Don Giuseppe Rigo
PICCOLA CATECHESI SULLA PREGHIERA
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PRESENTAZIONE
Non ho cercato grandi nomi per presentare questo modesto e semplice lavoro. Non è neppure il caso di dare alcuna importanza a ciò che è solo frutto di meditazione e ricerca personale. Si tratta di un cammino sperimentato con un gruppo di fedeli di buona volontà. L’esperienza vissuta è stata messa per iscritto e pubblicata nel giornalino quadrimestrale “La Madonna della Guardia” e offerta ai devoti che frequentano il nostro Santuario. Da parecchie persone è stata richiesta la pubblicazione in un unico volumetto perché potesse servire come vademecum. La realizzazione è dovuta unicamente alla bontà e generosità dell’editrice Marconi, che già era in possesso del testo, e in particolare alla perseveranza del signor Claudio Bianchi. A tutti un vivo ringraziamento. Se un po’ di bene ne deriverà, vada a gloria e lode del nostro Signore Gesù e della Vergine santissima. Don Giuseppe Rigo 29 Agosto 2000 Solennità della B. V. della Guardia
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I - PERCHÉ PREGARE La preghiera è, per sua natura, un incontrarsi con Dio che chiama tutti alla comunione di vita con sé, nello Spirito Santo per mezzo del Figlio suo. Perciò pregare non serve tanto per “avere” di più ma per essere “di più”: per presentarci al Padre come Gesù stesso ci ha insegnato, con la familiarità e semplicità dei bambini, per lasciarci crescere da Lui. Perciò chi non prega, si chiude in se stesso, non si mette nella condizione di questa crescita. Non potrà mai realizzare l’ideale cui deve tendere ogni cristiano: la pienezza della vita di Cristo. La preghiera è dunque, per l’uomo un’esigenza insostituibile. Come e quando pregare Esiste un metodo che introduce alla preghiera? Bisogna ammettere che l’uomo arriva alla preghiera più per grazia del Signore che per sforzo umano. Tuttavia l’azione educativa è rivolta, in concreto, all’uomo per renderlo disponibile all’azione dello Spirito, ad accogliere il dono della preghiera ed a corrispondervi responsabilmente. Ecco perché non si devono moltiplicare le parole, ma occorrono momenti di silenzio in cui lasciarci penetrare da Dio... lasciarci riempire da Dio... fino a traboccare di Dio. E per imparare a pregare, bisogna semplicemente pregare: pregare molto e saper ricominciare senza stancarsi: anche se non vi è risposta, anche se non vediamo nessun risultato pratico. E per non scoraggiarsi dovremmo mettere in pratica quanto ci suggerisce Paolo VI. Dovremmo innanzi tutto tentare, per conto nostro, di coniare per uso personale una definizione della preghiera... E vediamo subito che essa dipende dal senso di presenza di Dio nella nostra vita. E poi mettere questa affermazione fra le certezze indiscutibili della realtà in cui viviamo. Perciò quale definizione posso dare io della mia preghiera? Ossia: che cosa è la preghiera per me e nella mia vita? 5
Alcuni Santi che, prima di essere tali, erano come noi: persone in cammino e alla ricerca di Dio, si espressero così: S. Teresa d’Avila: Pregare è lasciarsi trasportare da Dio in Dio. S. Giovanni della Croce: Pregare è stare con Dio. S. Teresina del Bambino Gesù: Pregare è parlare con Dio. Paolo VI: Pregare è dialogare con Dio. Anch’io ho tentato una definizione che coinvolga tutta la mia vita: Pregare è mettermi a disposizione di Dio. Come si vede, le varie definizioni di preghiera ci possono aiutare ad inventarne una che leghi il nostro essere a Dio. Solo così possiamo essere certi che il nostro pellegrinaggio terreno avrà il suo significato profondo, perché qui non verrà una parte di noi, ma tutto il nostro essere.
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II - LA PREGHIERA CONDUCE L’UOMO A DIO Se è vero che la preghiera conduce a Dio, uno che non sa pregare o non prega affatto non potrà mai incontrarlo? Vediamo di rispondere. 1 - Che cosa significa pregare? Spesso pensiamo che pregare voglia dire solo parlare con Dio e ci fermiamo lì. Parliamo sempre noi, chiediamo tutto e spesso in modo sbagliato e non lasciamo mai a Dio il tempo di parlare al nostro cuore. Dobbiamo tenere presente che l’iniziativa è sempre di Dio. E “pregare” vuol dire prendere coscienza della chiamata di Dio e aderire ai suoi comandi, cioè offrirsi a Dio nel silenzio perché possa realizzare in noi ciò che da sempre ha stabilito di fare. Pertanto, l’uomo prega realmente quando si raccoglie per aprirsi a Dio e per ascoltarlo quando Dio gli parla attraverso il mondo sensibile: circostanze, fatti, persone, che sono sempre segno della sua paternità e della sua infinita sapienza. L’uomo prega quando risponde a Dio e gli parla per glorificarlo e fargli dono di se stesso. In questo modo tra la nostra vita e la vita divina, tra la nostra impotenza e la potenza di Dio, si stabilisce un contatto nuovo. Questo contatto diventa personale, amoroso e riversa in noi qualcosa di divino che riempie il nostro vuoto. E noi possiamo sperimentare una nuova presenza che ci invade di gioia e serenità. Ed è questo il momento in cui non si trova difficoltà a capire e a fare la volontà di Dio. 2 - È necessario usare le “formule” tradizionali? Le formule tradizionali: Padre nostro, Ave Maria, Salve Regina ecc... servono molto, sono utili e necessarie. L’uomo infatti è una realtà vivente e ha bisogno di questi mezzi per esprimersi. Ma perché la preghiera diventi storia viva è necessario che si incarni in modo tale da impegnare tutto il dinamismo umano: pensieri, cuore, voce, gesti, tutta la persona. Infatti spesso recitiamo l’Ave Maria e la nostra mente è altrove. Perciò è bene subito chiarire, per consolazione di molti, che le formule tradizionali sono uno strumento, un modo, un mezzo per pregare, ma non sono “la” preghiera. Ossia non 7
possiamo confondere la preghiera che è un rapporto personale con Dio, un incontro di ascolto e risposta, che coinvolge tutta la nostra persona, con le formule. Perciò queste formule così belle ed espressive sono sostegno e mezzo che devono portarmi alla preghiera personale del cuore. Ossia dopo aver recitato il Padre nostro, l’Ave Maria o altre preghiere debbo arrivare a sostare da solo davanti al Tabernacolo dove c’è Gesù che mi attende per parlare al mio cuore. Debbo riuscire a creare uno spazio di silenzio e ascolto per permettere a Gesù di entrare in me. Ma se io scappo subito, tutto diventa inutile. La mia preghiera è solo iniziata e molte volte io me ne vado oppresso e triste come prima. 3 - Che cosa dire quando si prega? Pregare significa aprirsi a Dio, ascoltarlo e parlargli. Spesso la nostra preghiera è fatta tutta di parole, senza ascolto e senza apertura a Dio. Chiusi in noi stessi, nei nostri interessi, siamo solo preoccupati di informare Dio del nostro problema. Così facendo abbiamo capovolto l’iter della preghiera che è: a) aprirsi a Dio: adorazione e lode; b) ascolto: ascolterò che cosa mi dice il Signore (salmo 85, 9); c) parlare a Dio. E a questo riguardo va tenuto p r e s e n t e che la conversazione fra due persone dipende molto dal rapporto che regna tra loro. E quanto più è fatto di amore e familiarità, tanto più facile sgorga il dialogo. Per esempio quando c’è un vero rapporto di paternità, maternità e figliolanza in una famiglia, il problema per loro non sarà tanto quello di trovare le parole giuste o gli argomenti più o meno convincenti, ma il vero problema sarà quello di trovare il tempo di dirsi tutto quello che vorrebbero. Se il pregare è un dialogo tra due persone che si amano (noi e Dio, Dio e noi) allora non dobbiamo preoccuparci di cercare le parole e le cose da dire. Per parlare con mia madre non sono andato a scuola perché mi insegnassero che cosa dovevo dire. Nessuno mi ha insegnato nulla per avere un rapporto cuore a cuore con lei. Tutto andava bene anche i balbettamenti, tutto era autentico. Se tra me e Dio c’è un vero rapporto di amore “ama Dio con tutto il cuore...” (Lc 10, 27), allora il discorso è sempre qualcosa di vitale e di immediato, mai di astratto e tanto meno di studiato, “Il Padre vostro sa già tutto...” (Mt. 6, 8). Perciò sosta davanti a lui e lasciati guidare, e subito sentirai una profonda pace. 8
III - L’IDEALE DEL CRISTIANO È LA PREGHIERA Ci domandiamo subito: come possiamo realizzare questo ideale? Gesù dice che dobbiamo pregare sempre senza mai stancarci (Lc. 21, 36). Da ciò appare chiaro che uno dei caratteri fondamentali della preghiera cristiana è la sua continuità. Le difficoltà che tante volte incontriamo nell’adempiere il comando di Gesù: “Vigilate e pregate in ogni tempo” (Lc 21, 36) pare che derivino in gran parte dall’idea sbagliata che ci facciamo della vita e della preghiera. Pensiamo che la vita consista nell’agitarsi e ci pare di vivere maggiormente per il fatto che corriamo sempre, anche quando, non potendo, ci trasciniamo in qualche modo pur di poter dire: anch’io vivo! Così pure pensiamo che la preghiera consista solo nell’andarsene in disparte, dimenticando il prossimo, e forse i nostri stessi doveri, senza tener conto della nostra situazione umana. Mentre va tenuto presente che tutto è grazia, e tutto può aiutare a entrare in contatto con Dio: il lavoro, il dolore, la folla, tutto può darci un aiuto per salire a Dio. Non possiamo dimenticare che siamo creature, e dobbiamo metterci in dialogo con Dio e cercare di vivere in questo dialogo. Ma il dialogo è fonte di salvezza solo se è fondato sulla trasparenza di rapporti umani, perché solo questo fornisce una immagine esatta di noi e dell’altro con il quale ci mettiamo in contatto. E quando preghiamo ci mettiamo in dialogo con Gesù che intercede per noi presso il Padre. Ma sappiamo veramente chi è Gesù? E sappiamo bene chi siamo noi? Il dialogo con Gesù (cioè la preghiera) esige chiarezza su questo punto. Perciò siamo invitati a dare una risposta. Se siamo preoccupati di dire sempre e solo l’aspetto bello di noi; se ci presentiamo sempre come cristiani dalle mani pulite; se i peccatori sono sempre gli altri... noi desautorizziamo Gesù, gli togliamo ogni iniziativa e ci presentiamo in modo sbagliato, perché nessun uomo è impeccabile. Così pure se diciamo sempre e solo male, se vediamo sem9
pre nero nella nostra vita, perché ci riteniamo buoni a nulla e pensiamo di non riuscire in nessuna cosa... anche in questo caso noi sbagliamo, perché in nessun uomo ci sono solo aspetti negativi. Ci vuole l’uno e l’altro aspetto. Si esige un concetto esatto di noi stessi, una onesta capacità di accettarci così come siamo; solo così avremo anche una conoscenza esatta di Gesù. E lo stare davanti a Lui non ci stancherà. E tutta la nostra vita può essere trasformata in preghiera. Perciò ci chiediamo: 1 - In che senso la preghiera può essere ampia quanto la vita? Il cristiano deve fare tutto per la gloria di Dio: “sia che mangiate, sia che beviate, o facciate qualunque altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (Rm 10, 31). Perciò la nostra preghiera non ha nulla da temere dalle nostre occupazioni, ma dovrà temere non poco, dal ripiegamento su noi stessi. La preghiera, dunque può e deve essere vissuta in funzione della vita e questa, a sua volta, con tutte le sue preoccupazioni giornaliere, può e deve entrare nella preghiera. Per giungere a questa unità tra preghiera e vita, occorre un intenso lavoro spirituale e un tempo consacrato esclusivamente alla preghiera. Per vedere e trovare Dio nelle cose, nella nostra storia, nelle persone che incontriamo, bisogna prima aver cercato il volto di Dio ed averne lungamente gustato la presenza nel silenzio della meditazione e della preghiera. 2 - La nostra preghiera ha bisogno di orari? Si! Per giungere a questa unità tra preghiera e vita bisogna non cedere mai alla tentazione di sopprimere i momenti di intimità con Dio, le pause di preghiera, le zone di silenzio e di raccoglimento anche contemplativo. Sarebbe una grande illusione pensare che basti lo spirito di preghiera o solo il desiderio, o l’intenzione perché tutto diventi preghiera. Tutto può diventare preghiera, soltanto a condizione che, nella giornata, ci siano momenti intensi di esclusivo dialogo con Dio. 10
Anzi, quanto più uno è immerso nelle realtà profane, tanto più deve uscirne fuori creandosi delle oasi di silenzio e ritemprare il suo spirito in un contatto purificante con Dio. L’identificazione grossolana della preghiera con il lavoro e con la vita in genere, non ha certo origini bibbliche. Anzi c’è il pericolo che la sorgente interiore della vita si inaridisca e la carità si svuoti dei suoi elementi soprannaturali. Già nell’Antico Testamento, la preghiera è chiamata a scandire i momenti principali della giornata: mattino, mezzogiorno, sera: “A sera, al mattino, a mezzogiorno gemo e sospiro, ma egli ascolterà la mia voce” (Sl 119, 62). E nell’esperienza cristiana abbiamo l’esempio di Gesù: “... la mattina, avanti giorno, si alzò, uscì e si recò in un luogo deserto, e là si mise a pregare” (Mc 1, 35). E ancora: “In quei giorni, Gesù si recò sul monte a pregare, e trascorse tutta la notte in orazione a Dio” (Lc 6, 12). Naturalmente va tenuto presente che non si può pregare senza un certo sforzo. L’inutile illusione di trovare una preghiera facile, inganna non pochi. La stessa fedeltà ad un orario esige costanza, volontà e sacrificio. Ma l’impegno, lo sforzo e l’atteggiamento penitenziale per poter pregare, anche nel più semplice e spontaneo dei modi, è indiscutibile. Poi ci sarà la grande gioia di gustare la preghiera diventata nostra vita, e la nostra vita trasformata in preghiera.
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IV - IL CONTENUTO DELLA PREGHIERA Spesso ci domandiamo: 1) Come pregare: “in segreto” o “in comunità”? 2) Perché la nostra preghiera è fatta quasi sempre di domande? 1 - Come pregare: “in segreto” o “in comunità”? La Chiesa educa i fedeli alla preghiera, ponendoli in ascolto della parola di Dio. Dio rivela se stesso per mezzo di Gesù nello Spirito Santo, per farsi conoscere e per far conoscere il suo piano divino sugli uomini e sul mondo. All’ascolto segue la risposta, e la risposta è dire “si” al Padre nella fede; è una interpretazione di tutta la nostra vita e di tutti gli avvenimenti alla luce di quanto Gesù ci ha insegnato e rivelato. Il Cristiano, tenuto ad entrare nella sua camera per pregare il Padre che è nel segreto (Mt. 6, 6), è anche chiamato alla preghiera liturgica mediante la quale la Chiesa attualizza la preghiera stessa di Gesù e i gesti salvifici operati da Dio verso di noi. Nasce così il corpo mistico di Cristo, ossia il nuovo popolo di Dio che esprime unitamente al Cristo la sua adorazione al Padre. La preghiera comunitaria, liturgica o non liturgica, è una espressione della propria “coscienza di Chiesa”; essa ci compromette nella testimonianza di fede, costituisce un aiuto fraterno vicendevole e realizza una particolare presenza di Cristo. La preghiera personale invece, realizza spesso un contatto più intimo e spontaneo con Dio; personalizza così la preghiera comunitaria che altrimenti rischierebbe di restare formalistica e generica; mi ricorda che ho una mia vocazione, dei miei carismi e delle mie responsabilità, una mia coscienza da confrontare con Lui. C’è chi preferisce la preghiera personale e la ritiene come unica possibilità autentica di preghiera; e ci sono coloro invece, che optano per la preghiera liturgica e la giudicano l’unica preghiera veramente necessaria ed efficace per la vita cristiana. Esasperare le posizioni sarebbe un errore. È bene ricordare che la preghiera tacita o solitaria, oppure 12
fatta di parole esteriormente e pubblicamente proferite, sia che raggiunga la dignità di preghiera liturgica e diventi il canto e l’implorazione della Chiesa, e sia ogni altra sincera invocazione a Dio trova sempre nell’essere personale la sua espressione di fede, speranza e carità nella vita di ogni creatura. 2 - Qual’è il valore principale della preghiera di domanda? Quando l’uomo prende coscienza della sua radicale povertà, si rivolge spontaneamente a Dio. Lo vede come la sorgente di ogni bene. Scopre Dio, lo ama e a lui ricorre. Capisce che dipendere da lui, diventa un bisogno e una gioia. Nel Vangelo è proprio questa la forma di preghiera che ha maggior rilievo. La preghiera di cui parla Gesù è quasi sempre di domanda. E anche quando, richiesto dai discepoli, propone una formula, ci offre il “Padre Nostro” che è una sequela di domande. La liturgia stessa è intessuta di richieste, di intercessioni, di domande. La stessa riforma liturgica ha, in certo senso, rivalutato ed ampliato la preghiera di domanda, introducendo nella celebrazione eucaristica una preghiera litanica, detta “preghiera universale”, che è una preghiera di domanda, una preghiera che raccoglie e riassume i desideri, i bisogni, le preoccupazioni, le miserie, le angosce di tutta la comunità. La preghiera di domanda prima di tutto è il riconoscimento dell’onnipotenza di Dio, tanto è vero che a Lui ci rivolgiamo; e poi è il riconoscimento e l’espressione della nostra povertà, della nostra “storicità”, del nostro essere ancora “in cammino” verso il Regno, del nostro non essere ancora “arrivati”. Per questo, la preghiera è sempre qualche cosa di più delle domande che contiene, è la presa di coscienza che non siamo abitanti “stabili” del Regno promesso da Gesù, che ancora viviamo nell’attesa della sua definitiva manifestazione. La preghiera di domanda deve essere, poi, una scuola di “altruismo”. Gesù ce ne ha dato l’esempio. Ha detto a Pietro: “ho pregato per te”. Gli ha rivelato anche l’oggetto della sua preghiera: “perché non venga meno la tua fede” (Lc 22, 32). Ha pregato per gli apostoli: “pregherò il Padre perché vi mandi un altro consolatore” (Gv 14, 16). Ha pregato, infine, per tutti quelli che crederanno in Lui.Anche se Dio, conosce ciò di cui abbiamo bisogno, perseveriamo nel chiedere, come ci suggerisce Gesù: “Chiedete e vi sarà dato” (Mt 7, 7). 13
V - L’ONNIPOTENZA DELLA PREGHIERA CRISTIANA 1 - Gesù garantisce l’onnipotenza della preghiera “Chiedete e vi sarà dato...” (Mt. 7,7-8) “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete” (Mt. 21,22) “Abbiate fede in Dio... tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc. 11,22-24) “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete, e vi sarà dato”. (Gv. 15,7) La preghiera non è efficace nel senso che arriva a persuadere Dio a fare qualche cosa che Egli diversamente non vorrebbe fare, ma in quanto è un nuovo modo di manifestare che la volontà di chi prega è unita intimamente alla volontà di Dio. E l’onnipotenza della preghiera cristiana consiste appunto nel fatto che il vero seguace di Cristo intende chiedere solo quelle grazie che sono veramente utili alla salvezza eterna. Dio non va scomodato per quelle cose che noi stessi potremmo risolvere. Perciò l’onnipotenza della preghiera è uguale alla onnipotenza di Dio ed è condizionata alla volontà dell’uomo se questa è conforme alla volontà di Dio. La preghiera perciò non è tanto rifugiarci in Dio per trovare consolazione al nostro spirito, quanto per conoscere il suo disegno su di noi, che potrebbe anche essere disegno di martirio, che ci farà profondamente soffrire; la consolazione nascerà solo dal sapere che tale è la volontà del Padre e noi l’abbracciamo anche se è una volontà che ci crocifigge. 2 - Come spiegare il “fallimento” di tante preghiere che pur sembrano autentiche? Quelli che noi chiamiamo “fallimenti” e che al contrario 14
ci delineano il senso profondo della preghiera, sono presenti nel Vangelo. Classico quello di Gesù stesso che noi leggiamo in Matteo: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice; tuttavia non quello che io voglio, ma quello che vuoi tu” (Mt. 26,39). Dove è vera preghiera, dunque, i “fallimenti” non sono in realtà che concessioni secondo piani più grandi, per una salvezza dell’uomo “a misura divina” e non “a misura d’uomo”. Ossia: non secondo le nostre piccole e ristrette misure umane. Naturalmente in questi casi, occorre aver fede per saper leggere la volontà divina più ampia e più utile per noi. Ed è necessario aver capito che è più importante “essere” che “avere” per lasciarci “crescere” da lui, al suo livello divino. 3 - Quando la preghiera è autentica? La preghiera è autentica, è vera, solamente se ci converte, se trasforma la nostra vita, realizzando, così, quanto predice il Profeta: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” (Ez. 36, 25-27). Ossia la preghiera è vera quando Dio può veramente realizzare i suoi piani in noi. Gesù denuncia spesso il pericolo di far consistere la religiosità nella preghiera separata dalla vita. Secondo Gesù, il vero cristiano, non è tanto colui che moltiplica le preghiere, ma colui che fa la volontà del Padre. Diversamente anche la preghiera devota non sarebbe che una menzogna. Il cristiano, poi, nella sua vita deve osservare un precetto che è tra i più difficili: il perdono dei nemici. Per questo Gesù, non si è stancato di inculcarlo con la parola e con l’esempio. Nel discorso della montagna dice: “Amerai il tuo prossimo.” E il prossimo era uno della sua parentela, del suo clan... E Gesù aggiunge: “Amate i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli...” (Mt. 5, 43). Per aiutarci a vivere questo precetto, Gesù lo lega alla preghiera. “Se 15
dunque, tu stai presentando la tua offerta all’altare ed ivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta lì davanti all’altare, e va prima a riconciliarti con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta” (Mt. 5, 23-24). Ecco la preghiera che diventa vita, amore, perdono. Se prego anche solo con un po’ di buona volontà, la preghiera mi costringe all’atto vitale di perdonare chi ha qualche cosa contro di me. Infatti, pregare colui che è l’Amore significa essere trasformati in creature d’Amore. E non si può essere che così. Gesù ci dice che non si può amare Dio, senza amare il prossimo, nemici compresi. Nel prossimo c’è Dio. “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccolo, l’avete fatto a me” (Mt. 25, 40). La vera preghiera spinge, meglio costringe ad amare. 4 - È bene ricorrere anche a Maria santissima e ai santi? Si! Infatti Maria è la strada che ci conduce a Gesù e affidando a lei la nostra preghiera siamo certi di non perderla lungo la via. Così pure la preghiera rivolta ai santi, come intercessori presso Dio, ci rende coscienti del nostro “essere Chiesa”, ossia di essere uniti a loro nel mistero della “Comunione dei santi”. Naturalmente il vero destinatario della preghiera è sempre Dio, ma Dio vuole che per la loro intercessione noi riceviamo gli aiuti necessari alla salvezza. Dice infatti san Tommaso che i santi, in proporzione al loro merito con cui si guadagnarono le grazie, possono salvare molti altri. E san Bernardo, parlando della Madonna dice: “Per te abbiamo accesso al Figlio, o inventrice di grazia, madre di salute, affinché per tuo mezzo ci riceva colui che per tuo mezzo fu dato a noi”. Quindi san Bernardo ci esorta di ricorrere sempre a questa divina Madre, perché le sue preghiere sono certamente esaudite dal Figlio: “Fa’ ricorso a Maria: lo dico francamente, certo il Figlio esaudirà la Madre”.
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VI - SIGNIFICATO DELLA PREGHIERA 1 - Nell’attuale contesto culturale Il clima in cui viviamo non è certo favorevole alla preghiera, sia perché la società, appagando i bisogni dell’uomo, spegne ogni desiderio, sia perché suscita un’azione rivoluzionaria che tende a collocare la preghiera tra le attività inutili. Si dice: - Il tempo e lo sforzo che si spendono per la preghiera e la meditazione sono perduti “per il regno di Dio”. - Dio si deve cercare solo nei poveri, nella lotta per essi e perciò nelle sofferenze e nei pericoli. - È inutile cercarlo nel comodo rifugio di una stanzetta tranquilla. Rispondo: Il tempo e lo sforzo impiegati nella preghiera sono veramente perduti per Dio, ma non in senso negativo come si vuole far credere, bensì in senso positivo. Ossia ci si consuma davanti a Dio come la lampada che arde giorno e notte e dà luce davanti al Tabernacolo. Il credente immergendosi nella contemplazione si inserisce in Cristo che è continuamente unito al Padre. E il cristiano in questo sforzo scopre la sua identità e la sua vera dimensione; e si può subito affermare che il credente tanto vale quanto prega. 2 - Dio si deve cercare nei poveri È certo che Dio è nei poveri e i cristiani possono e devono incontrarlo nei poveri, negli oppressi, nei sofferenti; ma per essere capaci di vederlo e incontrarlo in essi, prima di tutto bisogna essere liberi. Liberi da se stessi, da interessi privati, da punti di vista personali, da egoismi, sicurezze e ricchezze; cose tutte che ci incatenano e ci allontanano da Dio. Inoltre per scoprire Dio nei poveri bisogna farsi poveri. Non possiamo starcene sul trono che ci siamo costruito, godere e disattendere sempre il loro grido, perché così facendo non giungeremo mai alla scoperta di Dio in essi. Inoltre è vero che i poveri sono lo specchio di Dio, ma solo chi ha 17
occhi allenati a vedere Dio riuscirà a scoprirlo in essi. E noi sappiamo che solo la preghiera, pone il cristiano faccia a faccia con Dio, per il mistero della sua presenza, e apre in lui gli occhi della fede, che permettono di vedere Dio nei poveri e nei sofferenti. La fede si alimenta nella preghiera e il credente è abilitato anche per evangelizzarli. Ma per arrivare a questo deve esercitarsi nella preghiera silenziosa e solitaria. 3 - Nel comodo rifugio di una stanzetta Avvenuta questa conversione di mentalità, di modo di agire e di vedere le cose, ma soprattutto convertiti al gusto del soprannaturale, incontreremo Dio e lo pregheremo anche nel comodo rifugio di una stanzetta. Gesù dice: “Tu quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt. 6, 6). 4 - La casa è luogo privilegiato Resta sempre vero che si può pregare dappertutto: lungo la strada, in macchina, sul bus, davanti al creato... Tuttavia la preghiera ha i suoi luoghi privilegiati, dove si trova a suo agio e respira pienamente. E qui attinge la vitalità che le è indispensabile per dilagare e vivere anche in altri ambienti e in altri momenti. Questi ambienti sono come la sua sorgente e la forza che la rianimano e la rinnovano continuamente. Tra questi luoghi uno è particolarmente importante. Qual’è? È la casa. Infatti dobbiamo ricordare che la prima chiesa fu una casa, dove si riunivano i primi cristiani per pregare, ascoltare la parola di Dio e per celebrare l’Eucaristia (cfr. At. 2,47; 12,12). E non pare che fosse una decisione suggerita dall’urgenza di reperire un ambiente per il culto cristiano. Pare invece che si sia voluto, con tale scelta, indicare nella casa il luogo primario e naturale della preghiera. È un principio che ogni casa dovrebbe conservare ancora come una sua caratteristica indispensabile. E questo non solo nelle case di campagna ma dovunque. Ai genitori, infatti, spetta il compito di tramandare ai fi18
gli, con gioia e con amore, anche questa dimensione della vita familiare, perché il ricordo non si spenga. Infatti siamo ormai tutti consapevoli che alle nostre famiglie comincia già a mancare qualcosa di essenziale e di indispensabile; ossia manca la preghiera quasi per intero, perché manca la fede nel soprannaturale; e non si pensa che la casa a - è un dono di Dio per l’uomo, b - è tempio del Signore, c - è luogo di esperienza dell’intimità con Dio. a - La casa è un dono di Dio per l’uomo Infatti abitare la casa è sempre un dono, che reca gioia, suscita meraviglia e invita alla riconoscenza. E questa esperienza educa a saper riconoscere che tutto ciò che avviene in famiglia ha il sapore del dono: l’incontro fra i componenti della famiglia, il dialogo, la comunione vicendevole. E così i figli imparano a crescere nella vera libertà di fronte ai beni materiali, con uno stile di vita semplice e austero. Allora la casa spalanca la sua porta ai fratelli per condividere con loro quanto dispone e si apre anche al Signore, per svolgere con Lui un dialogo cordiale e riconoscente. La casa, quindi, essendo un dono di Dio per l’uomo è chiamata a trasformarsi in luogo di preghiera. E pregando in casa si diventa sempre più consapevoli della presenza di Dio in mezzo a noi. Tutto questo però, può sembrare poesia, perché la realtà, spesso, ci appare diversa. Se, infatti, la casa è un dono di Dio come mai molti non ce l’hanno? Ci sono troppe soluzioni facili e non è così semplice rispondere in maniera adeguata. Ecco le risposte facili: non è vero che è un dono! Dio non si prende cura di noi! Dio castiga, Dio si dimentica! Ma non è così. Dio c’è e si prende cura di tutti noi. Purtroppo la sua azione d’amore è intralciata dall’inerzia di alcuni, dal rifiuto di altri, dall’abuso della libertà e dall’egoismo di molti. L’uomo senza Dio non può accorgersi che vicino a lui c’è un fratello, perché dove non c’è Dio, l’egoismo acceca. Perciò la verità è questa: la casa è dono di Dio per l’uomo, ma l’uomo deve lasciare che questo dono arrivi a destinazione, e sia usato in conformità al volere di Dio. b - La casa è il tempio del Signore Va tenuto presente che la casa non si identifica con un luogo qualunque di preghiera ma diventa tempio del Signore, 19
quando è abitata da una famiglia che crede e vive la sua fede. Infatti in virtù del sacramento del matrimonio la vita coniugale manifesta il mistero della presenza del Signore. E qui Dio si rivela come Padre, come sposo, come comunione di amore mediante la bontà, la generosità, il perdono e la dedizione del padre e della madre con una comunione di vita tra genitori e figli. Ed allora nella casa, come in un tempio, ognuno può essere la gloria di Dio, e può gustare la sua presenza di salvezza. La casa non è quindi solo abitazione per l’uomo, ma anche dimora di Dio. Perciò diventa importante glorificare Dio con la preghiera e con la Chiesa, in cui, un giorno, gli sposi si sono uniti nel Signore. Possiamo affermare che la casa è un tempio da costruire ogni giorno mediante la guida dello Spirito Santo, e da restaurare con la preghiera. E così la preghiera ridona alla casa la sua identità di tempio del Signore. Da qui nasce il compito di ogni credente di impegnarsi, per evitare il degrado di questa opera meravigliosa che è la famiglia. Va ricordato, dunque, che la casa è tempio del Signore, e nel tempio si viene per incontrarsi con Dio mediante la preghiera. Da qui nasce il rinnovo della società. c - La casa è luogo di esperienza dell’intimità con Dio Sappiamo tutti che l’esperienza umana è legata all’ambiente in cui si vive. In casa, infatti, gli sposi accolgono il dono della comunione che il Signore dona loro e lo esprimono a vicenda nella reciproca donazione totale di se stessi. Perciò la casa diventa luogo dell’intimità ove gli sposi realizzano la loro esperienza. Dio stesso, infatti, rivela anche la sua alleanza con l’uomo in termini matrimoniali. E vuole che la preghiera si configuri come esperienza sponsale, perciò invita a vivere l’intimità spirituale che richiami il rapporto oblativo, gioioso e totale proprio del matrimonio. In tal modo la preghiera assume una originalità inconfondibile, perché è suggerita dal desiderio e dalla sete di incontrarsi con il Signore come sposo. E questo incontro ci aiuta a pregare come familiari di Dio e a sentirci fratelli di Gesù, figli del Padre e in comunione reciproca nello Spirito Santo. Concludendo possiamo dire che se non si prega in casa, viene meno non un semplice luogo di preghiera, ma una esperienza tipica della preghiera che difficilmente si potrà vivere altrove con l’identica intensità. 20
VII - LA PREGHIERA: GRIDO CHE NASCE DALLA NOSTRA POVERTÀ Secondo il piano di Dio la nostra vita dovrebbe essere tempo di fede e di preghiera in attesa dell’ultima venuta di Gesù. Infatti Lc. 18,8 dice “Il figlio dell’uomo, quando verrà troverà fede sulla terra?” Immagino che ogni uomo sia convinto che tra fede e preghiera esiste una circolarità. Infatti se è vero che per pregare bisogna credere è anche vero che per credere bisogna pregare. La preghiera perserverante è espressione e nutrimento della fede in Dio. Rivolgersi a Dio esplicitamente è un atto di fede in lui come persona sempre presente e distinta da ogni altra realtà. Perciò la preghiera diventa il nostro respiro, il nostro anelito, il nostro grido che nasce dalla nostra povertà. Pregare e sintonizzare la nostra vita con Dio. Pregare non è un’azione staccata dalla nostra vita, ma è il nostro stesso vivere. E questo nuovo modo di vivere pregando e pregare vivendo si può sviluppare in tre atteggiamenti. 1 - Pregare è fare silenzio per ascoltare Dio La preghiera cristiana prima che parola implorante è silenzio per ascoltare e accogliere la parola di Dio. Le persone entrano in comunione ascoltandosi. Così pure noi entriamo in comunione con Dio e ci disponiamo a fare la sua volontà ascoltandolo. Come la fede anche la preghiera nasce dall’ascolto, e diventa una risposta vitale e verbale; e si sviluppa progressivamente come: - ringraziamento per quello che Dio ha compiuto; - contemplazione, come immersione in lui e conoscenza intima; - professione di fede, come atteggiamento di apertura a lui e ai fratelli; - dichiarazione di impegno, come testimonianza con la nostra vita; - domanda, ossia esposizione delle nostre necessità. Non dimentichiamo che la preghiera di domanda è una risposta a Gesù che ci invita a “pregare sempre, senza mai stancarsi”. Domandare una cosa a Dio non è certamente pretendere che egli faccia al nostro posto, quello che dovre21
mo fare noi, ma lui farà sempre quello che non possiamo fare noi. Perciò la preghiera di domanda è: a) riconoscere il limite della nostra condizione umana; b) constatare che la liberazione totale e la piena realizzazione di sé non dipendono unicamente dall’uomo, perché l’uomo non può salvare sé stesso; c) manifestare a Dio le proprie necessità e desideri,s o t toponendoli alla sua luce per vedere se sono legittimi o no. Ed allora si scopre che l’uomo è veramente ciò che domanda; le richieste gli vengono spontanee ed esporle a Dio è vagliarle e purificarle. 2 - Pregare è un atto di verità e di fede La preghiera di domanda è segno di fiducia in Dio. Infatti quando siamo certi che una persona ci vuole veramente bene, con molta facilità e spontaneità le chiediamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno. S. Giovanni dice che la fede è credere all’amore che Dio ha per noi. Ebbene, quando il credente ha grande fiducia nel suo Dio, gli domanda tutto con semplicità. La parabola del giudice iniquo e della vedova ostinata (cfr. Lc. 18,1ss) richiama la necessità di pregare senza mai stancarsi, anche se il Signore tarda o sembra sordo a tutte le nostre suppliche. E l’argomento di Gesù è semplice: se un giudice iniquo finisce per darla vinta alla vedova, quanto più Dio che è giusto ascolterà il nostro grido di aiuto. In pratica Gesù ci rivela che non si deve minimamente dubitare di Dio, perché ascolta e concede sempre. 3 - Pregare non è forzare Dio a fare la nostra volontà La preghiera cristiana non deve essere una richiesta di intervento immediato di Dio; non si deve credere che sia una formula magica che risolve i problemi, ma aderisce e accetta la libertà e la pazienza di Dio. Nel Vangelo di Luca, Gesù ci dice che Dio Padre ci darà non tanto quello che chiediamo, ma lo Spirito Santo per comprendere il significato di quello che ci capita e per essere i suoi testimoni: “... se voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono.” (Lc. 11,13) 22
Gesù stesso ce ne dà l’esempio. Infatti la preghiera di domanda tipica, perfetta ed esemplare è proprio quella di Gesù nel Getsemani: “Padre, se vuoi allontana da me questo calice. Tuttavia non sia fatta la mia ma la tua volontà” (Lc. 22,42). Il credente perciò non deve pretendere né pensare di piegare Dio a fare la propria volontà, i propri desideri, ma solo di ottenere la grazia di conformare la propria volontà alla sua. Lui solo sa ciò che veramente è nostro bene. Inoltre la preghiera di domanda, quando è autentica e giusta, è sorgente di impegno per cominciare a fare quello che chiediamo. Pregare per la pace, spinge ad impegnarci per costruire la pace; pregare perché cessino le sofferenze, spinge ad aiutare chi soffre... Il solo fatto di metterci a pregare deve spingerci ad impiegare la nostra vita per risolvere il problema stesso per cui ci siamo rivolti a Dio. Solo così la preghiera è autentica, il nostro contegno è quello voluto da Dio, e l’impegno da noi assunto è già segno che Dio ci ha esauditi. E il contenuto giusto e completo della preghiera è quello che si trova nel Padre nostro: “Sia santificato il tuo nome...” con la mia vita... “Venga il tuo regno...” la tua presenza sia viva e operante in me... “Sia fatta la tua volontà...” accettazione completa del disegno di Dio su di me... “Dacci il pane e liberaci dal male...” perché io viva sempre da figlio di Dio. Solo così il grido che nasce dalla nostra povertà sarà la preghiera gradita a Dio e la sua efficacia sarà dimostrata dal nostro vivere da creature nuove.
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VIII - CRISI DELLA PREGHIERA “Prego poco... Non so pregare... Sono distratto... non ho tempo...” Queste ed altre espressioni sono sulla bocca di molti. Oggi constatiamo la triste realtà di una progressiva agonia della preghiera e dello spirito di contemplazione. Più volte il Papa ha lanciato il grido d’allarme, richiamando i cristiani sulla necessità di ritornare alla preghiera personale. Perché ritornare? Già Paolo VI diceva: “Perché oggi i buoni, i fedeli, e anche coloro che sono consacrati al Signore, pregano meno di un tempo...”. Perciò con coraggio ci guardiamo dentro e ci domandiamo: si prega oggi? L’uomo moderno sa pregare? Ne sente l’obbligo? Ne sente il bisogno? E il cristiano ha ancora il gusto e l’impegno per l’orazione? Con facilità si constata che in molti ambienti cristiani fa capolino un deprezzamento della preghiera, con il pretesto di reagire contro le falsificazioni in atto: formalismi, esibizionismi, proiezioni esterne solo per adempiere a certe esteriorità. Infatti oggi si parla di dialogo, ma non si accetta più il dialogo con Dio, proposto dal Vangelo. Si compiono gli atti esterni ma manca l’anima. Infatti Gesù in Mt. 15,8 citando Is. 29,13 dice: “Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me”. La crisi della preghiera è senza dubbio un aspetto della più generale crisi religiosa del nostro tempo: “la morte di Dio” nel cuore dell’uomo che conduce necessariamente alla morte della preghiera. 1 - Le cause della crisi a - È venuto meno il senso del “sacro” C’è tanto da fare, perciò non ho tempo di pregare...” Così si dice. E si vede la vita solo sotto l’aspetto materiale: lavoro, guadagno, impegni, divertimenti... Molti vivono ancora con l’errata idea: “chi lavora prega”. E si vede “l’azione” come “orazione” e non si sente il bisogno di consacrare al24
tro tempo alla preghiera. Questa semmai la si vede come missione propria dei contemplativi, dei sacerdoti e altri - si dice - che non hanno nulla da fare. Mentre la preghiera deve essere per tutti un momento di comunione con Dio. b - Un errato senso di comunione Oggi si manifesta il bisogno di mettere tutto in comune; e questa è una dimensione autenticamente cristiana. Ma spesso da questo presupposto nasce l’esigenza di una preghiera solamente comunitaria; e la si ritiene l’unica valida. Per molti, anzi, la preghiera privata rappresenterebbe una sopravvivenza della pietà individualistica e intimistica del secolo scorso. Va tenuto presente invece che la preghiera comunitaria e liturgica deve essere considerata come il risultato dell’incontro individuale, silenzioso e prolungato con Dio. Quando si prega assieme, ognuno dovrebbe portare il valore della propria esperienza con Dio. Solo così la preghiera comunitaria diventa viva e trascinante. c - Mancanza di raccoglimento Perché oggi la vita di orazione è meno facile per gli uomini del nostro tempo? Perché siamo educati alla vita esteriore. Infatti per pregare abbiamo bisogno di entrare in noi stessi, mettendo a tacere le infinite voci che sollecitano dal di fuori il cuore. Ciò costituisce una difficoltà. Ma la difficoltà del silenzio interiore, sempre viva in ogni tempo, è aggravata, ai giorni nostri, - dal ritmo vertiginoso della vita moderna, che non lascia tempo per riflettere e meditare; - dai suoni e dai rumori che giorno e notte ci perseguitano e sono divenuti parte così integrante della nostra vita che il silenzio ci fa paura e ci opprime; - dalle immagini di ogni genere che giungono dalla TV, dal cinema, dai rotocalchi e turbinano la nostra fantasia. In queste condizioni è estremamente difficile seguire il comando di Gesù Mt. 6,6 “...quando preghi, entra nella tua camera, e chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto...” Il silenzio diventa sempre più difficile per tutti e ciò non è senza dannose conseguenze sulla vita di preghiera. d - Mentalità materialistica Nel nostro tempo il valore delle attività umane, e il valore stesso delle persone, è misurato dalla loro efficacia produttiva. 25
Siamo dominati più dal culto del “fare” che dal culto “dell’essere”. La produzione delle cose. Così pensano e così agiscono molti cristiani ormai disimpegnati e per nulla praticanti. e - La psicologia della fretta È caratteristica della nostra epoca e nasce dalla smania di produrre. Si tratta in realtà di una abitudine che ci spinge a fare tutte le cose in fretta, nel minimo tempo possibile, per poterci dedicare ad altro lavoro; e teniamo sempre d’occhio l’orologio, anche durante la preghiera. Ebbene questa fretta ci disaffeziona dalla preghiera, la quale richiede calma interiore. 2 - Le conseguenze a - Crisi di fede Dalla crisi della preghiera traggono origine altre crisi. Anzitutto la crisi di fede. La sua causa va cercata nel fatto che tutti noi oggi preghiamo meno di un tempo. Non a caso Gesù ha detto ai suoi discepoli in un’ora drammatica: “Vegliate e pregate per non cadere nella tentazione” (Mt. 26,41). Oggi il mondo è caduto nella tentazione, ama il peccato, deride Dio e disprezza tutto ciò che è sacro. b - Crisi di carità e apostolato Senza la preghiera le opere di carità perdono l’animazione soprannaturale della grazia e si riducono a pura filantropia; e l’apostolato decade a puro attivismo, quando non si risolve in una ricerca della propria affermazione, come ai suoi tempi constatava S. Paolo: “Tutti cercano i propri interessi non quelli di Gesù Cristo” (Fil. 2,21.). c - Crisi di vocazione Molte crisi spirituali e morali sono dovute a indifferenza e a mancanza di una regolare e intensa vita di orazione, sostenuta fino a ieri da sagge abitudini esterne, abbandonate le quali, l’orazione si è spenta e con essa la fedeltà e la gioia. Penso si possa affermare che tutte le defezioni, le mancanze, le colpe, gli sbandamenti dal retto sentiero abbiano una sola origine: mancanza di preghiera perseverante. Paolo VI disse: “si può affermare che i religiosi, la cui vita spirituale fiorisce ed è feconda per gli altri, sono i religiosi oranti, mentre quelli la cui vita spirituale langue o abbandonano tristemente il loro stato, sono questi sempre 26
pigri nel pregare” (25-5-73). “Non dimenticate la testimonianza della storia: la fedeltà alla preghiera o il suo abbandono sono il paradigma della vitalità o della decadenza della vita religiosa” (E.T. 42). “Chi non fa orazione fallirà: tradirà la sua vocazione miseramente (Don Orione L. II,267). 3 - Come risolvere il problema Per non stancare il lettore, accenno solo alla possibile soluzione del problema, riservandomi di svilupparlo nel prossimo capitolo. Per pregare bisogna: a - Conoscere Dio E il segno che tu cominci a conoscere Dio è il desiderio di conoscerlo di più. Infatti il segno che cominci a conoscere Dio non sta nelle belle idee che tu hai su di Lui, non nel godimento che ti procura la preghiera, ma nel desiderio di conoscerlo sempre più. Non dimenticare che Dio è mistero: si rivela a te progressivamente e ti introduce progressivamente nel suo mistero. b - Esistere e vivere nell’amore di Dio Questo è lo scopo per cui ti ha creato. c - Vivere in un rapporto di amicizia con Dio Nell’amicizia i due esseri si guardano. Tu sai bene che lo sguardo di un uomo è una porta aperta sul fondo del suo cuore. È nello sguardo dei tuoi amici che ti scopri compreso e amato da loro. Pregare è penetrare sotto lo sguardo di Dio e desiderare di essere visto da lui fin dalle profondità più segrete del tuo essere. d - Lasciarti amare e trasformare da Dio Sentirai sorgere una grande pace nel più profondo del tuo essere; e in relazione agli altri ti accorgerai di essere portatore di gioia. e - Vivere un’esperienza tutta nuova con Dio Ti chiamerà per nome ed allora tu stai davanti a Dio, tu sei con Dio, tu sei in Dio. Ed è sempre lui che ti supplica di aprirgli il tuo cuore. Finalmente conoscerai che pregare è semplicemente lasciarti cercare, trovare e amare da Dio. 27
IX - COME RISOLVERE LA CRISI DELLA PREGHIERA Riprendiamo lo schema annunciato nel capitolo precedente e lo sviluppiamo. Ed ecco subito alcune condizioni. Per risolvere la crisi della preghiera, ci vuole: a) un decisivo ritorno alla preghiera b) riscoprire il gusto della preghiera. Per questo è necessario: 1 - Conoscere Dio Ognuno di noi deve cercare di sapere se avanza nella conoscenza di Dio. Questo non ci deve meravigliare perché la conoscenza non è mai abbastanza. Pensiamo a Mosè che ha contemplato Dio ed è divenuto un suo intimo, un suo familiare. E pur essendo arrivato a questa grande esperienza domanda una conoscenza sempre più profonda e si rivolge a Dio con questa triplice domanda: “Indicami la tua via, così che io ti conosca, e trovi grazia ai tuoi occhi” (Es. 33,12-13). Ma come faccio a sapere se ho cominciato a conoscere Dio? Sono sufficienti le belle idee su di lui, e il godimento che mi procura la preghiera? No! Il vero segno che comincio a conoscere Dio sta nel desiderio ardente di conoscerlo sempre più. Infatti uno non può desiderare Dio se non sa chi è. Così pure se non avessimo Dio in noi, non potremmo sentirne l’assenza quando commettiamo un peccato. Ed è proprio nel vuoto del desiderio che si svela la necessità della sua presenza. Dio si rivela a noi progressivamente, e più andiamo avanti nel processo della conoscenza e più ci accorgiamo che il mistero rimane, e il desiderio di conoscerlo sarà sempre più forte. 2 - Conoscere la qualità della nostra vita di preghiera Ci chiediamo: qual’è la qualità delle nostre aspirazioni e dei nostri desideri? S. Paolo ai Romani 8,5 “Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito”. 28
Perciò se lo Spirito è presente in noi, più i nostri desideri corrispondono a quelli dello Spirito. Ma bisogna che questi desideri siano effettivi e si realizzino almeno in parte. Ed allora ci domandiamo: ho sete di Dio? Tutte le mie aspirazioni sono protese verso di lui? Ebbene l’intensità di questo desiderio di Dio è segno della qualità del mio amore. In questo senso e in questo modo posso dire di conoscere Dio. Ma non dobbiamo dimenticare che tutte le volte che Dio si mostra, si rivela come misericordia. L’uomo cade in ginocchio, si umilia sempre di più e adora. Allora avremo modo di conoscere anche l’autenticità della nostra orazione: - dall’umiltà di tutta la nostra vita; - dalla premura di servire i nostri fratelli; - e dalla sollecitudine di intercedere per loro. 3 - Esistere e vivere nell’amore di Dio L’atto creativo di Dio è un atto di amore. Creandoci, Dio ci chiama ed è davanti a noi e in noi. Se noi esistiamo è perché siamo opera del suo amore. Perciò pregare è realizzare questo dialogo tra Dio e noi e tra Dio e tutti gli uomini. Pregare è riconoscere che Dio è la sorgente della nostra persona e del nostro esistere. Ora possiamo ben capire che l’empio è colui che non vuole lasciarsi amare e non accetta questa presenza nella sua vita. E noi diventiamo empi se pretendiamo di realizzarci all’infuori di Dio, o rifiutiamo di ricevere Dio o di rispondere alla sua chiamata creatrice. Rimaniamo sempre liberi ma entriamo in contraddizione col nostro essere. Perciò dobbiamo tenere sempre presente il fatto grandioso che avviene in noi: Dio ci fa liberi e poi viene a mendicare il nostro assenso al suo atto d’amore. Ed allora pregare è accettare e desiderare di essere conosciuti da Dio e da Lui amati; ma dobbiamo lasciarci amare. Adamo si nasconde, fugge allo sguardo del creatore. Non imitiamolo. Accettiamo il nome che ci dà mentre ci chiama all’esistenza. Se accettiamo di essere opera dello sguardo di Dio siamo immersi nella preghiera. 4 - Vivere in rapporto di amicizia Il Salmista ci rivela che Dio vede tutto. “Signore tu mi scruti e mi conosci: tu sai quando mi seggo e quando mi alzo 29
mi scruti quando cammino e quando riposo” (Sal. 138,1). Sono meravigliose queste immagini. A Dio vengono attribuiti atteggiamenti umani: si china verso l’uomo, vede, scruta, conosce, ascolta, comprende, è vicino, accoglie e ha pietà. Bene! Questo Dio vuole entrare in comunione con te, ed ha un solo desiderio, quello di condividere ogni cosa con te. Ti vuole amare. Ognuno di noi sa bene che lo sguardo di un amico è una porta aperta sul fondo del proprio cuore. Ed è proprio nello sguardo benevolo dei tuoi amici che ti scopri compreso e amato da loro. Così è con Dio. Dio è colui che vede, che scruta, ma il suo sguardo è amore ed esprime la tenerezza infinita del suo cuore. Vede anche il tuo peccato e lo giudica; ma è uno sguardo pieno di misericordia e di perdono e ti salva. Lo sguardo di Dio ti custodisce, ti protegge. Essere visto da lui non vuol dire essere condannato o abbandonato, ma essere protetto; è uno sguardo che dà vita e gioia. In questo caso, pregare è penetrare sotto lo sguardo di Dio e desiderare di essere visto da lui fin nel più profondo del tuo essere. E la vera preghiera comincia proprio il giorno in cui tu scopri questo sguardo di amore. Desiderare di vedere Dio e di essere visti da lui che scruta le profondità dell’uomo. 5 - Lasciati amare e trasformare da lui Puoi onestamente ammettere di aver fatto l’esperienza di una vera amicizia con Dio? Ebbene, tu sei nel pieno della gioia perché ti senti chiamare con il tuo nome. Infatti quando avrai la grazia di una vera amicizia ti sentirai cambiato nel più intimo della tua persona. I tuoi problemi, forse, rimangono, ma tu li vedi in un modo nuovo. E l’amore di Dio è così forte, così potente da trasformarti. Sant’Agostino dice: “Dio non ti ama perché sei grazioso, ma ti ama perché tu possa diventarlo”. Come ogni incontro umano ti cambia, così è l’incontro con il Signore. E sorge una comunione di essere con Dio, sulla quale si fonda una comunione di “sguardi” e di “amore”. Tu sei in Dio. Allora se tu sei autentico nella tua preghiera, non fare come se tutto andasse bene, ma poni davanti a Dio la tua soffe30
renza, il tuo rancore, il tuo orgoglio. E se preghi con fede nella verità lui trasformerà questa amarezza in dolcezza. Infatti tu sei qualcuno per Dio, sei prezioso al suo cospetto ed egli ti ama. Così facendo ti accorgerai che tutto cambia in te e la tua preghiera sarà desiderata perché ti sentirai guardato, amato e chiamato per nome da Dio. E Dio ha per te un nome particolare, un nome che solo lui conosce, e il tuo nome è una chiamata. E pregare è, forse, prima di tutto: sapere e credere che tu hai per Dio un nome; e sei invitato ad una amicizia unica, che dà senso alla tua vita. Tu stesso nella preghiera lo riconoscerai e lo chiamerai come il Dio del tuo nome.
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X - LA PREGHIERA È UN’ESPERIENZA DI “ESSERE” E DI “PRESENZA” L’argomento che assieme vogliamo affrontare può sembrare difficile, ma un esempio ti può subito ambientare e farti trovare a tuo agio. Quando incontri un amico sei certamente interessato a quanto dice, a quanto pensa e a quanto fa: ma la tua vera gioia è certamente di essere lì, davanti a lui e di sperimentare la sua presenza. E più sarà profonda l’intimità con lui, più le parole diventeranno inutili, anzi ti accorgerai che spesso sono di impaccio, e penso si possa affermare tranquillamente che ogni amicizia che non abbia conosciuto questa esperienza di silenzio possa considerarsi incompleta: tanto è vero che ci lascia insoddisfatti. Saper tacere insieme, ecco il grande segreto. Quando cessano le parole, l’amore vive. E subito ti accorgerai che l’altro è diventato qualcuno per te e la sua presenza ti dà gioia. Questa riflessione ti può aiutare a capire un poco il mistero della preghiera. Infatti finché non ti sei allenato di pensare a Dio, e di contemplare il suo volto sostando in silenzio, la tua preghiera sarà sempre un qualcosa di esteriore: sarà impostata dal di fuori; non sarà quel faccia a faccia nel quale Dio è diventato qualcuno per te. Quando farai veramente l’esperienza di Dio, allora la preghiera sarà aperta per te. Però potresti correre il rischio di ridurre la presenza di Dio a uno “stare lì” fatto solo di curiosità: essa invece è una comunione! Ossia devi uscire da te verso l’altro; la tua condivisione deve diventare una “Pasqua” un passaggio in Dio che diventa insieme dono e accoglienza. 1 - Pregare è accedere alla presenza di Dio Accedere alla presenza di Dio comporta: - posare lo sguardo su di te - penetrare il tuo io - aprirti a Dio. Làsciati, dunque, guardare dentro da Dio. S. Giovanni della croce nel Cantico spirituale (33,4) dice che guardare è amare. Perciò nell’orazione làsciati conquistare dalla sua pre32
senza. Ricorda (Ef. 1,4) che sei stato “scelto per essere santo e immacolato al suo cospetto nella carità”. Anche se non hai coscienza di tutto questo, tu sei stato creato per essere - “Santo”, ossia separato dal peccato; - “Immacolato”, senza alcun impedimento per poter stare al cospetto di Dio; - “nella Carità”, guardandoti ti ama e ti insegna ad amare, e le parole diventano sempre più rare. Così ti accorgerai che non serve ricordare a Dio quello che lui già conosce, perché ti vede nell’intimo e ti ama. Perciò la preghiera è vivere intensamente questa presenza, e le abituali quotidiane banalità della vita non avranno più la precedenza. Qui nasce il dialogo con Dio, che può diventare contemplazione. Ma non devi dimenticare che tu puoi dialogare con Dio solo perché lui lo ha voluto. 2 - Dialogando tu stai davanti a Dio Da questo momento Dio cessa di essere per te un oggetto, un anonimo, per diventare un “Tu”. E per dialogare effettivamente devi metterti davanti ad una presenza diversa, a un altro. Non puoi metterti subito al posto dell’altro, e inoltre devi essere te stesso. Richiama alla tua mente l’esperienza di Mosè, Elia, Isaia (Es. 35,18 - 23; Is. 6) e tutti i profeti; essi hanno la missione di stare davanti a Dio, perché sono certi che Dio li conosce. “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo” (Ger. 5). Conoscere Dio ed essere da lui conosciuti è entrare in relazione con lui, comunicare alla sua vita. E ciò implica due cose: - Tu stai a distanza. Fra te e Dio c’è un abisso. Dio è sempre distinto dalla sua creatura. - Tu sei vicino. Nonostante la grande differenza, tu hai la convinzione che non vi è distanza. Anzi, Dio ti è vicinissimo, ti vede, è attento al tuo lamento, ti ascolta, ti comprende, ti accoglie e ti risponde: “Il Signore ascolta la mia supplica, il Signore accoglie la mia preghiera.” (Sal. 6,9 - 10) 3 - Dialogando tu sei con Dio Inizia così una vita con Dio. E questo comporta tre cose: a) Essere d’accordo con lui. Gesù dira: “Chi non è con me 33
è contro di me” (Mt. 12,30). Si tratta di accettare il modo di pensare, di parlare e di agire di Dio. E ciò con la tua vita. Non ti chiede di riferire ciò che hai sentito dire di lui, né di parlare di lui, quanto di farlo parlare con la tua vita. b) Essere uniti a lui. Quando tu desideri di non essere più separato da Gesù, e aspiri di trovarti faccia a faccia con lui per sempre, allora la tua preghiera non può fare a meno di questo amore e diventa così una preghiera cordiale, serena, attenta e affettiva. Sorge in te una profonda serenità e una calma non comune che si traduce nelle tue azioni gentili, buone e rispettose. c) Essere al lavoro con lui. “Egli ne costituì dodici che stessero con lui” (Mc. 3,14). Qui nasce la vera amicizia con Gesù. Infatti lui che sa tutto, che conosce la nostra debolezza, la facilità al tradimento, il rischio di fargli fare anche brutta figura, ci dà tutta la sua fiducia e dice: “voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando” (Giov. 15,14). E così ti trovi ad essere l’uomo dell’amicizia con Dio. Ora puoi chiamarlo, invocarlo con questa unione di volontà, di amicizia e di lavoro. 4 - Dialogando tu sei in Dio Avrai certamente sperimentato, se hai avuto la grazia di una vera amicizia, che rimanere con qualcuno in una unione di amicizia è l’inizio di una intimità. E le tue cose non le confiderai al primo che incontri, né a un gruppo di gente disattenta, ma alla persona che senti vivere in te. Così è l’amicizia di Dio con l’uomo. Dio fa realmente del tuo cuore la sua dimora, e tu partecipi alle relazioni d’amore che circolano tra le Persone della Trinità. E l’orazione è la presa di coscienza di questa vita divina in te ed è la volontà di essere una sola cosa con Dio, nonostante l’enorme distanza che ti separa da lui. Perciò l’orazione è l’impegno di comunione nella presenza e nell’intimità con Dio. Fare orazione è trovarti davanti a Dio, essere unito a lui, restare con lui con tutto il tuo essere: corpo, intelligenza, volontà, cuore. Così e solo così la preghiera sarà veramente efficace.
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XI - LA PREGHIERA NON È UN INVITO PER ALCUNI MA È VOCAZIONE DI TUTTI Riaffermiamo con convinzione che pregare è stare davanti a Dio, con Dio, in Dio. E Dio si rivela a te come il “Santo”, l’Amico e l’Ospite. Se tu puoi stare davanti a Dio, è perché ha voluto rivelarsi a te come il Santo, l’Amico, l’Ospite. Alla tua scelta, - che è l’atteggiamento di accettazione e di risposta alla proposta di Dio, - corrispondono questi tre momenti: 1 - Dio si mostra “Santo”, e tu stai davanti a lui “Santo” vuol dire totalmente separato. Anch’io sono chiamato ad essere santo, e lo sarò nella misura in cui sono staccato dal peccato e unito a lui. Ma ecco la mia realtà: davanti a lui io sono polvere e cenere (Gn. 18,27), e tutto è nulla all’infuori di lui; “A chi potreste paragonarmi quasi che io gli sia pari?” (Is. 40,25) dice il Santo. “Io sono il Signore, e non v’è alcun altro; fuori di me non c’è Dio; ti renderò spedito nell’agire, anche se tu non mi conosci...” (Is. 45,5). Ebbene, quando scoprirai che si è manifestato anche a te, tu non farai altro che inginocchiarti per adorarlo. 2 - Egli è totalmente separato per la sua infinita purezza morale Qui sperimentiamo la nostra naturale impurità: “Ohime! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono” (Is. 6,5). La bibbia ci rivela che colui che prega, se è convinto di stare davanti a Dio, è perché Dio rivela la sua santità, e automaticamente la creatura riconosce la grandezza di Dio e la propria miseria e spontaneamente sente sorgere in sé il desiderio di adorare. 3 - Dio mentre rivela la sua grandezza, rivela anche il suo amore “Non darò sfogo all’ardore della mia ira, perché sono 35
Dio e non uomo; Sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira” (Os. 11,9). Dio è colui che ama, che ti ama di un amore personale, ti chiama per nome: e se tu puoi stare con lui è perché lui ha voluto stare con te. Perciò se rispondi al suo amore, egli ti abilita, ti rende capace di amare: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv.14,23). Se accetti, vivrai il profondo mistero dell’orazione che è presenza di Dio in te. Si stabilisce così una profonda intimità tra Dio e te e si avvera quanto dice l’Apocalisse 3,20 “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. Perciò se perseveri nella preghiera, il Dio Santo, Amico e Ospite darà un senso alla tua vita.
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XII - PREGARE È ASCOLTARE LA SUA VOCE Pregare non è supplicare Dio di venire da te, ma è ascoltare la sua voce che ti supplica di aprirgli il tuo cuore. Si potrebbe dire che spesso noi evidenziamo una mentalità da scalatori e agiamo di conseguenza con Dio. Infatti, ogni volta che preghiamo lo aggrediamo, andiamo all’assalto di Dio per conquistarlo a forza. Disposti a qualunque cosa pur di averlo a nostra disposizione come colui che risolve tutti i nostri problemi. E con la stessa aggressività a lui ci ribelliamo, se non ci concede immediatamente quello che chiediamo. Gli ricordiamo sempre i suoi doveri, gli addossiamo tutte le colpe, lo riteniamo causa del male che c’è nel mondo e del nostro male... In pratica supplichiamo Dio di venire a noi e di risolvere i nostri problemi. Una simile preghiera non ha alcun senso, né ragion d’essere per un cristiano. Infatti è Dio che viene verso di te. È lui che ti ha amato per primo (Gv. 4,19). Tu non devi più affannarti, non devi sforzarti di convincere Dio a venire in te; devi solo impegnarti ad essere dei suoi. Subito dopo il peccato, Dio ha cominciato a venire in mezzo ai suoi, ma i suoi non l’hanno accolto (Gv. 1,11). In che cosa deve consistere dunque la tua preghiera? Pregare è: 1) mettere il cuore in pace; 2) lasciarti cercare, trovare e amare da Dio. Dio si impegna di ricordarti questa sua presenza. Il mondo non è un deserto, dal quale Dio sia assente, ma ti offre la presenza del suo figlio Gesù. E tu non devi fare prodezze, ma devi credere che d’ora in poi lui è là, alla tua portata e si offre gratuitamente nel Pane della Parola e dell’Eucaristia. Mettiti in ascolto, senza libri; senza discorsi preparati, senza fretta; e ti troverai immerso in una profonda contemplazione capace di riempire tutta la tua esistenza. Ripòsati davanti a Lui; e non voler scoprire questo amore a forza di fatiche: ma in una preghiera silenziosa e intensa Dio ti manifesterà i tesori d’amore del Cuore Sacratissimo del Figlio suo Gesù. Se avrai la grazia di fare questa scoperta capirai la durezza del tuo cuore; e scoprirai che il tuo grande peccato è di 37
rifiutare di lasciarti amare da Dio. Nella preghiera non domandare a Dio di cambiare parere su di te, di venire da te, di amarti, perché questo è compito suo e lo fa sempre; ma, al contrario, devi guardarti dentro, togliere il tuo cuore di pietra, cambiare modo di pensare e di agire e accettare l’amore di Dio. Hai bisogno di silenzio interiore per ascoltare la voce di Dio. In parole semplici e concrete, devi convertirti. Ossia devi aprire il tuo cuore a questo amore infinito di Dio, devi essere in stato di veglia e di ascolto per non perdere l’appuntamento d’amore.
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XIII - PREGARE È LASCIARTI AMARE E TRASFORMARE DA DIO Una verifica coraggiosa ti può aiutare a risolvere il problema fondamentale della preghiera. Spesso vivi in un mare di difficoltà materiali e spirituali; incomprensioni, solitudini, isolamenti, incapacità di accogliere e di farti accettare... Perché tutto questo? Perché troppo spesso vuoi costruirti e realizzarti da solo. Sei troppo convinto che la santità, cioè la tua appartenenza a Dio, debba essere costruita dalla forza delle tue braccia, che la preghiera sia frutto delle tue ricerche, che la vita fraterna sia il risultato delle tue conquiste...; mentre devi convincerti che tutto dipende dalla presenza dello Spirito che agisce in te... che prega in te; e la comunione autentica, nella vita familiare, religiosa, parrocchiale non è una costruzione umana, ma opera dell’amore di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. La preghiera e la soluzione di tutti i problemi sono doni che vengono dall’alto. Tu devi accoglierli, devi preparare il tuo cuore come terreno capace di farti crescere. Perciò liberati dalle tue frette, non correre continuamente, costringendo Dio a lasciarti andare; perché fuggi continuamente inseguito dalla tua stessa paura? Cessa di volerti realizzare secondo un piano concepito nel tuo piccolo e angusto laboratorio, perché Dio ha un programma di amore più completo. Abbandona la tua pretesa di volerti costruire da solo e lascia fare a Dio anche se non comprendi il suo programma. Non voler essere oggi, quello che sarai domani con il tempo e con la grazia di Dio. Non imporre le tue vedute, le tue volontà, i tuoi piani, senza domandarti se Cristo abbia bisogno di te, perché i suoi piani sono sempre migliori dei tuoi (Paolo VI). Egli aspetta da te una sola cosa: che tu lo lasci fare. Però attenzione! Lasciar fare a Dio, non vuol dire rimanere inerti. Devi attivamente lasciarti amare da lui, abbandonarti a lui per lasciarti da lui trasformare. Dio vuole da te una fedeltà costante, preferendo la sua volontà alla tua, e immediatamente scoprirai in te gioia e pace. Anche il tuo stesso peccato, purché riconosciuto, ti darà una spinta in avanti. A poco a poco sentirai che questo stare davanti a Dio, ti fa penetrare sempre più in lui. Per questo bisogna che la tua preghiera intensa e prolungata sfoci nella contemplazione; e questo non è un invito per pochi, ma è la vocazione di tutti. 39
XIV - PREGARE È ACCETTARE L’AMORE DI DIO PER TE Dio non si è accontentato di dire che ti amava: un giorno egli è divenuto uomo, un essere come te. Non hai bisogno di aver fatto degli studi superiori, per capire che cosa sia un uomo. E non devi neppure dire: sono anziano, non ricordo più nulla, mi distraggo, sono ignorante. Per capire che Gesù si è fatto uomo, basta sentirsi vivere, amare, piangere. Pensa: un uomo nasce, vive e passa sulla terra, ed è Dio: Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, Figlio di Maria. È un essere totalmente uomo, senza alcuna riserva. Non è solo un uomo che nasce a Betlemme, che muore a Gerusalemme: è Dio che si dà un volto, nasce, lavora, parla, si sottopone alla sofferenza e alla morte. È veramente l’amore di Dio per te che prende corpo in Gesù. Accoglilo nel tuo cuore e cerca di guardare dentro, guardare a fondo, ma senza stancarti. Domandagli spesso di immergerti nel suo cuore e in quello dei fratelli. E quando ti avvicinerai a Gesù con la fede, scoprirai di essere divenuto dimora di Dio. Da quando Gesù ha cominciato a vivere in mezzo a noi, qualcosa è cambiato nel cuore del mondo. L’umanità è entrata in Dio, e Dio è entrato in ciascuno di noi e ci ama con un amore personale. Credo fermamente che nessun uomo arrivi al suo pieno sviluppo di creatura se non si inserisce ogni giorno più profondamente nel mistero di Gesù. E in Gesù non incontrerai solo il Padre ma ti accorgerai di essere in comunione con tutti coloro che hanno aspirazioni come le tue. Troppo spesso mettiamo in opposizione preghiera e vita, servizio di Dio e servizio dei fratelli, contemplazione e azione. Da quando Dio ha incontrato l’uomo in Gesù, per vivere nel cuore della sua creazione, egli è presente nel quotidiano di ogni sua creatura. Perciò quando preghi, piega le ginocchia alla presenza del Padre e domandagli di farti comprendere che Gesù abita nel tuo cuore per la fede (Ef. 3,17) Ma per pregare e quindi per accettare l’amore di Dio per te, è necessario che tu sia consapevole della presenza di Gesù in te. Questo è l’oggetto e il fine della tua preghiera. Se passassi tutto il tempo della tua orazione a domandare questa grazia, tu avresti scoperto i disegni di Dio su di te. Sappi che quanto domandi così con insistenza corrisponde al desiderio di Dio Padre. Egli aspetta che tu abbia le mani aperte e imploranti per deporvi il suo Figlio. 40
XV - PREGARE È LASCIARTI CONDURRE DA DIO ALLA CONOSCENZA DEL TUO PECCATO Conoscere Dio è opera della sua rivelazione; è un suo dono. E questo dono non si ottiene al termine di un cammino pieno di ragionamenti e ricerche, ma mediante l’umile prostrazione del tuo essere di fronte a Dio. Pertanto se cessi di pregare e ti perdi nei ragionamenti seguendo le varie correnti di pensiero, non ti accorgerai di questa presenza. Potrai anche avere piena coscienza degli sbagli commessi ma non per questo avrai il senso del peccato. E questa scoperta delle tue colpe farà nascere in te la cattiva coscienza o il senso di colpa, ma non il vero pentimento e non riuscirai a corrispondere all’amore che Dio ha per te. Devi scoprire che sei in relazione con Dio. Infatti, mentre la preghiera è una presenza di Dio, il peccato appare come un’assenza, un rifiuto, un ostacolo al suo amore. Non puoi dunque avere la conoscenza del tuo peccato, se Dio non te lo rivela. Ed ecco delinearsi un principio fondamentale: quando vuoi scoprire il tuo peccato è importante non tanto esaminarti, quando pregare intensamente. S. Agostino dice: “Signore, fa che ti conosca e che mi conosca”. Allora capirai che ciò che conta non è tanto un elenco esatto delle colpe, come fosse una nota per gli acquisti quotidiani, ma la conoscenza soprannaturale di una cosa nascosta. E scoprirai anche che confessare il tuo peccato, non è dirlo a un sacerdote perché lo conosca, ma aprirti a Dio, che per primo si è aperto a te, dichiarandoti il suo amore. Il peccato è la privazione della grazia; è l’uomo dinanzi a Dio in stato di rottura, di rifiuto, di allontanamento. E il peccatore è colui che volta le spalle a Dio e rifiuta di ricevere da lui il suo amore. Ed è proprio con la luce del suo amore che Dio aprirà i tuoi occhi e ti farà il dono della conoscenza del tuo peccato. Prega tutto il tempo che sarà necessario per ricevere questa rivelazione. E sorgerà in te una forte pace interiore che ti unirà alla fiducia nell’amore misericordioso del Dio che perdona.
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XVI - PREGARE È UNO SGUARDO D’AMORE DI GESÙ L’ esperienza insegna che se perseveri nella preghiera per tutto il tempo necessario, sentirai sorgere in te una forte pace interiore e grande fiducia nell’amore misericordioso del Signore. Ebbene in questa preghiera intensa non sei abbandonato a te stesso. Se poi ti applichi a leggere con calma la preghiera degli esiliati (Baruc 1,15 - 3,8) oppure i salmi 25 e 51 ti ritroverai in una storia di peccato che proviene da molto più lontano di te, e soprattutto scoprirai come satana ne sia l’autore. Dopo Adamo l’umanità intera si è trovata immersa in questo peccato, e anche tu fai l’esperienza della tua profonda miseria. Ma nello stesso tempo scoprirai una realtà meravigliosa. Infatti Dio non rivela mai il peccato dell’uomo per il gusto di fargli sentire la sua miseria ma gli mostra contemporaneamente la sua salvezza. E nell’atto stesso che tu scopri il tuo peccato ne ricevi anche il perdono. Nella lettera ai Romani (5,12 - 30) non si parla mai di Adamo senza parlare anche di Gesù Salvatore. E quando ricevi il perdono del tuo peccato, contemporaneamente ne scopri anche la malizia e il veleno. Infatti quando un tuo amico ti perdona i tuoi comportamenti antipatici, cogli insieme il suo amore e la tua ingratitudine. Cessa pertanto di fermare la tua attenzione solo sul tuo peccato, e affonda il tuo sguardo negli occhi di Dio; perché quanto più comprendi il suo amore per te, tanto più scoprirai la tua miseria, e sentirai in te una determinazione straordinaria per un cambiamento radicale. S. Giovanni Crisostomo dice: Dio non ti rivela il tuo male se non quando hai incontrato il tuo Redentore, e per suo mezzo ti ha già guarito. Attendi con pazienza la rivelazione di te stesso che Dio vuole concederti, oggi... Infatti se tu conoscessi subito tutti i tuoi peccati ti perderesti di coraggio. Man mano che li espierai, li conoscerai, e il Signore ti dirà: “Guarda i peccati che ti sono perdonati... non avere timore; la tua conversione riguarda me. Io ti amo più ardentemente di quel che tu non abbia amato le tue iniquità” (Pascal). Perciò tu devi accusare proprio questo, perché è quello 42
che Dio vuole perdonarti, gli altri peccati non ne sono che la sua conseguenza. Ricorda Pietro quando incontra Gesù durante la Passione. Pietro crede di conoscere e di amare Gesù ma non ha ancora coscienza del suo triplice rinnegamento e non supera il livello della sua colpa. Il Signore voltatosi guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”E uscito, pianse amaramente (Lc. 22,61 - 62). Ormai tutto è chiaro. In questo sguardo, Pietro riceve insieme la rivelazione dell’amore di Gesù per lui e quella del suo peccato. E il Signore agisce sempre così: prima ci rivela il suo amore, poi ci fa capire e rinnegare il nostro peccato. S. Teresina che aveva scoperto il grande amore di Gesù per lei, giunse a dire: anche se avessi commesso tutti i peccati possibili nel mondo, che cosa possono mai essere a confronto del grande amore che Gesù ha per me? Sarebbero come una goccia d’acqua (i miei peccati) in un mare di fuoco (l’amore di Gesù) che subito viene distrutta. Ma tutto questo si può capire solo mediante l’intensificazione della tua preghiera, perché solo questa ti unisce intimamente al Signore. E ti convincerai che la ragione per cui conosci il tuo peccato non risulta dall’introspezione, ma dalla contemplazione di Cristo in Croce. E S. Teresa d’Avila consiglia all’incipiente nella via della perfezione di meditare sulla passione di Gesù perché nel suo volto piagato, intravede l’amore infinito di Dio per il peccatore. Ma non ti è possibile scoprire questo volto, senza scoprire nello stesso tempo che nel tuo cuore, tu lo respingi. È questo il tuo vero peccato. Ma la scoperta del tuo peccato, è sempre molto meno importante della scoperta di GesùAmore. Ed allora, come Pietro, anche tu sei vicino al dono delle lacrime. E questo sguardo d’amore di Gesù che scopri mentre preghi contemplando il suo volto, ti rivelerà la profondità del suo cuore e come il tuo peccato si perda nel suo immenso amore.
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XVII - PREGARE È APRIRTI ALL’AMORE (DIO) E CHIUDERTI ALL’INIQUITÀ (SATANA) Forse anche tu non credi all’azione di satana. È segno che sei ancora lontano da Dio. Non devi fare alcun sforzo; devi solo lasciarti guardare, amare e chiamare dal Signore. Mettiti su questa strada che è l’unica per avvicinarti al Signore; e più entrerai nella sua intimità, più scoprirai il mistero dell’iniquità. Oggi, chi osa parlare di satana, fa la figura di un sorpassato o di un antiquato; eppure i fatti ci dimostrano gli abissi nei quali sono sprofondate regioni intere della vecchia Europa. Ancora oggi si pratica da alcuni uomini l’oppressione, la tortura, la crudeltà e per mascherare il tutto la si pratica in nome dell’ordine stabilito. E oltre alle violenze fisiche, ci sono anche tutte le conseguenze della società dei consumi. Come spiegare, infatti, la bassezza di certi libri, giornali, spettacoli, senza la volontà precisa di pervertimento? E quali altre tecniche inventerà l’uomo per gettare il mondo nelle tenebre? Sì, vi è nel mondo un mistero di iniquità e lo stesso Gesù ne ha rivelato l’autore: satana. E la sua astuzia, la sua menzogna - poiché è “il padre della menzogna” (Gv. 8,44) - è di persuaderti che non esiste. Satana non lo si scopre se non in presenza della grazia. Nel Vangelo, gli indemoniati non possono sopportare la presenza del Figlio di Dio. Lo stesso puoi sperimentare oggi e sempre quando uno vive la verità, l’amore, la purezza, quanti ostacoli trova! E chi ha negato Dio e abbracciato la depravazione morale non sopporta la vicinanza di Gesù, lo rifiuta, lo disprezza, lo oltraggia e se potesse (succede ancora oggi) lo ucciderebbe per evitarne la presenza. Sappilo bene: più sarai invaso dalla presenza di Dio e più ti accorgerai della presenza del peccato e del male. E quanto più uno è lontano da Dio, tanto più dirà: io non ho peccato; così pure quanto più uno si avvicina a Dio tanto più si scopre peccatore. La presenza di Gesù smaschera la presenza di satana perché sono totalmente opposti. Comprendi ora perché satana scatena una lotta senza tregua a Gesù e ai figli della luce. 44
Per sconfiggerlo è necessario avvicinarsi sempre più al Signore, vivere in lui e farlo vivere in noi. Oggi con estrema facilità c’è gente che pensa di essere indemoniata o oggetto di “fatture” da parte degli altri, e vive in un tormento continuo. È necessario domandarsi: da quanto tempo non mi confesso e non faccio la comunione? Che cosa vedo, che cosa dico, qual’è l’oggetto dei miei pensieri e dei miei discorsi? Quale posto occupa nella mia giornata la preghiera, il raccoglimento? Quanto penso a Dio? Non si darà forse il caso che invece di aprire la porta del tuo cuore a Gesù, l’hai aperta proprio tu stesso a satana? Devi sapere che Gesù è totalmente “Eucaristia” perché è totalmente donato al Padre. Satana invece è “assenza totale di Eucaristia” perché è rinchiuso in sé. E così ti accorgerai che il segno della presenza di satana non è l’ignoranza, né la debolezza, né la cattiveria degli altri nei tuoi riguardi, ma è la tua chiusura a Dio per realizzarti da solo. Satana è capace di presentarsi come angelo di luce e di presentarti un bene che trova in te, come fine unico della tua vita. Ma questo è un inganno perché il fine unico della nostra vita è Dio. Così ha agito con Gesù nella tentazione del deserto. Ecco allora l’utilità della preghiera che ti apre sempre di più all’amore e ti chiude al mistero d’iniquità.
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XVIII - PREGARE INSIEME PER CREARE UNA NUOVA PRESENZA DEL SIGNORE È viva convinzione che la preghiera ci apre all’amore e ci chiude all’iniquità. Infatti per sconfiggere l’iniquità è necessario avvicinarsi al Signore creando spazi nuovi iniziando dalla famiglia, cioè pregando insieme. Oggi, forse come non mai, si teme la presenza del maligno in seno alla propria famiglia. Infatti tutti desideriamo vivere all’insegna di una comunione profonda che unisce tutti nelle attese, nelle gioie, nelle prove... e non dovrebbe essere diversamente; ma questa comunione, che dovrebbe essere il segreto di ogni famiglia, la sua novità e la sua forza, si raggiunge solo pregando insieme. Con ciò non si deve ritenere che sia solo una conquista dei genitori, ma prima di tutto è un dono dello Spirito che rende i membri della famiglia una “Chiesa domestica”. E alla base di questa comunione non c’è solo il vincolo affettivo e di parentela, ma c’è il legame di amore che unisce tutti i membri a Cristo e alla sua Chiesa. È una realtà che supera l’esperienza umana ed è una risposta ad un mistero di fede. Ma ci domandiamo: come tenere viva questa realtà, e come rinnovarla continuamente? Questo si realizza mediante la preghiera comune. Pregare insieme è la vocazione di ogni famiglia. Forse questa affermazione ci sembrerà troppo lontana dalla realtà, perché l’azione martellante del materialismo tenta di soffocare ogni aspirazione dell’anima. Ora bisogna ricuperare questi valori e armonizzarli con i nostri interessi dando la giusta precedenza. Per pregare insieme bisogna dimenticare momentaneamente se stessi e aprirsi agli altri; e si potrà pregare insieme se si prega gli uni per gli altri. E così in famiglia non sarà più solo la singola persona che prega, ma l’intera famiglia, che non somma la preghiera dei singoli ma crea una forte comunione fra tutti i membri che saranno un cuor solo e un’anima sola. Ecco come si realizza la comunione in famiglia mediante la preghiera: c’è la preghiera sponsale, la preghiera di padre e madre e la preghiera familiare. 1 - La preghiera sponsale Pregare insieme per gli sposi diventa un’occasione per approfondire la loro comunione. Infatti per vivere pienamente 46
il loro matrimonio, gli sposi hanno bisogno di pregare. “La preghiera rafforza, purifica e aiuta a trovare luce e approfondisce il rispetto che particolarmente i coniugi devono nutrire reciprocamente verso il loro cuore, verso il loro corpo, mediante il quale essi sono così vicini l’uno all’altro” (Giovanni Paolo II 3-5-81). Ma la preghiera dei coniugi deve essere un bisogno prima di un dovere; un’esigenza prima di un comando perché scaturisce dalla vita di comunione. Infatti sono già uniti per un reciproco impegno di fedeltà, e pregando insieme realizzano la perfetta comunione coinvolgendo tutte le dimensioni umane. Questa è la novità della preghiera sponsale. 2 - La preghiera di padre e madre Questa arricchisce e qualifica la preghiera sponsale. Infatti non tutti gli sposi sono padre e madre; ma quando lo diventano, se pregano insieme non possono mai separare la loro identità di genitori. Il padre ispira la fermezza, la fortezza; la madre è più incline alla affettività, al sentimento, alla misericordia. E anche nel dialogo con il Signore ogni problema familiare si presenta con risvolti differenti. E Giovanni Paolo II raccomanda ai genitori: “Pronunciate spesso la parola Abbà e recitate il Padre nostro, per imparare incessantemente da Dio stesso che cosa vuol dire sostituire il Padre celeste e portare in sé la sua autorità” (3-5-81). E così la finalità della preghiera si allarga: infatti gli sposi che sono diventati padre e madre non potranno mai disgiungere dalla loro preghiera i loro figli. Ben presto scopriranno che la preghiera è diventata più fervorosa, più continua, più motivata, perché pregano e fanno pregare per i loro figli. 3 - La preghiera familiare Quando ognuno accoglie come un dono i desideri, le attenzioni e la sensibilità dell’altro, la preghiera crea una forte comunione. Nessuno dei due si impone, né condiziona l’altro, perché sarebbe la preghiera di uno solo, ripetuta dall’altro. Quando si prega insieme, ognuno deve sentirsi così povero da aver bisogno dell’altro per purificare il proprio modo di incontrarsi con Dio, e così la preghiera comune si realizza nel suo significato più pieno: genera la presenza di 47
Dio in famiglia: “Dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. 18,20). E così nella lode comune al Signore i genitori riconoscono che non è possibile parlare a Dio, senza la presenza dell’altro. Con ciò non si vuole sacrificare la preghiera personale che conserva i suoi spazi e conosce un suo tempo di esprimersi. Anzi, quanto più uno perfeziona il suo modo personale di pregare, tanto maggior contributo darà alla preghiera comune. Perciò il marito non può fare a meno della preghiera della moglie, della sua sensibilità e della sua fede. Senza la presenza dell’altra comparte, la sua preghiera sarebbe più povera e priva della sua originalità. Si tratta di condividere un’esperienza di fede maturata e vissuta lungo tutta la propria vita con i segni della fanciullezza e del proprio ambiente familiare. La preghiera degli sposi non può essere “celibe” o “nubile” perché il Signore li ha uniti in matrimonio e li attende uniti in dialogo con lui. Nessuno dei due può andare per suo conto, né rimanere buona parte della giornata ritirato nella sua cameretta o in chiesa, trascurando l’altro. Se la sua preghiera è autentica, riuscirà certamente a coinvolgere l’altro. La preghiera dell’uno deve passare attraverso l’altro; questo è il primo effetto della buona preghiera personale. E così questa comunione fra i genitori, per sua natura, è destinata ad estendersi ai figli. Se i genitori pregano con i figli, ogni forma di comunione si tradurrà in una lode comunitaria a Dio. Se ciò non avvenisse, il nostro vivere in famiglia mancherebbe di una dimensione umana. E l’anima ha le sue esigenze che debbono essere rispettate. Perciò il legame genitori e figli, e il rapporto figli-genitori, si esprime anche attraverso la preghiera. Se questa manca, si priverebbe la parte spirituale delle sue esigenze e aspirazioni e il nostro vivere in famiglia non realizzerebbe il piano di Dio che ha scelto come sua nuova dimora il cuore dell’uomo. Infatti da Adamo in poi, il mondo ha sempre cercato di contestare o soppiantare Dio. Eppure, cosa strana, nessun argomento ha mai interessato tanto, quanto il rapporto con Dio, cioè la preghiera. Si trovano testimonianze chiarissime in ogni religione e ogni popolo: e l’archeologia ce lo conferma. La letteratura cristiana inizia con i vangeli per poi moltiplicarsi ininterrottamente di secolo in secolo, negli scritti 48
dei Padri per arrivare ai nostri giorni e constatare che tutti si cimentano su questo argomento. E proprio in questi tempi in cui l’umanità sazia del proprio benessere, dopo i vari tentativi falliti di celebrare le esequie per la “morte di Dio” e sembra proprio voler rompere i rapporti “diplomatici” con il regno dei cieli, questa stessa umanità, sente invece un forte desiderio della preghiera. E si dice con insistenza: io non so pregare... mi aiuti... sento il bisogno di imparare a pregare, ecc. Perciò questo piccolo contributo vuole venire incontro al forte desiderio di facilitare e rendere spontanea per tutti la preghiera vissuta come incontro consapevole e amichevole con il “Tu” di Dio. Dobbiamo convincerci però che se la famiglia crede nella preghiera e si impegna per attuarla, la società cambierà volto, e le attese della Vergine santissima avranno finalmente la loro realizzazione.
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XIX - LA PREGHIERA IN FAMIGLIA Data la vertiginosità della vita familiare sorgono subito alcune domande: come pregare in famiglia? Che cosa dire al Signore? Quali preghiere recitare? ecc. Infatti pensiamo quasi sempre che l’unico modo di pregare sia cessare ogni attività e impegnarci a dire alcune formule. Gesù disse: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Mt. 15,8). Condizioni richieste Condizione indispensabile per pregare in casa è saper contemplare la vita quotidiana che si conduce in famiglia e imparare a respirare Dio in ogni avvenimento. Da qui deriva la novità della preghiera in famiglia. Dobbiamo imparare a riflettere sulle varie espressioni della nostra vita per risalire a Dio. Ci sarà sempre la tentazione di trasportare in casa, forme, mentalità, stili di dialogo non confacenti con la vita cristiana e più atte alla vita materialistica che si conduce oggi. E se si cede a questa tentazione ne deriverà una preghiera povera, ripetitiva, statica. Che fare? Non uscire mai dalla propria esperienza domestica, ma assumere uno sguardo contemplativo su ciò che avviene ogni giorno nella vita coniugale e familiare. Contemplare significa sostare sugli avvenimenti, sui fatti per vederli alla luce di Dio. È una contemplazione di fede. È un dono che Dio elargisce non ai sapienti, ma agli umili e ai semplici. Fuori da questo contesto diventa difficile pregare in casa. Infatti come è possibile pregare il Signore se non lo si incontra nella realtà familiare o peggio lo si escludesse? Contemplando ci si scopre al centro di un progetto di amore che si realizza anche attraverso la sofferenza, il sacrificio, la fatica; così infatti è stata la vita di Gesù, ma poi tutto porta al suo incontro nella risurrezione, ossia nella soluzione di ogni problema. Perciò è necessario: a - Ricordare Gli sposi rivolgendo lo sguardo al loro quotidiano trovano motivo per alimentare il loro dialogo con Dio. Devono 50
ricordare che nulla di ciò che avviene nella loro vita è estraneo al progetto di Dio. Infatti, né marito né moglie possono abbandonare la propria casa, né estraniarsi da questo dinamismo di vita coniugale pensando di dover lodare Dio dando spazio esagerato ad assenze ingiustificate e seguendo attività di gruppi di preghiera e altre iniziative in sé buone, ma che possono distogliere dal quotidiano familiare, portando all’esasperazione queste occupazioni in sé buone, ma devianti, se inducono a trascurare il marito o la moglie o i figli. Infatti Gesù insegna a preferire lui (Lc. 14,26 ss.) ad ogni affetto anche il più sacro, ma perché ci vuole insegnare lui ad amare. Il preferire lui, il dargli la precedenza non vuol dire che si debba trascurare doveri così sacrosanti. Gesù, e non il mondo insegna ad amare e i coniugi scopriranno nel quotidiano del loro matrimonio il modo per vivere i loro impegni e per pregare. b - Ascoltare Gli sposi sono chiamati a ricordare l’alleanza che Dio ha stabilito con loro nel giorno del loro matrimonio. Infatti la F.C. 127 ci dice che Dio per suo dono rende la loro esistenza immagine e simbolo dell’alleanza che unisce Dio e il suo popolo, simbolo reale della nuova ed eterna alleanza sancita dal sangue di Cristo. Siamo stati scelti per inaugurare in famiglia uno stile di vita che diventi annuncio della comunione che è in Dio. Dico di più: il Signore non accetta l’amore dei coniugi quando è separato, isolato, ma solo se è espressione di comunione. La loro espressione di amore salirà a Dio se sarà espressa e comunicata fra di loro. Solo così è in Dio e diventa annuncio della comunione. Quando i coniugi dimenticano questo, anche la preghiera coniugale ben presto si spegne nel loro cuore e subentra il silenzio di Dio perché si è spento il dialogo fra di loro. Oggi è la televisione che parla in famiglia e non ci si educa ad un equilibrato discernimento. C’è sempre chi disprezza ad oltranza il mezzo di comunicazione e chi è sempre e solo teledipendente. Mentre è assolutamente necessario che i coniugi imparino dentro la loro vita a discernere e saper ascoltare. Ma bisogna scoprire l’ascolto come una chiamata perché il tutto sia vissuto come una risposta. In questa luce gli sposi si educano all’adesione di fede alla parola di Dio. Si trasforma cioè in preghiera per espri51
mere la propria gioia, invocare aiuto, chiedere perdono. E così i genitori pregano Dio come creatore della vita; lo invocano come Padre e nell’agire si lasciano guidare dall’amore fedele. Quando i coniugi vivono la vita di ogni giorno alla luce del matrimonio scoprono il Signore che è amante della vita, che è comunione, ed è fedele all’alleanza. c - Rendere grazie La preghiera dei coniugi deve avere come atteggiamento fondamentale il senso di riconoscenza verso il Signore per i doni che continua ad elargire ad ogni famiglia. E qui bisogna sapersi meravigliare e gioire insieme per tutto ciò che accade in famiglia. Bisogna nutrire profonda speranza e fiducia di fronte all’ambiguità dell’esistenza, alla conflittualità, al mistero del dolore, della prova, dell’attesa che non sembra risolversi. Nella vita di coppia non dovrebbe mai mancare una visione pasquale di ogni avvenimento; cioè una continua attesa nella fiduciosa speranza che tutto può essere risolto perché pur in mezzo a tante difficoltà e alla morte stessa, la presenza di Dio cresce; e cresce in modo nascosto, ma profondo e preannuncia sempre un modo nuovo. Tutto si apre alla speranza; la sofferenza alla gioia; la sconfitta alla vittoria; la morte alla resurrezione. d - Soluzione Come dar vita alla preghiera coniugale? Ci vuole un cammino paziente e graduale. E vorrei fermamente credere che stia sorgendo una grande speranza. Perché? Perché sono già molte le coppie che non sono contrarie a pregare insieme. È di grande conforto il passaggio continuo di anziani, giovani, fidanzati, sposi con i bambini, presi per mano che salgono ai piedi della Madonna e sostano in preghiera. È commovente l’atteggiamento dei bambini educati alla preghiera. Si tratta di rispondere con buona volontà all’invito del Signore. Il cammino sia graduale. Si inizia a recitare insieme le preghiere comuni; poi si impara a porre insieme alcune intenzioni, e si finisce per realizzare insieme il progetto di Dio sulla famiglia che è quello di educare bene i figli. Tutti ce la possono fare. Ogni coppia se è docile all’azione dello Spirito, sa inven52
tare le forme migliori per rivolgersi a Dio. E anche quando uno non dovesse condividere la sensibilità dell’altro, o rimanere indifferente, o si rifiutasse perché trovasse inutile pregare insieme, non ci si deve mai scoraggiare.Si deve aiutare il coniuge a pregare, pregando per lui e invitarlo a mettere insieme il suo disagio per offrire anche questo come dono, come suo apporto alla preghiera dell’intera famiglia. Poi lo si inviti solo a pensare a Dio, a nutrire la sua mente con il pensiero che Dio lo vede, lo conosce, lo ama; e poi continuare a pregare per lui o per lei senza mai perdere la fiducia nella capacità della preghiera che lo Spirito del Signore suscita in ogni cristiano. Qualcosa di nuovo nascerà e l’ultimo a vincere è sempre il Signore.
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XX - COME REALIZZARE LA PREGHIERA IN FAMIGLIA La preghiera familiare deve nascere dalla vita quotidiana, e la sua riuscita dipende dal modo con cui si guardano le realtà che si vivono. Spesso si lamenta l’incapacità di pregare in famiglia e ciò può essere vero per il fatto che si ha spesso uno sguardo opaco alla luce della fede, e per di più si resiste alla grazia dello Spirito Santo. Perciò prima di cercare il modo di realizzare la preghiera in famiglia è necessario verificare come si vive la propria esperienza di fede. Se uno è attaccato abitualmente alle cose materiali, ad esse pensa e tutto programma in vista di esse, non riesce a credere alle verità soprannaturali. E se non crede non riesce a vivere bene. Infatti il suo sguardo fermo ai beni terreni, è distolto alle esigenze dello spirito, e le sue aspirazioni non vengono assecondate. È necessaria una educazione La preghiera familiare è intimamente legata all’educazione alla fede e scaturisce nei momenti più importanti e vitali: - in occasione della nascita di un figlio, - per interpretare una difficoltà e imparare a superarla, - per ringraziare Dio dei suoi doni, - per accettare il dolore e la morte, - per sostenere ogni speranza. Considerato tutto questo, come realizzare la preghiera familiare? La preghiera è familiare per il suo contenuto: 1 - La vita di famiglia in tutti i suoi aspetti va assunta come contenuto del colloquio con Dio. 2 - L’armonia, l’unità e la comunione familiare uniscono tutti i membri che pregano assieme e ne condividono i motivi anche se a volte non sono presenti fisicamente alla preghiera. Ogni membro prega come padre, come madre, come figlio; ossia come appartenente ad un determinato nucleo familiare. 3 - Il luogo stesso della famiglia richiama l’aspetto familiare, perché la casa è un ambiente di vita, gioia, fatica, comunione, dialogo e scambio di valori. 54
Ed ora si può capire meglio l’espressione tanto comune: la famiglia è la prima Chiesa domestica. Ed è proprio in questa prima Chiesa che noi impariamo a far diventare preghiera tutte le nostre situazioni. Ma come? a - Ognuno di noi al termine di ogni settimana condivida insieme con gli altri membri della famiglia l’avvenimento o l’esperienza che più lo ha colpito per scoprire in esso la presenza del Signore. b - Elevi a Dio una preghiera di lode, di ringraziamento, di petizione e di perdono in rapporto a ciò che si è messo in comune. E un po’ alla volta questa esperienza diventerà abituale nell’ambito della famiglia, sempre protesa alla ricerca dei doni che il Signore ci offre ogni giorno. c - Alla sera si riveda la giornata trascorsa, esaminandola sotto lo sguardo di Dio. Si può tracciarne il bilancio passando in rassegna i doni di Dio: la salute, il lavoro, la scuola, la gioia, e insieme ringraziare il Signore. Ma facendo il bilancio balzano in evidenza anche i risvolti negativi: le nostre infedeltà, l’egoismo, la pigriza; e insieme chiedere perdono. d - In ogni famiglia è necessaria anche la preghiera dei figli. È utile che preghino per i genitori, ma è altrettanto salutare che i genitori vedano pregare i loro figli... sentano la loro voce, ascoltino le loro invocazioni e così potranno capire il loro stato d’animo. In questo modo tutti si arricchiscono della fede degli altri e mantengono vivo l’impegno per una condotta degna del credente. e - Ci può essere un ostacolo: la TV. È vero, molte volte la TV può essere un vero ostacolo alla preghiera in famiglia perché ognuno di noi ha qualche trasmissione cui non sa rinunciare. A volte, però, potrebbe darsi il caso che qualche programma possa anche arricchire la nostra preghiera. Ed allora dopo la trasmissione si può cercare insieme l’interpretazione cristiana; ossia rileggere la trasmissione alla luce della fede per scoprire qualche valore e metterlo in evidenza. Condividerlo e tradurlo in preghiera, rivolgendo qualche domanda al Signore, sostando in silenzio per lodarlo e chiedergli l’aiuto necessario per contribuire a rendere migliore il mondo in cui viviamo tramite la testimonianza nell’amore, e nel servizio gratuito verso chi sta peggio di noi. Ma per arrivare a realizzare questo tipo di preghiera è ne55
cessaria una vera conversione. E la conversione sarà vera quando il tuo cuore sarà letteralmente riempito dell’amore di Dio. Tuttavia devi evitare un grave equivoco. Potresti essere tormentato dal desiderio di seguire Cristo più da vicino, oppure dal desiderio di uscire dal peccato che ti opprime, ma non per questo puoi dire di avere il pentimento del tuo peccato. Tutto questo può alimentare il tuo pentimento, ma la vera contrizione è altra cosa: è il frutto di un dono meraviglioso che Dio ti offre purificandoti con il sangue di Cristo nel sacramento della penitenza mediante la tua confessione. Non puoi procurarti da solo questa beatitudine. Devi supplicare il Signore di far sgorgare dal tuo cuore di pietra le lacrime della contrizione. Il vero dolore del peccato è opera della grazia, quindi della preghiera e nasce dalla scoperta di Dio che è presente e chiama. Tale incontro darà un senso nuovo alla tua vita. Ricorda che l’impenitente è un vero cieco, non ha conosciuto né il Padre né il suo Figlio, e non riconosce il suo peccato. Mentre il penitente è un veggente: ha conosciuto la venuta e la chiamata di Dio in Gesù Cristo, e i suoi occhi si sono aperti. Perciò più conoscerai Dio, più ti riconoscerai peccatore, ma peccatore perdonato. Va sempre coltivato il sentimento del peccato perché questo è incoraggiante e tonificante, mentre il sentimento della colpa ti immerge nella depressione, nello scoraggiamento, nell’orgoglio. Il peccatore ha bisogno di Gesù, ma non vi è posto per lo scoraggiamento; e se questo vi fosse è segno evidente che non hai ancora scoperto né incontrato Gesù; e senza di lui la tua vita è priva di senso. Perciò nella preghiera liberati dalle paure infantili e sterili del peccato, che sono caricature della vera contrizione. Infatti il nostro vero peccato è di avre un cuore di pietra (Ez. 36,26), e si diventa insensibili alla tenerezza infinita di Dio. Se accettiamo di riconoscere il nostro cuore di pietra, e cesserà il nostro rifiuto a lasciarci amare da Dio, allora stiamo per essere invasi dalla carità. E nella misura che cessa in noi l’amore al peccato cessiamo di essere “peccatori poveri”, incapaci cioè, di riconoscerci tali; e diventiamo un po’ alla volta “poveri peccatori”, ossia fiduciosi nell’amore di Dio. Qui sta la vera conversione e di qui comincia la realizzazione di quel tipo di “preghiera in famiglia” che ci farà gustare la presenza di Gesù, portatore di pace, unità e gioia, proprie del credente. 56
XXI - EDUCARE ALLA PREGHIERA A chi spetta il compito? Se non si sente la necessità di pregare in famiglia, se la preghiera ci sembra una cosa superflua, se non si riesce a pregare insieme perché non c’è mai un momento in cui ci si trovi tutti uniti... che cosa fare? Se veramente ci sentiamo incapaci di pregare e si riconosce il bisogno di farlo, è già questa un’esperienza di fede. Il semplice desiderio di pregare è già una grazia, un dono di Dio. Infatti S. Paolo in Gal. 4,6 dice: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spiritto del suo Figlio che grida: Abbà Padre!” Perciò anche nella vita familiare è sempre lo Spirito Santo il vero educatore alla preghiera. È lui che ispira ed alimenta la preghiera e ne suggerisce i contenuti. I membri della famiglia devono solo lasciarsi guidare dalla sua azione e sentirsi animati dalla sua presenza. In casa non si deve pregare solo quando si può o se ne sente il bisogno, ma il ritmo della preghiera deve diventare il respiro abituale di ogni membro della famiglia. Tutti debbono convincersi che pregare è respirare Dio. Infatti se ci si lascia prendere dall’azione non sarà mai possibile programmare in modo dettagliato gli incontri di preghiera in famiglia, perciò è doveroso proprio in virtù del nostro Battesimo scandire alcuni tempi e momenti di lode che devono avere la precedenza su ogni cosa. 1 - Scandire il quotidiano con la preghiera In famiglia si deve innestare la preghiera nella vita quotidiana in modo abituale e sereno. Ossia, è cosa buona legare la preghiera ad alcuni impegni vitali che scandiscano la nostra giornata. Tre possono essere i momenti di preghiera comunitaria in famiglia: a) La preghiera del mattino b) La preghiera del ristoro (quando si va a tavola) c) La preghiera del riposo. 2 - La preghiera del mattino Questa preghiera è ricca di significati biblici e liturgici, e invita alla lode e al ringraziamento. Per pregare al 57
mattino il cristiano deve rinnovare la volontà di essere servitore fedele e collaboratore gioioso santificando il suo lavoro e con l’intento di collaborare nell’azione creativa di Dio. 3 - La preghiera del ristoro Essere a tavola per il cristiano comporta: 1) Vivere un avvenimento ricco di richiami di fede da esprimere con la benedizione del Signore che si invoca. Diamo per scontato che oggi non è facile consumare i pasti tutti insieme in famiglia, ma dovremmo impegnarci in questo atto che può diventare vivificante. Facciamo il sacrificio di mangiare insieme e nascerà il dialogo e l’unità. 2) Ringraziare il Signore con la benedizione della mensa. È questo un gesto con cui si può realizzare e vivere il proprio sacerdozio battesimale. Infatti benedire la mensa significa riconoscere Dio principio della vita, creatore, provvidente, datore di ogni bene. Con la benedizione c’è sempre la lode e il ringraziamento. 3) Essere a tavola per il cristiano, è l’occasione per richiamare l’immagine di Gesù nel cenacolo. 4) Sedersi al banchetto ricorda la celebrazione dell’Eucaristia; perciò è il momento di spegnere la TV, leggere qualche pensiero del Vangelo, prendere cibo, dialogare e realizzare la comunione reciproca. Prendendo cibo si riconosce e si partecipa al sacrificio dei genitori, al dono della vita, della fatica, del loro amore. Ecco i valori che vengono trasmessi; e per viverli in profondità ti offro alcune preghiere che possono scandire momenti lieti e meno lieti che si vivono quotidianamente e coinvolgono tutti i membri della famiglia. 4 - Ai pasti Quando ci sediamo a mensa e quando ci alziamo da essa, rendiamo grazie alla Provvidenza di Dio, per il pane quotidiano. G. Benedici, Padre, noi e questi doni che stiamo per ricevere come segno della tua bontà. Per Cristo nostro Signore. T. Amen. 58
5 - Dopo il pasto G. Ti rendiamo grazie, per tutti i tuoi benefici, Dio onnipotente. Tu vivi e regni nei secoli dei secoli. T. Amen G. Provvedi, o Signore, il cibo necessario a tutti gli uomini che vivono sulla terra perché si uniscano a noi nel renderti grazie. T. Amen. oppure G. Ti ringraziamo, Signore, per i cibo che ci hai dato; rendici disponibili verso quanti hanno fame di pane, di amore e di pace. T. Amen. 6 - Preghiera del papà O san Giuseppe, tu sei il modello di ogni vero papà. Quando il Signore ti ha rivolto l’invito a mantenere ed educare un figlio che non era tuo non ti sei posto problemi di dignità. Con semplicità ti sei rimboccate le maniche perché questa era la collaborazione che il Signore voleva da te. Aiuta ogni papà del mondo a capire che val la pena sporcarsi le mani per un mondo più pulito e che la fatica quotidiana per procurare il pane non rende servi se giova all’uomo, ai figli, a Dio che ogni giorno sfama gli uccelli dell’aria e i suoi figli. Amen. 7 - Preghiera della mamma Vengo a te, o Signore, con una giornata pesante sulle spalle. Ho eseguito il mio umile compito, non ho potuto stare molto in ginocchio ma ho camminato e lavorato. Ti offro tutti questi umili lavori che ogni giorno ripeto. Ti offro questa mia vita che passa, le amarezze e le consolazioni. Ti ricordo coloro che mi hai affidato e che oggi ho incontrato. Ti prego perché la pace regni in mezzo a noi e la mia anima 59
sia una casa pulita per te e tu mi assista domani come oggi. 8 - Preghiera dei figli (Quando c’è sempre la solita zuppa) Preghiamo Rit.: Grazie, Signore, per i doni della terra e del tuo amore. Signore, tu stai alla porta e bussi: fa’ che sentiamo la tua voce e ti apriamo. Tu cenerai con noi e noi con te infondendoci gioia nel cuore. (Rit). Grazie, o Signore, per il cibo che ogni giorno ci concedi nel tuo amore. Fa’ che sappiamo procurare del pane a quelli che hanno fame affinché conosciamo come è bello che i fratelli si amino. (Rit). Signore Dio nostro accetta il nostro ringraziamento e mantienici nell’amore fraterno. (Rit). 9 - Nei periodi no! Preghiamo Quando le cose non girano bene, Signore, la prima cosa a venirci in mente è che è colpa degli altri. Raramente ci viene il sospetto che siamo noi ad essere fuori giro. È comodo fare lo scarica barili. Ricordaci, Signore, che non è debolezza il lasciarci andare, ma lo è il non voler riprendere con nuovo slancio. O Dio, evitaci la meschinità di stare a calcolare a chi tocca fare il primo passo per ricucire i rapporti. Dacci amore sufficiente a perdere la faccia, se occorre, e chiedere perdono. E se tra noi sorgono periodi di tensione, fa’, o Signore, che cresca la tensione a volerci sempre più bene. 10 - Per la festa di compleanno (anche Dio fa gli auguri) Preghiamo Signore, grazie 60
per tutti i compleanni che ci hai dato e grazie per la serenità con cui li viviamo. Aiutaci a viverli con tutti e per tutti, e grazie per la serenità con cui li contiamo. Lontano da noi c’è gente che non ha compleanni, non sa neppure quando è nata e poi deve pensare ad altro, a vivere fino a domani. Gente che non ha onomastico perché non sa neppure se c’è, per il suo nome, un santo che preghi Dio per lui. Se oggi facciamo un po’ festa è perché sei tu che hai dato vita a noi. Se oggi facciamo un po’ festa è perché dalla festa della nostra vita con te non vogliamo escludere nessuno. 11 - Preghiera dei nonni Signore, Metti in me un amore più grande, una semplicità più serena, una delicatezza più profonda. Al posto dell’entusiasmo, metti in me un sorriso di bontà per tutti, aiutami a comprendere il mio prossimo, a interessarmi dei suoi problemi. Fa’, o Signore, che la mia volontà si pieghi amorevolmente ai giusti desideri di coloro che mi stanno intorno, che la mia fede umilmente e discretamente s’irradi con la testimonianza e non venga meno. Fa’, o Signore, che la mia intelligenza accetti con umiltà di sentirsi meno attiva, brillante e rapida; fa’ però che si applichi sempre a cercarti e conoscerti, così che possa comprendere meglio la vita eterna in cui spero ardentemente. Amen. 12 - La preghiera del riposo La preghiera della sera diventa a- Ringraziamento a Dio perché si è degnato di chiamarci a collaborare con lui per rendere il mondo più bello e più abitabile. E qui sorgono le difficoltà: il papà deve uscire perché ha un incontro; la mamma deve lavare le stoviglie... i figli sono attesi dagli amici... i nonni, se ci sono ancora, vengono lasciati come custodi della casa... e non si pensa minimamente che il valore più grande è lo stare insieme perché solo questo comunica la vita; mentre la solitudine, 61
l’isolamento procura la morte. b - Richiamo a Cristo luce del mondo. c - Invito a riconoscere con umiltà che la presenza di Gesù allontana le tenebre del cuore. d - È occasione per aprirsi a Dio ricco di misericordia; quel Dio-amore che attende sempre i suoi figli per regalare il perdono. e - Ed infine il silenzio della sera invita sempre ad essere pronti nell’attesa del Signore che viene improvvisamente e ci tiene pronti ad accoglierlo con gioia. Forse siamo ancora molto lontani dalla realizzazione di queste proposte e tutto può sembrare estraneo al modo di vivere della società moderna. Ma come realizzare questa “Chiesa domestica” di cui tanto si parla? Non resterà sempre disattesa questa verità, se non si prega ogni giorno insieme? Non verrà forse a mancare il dialogo che unisce i coniugi, i figli e li costituisce segno visibile della presenza di Dio? Un suggerimento. La realizzazione di questo progetto richiede la disponibilità da parte di tutti all’incontro con Cristo. In tutte le età della tua vita devi scoprire Gesù come una persona viva che unifica i tuoi desideri e dà un senso alla tua storia. Quando non si cerca più il Cristo vivo con tutte le forze del proprio essere, la vita diviene insopportabile. Dostojeskij in una lettera alla moglie nel 1854 scrive: “Se mi dicessero e mi dimostrassero che Cristo è al di fuori della verità preferirei stare con Cristo piuttosto che con la verità, perché la pace che mi dà è insuperabile”. Devi dunque incontrarlo e frequentarlo ad ogni ora del giorno, per poter diventare un solo essere con lui. Gesù non è solo un personaggio storico, né un puro avvenimento del passato, ma con la sua risurrezione è divenuto un mistero vivo, è vicino a te, in te; cammina con te e ti guida perché abita nel tuo cuore. Non pensare dunque di incontrare Gesù se non accetti di dedicare lunghi momenti a contemplarlo nella preghiera comunitaria e silenziosa. Non sei tu a cercarlo, l’iniziativa è sempre sua, è lui che vuole rivelarsi a te. C’è troppa gente che parla di Gesù senza viverlo e sperimentarlo nell’intimo. Lasciati dunque trovare e sosta con lui; lascia che ti ami, lasciati incontrare e gusterai la sua presenza e la sua 62
amicizia. Gesù non ci trattiene in sé e per sé, ma ci trascina nel seno del Padre. Lì comprenderai chi sei e sarai contento di vivere. Riprendi la bella e antica tradizione di benedire i tuoi figli prima del riposo e il Signore benedirà te. 13 - Benedizione dei figli (prima del riposo) Figlio. Benedicimi, papà (mamma) Genitore. (ponendo la mano sulla testa del figlio). Il Signore ti benedica e ti protegga. F. Amen. G. Faccia splendere il suo volto su di te e ti doni la sua misericordia. F. Amen. G. Rivolga su di te il suo sguardo e ti doni la sua pace. F. Amen. Tutti - fanno il segno della croce dicendo: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
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XXII - LA VOCAZIONE ALLA PREGHIERA È verità acquisita che la preghiera è un rapporto personale con Dio. Dio si interessa di te. L’iniziativa è sempre sua. Vuole stabilire un dialogo con te; e la preghiera diventa risposta a Dio che chiama. Deve diventare la vocazione di ogni persona come risultato di un incontro con il Signore. Infatti la tua vita è un dialogo. Ma il dialogo vero, l’uomo lo stabilisce unicamente con un “tu” assoluto; e da questo nasce anche il dialogo con le altre persone. Ebbene per conoscere la mia situazione mi chiedo fino a che punto esista il dialogo con gli altri e dalla mia risposta vengo a conoscere come vivo il dialogo con Dio. Infatti io posso comunicare tutto quello che sono solo con Dio. Se manca questo, rimango nella nebbia e gli altri non possono nemmeno ricevermi così come sono. La vita dell’uomo è rapporto con un altro che lo ascolta e con uno che gli parla. Allora scopri che la tua vita è accogliere uno che si rivela e ti ama. E la vera comunione è un rapporto con Dio, perché lui solo è l’amore, che si apre e accoglie l’uomo, si dona perché l’uomo lo accolga. Da qui nasce la scoperta di accogliere e donarmi. Infatti dice S. Giovanni che Dio ci ha amati per primo, per insegnarci ad amare ed entrare in comunione con gli altri. Se mi manca questo rapporto con Dio, a nessuno posso donarmi perché nessuno può ricevermi dal momento che Dio mi ha fatto per sé. La vera comunione è con Dio e la preghiera è questo stare con Dio. Di conseguenza posso affermare che la preghiera è la vita dell’uomo in Dio. E l’uomo così com’è nella realtà non vive a pieno la sua vita se non quando vive la sua preghiera. Non dimenticare che la preghiera suppone sempre che tu prima possa aver ascoltato. Da qui nasce il dialogo. Infatti il dialogo stabilisce un profondo rapporto con l’altro; ma perché vi sia un vero rapporto bisogna che Dio si manifesti, si riveli come “essere” personale. E qui la tua fede è seriamente messa in discussione, perché ti sentirai immerso con la maggioranza degli increduli che ti circondano e non ammettono che questa rivelazione di Dio come “essere” personale, sia possibile. Sentirai dire che questo tipo di fede è il prodotto di una civiltà sorpassata 64
che ha inventato Dio per assopire i poveri. Scoprirai anche che la tua fede è condizionata da molte realtà: - da un infantilismo mai cresciuto; - da paure inspiegabili; - da desideri di sfuggire alla tua solitudine. E così ti sembrerà di aver edificato la tua vita in un sogno puramente idealistico; di perdere il tuo tempo pregando o di sprecarlo nel vivere per gli altri. E quanto più avrai puntato tutte le tue forze sulla persona di Gesù, tanto più lancinante sarà questa tentazione. 1 - Un suggerimento importante Non respingere mai questi interrogativi. Lasciati mettere in dubbio dagli increduli e anche dalle interpretazioni che vengono dall’intimo. È bene partecipare all’angoscia degli uomini di fronte al loro destino. Perciò, non fare lo spiritoso con le conoscenze religiose; e non crederti autorizzato a parlare di Dio come se l’avessi visto, o del cielo come se lo avessi visitato. Solo così la tua fede si purifica di tutti i suoi idoli e dei falsi dèi che tu inventi durante la tua esistenza per proteggerti dal vero Dio. E così arrivi al punto critico in cui tutte le ragioni di credere divengono ragioni di dubbio. Allora scoprirai nel profondo del tuo cuore una convinzione che non ti ha mai abbandonato. Per essa infatti hai lasciato tutto, hai accettato di conoscere la povertà e la solitudine e attorno ad essa hai voluto polarizzare tutta la tua esistenza. 2 - La tua vocazione alla preghiera Prova a scavare ancora più in profondità e scoprirai che un giorno Gesù ti ha rivelato il suo volto; che ti ha affascinato fino a non lasciarti più riposo. Naturalmente non l’hai ancora visto con gli occhi del corpo, ma ha lasciato la sua traccia nel tuo cuore, e solo dopo molti anni lo riconoscerai, tanto che la tua vita non avrebbe alcun senso senza di lui. È qui che bisogna cercare la fonte della tua vocazione alla preghiera. Qui sta la sorgente del mistero. In realtà ci sono degli esseri che hanno la passione dell’orazione; e questo è un vero mistero, ma è così! Sono divorati da questa sete di 65
preghiera e di cercare ad ogni costo il volto di Gesù. Attento! Non sono migliori degli altri, anzi hanno maggior coscienza del loro peccato; ma è proprio nel fondo della loro miseria e della loro povertà che non possono distaccarsi dal volto di gloria e dalla persona di Gesù. Una falsa lettura di tutta questa realtà porta molte anime a tralasciare i propri doveri; impegni di famiglia, figli, coniugi e doveri di carità col pretesto che devono pregare, che si sentono attratti, che non possono farne a meno; e vivono in una tensione e asprezza di atteggiamenti da gettare lo sconcerto nelle persone con le quali vivono. Hanno fretta di passare ore interminabili di preghiera vocale e di soste prolungate; in realtà pensano che questa sia la volontà di Dio. Persino durante il sonno questa occupazione li affascina, e risale alla superficie. Abbiamo l’esempio di grandi santi che non hanno mai lasciato la loro attività caritativa, il loro dovere per darsi unicamente alla preghiera. Hanno saputo ottemperare ogni cosa. San Vincenzo de’ Paoli, sapeva lasciare Dio per Iddio! Così lui prendeva le sue decisioni per dedicarsi ai suoi doveri senza tralasciare la preghiera che ne era il principale. Il beato don Luigi Orione dopo giornate di intensa carità passava la notte accanto al Tabernacolo e più di una volta fu trovato addormentato ai piedi dell’altare. Se ricevi una tale grazia: equilibrio e sana ottemperanza tra doveri umani e vocazione alla preghiera sei veramente beato. Ma sappi anche che porti un segreto che deve irradiarsi alle dimensioni dell’universo. Non ne avere alcun orgoglio poiché è un dono gratuito di Dio. Allora - di giorno o di notte, - nelle sofferenze del deserto e della solitudine, - nelle gioie dell’amicizia, - solo o con i fratelli e i familiari, - attento o distratto, ti sentirai attratto da questa presenza del volto di Gesù. E il cuore di Gesù non cesserà di esercitare su di te una irresistibile attrattiva e tu non potrai mai più dimenticare Gesù.
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XXIII - LASCIA LE PAROLE E ASCOLTA LA “PAROLA” Per realizzare la tua vocazione alla preghiera devi fare questa scelta: lasciare le parole e ascoltare la “parola”. Infatti l’apostolo San Giovanni nella sua prima lettera (5, 1-9) dice che la comunione perfetta con Dio può essere raggiunta solo vivendo nell’amore. E solo chi è nato da Dio vive questo nuovo stile di vita. Ed è nato da Dio colui che crede in Gesù... e crede veramente in Gesù colui che vive nell’amore. Infatti solo chi crede in Gesù e vive nell’amore, vince il mondo. In che modo? Gesù vinse il mondo riversando nel mondo (che è la volontà perversa dell’uomo che si oppone alla volontà di Dio) una quantità tale di amore da superare la quantità di male che c’era. Perciò ogni persona, ogni famiglia può dare il suo apporto. Spesso ci si chiude a questa novità, ci si lascia addottrinare da mamma TV e non si legge né si ascolta la parola di Dio. È necessario creare uno spazio dignitoso all’ascolto della Parola; e fra i vari interessi dare spazio anche alle esigenze dello spirito che è in noi. Dopo l’esperienza del peccato che ti permette di prendere coscienza della tua povertà, se sei veramente pentito ti trovi sempre a dire: il mio peccato mi rende ancora più innamorato di Gesù. Infatti ti trovi sempre a scegliere nuovamente Cristo, e così non puoi mai abituarti di essere cristiano, perché il cristianesimo è di natura sua dinamismo; è un incontrare Cristo ogni giorno, scegliendo continuamente. A volte si pensa che basti sceglierlo al momento delle grandi tappe della vita: sappi che non è così, ma ogni giorno sei in stato di “evangelizzazione” e di scelta. Che cosa dunque si richiede? 1. Rinnovare la tua fede in Cristo. È lui lo scopo e la sorgente della tua vita. Per questo devi riconoscerlo ogni giorno. 2. Dare a tutta la tua esistenza un orientamento che ti conformi al modo di pensare, di agire e di amare di Gesù. Ci sono certamente delle tappe nelle quali la scelta è più impegnativa e più profonda; tappe che toccano il tuo essere e il tuo destino: È il momento dell’adolescenza, della giovinezza o verso i 40 o 50 anni, quando vuoi dare alla tua vita una intensità 67
particolare di amore e di libertà. È il momento della crisi di crescita nella tua storia personale; e questa scelta è sempre possibile per dare un’impronta più profonda alla tua personalità. Sarà sempre Gesù che dà un senso nuovo alla tua vita, e quello che tu chiedi con una preghiera intensa è sempre il desiderio e la volontà di rispondere all’amore di Gesù. Perciò nella preghiera devi metterti davanti alla persona di Gesù. Gesù è un essere vivo che abita nel tuo cuore con la fede. Non importa che tu non senta la sua presenza, basta che ci sia, il resto è sentimento e letteratura. Ma come faccio a sapere che lui è in me? Lasciati interpellare da lui: “Che cerchi?” (Gv. 1,38) E tu ripeti sempre con Andrea e Giovanni (il discepolo non nominato): “Maestro dove abiti?” E poi segui il Cristo, entra nel mistero della sua conoscenza, della sua persona, e rimani con lui tutta la giornata. Ma tieni presente che pregare è restare con Gesù; è mettersi umilmente, con semplicità e con rispettosa confidenza a parlare con lui. Se rimani orgoglioso, duro, se anteponi il tuo parere, il tuo sentire, allora il mistero ti resiste. Se sai stare in silenzio ad attenderlo, ti farà fare l’esperienza della sua presenza. Per riuscirci devi solo leggere il Vangelo lasciando le parole e facendo cadere la “Parola” nel tuo cuore, allora lo sentirai farti una richiesta: dammi il tuo cuore! E potrai dire il tuo “sì” come Maria all’Angelo: “Eccomi sono la tua serva!” Quale onore! Prestare un servizio al Signore; essere suo collaboratore! Ma per arrivare a questo non e sufficiente conoscere il fatto “Gesù Cristo”, ma bisogna che Gesù sia per te il “Salvatore”. Se questo non accade, tu non hai la fede. Ricorda che il primo a cercarti è sempre Gesù; e la prima volta che Gesù si rivolge ad un uomo, è per dirgli: “Che cerchi?” E quando Gesù incontra degli uomini che non cercano più nulla, egli li rende inquieti e li rimette alla ricerca. Certamente bisognerà ascoltare anche le voci del mondo moderno e capire le sue aspirazioni: anelito dei giovani alla libertà, alla comunione, all’esperienza profonda, alla pace, alla dignità, alla giustizia. Ascolta sempre quello che l’altro ti dice senza giudicarlo. Infatti l’uomo di oggi ha più fame di significati profondi che di pane; ha più bisogno di sicurezza che di potenza. Così capirai che sei fatto per l’incon68
tro, il sorriso, lo sguardo, per entrare in comunione. Vuoi sfuggire alla tua solitudine? Hai bisogno di essere riconosciuto da un altro per non soffocare tutto solo. In seguito desideri la libertà: libertà fisica, libertà psicologica che ti liberi da ogni determinismo, e libertà morale che ti strappi dal peccato. Infine, hai sete di Dio, anche se questa sete e il desiderio di vedere Dio è soffocato dal benessere. Sei fatto per Dio e ti accorgerai di esserlo, specialmente quando gridi ad alta voce che Dio non esiste. E lo gridi perché non sei convinto. Lo senti dentro di te. E sai bene che non trovi vera felicità se non riposi in lui. Infatti il vero problema per l’uomo di oggi è voler esistere senza Dio. E questo è impossibile. Ma c’è Gesù... che ripete ad ognuno: “Che cerchi?” Ed allora come incontrarlo? Lasciando le parole e cercando la “Parola”. È ormai luogo comune sentir dire: io non dico quasi mai le preghiere... prego un po’ a modo mio... non so pregare. Ed allora io suggerirei di pensare sovente a Dio; nutrire la mente con questo pensiero nel lavoro, nel riposo, nella gioia, nel dolore e ti troverai a dialogare con il Signore come persona viva accanto a te. Infatti il pregare non consiste solo nel dire formule pur belle e utili, ma stabilire un rapporto personale con Dio. Gesù infatti lamentava questa recita di formule: “questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me” (Mt. 15,8; Mc. 7,6; e cfr. Is. 29,13).
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XXIV - IL GIORNO DEL SIGNORE Se coltivi questo modo di pregare in famiglia, nel lavoro, nei tuoi viaggi e lo comunichi ai vari membri della famiglia sarà un’ottima preparazione alla celebrazione Eucaristica nel giorno del Signore. Infatti il culto a Dio vissuto in famiglia si ispira al ritmo festivo settimanale. La preghiera familiare non si può mai separare dal culto celebrato dalla comunità cristiana, ma diventa una preparazione, e un prolungamento. E la domenica sarà il giorno in cui la famiglia riscopre questo legame profondo con la celebrazione Eucaristica. Quando ti troverai assieme agli altri membri della comunità cristiana rivivrai la memoria della salvezza e ti sentirai parte della storia della salvezza dell’intero popolo di Dio. Condizione indispensabile per questo salutare incontro comunitario è il clima di gioia con cui in casa si prega. Perciò i gesti di fede in famiglia devono essere lieti, semplici, spontanei e voluti da tutti i membri della famiglia; e in questo modo la preghiera della famiglia apporterà un fruttuoso contributo alla preghiera comunitaria domenicale. Celebrare la domenica in famiglia significherà accogliere la salvezza che si è inaugurata con la Pasqua e che si rinnova nell’Eucaristia. Vivere la domenica in famiglia vorrà dire rendersi disponibili agli inviti di Dio che convoca il suo popolo per rinnovare la “comunione” con ogni uomo. Perciò per tutta la famiglia, padre, madre e figli, sarà un momento in cui nel ricordo della Pasqua consolidano la comunione reciproca e celebrano la domenica in famiglia. Tuttavia va tenuto presente che la ricorrenza festiva in famiglia assume toni e forme diverse sul piano religioso e umano. In casa la preghiera del sabato può ispirarsi ai testi liturgici della Messa domenicale. In ogni famiglia è bene avere almeno il messalino festivo, e i genitori possono prendere spunto dalle letture per introdursi con i figli all’ascolto della parola di Dio e disporsi alla partecipazione dell’Eucaristia. La domenica sera si può condividere ciò che più ha colpito durante l’omelia ed esprimerlo nella preghiera comune. La parola di Dio ascoltata e tradotta in un impegno familia70
re per tutta la settimana può essere la chiave per risolvere molti problemi. Infatti con i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi non c’è altra possibilità di catechesi. Il nostro Santuario è dotato di una radio privata e molti seguono la nostra preghiera liturgica; alcuni registrano l’omelia, la commentano insieme e ne fanno oggetto di un fruttuoso esame di coscienza e di preparazione alla confessione. A molti può sembrare tutto fuori della realtà e molto utopistico, perché il sabato sera è destinato ad ogni tipo di svago e la domenica al rientro dalla gita o dall’incontro avuto con gli amici in pizzeria a notte inoltrata non permette questa sosta per la preghiera. Anche questo è tutto vero! Ma quanto tempo si trascorre in oziosa attesa di questi momenti di svago? Perché non occupare alcuni minuti anche per questo incontro salutare? Le controversie, le tensioni, gli scatti di impazienza un po’ alla volta troverebbero la soluzione. Basta un po’ di buona volontà e programmare qualche momento anche per il Signore. Non è giusto, né umanamente accettabile che colui che è il principio della nostra esistenza e il segreto della nostra pace, resti sempre il grande escluso.
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XXV - LA FEDE GENERA LA PREGHIERA La fede ti svela il senso della vita, partendo dai problemi che ti poni. Essa non viene dall’esterno a proporti soluzioni possibili ma suscita in te l’amore alla preghiera e ti fa capire che può diventare: 1 - Risposta a Dio che chiama Se la preghiera è un rapporto vero, personale, salvifico, questo è iniziativa di Dio. È lui che entra in rapporto con te. Prima di tutto entra in te attraverso la creazione, segno di una sua presenza; poi esce in qualche modo dal suo silenzio, si fa conoscere come persona, stabilisce con l’uomo un rapporto, e questo rapporto è voluto da lui. E l’uomo percepisce che Dio esce dal suo mistero e si comunica con lui mediante la “Parola”. La Rivelazione certamente implica un rapporto nuovo dell’uomo con Dio: un rapporto personale. Vedi i Profeti nell’Antico Testamento. Ma tieni presente che la religione del popolo d’Israele è una religione nazionale prima di essere personale. E prima di impegnare l’uomo nel suo cammino che lo porta a Dio lo impegna ad un cammino di storia, a delle realizzazioni su un piano storico e nazionale. Ma quello che ha vissuto Israele, perché non dovremmo viverlo noi come nuovo popolo di Dio? Certo è molto difficile e a noi fa paura perché siamo dei poveri uomini. Ma se Dio ci chiama per questa via, non dobbiamo dubitare perché Dio sarà con noi, ci farà vivere nel tempo e nel mondo. Ed allora questo Dio che spesso ci sembra così lontano, si fa presente in mezzo a noi nella persona di Gesù. Gesù infatti è colui che appaga tutte le tue aspirazioni, e nella preghiera capirai che è il Salvatore e ti svela il senso di quello che vivi, partendo dai problemi che ti poni. La salvezza che Gesù ti porta è soprannaturale, trascende le tue attese, ma non è estranea alla tua vita umana, anzi ne è lo sviluppo. Non è qualcosa di appiccicato dall’estremo ma appartiene alla tua vocazione di uomo. Perciò credere in Gesù è incontrarlo come sorgente della vera vita, è riconoscere in 72
lui il significato della tua esistenza. 2 - Mezzo per incontrare Dio nella tua intimità La comunione, la gioia e la santità che Dio ti dà, sorpassano infinitamente la tua attesa di uomo. Ma in che modo Gesù viene a colmare le tue aspirazioni? - Alla tua fame di vivere, egli dà un pane che nutre e sazia: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv. 6,54). - Al tuo desiderio di conoscere, Gesù porta la sua luce: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv. 8,12). - Alla tua sete di amore e di comunione egli dà l’acqua viva della grazia: “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete” (Gv. 4,14). - Al tuo desiderio di libertà egli dà una santità che libera e dona la pienezza della gioia. - Infine al tuo desiderio di Dio, egli risponde conducendoti al Padre. E qui avviene la verifica della tua fede. Ma in che cosa consiste la tua fede in Gesù? È una pienezza dell’uomo con il Dio vivo e santo. “Non sono venuto per abolire ma per dare compimento” (Mt. 5,17). 3 - Le tue attese si realizzano nella preghiera Nell’orazione lasciati interpellare da Gesù, il quale ti fa un’unica domanda: “Chi sono io per te?”. L’hai incontrato veramente? È un personaggio del passato, oppure un essere che vive oggi? Che senso dà alla tua vita? Per sapere chi è Gesù e per conoscerlo sempre più profondamente è necessario: 1) Essere nati da Dio. E tu sei nato da Dio con il battesimo, ma devi viverlo con coerenza. 2) Credere in Gesù. Vivere in lui e farlo vivere in te. 3) Vivere nell’amore. Chi non lo conosce non può amare. (cfr. Gv. 5,1-6). Ma per credere in Gesù bisogna conoscerlo, incontrarlo personalmente e convertirci. 1) Conoscerlo - cioè possederlo, farlo parlare con la nostra vita. 73
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Incontrarlo personalmente: nell’ascolto della parola nella confessione nell’Eucaristia: stare con lui fino allo spezzare del pane. (cfr. Lc. 24,13-35). - nell’uomo; in ogni uomo: “Saper vedere e sentire nell’uomo il figlio di Dio” (don Orione). 3) Convertirci - cioè passare dalla sua parte, rivoluzionarci mentalmente. E per giungere ad una vera conversione è necessario pentirci e cambiare vita. (Atti 3,19). a) Pentirci: riconoscere il nostro peccato e confessarlo. b) Cambiare vita: impostare una vita a due: noi e Gesù in unità di intenti e di sentimenti. Nuovi nell’essere e nell’agire. Se ti sei lasciato evangelizzare così, certamente nessuna parte di te sarà sottratta all’azione della tua grazia, e con facilità capirai che pregare è rispondere a Gesù con san Pietro: “Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv. 68). Inoltre non potrai più vivere tranquillo e in pace finché vi saranno sulla terra degli uomini che non sono stati ancora presi da Cristo. Perciò tu devi manifestare il Salvatore, perché non vi è evangelizzazione se non vi è manifestazione. Tu sai infatti che un contemplativo santifica il mondo, ma non lo evangelizza; la sua azione è certamente insostituibile, ma occorrono anche i testimoni. Devi far vedere con la tua esistenza il Salvatore. Devi trasmettere la tua contemplazione, la tua gioia, il tuo amore e la tua libertà. In ultima analisi devi condurre i tuoi fratelli a entrare in questa contemplazione del Cristo che ti ha afferrato e ha cambiato la tua vita. Infine devi mostrare Gesù con le tue parole. Non si tratta di trasmettere una formula o una ideologia, ma una persona: Gesù fonte di gioia, di pace, di luce e di amore. Dovrai dire ai tuoi fratelli che il Salvatore è Gesù. E per fare questo non è necessario che tu sia un eroe, né un sapiente, ma un santo. Ossia un appassionato di Gesù, un appartenente a lui, introdotto nella sua intimità mediante la preghiera perché solo questa è la vera risposta a Dio che chiama; e non sarà solo una risposta tua come singolo, ma una risposta ecclesiale, perché pregando ti metti automaticamente in comunione con i tuoi fratelli. Lasciati dunque chiamare e interpellare da Gesù, e tutti si accorgeranno che sei testimone. 74
XXVI - LA PREGHIERA NELLA TUA VITA Rivivere la propria storia è compito di tutti. E il primo luogo dove rivivere questa storia è la famiglia. È questo un modo con cui riscoprire la propria vocazione originaria, rivivere la propria esperienza, ristabilire l’unità ed alimentare la comunione. Sono diversi i fatti di cui la famiglia può rivivere il ricordo. Alcuni riguardano la storia umana, altri invece sono avvenimenti che fondano la propria esperienza cristiana. La famiglia non può fare a meno di rivivere le varie tappe della sua storia per non smarrire la memoria del passato che orienta le scelte del presente ed apre all’avvenire con speranza. Ogni famiglia cristiana nello scorrere dell’anno celebra i suoi anniversari nei sacramenti. Ma un conto è celebrare un anniversario e altra cosa è la semplice commemorazione. Infatti celebrare un anniversario vuol dire riattivare l’evento di salvezza che un giorno si è compiuto. È Dio stesso che, per primo si rende presente con la sua azione santificante. Perciò è una memoria che rivela il volto di Dio e l’identità della famiglia. Ogni anniversario è distribuito in tempi diversi lungo l’anno e appartiene ad alcuni momenti determinati dall’esistenza familiare. Iniziamo fermando la nostra riflessione su di essi e proviamo ad esercitarci per scoprire il modo di celebrarli con la preghiera: il matrimonio e il battesimo. 1 - L’anniversario del matrimonio Questa ricorrenza va celebrata come la festa della nascita della famiglia. Nel rivivere tale circostanza, i genitori narrano ai figli ciò che il Signore ha compiuto in quel giorno. Cosa buona sarebbe sfogliare l’album fotografico, baciare gli anelli che sono un segno permanente di fedeltà, di donazione e di amore reciproco. Visitare la chiesa dove si è celebrato il matrimonio, pregare insieme in casa, e rinnovare davanti ai figli le promesse del matrimonio. E così i figli diventano testimoni e aiuteranno i genitori a realizzare la loro unità e fedeltà nella concretezza della vita di ogni giorno. Con questo principio assume particolare rilievo anche la 75
celebrazione del quinquennio, del decennio, del 25o e del 50o. Nessuno può permettersi di essere leggero e superficiale su questa realtà. Se non si celebra né si ricorda mai questo anniversario non si rivive una tappa importante della propria storia, un po’ alla volta si raffreddano i rapporti e con il trascorrere del tempo si potrebbe giungere a celebrarne la morte. 2 - L’anniversario del battesimo Questa ricorrenza si rivela molto utile per rivivere il profondo valore di questo sacramento e per sottolineare che tale evento non è stato celebrato solo per tradizione. Perciò celebrare l’anniversario del battesimo equivale a celebrare la festa di Dio in noi. Far memoria del battesimo significa esprimere la propria riconoscenza al Signore, rivedere il proprio atteggiamento filiale e rinnovare le promesse battesimali. In questa circostanza i genitori sono chiamati a riflettere sulla propria responsabilità di “primi annunciatori della fede”. (L.G. 11) Si possono leggere alcuni brani del rito del battesimo per richiamare i propri impegni assunti davanti al sacerdote e per garantire la crescita e l’educazione dei figli. In tale circostanza è bene esporre davanti a tutti i segni consegnati durante il battesimo: la veste bianca e la candela e ripresentarli perché, un po’ alla volta, i figli prendano coscienza di questa realtà e crescendo siano in grado di assumersi le responsabilità e testimoniare la loro fede... Si può baciare la veste bianca, recitando il “Padre nostro” e rinnovando le promesse con la candela accesa. Celebrando questi avvenimenti ci si mette in comunione con il Signore; ossia si pregano e si rivivono alla presenza del Signore. Infatti pregando questi avvenimenti si ripercorrono le tappe più importanti della storia della propria vita. E quando capitasse di desiderare una vita nella quale vi siano lunghi momenti di solitudine per pregare, si capirà che sono questi i momenti più opportuni. Infatti quando hai del tempo libero c’è il pericolo di disperderlo nelle distrazioni. Spesso si soffre di un conflitto tra le molteplici occupazioni e il desiderio di possedere la vita nelle proprie mani. C’è il pericolo di accusare le circostanze esterne, la mancanza di tempo o le numerose relazioni; allora devi pren76
dere coscienza che il vero malessere è in te. Sei tu che devi realizzare la sintesi tra il tuo essere intimo e il tuo essere per gli altri. Ogni giorno fai l’esperienza del tempo perduto senza un progetto. Fatichi a trovare la tua identità, perché sei disperso e vivi nella superficie di te stesso. Senti il desiderio di unificare la tua vita nella presenza a te stesso, nell’accoglienza degli altri e delle cose esteriori. Devi essere presente a te stesso per essere in grado di accogliere nel tuo essere l’apporto esterno delle persone, delle cose o delle idee ricevute. Ma c’è un’unificazione superiore, quella che si opera alla presenza di Dio in Gesù. Ma non puoi pretendere di vivere questa presenza in maniera abituale, se non prendi il tempo di consacrare lunghi momenti per essere là, alla sua presenza nell’attesa della sua visita al di là delle idee, delle parole e dei sentimenti. Un po’ alla volta, sarai penetrato e invaso da questa esperienza di Dio reso presente e chiamato in causa da questo nuovo modo di pregare, celebrando questi momenti di capitale importanza per la tua vita. Solo così ti accorgerai che la tua vita prende consistenza e solidità in Gesù Cristo. Allora scoprirai che la preghiera nella tua vita ha trasformato la tua vita in preghiera.
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XXVII - LA PREGHIERA NELLA VITA DI GESÙ Esaminiamo un breve itinerario della preghiera di Gesù che ci viene fornito dai Vangeli. Non è esauriente, ma è una proposta che potrebbe diventare indispensabile per aiutarti a trovare la strada giusta. 1 - Gesù si ritira solo a pregare 1) Mc. 1,35-36: “Al mattino si alzò quando era ancora buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce...” Se tu starai solo con Dio, saranno gli altri a cercarti: non è necessario che tu ti affanni per mostrarti. 2) Lc. 6,12: “In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione e poi scelse i dodici”. Prima delle grandi scelte, ritirati solo a tu per tu con Dio. Chi è svogliato, nel chiasso, non può scegliere bene. 3) Lc. 5,16: la sua fama si diffondeva... Le folle lo cercavano. “... ma Gesù si ritirava in luoghi solitari e pregava...” Se tu corri dietro a chi ti cerca e ascolti il plauso degli uomini... andrai solo in cerca di farfalle con il rischio di non avere nulla in mano... ritirati solo con Dio. 4) Mc. 6,46 (dopo la moltiplicazione dei pani... la gente è in delirio, lo cerca) “Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare”. Non cercare il plauso che ti svuota e deruba, ma Dio che ti riempie. 5) Mt. 14,23: (sempre dopo la moltiplicazione dei pani) “Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù”. 2 - Gesù persevera nella preghiera Non si tratta di un solo atto, ma di un cammino da farsi quotidianamente. 1) Gv. 6,15: (dopo la moltiplicazione dei pani) “Ma Gesù sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo”. 78
Fuggi le attrattive del mondo. 2) Mc. 14,35: “Poi, andò un po’ innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passare da lui quell’ora...”. Nelle difficoltà, nell’ora della morte... della solitudine... perché solo di questa ha avuto paura anche Gesù... devi lasciare ogni sicurezza, buttarti a terra, e fidarti di Gesù... 3) Lc. 9,28-29: (la trasfigurazione) “... prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare... E mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”. Solo la preghiera è capace di portarci alle altezze di Dio, di trasfigurarci... ricorda S. Teresa d’Avila: pregare è lasciarci trasportare da Dio in Dio. Tutto questo può diventare un cammino anche per te: prima o dopo un grande avvenimento, quando la folla ti assale o ti cerca per cose futili e materiali ritirati solo a pregare. Fa tuo il programma di Gesù. Non dimenticare che c’è una solitudine messianica: unicità con Dio; e una solitudine apostolica-vocazionale. Non aspettare che altri (il mondo che ti circonda) ti capiscano; queste cose, gli altri non le capiranno! Ascolta Gesù che ti raccomanda: Mt. 6,6 “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Pensa alle tue aspirazioni, speranze, certezze, ideali, realtà che tu vivi e che alla massa non interessano. Perciò bisogna essere capaci di - volere (diventare uomini), - pregare (stare con Dio), - decidere (dare un volto nuovo alla propria vita). Ma non devi mai aspettare l’imbeccata altrui o la presenza e partecipazione degli altri; devi essere capace tu delle tue scelte, e mai disimpegnarti perché eventualmente altri non si impegnano. 3 - Gesù insegna a pregare Mt. 6,5 “Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa”. 79
Mc. 11,25 “Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati”. Lc. 11,1-5; “... uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare... ed egli disse loro. ‘Quando pregate dite: Padre sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione’. Se segui questa strada e penetri abbastanza profondamente nel mistero della persona di Gesù comprenderai che egli è venuto a liberarci creandoci nuovamente a immagine di Dio. Ma egli non realizza questa nuova creazione in modo spettacolare: lo fa alla maniera del servo sofferente di Isaia (c. 53). Gesù ti salva mediante l’amore con l’umiliazione e l’obbedienza al Padre. Perciò non rifiutare troppo presto la proposta e il modo di pregare di Gesù pensando che sia troppo difficile, ma accetta di essere associato alla follia della croce. Sappi che non puoi conoscere veramente Gesù se non penetri nel mistero della sua croce. Guardati da una conoscenza superficiale, puramente nozionale, ma cerca di raggiungere quella vitale ed esistenziale, pregando come ha pregato Gesù.
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XXVIII - PREGARE COME HA PREGATO GESÙ 1 - Lasciati condurre da Gesù Gesù ti ha insegnato a pregare. Ora per lasciarti condurre devi darti a lui con tutte le forze del tuo essere e tutto l’amore del tuo cuore e accettare di essere condotto dove non vorresti andare, ossia nella passione. Infatti Gesù ha conosciuto realmente il Padre quando diede la sua vita. E così è per te. La vera conoscenza di Dio culmina nella volontà di sacrificio perché Dio è essenzialmente amore e dono. Quando Gesù ti invita a seguirlo e a portare la tua croce (Lc. 9,23-26) ti propone di rinunciare ai sogni e ai progetti della tua vita per darti davvero a lui. Sei invitato a dare la tua vita non a una ideologia ma ad una persona - “a causa mia...” dirà Gesù; e tutti i dubbi che sorgono sui tuoi progetti non sono altro che lentezze nel donarti e abbandonarti a lui. È chiaro che puoi sottrarti al suo invito come già fece il giovane ricco, ma allora Gesù ti guarderà con tristezza mentre te ne vai. Puoi anche dire come i figli di Zebedeo: “Sì, noi possiamo bere al tuo calice” (Mt. 20,22) e questo “sì” è nella linea del tuo battesimo e della tua offerta; ma ciò implica che tu segua Gesù ovunque egli andrà, condividendo la sua morte gloriosa. Però non basta accettare di seguire Gesù a parole, perché il mistero della croce deve essere vissuto in tutta la sua esistenza di uomo con una assimilazione sempre più vera al Signore Gesù. Il mistero della croce che spaventa tanto l’uomo moderno, non può essere compreso che nell’amore; altrimenti la croce è piantata sull’assurdo e diviene un falso scandalo ed allora devi, prima di tutto, accettare la tua realtà di uomo. Infatti molte difficoltà vengono dal fatto che tu rifiuti di accettarti quale sei. Rinuncia pertanto ad accettare le tue idee a questo proposito e accetta l’imprevisto della persona di Gesù. Però non fabbricarti una croce nel tuo laboratorio privato ma lascia che il Cristo ti carichi della sua croce. Solo così perderai la tua vita per salvarla. 2 - Vivi nel mondo in un modo nuovo Se accetti di seguire Gesù, sarai obbligato a contestare ogni giorno il mondo nel quale vivi; non perché il mondo 81
sia tutto cattivo, anzi è il luogo della presenza di Dio, ma è anche il luogo della presenza di satana. Infatti per Giovanni il mondo è anche la volontà perversa dell’uomo che si oppone al piano di Dio. Il mondo che devi contestare è quello nel quale regnano da padroni prepotenti il denaro, la potenza e l’impurità; dove i piccoli e i deboli sono oppressi. Ma fa’ attenzione! La tua contestazione del mondo sarà vera se accetti di contestare te stesso ogni giorno perché spesso sei solidale con il peccato del mondo, quando ti opponi al piano di Dio. Ebbene in mezzo a questa generazione devi essere come il povero di Dio che vive lo spirito delle Beatitudini. Solo così sarai in grado di evangelizzare, nella misura in cui la luce delle Beatitudini illumina il tuo volto. Per vivere così dovrai agire in maniera contraria alla mentalità dell’ambiente, accettare di essere povero, umile e puro. Il mondo così inteso, non ti capirà, né ti accetterà, perché il nuovo modo di vivere sa di contestazione. Infatti portare la tua croce vuol dire entrare in questa sapienza misteriosa che è incomprensibile ai potenti e alle persone per bene. Ed allora nell’orazione mettiti davanti a Gesù e supplicalo di riprodurre in te i sentimenti che animavano le comunità cristiane rivestendoti della sua povertà. La Vergine santissima ti aiuterà a farti entrare nella stirpe dei poveri di Jahvé, della quale essa era il prototipo vivente. Le Beatitudini mirano a formare in te un cuore di povero, aperto, disponibile, dimentico di te e capace di donarsi. La povertà è un frutto che nasce dall’albero dell’amore. Tuttavia non dimenticare che la ricchezza in sé non è un male, anzi è utile, ma se non sei prudente, essa sviluppa in te un processo di appropriazioni che ti rende schiavo e favorisce la crescita del tuo io. Mentre il povero evangelico non deve fare progetti, deve solo fidarsi di Dio. Lascia dunque che il Signore scavi nel tuo cuore e strappi a uno a uno tutti i tuoi beni. Lascialo agire, egli ti renderà povero, estirpando un poco alla volta quei beni che ti incatenano e che tu non vedi. La preghiera scava in te un cuore povero, ti da’ un’anima di attesa e di desiderio capace di discernere la vera salvezza da quelle false e di riconoscere nella croce di Gesù la salvezza dell’umanità. Allora capirai che non sei tu il vero artefice della tua santità. Dio fa meraviglie con i poveri perché non si appropriano nulla della sua gloria, anzi gliela rendono intera. 82
Nella preghiera chiedi a Gesù che ti ammetta al suo seguito nell’umiltà dei veri poveri che attendono tutto dal Padre e nulla da loro stessi. 3 - Conserva il tuo cuore libero Se segui Gesù povero, sei nel cuore del vangelo e sei certamente disponibile per essere afferrato dallo Spirito che ti apre all’amore di Dio. Ma ecco un problema. Quale deve essere il tuo atteggiamento di fronte alle cose che galvanizzano i tuoi interessi e costituiscono l’elemento base della tua vita? Dovrai abbandonarle oppure usarle in maniera saggia? Troppi cristiani ed anche religiosi si fermano al puro aspetto moralistico quando ricercano un modo esistenziale di essere poveri. Quando si inizia questo cammino non ci si deve situare al livello pratico ma entrare nella profondità dell’essere e della libertà del cuore. Per esempio un religioso che fa il voto di povertà non deve dire che osserva la povertà perché ha fatto voto, ma deve andare al perché ha fatto voto. E la risposta diventa ovvia: ho fatto voto di povertà per entrare nell’intimità di Cristo, nel suo atteggiamento di misericordia, ed allora gli atteggiamenti pratici verranno di conseguenza. Infatti la povertà evangelica non verte solo sull’oggetto ma anche sulla maniera di possederlo o di essere liberi a suo riguardo. Se non raggiungi questa libertà profonda, rischi di disprezzare la cosa o di idolatrarla e sia nell’uno come nell’altro caso non la ami profondamente. Bisogna avere il coraggio di leggere in profondità, ascoltare il comando del Signore che è molto esplicito e lasciarti interrogare dal “quanto” devi dare per giustificare la legittimità stessa dell’avere. Gesù ha dato tutto, e quando non aveva più nulla, ha dato se stesso. Non è una meta troppo alta ma è la via tracciata da Gesù che dice “imparate da me”. La vera libertà spirituale presuppone che tu prenda un certa distanza dalle cose, per non identificarti con esse. Le possiedi legittimamente, ma come le giustifichi? Infatti nel fondo del tuo cuore vuoi essere libero davanti a Dio e sei come il giovane ricco che è in regola di fronte alla legge di Dio ma che prova una mancanza di libertà di fronte ai propri 83
beni. Non si è mai posto il problema del “quanto” deve dare per giustificare il possedere. Non si tratta di dare tutto, ma di arrivare a volere quello che Dio vuole per te. Non si deve desiderare il “meglio assoluto” ma il “meglio” per te che corrisponde alla volontà di Dio. Per il giovane ricco “il meglio” che corrispondeva alla volontà di Dio era: “Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” (Mc. 10, 21). Il meglio per lui era questo. E per me, e per te, quale sarà? Per arrivare a ciò è bene che tu prenda coscienza di queste cose in rapporto alle quali devi prendere una posizione. Non si tratta soltanto di oggetti materiali, di beni, o di persone del tuo ambiente, ma anche delle tue attività, delle tue abitudini, dei tuoi desideri, pensieri; in una parola del tuo “essere” profondo. Sarebbe un grave errore considerare queste realtà terrene come insignificanti, provvisorie e senza valore. Non si può andare a Dio che per mezzo loro; esse sono il luogo del tuo servizio, del tuo amore e adorazione. Non dimenticare mai che la presenza di Dio cresce in te secondo il tuo atteggiamento positivo in rapporto alle cose e alle persone. Il peccato non consiste nell’usarle, ma nell’usarle male. Invece di farne dei mezzi, ti rinchiudi su di esse per costruirti il centro del mondo. Devi amarle perché sono buone e preziose per la tua vita cristiana, e sarà proprio questo tuo atteggiamento positivo che ti aiuterà ad abbandonarle correttamente e senza risentimenti. Per abbandonare gli esseri e le cose bisogna prima amarle realmente. Ed allora abbandonandole manterrai con loro dei rapporti di grande intensità perché sarai libero e le vorrai veramente per se stesse. Occorre dunque che la rinuncia alle persone e alle cose sia oggetto di una vera scelta e di una vera decisione. Se raggiungi questa libertà interiore allora la preghiera diventa la tua vita. Tuttavia se percorrendo questa strada si annida in te anche una minima ombra di pessimismo o di disprezzo per le cose che in sé sono tutte buone e sono l’ambito della tua vita, non riuscirai mai a staccarti da esse, e non sarai mai libero se non apparentemente, ingannerai te stesso e la preghiera resterà sempre per te un qualcosa di estraneo, di pesante e spesso anche di insopportabile. Sarai sempre distratto, e sentirai una profonda amarezza e il desiderio di confessarti. Anzi in tutte le tue confessioni dirai sempre per prima cosa: 84
prego poco, non ho voglia, mi distraggo... Ricordati: la realtà è molto più profonda: non ami ciò che Dio ha creato e ha messo a tua disposizione; non sei mai sazio di ciò che possiedi, usi il disprezzo oppure un’attaccamento morboso... e non ti accorgi che le cose ti stanno dominando perché le usi male e hai perduto la capacità di dominarle perché non sei libero. Puoi anche continuare così, ma non avrai mai la pace e la preghiera sarà sempre un qualcosa di irragiungibile per te, perché pregare vuol dire mettersi a disposizione di Dio. Ma come fai ad essere a sua disposizione se sei incatenato alle cose che non ami e che ti violentano? La preghiera non è qualcosa che devi fare, ma è un “essere” in Dio. Pregare è respirare Dio. Tendi perciò verso il raggiungimento della tua libertà interiore, amando tutto ciò che Dio ha creato e così inserito in Dio, la tua vita diventerà preghiera. Ricorda sempre che: pregare non è qualcosa che si deve fare, ma è un “essere con Dio”. Se vuoi comprendere bene questo movimento di totale spogliazione e totale libertà per essere completamente in Dio leggi nel vangelo il consiglio che Gesù dà al giovane ricco (Mt. 19, 16-30) e quello che dice in seguito sul pericolo delle ricchezze; inoltre contempla la scena del sacrificio di Abramo (Gn. 22, 1-13) e comprenderai allora la disponibilità che Dio si aspetta da te. Al giovane ricco come ad Abramo, Dio chiede ciò che ha di meglio, ciò a cui egli tiene di più: “Dammi il tuo unico”. Tutto quello che ha è un dono del Signore, ricevuto per restituirglielo dopo averlo fruttificato (Lc. 19, 11-27). Un tale sacrificio è incomprensibile sul piano della ragione umana; occorre passare nell’ordine della fede e dell’amore. L’atteggiamento di Abramo, come quello degli Apostoli e della Vergine, è una consegna totale di sé a Dio nella fede, e la parola che esprime meglio questa disponibilità fiduciosa è: “Eccomi”! Nella preghiera chiediti se hai veramente l’intenzione di appartenere totalmente a Dio, di esserti dato e consacrato a lui attraverso la tua stessa libertà. In questa rinuncia a te stesso, ti abbandoni senza calcoli sapendo che Dio provvederà a tutto. È un atto di totale fiducia a Dio capace di risuscitare i morti; ma devi lasciare andare ciò a cui tieni di più. Se così avviene in te, allora sei preparato per la tua opera evangelizzatrice. 85
XXIX - COMPITO DEI GENITORI Insegnare ai figli a parlare con Dio è un compito di tutti i genitori. È un aspetto importante della loro missione educativa perché crea tra di essi e i figli un rapporto di comunione. Infatti l’educazione deve essere completa, ossia deve abbracciare tutte le dimensioni umane: corporali e spirituali. I genitori sono chiamati ad insegnare ai figli anche a parlare con Dio e ad unire la loro voce di lode prima in casa e poi introducendoli alla pratica religiosa in Chiesa. Educando a pregare, il padre e la madre permettono al Signore di stabilire un dialogo personale con i figli e li aiutano a superare la loro solitudine che non può mai essere riempita soltanto da relazioni e incontri umani. Perciò devono assicurare alcune condizioni pedagogiche: 1 - Disporsi alla presenza del Signore È necessario avvertire la sua presenza. La preghiera infatti è dialogo che si stabilisce tra persona e persona; ma come comportarsi? a - Il Signore è presente nella sua “Parola”, per questo motivo l’ascolto di un brano biblico può introdurre alla preghiera familiare perché la preghiera cristiana nasce dall’ascolto della parola, e il dialogo con Dio è risposta a quanto si è udito. b - Per iniziare alla preghiera bisogna educare al senso del silenzio, e della contemplazione per prendere coscienza che il proprio essere è davanti al Signore. 2 - Rendersi presenti al Signore Pregare comporta la presenza di tutta la persona. Infatti è l’uomo intero che si pone davanti al Signore, non solo l’anima o l’intelligenza, ma anche l’affettività, il corpo ecc... Il bambino si rende presente attraverso l’affettività e i gesti. Il fanciullo comincia a capire gli scopi del dialogo con il Signore. Perciò ha bisogno di porre delle intenzioni alla preghiera. Egli ama compiere i gesti della fede e apprende il significato delle varie posizioni del corpo: mani giunte, essere in ginocchio, fare il segno della croce ecc.... 86
Il preadolescente personalizza il dialogo con il Signore e lo rende più razionale. Necessita perciò di motivazioni adeguate che rispondano ai problemi del suo sviluppo intellettuale. Va tenuto presente che l’adolescente non sempre ama pregare con i genitori e con i fratelli, ma cerca altri ambienti dove si trova più a suo agio. Perciò bisogna saper conciliare la creatività e la spontaneità con la religiosità. Educando a parlare con Dio si configura il modo, lo stile e la forma della preghiera, cioè del dialogo con il Signore. Bisogna convincerci che i figli non rimangono mai indifferenti di fronte alla preghiera dei genitori. Possono rifiutarne i contenuti, contestarne le espressioni, criticarne i modi.... ma resterà sempre in loro la consistenza, la stabilità e la profondità della loro preghiera. Perciò bisogna perseverare nel: a - Promuovere il bisogno vitale della preghiera. I genitori devono studiare il modo di integrare il bisogno vitale della preghiera con le altre esperienze di vita. E perché la vita sia preghiera è necessario educarsi a vivere in comunione con il Signore eliminando tutto ciò che distoglie dall’adesione alla volontà di Dio. E per sentire il bisogno della preghiera è indispensabile avvertire la propria fragilità, sentire l’urgenza del suo aiuto, convinti che senza di lui non si è capaci di fare nulla. b - Trasmettere il linguaggio della preghiera cristiana. In famiglia i figli sono educati a entrare in relazione con il Signore - quando imparano a chiamare Dio “Padre”, - in Gesù incontrano il Figlio, - ed infine capiscono che lo Spirito Santo è colui che crea la comunione reciproca; condizione indispensabile per la preghiera cristiana. c - Inserirci nella tradizione orante della Chiesa. In famiglia i genitori educano i figli al linguaggio della tradizione orante attraverso le formule e le professioni di fede, trasmesse dall’intero popolo di Dio. Così la preghiera personale diventa comunitaria e si realizzerà effettivamente se i genitori introdurranno i figli alle assemblee liturgiche fin dalla loro tenera età. Sono circostanze che intensificano la fede familiare mediante incontri e veglie di preghiera che sottolineano la dimensione religiosa di tali avvenimenti. 87
d - Predisporci l’ambiente per la preghiera. Anche la preghiera necessita di uno spazio e di un ambiente. Si richiedono delle condizioni esteriori, dei segni, degli oggetti significativi che invitano alla lode al Signore. In casa sarebbe cosa buona pregare rivolti nella direzione indicata sulla parete da una croce o da altra immagine.
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XXX - IL LUOGO DELLA PREGHIERA In ogni casa c’è un angolo silenzioso raccolto e significativo. Il luogo aiuta a ripararsi dall’agitazione e favorisce il raccoglimento. Può essere l’angolo di una parete, adornato con immagini religiose: un cero, un crocifisso, una icona, oppure una frase biblica. E la famiglia, qui celebra la lode e la preghiera. In casa tutti possono collaborare per allestire un angolo adatto. Nell’anniversario del matrimonio, saranno i figli, mentre per ricordare il battesimo o la cresima, il compleanno, l’onomastico, una promozione ecc.... saranno i genitori. Ti offro alcune indicazioni: 1 - I segni religiosi Le immagini religiose, appese alla parete della casa devono esprimere la nostra fede. Bisogna però curare bene la loro collocazione. Rivolgere lo sguardo ad una immagine diventa una preghiera spontanea ed immediata, se è espressione di fede e di amore. 2 - I libri della fede Il primo libro è la bibbia che contiene la parola di Dio da leggere insieme. - C’è il messalino che aiuta a preparare la liturgia della domenica. - Il catechismo della Chiesa cattolica; ed è cosa buona che tutti, ognuno in rapporto alla propria età, dispongano di un proprio catechismo: bambini, giovani, adulti. 3 - Prima parlare di Dio, poi parlare a Dio. Ci si chiede sempre: come educare a pregare? Ed allora ci chiediamo anche: come parlare di Dio in famiglia? - Ricordando spesso la sua presenza. - Scoprirlo nella propria vita, facendolo parlare con la nostra condotta. 4 - Non far dire le preghiere, ma educare a pregare. L’educazione viene dall’esempio: 89
- quando i genitori stabiliscono un dialogo gioioso e spontaneo con il Signore, rinunciando ad una trasmissione televisiva richiamano l’attenzione dei figli; - e quando mirano non alla quantità ma alla qualità della preghiera. 5 - Pregare è anche saper lottare con Dio. Spesso si sente dire: Dio non ha ascoltato la mia preghiera, perché il nonno non è guarito. È l’occasione di chiarire che la preghiera non è una formula magica, ma è chiedere luce per conoscere nella fede la sua volontà e adempierla con amore. Così si impara ad essere al servizio di Dio. 6 - Pregare è esercitarsi al dialogo per l’eternità. Metterci in dialogo con il Signore è già anticipare qui un colloquio destinato a prolungarsi per sempre. E così la preghiera è il mezzo più efficace che ci tiene vicini a Dio e ci dice chiaramente che un domani saremo per sempre in Dio, nella misura in cui lo siamo oggi su questa terra.
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XXXI - MODELLO DA IMITARE È ormai una verità acquisita ed ogni anima lo può verificare quando riesce a realizzare questo momento di intimità e di forte comunione con il Signore. Ed allora mi chiedo: perché questo “essere con Dio” diventi il mio modo abituale di pregare c’è qualche modello da imitare e da invocare? Certamente in qualche casa non mancherà un quadro o un’ immagine della Madonna. Infatti ogni famiglia cristiana invoca Maria come madre e grazie al suo aiuto scopre nella Madonna la propria vocazione di appartenenza alla grande famiglia che è la Chiesa. Maria, si presenta come modello di preghiera da imitare perché in ogni famiglia riprenda vita il dialogo con Dio. I primi capitoli dei Vangeli di Luca e Matteo detti Vangeli dell’infanzia sottolineano l’esperienza di preghiera che Maria ha vissuto come sposa e madre, e mettono in luce il dialogo che si è stabilito tra la Madonna e il Signore all’interno degli avvenimenti familiari. Evidenziamo alcune occasioni, luoghi e lo stile di preghiera della Madonna, richiamando l’originalità del dialogo di Maria con il Signore. Il Vangelo ci presenta la preghiera di Maria in modo particolare come ascolto, meditazione e riflessione. Ci viene sottolineato, infatti, che Maria meditava e conservava tutto nel suo cuore. La preghiera di Maria e pure di Giuseppe conosce anche il mistero e si apre alla grandezza straordinaria del disegno di Dio. La preghiera di Maria nel Vangelo inizia con un interrogativo: “come è possibile?” (Lc. 1, 34) , culmina nella lode: “l’anima mia magnifica il Signore” (Lc. 1, 4655) e diventa contemplazione del mistero del Figlio: “sua Madre conservava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc. 2, 51) e servizio al suo progetto cioè alla sua ora: “Fate quello che vi dirà” (Gv. 2, 1-12) che si attua sulla croce: “Tutto è compiuto. E chinato il suo capo spirò”. (Gv. 19, 28-30). In Maria contempli un essere povero, ma ricolmo della ricchezza di Dio. Mettiti, dunque, davanti alla Vergine nel momento dell’annunciazione quando si trova sola davanti a Dio e dice “Eccomi!”. Essa è là, senza complicazione nella verità del suo “es91
sere” povero che riceve da Dio, e si lascia trasformare e amare da lui. Dopo Gesù, essa fu la prima ad entrare nel regno della beatitudine per questo è sorgente e modello di grazia per tutti noi. Proviamo ad ascoltare la parola di Maria, guardiamo e penetriamo il suo atteggiamento profondo, e contemplandola lungamente diventiamo somiglianti a lei: un cuore disponibile e povero pronto ad essere invaso da Dio. Pensiamo alla gioia di Maria, quando scoprì di essere amata da Dio: “Rallegrati piena di grazia”. Noi spesso siamo sconvolti quando una persona ci incontra e ci dice:“ Ti amo”. Anche Maria all’inizio non comprende, ma lo capirà a fondo quando si scopre come opera dell’amore di Dio. Rileggendo il “Magnificat” si può scoprire Maria nella sua interezza. Si comprende la sua umiltà e povertà. Come ognuno di noi, Maria, ha fame e sete di luce, di amore, di felicità, ma non accetta di saziarsi di ciò che è passeggero e vano. Essa è là, povera con le mani vuote, dinanzi a Dio che la riempie della sua stessa presenza. E dal momento che ha riconosciuto la chiamata di Dio non fa più alcuna riserva e si dona totalmente alla fede. Ma va ancora più lontano dando completa fiducia a Dio nella sua situazione attuale e crede che “nulla è impossibile a Dio”. Crede all’onnipotenza creatrice della sua Parola, che può generare in lei il Verbo. Così Dio cambia la sterilità dei poveri in fecondità di una ricchezza inaudita. Nell’orazione chiedi a Maria questa grazia della povertà totale, per essere colmata da Dio che sazia gli affanni e respinge i ricchi a mani vuote. E così Maria resta il modello del dono del suo “essere” a Dio. Anche noi vorremmo far dono della nostra persona ma finché poniamo dei limiti siamo ancora troppo padroni della nostra offerta. Dio ci chiede una disponibilità assoluta e ci invita spesso ad abbandonare quanto non avevamo previsto. Maria non pensava minimamente di diventare la madre del “Promesso”, ma poiché era disponibile e aperta niente la sorprende nella chiamata di Dio. È da allora che diventa la madre del Salvatore. Puoi contemplare così la disponibilità di Maria, riprendendo il racconto del “magnificat”. Puoi anche recitare semplicemente il rosario, ripassando nella tua memoria le parole della Vergine perché ella possa riprodurre in te i suoi profondi sentimenti. 92
Puoi anche fermarti su una parola dell’Ave Maria, che più ti piace, o contemplare il mistero della Trinità e il compito di Maria nella storia della salvezza. Il rosario è una forma di preghiera contempletiva molto elevata, nella quale impari ad uscire da te stesso per unirti a Gesù nei suoi misteri ed essere disponibile fino al più profondo del tuo cuore. Altri imitarono così Maria e raggiunsero la santità. Don Orione che amava stringere sempre la corona del rosario tra le mani, nell’ottobre del 1899 ci lasciò questo messaggio: “Si dirà che la preghiera del rosario è una ripetizione di parole sempre uguali, la quale deve finire per cagionare noia... e quali parole più belle a ripetersi di quelle dell’ “Ave Maria”? Ma oltre alle parole, vi sono nel rosario i misteri santissimi da contemplare... Ah! Tutto è bello, tutto è istruttivo, tutto è commovente in questa amabile catena di mistiche rose che lega l’anima fedele a Maria. E quando mi dicono che il rosario è la devozione dei fanciulli, io mi consolo con le parole del Vangelo: “Se non diventerete come fanciulli non entrerete nel regno di Dio”. Come vedi, cercavamo un modello da imitare e da invocare e senza dubbio volevamo conoscerne anche il risultato. Ora sta a noi operare la nostra scelta. Impareremo a pregare e saremo certi di ottenere se ci lasciamo condurre per mano dalla Vergine Santissima; sarà lei che ci metterà in comunione con Gesù e questo potrà diventare il nostro modo abituale di pregare.
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INDICE
PRESENTAZIONE .. .. .. .. .. ..
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pag.
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pag.
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5 pag. 7 pag. 9 pag. 12
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pag. 14
I
PERCHÉ PREGARE
II
LA PREGHIERA CONDUCE L’UOMO A DIO
III
L’IDEALE DEL CRISTIANO È LA PREGHIERA ..
IV
IL CONTENUTO DELLA PREGHIERA
V
L’ONNIPOTENZA DELLA PREGHIERA CRISTIANA
VI
SIGNIFICATO DELLA PREGHIERA
VII
LA PREGHIERA: GRIDO CHE NASCE DALLA NOSTRA POVERTÀ .. .. .. .. .. .. ..
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pag. 21
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pag. 24
CRISI DELLA PREGHIERA
IX
COME RISOLVERE LA CRISI DELLA PREGHIERA .. .. .. .. .. ..
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X
LA PREGHIERA È UN’ESPERIENZA DI “ESSERE E DI “PRESENZA” .. .. .. ..
XI
LA PREGHIERA NON È UN INVITO PER ALCUNI MA È VOCAZIONE DI TUTTI .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. ..
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pag. 28 pag. 32
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pag. 35
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pag. 37
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pag. 39
XII
PREGARE È ASCOLTARE LA SUA VOCE
XIII
PREGARE È LASCIARTI AMARE E TRASFORMARE DA DIO .. .. .. ..
XV
pag. 17
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VIII
XIV
3
PREGARE È ACCETTARE L’AMORE DI DIO PER TE .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. ..
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PREGARE È LASCIARTI CONDURRE DA DIO ALLA CONOSCENZA DEL TUO PECCATO .. ..
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pag. 40 pag. 41
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pag. 42
PREGARE È APRIRTI ALL’AMORE (DIO) E CHIUDERTI ALL’INIQUITÀ (SATANA) ..
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pag. 44
XVIII
PREGARE INSIEME PER CREARE UNA NUOVA PRESENZA DEL SIGNORE
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pag. 46
XIX
LA PREGHIERA IN FAMIGLIA
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pag. 50
XX
COME REALIZZARE LA PREGHIERA IN FAMIGLIA .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. ..
XXI
EDUCARE ALLA PREGHIERA
XXII
LA VOCAZIONE ALLA PREGHIERA
XVI
PREGARE È UNO SGUARDO D’AMORE DI GESÙ..
XVII
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pag. 54
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pag. 57
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pag. 64
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pag. 67
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pag. 70
XXIII
LASCIA LE PAROLE E ASCOLTA LA “PAROLA”..
XXIV
IL GIORNO DEL SIGNORE
XXV
LA FEDE GENERA LA PREGHIERA
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pag. 72
XXVI
LA PREGHIERA NELLA TUA VITA
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pag. 75
XXVII LA PREGHIERA NELLA VITA DI GESÙ
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pag. 78
XXVIII PREGARE COME HA PREGATO GESÙ
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pag. 81
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pag. 86
XXIX
COMPITO DEI GENITORI
XXX
IL LUOGO DELLA PREGHIERA
XXXI
MODELLO DA IMITARE
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pag. 89
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pag. 91