Il Richiamo ( Giugno 2010 )

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N째 77 - Giugno 2010


INDICE 3

IL SALUTO DI FRA LUIGI.

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DALLE LETTERE DI FRATE AVE MARIA.

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L’IMMAGINETTA CON LA RELIQUIA DI FRATE AVE MARIA.

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FRATE AVE MARIA, ANGELA VOLPINI E PIER PAOLO PASOLINI

14 CHI SONO I SANTI AFFRESCATI NELLA NOSTRA ABBAZIA? 19 DALLO SPIRITO E NORME DEGLI EREMITI 26 DAI BIGLIETTINI DEPOSTI 29 POSTA DEI LETTORI. 32 NOTIZIE DI CASA 44 I CONSIGLI DELL’ERBORISTA FELICE 45 I PENSIERI DI FRA SERENO 47 LIBRERIA

In Copertina: La statua di Sant’Alberto, opera dello scultore De Paoli

IL RICHIAMO DI FRATE AVE MARIA Semestrale degli Eremiti della Divina Provvidenza Eremo e Parrocchia di Sant’Alberto di Butrio 27050 Pontenizza (PV) Tel. 0383/542179 - Fax 0383/542161 - c/c postale n. 14030274 www.eremosantalbertodibutrio.it E-mail eremo.sant.alberto@libero.it

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ari Amici Lettori,

IL SALUTO DI FRA LUIGI

Non pare vero d’essere arrivati a maggio e alla primavera dopo un inverno tanto lungo e rigido, come da molti anni non si ricordava. Qualche bella foto del paesaggio innevato la riserviamo per il numero di inverno perché sarà più intonata alla stagione. Anche il gelo ha fatto bella mostra di sé e ha stretto nella sua morsa i rami più teneri. Purtroppo le pianticelle più giovani di ulivi non hanno resistito e sono rimaste bruciate. Ne ha risentito invece l’economia della casa, in modo piuttosto pesante, perché, come voi potete immaginare, la comunità vive con gli aiuti della gente che ci visita. Se non viene nessuno, non entra niente e ci sono soltanto uscite. Dobbiamo ringraziare i creditori i quali sono costretti a esercitare con noi tanta pazienza, almeno quelli che possono aspettare, non quelli dei servizi pubblici. Del resto, è una situazione che è comune a tante famiglie in questi ultimi anni. Ma stiamo sopravvivendo e la buona stagione ci porterà un po’ di sollievo. Pare quasi sciupata la nostra esistenza e forse molti altri ci giudicheranno allo stesso modo. Non abbiamo attività redditizie o che suscitino l’attenzione del pubblico, eppure siamo convinti che il buon Dio ci veda con occhi distinti e accolga la nostra vita ritirata come un omaggio a lui gradito. Sentiamo che questo è vero soltanto ad una condizione: che le nostre giornate siano piene di atti di amore. Se siamo venuti qui è per stare più intimamente con Lui e per amarlo di più senza essere assorbiti da tante occupazioni esterne. Lo stile della nostra vita ci accomuna alle tante famiglie contemplative sparse nella Chiesa in tutte le latitudini, anche se non possiamo paragonarci a loro. Comprendo che il nostro servizio all’umanità è costituito dall’apportare amore: amore per Dio e amore per tutti, fratelli e sorelle. Anche l’eremo come ogni monastero vuole diventare il luogo dove risuona più forte l’eco dei bisogni dell’umanità, 3


specie di quella più povera e sofferente. Mentre scrivo queste parole sento tutto il peso della nostra miseria e l’inadeguatezza della nostra risposta personale e comunitaria. Siamo tanto lontani dall’essere quello che dovremmo essere, anche se la gente ci giudica con molta e oserei dire con troppa benevolenza che noi non meritiamo. Abbiamo anche noi tanto bisogno di convertirci in continuazione per rendere una testimonianza più autentica e trasparente. Amore, preghiera, laboriosità, raccoglimento, sono le note più essenziali che devono caratterizzare la nostra vita ed è questo l’impegno più importante. Ma ahimè, quanto ne siamo distanti! E come si fa a non sentire tanta pena per le disgrazie della Chiesa nei suoi rappresentanti più qualificati, il clero e la vita religiosa. Quanta gente, troppa gente si allontana dalla Chiesa e purtroppo anche da Cristo, per gli scandali, i maltrattamenti, la sfiducia verso coloro che sono ministri del Signore e hanno il dovere di portare i fedeli a Lui. Povera Chiesa, povero Cristo! Quanta fatica, quanti dispiaceri rechiamo loro con le nostre miserie. Invece di scrivere, vien voglia di fare silenzio. Vorremmo che potesse parlare la nostra vita. Dio ci aiuti. Ma non è tutto male perché nel Popolo di Dio, nel quale siamo tutti inseriti, c’è anche tanto bene, tanto eroismo nascosto, tanto amore che riparano il peso del male. Dio avrà certamente ancora pietà della sua Chiesa e la purificherà dalle sue sozzure perché diventi il faro che illumina, la casa che accoglie chi cerca il Signore. È questo l’intimo desiderio di tutti. Quanti si domandano perché Egli non interviene… Ma come si può pretendere di suggerire a Dio come deve comportarsi? Egli non può abbandonarla perché è la sua Sposa! Beati coloro che continuano a FIDARSI di DIO. La Madonna che ci è sempre Mamma ci protegga, ci aiuti a non perdere la fede e la fiducia e ci conforti tutti. 4

Vi saluto con tanto affetto Fra Luigi


DALLE LETTERE DI FRATE AVE MARIA Piccola Opera della Divina Provvidenza ( Don Luigi Orione) Eremo Santuario della Madonna delle Grazie Monte Soratte Sant’Oreste ( Roma).

Giovedì 23 Luglio 1953.

Anime! Anime! Ad Jesum per Mariam!

ttima Signorina Elvira, la grazia e la pace e la miseO ricordia del benedetto Iddio e

Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo e le materne benedizioni di Maria SS. Immacolata e Madre di Gesù e pietosissima nostra madre siano sempre con noi! Vi mando questa immagine reliquia del gran servo d’Iddio don Luigi Orione esortandovi a domandare alla S.S. Trinità tutte le grazie che santamente desiderate con la preghiera che troverete a tergo della immagine benedetta. Coraggio anima buona, continuate a cercare e trovare nella

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frequenza dei S. Sacramenti di Penitenza e dell’Eucaristia la vostra pace e la vostra serenità, ogni vostro conforto, ogni vostra consolazione. Quando la nostra anima è amica di Gesù, quando alberghiamo Gesù nel nostro cuore, allora si corre velocemente verso le vere gioie; allora le presenti tristezze diventano grandemente meritorie agli occhi di Gesù, e perciò le esperimentiamo permeate di celesti dolcezze, allora il pensiero che il soffrire con Gesù e per amore di Gesù giova a nobilitarci ed a renderci doviziosi di beni veri ed eterni, fa sì che le nostre temporanee amarezze si cambino in soavissima speranza di dolcezze celesti, di dolcezze vere e senza fine. Coraggio sorella buona, umilmente prostrati ai piedi di Ge-

sù, ai piedi di Maria, preghiamoli per tutti, supplichiamoli a volere dispensare largamente a tutti le loro grazie, le loro benedizioni, scongiuriamoli a volere avere pietà di tutti, di tutti, di tutti, ed anche di noi poveretti, perché davanti a Gesù, davanti a Maria siamo tutti poveretti. La cara Madonna della Guardia di Pontenizza, davanti alla quale mi è dolce il ricordare di avere pregato ed ascoltato la santa Messa e ricevuto Gesù Ostia Divina, vi benedica e vi conceda ogni vero bene. Vi guardi sempre da ogni vero male, vi muti in durevole e vera dolcezza ogni vostra amarezza. In Gesù Crocifisso e in Maria Addolorata vi saluto ossequiosamente e sono il vostro obbligatissimo Frate Ave Maria, eremita dei Figli della Divina Provvidenza, ultimo ed indegno ma pur sempre lieto perché per grazia di Maria SS. In Gesù benedetto trovai l’unico bene, l’inesauribile sorgente di ogni vero conforto. Sia lodato Gesù Cristo, nostro Dio e nostro Re Crocifisso! In nomine tuo vidimus lucem! Ave, Maria!

• L’immaginetta con la Reliquia di Frate Ave Maria Il riconoscimento della santità di Frate Ave Maria da parte delle autorità, è in attesa… di un miracolo riconosciuto tale dalla Chiesa. Abbiamo preparato alcune immaginette con la Reliquia, ritagliata dai suoi indumenti. L’immaginetta viene data soltanto a chi ne fa espressa richiesta, specialmente per qualche ammalato. Possiamo anche spedirla per posta. Bisogna pregarlo di più Frate Ave Maria, con più fede e con insistenza, perché continui a intercedere per i suoi devoti, ora che è con il Signore in Cielo, come durante la vita era solito pregare tanto per coloro che si raccomandavano a lui. Bisogna farlo lavorare di più, ora che ha tanto tempo a disposizione!

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Ci è sembrato interessante riproporre un articolo pubblicato nel Richiamo del 1996, poco conosciuto e tanto interessante per conoscere la luce misteriosa che illuminava il cuore di Frate Ave Maria


FRATE AVE MARIA, ANGELA VOLPINI E PIER PAOLO PASOLINI rrivammo al piccolo valico che immette sulla strada A per l’eremo e si udì una voce in

lontananza. Pareva che venisse da un altro mondo… Pier Paolo Pasolini, che mi camminava accanto, si fece più vicino, mi prese sottobraccio. Avvertii in lui un fremito di paura e di sorpresa. Doveva essere una visita in incognito. Pasolini era incuriosito dai racconti che gli facevo del mio amico eremita cieco e venne a conoscerlo proprio perché cieco, sicuro di non essere riconosciuto, pensava di avere tutta la libertà di discutere cose che gli stavano a cuore, ma non trovava la sufficiente libertà per parlarne con un altro uomo. Questo personaggio cieco forse poteva consentirgli di parlare a cuore aperto come era nel suo desiderio. Lo sorprese di sentire chiamare il mio nome a distanza, lo intimorì, lo indispettì un poco. Infatti mi aveva chiesto di mantenere l’anonimato. Quando gli dissi che non avevo avvertito nessuno del nostro arrivo, ma

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che Frate Ave Maria sempre mi sentiva e chiamava, fu sul punto di tornare indietro. Non fu facile proseguire il cammino fino all’eremo. Frate Ave Maria ci aspettava in chiesa, dietro l’altare. Dopo qualche minuto di silenzio, mentre Pasolini ammirava gli affreschi e la struttura della chiesa, Frate Ave Maria da dietro l’altare disse: “Benvenuti pellegrini della speranza! Chi mi hai portato oggi Angela?” Io risposi: - Frate Ave Maria, ho portato un amico molto speciale, che da molto tempo desidera conoscerti. È affascinato dai racconti che gli faccio della nostra amicizia e dei nostri dialoghi”. Pasolini attraversò tutta la chiesa, andò dietro l’altare e si presentò. Frate Ave Maria gli disse di prendere una sedia e di mettersi accanto a lui. Poi sentii che chiedeva come mai un grande artista, un personaggio così famoso era interessato a conoscere un povero cieco come lui, che non sapeva dire che “Gesù, Maria, vi amo, salvate le anime!”

Frate Ave Maria continuò, con mio grande stupore, dicendo: “Io sono morto al mondo, vivo solo nella gioia del mio Signore. Soffro solo perché il mondo non conosce la gioia del mio Signore e io non so cosa fare per rivelargliela. L’Angela invece ha trovato la strada per far innamorare di Dio e della Madonna la gente. Questa piccola ragazza ha il dono di parlare di Dio e della Madonna con tale naturalezza da far affascinare tutti. È successo così anche a lei?” Pasolini cominciò a rispondere e io mi alzai e uscii. Mi pareva indiscreto ascoltare quello che dicevano. Andai per i boschi a raccogliere primule e viole e poi li aspettai in giardino sotto il portico, dove ero solita sostare con Frate Ave Maria. Mi fecero aspettare un paio d’ore. Finalmente il respiro affannoso del frate mi annunciava che il colloquio era finito. Stavano scendendo la scaletta che dalla chiesa va al piccolo chiostro e Pasolini tentava di aiutarlo, ma Frate Ave Maria lo fermò dicendogli: ”Queste pietre sono amiche mie, le calpesto tante volte al giorno per andare dal

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mio Gesù, non ho niente da temere da esse”. E rise come sapeva ridere lui divertito dalle sue stesse battute. Fra Ave Maria si ritirò in camera ed io continuai a mostrare tutti gli angoli più nascosti ed artistici a Pier Paolo, il quale non finiva di esclamare: “Che luogo, che uomo!”. Mi disse che il colloquio con Frate Ave Maria era stato straordinario, perché pur con linguaggio rarefatto e religioso, aveva avuto tutta l’attenzione per lui, uomo di mondo, artista, e solo vagamente credente in un Dio lontano o nei desideri più buoni. Non lo sapeva neanche lui. Proseguì: “Sai che non si è stupito del mio scetticismo e mi ha detto che il «suo Gesù» amava più i lontani che i vicini, che Gesù non si scandalizzava di niente e che non era certo bigotto e che solo Lui conosce davvero il cuore umano ed è misericordia e amore per tutti. Sai, mi sono sentito valorizzato ed ho capito fino in fondo come tra i cristiani veri ci sia libertà, originalità e creatività. Di fronte a lui io, artista, non mi sono sentito come succede sempre nei luoghi seri e importanti,


un po’ fuori contesto… Anche il frate è un originale come me; un creativo… ha inventato la sua vita strana per il buon senso comune, ma lui la rende vera e affascinante. Anche lui è un figlio d’arte, riesce a far apparire bella e straordinaria una vita che, analizzata razionalmente, è la morte civile e la follia. Ho capito una grande cosa: questi uomini testimoniano una forte identità che è la strada attraverso cui sviluppano la creatività comunicativa, sia con il divino, sia con l’umano, come dice il frate e come ho potuto sperimentare io. Adesso ho capito perché ogni tanto sparisci e vieni fin quassù, da questo straordinario amico. Piacerebbe anche a me avere questa opportunità”. Mi intrattenni con Pier Paolo ad illustrare il miracolo di sant’Alberto che, come a Cana di Galilea, trasformò l’acqua in vino. Cercai di illustrargli la simbologia di questo evento, che è sempre segno di trasformazione dall’umano al divino e di gioia e abbondanza. Andammo nel bosco per consumare una piccola colazione al sacco. e tutti e due restammo assorti a pensare sulla straordina-

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ria figura di frate Ave Maria. Non avevamo tanta voglia di parlare. Lo straordinario è anche misterioso, ha bisogno di tempo per essere decifrato fino in fondo. A metà pomeriggio dovevamo scendere. Invitai Pasolini a venire con me a salutare il frate, ma lui mi disse che già lo aveva fatto; preferiva stare qualche momento da solo, mentre lo facevo io. Andai alla camera-studio di Frate Ave Maria per ringraziarlo e congedarmi, ma lui mi trattenne a parlare. Mi fece un discorso che lì per lì non capii. Solo più tardi compresi il perché. Mi disse: “Vedi Angela, tu non temi niente, né i pericoli dell’anima, né del corpo, né le critiche, né le imprudenze, tu vivi nel mondo, ma fuori dal mondo, come io vivo fuori dal mondo, ma nel mondo. C’è un processo al rovescio tra me e te. Dal mio eremo io cerco di vedere, capire e amare il mondo come lo ama Gesù. Tu dal mondo vivi come fossi nell’altro mondo. Il tuo accogliere ogni creatura come soggetto dell’amore di Dio fa sentire agli esseri umani la nostalgia del Padre. È quello

regno di Dio. Continua la tua santa imprudenza, perché è la bella innocenza”. Quel giorno Frate Ave Maria era particolarmente affettuoso e discorsivo. Mi disse ancora: “Come sarà difficile far capire il tuo spirito, la tua visione. Non cambiare Angela, accogli sempre tutti quelli che hanno bisogno di conoscere l’amore di Gesù attraverso il nostro misero amore. Non stupirti o scandalizzarti di nulla perché vedi, Gesù non si è scandalizzato mai e anche di Lui avevano da ridire, non solo i Farisei ma anche i suoi amici.

che mi ha detto il tuo amico, è quello che mi dicono sempre i tuoi amici, poi vengono qui da me perché io gli parli di questo Padre. Mi metti in un bel problema! Alcuni che dicono di volerti molto bene, mi dicono di dirti di essere prudente, ma io come faccio a dirtelo se tu sei innocente? Quando tu vieni da me, ho sempre la sensazione di essere arrivato al regno di Dio, ma a quanto pare anche i tuoi amici, quando stanno accanto a te, non si raccapezzano più, anche se per loro è difficile nominare il

L’Eremo di Sant’Alberto al sorgere del sole.

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L’amico che mi hai portato oggi, so che ti farà soffrire, ma restagli amica sempre, perché lui ha bisogno di vedere tanta fede, tanto amore, tanta innocenza, per far uscire dal suo cuore il suo grido di amore, oltre che di denuncia. È un uomo buono; del resto come si fa ad essere cattivi se si è tempio di Dio?” Frate Ave Maria mi intrattenne così a lungo che Pasolini dovette chiamarmi, perché ormai si faceva tardi. Frate Ave Maria mi accompagnò alla porta e quasi gridò: “Signore, signore!” - Pasolini si voltò, e lui: “Voglio dirle che qui c’è un altro amico, un amico che sa solo pregare, ma pregherà tanto perché lei faccia cose bellissime”. Scendemmo con il cuore gonfio di commozione e con pochissima voglia di parlare. Ci lasciammo a Varzi. Io proseguii in taxi verso Casanova e Pasolini, con la sua macchina, verso Milano. Sapevo che bisognava lasciare al tempo il compito di far decantare le emozioni e le impressioni. Poi si sarebbe tornati a valutare quella esperienza. E così fu.

Frate Ave Maria e Sant’Alberto furono spesso oggetto dei nostri discorsi, il luogo e l’amico divennero il rifugio della speranza. Era la primavera del 1963. ANGELA VOLPINI

Nota: Quando Angela comunicò a Pasolini la notizia della morte di Frate Ave Maria, avvenuta il 21 gennaio 1964, questi le inviò una lettera, insieme al suo ultimo libro “Poesia in forma di rosa” (Garzanti, Milano 1964). In diverse pagine del libro, l’autore accenna al suo dramma esistenziale.

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Ho chiesto ad Angela se ritiene che lo scrittore abbia parlato a Frate Ave Maria del “suo” problema o ne sia stato trattenuto dalla semplicità e innocenza del frate. Non ne è certa, perché il colloquio fu riservato, ma ritiene di sì. Del resto, era venuto da lei proprio per chiedere aiuto, per avere la forza di uscire dalle contraddizioni in cui si dibatteva la sua vita, contesa tra le sublimi altezze dell’arte e la “degradante diversità” - che lo spingeva a frequentare le suburre. Proprio nel 1964 Pasolini girerà “Il Vangelo secondo Matteo”

toria, ma c’era in lui il desiderio - e più che un desiderio, dopo l’incontro con Angela e con Frate Ave Maria - di vincere “la sua follia sfrenata“ (p.49). V’è una sola sapienza e una sola stoltezza! Sapienti sono solamente coloro che vogliono farsi santi! Stolti sono tutti quelli che trascurano l’affare della loro santificazione; stolto sarà pure chiunque, volendosi far santo, cercherà la santità lontano dalla croce”.

una sua presentazione di Gesù che entrerà nella storia del cinema a soggetto religioso. Lo scrittore regista mori di morte violenta nel 1975, a 53 anni d’età, finito da uno di quei “ragazzi di vita”, preso con lui nella spirale di corruzione/ricatto di cui era fatto il lato tenebroso della sua esistenza. Pasolini stesso aveva scritto di essere “sotto la sfera di una brutta morte. La carne vuole sangue“ (p. 192). La sua fine dimostra che non era ancora riuscito a riportare vit-

(Frate Ave Maria - Lettere dall’Eremo, ed. Piemme 1996, p. 92)

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CHI SONO I SANTI AFFRESCATI NELLA NOSTRA ABBAZIA?

roseguendo la narrazione dei santi che incontriamo P lungo le pareti della piccola ma

caratteristica cappella di S. Antonio affreschi tutti datati 1484 incontriamo un’elegante san Giorgio a cavallo in atto di trafiggere il drago con una lancia. Indossa un’armatura bianca da cavaliere, nella mano sinistra tiene un grande scudo crociato. Se di S. Giorgio possedessimo solo gli Atti del martirio e più esattamente la sua Passione( considerata apocrifa già dal decreto Gelasiano del secolo VI), potremmo perfino dubitare della sua esistenza storica. Tuttavia non si può cancellare con un tratto di penna una tradizione così universale: la Chiesa d’Oriente lo chiama “ il grande martire” e ogni calendario cristiano l’ha incluso nell’elenco dei santi. S. Giorgio, oltre ad avere dato il nome a città e a paesi, è stato proclamato patrono di città come Genova, di intere regioni spagnole, del Portogallo, della Lituania e dell’Inghilterra, con la solenne conferma, per quest’ultima, di papa Benedetto XIV.

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Questo culto straordinario ha origini molto antiche giacchè il suo sepolcro a Lidda, in Palestina, dove il martire venne decapitato all’inizio del IV secolo, era meta di pellegrini già all’epoca delle crociate, quando il sultano Saladino vi fece abbattere la chiesa eretta in suo onore. L’immagine a tutti nota, del coraggioso cavaliere che lotta contro il drago, diffusasi verso la fine del medioevo, trae origini dalla leggenda creatasi attorno a questo martire e riferita in vari modi dalle molte Passioni. Narra tale leggenda che un orribile drago uscisse di tanto in tanto dal fondo di un lago e si appressasse alle mura della città recandovi la morte col suo pestifero alito. Per tenere lontano tanto flagello, le popolazioni del luogo offrivano al mostro giovani vittime, estratte a sorte. Un giorno toccò alla figlia del re offrirsi in pasto al drago. Il monarca, che nulla potè fare per evitare questa orribile sorte alla tenera figliola, l’accompagnò in lacrime alle rive del lago. La principessa pareva irrimediabil-

e fossero battezzati. Anche la gloriosa fine di questo martire ha lo stesso sapore di leggenda. Condannato a morte per aver rinnegato gli dei dell’impero, i carnefici sperimentarono sul suo corpo i più atroci tormenti. Pareva fatto di ferro. Di fronte al suo invitto coraggio e alla sua fede si convertì la stessa moglie dell’imperatore. Infine anche S. Giorgio piegò la testa sulla colonna e una spada tagliente pose fine alla sua ancor giovane vita. ( Notizie tratte da “Il Santo del giorno” di M. Sgarbossa e L. Giovannini ed. Paoline1978)

mente votata all’atroce fine, quando in suo aiuto accorse un coraggioso cavaliere proveniente dalla Cappadocia, Giorgio appunto. Il prode guerriero sguainò la sua spada e ridusse il terrificante drago come un mite agnellino, che la giovanetta portò a guinzaglio dentro le mura della città, ormai inoffensivo, tra lo stupore di tutti gli abitanti che si serravano in casa spaventati. Il misterioso cavaliere li rassicurò, gridando loro di essere venuto a vincere il drago in nome di Cristo, perché si convertissero

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STORIA LEGGENDARIA DI SANT’EUSTACHIO Nella parete laterale della chiesa di S. Antonio, sopra la raffigurazione di San Giorgio che combatte il drago, è dipinta una scena di caccia. Rappresenta la storia di Sant’Eustachio, molto venerato nei secoli passati, protettore dei cacciatori. l suo nome originario era Placido. Era un ricco e valoroso Igenerale dell’imperatore Traia-

no. Un uomo buono per natura che aiutava molto chi avesse bisogno di lui. Un giorno di caccia nei pressi di Roma inseguì un cervo di straordinaria bellezza e grandezza. Giunto in cima a una roccia il cervo si voltò e fissò l’inseguitore. Aveva tra le corna una croce luminosa e vi apparve sopra la figura di Cristo. Si rivolse a lui chiamandolo per nome: Placido, perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza conoscermi. Riavutosi dallo stupore fu invitato a farsi battezzare insieme ai suoi familiari. Egli prese il nome di Eustachio, la moglie Teopista (che significa credente in Dio) e i figli: Teopisto e Agapio. Ritornato sulla montagna udì la voce misteriosa preannunciargli

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che avrebbe sofferto dure prove che avrebbero accresciuto la sua pazienza. Infatti poco dopo, la peste gli rapì i servi e il bestiame, e i ladroni lo spogliarono dei suoi averi. Eustachio decise allora di emigrare in Egitto con la famiglia. Nel viaggio, non avendo più soldi per pagare la traversata del Mediterraneo, gli fu tolta la moglie di cui si era invaghito il capitano della nave. Arrivato a terra proseguì il viaggio, ma un leone e un lupo gli portarono via i figlioletti. Questi però vennero salvati dagli abitanti del villaggio e crebbero presso distinte famiglie, senza più incontrarsi. Rimasto solo, Eustachio poté sopravvivere facendo il guardiano ai raccolti degli abitanti di un villaggio. Parecchi anni dopo, i barbari invasero i territori dell’Egitto e allora l’imperatore Traiano si ricordò di Placido e

Sant’Eustachio insegue un cervo di straordinaria bellezza.

lo fece ricercare. Due commilitoni lo trovarono e lo condussero a Roma. Messo a capo delle legioni, fece reclutare un gran numero di soldati, tra cui i suoi due figli, ignari l’uno dell’altro. Questi, per la loro bravura incontrarono la benevolenza del generale che li volle presso di sé, senza riconoscerli. Durante una spedizione chiesero ospita-

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lità presso una povera donna che viveva in una capanna. Dal racconto delle loro vicende ella riconobbe i suoi due figli ma non si fece riconoscere. Il giorno dopo i due fratelli la presentarono al generale per permetterle di tornare a Roma che era la sua patria. Lei riconobbe il suo marito e manifestò di essere la loro madre Teopista, rimasta libera e


sola dopo la morte del capitano che l’aveva rapita. Dopo tanti anni la famiglia si era ricomposta. Con le nuove truppe Placido sconfisse i barbari e riconquistò il territorio. Richiamato a Roma dal nuovo imperatore Adriano per celebrare il trionfo e la vittoria, Placido vi andò con la famiglia. Qualche giorno dopo fu invitato al tempio di Apollo per ringraziare per la vittoria sui barbari, e fu allora che Eustachio si dichiarò cristiano e rifiutò di sacrificare agli dei. Per questo motivo fu condannato a morte nel Circo, insieme alla famiglia, ma le belve rifiutarono di toccarli. Per questa ragione furono introdotti in un bue di bronzo infuocato e vi morirono tutti, come martiri di Cristo. I loro corpi furono sepolti dai cristiani nel cimitero. Dopo la pace del 313 l’imperatore Costantino fece costruire sul loro sepolcro un oratorio. La loro memoria era celebrata il 1° novembre. Questa leggenda ebbe nel Medio Evo straordinario successo. Ci è pervenuta in diverse versioni: greca, latina, siriaca, armena, copta…; e in tempi più

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moderni: in italiano, slavo, francese, spagnolo, tedesco, inglese. Tutte le versioni hanno un fondo comune ma differiscono nei particolari. I primi documenti risalgono all’8° secolo. Negli scritti di papa Gregorio II (715-731) si parla del culto in onore del santo nella basilica beati Eustacii e poco più tardi, nel Liber Pontificalis, nella biografia dei papi Leone III e Gregorio IV. La basilica sorgeva presso il tempio di Agrippa, tra le rovine delle Terme di Nerone e di Alessandro Severo. Celestino III la fece ricostruire e consacrò l’altare il 12 maggio 1196 sull’urna che raccoglieva i resti dei martiri: Eustachio, Teopista, Teopisto e Agapio. La data della celebrazione della loro memoria subì vari spostamenti e si estese a tutta Europa, finché appare nel Martirologio Romano fissata al 20 settembre. Sant’Eustachio è riconosciuto protettore dei cacciatori e dei guardiacaccia. Questo spiega il perché nel 1484 la devozione di questo santo era tanto diffusa nella devozione popolare e appare anche negli affreschi dell’Eremo di Sant’Alberto di Butrio.

DALLO SPIRITO E NORME DEGLI EREMITI DELLA DIVINA PROVVIDENZA Capitolo VII

IL LAVORO DELL’EREMITA UNA ESISTENZA OPEROSA "Non di sola contemplazione pasceranno la vita. No! La loro sarà pure un’esistenza operosa. Voi o miei figli e fratelli in Gesù Cristo, dovete vivere ritirati dal mondo, occupati solo e tutti in Dio, nella preghiera e nel lavoro manuale e nella penitenza, facendo del lavoro un mezzo di santificazione e di penitenza, secondo il vero spirito di Gesù Cristo e della Chiesa, Madre nostra. ( scritti di Don Orione). Il lavoro per l’eremita è espressione carismatica della vocazione orionina. E’ una costante che accompagna quasi ogni scritto del Fondatore sulla vita dell’eremo. Il lavoro è mezzo indispensabile per il proprio sostentamento e per la sussistenza della comunità

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L’eremita vuole condividere la vita dei poveri che si guadagnano il pane con il sudore della propria fronte e intende praticare il consiglio di san Paolo: “ Vi esortiamo a lavorare con le vostre mani, al fine di condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e di non aver bisogno di nulla”. San Benedetto nella sua regola lasciò scritto: “ Allora i fratelli saranno davvero monaci, quando, ad esempio degli Apostoli e dei nostri Padri, anch’essi vivano del lavoro delle loro mani,.” Lavoreranno onestamente con le proprie mani, per farne parte a chi si trova in necessità, in queste parole dell’Apostolo, gli eremiti trovano uno sbocco alla loro carità e in invito alla solidarietà per aiutare i più poveri, gli orfani e le vocazioni secondo il desiderio di Don Orione. Se ciò non è attuale diretta-


per la sopravvivenza. I religiosi dovrebbero farlo per scelta di vita, per esigenza di condivisione, per amore a Cristo e ai fratelli.

mente, per il ridotto numero dei membri, rimane almeno come un ideale che si traduce in gesti concreti di risparmio e di sobrietà, rinunziando al superfluo e riducendo persino i propri bisogni, con serenità e moderazione. IL LAVORO, SINONIMO DI VERA POVERTÀ. Il lavoro non è solo il modo onesto per guadagnarsi il pane: ha per noi altre ragioni più profonde. E’ la grande espiazione e penitenza che Dio ha imposto a tutta l’umanità per il peccato. E’ rimedio contro l’ozio, e i suoi pericoli, scuote l’inerzia, frena la concupiscenza delle passioni. Il lavoro è fattore di equilibrio fisico, favorisce l’equilibrio morale; educa, attraverso le difficoltà, al senso realistico della vita ed è perciò un correttivo delle illusioni tanto facili nella vita spirituale e claustrale. Il lavoro è sinonimo di vera povertà. Avvicina efficacemente al mondo degli umili e dei poveri, permettendo di sperimentare nella propria persona la fatica, compagna inseparabile della loro esistenza. Essi lo fanno per necessità e

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VALORE REDENTIVO DEL LAVORO. L’eremita ama l’umile lavoro manuale anche per un’altra ragione, che diventa poi la principale: perché è stato praticato dal Figlio di Dio per quasi tutta la sua vita terrena. “ Lavoriamo perché ce lo ha comandato Dio, e Gesù Cristo ce ne ha dato l’esempio, e pensiamo che tutti i santi sono tutti grandi lavoratori, operai di Dio e noi dobbiamo essere no solo gli operai, ma i facchini di Dio e della carità”! (don Orione). Gesù, il Riparatore e il Redentore, ha voluto subire nella sua carne la legge di espiazione del lavoro, conseguenza del peccato di Adamo onde conferirgli un valore redentivo, sublimando ciò che fino ad allora aveva solo un valore espiatorio. Perciò l’eremita lavora in unione con Gesù lavoratore, unisce il suo sudore e le sue fatiche a quelle di Lui, per condividerne anche il valore soprannaturale. “ Vi esorto fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vo-

di che mangiare, con le proprie mani, per non diventare signori, per non falsare lo spirito del Vangelo, lo spirito del Signore. Lavorare al modo degli Apostoli, sul loro esempio! Essi non volevano pesare sui fedeli! E allora si capisce come fosse efficace, oltre che con l’aiuto di Dio, la loro evangelizzazione, la loro parola!”.

stri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rm 12,1). In questo modo il lavoro diventa un atto di religione, come un omaggio che l’eremita rende a Dio con il suo corpo, consacrandogli anche le sue forze fisiche. La fatica diviene un’immolazione del proprio corpo in sacrificio a Dio e come il quotidiano contributo di sofferenza, per la redenzione del mondo e per la propria santificazione. TORNIAMO AL LAVORO “Bisognerà che noi si ritorni al lavoro, alla fatica, se vogliamo che la Congregazione viva e prosperi. Ritorniamo agli Apostoli che lavoravano, guadagnandosi il vitto, ed avevano il mondo da evangelizzare. Ritorniamo anche noi al lavoro, e proprio al lavoro manuale che, se disciplina le passioni del corpo, disciplina pure le male tendenze dello spirito. Ritorniamo al lavoro, guadagnandoci il pane col nostro sudore. La nostra Congregazione dovrà orientarsi in questo senso. Ciascuno di noi dovrà lavorare e guadagnarsi il pane e

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MEZZO EFFICACE DI SOSTENTAMENTO “Noi non abbiamo vissuto oziosamente fra voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi. Quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore, di mangiare il proprio pane lavorando in pace”. Il lavoro deve essere affrontato anche con criteri realistici di rendimento economico, di utilità e finalità precise, per garantirne la serietà e perché possa


servire efficacemente, almeno in parte, al sostentamento della comunità. Non può quindi essere ridotto a una diversione da gestire in maniera personale e autonoma, o a un modo per intrattenersi al fin di evitare l’ozio. È impensabile, pertanto, che esso possa essere lasciato alla sola iniziativa individuale. Anzi, è compito particolare del superiore o del priore scegliere, coordinare, decidere quali lavori vanno realizzati nell’eremo e assegnare a ciascuno la propria attività, in modo organico e razionale, in una programmazione e revisione periodica che si ricollega al progetto comunitario e coinvolge tutti i membri della comunità. D’altra parte, è giusto che anche l’orario della giornata rifletta l’importanza spirituale e materiale che il lavoro ha nella vita degli eremiti e favorisca l’efficacia degli interventi e gli stessi risultati del lavoro. Sia evitato perciò, l’eccessivo frazionamento dell’orario che non permette certamente di raggiungere una resa adeguata. SCELTA DI VITA L’abbondanza dei beni che l’eremo può ricevere (per le dona-

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zioni, per il lavoro pastorale, per le pensioni dei confratelli, ecc.) o il poter contare sull’appoggio economico e incondizionato della Congregazione, non deve far dimenticare la scelta di voler vivere del proprio lavoro e pertanto è necessario mettere in risalto la concretezza dell’impegno di ogni membro della comunità, nel realizzare con sollecitudine i lavori programmati. È indispensabile creare la mentalità che il lavoro, perché lo si sceglie come mezzo efficace di sostentamento, ha le sue esigenze e i suoi ritmi non facilmente governabili; ha le sue scadenze che possono anche oltrepassare i limiti, a volte stretti, di un tempo accuratamente fissato dall’orario. L’approccio al lavoro è naturalmente e psicologicamente diverso quando lo si fa per un motivo di ascesi spirituale e quando, invece, per un bisogno vitale di sussistenza. Ma, come si può sognare di avvicinarsi davvero alla vita dei poveri, se non, accettando previamente e con serenità di spirito anche alcuni condizionamenti e soprattutto, sapendo adattarsi alle circostanze e agli imprevisti?

Fra Luigi pota gli ulivi.

Fra Sereno e Fra Arturo lavorano il miele.

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IN FEDELTA’ ALLO SPIRITO Sorgano e si moltiplichino gli eremiti della Divina Provvidenza, perfezionino le anime, e ridonino col lavoro, la perduta fecondità della terra! Tra le preghiere e le astinenze facciano le legna dei boschi per le case dell’Opera, facciano il carbone, vi sia chi meni le bovine e gli agnelli al pascolo, e provveda di lana e di latte gli istituti nostri”. “Il più forte sosterrà il più debole e tutti insieme aiuteranno anche materialmente i fratelli. La loro vita sarà un continuo lavorare e pregare”. È evidente che l’idea originaria di Don Orione sul lavoro degli eremiti non è più attuabile letteralmente, per il mutamento della società e per la scarsità dei membri. Ma lo spirito deve essere ancora quello. Gli eremiti lavoreranno, perché appartiene al loro carisma di fondazione, per scelta di austerità, per contribuire, secondo le loro possibilità, al proprio sostentamento e per aiutare quelle comunità o persone che si trovano nel bisogno. Questa particolarità del loro spirito è il valore che va conservato, al di sopra delle mutate circostanze attuali.

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NELLA VITA QUOTIDIANA Gli eremiti dedicheranno ogni giorno circa sei ore al lavoro che, di solito, è lavoro manuale. “Gli eremiti ciechi dovranno fuggire l’ozio e fare alcuni lavori“ adatti alla loro condizione. Gli eremiti provvederanno da sé alla pulizia e al mantenimento della casa e degli ambienti circostanti. L’immagine dell’eremo dipende dal loro solerte lavoro e dalle loro cure. Ognuno vi contribuisca efficacemente secondo le proprie capacità. Le occupazioni a cui più facilmente gli eremiti potranno dedicarsi sono: il lavoro agricolo, la cura e la pulizia del parco o del bosco che dipendono dall’eremo, l’allevamento di bestiame produttivo, l’avicoltura, l’apicoltura, la rilegatura di libri, l’artigianato e altre occupazioni più redditizie, indicate dalle circostanze e da un attento discernimento. Essendo l’eremo abitualmente lontano e isolato, non è pensabile, né facile il ricorso frequente ai tecnici della città, per qualsiasi riparazione e i loro stessi interventi non sono immediati, anche a motivo della distanza. Quando ciò è possibile,

si faccia in modo di trovare in casa la soluzione, acquisendo quel tanto di esperienza nei lavori più correnti del settore sanitario, idraulico ed elettrico, che renda i religiosi idonei a intervenire con competenza, anche mediante la partecipazione a corsi specializzati di manutenzione di impianti, fino ad ottenere il relativo diploma di abilitazione, se ciò fosse necessario. Se tutto questo può essere motivo di disagio a causa della frequenza ai corsi, è, tuttavia, indice di una intelligente programmazione a lungo termine che favorisce l’efficacia degli interventi e dà garanzia e sicurezza all’eremo stesso. Prestino la loro collaborazione ad attività varie per il servizio della Chiesa e della Congregazione utilizzando anche i mezzi della tecnica moderna (stampa, mass media, computer ecc.), ricopiando testi o lettere dei nostri santi di famiglia, ecc. Come è stato indicato, tutti i lavori saranno periodicamente determinati e coordinati dal superiore il quale terrà conto delle capacità di ciascuno. Altri lavori, espressioni di inclinazione personale o di intrattenimento, possono essere com-

piuti nel tempo libero. Il discernimento comunitario aiuterà a selezionare i lavori di utilità comune da altri, realizzati a scopo di svago o di interesse personale.

Fra Evaristo e Fra Alejandro.

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Fra Sereno imbianchino.


Aiutami a conservare unita la mia famiglia, nell’amore, salute serenità e tanta fede. Grazie.

✐ Aiutami a piegare il mio orgoglio, apri gli occhi del mio cuore, io non ci riesco più….

✐ Solo quando c’è il silenzio, puoi ascoltare te stesso senza aver paura… grazie per questo luogo…

✐ Caro frate Ave Maria, sono una povera anima che non trova pace. Aiutami a trovare chi può consolarmi e darmi un pò di gioia. Grazie. ✐ Frate Ave Maria,

Dai bigliettini deposti nella camera o sulla tomba di Frate Ave Maria....

✐ Sino ad oggi non ti conoscevo, Frate Ave Maria, adesso ho vi-

sto, ho letto, mi hai toccato il cuore! Non voglio chiederti tanto, ho 27 anni, ti chiedo di proteggere e di far star bene la mia famiglia, che è lontana da me…. E di aiutarmi ad essere felice. Grazie!

fai una grazia a mia mamma che deva avere un trapianto di rene, già una me l’hai fatta, di tenere unita la mia famiglia. Grazie..

✐ Grazie frate Ave Maria per avermi dato una stupenda famiglia, dei fratelli fantastici, e per avermi fatto conoscere degli amici simpaticissimi….

✐ Caro frate Ave Maria, eccomi ancora nel tuo eremo. La pace e la serenità che infonde questo luogo mi accompagni sempre ogni giorno della mia vita. Grazie di tutto…

✐ Dopo questa giornata, passata nel tuo eremo in ritiro, mi senti di dirti grazie. La pace, unita alla preghiera, che qui trasudano da ogni sasso, mi hanno ristorato e rinfrancato per il cammino che mi attende. Frate Ave Maria, prega per me e aiutami nel mio servizio.

✐ Caro frate Ave Maria, sono contenta di venire oggi da te per la festa di S. Alberto. Sono venuta a ringraziarti per l’ultima volta che sono andata a fare la visita oculistica. Ho riacquistato un po’ di vista per il mio occhio malato. Grazie.

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✐ Frate Ave Maria, ti chiedo una grazie se puoi farmela. E’ un anno che mio fratello sta soffrendo per un tumore al polmone. Ti prego dal cielo aiutalo tu a non soffrire grazie.

✐ Caro frate Ave Maria, grazie per la tua benevolenza per tutti i fratelli, proteggimi dai pericoli e proteggi la mia mamma, papà e la Mina.


✐ Carissimo Frate Ave Maria, sei da tanti anni un carissimo amico. Quante grazie abbiamo ottenuto con la mia preghiera e la tua intercessione. Ora ti prego per la nostra tanto cara amica perchè arrivi a riconciliarsi con Gesù per poi riceverlo…. ✐ Frate Ave Maria, aiutaci nel nostro cammino e facci vivere insieme rispettandoci l’uno con l’altro… grazie.

✐ Caro frate Ave Maria, benedici tutta la mia famiglia. Vorrei trovare un po’ di serenità per poter essere una buona mamma, grazie.

✐ Perché torni l’amore nella mia famiglia e nel mio cuore. Grazie ✐ Aiutami a capire cosa il Signore vuole da me, ho bisogno di cre-

dere. Aiutami in questo percorso, aiuta nella malattia tutti i miei cari, grazie…

✐ Caro frate Ave Maria, aiutami ad accogliere la vita col sorri-

so. Aiutami a non perdere più la speranza e fammi cogliere i segni del progetto di Dio su di me…

✐ Caro Frate Ave Maria, aiuta la mia famiglia a restare unita, e per me, aiutami a diventare sacerdote…. Grazie!

✐ I Confratelli e le Consorelle della Confraternita di San Desi-

derio di Castelnuovo Scrivia AL , chiedono protezione ed aiuto per vivere cristianamente la loro esperienza di fede, di preghiera e di carità. Grazie.

✐ Caro Frate Ave Maria

Sono cresciuta sotto i rami della grande quercia dell’eremo, davanti ai tramonti del pozzo del miracolo e, soprattutto, con la preghiera davanti alla tua tomba. 28

LA POSTA DEI LETTORI LA MIA CHITARRA LA MIA BICICLETTA LA MIA MALATTIA

Correvo in bicicletta, suonavo la chitarra, non mi mancava niente. Elisa era bambina, la portavo sulle spalle, sulla mia bicicletta. Ti voglio tanto bene, mio dolce amore mio, Vai piano in bicicletta Amore non temere, aspettami al traguardo che vincerò per te. Amore sto sudando, io non mi sento bene qualcosa sta cambiando, addio mia bicicletta, addio mia chitarra, addio amore mio. Adesso ho un altro amico, che non vuole andare via… Un amico maledetto, che porto nella mente non vuole andare via, guardo la mia bicicletta e poi la mia chitarra, quanti ricordi insieme. Non temere amore, so che dovrò lottare. Questo cancro maledetto non mi vuole più lasciare. Stavolta, mio Signore, ti chiedo un gran favore: adesso, mio Signore, non mi abbandonare sulla mia bicicletta io voglio ritornare suonare la chitarra, cantare una canzone, sorridere al mio amore e alla mia Elisa bella. La chemioterapia mi dà tanto dolore, mi fa morire dentro. Io sento tanto male, non so più respirare. Aiutami,. Amore. Musica e testo di ROBERTO CANTONI 29


Il Cantautore dei Ciclisti Non è lo stesso leggere queste preghiere e sentirle cantare da Roberto, con la chitarra, anche in chiesa, seduto per terra davanti all’altare. Roberto è una persona che non si arrende davanti alla malattia. La seconda canzone è stata composta di recente, quando il male si è fatto più aggressivo e ne sta fiaccando il fisico. Sono ormai 17 anni che si sottopone alla chemioterapia o alla radioterapia per una grave forma di leucemia. Vive a Vigevano. È sposo di Adriana e papà di Elisa. Lo conoscono ormai in tanti ospedali e nell’Eremo è diventato una figura cara e familiare. Nella sua famiglia si vive davvero di fede, una fede provata e sofferta. La malattia a volte lo prostra e lo obbliga a letto, ma egli appena è in condizioni, continua a portare avanti la sua missione che è quella di portare conforto e serenità a chi soffre come lui, negli ospedali o nelle case di riposo. Sa che la sua vita è appesa a un filo che si fa sempre più tenue, ma accetta quello che il buon Dio gli manda, ogni giorno. In cielo, egli ci dice, continuerà a cantare.

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Mamma... sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere, visto che dovevo guidare, così ho bevuto una Sprite. Mi sono sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. Ho fatto una scelta sana e il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa è finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava... Qualcosa di inaspettato! Ora sono qui sdraiata sull’asfalto e sento un poliziotto che dice: “il ragazzo che ha provocato l’incidente era ubriaco”. Mamma, la tua voce sembra così lontana! Il mio sangue è sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono: “Questa ragazza non ce la farà”. Sono certa che il ragazzo alla

guida dell’altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità. Alla fine lui ha deciso di bere e io adesso devo morire... Perché le persone fanno tutto questo, mamma, sapendo che distruggeranno delle vite? Il dolore è come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, dì a papà di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva... La mia respirazione si fa sempre più debole e incomincio ad avere veramente paura. Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata... Mi piacerebbe poterti abbracciare, mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene. Per questo... ti voglio bene e... Addio! Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all’incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole e il giornalista scriveva... scioccato.

Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza. Se questo messaggio è arrivato fino a te e lo cancelli... potresti perdere l’opportunità, anche se non bevi, di far capire a molte persone che la tua stessa vita è in pericolo. Questo piccolo gesto può fare la differenza. Anche la comunità dell’eremo si unisce a questa campagna di sensibilizzazione nell’intento di frenare le stragi che le notti di ogni fine settimana insanguinano le nostre strade. Grazie se vorrete anche voi far conoscere ad altri questo testo.

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NOTIZIE DI CASA

Sabato 21: il nostro Economo Provinciale don Alessandro D’Acunto ha celebrato con un gruppetto di collaboratori delle nostre case. Domenica 22: a Carpineto Romano è deceduta l’anziana mamma di don Arcangelo Campagna un tempo superiore e parroco qui a sant’Alberto. Un pulman da Cremona.

NOVEMBRE 2009

DICEMBRE 2009

Domenica 1: Solennità di tutti i Santi: Alle 15 e 30 abbiamo recitato il santo Rosario nel piccolo cimitero del paese.

Venerdì 4; ci siamo svegliati con la neve… è la prima di un lungo inverno…..

Lunedì 2: Con un nostro confratello Orionino il padre Jean Baptiste DzanKani iniziamo la settimana di esercizi Spirituali. La riflessione quest’anno si basa sul brano Evangelico delle beatitudini.

Martedì 8; solennità dell’Immacolata come sempre molto sentita e partecipata secondo l’orario festivo delle S. Messe alle 10.00 e 16.30.

Martedì 3: il funerale di Pinuccia Dionisio qui nella nostra chiesa dell’eremo. La salma riposa nel piccolo cimitero di San’Alberto.

Mercoledì 16 con tanto fervore iniziamo la bella Novena del Santo Natale che cantiamo alla sera al posto di Compieta. Fuori c’è un gran freddo e sta cadendo una pioggerellina gelata… chissà se si convertirà in neve?

Sabato 7; un pellegrinaggio da Vercelli. Domenica 8; mattinata caotica e di pioggia……. Per la S. Messa delle ore 10.00 un pellegrinaggio da Varese accompagnati dal loro Parroco hanno riempito o meglio gremito la piccola chiesa in più a metà Messa un altro gruppo ha tentato di entrare ma eravamo proprio imbottigliati… nonostante tutto, abbiamo pregato bene. Domenica 15: nella mattinata tre pulman … uno proveniente da Muggiò- Monza, un altro da Como. E il terzo ci è sfuggito. Mercoledì 18; è il giorno del ritiro mensile qui a S. Alberto per le nostre Suore di San Sebastiano Curone AL Giovedì 19; entriamo nella Solennità della Madonna della Divina Provvidenza principale Patrona della Congregazione. E’ passato velocemente don Achille Morabito, Vicario Generale. 32

Martedì 17; infatti la neve è arrivata , già nella notte essendomi svegliato sotto il calduccio delle coperte ho potuto ammirare che stava nevicando. Venerdì 18 giornata di neve da dopo pranzo fino a sera, che bello! che bello!... Sabato 19. una splendida giornata azzurra, con la neve a terra, un bel quadretto proprio… e diversi sono saliti all’eremo per ammirare questo spettacolo che la natura ci regala e ci porta ad elevarci al Creatore. Domenica 20… abbiamo iniziato la S. Messa con tre fedeli, in compenso è arrivato un pulman da san Giuliano Milanese , fuori è tutto gelato dall’acqua dei servizi al piazzale che può essere una pista di pattinaggio. 33


Lunedì 21: continua la neve Martedì 22: ancora neve… e avanti a spalare e buttar sale!!!! Giovedì 24: Il tempo buono ha permesso che la chiesa si riempisse per la S. Messa della notte di Natale. Come di consueto al termine della celebrazione passiamo nel salone dell’abbazia per un brindisi e scambiarci gli auguri con una stretta di mano. Venerdì 25: Un bel Natale, vissuto nella semplicità e ancor più nell’unione con Dio, la cosa più bella e più vera che dovrebbe renderci anche più fraterni… Sabato 26 Santo Stefano; sono giornate belle anche se è prevista una perturbazione… Un’esigua partecipazione di fedeli alle due S. Messe Domenica 27: Parecchia gente è salita all’eremo invogliata anche dal bel tempo. Alcuni volti amici, assidui frequentatori e altri di passaggio. Mercoledì 30: abbiamo tra noi il superiore generale, don Flavio Peloso, che si fermerà alcuni giorni. Giovedì 31 Veglia di Capodanno. Presenti una decina di persone. E davanti a Gesù nell’Eucarestia terminiamo e iniziamo il nuovo anno. GENNAIO 2010 Venerdì 1: La giornata non del tutto bella ha dato inizio al nuovo anno che noi abbiamo vissuto nella solennità di Maria Madre di Dio. Lunedì 4: due anni fa moriva il nostro fra Placido, tanti lo ricordano ancor oggi con simpatia e affetto per il suo tratto sempre cordiale e ricco di umanità. 34

Mercoledì 6; Epifania del Signore, ieri ha nevicato fine fine, alla Messa prefestivo solo due fedeli, oggi qualcuno in più. Venerdì 8: una bellissima giornata bianca, la neve non si fa desiderare anzi quest’anno cade in abbondanza, oggi quasi 40 cm, e di tanto in tanto scattiamo belle fotografie!! Sabato 9: alla S. Messa tre fedeli, però non disdegniamo anche questi momenti in cui si vive maggiormente l’intimità e il raccoglimento pensando poi al trambusto dei prossimi mesi, ringraziamo il Signore per questo bell’equilibrio che ci dona anche attraverso le stagioni. Lunedì 11; ci rechiamo a Pontenizza per il funerale di Elvira Lucchelli di anni 94. Una carissima amica dell’eremo, in passato ebbe corrispondenza anche con Frate Ave Maria e in questo numero abbiamo voluto pubblicare una lettera che Frate Ave Maria aveva indirizzato a lei. 35


Domenica 17: Nella S. Messa abbiamo ricordato la festa di S. Antonio Abate, di cui la Cappella affrescata è dedicata a questo grande asceta. Giovedì 21; 46°anniversario della morte di Frate Ave Maria. Grazie al bel tempo c’è stata una buona partecipazione di fedeli alla S. Messa che abbiamo celebrato nel pomeriggio. Martedì 26; trascorriamo una bella giornata in visita a Tortona alle nostre Suore Sacramentine non vedenti. Con loro abbiamo cantato i Vespri e condiviso un momento di fraternità e spiritualità. FEBBRAIO 2010 Lunedì 1 E’ deceduta la signora Eva, moglie del dottor Panigazzi Luigi caro amico dell’eremo fin dai tempi antichi…., Fra Luigi si è recato per una visita e una preghiera in famiglia a Poggio Ferrato.

Fra Luigi e Fra Sereno a Tortona con le Suore Sacramentine cieche.

Martedì 2; mentre un gruppetto si reca al funerale di Eva, un altro gruppetto è partito per la Cattedrale a Tortona, per la giornata della Vita Consacrata, partecipando alla S. Messa presieduta dal Vescovo Mons.Martino Canessa. Domenica 7 ; se non erro accogliamo il primo pulman dell’anno proveniente da Galliate- NO. Mercoledì 10: iniziamo una serie di incontri formativi con il nostro confratello don Paolo Clerici, trattando sulla Chiesa. Lunedì 15; scendendo con la nostra vecchia Panda per andare al ritiro mensile a Montebello PV rimaniamo a piedi proprio davanti al nostro meccanico e così sosta di un’ora con conseguente ritardo… ma meglio tardi che mai! Mercoledì 17 ; Le Sacre Ceneri, celebriamo la S. Messa alle ore 36

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16,30 con una decina di fedeli e iniziamo così il cammino penitenziale della Santa Quaresima. Venerdì 19; alle 15,30 la Via Crucis seguita dal canto del Vespro e Esposizione del Santissimo fino alle 18.30. Mercoledì 24; incontro con Don Paolo Clerici, siamo molto contenti di questo momento formativo e condivisione fraterna. Venerdì 26; ricordiamo nella preghiera e S. Messa il terzo anniversario della morte di Carla Ratti Sabato 27; primo matrimonio celebrato in quest’anno, eccezionalmente niente riso per terra, sarebbe da prendere a modello per i prossimi…… Domenica 28; un gruppo della Comunità di sant’Egidio provenienti da Pavia e Genova si sono riuniti nel Rifugio. MARZO 2010 Venerdì 5; ieri nella nostra casa di Cura a Trebaseleghe PD, è deceduto Edgardo Miotello, caro amico e benefattore delle nostre opere in Venezuela dove ai tempi, con la moglie Maria Luisa avevano conosciuto il nostro fra Sereno e Fausto che si trovavano là. Li ricordiamo con affetto e nel suffragio preghiamo per le loro anime buone! Sabato 6; Per la nostra Diocesi di Tortona è la festa Patronale di san Marziano. Accogliamo un gruppo dell’Unitalsi di Milano e alcune nostre Suore in visita delle quali la Vicaria Generale Suor Maria Mabel, e la ex Madre Generale Suor M. Elisa Armendarez. Alla S. Messa abbiamo celebrato anche il 50° anniversario di matrimonio di Pierluigi e Ingrid divenuti cari amici della comunità. Venerdì 12; 70° anniversario della nascita al Cielo del nostro Padre Fondatore san Luigi Orione Sacerdote. 38

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Domenica 14; prima domenica un po’ movimentata anche se non ci sono stati pellegrinaggi, alla spicciolata è sempre passato qualcuno. Mercoledì 17; nel pomeriggio abbiamo l’incontro con Don Paolo Clerici che ringraziamo per la disponibilità e l’entusiasmo con cui sa coinvolgerci nell’amore e dedizione alla Chiesa. Venerdì 19; San Giuseppe, dopo la Via Crucis abbiamo celebrato con la gente la S. Messa in questa bella e tanto cara solennità. Sabato 20; accompagnate dal nostro confratello don Enrico Bisio, accogliamo un gruppo di Suore Immacolatine provenienti da Alessandria e non solo. Con esse la Madre Generale, hanno trascorso una bella giornata di ritiro conclusa con la Celebrazione Eucaristica molto animata e resa internazionale con i canti nelle varie lingue delle Suore presenti. Lunedì 22; ci rechiamo nella parrocchia di Pontenizza per il funerale del geometra e amico Alpeggiani Tino di anni 60. Aveva lavorato nell’eremo assieme al Padre Giovanni architetto, Cappuccino a Varzi, e li ricordiamo con stima e affetto affidandoli alla Divina Misericordia. Mercoledì 24; due pellegrinaggi, uno da Moncalieri TO, con don Dante e don Nico. L’altro gruppo invece da Arenzano. Domenica 28; Le Palme. Iniziamo così la Settimana Santa , in mattinata un pulman da Torino hanno partecipato alla S. Messa di orario. APRILE 2010 Giovedì Santo; Celebrazione alle ore 16,30, molto partecipata e raccolta, presenti anche due gruppi Scout provenienti da Parma e da Castel San Giovanni PC. Venerdì Santo; riusciamo a Fare la Via Crucis all’aperto, poi en40

trando in chiesa è seguita la Liturgia della Passione e Morte del Signore con adorazione alla Croce. Ringraziamo gli Scuot che hanno animato questi preziosi momenti di fede e di preghiera. Sabato Santo; alle 21.30 la Veglia Pasquale come sempre molto partecipata. E’ seguito il rinfresco nella sala dell’eremo… scambiandoci gli auguri. Domenica 4; Aprile Pasqua di Risurrezione: Molta gente, più di quanto ci aspettavamo, anche se la giornata non è stata tra le migliori. Lunedì 5; bella giornata di sole ma fredda, diversi comunque hanno fatto il tradizionale pic- nic all’aperto in qualche angolo più riparato…. Martedì 6; la Comunità religiosa dei Salesiani di Pavia, svolgono un momento di ritiro e fraternità negli ambienti dell’abbazia. 41


Mercoledì 14; nel pomeriggio gruppo Banca popolare di Milano. Giovedì 15; un pulman dalla Provincia di Torino e Pinerolo. Domenica 18: Un pulman ancora da Torino e dintorni comprendente la Val Susa. Mercoledì 21: partiamo per l’uscita comunitaria diretti al monastero delle Benedettine “Mater Ecclesiae” all’Isola San Giulio sul lago d’Orta NO, e ringraziamo di cuore per l’attenta accoglienza che la Madre Badessa Anna Maria Canopi ci ha riservato. Nel pomeriggio infine abbiamo visitato la nostra casa di Ameno, primo centro aperta da don Orione fuori della diocesi di Tortona gestita dalle Suore di don Orione, un bel centro per anziani, e poi il colosso san Carlo ad Arona.

Concludiamo così le “ notizie di casa”, ci scusiamo se qualcosa sfugge sempre…. E guardiamo al bel mese di maggio, mese di Maria con l’augurio di trovare personalmente e perché no, anche in famiglia un momento per pregare insieme il Santo Rosario… catena dolce che ci porta eleva al Cielo….. Il Ristorante Sant’Alberto Da quasi un anno è stato riaperto il Ristorante nella nostra Frazione S. Alberto. Chi vi è andato assicura che la qualità dei cibi e l’attenzione del personale sono buone e si propone di ritornare portando altri amici. IL TELEFONO del Ristorante 0383 54 21 80.

la statua di Sant’Alberto nella grotta

Al monastero delle Benedettine con la Madre Badessa.

Domenica 25; è la volta di un bel gruppo di Suore Salesiane provenienti da Novara e un pulman dal paese natale di Frate Ave Maria, Pogli d’Ortovero SV. 42

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Il muratore Camerini e lo scultore Antonio De Paoli nella posa della statua.


“C’E’ PIU’ SAPIENZA NEL BOSCO CHE IN TUTTI I LIBRI DELLA TERRA” (S. BERNARDO DI CHIARAVALLE) Il mio nome è Felice, la professione che mi dà da vivere è l'erborista che svolgo dal 1985. Fare l'erborista mi ha portato a scelte di vita particolari ed inconsuete; così nel 2000 ho ceduto la mia erboristeria di Milano e mi sono trasferito in Val di Nizza, nell'Oltrepò Pavese. In questo luogo incontaminato, lontano dalla folla, ho iniziato l'attività produttiva di "Alchimia Verde" laboratorio artigianale erboristico tradizionale di ispirazione alchemica e paracelsiana. Il mio sogno è di vivere nella natura con amore e rispetto, coltivando, raccogliendo e trasformando erbe utili all'uomo. L'incontro con i frati dell'eremo di S. Alberto di Butrio, con cui collaboro e commercializzo la mia produzione, è stato determinante per la mia vita per diversi motivi ma, soprattutto, per il mio percorso spirituale. I viaggi, il camminare, il conoscere luoghi e genti lontane completavano la mia realizzazione.

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L'essere pellegrino, in cammino con me e il mio zaino mi permetteva di entrare in uno stato di grazia e di comunione con lo spirito dell'uomo libero. Poi, circa quattro anni fa Chiara, amica di viaggio, mi invita ad una escursione con Trekking Italia nell'entroterra di Nizza, l'accompagnatore era Sergio, il fondatore dell’associazione, L'euforia, l'allegria nel condividere, camminando lungo sentieri immersi nelle meraviglie del creato, mi aveva conquistato. Due anni fa Gianluca Migliavacca mi ha dato la possibilità di portare avanti il progetto TREKG ERBE che consiste nel camminare con un gruppo di socie e soci, riconoscere e raccogliere le erbe che si incontrano, studiare le loro proprietà alimentari e terapeutiche, utilizzarle nel rispetto della Natura, sempre più in pericolo per l'ignoranza e l’avidità dell'uomo insensibile. Felice Sarcinelli Erborista

I PENSIERI DI FRA SERENO

...VA, DILLO A GESÙ...! Se il mesto tuo cuore in mezzo alla prova fra tanto dolore la pace non trova; se priva d’incanto tua vita è quaggiù, non piangere tanto! Va, dillo a Gesù...! Se vedi svanire le gioie terrene, se invano fuggire tu tenti le pene; se il vago tuo fiore s’appassa quaggiù, o povero cuore, va, dillo a Gesù...! Se forti legami tu devi spezzare, se quelli che ami tu devi lasciare; se, misero e solo, non trovi quaggiù chi piange al tuo duolo, va, dillo a Gesù...! Va, dillo al Signore. Ei tutto perdona, ti legge nel cuore, la pace ti dona; Ei ben ti comprende, sofferse quaggiù le pene più orrende. Va, dillo a Gesù...! Se duoli ed affanni che niuno comprende, se v’han disinganni e pene tremende, nascondi il tuo duolo a tutti quaggiù, va, dillo a Lui solo. Va, dillo a Gesù...! Le ansie, la speme, le angosce, le pene, i dubbi del cuore, il male ed il bene, i torti patiti sovente quaggiù, le gioie, i dolori, di’ tutto a Gesù...!

I O SO NO I L T U O D I O Io sono il tuo Dio e ti sono vicino: non ti basta? Che vuoi dunque di più sulla terra di ciò che riempie il mio cuore?

Io sono il tuo Dio e ti resto fedele anche quando ti mando la croce; per quanto questa pesi, ricordati che IO sono con te. Che vuoi di più? 45


Io sono il tuo Dio e ti amo fedelmente; conosco tutto ciò che affligge il tuo cuore, vedo ogni sguardo, ascolto ogni parola che ti contraria. Io sono il tuo Dio e penso a te. Dall’eternità ho pensato a te. Ho scritto il tuo nome profondamente nel mio Cuore, sì che non avessi mai a dimenticarmi di te.

Libreria

Sono disponibili presso la Libreria dell'Eremo le seguenti pubblicazioni: – D. Sparpaglione, Frate Ave Maria, Edizioni Eremo di S. Alberto, Ponte Nizza (PV) pp. 32.

– Storia di Frate Ave Maria a fumetti,

L’ O R A D E L T U O A R R I V O

Edizioni Eremo S. Alberto, Ponte Nizza (PV), pp. 62.

Tu non mi dici l’ora del tuo arrivo, se a notte fonda, o all’alba, o nel meriggio, o a vespro ormai cantato, la sera, al tramonto delle attese, o tu, mia pace vera! Ma so che arriverai, Sposo che io conobbi in cima al monte della Gioia: mani piagate e cuore aperto al canto della vita che non muore. E quando arrivi e bussi, saprò che sei Tu allora, l’Atteso dell’ultima mia ora. (26 gennaio 2009) D. Ettore Parravani fdp. 46

– D. Flavio Peloso, Si può essere felici. Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL), pp. 204.

S I G NO R E, M I PER DO IN TE Signore, nel mio buio Tu sei la luce; nella mia ansia Tu sei la pace; nel mio dubbio Tu sei la certezza; nella mia fame Tu sei il pane; nella mia morte Tu sei la vita! Signore, mi perdo in te, mi fido di te, mi aggrappo a te, voglio vivere per te, voglio soffrire con te. Sempre. Mio Amore!

– Arcangelo Campagna, L’eremo di S. Alberto di Butrio, guida storico artistica, Edizioni Eremo di S. Alberto, Ponte Nizza (PV), pp. 72.

– A. Gemma, I fioretti di Don Orione, Edizioni Devoniane, Roma 2002 Seconda Edizione.

– Sui passi di Don Orione, “Sussidio per la formazione al carisma”, Edizioni EDB 1997, pp. 320

– D. Antonio Lanza: Don Luigi Orione e gli eremiti della Divina Provvidenza. Nel primo centenario della fondazione 1899-30 luglio 1999. Piccola Opera della Divina Provvidenza, via Etruria 6 00138 Roma.

– San Luigi Orione L’apostolo della carità, Edizioni Velar.

– Via Crucis con Don Orione, a cura di Don Francesco Mazzitelli FDP Grafiche Grilli srl, Foggia. 2004.

– Don Luigi Orione una vita ad immagini, a cura di don Giuseppe Rigo B.N. Marconi Arti Grafiche e Fotografie, Genova 1997.

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LAUS ET LABOR

EREMITI DELLA DIVINA PROVVIDENZA (Don Orione) Eremo e Parrocchia di Sant’Alberto c/c postale N. 14030274

www.eremosantalbertodibutrio.it - E-mail: eremo.sant.alberto@libero.it

Santa Messa festiva:

Feriale Ore 7.00 - Per tutto il mese di agosto anche ore 16.30 Pre-festivo: ore 16.30 Festivo: ore 10 e 16.30 (tutto l’anno).

Visita all’Abbazia:

Dalle ore 8.00 alle 12.00 – Dalle 14.30 alle 19.00

Feste:

Sant’Alberto Prima domenica di settembre. Nel pomeriggio: Messa ore 16.00 seguita dalla processione.

Memoria di Frate Ave Maria 3a. Domenica di maggio nell’Eremo di S. Alberto – Ponte Nizza (Pavia) 4a. Domenica di maggio a Pogli di Ortovero (Savona). Indicazione per chi utilizza il Navigatore: Per trovare la strada per l’Eremo, cercare Abbadia Sant’Alberto di Butrio.

Supplemento N. 1 al Don ORIONE, Foglietto mensile del Piccolo Cottolengo di Don Orione 20146 Milano - Viale Caterina da Forlì, 19 - Anno XXXXIII - N. 6 - Giugno 2010 Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo Realizzazione a cura della Editrice VELAR, Gorle (Bg) Foto: Augusto Maraffa, Frà Ivan, sr Maria Chiara Bonzano fdm (a pag. 5) Stampa: Litonova srl via Don Mazzucotelli, 4 - Gorle (Bg) - Spedito nel mese di Giugno 2010

L’Editrice VELAR assicura che i dati personali vengono trattati con la riservatezza prevista dalla legge in vigore (675/96) e utilizzati esclusivamente per le proprie proposte commerciali. Su richiesta, tali dati potranno essere cancellati o rettificati.


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