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La continuità ci dà le radici; il cambiamento ci regala i rami, lasciando a noi la volontà di estenderli e di farli crescere fino a raggiungere nuove altezze* di livia savorelli
Prosegue con questo numero la ricognizione monografica di grandi nomi dell'arte contemporanea, con un particolare focus sui protagonisti delle principali personali “istituzionali”, che arricchiscono l'offerta culturale della primavera milanese: lo straordinario artista brasiliano Cildo Meireles al Pirelli HangarBicocca, impegnato nella prima antologica ospitata in uno spazio museale italiano, la guatemalteca Regina José Galindo, ricordiamo Leone d'Oro alla 51. Biennale come miglior artista under 35, protagonista anch'ella della prima antologica in un'istituzione italiana, al PAC e Loris Cecchini, vincitore del premio Arnaldo Pomodoro per la scultura, ospitato con una grande personale alla Fondazione Arnaldo Pomodoro. Nonostante l'opera del grande Meireles – riconoscibile dall'intensità dei lavori e da una straordinaria capacità comunicativa raccolta efficacemente dalla nostra Ginevra Bria – sia stata un po' trascurata dalle Istituzioni italiane e dalla critica nostrana e amando, come i lettori più affezionati ricordano, le scelte più controcorrente, abbiamo ritenuto di dover dedicare la copertina di questo numero proprio a Cildo Meireles – figura guida negli sviluppi dell'arte concettuale, tra i primi a sperimentare a partire dagli anni '60 installazioni immersive e multisensoriali con il coinvolgimento del pubblico – e all'opera Babel (2001): una contemporanea Torre di Babele, costituita da circa 800 radio di forma ed epoca differenti, emblema dell'incapacità di comunicare dei popoli e dell'escalation del conflitto. Non mancano, in questo numero, incursioni in ambiti paralleli – dove le modalità creative sono affini alla pratica artistica – come quello del Profumo creativo, con uno speciale sulla Scultura Olfattiva e quello del Design, raccontato direttamente dai suoi protagonisti: tutto da leggere il profilo di Adele Cassina, tracciato da Luisa Castellini. Tanto spazio dedicato alle nuove generazioni, con una selezione di giovani promesse, alcune appena “sbocciate”, altre già in circuiti di galleria prestigiosi. Continua la visita di Espoarte negli Studi d'Artista, con la rubrica Open Studios. Hanno aperto le porte dei propri studi/abitazione: Tamara Ferioli e Silvia Argiolas. E ancora tante interviste: Mark Manders, Raffaela Mariniello, Marco Gastini... Vi garantisco che non avrete da annoiarvi! *Pauline R. Kezer
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Veduta della mostra, Cildo Meireles. Installations, Pirelli HangarBicocca, Milano; Cildo Meireles, Babel, 2001. Courtesy: l'artista; Fondazione HangarBicocca, Milano; Museum of Contemporary Art Kiasma, Helsinki, Finlandia. Foto: Agostino Osio
indice #84 18 Antineutrale #10 | Ars Attack | di Roberto Floreani 20 Pensieri Albini #17 | di Alberto Zanchetta 22 New Media Art | Tra apparati tecnologici e ritmo della meraviglia: il Museum of the Moving Image omaggia l’arte di Jim Campbell | di Chiara Canali 24 Gremlins | Quando il cinematografo vuole entrare nel museo. Arriva il Festival del Cinema d’Arte | di Mattia Zappile 26 Eppur si muove #5 | One man band | di Christian Ghisellini
28
58 Talkin' | Raffaella Crispino | La manipolazione del reale | di Daniela Trincia
Giovani
52 28 Esercizi di stile - Contemporary tales | Facciamola crescere questa Zarina! La vocazione si chiama azienda. E lei è Adele-C | di Luisa Castellini 34 Open Studios | Tamara Ferioli | Nello scrigno bianco | di Matteo Galbiati 40 Loris Cecchini | Vivere la scultura nel presente | intervista di Matteo Galbiati
62 Ornaghi & Prestinari | Della chiave a stella | di Silvia Conta 64 Nebojša Despotović | Paint and forget | di Chiara Serri 66 Graziano Folata | L'apertura del gesto e della visione | di Simone Rebora 68 Nazzarena Poli Maramotti | La maniera contemporanea | di Sara Polotti 70 Esther Mathis | Archivio immaginario del reale | di Valeria Barbera 72 Cosimo Casoni | Costruir per aria | di Alice Zannoni 74 Paolo Bini | Nel mare in tempesta, il canto delle sirene | di Marcella Ferro
Focus
46 Sculture olfattive: il profumo creativo come opera d’arte | di Isabella Falbo 52 Regina José Galindo | (Ora) sono viva | intervista di Ginevra Bria
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ESPOARTE #84 | Anno XV | Trimestre n.2 2014
Direttore editoriale Livia Savorelli Publisher Diego Santamaria
Redazione via Traversa dei Ceramisti 8/b 17012 Albissola Marina (SV) Tel. +39 019 4004123 redazione@espoarte.net www.espoarte.net
Segreteria di redazione Francesca Di Giorgio Valeria Barbera Direttore web Matteo Galbiati Direttore responsabile Silvia Campese
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Hanno collaborato a questo numero Valeria Barbera Ginevra Bria Francesca Caputo Silvia Conta Laura Francesca Di Trapani Isabella Falbo Marcella Ferro
Rubriche Chiara Canali Luisa Castellini Christian Ghisellini Roberto Floreani Alberto Zanchetta Mattia Zappile
Matteo Galbiati Sara Polotti Simone Rebora Chiara Serri Daniela Trincia Alice Zannoni Igor Zanti
78 Raffaela Mariniello | Still in life. Risorgere dalle ceneri | intervista di Francesca Caputo
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82 Talkin' | Lunga vita al Riso! | intervista a Valeria Patrizia Li Vigni, Direttore Palazzo Belmonte Riso, di Laura Francesca Di Trapani 84
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116 Talkin' | Made in Cloister | Alle pendici del Vesuvio una finestra aperta sul potenziale | di Francesca Caputo 118 Agostino Arrivabene | Il passato nella memoria di oggi | intervista di Matteo Galbiati
Cildo Meireles | L'arte non si vede | intervista di Ginevra Bria
94 Talkin' | Il profumo della cultura | intervista a Marco Vidal, Mavive spa, di Igor Zanti
112 Simone Pellegrini | Come potenze | intervista di Chiara Serri
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Mark Manders | Frozen theatre | intervista di Chiara Serri
102 Marco Gastini | Viaggio tra materia, pittura e pensiero | intervista di Silvia Conta
122 Open Studios | Silvia Argiolas | Fototessere di me | di Chiara Serri 126 Talkin' | Tania Brassesco e Lazlo Passi Norberto | Nuovi scenari di fotografia: “clic” cristallo di un processo creativo | di Alice Zannoni
Editoria
106 Talkin' > Editoria | Lucio Fontana. Catalogo ragionato delle opere su carta | Skira Editore | intervista a Luca Massimo Barbero di Matteo Galbiati 108 Talkin' > Editoria | Massimo Campigli. Catalogo ragionato | Silvana Editoriale | intervista a Nicola Campigli di Matteo Galbiati 110 BooksBox a cura della Redazione
ESPOARTE
Registrazione del Tribunale di Savona n. 517 del 15 febbraio 2001 Espoarte è un periodico di arte e cultura contemporanea edito dall’Associazione Culturale Arteam. © Proprietà letteraria riservata. È vietata la riproduzione, anche parziale, di testi pubblicati senza l’autorizzazione scritta della Direzione e dell’Editore. Corrispondenza, comunicati, cartelle stampa, cataloghi e quanto utile alla redazione per la pubblicazione di articoli vanno inviati all’indirizzo di redazione. Le opinioni degli autori impegnano soltanto la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della direzione della rivista. Tutti i materiali inviati, compresi manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non verranno restituiti.
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Stampato in Italia da Bandecchi & Vivaldi s.r.l. Via Papa Giovanni XXIII, 54 56025 Pontedera (PI)
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Piero Manai Aprile Maggio 2014
Piero Manai, 1982, 180x120
Studio Vigato Via Santa Marta, 19 20121 Milano Tel. 02 49437856 Cell. 392 9022843 info@studiovigato.com www.studiovigato.com
open studios di matteo galbiati
Tamara Ferioli NELLO SCRIGNO BIANCO BIANCO Nel cuore della Milano dei Navigli, in quello spaccato dove ancora si conserva l’anima antica della metropoli lombarda, dove ancora si riscoprono – e si spera si possano conservare così intatti – angoli di suggestiva bellezza (nascosta), incontriamo nella sua casa-studio l’artista Tamara Ferioli. A due passi dalla stazione di Porta Genova, in un cortile interno silenzioso e lontano dal traffico, ci accoglie sull’uscio di casa, ultimo ingresso di un ballatoio di una caratteristica casa di ringhiera che, dai cognomi indicati sui citofoni, rende evidente il melting pot di culture differenti che co-abitano in questo luogo. Un posto affascinante, dall’atmosfera coinvolgente fin dall’esterno e la magia incantevole si rinnova e respira anche nella piccola e raccolta casa di Tamara. Uno scrigno tutto bianco che racchiude la vita e l’opera (ma sappiamo bene come il confine tra le due cose sia sottilissimo) dell’artista. Mi accoglie con la sua dolce e sensibile timidezza, che si stempera quando mi racconta la profondità dei suoi lavori. Poche parole, molti silenzi. Tanto spazio lasciato ad ammirare le sue opere che, qua e là, tra oggetti quotidiani e molti strumenti di lavoro disseminati in un ordine indisciplinato, tra pieni e vuoti, raccontano intense la loro poesia.
Matteo Galbiati: Hai scelto di vivere una casa-studio: luogo di vita e di lavoro insieme. Come mai questa scelta? Tamara Ferioli: Destino? Caso? Si potrebbe scegliere la risposta più suggestiva per ognuno. Per me è stata una scelta
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naturale. Questo è il mio luogo, dove vivo e lavoro. In fondo è solo una questione nominale. Per il resto è ambiente e azione che la vive. Io vivo e lavoro qui. Mi piace viaggiare e incontrare aspetti sconosciuti e lontani dalla quotidianità.
La casa e lo studio sono la tana. Il riparo silenzioso dove tornare. Dove depositare, sedimentare, riordinare quanto raccolto nelle assenze. Non corri il rischio di vivere costante-
mente a contatto con il tuo lavoro? In senso pratico, vivere uno spazio a più livelli mi permette di staccare dal lavoro e di reagire con tempestività agli stimoli e alle intuizioni. Una casa studio mi consente di assecondare i ritmi individuali, e di evadere quelli convenzionali. Il fatto è che nell’arte non esiste una linea di demarcazione per cui questo è lavoro e quest’altro è vita. Bisognerebbe riconsiderare la possibilità di interpretare i propri giorni, e non subirli. Per cui credo che sia un privilegio, non un rischio. Non senti mai l’esigenza di “interrompere”? Certo. Posso lavorare intensamente oppure fermarmi per giorni. La stessa facilità con cui la concentrazione mi assorbe nel lavoro, l’ha la distrazione che mi ci allontana. Quando sono satura esco e cammino. Faccio lunghe passeggiate catartiche con cui fratturo il tempo. Per farlo finire e ricominciare.
Veduta dello studio di Tamara Ferioli. Courtesy: l’artista Nella pagina a fianco: Ritratto di Tamara Ferioli nel suo studio. Foto: Emmeci photo
Lavori in casa ma ami spostarti per pensare. So che viaggi molto e durante il viaggio alimenti l’anima profonda della tua poesia…
L’esperienza del viaggio per me è necessaria. La solitudine, l’isolamento, il mettersi in gioco per risolvere problemi pratici di sopravvivenza sono una forma di educazione, che mi permette di essere più serena nella routine e nella quotidianità. In questo periodo mi sto concentrando sulle isole. Territori circoscritti. Evocativi come luoghi del pensiero, e ben definiti nel territorio fisico. Sono stata in Indonesia, Giappone e Islanda. Mi sono confusa tra i flutti, respirando le tradizioni e le leggende dei luoghi. Viaggiando sia con il corpo che con la mente, attraverso l’esperienza e le tradizioni dei nativi. Esperienze molto gratificanti mentre le vivevo, e molto soddisfacenti ora che sono parte dei ricordi, e in qualche modo parti strutturali di me come individuo. Nuova ad ogni viaggio. Pronta per il prossimo. Perché proprio questi paesi? Hanno in comune la presenza dei vulcani. Sono posti distanti e diversi, legati dalla prepotente presenza di una natura minacciosa, con la quale fare i conti ogni giorno. Linguaggi diversi che esprimono la forza della vita e degli esseri umani. Linfa vitale
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Regina José Galindo intervista di ginevra bria
(Ora) sono viva Il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ha aperto la stagione espositiva 2014 con una mostra personale e una nuova performance di Regina José Galindo, Leone d'Oro alla 51. Biennale di Venezia come migliore giovane artista. Promossa dal Comune di Milano Cultura in occasione di MiArt 2014, prodotta dal PAC e Civita e curata da Diego Sileo ed Eugenio Viola, Estoy Viva è la prima antologica in Italia dell’artista latinoamericana Regina José Galindo. Abbiamo rivolto alcune domande all'artista a pochi giorni dall'inaugurazione... Ginevra Bria: La tua famiglia e il tuo contesto di riferimento, quale tipologia di educazione estetico/visuale ti ha fornito quando eri più giovane? Quali artisti, in particolare, ti incuriosivano e perché? Regina José Galindo: La mia principale formazione è sempre cresciuta in seno al Guatemala. Nei suoi eterni conflitti e nelle sue eterne primavere. Non sono mai passata attraverso i rigori di alcuna accademia e non ho ricevuto nessuna educazione artistica, però sono nata in Guatemala e questo ritengo sia sufficiente per risvegliare e affinare la mia sensibilità estetica, la mia coscienza politica e un compromesso con entrambe: il mio senso della ribellione. Non ho ereditato la mia vena artistica; nessun parente si è mai avvicinato al mondo dell’arte, anche se, devo riconoscerlo, per mia madre è stata una grande fonte di ispirazione. Lei si sedeva tutte le sere per ore e ore. Il semplice fatto di vederla divorare così tanti libri con tanta passione mi ha inculcato, con la stessa forza, il mio amore
In queste pagine: Regina José Galindo, Exhlaciòn (estoy viva), 2014. Courtesy: PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano. Foto: Andrea Sartoki espoarte 84 | 53
cildo meireles intervista di ginevra bria
L’arte non si vede «Non ho mai compreso a fondo l’espressione ‘arte visiva’. L’arte non si vede, è un’entità percettiva in sé che deve rimanere addosso come una sensazione, e non solamente negli occhi come un’immagine o un semplice oggetto rappresentativo». Con queste parole Cildo Meireles (1948, Rio de Janeiro, Brasile) apre l’intervista che introduce l’inaugurazione della sua prima mostra antologica ospitata da uno spazio museale italiano. Pirelli HangarBicocca presenta, dal 27 marzo al 13 luglio 2014, Cildo Meireles, Installations, curata da Vicente Todolí: la retrospettiva comprende grandi installazioni prodotte dal 1970 a oggi, in cui il pubblico diventa un ricettore percettivo. L’artista brasiliano è stato indicato dalla critica internazionale come una delle figure guida negli sviluppi dell’arte concettuale. Nei suoi lavori diventa fondamentale la ricerca della rievocazione, della reminiscenza cerebrale stimolata dal risveglio sensoriale del corpo umano che si trasforma in un tramite per costanti esplorazioni fisiche, psicologiche, topografiche e antropologiche.
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Veduta della mostra, Cildo Meireles. Installations, Pirelli HangarBicocca, Milano; Cildo Meireles, Marulho, 1991 - 1997. Courtesy: l'artista e Fondazione HangarBicocca, Milano. Foto: Agostino Osio
Ginevra Bria: Parlando della tua famiglia e della tua formazione, quale tipo di educazione visuale o estetica hai ricevuto quando eri bambino? Cildo Meireles: Fra i primi ricordi che ho, ce ne sono alcuni che mi tornano in mente come visioni e provengono da una casa in campagna che mia nonna aveva vicino a Brasilia. L’isolamento dalla città, dai rumori e dai contrasti credo che abbia giovato molto, durante la mia infanzia, alla mia sensibilità. È lì che ho sovrapposto le mie prime visioni, le prime impressioni e le primissime esperienze sensoriali con i ricordi netti dell’architettura di Niemeyer. La prima volta che ho capito cosa fosse l’arte è stato durante un pomeriggio assolato, era caldissimo. Stavo giocando sul patio di quella vecchia casa coloniale e, nel mezzo dei campi, vidi passare un uomo, che si fermò a qualche centinaio di metri da me, sedendosi fra gli arbusti. Dopo questo primo momento di stupore, non gli ho più prestato attenzione, sebbene lui se ne rimanesse fermo proprio di fronte a me. Alla sera, prima di andare a dormire, ricordo di aver guardato alla finestra e di averlo visto nella stessa posizione che aveva assunto durante il pomeriggio, nel frattempo però si era acceso un enorme fuoco, per scaldarsi e proteggersi dall’escursione termica. La mattina, all’alba, decisi di raggiungere quell’uomo, che nel frattempo se ne era già andato e al suo posto, accanto alle ceneri fumanti, aveva lasciato una piccola casetta fatta di arbusti. Era bellissima, perfetta, sembrava il ritratto in miniatura della casa di mia nonna. Pareva che quell'uomo fosse rimasto tutto il tempo ad osservarci e ritrarci, per poi, infine, lasciare tutto quello che aveva fatto per chiunque fosse passato di lì, mirabilmente all’aperto, senza che nessuno glielo avesse richiesto. Tutto il mio lavoro è riconducibile alla costituzione di spazi virtuali aperti [vd. Espaços virtuais. Cantos II B, 1967-1968 (reconstruction of 1981), appena acquisita dal Reina Sofia].
Veduta della mostra, Cildo Meireles. Installations, Pirelli HangarBicocca, Milano; Cildo Meireles, Através, 1983-1989. Courtesy: l'artista e Fondazione HangarBicocca, Milano. Foto: Agostino Osio
Potresti brevemente descrivere quale significato assume Installations per te e per la tua carriera? Ora che la sto vedendo crescere, comprendo quanto in realtà non si tratti solamente di riprodurre o riproporre una mostra che contiene in sé dodici miei progetti. Come tu sai, dopo la mostra del 2008 alla Tate Modern, inaugurata il 14 ottobre, molte mie mostre si
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MARK MANDERS intervista di chiara serri
FROZEN THEATRE Per Mark Manders le opere sono oggetti inanimati, nei quali infondere pensieri a futura memoria. Cose, “felici di essere cose”, che hanno lunga vita in studio, prima di diventare parte di composizioni sospese nello spazio e nel tempo. Dopo aver rappresentato l’Olanda alla Biennale di Venezia, l’artista espone nuovamente in Italia, ospite della Collezione Maramotti di Reggio Emilia, mentre si profilano nuove mostre e progetti ad Anversa, Santiago de Compostela e New York.
CHIARA SERRI: Per la Collezione Maramotti hai creato un ambiente virtuale, che contiene oggetti presenti anche in altri lavori, ma inseriti in una nuova composizione. Nell’economia dell’installazione, quale importanza assume l’uso del colore? Mark Manders: Solitamente non uso i colori. I colori, infatti, sono connessi ai diversi materiali, come il legno o l’argilla. In questo caso, però, desideravo creare un dipinto tridimensionale, una composizione cromatica ambientata in una stanza da bagno. Si tratta di una messa in scena teatrale, in cui l’autore è assente. Riconosciamo una vasca da bagno colma di creta bagnata, una figura umana disposta attorno ad una trave di legno ed una sedia coperta da un asciugamano. Il colore è dato proprio dalle salviette, che si
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In queste pagine: Mark Manders, Isolated Bathroom / Composition with Four Colors e particolare, 2010-2014, ferro, alluminio, alluminio dipinto, tela dipinta, resina epossidica dipinta, legno, stampa offset su carta (parole utilizzate: giallo, rosa, verde, blu, bagno, vasca, asciugamano, creta, figura, trave, pavimento e sedia), cm 722x360x86. © l’artista. Courtesy: Collezione Maramotti, Reggio Emilia; Tanya Bonakdar Gallery, New York. Foto: Dario Lasagni
contrappongono alla vasca, bianca per antonomasia. Non si tratta di una vasca reale, piuttosto della sua idea, evocata dalla forma, dal volume e dal colore, anche se gli angoli non sono smussati e non sono presenti rubinetti. Gli asciugamani, appoggiati sugli oggetti o lasciati sul pavimento sono di tanti colori, anche se non propriamente definiti. Un giallo non proprio giallo, un blu che tende al verde... Il titolo della mostra – Cose in corso – evoca l’idea di un progetto in corso, non ancora ultimato. Un approccio che avevamo riscontrato anche a Gand, dove avevi convertito parte dello spazio espositivo ad atelier, e alla Biennale di Venezia, con una sezione del Padiglione olandese nascosta da fogli di plastica… Qual è la tua personale idea di tempo in relazione al gesto artistico? Le opere rimangono a lungo nel mio studio e sono sottoposte a continue modifiche. Anche se ho dedicato anni a questo progetto, sembra appena finito, come se l’autore se ne fosse andato da pochi istanti. Si ha l’idea della presenza/assenza di qualcuno che prima c’era e ora non c’è più. Le opere devono essere totalmente silenziose, sospese, congelate.
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