Il Richiamo (Dicembre 2014)

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IL SALUTO DEL DIRETTORE

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DALLE LETTERE DI FRATE AVE MARIA

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UN PO’ DI STORIA…

IL SALUTO DEL DIRETTORE ari Amici e devoti, nell’affettuoso ricordo di Frate Ave Maria ci incontriamo ancora una volta attraverso queste pagine del “Richiamo”. Questo 2014 molto piovoso stà volgendo al termine e nuove prospettive si presentano davanti a noi. Il 2015 si presenta come un anno ricco di grandi appuntamenti. Ma mentre noi aspettiamo sempre qualcosa di più bello e positivo, fin da ora qualche piccolo cambiamento sta avvenendo, nel silenzio della crescita. Vorrei presentarvi alcuni di questi momenti, molto importanti, che ci fanno ben sperare. Il primo riguarda la nostra chiesa particolare tortonese. Con i primi giorni di dicembre entrerà in Diocesi il nuovo vescovo: Mons. Vittorio Francesco Viola. E’ un religioso francescano, e sostituirà Mons. Martino Canessa, che per raggiunti limiti di età si ritira ad una vita più tranquilla. Il nuovo vescovo è giovane e lo attende un vasto campo di apostolato in Diocesi. Avrà bisogno della preghiera soprattutto e della vicinanza di tutto il popolo di Dio che è chiamato a governare. Io vi chiedo una preghiera perché lo Spirito Santo lo sostenga e lo illumini nella sua azione pastorale, e gli dia sempre, cari lettori e devoti, il coraggio che diede agli Apostoli nel cenacolo, per poter annunciare con grande gioia e senza paura il messaggio principale del cristianesimo, che poi è una persona: Gesù Cristo morto e risorto. E di annunciarlo soprattutto in questi tempi così difficili e burrascosi. Il secondo momento riguarda il Sinodo sulla famiglia che Papa Francesco ha fortemente voluto. “ L’8 ottobre 2013 papa Francesco ha convocato la III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». La Segreteria generale del Sinodo ha iniziato la preparazione con l’invio del Documento preparatorio, che ha

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15 PER LA STORIA DI UNA PIETRA DELL’EREMO 22 LA STATUA CON LE OSSA DI SANT’ALBERTO DI BUTRIO 24 NOTIZIE DI CASA 41 I PENSIERI DI FRA SERENO 44 UNA FIGÜRA BIÂNCA

In copertina: Eremo di Sant’Alberto.

IL RICHIAMO DI FRATE AVE MARIA Semestrale degli Eremiti della Divina Provvidenza Eremo e Parrocchia di Sant’Alberto di Butrio 27050 Pontenizza (PV) Tel. 0383/542179 - c/c postale n. 001017936004 www.eremosantalbertodibutrio.it E-mail eremo.sant.alberto@libero.it

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suscitato un ampio riscontro ecclesiale nel popolo di Dio, raccolto nell’ Instrumentum laboris. Il santo padre, considerata l’ampiezza e la complessità del tema, ha stabilito un itinerario di lavoro in due tappe, che costituisce un’unità organica. Nell’Assemblea generale straordinaria del 2014, i padri sinodali valuteranno e approfondiranno i dati, le testimonianze e i suggerimenti delle Chiese particolari, al fine di rispondere alle nuove sfide sulla famiglia. L’Assemblea generale ordinaria del 2015, maggiormente rappresentativa dell’episcopato, innestandosi sul precedente lavoro sinodale, rifletterà ulteriormente sulle tematiche affrontate per individuare adeguate linee operative pastorali. (Lorenzo card. Baldisseri, segretario generale)”. Ho riportato alla lettera questa breve descrizione di un momento importante per la Chiesa, per sottolineare il modo nuovo con cui Papa Francesco porta avanti il governo della Chiesa stessa: con la Sinodalità e la collegialità. Due modi di agire che danno un grande respiro di speranza profetica e di unità a noi cristiani un po’ sopraffatti dal pessimismo dei tempi e delle sfide che saremo chiamati a sostenere accanto ai nostri pastori. E’ con questi motivi di forte speranza, allora, che, salutandovi, vi auguro di vivere il prossimo S. Natale. Dio è sempre dalla parte degli umili e di chi soffre, per sostenerli e donare loro la sua vita e il suo amore immenso. Ricordiamo con gratitudine nella fede anche i nostri amici defunti e i nostri benefattori. S. Alberto e il venerabile Frate Ave Maria dal cielo, nella comunione dei santi, fanno sempre il tifo per noi. Un caro saluto. Il Parroco Don Vincenzo Marchetti

DALLE LETTERE DI FRATE AVE MARIA ANIME! ANIME! AD JESUM PER MARIAM!

orella mia nel Signore e nelS la Vergine Santissima Immacolata, Gesù, Maria, Giuseppe

dal santo presepe le svelino sempre più il segreto d’esser felice sotto la croce! Questo le auguro, questa grazia per lei imploro da Gesù, Maria, Giuseppe, dolcissimi oggetti dei nostri affetti. Non potremo essere veramente felici, sicuramente felici se non sotto la santa croce! Tutta la vita di Gesù e di Maria fu croce e martirio! Oh, come Betlemme assomiglia al Calvario! Eppure tanto Betlemme come il Calvario furono cercati e voluti da Gesù e da Maria perché essi ci amavano e desideravano manifestarcelo, il loro immenso amore, ed il loro insaziabile desiderio d’essere da noi corrisposti. Oh, quale sorgente di benessere sociale è mai la vita di Gesù, di Maria, di Giuseppe! Ma quanto pochi sono gli occhi aperti a contemplare a questi soli di verità! Osserviamo la loro umiltà, la loro povertà, la loro semplicità, il loro spirito di sacrifi-

cio, il loro apprezzamento alla vita nascosta trascorsa nella preghiera e nel lavoro, il loro radicale distacco da tutto ciò che non è Dio, anima, eternità; contempliamo insomma, Gesù, Maria, Giuseppe con buona volontà di apprendere le loro sublimi lezioni di sante virtù, e dalla loro bocca intenderemo sempre meglio quanto ci amano e come noi dobbiamo amarli! Sorella mia, Buon Natale, Buon Anno! E che tutti i giorni siano per noi come il giorno di Natale. Ricordiamoci a vicenda al Bambino Gesù, alla dolce Madre Celeste che il pensare a loro ci imparadisi. Gradisca il mio fraterno saluto in Gesù Crocifisso ed in Maria Addolorata. Sono l’indegno figlio della Divina Provvidenza Frate Ave Maria Eremita. Dall’Eremo di S. Alberto di Butrio, il mercoledì di tempore 1812-1929.

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IN NOMINE TUO VIDIMUS LUCEM! AVE, MARIA!


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p Un po di storia.... SESTA PARTE

IL PRIMO ABBATE COMMENDATARIO

Statua di Frate Ave Maria nel Palazzo Comunale di Albenga.

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Nell’epoca in cui l’Abbazia si privava del feudo di Pizzocorno, fa la sua prima apparizione l’Abbate Commendatario. Il tenore di vita muta radicalmente. All’antica pace, sia pure minacciata qualche volta da irruzioni di soldatesche o di rapinatori, subentra la lotta sistematica coi vicini signorotti. Ai ministri di equità e di fede succedono contestazioni ed avari assertori di diritti materiali. Contese armate turbano quel simbolo e quel lembo di religiosa ascesi. L’Abbazia non rappresenta più l’esempio della perfezione cristiana, il richiamo alla fede in tempi di perversioni intellettuali imputabili all’umanesimo, il patrimonio dei poveri, il prezzo di riscatto delle anime. Il commendatario è estraneo agli sviluppi spirituali dell’Abbazia, non s’interessa dei suoi mali, non appresta i rimedi, non ne

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comprende le tendenze. Egli è il dilapidatore delle sostanze dei monaci e delle rendite del monastero. Egli apre l’età del ferro a Sant’Alberto che coincide con l’età dell’oro del Rinascimento. Questo è il quadro a fosche tinte che si suol produrre per caratterizzare l’epoca. Ma è un quadro troppo di maniera per rispecchiare tutte le realtà. Qualche cosa di buono bisogna ascrivere a merito e a onore anche degli Abbati Commendatari; e basterà accennare agli affreschi delle tre chiese. Ciò che vien meno inesorabilmente è lo spirito della fondazione. Il resto è più di peso e d’inciampo che di aiuto al rifiorire della vita religiosa. Stefano Landolfi di Pavia chiude la serie degli Abbati regolari. Quali rivolgimenti si saranno poi verificati per giustificare l’introduzione della commenda? Il primo Abbate Commendatario è il suo successore un Taddeo de Noxeto che conosciamo solo


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perché nel 1454 dotò il monastero della celebre campana. L’Abbate Taddeo fu confuso sia dal conte Sangiuliani che da Mons. Legè con un Abbate posteriore dello stesso nome, Taddeo Busseti. Mons. Legè scrivendo più tardi operò la rettifica. Il suo paese d’origine potrebbe essere Casalnoceto, ma è supposizione incerta. La seconda metà del Sec. XV segna per l’Abbazia il periodo di maggior splendore artistico per i preziosi affreschi fatti eseguire dagli Abbati Commendatari i quali forse vi tennero nei primi anni la residenza. Mons. Legè vede nelle opere di restauro e di abbellimento un segno di temporaneo ritorno degli Abbati regolari e ne trova un indizio nel fatto che i nobili signori Aragone e Malaspina il 4 marzo 1458 citarono il vescovo di Bobbio Marziano de Buccarini a comparire dinnanzi all’Abbate di Sant’Alberto per legalizzare un loro atto di proprietà. Non vedo che valore di prova abbia questo atto. Sotto il regime commendatario l’Abbazia compie frequenti investiture di possessioni; una di

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queste si verifica il 12 febbraio 1461 in territorio di Codio. Lo splendore della porpora si riflette sull’antico monastero. Uno dei suoi primi Abbati Commendatari è il Cardinal Niccolò Fieschi fratello di Santa Caterina da Genova, della nobilissima famiglia che aveva dato alla chiesa due Papi, Innocenzo IV e Adriano V, per non dire di arcivescovi, cardinali, abbati, nunzi apostolici e prelati. Avremo occasione d’incontrare uno dei membri di questa famiglia legato alla storia dell’Abbazia attraverso la misteriosa figura di Edoardo II re d’Inghilterra. Munificentissimo il card. Fieschi nel 1484 ordinò il restauro della Chiesa di Sant’Antonio ricavata dall’antico atrio di Santa Maria e nell’intero complesso fece eseguire i famosi affreschi. Il 12 luglio 1494 egli prese possesso anche del priorato di santa Mustiola conferitogli con Breve dal Papa Innocenzo VIII. L’anno dopo, per concessione apostolica di Alessandro VI, la chiesa di S. Ambrogio di Pizzocorno è unita all’Abbazia. L’atto è rogato da Giovanni Alberia del collegio notarile di Tortona.


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Abbiamo detto che il feudo di Pizzocorno fu ceduto al Conte Luigi Dal Verme nel 1449. Dobbiamo soggiungere che i Dal Verme l’avevano restituito all’Abbazia riservando a sé soltanto le antiche proprietà. Ora veniamo a conoscere da un documento pontificio che il Conte Pietro Dal Verme confinate coi dominii abbaziali per via dei suoi feudi, condusse un’azione di forza contro Pizzocorno s’impadronì della borgata tenendo così sotto lo minaccia di nuove invasioni lo stesso territorio dell’Abbazia. Per questo il Papa Giulio II, savonese, il 28 ottobre 1512 diresse un Breve all’Abbate di Sant’Alberto che era ancora il card. Niccolò Fieschi eletto vescovo di Agata, delegandolo a far uso delle censure ecclesiastiche per costringere i dal Verme alla restituzione di Pizzocorno con tutti i suoi diritti e redditi, giurisdizioni e pertinenze. Ma non se ne fece nulla perché, morto Pietro dal Verme, i suoi possessi furono arraffati da Lodovico il Moro che assegnò Pizzocorno in feudo agli Eustachi di Piacenza.

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GLI OLIVETANI A SANT’ALBERTO

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La storia minuta dell’Abbazia s’inserisce nella grande storia del rinascimento per l’azione esercitata su di essa da Leone X. Quando questo Papa, figlio di Lorenzo il Magnifico, era semplicemente il Cardinal Giovanni de Medici, fu invitato da Giulio II a Bologna come suo Legato a Ravenna l’11 aprile 1512 fu fatto prigioniero dai Francesi che lo tradussero a Milano e disposero in seguito di trasferirlo in Francia. Al passo del Po presso Pieve del Cairo da alcuni coraggiosi “dei quali fu capo Rinaldo Zallo, fu tolto di mano ai soldati francesi che attesero più a fuggire che a resistere” (Guicciardini - storia d’Italia, libro X). Il Ghilini di Alessandria racconta l’episodio con dei particolari più drammatici; “Di già erano arrivati a Bassignana quando nel volere passare il Po finse il detto Cardinale che la mula ch’esso cavalcava non voleva passare il fiume e tanto andò indugiando che sopraggiunse l’oscura notte e con l’aiuto di Rinaldo Zazzo, Ottavio Isimbardi e Gentile Beccaria tutti e tre principali pavesi e

suoi amici, dai quali fu egli a quel luogo accompagnato, fuggì dalle mani di quei cardinali (che dovevano scortarlo in Francia) e sopra una barca per tal effetto apparecchiata n’andò con ogni sicurezza e velocità verso il piacentino e quindi per il mantovano a Bologna, mentre i suoi nemici seguitavano per l’alessandrino il loro viaggio alla volta di Francia. (Girolamo Ghilini – Annali di Alessandria- Milano 1666)”. Non c’è dunque concordanza sul nome dei liberatori. E le cose si complicano quando leggiamo in Sangiuliani che uno di essi e il più importante, tanto da scontrare sul patibolo il suo gesto audace, fu il marchese di Godiasco Bernabò Malaspina. “Bernabò Malaspina fu sempre nemico degli Sforza e il 1514 alla vigilia di S. Matteo tradotto a Voghera fu pubblicamente squarciato vivo per sentenza del Duca Massimiliano e spogliato dei feudi per aver aderito contro i francesi e liberato dalla prigionia dei medesimi al passo del Po il card. Giovanni Medici” (Sangiuliani, Dell’Abbazia di S. Alberto pag. 151). I particolari più attendibili sono quelli che ricavo dal Bollet-

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tino parrocchiale di Godiasco compilato dall’arciprete D. Robecchi. “Una turba di contadini sotto la guida di Rinaldo De Zazzi, (deve essere un nome davvero scorbutico), Gentile Beccaria feudatario della Pieve e Ottaviano Isimbardi feudatario del Cairo, sbucò dalle macchie mandando altissime grida, assalì i fuggitivi e strappò dalle loro mani il Cardinale la cui mula aveva già messo le zampe anteriori nella nave del porto sul Po. Isimbardi condusse il prigioniero a Godiasco e lo consegnò al Marchese Bernabò Malaspina il quale chiese istruzioni a Gian Giacomo Trivulzio maresciallo di Francia, mentre il Cardinale era rinchiuso in una stanza del palazzo all’ultimo piano, ancora oggi visibile con un’apertura nel muro per la quale gli porgevano gli alimenti. Il Trivulzio rispose che il Re Luigi XII avendo l’esercito in fuga non poteva pensare al prigioniero e consigliò Bernabò di provvedere al caso proprio considerando l’avvicinarsi vittorioso delle armi avversarie. L’avviso non andò perduto. Il Marchese, fingendo un tradimento da parte dei suoi servitori, lasciò fuggire il prigioniero che si calò a


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terra con una fune e andò a Voghera e di là, il 17 luglio 1512, a Piacenza, allora occupata dall’esercito pontificio. L’anno seguente moriva Giulio II e l’11 marzo 1513 era eletto Papa Leone X. Cacciati i francesi Massimiliano Sforza ricuperò il Ducato e volle vendicarsi. Bernabò Malaspina si fortificò e si difese nel castello di Cella, ma fu preso e squartato vivo a Voghera il 20 settembre 1514”. Ecco perché riteniamo Leone X in qualche modo direttamente interessato alle vicende dell’Abbazia di sant’Alberto. Se confrontiamo i dati del suo soggiorno al palazzo Malaspina di Godiasco, non è un’ipotesi troppo arrischiata immaginare che egli invece di raggiungere Piacenza per Voghera abbia seguito l’antica via dei monti che traversava il territorio dell’Abbazia molto più sicuro. Risulta dai documenti che egli per due volte se ne occupò da Pontefice. Con un Breve di capitale importanza nel 1516 univa l’Abbazia di Sant’Alberto di Butrio a quella di: “San Bartolomeo in Strada” di Pavia abitata dai monaci Olivetani.

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Con altro Breve del 17 luglio 1516 univa la chiesa arcipresbiterale di Pizzocorno con L’Abbazia di S. Alberto. La storia degli Olivetani a sant’Alberto è di breve durata. Subentrati nel 1516 ai Benedettini della primitiva osservanza, nel 1543 abbandonavano l’Eremo. Emergono dalle nebbie obliviose del tempo alcune memorie. Si tratta di cessioni e di vendite suggerite parrebbe dalla difficoltà di amministrare i beni troppo distaccati dal complesso dei latifondi. Il 5 dicembre 1519 l’Abbazia vende alcune terre in località san Guiniano (Sanguignano in valle Ardivestra sopra Godiasco). L’anno dopo l’Abbate fra Celso reggente di Sant’Alberto, in qualità di sindaco del monastero di san Bartolomeo, accetta la rinuncia fatta in favore dell’Abbazia di beni e fondi situati a Villa di Parguario (Bobbio). L’atto è rogato dal notaio Zanino della Mollia. Il 15 aprile 1523 i monaci acquistano dei beni posti nelle ville di Monte e di Codio. Il 16 gennaio 1526 rappresentanti di sette ville circostanti a Butrio giurano

fedeltà e obbedienza nelle mani di fra Giovanni Giacomo Della Chiesa, di Milano, che governava l’Abbazia come sindaco da parte del monastero di San Bartolomeo. Due particolari meritano rilievo: la cerimonia non priva di solennità si compie “in quada sala magna et inferiori” che fa pensare ad un monastero più vasto di quanto non indichino gli attuali avanzi. L’altro particolare è un ricorso casuale ma non per questo meno interessante: tanti anni dopo un Giacomo Della Chiesa sarebbe diventato Papa Benedetto XV. L’atto è rogato dal notaio Martino. Più che degli Abbati è l’ora dei sindaci e procuratori che agiscono sempre in dipendenza degli Olivetani di Pavia. Nel 1540 frate Francesco Dal Monte procuratore e governatore dell’Abbazia transige colla Fabbrica del Duomo di Milano su certi diritti e dà in affitto alcuni terreni presso Volpedo a un Bernardo de Bidoni e a un Giovanni de Sartennis. Con quest’atto, che conferma i beni lontani si preferiva alienarli o affittarli ad altri per tener più salda la compagine dei latifondi circostanti l’eremo, la storia degli

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Olivetani a S. Alberto si avvia alla conclusione. L’amministrazione di Butrio presentava per gli Olivetani troppe difficoltà. Uno dei Marchesi Malaspina, Cesare, era in lite con i monaci. Pretendeva di aver giurisdizione su alcuni luoghi soggetti al monastero e vi aveva fatto intimare dei proclami coi quali obbligava quegli abitanti a notificargli la loro proprietà. Essi obbedirono. I monaci ricorsero all’imperatore Carlo V, ossia al Senato di Milano, al quale in data 2 agosto 1540 emanò un rescritto ordinate al Marchese Cesare di presentare le sue ragioni giuridicamente e di desistere da ogni innovazione. Durante queste controversie che già da sole stancheggiavano gli olivetani un grave fatto di sangue contribuì in misura determinate ad allontanarli da sant’Alberto. Un loro monaco di nome Giovanni Antonio, procuratore, sorpreso nel territorio di Godiasco, e precisamente in località detta Campora, ai piedi di Nazzano, da uno o più sicari, venne assassinato o per ordine ricevuto o a scopo di rapina. (Manoscritto di A. Tonso citato da C.


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Goggi nella storia della Diocesi di Tortona Vol I). Bastò per decidere gli Olivetani a ritirarsi definitivamente da sant’Alberto. Siccome la Casa Sforza di Roma godeva già da tempo parte del Marchesato di Varzi e Menconico e desiderava arrotondare i suoi possessi nelle vicinanze, si trattò dai monaci Olivetani con detta Casa la permuta dei beni di Sant’Alberto con quelli di san Pietro di Breme. Il 1 luglio del 1543 il Papa Paolo III con Bolla datata da Busseto concedeva agli Olivetani che il monastero di Sant’Alberto e la chiesa arcipresbiterale di Pizzocorno perpetuamente uniti fossero permutati con la chiesa di san Pietro di Breme. Con la medesi-

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ma Bolla nominava Abbate Commendatario Mario Sforza dei Conti di Santa Fiora che non aveva ancora compiuto i tredici anni, dandogli per procuratore il Marchese don Mercurio Malaspina arciprete di Varzi. (Gli Sforza divennero Conti di santa Fiora per eredità Aldobrandeschi). L’Abbate Lugano, un po’ melodrammatico ma sinceramente commosso, così commenta la scomparsa dei monaci da Sant’Alberto: “la seconda metà del secolo XVI vide gli ultimi suoi abitatori partirsi da quella valle incantevole e giunti su quel dorso che sta di fronte allo storico edificio scuotersi dai sandali la polvere di quel luogo pio santificato da tanti uomini di eccellente virtù e poi profanato”. (Lugano Op, pag. 34).

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p Per l a storia di una p i e t r a d e l l ’E r e m o ✒

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PRIMA PARTE

Si trova sulla parete destra della cappella di Frate Ave Maria, sull’angolo dell’incavo della sepoltura. Forse, prima che don Vincenzo la notasse, era seminascosta da qualcosa di appeso al tassello ancora inserito; comunque non risulta che qualcuno l’abbia menzionata. Il gancio sembra l’occhio di una figura allungata in forma di pesce, orizzontale, incisa sulla pietra accanto ad un’altra simile, più piccola e verticale (v. foto). Altri segni meno evidenti si intravvedono nello spazio sopra la figura più grande. Quando mi è stata mostrata, ho pensato subito a simboli del cristianesimo antico, e che in questo senso l’oggetto fosse sicuramente meritevole di indagini approfondite.

Ecco in sintesi una prima parte delle osservazioni e delle ipotesi che mi sento di proporre, dopo ricerche, sulla base delle domande che possono sorgere spontanee a chiunque. 1. Se la pietra incisa è antica, come mai si trova murata nella cappella di frate Ave Maria, realizzata nel 1966?

2. Che cosa rappresentano e quale significato possono avere le immagini incise? Trovano riscontri nella simbologia paleocristiana?

3. Potrebbe questa pietra essere una testimonianza del cristianesimo delle origini, importante, o almeno utile? A quando può risalire?

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1. È possibile che in questo muro della cappella ‘moderna’ si trovi una pietra antica. Infatti “La cappella dedicata a frate Ave Maria venne realizzata nel 1966 (…) tramite la ristrutturazione di un vano in rovina, utilizzato parzialmente come magazzino attrezzi, posizionato sotto la chiesa di Sant’Antonio”. (M. Azzaretti, Oltre il Po. L’eremo di Alberto a Butrio, Pavia, 1994, nota 43, p. 87). Si tratta di uno degli spazi sotterranei all’abbazia di cui si parla anche in documenti antichi: in particolare a questa stanza ancora dalla fine del ‘500 si accedeva dalla chiesa di S. Antonio, come risulta in alcuni manoscritti che ho in riproduzione fotografica, conservati alla Capitolare di Tortona e all’Archivio di Stato di Torino. Ma già allora vennero attuati lavori di modifica, imposti dal vescovo, tra cui proprio murar quella buccha che riesce sotto alla chiesa (di S. Antonio). E nel 1740 (24 gennaio: descrizione in forma quasi dialettale consegnata dal signor Alessandro Pa-

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squale altra volta parocho di Sant’Alberto al rettore presente D. Domizio Monticelli) si dice che dalla cantina vi è un’antica scala che va in chiesa. In tempi più recenti, soprattutto durante i lavori di pavimentazione delle chiese di S. Antonio e S. Maria, vennero trovati diversi resti di tombe, cocci, vari frammenti… quindi è molto probabile che la ‘nostra’ pietra facesse parte di questi vari detriti, utilizzata come altre pietre per costruire o sistemare il muro attuale della cappella. E forse prima era già stata ‘recuperata’…(v. punto 3).

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2. 1. Le due immagini più grandi e chiare secondo me rappresentano due pesci, o meglio due delfini. In forma molto rozza, certo (fra Ivan pensa si possa trattare di un abbozzo, un non finito), ma contengono diversi elementi che ne fanno figure dense di significati e di riferimenti nelle rappresentazioni antiche, in particolare quelle dei primi cristiani. Come si sa, i cristiani, a causa delle

persecuzioni, non potevano manifestare apertamente la loro fede prima che Costantino rendesse libero il culto con l’editto di Milano del 313 d. C. Così adottarono un sistema di segni, lettere e immagini, una sorta di ‘crittografia mistica’ come qualcuno l’ha chiamata, che solo i fratelli di fede potevano comprendere. Tra i simboli più ‘sicuri’ c’erano naturalmente quelli già esistenti, usati dai romani, dai greci o dagli egizi, ma a cui i cristiani attribuirono un significato o più significati nuovi. Così, in secoli di persecuzioni, si è costituito un vasto repertorio di simboli figurati e combinazioni di immagini, che esprimevano anche concetti volutamente oscuri, tanto da determinare talora (anche per gli esperti in materia) difficoltà di interpretazione quasi insuperabili. Si tratta quindi di un campo d’indagine in cui bisogna muoversi con estrema prudenza. Ed è con estrema prudenza che propongo qui una

sintesi delle mie prime osservazioni, sulla base delle ricerche che ho fino ad ora effettuate, in attesa di coinvolgere qualcuno di più esperto del settore.

2.2. È abbastanza noto che il pesce si trova molto spesso rappresentato già dalla metà del II sec., nelle catacombe cristiane, perché le lettere del suo nome in greco (iktys) venivano interpretate come iniziali di Jesoùs Cristòs Theoù yòs sotèr, ‘Gesù Cristo figlio di Dio salvatore’. Altri significati si aggiunsero con le interpretazioni dei Padri della Chiesa, e sarebbe troppo lungo anche solo accennarle, ma comunque sempre in collegamento con la fede e la speranza di salvezza attraverso morte e resurrezione del Cristo. Non era un’immagine ‘pericolosa’, perché anche i Romani facevano un uso magico simbolico del pesce e della sua immagine.

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2.3. Sulla nostra pietra però, come in numerose immagi-


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ni nelle catacombe (cf. foto), vediamo che, non si tratta di un pesce qualsiasi (e a rigor di zoloogia moderna, neanche di un pesce). Gli studiosi affermano concordemente che con il muso all’in su, il profilo camuso, i cristiani identificavano volutamente e con molta chiarezza il delfino. Una figura, come il pesce generico, non ‘sospetta’, perché già gli antichi lo consideravano intermediario divino tra mondi inferiori e superiori: lo trovia-

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mo raffigurato sui vasi greci come guida delle anime defunte, mentre conduce guerrieri verso le isole dei beati. È il ‘salvatore, legato al mito antichissimo del cantore Arion, che un delfino salvò dall’annegamento, e al culto di Apollo (santuario di Delphis). Nella religione egiziana era uno dei simboli di Iside, protettrice dei defunti e capace di resuscitarli. Per i Romani però era soprattutto elemento decorativo, o trionfale, a rappre-

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sentare il dominio sui mari (carro di Nettuno). Anche nelle rappresentazioni dei cristiani, sui monumenti più antichi delle catacombe (soprattutto di Santa Priscilla e di San Callisto) è guida delle anime dei morti nell’aldilà o anche dei vivi verso la salvezza, ma contro le onde tempestose del peccato. Simbolo della diligenza con cui il fedele deve andare fiducioso verso la morte-resurrezione, ha dunque una duplice valenza: salvatore e salvato. E per il cristiano la salvezza è stata resa possibile dal sacrificio supremo del Cristo. Così, in una sorta di racconto per immagini, il delfino è spesso rivolto verso un’ancora o un tridente, simboli criptati della croce (questa sì immagine pericolosa!) oppure sovrapposto, attorcigliato ad essi (v. foto). Talora compaiono intorno, in una sorta di rebus, ma a rendere più chiaro il significato per gli adepti, il monogramma di Cristo o lettere significative (I X TH

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C...) o altre immagini che alludono alla croce. Molte le raffigurazioni nel II secolo; invece sembra che dopo la metà del III sec. sia impiegato raramente come simbolo, mentre continua il suo uso decorativo. Nella nostra pietra potremmo quindi leggere quella doppia valenza del delfino ‘cristiano’: l’anima del fedele-delfino che va fiduciosa verso un delfino-Salvatore che la farà risorgere. Possibile. E per ora fermiamoci qui, anche se esiste la possibilità di ampliare e rendere forse più preciso il significato del delfino verticale (che qui prende il posto dell’ancora o del tridente), ma questo comporta un discorso più complesso. E poi altri segni appaiono, forse, nello spazio superiore… . E che cosa può essere quella specie di ciuffo sopra il delfino verticale: un’incisione volontaria (e allora con quale senso possibile?) o semplicemente la traccia di un lichene? Sono state trovate in Oltrepò immagini simili?


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Secondo un’ipotesi abbastanza condivisa, la prima chiesa dell’Eremo (quella di Santa Maria) sarebbe stata costruita da S. Alberto e i suoi monaci utilizzando i resti di una cappella castrense bizantina; ma la base della torre, ancora secondo ipotesi che trovo anche in studi recenti, sarebbe stata quella di una statio ad limitem romana, quindi ancora più antica. E quanto a materiale di recupero e riutilizzo, molto ci sarebbe da dire, ma ricordiamo almeno la lastra (tombale?) romana usata come pianale dell’altare di Sant’Alberto e quella più piccola, ma forse della stessa fattura, sulla parete laterale della stessa cappella. Tardo romani altri reperti citati dagli storici… . Non si potrebbe ipotizzare anche un’origine paleocristiana, anteriore alle fortificazioni bizantine o gotiche, per strutture primitive soggiacenti all’abbazia?

Dagli studi e dai non molti reperti sicuri (il più antico risalirebbe al

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453 d. C., ed è una lapide conservata al museo di Tortona) risulta che il cristianesimo si diffuse piuttosto tardi in Valle Staffora, ad opera del vescovo di Piacenza S. Savino. Quindi dopo il IV secolo. Tuttavia già il Cavagna Sangiuliani e mons. Clelio Goggi propendevano per una diffusione più antica: almeno a fine del II sec. d. C. (S. Marziano vescovo di Tortona, e prima ancora i santi Nazario e Celso). La storia si mescola con la leggenda e solo sporadiche testimonianze storiche e archeologiche suggeriscono l’ipotesi di cristiani che, in quell’epoca, fuggissero dalle città per rifugiarsi nelle grotte presso Cecima (San Ponzo). Anche nella gola del Butrio ci sono grotte: e, prima di tutte, ma non unica, quella di Sant’Alberto… . Concludo questa prima parte con una bella frase che Minucio Felice (III sec. d. C.) in una sua opera fa pronunciare al pagano Caecilius: “I cristiani si riconoscono tra loro con sigle e segni misteriosi, e si amano reciprocamente ancor prima di conoscersi”. (occultis se notis et in signibus noscunt et amant mutuo paene antequam noverint). Elena Corbellini

Alcuni dei testi consultati per l’iconografia cristiana antica: AA.VV. Dictionnaire d’Archéologie Chrétienne e Liturgie, a cura di Chabrol e Lecquerc, Parigi, 1914. AA.VV. Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950. AA.VV. L’uomo e i simboli. Voci da vari dizionari. Enciclopedia tematica aperta, Jaca Book, Milano, 1992 R. Gilles, Il simbolismo nell’arte religiosa, ed. Archeios, Roma, 1993. AA.VV. L’uomo e i simboli. Voci da vari dizionari. Enciclopedia tematica aperta, Jaca Book, Milano, 1992 AA.VV. Le iscrizioni dei cristiani in Vaticano, a cura di I. Di Stefano Manzella, Città del Vaticano 1997. AA.VV. Enciclopedia dell’arte medievale Treccani, Roma, 1994. AA.VV. Iconografia e arte cristiana, a cura di E. Cassanelli, E. Guerriero, ed. S. Paolo, 2004.

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LA STATUA CON LE OSSA DI SANT’ALBERTO DI BUTRIO

isitando l’Eremo di Sant’Alberto di Butrio, sui monti dell’Oltrepò pavese, entrando nell’antica chiesa del 1200, si incontra l’urna in legno e vetro di Sant’Alberto, il venerando Abate morto nel 1073. Vi si può ammirare la statua del Santo che, come si sa, racchiude le Reliquie delle sue ossa, oggetto di ricognizione da parte del Vescovo di Tor-

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tona nel 1900. Don Orione era membro della Commissione vescovile. Le Reliquie furono custodite provvisoriamente in una piccola urna. Per l’Anno Santo del 1925, Don Orione volle metterle in onore. In realtà, l’Anno Santo del 1925, a Sant’Alberto di Butrio fu celebrato… nel 1926 e l’evento principale fu proprio l’ostensione solenne delle Reliquie di Sant’Alberto. L’urna nuova, di due metri di lunghezza, fu costruita dagli allievi ebanisti dell’Istituto Manin di Venezia, con il legno dei boschi dell’antica abbazia. La statua, in cera lavorata, alta cm. 180, fu realizzata dalle Suore del Cottolengo di Torino sulla base delle immagini di Sant’Alberto presenti negli affreschi del XV secolo dell’antica Abazia. Ogni dettaglio fu curato personalmente da Don Orione con estrema e devota cura. In una lettera a Don Sterpi, del 9 luglio 1926, dà disposizione sulla conservazione di quelle venerande Reliquie delle ossa: “Si dovrà rivestirle con gar-

za di seta finissima, (dopo che ogni osso sarà prima verniciato con vernice damar, onde non continuino a tarlarsi), poi con nastri di seta rossa fermati al fondo della cassetta che è sarà posta al posto del petto affinché, nel muoversi dell’urna, non s’addossino le une colle altre. Ci vorrà dunque qualche giorno”. Il Vescovo Mons. Grassi, presiedette a Tortona alla ricognizione delle ossa e alla loro collocazione entro il simulacro di Sant’Alberto. Le solenni celebrazioni per onorare il Santo, reso visibile ai devoti nell’immagine corporea entro l’urna, coinvolse la diocesi e la Congregazione. Il passaggio dell’urna da Tortona a Sant’Alberto, con sosta in vari paesi, suscitò un tripudio di fede. Confluirono pellegrini da ogni parte. Nel 1926, si edificò anche una cappellina in muratura nel luogo preciso ove un giorno lontano Sant’Alberto aveva iniziato la sua vita eremitica, nella selvaggia valletta del “Borrione”. Da quell’anno si ebbe una benefica diffusione della notorietà dell’eremo e un rilancio della devozione a Sant’Alberto abate. La tradizione di santità, durata oltre

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otto secoli, veniva rinnovata soprattutto con la presenza degli Eremiti della Divina Provvidenza che rendevano viva e attuale la forma di vita dell’antico abate Alberto. Le pur brevi e rare presenze di Don Orione alle feste e celebrazioni presso l’antica abazia ripopolata degli Eremiti erano ogni volta come una infusione di fervore e di pietà cristiana. Don Orione fu presente ad animare la festa di Sant’Alberto negli anni 1926, 1927, 1930, 1937. Speciale impulso spirituale venne soprattutto da Frate Ave Maria, l’eremita cieco arrivato all’eremo nel maggio del 1923 e vissuto qui fino al 1964, anno della sua morte. Qui egli iniziò la sua sorprendente ascesa verso le vette della santità cristiana. La fama di uomo di Dio si impose rapidamente e si diffuse anche in regioni lontane. L’eremo divenne un approdo spirituale per tante persone. La Chiesa ha dichiarato Frate Ave Maria “Venerabile”. Anche oggi, per la presenza degli Eremiti della Divina Provvidenza, l’antica abazia di Sant’Alberto continua la sua missione di preghiera e di luogo di incontro con Dio.


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NOTIZIE DI CASA

Fra Luigi si è recato a celebrare una S. Messa presso il Santuario di Montelungo a Ruino, provincia di Pavia e diocesi di Piacenza-Bobbio. Domenica 4: Nella mattinata un gruppo da Abbiategrasso MI.

Lunedì 5: Ci rechiamo al Piccolo Cottolengo di don Orione in Milano per far visita al nostro anziano confratello fra Arturo che da pochi giorni ha compiuto 88 anni…. Mercoledì 7: Don Vincenzo alla ore 10 celebra la S. Messa con il gruppo da Cantù e dintorni.

MAGGIO 2014

Giovedì 1: Da Pogli di Ortovero che è il paese natale del Venerabile frate Ave Maria, il parroco don Italo Arrigoni e il nutrito gruppo di amici e parrocchiani si sono riuniti in preghiera e hanno celebrato la S. Messa. Un pullman da Biella con l’Associazione “Le Marmotte” hanno visitato l’eremo e meno male che sono venuti in mattinata perché nel pomeriggio …tuoni e fulmini!!!

Giovedì 8: Una comitiva di pensionati da Bariano BG, e don Luigi ha celebrato con loro la S. Messa. Venerdì 9: Alle ore 15, il Funerale del nostro amico e parrocchiano Renato Gerosa. Da anni era ormai sofferente a causa della malattia, ma noi lo ricordiamo con amicizia e stima, nel suo abituale sorriso sempre benevolo e pieno di ottimismo. In questo fine settimana si è celebrato un matrimonio e due Battesimi.

Renato Gerosa.

Giovedì 15: Abbiamo a pranzo il nostro Vescovo Orionino Mons. Adolfo Uriona, Argentino.

Santuario Montelungo.

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Venerdì 16: Solennità di san Luigi Orione Sacerdote e Fondatore. Anche noi siamo presenti alla Processione che è partita dal “Paterno” Casa Madre dove ha vissuto don Orione a Tortona AL in Via Emilia fino al Santuario della Madonna della Guardia, per dare rilievo ai 10 25


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anni dalla canonizzazione di don Orione. Alle ore 18 il solenne Pontificale con il Vescovo di Tortona Mons. Martino Canessa, il Vescovo Adolfo Uriona dall’Argentina e Mons. Andrea Gemma anch’egli Vescovo Orionino. Ha presieduto il Cardinale Joao de Avìz, Brasiliano, Prefetto della Congregazione Vaticana per gli Istituti di Vita Consacrata.

All’eremo invece un gruppo di Artiglieri da Bergamo e nel pomeriggio si è celebrato un matrimonio. Don Eugenio della diocesi di Pavia ha celebrato intorno alle 15.30 con un gruppetto di pellegrini.

Mercoledì 21: Don Fausto dalla Parrocchia Madonna del Rosario in Milano con un pullman.

Giovedì 22: Nel tardo pomeriggio accogliamo don Leonardo Verrilli con i 4 Novizi che da Velletri vengono per fare una settimana di vita all’eremo.

Sabato 17: Don Vincenzo e fra Ivan si recano nella nostra parrocchia di San Luigi Orione di Pavia per animare la S. Messa sempre in onore del Santo Fondatore. È seguita poi la Processione per le vie del quartiere.

Domenica 18: Fra Alejandro e fra Ivan si recano ancora nella Parrocchia di San Luigi Orione per dare una testimonianza di vita durante la S. Messa del mattino presieduta dal Parroco don Antonio Lecchi e concelebrata da don Filippo Benetazzo. Ringraziamo di cuore per l’invito, per noi è stata una bella esperienza che abbiamo voluto vivere proprio con affetto di Figli nei confronti di Don Orione. 26

Fra Alejandro con i Novizi.

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Sabato 24: In mattinata un pullman da Reggio Emilia e don Luigi ha celebrato con loro la S. Messa. I nostri novizi si prestano per alcune ore di lavoro manuale. Ne approfittiamo subito per far imbiancare qualche locale, visto che la manodopera scarseggia….

Domenica 25: Don Leonardo è andato a celebrare la S. Messa a Pizzocorno il ridente paesino prima di arrivare all’eremo. I novizi sono rimasti qui a S. Alberto e nel pomeriggio sono andati a Tortona in Santuario e nei luoghi cari della Congregazione.

tore don Andrea Migliavacca e don Antonio celebrano la S. Messa verso le ore 19 e il Vespro.

Sabato 7: Il “piccolo” esercito dei chierichetti della nostra parrocchia di San Luigi Orione di Pavia con don Filippo fanno visita all’eremo.

Lunedì 26: Tutti a Fumo, nel bel Santuario della Madonna di Caravaggio per la Sua festa. Il tempo incerto ha scoraggiato la Processione, ma comunque si è vissuto un bel momento “Mariano” di grazia e di fede.

Giovedì 29: Nel pomeriggio Don Paolo con i giovani in preparazione alla Cresima da Pontecurone AL, fanno un momento di riflessione e Confessione.

Sabato 31: Chiusura del mese di maggio nel Castello di Oramala recitando il S. Rosario. GIUGNO

Domenica 1: Dalla Parrocchia di Corvino S. Quirico PV un gruppo di ragazzi con il loro catechista e genitori.

Lunedì 2: Un pullman da Alba e Fossano CN con un Sacerdote che li accompagnava. Don Cesare da Lungavilla PV ha celebrato alle ore 11 con un gruppo di suoi parrocchiani. Invece da Alessandria don Patrizio e don Campagna con un gruppo di famiglie della nostra Parrocchia Orionina. Venerdì 6: La comunità del Seminario diocesano di Pavia con il Ret28

Don Filippo con il gruppo di Pavia.

Domenica 8: Alla Messa di orario delle 10 ha concelebrato il nostro confratello don Domenico Napoli. Con Lui il Preside del Centro Formazione Professionale di Palermo e altri collaboratori. Nel pomeriggio don Campagna Arcangelo con un gruppo di famiglie dalla parroc-


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chia di Alessandria e un gruppo dalla parrocchia di san Rocco e S. Maria Maddalena di Lodi hanno cantato con noi i Vespri.

Mercoledì 11: Fausto che è l’apicoltore ufficiale dei Frati ha deciso che è il momento di smielare l’acacia. Ma l’impressione è che la produzione sia scarsa… .

Domenica 15: Don Vincenzo si reca a celebrare Messa anche a Vignola piccolo borgo fuori Pizzocorno nella Cappellina dedicata alla SS. Trinità. Nel pomeriggio don Mario Ghio con un gruppo del Rinnovamento. Martedì 17: Sul mezzogiorno un pullman da Varese.

Domenica 22: Un gruppo di famiglie di Comunione e Liberazione da Lodi. Sia ieri che oggi è stato celebrato anche un Matrimonio.

LUGLIO

Giovedì 3: Un pullman dai dintorni di Torino e del Canavese.

Domenica 6: Diversi gruppi e gruppetti; segnaliamo la Parrocchia di S. Maria Nascente di Casorate Primo PV con il Parroco e una Religiosa.

Mercoledì 9: Sono venuti dal Piccolo Cottolengo di don Orione in Milano a fare una gita con alcune Ospiti e tra loro anche il nostro Fra Arturo che è in ottima forma. Accogliamo anche per alcuni giorni un giovane nostro chierico Venezuelano, Carlos, e don Diego Lorenzi che poi ripartirà per le Filippine.

Domenica 29: Nel pomeriggio arriva il nostro Superiore Generale don Flavio Peloso e si fermerà tra noi alcuni giorni.

Lunedì 30: Fra Alejandro e fra Ivan si recano a visitare la cascina Piccagallo a Castelnuovo Scrivia AL ove un tempo era nata la mamma di don Orione, Carolina Feltri. Al ritorno sono poi passati a salutare le Suore Sacramentine non Vedenti a Tortona e con loro hanno recitato il S. Rosario e cantato i Vespri.

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Le Ospiti di Milano.

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Domenica 13: Il Gruppo Alpini di Ponte Nizza PV è presente alla S. Messa delle ore 10.00

Lunedì 14: Viene a farci visita un nostro confratello, Padre Claudio del Cile.

Domenica 27: È stato celebrato un Matrimonio.

Giovedì 31: Il Concerto con il Coro Giuseppe Verdi di Pavia. È riuscito tutto molto bene, anche il tempo che quest’anno è stato molto pazzerello ci ha regalato una buona serata.

In attesa del concerto. Fra Alejandro e Padre Claudio dal Cile.

Sabato 19: Fratel Janus da Tortona accompagna il Direttore della nostra scuola di Oradea in visita all’eremo. Domenica 20: Si è celebrato un Matrimonio.

Martedì 22: Da Fano, il chierico Roberto con il diacono Cristian sono passati con un gruppo di giovani. Nel pomeriggio un bel momento di comunione con ben rappresentate 14 Nazionalità, del Convegno di Pastorale Vocazionale della Congregazione. Giovedì 24: Sono passati il nostro Vicario Generale don Achille Morabito e Fratel Miguel Angel dell’Argentina. 32

Il Coro Giuseppe Verdi di Pavia.

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AGOSTO

Venerdì 1: È tornato alla Casa del Padre Frattini Remo. Un particolare ricordo nella preghiera per i suoi cari in questo momento di dolore. Un gruppetto del Centro Anziani di Salice Terme e Rivanazzano PV, hanno trascorso alcune orette nei dintorni dell’eremo e fatto un bel pranzetto al sacco.

bati perché non c’è quella delicatezza ed educazione di parlare a bassa voce e tanto più di non chiacchierare sulla porta della Chiesa e nelle vicinanze.

Martedì 19: Con il nostro amico ed Erborista Felice andiamo a Varazze a visitare L’eremo del Deserto abitato da una comunità di Carmelitani Scalzi. Abbiamo sostato in preghiera presso la tomba del Cardinal Anastasio Ballestrero.

Frattini Remo.

Sabato 2: È stato celebrato un Matrimonio.

Lunedì 4: In serata è arrivato Ermanno Mella da Tortona che si fermerà alcuni giorni con noi.

Martedì 5: Un bel gruppo di Focolarini ha partecipato alla S. Messa alle ore 16.30. Provenivano dal Piemonte e Liguria.

Mercoledì 6: In foresteria abbiamo per alcuni giorni 4 bravi giovani provenienti da Rocca di Papa Roma. Penso siano gli ospiti più lontani che abbiamo avuto quest’anno. In genere non ci soffermiamo su questo servizio che svolgiamo tutto l’anno, dando la possibilità di qualche giorno di silenzio, preghiera meditazione. Sabato 9: Accogliamo alcuni giorni il nostro confratello padre Hani originario proprio di Ninive. Anche i suoi cari sono tra i profughi e speriamo in bene dopo questa ondata di terrore. Lui con altri nostri confratelli sono impegnati in Giordania in una Scuola Secondaria con circa 530 alunni.

Giovedì 21: Sono passate le Piccole Suore Missionarie della Carità di don Orione, che festeggiano chi il 25° chi il 50° di Professione Religiosa.

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Venerdì 15: È passata molta gente. Nell’insieme un clima abbastanza rispettoso e decoroso anche se a volte in chiesa si è spesso distur-

Al Deserto di Varazze.

Venerdì 22: È passato il caro confratello don Sergio Zanatta, circa 30 anni fa era stato qui come Superiore e Parroco.


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Lunedì 25: Ci giunge la notizia della morte di Augusto Maraffa che per anni ha curato con dedizione e professionalità questo nostro semestrale “Il Richiamo di Frate Ave Maria”. Alla Editrice Velar manifestiamo il nostro sincero cordoglio e la preghiera in suffragio per questo loro prezioso collega ed amico. Giovedì 28: Per alcuni giorni siamo impegnati nella “dura” raccolta delle patate.

Venerdì 29: Siamo a Tortona AL, per la Messa Solenne in onore alla Madonna della Guardia e poi la tradizionale processione nel centro cittadino, dal Santuario alla Cattedrale.

SETTEMBRE

Coro di Bagnaria PV per la festa di Sant’Alberto.

Augusto Maraffa.

Apriamo la cronaca di questo mese con la festa patronale di S. Alberto, infatti moriva il 5 settembre del lontano 1073.

Domenica 7: Una bella giornata di fede e di festa. Nel pomeriggio alle 16.30 la Messa animata dal Coro di Bagnaria PV, poi è seguita la Processione giù alla cappellina della grotta di S. Alberto. La Proloco ha organizzato una grigliata e alcune bancarelle di prodotti artigianali e locali che ha dato un tono di festa in più. Tutto è riuscito molto bene e ringraziamo quanti hanno collaborato per rendere tutto bello e sereno in onore a S. Alberto. 36

Un momento della Festa di Sant’Alberto.

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Mercoledì 10: Un gruppo del Centro Anziani di Guggiolo MI.

affidiamo ognuno di noi e di voi cari amici e benefattori.

Domenica 14: I coscritti della classe 1940 da Busto Arsizio VA.

Sabato 11: Ancora un pulman dall’Alberto “Salus” delle Terme di Salice PV, e poi un bel gruppo da Cento – Ferrara, e don Marco con la Parrocchia Sacra Famiglia di Milano che hanno svolto un’incontro nel Rifugio.

Sabato 13: Gruppo della Parrocchia san Giovanni Battista di Rho accompagnati da don Alberto. Sabato 20: Un pullman di “Camperisti” da Lodi.

Domenica 21: Un gruppo dall’Agenzia Personal Tour di Varese con i coscritti della classe 1939 di Samarate. Un gruppo da Galliate, NO. Sabato 27: Celebriamo l’ultimo matrimonio per quest’anno. Nel pomeriggio un pullman dalla Liguria.

Domenica 28: Numerosi i visitatori che come sempre in questo periodo vengono anche per raccogliere le castagne… È passato un gruppo d’auto d’epoca provenienti da Casteggio e Piacenza. OTTOBRE

Sabato 4: È passata molta gente, c’è stato pure un Battesimo, un gruppo da Novate Milanese e un altro da Santhià e Biella. Un gruppo dell’Associazione Pensionati di Villa Cortese MI tutti in questo bel giorno che la Chiesa ci ricorda la bella figura di S. Francesco d’Assisi.

Domenica 5: Anche oggi un’intensa domenica che ha visto passare molta gente. Segnaliamo il parroco di Lomello PV, con i ragazzi dell’oratorio per la castagnata….

Lunedì 6: Abbiamo in visita il caro amico e Parroco dell’Abbazia di San Nazzaro Sesia – NO.

Martedì 7: Memoria della Beata Vergine Maria del S. Rosario. A Lei 38

Giovedì 9: Dalle Terme di Salice, PV un pulman in visita nel pomeriggio.

Domenica 12: Un’altra bella e vivace domenica. È passato don Luca da Gerenzago MI con i parrocchiani di S. Pudenziana e hanno celebrato la S. Messa. Nel pomeriggio un pullman da Piacenza. Un altro da Lodi e Codogno e in tarda serata un gruppo da Bergamo.

Lunedì 13: Nella notte un forte temporale con vento e grandine. Nessun danno serio, se non un po’ di disordine per andare giù lungo la stradina che porta alla Grotta, e la nostra centralina telefonica in parte fuori uso… .

Mercoledì 15: Veniamo a conoscenza della nomina del nuovo Vescovo per la nostra diocesi di Tortona nella persona del Padre Vittorio Viola, Francescano. Da oggi cominciamo a tenerlo presente nella nostra preghiera e ringraziamo Mons. Martino Canessa per questi 18 anni passati in questa porzione di chiesa locale. Anche di oggi la notizia della morte di Giorgio, un villeggiante di S. Alberto che ha trascorso questi ultimi anni nella cecità. Teniamo tutti presenti nella nostra fraterna preghiera. Giovedì 16: A Pizzocorno PV borgo di case prima di raggiungere l’eremo… Luigi compie 102 anni!

Venerdì 17: Le “ragazze” del Piccolo Cottolengo di don Orione in Milano per una gita nel bel verde di S. Alberto e alla raccolta anche di qualche castagna. 39


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Sabato 18: Nel tardo pomeriggio un pullman da Casarza LigureGenova tutti Alpini con le loro famiglie. Domenica 19: Diversi pullman, ma annotiamo solamente il gruppo di Chiavari, perché gli altri ci sono sfuggiti senza poterli annotare!

Sabato 25: Fra Ivan e fra Alejandro si recano a Tortona in Casa Madre dalle Piccole Suore Missionarie della Carità di don Orione per la morte di Suor Maria Oliva Pacis. Una cara Suora che lo scrivente ha conosciuto in questi anni e sempre andando a Tortona bisognava salutare Suor Oliva. Ora dal Cielo continua a pregare per noi e per questo povero mondo. Grazie! Domenica 26: Don Costantino con un gruppo di Corsico MI celebrano la S. Messa alle ore 12.00

Martedì 28: La bella visita dei Novizi Cappuccini di Tortona con il Padre Maestro. Anche Suor Francesca con un gruppetto del Personale del Piccolo Cottolengo di Don Orione a Tortona accompagnati da don Filippo Benettazzo fanno un incontro formativo e celebrano la S. Messa.

La processione giùalla grotta di Sant’Alberto.

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I PENSIERI DI FRA SERENO FRATELLI, CI VUOLE PI U’ FEDE! Più fede! Fratelli, non siamo spiriti scoraggiati: abbiamo fede, più fede! Che cosa manca un po’ a tutti, a noi tutti, oggi, per adoprarci, nel nome di Dio e in unione con Cristo, a salvare il mondo e ad impedire che il popolo si allontani dalla Chiesa? Che cosa ci manca perchè la carità, la giustizia, la verità non siano vinte, e non rientrino nel seno di Dio, maledicendo all’umanità, che avrà rifiutato di dare il suo frutto? Ci manca la fede! «Se aveste della fede soltanto come un grano di senape, ha detto Gesù, voi trasportereste le montagne, e niente vi sarebbe impossibile» (cf. Mt. 17, 20). Fede, fratelli, più fede! Chi è di noi, che crede si possano trasportare le montagne, guarire i popoli, far predominare la giustizia nel mondo, far risplendere la verità allo spirito umano, unire nella carità di Cristo tutta la terra? Dove sono questi credenti? Più fede, fratelli ci vuole più fede! Manca la fede in quelli che bisogna salvare, e la fede manca, talora ah, con quanto dolore dell’anima lo dico!, manca o langue assai la fede in me e pur in altri di noi. Siamo sinceri. Perchè non sempre rinnoviamo la società, perchè non abbiamo sempre la forza di trascinare? Ci manca la fede, la fede calda! Viviamo poco di Dio e molto del mondo: viviamo una vita spirituale tisica, manca quella vera vita di fede e di Cristo in noi, che ha insita in sé tutta l’aspirazione della verità, e al progresso sociale; che penetra tutto e tutti, e va sino ai più umili lavoratori. Ci manca quella fede che fa della vita un apostolato fervido in favore dei miseri e degli oppressi, com’è tutta la vita e il vangelo di Gesù Cristo. 41


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La preghiera che è necessario fare è questa: «O Signore, accresceteci la fede!». Febbraio 1919 San Luigi Orione, Sacerdote. …Nel suo testamento spirituale ha scritto: “il nostro corpo che possediamo oggi non è il corpo che Dio ci ha dato all’inizio. Dio ci aveva fatto per l’immortalità, e facendoci per l’immortalità non poteva donarci un corpo mortale. Non siamo fatti per la morte. Tutto in noi dice che siamo fatti per una vita senza fine e proprio per questo crea in noi una tensione e suscita in noi una reazione viva nei confronti della morte che viene. Nessuno vive l’atto supremo della sua vita nella morte se non vive nella morte un atto di amore!”. DON DIVO BARSOTTI

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Mons. Antonio Cuniol così annotava: “Nella vita vale di più quello che costa di più. Dio non si stanca di numerare le nostre lacrime e di metterle in conto dei nostri meriti… Se corressi per mari stranieri tornerò sempre, o Signore a far naufragio nel tuo. E se dovessi confrontare le mie pene con quelle degli altri uomini, mi vergognerei di essermi angustiato di tali pene. Sarò ilare nella sofferenza. E annotava un pensiero di S. Agostino: Se senti vacillare la fede per la violenza della tempesta, calmati; Dio ti guarda. Se ogni ora che passa cade nel nulla senza più tornare, calmati; Dio rimane. Se il tuo cuore è agitato e in preda alla tristezza calmati; Dio perdona. Se la morte ti spaventa e temi il mistero e l’ombra del sonno notturno, calmati; Dio risveglia”. Ti benediciamo, o Cristo Verbo di Dio, Luce della Luce senza principio. Hai vinto le tenebre e creato la luce, per creare tutto in essa. Hai dato consistenza alla materia, plasmandovi il mondo, riflesso della tua bellezza perché nella luce l’uomo scopra il tuo splendore e tutto diventi luce. Concedi alle nostre palpebre un sonno leggero, perché la nostra voce non resti al lungo muta; il tuo creato veglia per salmodiare con gli Angeli e la tua presenza pervada il nostro sonno. La notte non trattenga le colpe del giorno, le follie della notte non popolino i sogni; anche nel sonno il nostro spirito ti canti e il giorno ci sproni al tuo servizio. Ti benediciamo triplice luce, luce di una gloria indivisa, Padre, Figlio e Spirito Santo a te onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen. (Antico Inno di un Padre della Chiesa)

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UNA FIGÜRA BIÂNCA

(Claudia Zanocchi Soligno) entrerà in un libro di prossima pubblicazione, poesia in dialetto di Pizzocorno.

Biânch jén i mónt, biânch jén i câmp , biânch jén ancasé tüt e râmp. I ram corgh âd néev i sâ šbasa a salütò una figüra biânca ch’a caména sö pr’a strò. Tonga biânca fen’ ‘i pé, cruuš negra ricamò ins’a petüréna , borba longa ins’a facia biânca e féna. Cavì longh un po’ scaviò suta un capucio mèš bagnò, ugiòol negâr, rutônd, chi ripora du öög sempâr sarò. Pé bjüt quosi blö in du scârpôn un pö s-ciavò, una mân ch’a tégna u rušòri e l’otra che ins’un gros bastôn a tröva ripòri. Ins’a Miêta u s’ferma a piò fiò con u so cumpagnadù, un frò âncasé lü: tonga griša, un sach in se spàal e du öög vigil ch’i vorda pâr dü. Spaventò pâr qùla aparisiôn, mé, fiuléna ch’a šogh ins’a strò, a cur da me nona tüt’ agitò. Me nona Miliêta sempâr brova e pena ‘d sagêsa, a vena ins’a porta, a j vêga, a j ciàma pâr nuum , a cura in ca e sbit a sorta. A m’dà un scartós da purtò ‘i frò, e piân pianén me a gh’vagh adrè, lé a gh’à un bialén d’ lač fümânt e con grasia ai trata me fradé. Mé a rèst incântò da qùla figüra biânca ch’a vorda sensa pudé vardò e che me nona a gh’porla con devüsiôn e familiaritò. Da so buca quoši sarò a sorta una strâna vuuš, una vuuš un po’ roca ch’a stenta a respirò e u smja jön d’un otâr môond adré a parlò. L’è frò AVE MARIA che con un debul suriš pugiandâs con una šmorfia ‘u so bastôn u salüta con a sua benedisiôn. I ciapa pö a strò pâr Sant Ebèrt con un pass adnâns e du indré sgranânda u so rušòri e fundânda int’à néev con i pé. Mé sensa pö pagüra ma con tânta malincunìa, a vârdèva da luntân lü tüt biânch ch’undèva con a so sânta oscüritò sö pr’a biânca strò fén ‘a ché, con l’otâr fro, u spariva int’u silénsi imaculò.

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UNA FIGURA BIANCA Bianchi sono i monti, bianchi sono i campi, bianche sono anche tutte le rampe. I rami carichi di neve si abbassano a salutare una figura bianca che cammina su per la strada. Saio bianco fino ai piedi, croce nera ricamata sulla pettorina, barba lunga su di un viso bianco e fino. Capelli lunghi un poco scapigliati sotto un cappuccio mezzo bagnato, occhiali neri, rotondi che riparano due occhi sempre chiusi. Piedi scalzi quasi bluastri in due scarponi tutti aperti, una mano che tiene il rosario e l’altra che su di un robusto bastone trova riparo. Sulla Mietta si ferma a riposare col suo accompagnatore, un frate pure lui: saio grigio, un sacco sulle spalle e due occhi attenti che guardano per due. Spaventata per quella apparizione, io bambina che gioco sulla strada, chiamo mia nonna tutta agitata. Mia nonna Milietta, sempre brava e piena di saggezza, viene sulla porta, li vede, li chiama per nome, corre in casa e subito esce, mi da un cartoccio da portare ai frati. Piano piano io la seguo, ha una zuppiera di latte fumante e con grazia li tratta come fratelli. Io resto incantata da quella figura bianca che guarda senza vedere e a cui mia nonna parla con devozione e familiarità. Dalla sua bocca quasi chiusa esce una strana voce, una voce un poco fievole che stenta a respirare e mi sembra uno dell’altro mondo intento a parlare. È frate AVE MARIA che con un debole sorriso, appoggiandosi con una smorfia al suo bastone, ci saluta con la sua benedizione. Iniziano poi la salita per Sant’Alberto con un passo avanti e due indietro, sgranando il loro rosario e affondando nella neve con i piedi. Io senza più paura ma con tanta malinconia, guardavo da lontano lui tutto bianco che andava con la sua santa oscurità su per la bianca strada fino a che, con l’altro frate, spariva in un silenzio immacolato.

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Libreria Sono disponibili presso la Libreria dell'Eremo le seguenti pubblicazioni: – D. Sparpaglione, Frate Ave Maria, Edizioni Eremo di S. Alberto, Ponte Nizza (PV) pp. 32.

– Storia di Frate Ave Maria a fumetti, Edizioni Eremo S. Alberto, Ponte Nizza (PV), pp. 62.

– D. Flavio Peloso, Si può essere felici. Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL), pp. 204.

– Arcangelo Campagna, L’eremo di S. Alberto di Butrio, guida storico artistica, Edizioni Eremo di S. Alberto, Ponte Nizza (PV), pp. 72.

– A. Gemma, I fioretti di Don Orione, Edizioni Devoniane, Roma 2002 Seconda Edizione.

– Sui passi di Don Orione, “Sussidio per la formazione al carisma”, Edizioni EDB 1997, pp. 320

– D. A. Lanza: Don Luigi Orione e gli eremiti della Divina Provvidenza. Nel primo centenario della fondazione 1899-30 luglio 1999.

Santo Natale 2014

Piccola Opera della Divina Provvidenza, via Etruria 6 00138 Roma.

– San Luigi Orione. L’apostolo della carità, Edizioni Velar.

Ai nostri lettori, un augurio di

– Via Crucis con Don Orione, a cura di Don Francesco Mazzitelli FDP Grafiche Grilli srl, Foggia. 2004.

Buon Natale

– Don Luigi Orione una vita ad immagini, a cura di don Giuseppe Rigo B.N. Marconi Arti Grafiche e Fotografie, Genova 1997.

– Frate Ave Maria. Un anno con i suoi pensieri, a cura di Vincenzo Marchetti con gli Eremiti della Divina Provvidenza, Edizioni Velar.

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La natività, del Ghirlandaio.

dalla comunità religiosa di Sant’Alberto


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LAUS ET LABOR

EREMITI DELLA DIVINA PROVVIDENZA (Don Orione) Eremo e Parrocchia di Sant’Alberto c/c postale N. 001017936004

www.eremosantalbertodibutrio.it - E-mail: eremo.sant.alberto@libero.it

Santa Messa festiva:

Feriale: ore 7.00 e 16.30 Pre-festivo: ore 16.30 Festivo: ore 10 e 16.30 (tutto l’anno)

Visita all’Abbazia:

Dalle ore 8.00 alle 12.00 – Dalle 14.30 alle 19.00

Feste:

Sant’Alberto Prima domenica di settembre. Nel pomeriggio: Messa ore 16.00 seguita dalla processione.

Memoria di Frate Ave Maria 3a. Domenica di maggio nell’Eremo di S. Alberto – Ponte Nizza (Pavia) 4a. Domenica di maggio a Pogli di Ortovero (Savona). Indicazione per chi utilizza il Navigatore: Per trovare la strada per l’Eremo, cercare Abbadia Sant’Alberto di Butrio.

Supplemento N. 1 al Don ORIONE, Foglietto mensile del Piccolo Cottolengo di Milano 20146 Milano - Viale Caterina da Forlì, 19 - Anno XXXXVIII - N. 7 - Novembre 2014 Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo Realizzazione a cura della Editrice VELAR, Gorle (Bg) Foto: Edizioni Eremo - Stampa: Litonova, Gorle (Bg) Spedito nel mese di Novembre 2014

L’Editrice VELAR assicura che i dati personali vengono trattati con la riservatezza prevista dalla legge in vigore (675/96) e utilizzati esclusivamente per le proprie proposte commerciali. Su richiesta, tali dati potranno essere cancellati o rettificati.


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