scampagnate dei locali ma anche di moltissimi stranieri e immigrati che non vanno al mare perché troppo costoso: autentici eredi di quei “poveri” e di quei ragazzini marginalizzati tanto amati da Pasolini. Il testo di Pasolini sul Tagliamento con il suo fortissimo intreccio personale e sensuale si trova nei Quaderni Rossi che il poeta andava scrivendo fra il 1946/1947. Tagliamento

Casarsa


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Che giornata perfetta “Non era un caso che io fossi sulla sponda del fiume - il fiume senza acqua, tutto uno sconfinato greto rovente? Ero disteso, nudo, sul cemento dell’argine. La [parola mancante] solitudine mi aveva lentamente strappato da ogni norma umana. Ero folle; questo è certo, e delibavo gesto per gesto la mia follia calcolata. Potei gridare forte ‘Fiori infuocati...’ e alzarmi, avviarmi lungo l’argine tra distese oceaniche d’erbe. Mi misi a cogliere fiori. ‘Ecco la mia poetica’, pensavo. Strappavo ogni minima foglia dagli steli, in modo che rimanesse sulla cima il puro fiore. Scelsi dapprima i fiori rossi e violetti. Poi volli turbare la rupestre perfezione mescolandovi del giallo e del bianco.” Quante volte Pasolini torna alle acque del Tagliamento, poeticamente e di persona; ogni grande autore coltiva il proprio demone.

Tagliamento

Casarsa

La vocazione poetica, intrecciata come forse in nessun altro autore del Novecento italiano alla propria autobiografia, traspare chiarissima in questo passo tratto dai Quaderni Rossi, i diari che Pasolini scrive fra il 1946 e il 1947 a Casarsa, mentre è già immerso in una intensa produzione poetica e letteraria. Aveva già scritto nel 1944 I Turcs tal Friùl e pubblicato Poesie a Casarsa.


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Desiderio “Fu come un urlo di gioia, un dolce cataclisma che facesse crollare il cinema e tutta Caorle. Mentre Gilda, intanto, contro il cielo, sul pubblico ansimante, con delicata libidine e furiosa pazienza si sfilava il guanto dal braccio” Desiderio e il gruppo di ragazzini, fra cui l’amato Iasìs vanno in bicicletta a Caorle a fare una gita. Le foci della Livenza sono piene di carogne di animali ed emanano un lezzo fetido. Iasìs non ha mai visto il mare ed è pieno di meraviglia. La gita finisce al cinema dove Rita Hayworth/Gilda, sorella e prostituta, angelica e misteriosa, cantando Amado Mio sembra consentire una proroga senza fine alla felicità. Amado mio e Atti Impuri sono due racconti lunghi incentrati sull’amore omosessuale vissuto fra masochismo e desiderio, mai pubblicati in vita da Pasolini. Sono fortemente autobiografici, ma tutta l’opera di Pasolini contiene questa messa a nudo di se stesso che, credo, sia ciò che fa dire a Carla Lonzi, l’esponente più di spicco del femminismo dell’autocoscienza in Italia: “Pasolini ci aveva parlato di sé, ecco perché possiamo avere delle reazioni personali, perché lo conoscevamo personalmente.” Carla Lonzi nel suo Taci, anzi parla. Diario di una femminista intrattiene con Pasolini una sorta di relazione a senso unico: lo sogna, gli scrive e dialoga con la sua figura. Livenza

Sacile

Casarsa Caorle Foci della Livenza


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Ragazzo del Tagliamento Tonuti Spagnol, allievo poeta di Pasolini nella scuolina privata aperta da Pier Paolo sfollato da Casarsa a Versuta per evitare i bombardamenti, è il primo amore, la prima condensazione bruciante dei ragazzini e bambini che a frotte sostavano sui ponti del Tagliamento, attraversavano le sue rive in bicicletta e si tuffavano nell’acqua fredda in mutandine o nudi. Tonuti è l’emblema di quei giovinetti così complementari a un paesaggio zuppo d’acqua e di desiderio, che Pasolini ritroverà a Roma lungo le sponde del Tevere e dell’Aniene. Uno dei “figli dignitosi e umili, con le loro belle nuche, le loro facce limpide sotto i fieri ciuffi innocenti” che scompariranno dal panorama italiano nel volgere di un decennio gettando Pasolini nella disperazione. In una delle lettere mandate a Tonuti durante un viaggio a Roma (prima del definitivo trasferimento) Pasolini sceglierà di scrivergli proprio del Tevere “che trascinava le sue onde melmose e i suoi riflessi verso il Tirreno...” piuttosto che di “opere grandiose”. Tagliamento

Casarsa Versuta

L’acqua e il mare trovano posto nelle poesie di Tonuti Spagnol Vui di Rosada: “Vieni attonito son perduto e accorcia la mia vita vieni dal mare muto senza più baci senza più suoni. (...)”

“Tonuti col quadro”, Versuta 1948 disegno di Pier Paolo Pasolini.


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Narcís “C’era una fonte senza un filo di fango, dalle acque argentate e trasparenti, a cui mai si erano accostati pastori o caprette portate al pascolo sui monti o altro bestiame, che mai era stata agitata da un uccello o da un animale selvatico o da un ramo caduto da un albero”, dice Ovidio. Narciso, che non ha nulla di umano, essendo figlio della ninfa Liriope, letteralmente dagli occhi sfacciati, e del dio del fiume Cefisio, non appena vede, per la prima volta, la sua figura riflessa, si innamora perdutamente del giovane che stava fissando. Torna quindi alla propria origine, la propria acqua, e della propria origine essenziale si innamora, perché queste sono le stesse acque da cui Narciso è stato generato. Le poesie su Narciso di Poesie a Casarsa vengono riscritte da Pasolini in La Nuova gioventù nel 1974 con una torsione del senso che è la stessa dell’abiura dei film della Trilogia della Vita (Il fiore delle mille e una notte, Decameron e I racconti di Canterbury): “se coloro [i vari oggetti-soggetti d’amore] che allora erano così e così, hanno potuto diventare ora così e così, vuol dire che lo erano già potenzialmente; quindi anche il loro modo di essere di allora è, dal presente, svalutato.” È noto che c’è stato un periodo in cui il giovane Pasolini era indeciso se diventare pittore o poeta. A proposito di narcisismo e grandiosità... L’influenza delle arti figurative nel suo cinema è poi evidentissima ed esibita, basti pensare a la Deposizione dalla Croce di Rosso Fiorentino per La Ricotta o al Cristo del Mantegna e L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci per la scena del matrimonio in Mamma Roma. Tagliamento

Casarsa

“Narciso”,1947 tempera su carta, con chiaro riferimento al Caravaggio. Le vicende umane e artistiche travagliate di Caravaggio sono state accostate a quelle di Pasolini.


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Sulle tue spalle rosse “(...) O gigante fanciullo che sulla chiesetta ti pari improvviso agli occhi del viandante, sulle tue enormi spalle assieme col Bambino porta il lieto paese di San Martino!” Com’è stuzzicante la figura di San Cristoforo, che attraversa l’acqua portando in salvo il bambino ma al tempo stesso lo rapisce, se solo si lega la figura del gigante alla ballata di Goethe Il re degli ontani degli elfi. Come fa Abel, ossessionato rapitore di bambini, gigante mostruoso, protagonista del romanzo di Tournier, Il re degli Ontani, che da Goethe prende il titolo. È un caso che Pasolini nella sua operetta I fanciulli e gli elfi interpretasse l’Orco incantatore lasciando ai suoi alunni la parte degli Elfi?

Tagliamento

La poesia dedicata al gigante reso più lieto dall’aggettivo “fanciullo” fa parte di un piccolo ciclo di poesie scritte da Pasolini per i suoi alunni di Valvasone fra il 1947 e il 1949. Nell’iconografia tradizionale ortodossa e copta la figura mostruosa di San Cristoforo è rappresentata con la testa di cane.

San Martino al Tagliamento Casarsa

San Cristoforo, 1518 circa, affresco de il Pordenone Giovanni Antonio de Sacchis, chiesa parrocchiale San Martino al Tagliamento.


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Una città divina Roma 1950. Pier Paolo Pasolini va a vivere in una stanza in affitto a Piazza Costaguti nel ghetto ebraico a pochi metri dal Tevere. Ha 28 anni. Pasolini non sa ancora se rimarrà a Roma o se andrà a Firenze, a Milano o addirittura in Libano (!). La sua timidezza e gli echi dello scandalo friulano gli impediscono di entrare subito in contatto con il mondo intellettuale della capitale. Agli amici scrive: “Non so (...) se vivere così, alla Rimbaud; senza il suo genio, possa ancora risolversi nella vocazione letteraria; ho atroci sospetti per il mio futuro”. Ma Roma lo incanta. “Questa Roma così ultima e vicina che solo chi la vive in piena incoscienza è capace di esprimerla... tutti sono impotenti davanti a lei, il papa o Belli redivivo, tutti arrossiscono davanti alla sua bellezza troppo nuda, al modo di dire nato la sera stessa, al mutamento di tono, leggerissimo ma bruciante già d’una nostalgia ossessiva, nel gridare una frase che il dialetto presenta da qualche secolo come impossibilitata a ogni mutamento...”. La città, con le sue borgate, il Tevere, il dialetto romanesco, lo rapisce e non lo lascerà più fino a quando il suo amore si trasformerà in odio per le profondissime trasformazioni antropologiche subite dalla città.

Tevere

Il 28 gennaio del 1950 alle 5 del mattino “come in un romanzo” Pasolini era fuggito da Casarsa con la madre Susanna dopo l’espulsione dal PCI e l’allontanamento dalla scuola, dove insegnava, in seguito allo “scandalo di Ramuscello”. Ghetto Ebraico Piazza Costaguti

Il ghetto di Roma.


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Irregolari lungo il Tevere A febbraio, un mese dopo il suo arrivo a Roma, Pier Paolo Pasolini incontra il poeta Sandro Penna instancabile frequentatore dei Lungotevere. Penna abita in via della Mole de’ Fiorentini, sulla punta dell’ansa del Tevere che guarda il Vaticano, in una casa che è un labirinto di oggetti ammassati che un po’ accumula, un po’ rivende, per sopravvivere. È isolato e indifferente al mondo culturale e tale rimarrà fino alla morte nel 1977. Attraverso “il più grande, e il più lieto” poeta italiano vivente, il Tevere e i suoi abitanti notturni, diventano uno dei punti di riferimenti simbolici e poetici di tutta l’opera di Pasolini. L’amicizia con Sandro Penna e il sostegno pieno e convinto del Pasolini critico letterario, rimarranno saldi fino al morte di Pasolini. Una strana coppia: l’eros quasi femminile e ripiegato in se stesso di Penna e il principio maschile e polemico che informa tutta l’opera e la vita di Pasolini. Entrambi, con la coscienza della propria diversità. Sandro Penna rifiutò di comparire nel Decameron (1971) nella parte dell’allievo di Giotto che venne poi interpretata da Pasolini stesso.

. o ventù lenzi in si a mia gio e t t l o n el ore d umida nell’ secco vig a p i Strar e. Addio 1949 um 1938i t n il fi u App na S.Pen

Tevere

Ghetto Ebraico Piazza Costaguti Via Mole de’ Fiorentini Vaticano

Sandro Penna legge una sua poesia.


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Tevere - lanciato nel silenzio animale della sua piena Appena arrivato a Roma, Pier Paolo Pasolini scrive al cugino Nico Naldini a Casarsa. “Sto diventando romano, non so più spiccicare una parola in veneto o in friulano e dico Li mortacci tua. Faccio il bagno nel Tevere, e a proposito degli ‘episodi’ umani e poetici che mi succedono, moltiplicali per cento in confronto a quelli friulani”. Bisogna essere violentemente vitali per riuscire ad immergersi in questa “Roma sanguinante di assolute novità”; tenere insieme la propria esistenza e la scrittura. La notti romane lungo il Tevere, i bagni negli stabilimenti galleggianti di Ponte Garibaldi e Ponte Sisto compaiono nei primi racconti di Alì dagli occhi azzurri. Pasolini racconta e si racconta negli alter ego che mescolano i suoi poeti d’elezione a personaggi dai nomi improbabili: Villon, Je, Appassionato, Cacarello, Inusitato farlocco, Pecora, Lautreamont, il Reporter, François. Tevere

Ponte Sisto Ponte Garibaldi

In Alì dagli occhi azzurri le famose parole, per una volta azzeccate, che hanno contribuito alla discutibile idea di Pasolini “profeta” del presente. Alì dagli Occhi Azzurri / uno dei tanti figli di figli, / scenderà da Algeri, / su navi a vela e a remi. / Saranno con lui migliaia di uomini / coi corpicini e gli occhi / di poveri cani dei padri [...] Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, / a milioni, vestiti di stracci asiatici, / e di camicie americane. Isola Tiberina

Foto rare di Pasolini sul Tevere.


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Daje va, damo sodisfazione ar popolo Accattone si tuffa dal ponte di Castel Sant’Angelo fra una folla di ragazzini e curiosi che lo guardano e lo incitano, sfottendolo, dai muraglioni e dallo stabilimento balneare. Un atto di insensato coraggio ripreso accanto all’angelo del Bernini che regge una grande croce.

Voglio mori’ come un faraone

Accattone implora la propria morte come sfida verso la Roma papalina. “Perché se un ragazzo sottoproletario muore in borgata non fa notizia.” Partire da una borgata e venire in centro è come fare un viaggio. “Il ricco lo sapeva ma ci respingeva in questa Roma di borgata. Non voleva che noi arrivavamo qui”. Così spiega Franco Citti il protagonista di Accattone. Aggiunge che Accattone era come un Dio della poesia, un messia che viene e implora.

Tevere

La storia senza speranza di Accattone finisce su una strada polverosa inseguito dalla polizia. “Aaaah... Mo’ sto bene!” sono le sue ultime parole sulle note della Passione secondo San Matteo di Bach.

Castel Sant’Angelo Isola Tiberina

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Accattone è il primo film diretto da Pasolini, girato in soli tre mesi, fra aprile e luglio del 1962 con tutti attori non professionisti e presi dalle borgate romane. Racconta lo scandalo di un mondo a parte che vive totalmente estraneo alla Roma borghese che non li vuole vedere.

c a p nte Miste r OK . O g n i Po al si tuffa d

Versione secolarizzata di un antico rito

Franco Citti parla di Accattone in A futura memoria di I.B. Micheli, 1986.


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Tre framens da Saffo “Muarta i vuoi zi a lis rivis te la fresça rosàda

Il tuffo nell’acqua e la morte volontaria evocata in Accattone ha origini sacre che risalgono alla mitologia greca. Negli stucchi dell’abside della Basilica Sotterranea di Porta Maggiore è rappresentato l’ultimo episodio leggendario della vita di Saffo che respinta dall’amato Faone, si uccide lanciandosi in mare dalla rupe di Leucade.

a fa flurì.”

Saffo si getta nel mare

È tenuissimo il legame fra la poetessa greca e Pasolini ma è bello ricordarlo perché, come molte cose che lo riguardano, è sorprendente: il giovane Pasolini traduce dal greco al friulano tre frammenti da Saffo. La Basilica Sotterranea di Porta Maggiore (primi decenni I sec. d.C.) si trova circa 9 metri sotto la via Prenestina. È stata scoperta casualmente durante i lavori sulla ferrovia Roma-Napoli nel 1917. Traduzione: Morta vorrei andare sulle rive/ nella fresca rugiada/ a far fiorire. Basilica Sotterranea di Porta Maggiore

Tevere Isola Tiberina

Riti e miti del tuffo nel Tevere di Raffaele K. Salinari, 2014.


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Che d’è? La rondinella del Pacher dopo un lungo viaggio arriva a Roma per essere di nuovo salvata. Siamo sul Tevere sotto il ponte Sisto e il Riccetto rifà la stessa buona azione fatta da Erio molti anni prima nel lontano Friuli. Le parole usate da Pasolini nel suo primo romanzo romano sono quasi le stesse dell’antico racconto. Riccetto, dopo essersi chiesto cosa fosse a tremolare sull’acqua (“che d’è?”) si tuffa a salvare la rondine incurante degli amici che lo canzonano perché “era così bello vedella che se moriva!”. Nel racconto friulano Pasolini s’identificava con Erio che dava voce e coscienza al proprio desiderio di assoluto, mentre il gesto del Riccetto è afasico e dato da un impulso che mal si accorda al carattere del personaggio. O almeno così pensa Asor Rosa (“l’uomo che mi ha fatto più male” dirà Pasolini) quando nel suo brillante saggio scrive di Pasolini che filosofeggia in modo poco felice facendo impietosire un giovanottello violento sulla sorte di una rondinella. Ragazzi di vita è il primo romanzo romano di Pasolini uscito nel 1955.

Tevere

Ponte Sisto

Scrittori e popolo (1965) di Alberto Asor Rosa contiene una critica severa dell’opera di Pasolini tacciata di populismo.

Ponte Garibaldi Isola Tiberina

continua...


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Tutti da Er Ciriola Dopo essere passati per la fabbrica del Ferrobedò a rubacchiare, il Riccetto e tutta la “pipinara” de I ragazzi di vita vanno a fare il bagno allo stabilimento er Ciriola sul Tevere. “(...) S’andarno a raccogliere accanto la ringhiera di ferro del galleggiante. Furono subito cacciati via pure da lì. Orazio in persona era uscito dal reparto centrale dove stava il bare, con la sua gamba paralitica e la sua faccia chiazzata di sangue. - Li mortacci vostra, urlò - quante vorte devo da dì che nun ce se pò stà llì che se rompe ‘a ringhiera? - (...) continuò a urlare per dieci minuti seduto sulla sua seggiola di vimini.” Lo stabilimento de Er Ciriola era frequentato solo da fiumaroli e sottoproletari ma dopo essere entrato nei romanzi e in tanti film (da Dino Risi a Pasolini), divenne un luogo celebre, fino a quando il barcone una notte sparì travolto da una piena del fiume. Erano gli anni ‘80 e il bagno al Tevere non lo faceva più nessuno da quel dì.

Tevere

Castel Sant’Angelo

L’anguilla a Roma viene chiamata ciriola. Il docufilm Sacro Gra (Gianfranco Rosi 2013) racconta, fra le altre storie ambientate lungo il Grande Raccordo Anulare di Roma, anche quella di Cesare uno degli ultimi fiumaroli e pescatori di anguille rimasti sul Tevere; abita, assieme alla compagna ucraina, su una grossa zattera in riva al fiume. Isola Tiberina

La storia dei bagni al Tevere Er Ciriola.


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I bagni al Tevere al tempo del grande Belli “L’incontro col Belli (...) è stato il mio ultimo: ma certamente uno fra i più stupendi, anche perché forse coincideva con l’incontro con Roma”. Pasolini scopre che molte particolarità linguistiche, proprie di Gioacchino Belli, sono rimaste intatte fra la plebe romana e nelle borgate dove nel giro di pochi anni, durante il fascismo, sono stati deportati interi quartieri.

Sonetti: 0 versi 00 + di 32. mpato ta s 1 solo e t duran ita! la sua v

Er Zervitor-de-piazza ciovile Lei sappi, si vò véderle, che quelle indove el vostro cane-colso abbaglia, tutte cuperte di stole de paglia, suono le stufe delle Capandelle. Èh! sti abbagni da noi vanno alle stelle! Gente o di garbo, o nobbile, o birbaglia, bardassaría, omminità, o vecchiaglia, vonno tutti mettérce la sua pelle. Chi ha callo..., dico caldo, di staggione, o un caldo a un piede, o acqualche occhiopullino, capa o la capandella e el capandone.

Tevere

La meno folla spendano un carlino per quelle chiuse: ma più perzone a lo sbaraglio impiegheno un lustrino. Roma, 20 ottobre 1831. La guida turistica (Er Zervitor-de-piazza) invita a fare i bagni agli stabilimenti chiusi (cuperte de stole de paglia) per un carlino.

Trastevere Fontana Gioacchino Belli

È Sandro Penna a far conoscere a Pasolini - costretto a letto per un mese a causa della frattura di un osso del bacino - i sonetti del “grande Belli”. Isola Tiberina

i solin di Pa o tempo o t t e mi em Il po gione del i da un l e o r l o La l tit li i e d tempo el pren del B er nostro o t t e d son one liggi La ri

Luigi Vannucchi legge 54 sonetti di Gioacchino Belli.


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Zoccoletti Zoccoletti Ragazzi di vita è un romanzo acquatico. Nei fiumi si fa il bagno, si compiono atti di eroismo, ci si immerge nella melma fra le immondizie, sotto gli scoli della fabbrica di varechina. Nelle marane ci si lava. Il Begalone e Alduccio nella loro lunga serata in giro senza tregua per Roma, si tuffano in mutande dall’alto della fontana dei Tritoni in piazza Bocca della Verità per fare colpo su due “micche” (ragazze) che non se li filano per niente.

Ragazzi di vita è un romanzo musicale. Cantano i “pischelli” quando fanno il bagno, cantano i ragazzi di vita quando girano per la città e i Lungotevere, cantano gli operai e i guardiani di notte, si canta sugli autobus per raccogliere qualche soldo. Zoccoletti di Claudio Villa punteggia tutto il romanzo. Claudio Villa è amato da Pasolini perché i ragazzi di vita amano Claudio Villa. Pasolini nel 1960 difende il cantante romano sulle colonne del giornale “Sorrisi e Canzoni” che aveva accusato Villa di atteggiamenti divistici. Pasolini trovava il tempo per intervenire su ogni cosa!

Tevere

Isola Tiberina

Lo studioso di musica popolare Sandro Portelli ha detto che, oggi, la musica popolare ha “piedi e ali” perché ormai gli unici romani che cantano per strada sono gli immigrati.

Piazza Bocca della Verità

Claudio Villa canta Zoccoletti.


50

Storie della città di Dio Intervista a Pasolini che descrive scherzosamente una possibile Roma antropomorfizzata. Sesso. «(...) un sesso né maschile né femminile. Ma quello speciale sesso che è il sesso dei ragazzi.» Età. «L’adolescenza» Sembianze. «(...) tipico ragazzo romano di borgata: cioè bruno, olivastro, con l’occhio nero, il corpo aitante» Anima. «(...) L’anima di uno che ha una propria morale di tipo stoico-epicureo sopravvissuta, diciamo, al cattolicesimo. (...) Che è tollerante, ma non della tolleranza del potere, bensí della tolleranza singola dell’individuo.» L’intervista esce su Il messaggero di Roma il 9 giugno del 1973. Pasolini precisa di parlare della Roma che amava mentre «adesso è cambiata e non voglio più capirla».

Tevere

Storie della città di Dio era uno dei titoli pensati per il terzo romanzo su Roma dopo Ragazzi di vita e Una vita violenta. Il romanzo non è mai stato scritto. Restano note e manoscritti preparatori.


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Trionfi e Lamenti sul Lungotevere “(...) Ma quella notte volevo parlare la pioggia il fango e l’auto per scappare solo a morire lì vicino al mare ma quella notte io volevo parlare e non può, non può, può più parlare non può, non può, può più parlare. (...)” Lamento per la morte di Pasolini di Giovanna Marini Roma è piena di graffiti e murales su Pasolini, a partire da quello monumentale di Nicola Verlato che occupa l’intera parete di uno stabile a Tor Pignattara (via Galeazzo Alessi, al civico 215) a molti di anonimi graffitari. Il corpo di Pasolini morto, steso sull’arenile, compare anche nella lunga striscia dei Triumphs and Laments dell’artista sudafricano William Kentridge. Un’opera effimera, una Colonna Traiana srotolata lunga mezzo chilometro tra ponte Sisto e ponte Mazzini, destinata a scomparire perché creata rimuovendo con una idropulitrice lo smog dai muraglioni facendo così comparire le figure come in uno stencil. Tevere

Ponte Mazzini Ponte Sisto Ponte Garibaldi

Tor Pignattara fa parte di quella “Shanghai di orticelli, strade, reti metalliche, villaggetti di tuguri, spiazzi, cantieri, gruppi di palazzoni, marane,(...)” in cui è ambientato Ragazzi di vita.

Isola Tiberina

Videointervista a William Kentridge su Triumphs and Laments.


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Eccola di nuovo! Implacabile come la primavera la rondine torna, per la terza volta, a interpretare la sua parte. Sta per annegare nel fiume e viene salvata. Sburdellino si butta nella corrente vorticosa e pericolosa del Tevere sotto l’ultimo ponte della Magliana; la raccoglie, la asciuga fra le mani e la vede volare via incurante degli amici che, da parte loro, ripetono il ritornello della cattiveria: “Perché nun l’ammazzamo? Che l’hai salvata a fà, era così bello vedella che affogava”.

Il raccontino scritto nel 1959 è contenuto in una idea per un film che Pasolini ha chiamato I morti di Roma e che è ora pubblicato in Storie della città di Dio insieme ad altri racconti e cronache su Roma del periodo 1950-1956.

Tevere Isola Tiberina

Ponte della Magliana


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Addio Tomà L’unico comunista buono è quello morto. In fondo tutti i ragazzi di Pasolini, che stanno per acquisire una coscienza politica della propria condizione sociale, muoiono. Muore Eligio Pereisson ne Il Sogno di una cosa, muore l’unico ragazzo che si ribella in Salò, le 120 giornate di Sodoma e muore il povero Tommaso Puzzilli in Una vita violenta. Tommaso fa appena in tempo a iscriversi al Partito Comunista, dopo una vita piena di intralci e violenze, che una piena dell’Aniene trasforma la zona del Tiburtino e tutte le borgate in un mare di fango. A Pietralata Tommaso con grande generosità salva una donna che poi riconosce. “Era una zoccola, che batteva a Montesacro, sul ponte dell’Aniene: il pappone era amico suo. ‘Sarebbe da ride’, pensava, ‘che mo’ m’affogassi per colpa de questa!’”. Tommaso non affoga ma muore poco dopo per il riacutizzarsi della tubercolosi. Alla sua morte fanno corona gli amici sgomenti e rassegnati. Fra tutti questi ragazzi morti anche Ninetto Davoli che nel corto La sequenza del fiore di carta, al contrario, muore per non aver rinunciato alla propria spensierata innocenza e non aver preso coscienza degli orrori e delle ingiustizie del mondo. Via Nazionale Tevere

Aniene

Ponte Mammolo Pietralata

La sequenza del fiore di carta da Amore e rabbia, 1969, di Bellocchio, Bertolucci, Pasolini, Godard, Lizzani.


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Genesio, Borgo Antico, Mariuccio e Fido Ragazzi di vita è un romanzo di personaggi che si comportano e assomigliano a una teoria di animali fino a comporre un vero e proprio bestiario. In controcanto i cani pensano e riflettono come gli umani e parlano fra loro. Borgo Antico e Maruccio i fratellini di Genesio corrono «a quattro zampe quando non potevano con due, cadendo e rialzandosi» lungo la riva dell’Aniene seguiti dal cagnolino Fido mentre Genesio viene trascinato al largo da una striscia d’acqua “piena di schiume, di segatura e d’olio bruciato, come una corrente dentro la corrente gialla del fiume”. Intanto Riccetto che pochi anni prima aveva rischiato la vita per salvare la rondinella, si gira dall’altra parte, ormai grande e avviato a una vita “piccolo borghese” di lavoro che non prevede più atti eroici di nessun tipo. Lo strazio sentimentale della morte di Genesio, e la morale fin troppo esplicita apparenta Ragazzi di vita al libro Cuore e ai suoi intenti predittivi. Fatte salve le parolacce, naturalmente. Il curioso nome di Borgo Antico è anche il titolo di una canzone di Claudio Villa. Tevere

Aniene

Pietralata

Ponte Mammolo

Una mappa dei luoghi di Ragazzi di vita di Carlo Santulli.


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Dove andavamo noi erano dolori “Eravamo io, er Mancino, er Moretto, er Chiolla-chiolla, er Candeletta... (...) E poi giù, a scapicollasse dentro la Marana”. La marana - sotto Ponte Mammolo dove Pasolini ha abitato fra il 1951 e il 1953 durante gli anni più poveri della sua permanenza a Roma - è il Mississippi del gruppone di ragazzini che passano le loro giornate a giocare, rubacchiare, maltrattare i cagnolini e gli animali, lavarsi nell’acqua fetida, fuggire dalle forze dell’ordine che li inseguono fin nell’acqua... Fratelli di Huckleberry Finn e del suo rifiuto della “civilizzazione”. Le marane (o marrane) sono dei canali, affluenti dell’Aniene o del Tevere, che solcano il paesaggio romano, in parte naturali in parte artificiali. Durante la storia di Roma hanno subito molte modifiche con deviazioni e interramenti. L’attuale configurazione topologica è molto diversa da quella che conosceva Pasolini, ma purtroppo le marane superstiti continuano ad essere in pessime condizioni ecologiche anche a causa della loro natura che non partecipa completamente né del paesaggio naturale né di quello di manufatto storico con il risultato che non si capisce bene chi debba occuparsene e che tipo di interventi fare. La canta delle marane è un corto di poco più di 10 minuti diretto da Cecilia Mangini con testi di Pasolini ispirato a Ragazzi di vita e Una vita violenta.

Tevere

Aniene

Ponte Mammolo

Il corto La canta delle marane, di Cecilia Mangini, 1961.


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Occhi nero di putto “Le persone più adorabili sono quelle che non sanno di avere diritti”. Queste parole erano contenute nel discorso che Pasolini avrebbe letto al congresso del Partito Radicale se non fosse morto qualche giorno prima. Franco Citti, rientrava sicuramente fra queste persone per quel carattere romano fatto di arguzia, ruvida dolenza e noncuranza che r/esisteva nelle borgate romane. Franco Citti era nato alla Maranella, una borgata di Roma. Quando le borgate hanno cominciato a finire, se n’è andato a vivere a Fiumicino, dove il Tevere finisce, a poca distanza dall’Idroscalo di Ostia dove, quarant’anni prima di lui, è morto Pasolini. Quasi un custode del luogo. In un’intervista a proposito della scelta di vivere a Fiumicino, Franco Citti spiega: “c’è un senso di morte qui intorno che mi piace”. Pasolini sceglieva gli attori dei suoi film per quello che erano in se stessi, non per i ruoli che dovevano interpretare. Franco Citti, interprete di moltissimi film di Pasolini, era perfetto nei diversi ruoli a differenza, secondo il regista, di Anna Magnani che interpretò Mamma Roma con Citti, della cui scelta Pasolini si rammaricava. Nell’intervista a Halliday ammette di aver sbagliato la scelta dell’attrice “perché Anna Magnani è nata e vissuta da piccoloborghese e quindi come attrice non ha le caratteristiche adatte per quel personaggio” che doveva essere invece una popolana con aspirazioni piccolo borghesi. Roma

Fiumicino Ostia

Maranella

Pasolini intervista Franco Citti.


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Quanto abbiamo riso di Sabaudia Sabaudia è una delle numerose città costruite durante il fascismo, come Torviscosa, Carbonia, Predappio... Pasolini ne coglie l’aspetto “metafisico” alla De Chirico che è proprio del razionalismo architettonico e dello stile “Novecento”. Ma non è questo che gli interessa (“Quanto abbiamo riso noi intellettuali, sull’architettura del regime, sulle città come Sabaudia!”). Sabaudia serve a Pasolini per sviluppare il discorso che gli sta a cuore e che ha tormentato tutti gli ultimi anni della sua vita, vale a dire che il fascismo non è riuscito a scalfire la realtà rustica e provinciale italiana che pur ha dominato per mano di “un gruppo di criminali”. La distruzione dell’Italia è invece riuscita in pieno al regime democratico attraverso l’omologazione e la civiltà dei consumi. È arrivato il tempo dei “capelli lunghi” che hanno soppiantato i ciuffi e le nuche ben rasate che tanto Pasolini amava. Nei primissimi anni ‘70 Pasolini aveva comprato sulla spiaggia di Sabaudia una casa appaiata a quella di Alberto Moravia e Dacia Maraini. Ci andava in vacanza insieme ad altri amici e intellettuali della sua cerchia romana. Ne era passato di tempo da quando Pasolini arrivò a Roma solo e poverissimo. A Sabaudia Pasolini scrive insieme a Dacia Maraini in un mese, con la consueta frenesia, la sceneggiatura de Il fiore delle mille e una notte. Fiumicino Ostia

Roma

Sabaudia

La forma della città di Pasolini, 1974. Un corto per la RAI su Orte e Sabaudia.


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Chia nel paesaggio più bello del mondo “Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti, che io vorrei essere scrittore di musica, vivere con degli strumenti dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta innocenza di querce, colli, acque e botri, e lì comporre musica l’unica azione espressiva forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà.” Pier Paolo Pasolini, Poeta delle ceneri, 1966 Pasolini scopre Chia, nel viterbese, nel 1964 quando gira nella zona la scena del battesimo di San Giovanni del Vangelo secondo Matteo ambientato per il resto in Basilicata e a Matera. Nel 1970 il regista compra la torre e costruisce ai piedi una casa. Qui vengono scattate la serie di foto di nudi di Pasolini, “sorpreso” dal giovane Dino Pedriali che lo fotografa dall’esterno della casa attraverso le ampie vetrate. Il colpo di pollice di Walter Siti (La magnifica merce, 2004) mette in scena il falso movimento delle foto di Chia preparate fino nei minimi dettagli da Pasolini stesso. Chia

Roma

Poeta delle ceneri, 1966. Who is me “Ma io non sto facendo che un poema bio-bibliografico...”


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Hostia “Io sono d’accordo con l’interpretazione di Zigaina”. Con il suo libro Hostia. La morte di Pasolini, come un suicidio/sacrificio. Ma ci aggiungo una riflessione sul mito contemporaneo che mi deriva dall’esperienza artistica e dalla cultura americana. Quindi il mio Pasolini rientra negli altri progetti che ho portato avanti su figure che proprio per la loro morte sono entrati di prepotenza nella cultura pop. Come James Dean, Michael Jackson e Robert Johnson, che partecipano della stessa fama planetaria di Pasolini. Gente il cui capolavoro in un certo modo è stata la loro vita! In particolare per Pasolini il progetto prevede un mausoleo circolare collocabile a Ostia. Un progetto molto ambizioso lo ammetto, che prevede l’uso della musica, scritta da me, a partire dalla lettura di Pasolini de I canti pisani di Ezra Pound, della pittura, dell’architettura e della scultura. Tutto sviluppato da me. Sì sono un uomo del Rinascimento. So fare tutto. È vero anche Pasolini dipingeva ma era meno bravo di me». (Verlato ride consapevole della propria eccellente capacità pittorica e artistica). Sono le parole di Nicola Verlato, artista italiano che vive a Los Angeles, incontrato casualmente a Tor Pignattara mentre ultimava il grande affresco su Pasolini e mostrava una grande disponibilità a parlare del suo lavoro con degli sconosciuti. Roma Ostia

Utopia Mausoleums di Nicola Verlato.


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Il Biondo Tevere Alla trattoria Il Biondo Tevere sulla via Ostiense (quale altro nome se no?) l’ultima birra e una banana per Pasolini, ché la cena la consuma solo il suo fatale ragazzo di vita, Pino Pelosi. Ora nella trattoria rimane la sedia, dove quella notte si è seduto Pasolini, perché si sa, gli oggetti toccati dai potenti e dalla gente famosa diventano feticci sempiterni. A Ostia tre monumenti ricordano Pier Paolo Pasolini: La stele di Mario Rosati all’Idroscalo, ora ricostruita dopo più di 20 di incuria e vandalismi. Il monumento in marmo rosa del grande artista dell’astrattismo italiano, Pietro Consagra. L’opera è in Piazza Anco Marzio sul lungomare ed è stato osteggiatissimo nel 2005 quando è stato inaugurato. Il nome di Pasolini si legge con difficoltà. Il terzo monumento, due uomini che lottano, di Gaetano Gizzi è stato restaurato ma nessuna targa segnala che il monumento sia dedicato al poeta. Si trova in piazza Gasparri.

Piazzale Lorenzo Gasparri Idroscalo

Piazza Anco Marzio Ostia

Roma

In vespa a Ostia. Caro diario di Nanni Moretti, 1994


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La barca dell’amore Quante sono le forme dell’amore? Nel 1969, durante le riprese di Medea nella laguna di Grado, “Edipo Re” - la barca di Zigaina e Pasolini - è stata il luogo dell’amore perfetto perché impossibile fra Maria Callas e Pier Paolo Pasolini. Un amore malinconico come Maria e fagocitato dai giornali. Poi “Edipo Re” è sprofondata nell’oblio, alla fonda a Nerezine in Croazia uno dei pochi posti dove resiste la tradizione dei maestri d’ascia. Qui l’ha trovata Angelo Righetti, immaginifico psichiatra, che ha unito in un lampo il suo amore per Pasolini, l’amore di Pasolini per i poveri, e la considerazione che “l’investimento più importante oggi è quello sulla povertà, che è l’unico bene che abbiamo in abbondanza. Bisogna investire sulla povertà se si vuole risvegliare il processo civile e umano (...)”. Così l’ha riportata in vita con un progetto di inclusione sociale. Altra forma di amore forse impossibile ma da percorrere fino in fondo, come sarebbe sicuramente piaciuto a Pasolini. Ora la barca è a Venezia pronta per viaggi fantastici e im/possibili. Edipo Re è un progetto della cooperativa Impresa a Rete.

Grado Venezia

Nerezine

L’isola di Medea di Sergio Naitza, 2017 (È necessario iscriversi gratuitamente al sito Rai5 e poi cercare il film).


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Qui finisce l’Italia Quando le spiagge diventano luoghi di vacanza per le famiglie italiane, l’Italia sta cambiando: comincia quel processo di massificazione e “genocidio culturale” che Pasolini in tutta la sua opera ha interrogato e documentato. Sono due i viaggi che Pasolini compie lungo le spiagge italiane. In Comizi d’amore, film-documentario del 1965, Pasolini parla con gli italiani di sesso suddividendo l’inchiesta in relazione ai luoghi: dal sesso come hobby dei lidi del Nord, al sesso come onore delle spiagge meridionali, al sesso come piacere o dovere di quelle toscane, al sesso come sesso di quelle romane. Qualche anno prima, nel 1959, il periplo delle coste italiane Pasolini l’aveva fatto in Fiat 1100 partendo da Ventimiglia e arrivando a Trieste che descrive ripetutamente come “triste” per concludere con le parole: “Non c’è Ferragosto in Jugoslavia? Non c’è estate?” (… ) “Qui finisce l’Italia, finisce l’estate.” Certamente la morte del fratello Guido inciampato nelle tragiche contraddizioni fra partigiani italiani e filo-Jugoslavi e morto durante la Resistenza a Porzûs impedisce a Pasolini di guardare con empatia il confine: “non si vede più un’anima, il territorio jugoslavo pare disabitato.” È il reportage La lunga strada di sabbia scritto per la rivista “Successo”. Trieste Ventimiglia

Il film inchiesta Comizi d’Amore di Pasolini, 1965.


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Dedica “Fontana di aga di un país no me. A no è aga pí vecia che ta chel país. Fontana di amòur par nissún.” Le stesse cose, gli stessi ragazzini, la stessa ossessione, ritornano in Pasolini per tutta la sua opera, temi che riaffiorano, parole e forme, fino in questo suo ultimo libro, (anomalo e ripetuto che riprende formalmente La meglio gioventù del 1943) dove, Pasolini lo scrive chiaro nella quarta di copertina, “l’eterno ritorno è finito”. L’acqua è diventata petrolio.

Traduzione: Fontana d’acqua di un paese non mio. Non c’è acqua più vecchia che in quel paese. Fontana di amore per nessuno.

Tagliamento

Casarsa


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Una nota finale Pier Paolo Pasolini è nato il 5 marzo 1922 a Bologna ed è morto assassinato a Lido di Ostia il 2 novembre 1975. Le sue spoglie si trovano nel cimitero di Casarsa paese natale della madre dove è avvenuta la sua prima e fondamentale formazione artistica e poetica. Il resto della vita l’ha passato a Roma. Poesie a Casarsa, Libreria Antiquaria Mario Landi, Bologna, 1942. La meglio gioventù, Biblioteca di Paragone, Sansoni, Firenze, 1954. Le ceneri di Gramsci, Garzanti, Milano, 1957. L’usignolo della Chiesa Cattolica, Longanesi, Milano, 1958. La religione del mio tempo, Garzanti, Milano, 1961. Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano, 1964. La nuova gioventù, Einaudi, Torino, 1975. Tre frammenti di Saffo, in Massimo Fusillo, La Grecia secondo Pasolini. Mito e cinema, La Nuova Italia, Firenze 1996 Ragazzi di vita, Garzanti, Milano 1955 Una vita violenta, Garzanti, Milano 1959 Il sogno di una cosa, Garzanti, Milano 1962. Alì dagli occhi azzurri, Garzanti, Milano 1965. Amado mio preceduto da Atti impuri, con uno scritto di A. Bertolucci, edizione a cura di Concetta D’Angeli, Garzanti, Milano 1982. Un paese di temporali e di primule, a cura di Nico Naldini, Guanda, Parma 1993. Romàns, seguito da un articolo per il «Progresso» e Operetta marina, a cura di Nico Naldini, Guanda, Parma 1994. Storie della città di Dio. Racconti e cronache romane (19501966), a cura di Walter Siti, Einaudi, Torino 1995. Lettere 1940-1954, Con una cronologia della vita e delle opere, a cura di Nico Naldini, Collana Biblioteca dell’Orsa n.2, Torino, Einaudi, 1986.

Lettere 1955-1975, a cura di Nico Naldini, Collana Biblioteca dell’Orsa, Torino, Einaudi, 1988. Saggi sulla politica e sulla società, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, con un saggio di Piergiorgio Bellocchio, Torino, Einaudi, 2012. Per il cinema, a cura di Walter Siti e Franco Zabagli, con due scritti di Bernardo Bertolucci e Mario Martone e un saggio introduttivo di Vincenzo Cerami. Cronologia a cura di Nico Naldini, Torino, Einaudi, 2001. Tutte le poesie a cura e con uno scritto di Walter Siti. Saggio introduttivo di Fernando Bandini. Cronologia a cura di Nico Naldini, Torino, Einaudi, 2016. Da Ventimiglia a Trieste, in Romanzi e racconti, 2 voll., a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, con due saggi di W. Siti, Mondadori, Milano 1998. Vui di rosada: in recuart di Pier Paolo Pasolini, Tonuti Spagnol; a cura di Sergio Clarotto. - Udin: Societât Filologiche Furlane, 2015. Su Pier Paolo Pasolini, e-book a cura di Roberto Roversi, Bologna, Edizioni Pendagron 1996. Pasolini, una vita, Nico Naldini Torino, Einaudi, 1989. Vita di Pasolini, di Enzo Siciliano, Milano, Rizzoli Editore, 1978. Poesie, Sandro Penna, Milano, Garzanti. Scrittori e popolo, Alberto Asor Rosa, Roma, Savelli editore, 1969. La magnifica merce, Walter Siti, Torino, Einaudi, 2004. I sonetti, Giuseppe Gioacchino Belli, Milano, Feltrinelli, 1965. Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Carla Lonzi, Milano, Et al Edizioni, 2010. www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it http://pasolinipuntonet.blogspot.it I codici qr rimandano a approfondimenti o altre risorse in rete.


Finito di stampare da New Print per conto di Kellermann Editore Marzo 2018


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