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Cover Artist
Andres Serrano
ANNO XVI | trimestre n.1 2015 | â‚Ź 6,00
87
Arte&Impresa
Banca Sistema Arte
Interview
Speciale
A Bologna, Tra Passato E Presente
9 772035 977008
50087
00066
Trimestrale / Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) - art. 1, comma 1 - D.C.B. Savona. In caso di mancato recapito inviare al CPO di Savona per la restituzione al mittente previo pagamento resi - Contiene I.P.
Gianfranco Baruchello Franco Guerzoni Chantal Joffe Michelangelo Galliani Marco Bolognesi Massimo Caccia
Open Studios
Roberto Coda Zabetta
Omaggio a
Dadamaino
MANUELA BEDESCHI 2
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Doppio quadrato obliquo, 2015 - cm. 280x330, tubi al neon
a cura di FRANCESCA VALENTE con un testo di SIMONETTA LUX
30 GENNAIO - 28 FEBBRAIO 2015 Opening VenerdĂŹ 30 Gennaio ore 18 Piazza Mattei 18 00186 Roma Tel. 06.68210744
Lun. 15 - 20
permariemonti@gmail.com - www.piomonti.com
Mar./Sab. 11 - 20
#87
La libertà comincia dall’ironia* di livia savorelli
Quando, il 7 gennaio, giunge la notizia del terribile attacco terroristico alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, a Parigi, la nostra redazione è nel pieno della chiusura di questo numero. L’effetto è sconvolgente. Nonostante al giorno d’oggi la violenza, di qualsiasi natura sia – personale o collettiva – e da qualsiasi motivazione sia originata – politica, religiosa o economica – ci venga quotidianamente “servita”, senza lasciare troppo spazio all’immaginazione, l’orrore arriva a noi in diretta. Sconvolgente perché la violenza, si sposta, geograficamente, da aree da noi remote e lontane (questo dobbiamo sinceramente ammetterlo) ed arriva, con tutta la sua dirompenza, nella nostra Europa, nelle nostre città, persino nelle redazioni dei nostri giornali. Sconvolgente perché l’attacco è duplice: è un attacco perpetrato ai danni di grandi disegnatori e professionisti che agiscono in nome di un credo laico, predicato con coerenza sino alla morte, e vengono accusati e giustiziati come “infedeli” ma è, soprattutto, un attacco alle libertà dell’Occidente, attraverso la sua libertà di stampa e di satira. Una settimana dopo quel tragico giorno, come una fenice, Charlie Hebdo risorge, trovando nella forza che solo un dolore grande può dare, il rifiuto dell’odio e la speranza di un dialogo, incarnato da un Maometto in lacrime e la scritta «Tout est pardonné». Un esercizio di intelligenza – che non significa restrizione della libertà di parola e satira – consapevole che l’ironia è sì uno degli strumenti più efficaci della democrazia ma anche un’arma che ferisce e colpisce più di mille parole. *Victor Hugo
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espoarte #87
Andres Serrano, Donald Green, serie Residents of New York, 2014. Courtesy: l’artista e Nathalie Obadia gallery
Il Bel Paese
L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra dai Macchiaioli ai Futuristi
22 febbraio - 14 giugno 2015
Sponsor ufficiale
Museo d’Arte della città via di Roma 13 tel. 0544 482477 mar.ra.it
Comune di Ravenna Assessorato alla Cultura
indice #87 18 New Media Art | Al MAXXI va di scena lo stato della New Media Art coreana | di Chiara Canali 20 Eppur si muove #8 | Orfani di SuperGulp | di Christian Ghisellini 22 Pensieri albini #20 | di Alberto Zanchetta 26 Esercizi di stile - Contemporary tales | Così si legge il futuro in casa Furla. Giovanna Furlanetto | di Luisa Castellini 30 Parlarti | Daniel Gonzalez: dal Barocco al Kitsch | di Simone Azzoni
46
54 34
GIANFRANCO BARUCHELLO | Origini del cinema freddo | intervista di Ginevra Bria
40 Focus Arte terapia VOL.2 | La figura dell’arte terapeuta | di Isabella Falbo 46 CHANTAL JOFFE | Falling in love. Every time | intervista di Chiara Serri 50 BooksBox | Giochi di coppia. Storie d’amore (e non) sulla scena dell’arte | a cura di Francesca Di Giorgio
60
MICHELANGELO GALLIANI | La materia si fa corpo | intervista di Alberto Mattia Martini
Giovani
66 Pol | Visioni post-industriali in ceramica | di Luca Bochicchio 68 Silvia Giambrone | La forma delle parole | di Daniela Trincia 70 Matteo Sanna | Il tempo di un’amorevole bugia | di Francesca Di Giorgio 72 Diego Soldà | Tra le pieghe del colore | di Matteo Galbiati 74 Mariagrazia Pontorno | Al confine. Un’arte perturbante tra natura e tecnica | di Valeria Barbera
60
54 Open Studios | Roberto Coda Zabetta | Solo l’idea pura ha significato, il resto è qualcos’altro | intervista di Antonio D’Amico
ESPOARTE #87 | Anno XVI | Trimestre n.1 2015
Hanno collaborato a questo numero Valeria Barbera
Direttore editoriale Livia Savorelli Publisher Diego Santamaria
Redazione via Traversa dei Ceramisti 8/b 17012 Albissola Marina (SV) Tel. +39 019 4004123 redazione@espoarte.net www.espoarte.net
12 | espoarte 87
Antonio D’Amico Francesca Di Giorgio Laura Francesca Di Trapani Matteo Galbiati
Rubriche
Direttore responsabile Silvia Campese
Ginevra Bria
Isabella Falbo
Segreteria di redazione Francesca Di Giorgio Valeria Barbera Direttore web Matteo Galbiati
Luca Bochicchio
Alberto Mattia Martini
Simone Azzoni
Simone Rebora
Chiara Canali
Livia Savorelli
Luisa Castellini
Chiara Serri
Christian Ghisellini
Alessandro Trabucco
Alberto Zanchetta
Daniela Trincia
102
76 Stefano Cumia | Dietro e dentro il quadro, dietro e dentro la pittura | di Matteo Galbiati 78 Daniele Franzella | Visioni scultoree per oltrepassare | di Laura Francesca Di Trapani
122 MARCO BOLOGNESI | Il futuro distopico | intervista di Alessandro Trabucco
80 Arte&Impresa | Banca Sistema Arte | La voce giovane dell’arte | intervista ad Alessia Barrera di Matteo Galbiati 86
MASSIMO CACCIA | Animal jumping tra quadri e pagine illustrate | intervista di Livia Savorelli
86
114 Speciale Bologna cosa succede in città a cura della Redazione
92 Dossier Luoghi & Spazi | Il senso “civico” di un museo: Laura Barreca a Castelbuono | intervista di Simone Rebora
110
96 ANDRES SERRANO | L’irriverenza della verità | intervista di Isabella Falbo 102 Omaggio a DADAMAINO | Interviste a Nicoletta Saporiti e Fernando Colombo (ARCHIVIO Opera Dadamaino), Flaminio Gualdoni e Raphaelle Blanga di Matteo Galbiati 110 FRANCO GUERZONI | Osservare la polvere del tempo | intervista di Antonio D’Amico
ESPOARTE
Registrazione del Tribunale di Savona n. 517 del 15 febbraio 2001 Espoarte è un periodico di arte e cultura contemporanea edito dall’Associazione Culturale Arteam. © Proprietà letteraria riservata. È vietata la riproduzione, anche parziale, di testi pubblicati senza l’autorizzazione scritta della Direzione e dell’Editore. Corrispondenza, comunicati, cartelle stampa, cataloghi e quanto utile alla redazione per la pubblicazione di articoli vanno inviati all’indirizzo di redazione. Le opinioni degli autori impegnano soltanto la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della direzione della rivista. Tutti i materiali inviati, compresi manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non verranno restituiti.
Editore Ass. Cult. Arteam Art Director Elena Borneto Redazione grafica – Traffico pubblicità villaggiodellacomunicazione® traffico@villcom.net 14 | espoarte 87
Stampato in Italia da Bandecchi & Vivaldi s.r.l. Via Papa Giovanni XXIII, 54 56025 Pontedera (PI)
Abbonamenti Italia Annuale (4 numeri): 20 € Biennale (8 numeri): 36 € Triennale (12 numeri): 48 €
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13.12.2014 / 14.02.2015
STUDIO LA CITTÀ — VERONA Grimselpass, Bächlitalhütte 2329m - Gerstenegg 1767m, 2014, C-print, 40x280x4cm
Nel ciclo Moving Viewpoint (2013-2014), realizzato in parallelo con quelli sulle immagini degli artisti, di cui conserva il soggetto – la montagna come aspetto del “sublime” romantico – il senso del tempo si condensa in quella che del tempo è, umanamente, l’azione che lo manifesta maggiormente e plasticamente: il viaggio.
HIROYUKI MASUYAMA
con la collaborazione di RASMUS KLEINE direttore del Kallmann Museum - Ismaning DE
a cura di MARCO MENEGUZZO
Lungadige Galtarossa 21 Verona info@studiolacitta.it www.studiolacitta.it
STUDIO LA CITTÀ VERONA
Gianfranco Baruchello intervista di ginevra bria
Origini del cinema freddo La Triennale di Milano raccoglie, per la prima volta in Italia, sedici opere tra film e video (selezionate all’interno di un corpus che ne contempla più di ottanta), tutte realizzate tra il 1963 e il 1999, lavori che Gianfranco Baruchello ha riunito sotto il titolo di Cold Cinema. Una personale allestita al primo piano del museo di viale Alemagna, un percorso fittissimo, rappresentativo, estremamente eterogeneo, un itinerario accompagnato costantemente da tracciati filmici, che dedica intere pareti a piccoli, delicati disegni dell’artista di adozione romana e alternando lavori come A scatola chiusa del 1975 con Una settantina di idee, 1964-1970 (2014). Ciascuna cornice filmica è allestita all’interno di un viaggio formale che comprende numerosi passaggi espressivi, quali pittura, disegni, oggetti e appunti, sperimentazioni che ne chiariscono il complesso processo creativo, attraverso un itinerario espositivo fondato come idee sul cinema, testimonianza del fatto che, fin dai suoi esordi, Baruchello abbia lavorato sulla dimensione dell’immagine in movimento non come prodotto finito, ma come spazio di sperimentazione formale e concettuale. Un progetto quello di Cold Cinema inedito, realizzato con il MADRE di Napoli che, a partire dal giugno 2013, ha iniziato una serie di presentazioni tuttora in corso nell’ambito del programma Per_formare una collezione, che esplora, fra le altre, la cinematografia di Baruchello introducendo opere e documenti selezionati dalla collezione permanente dell’istituzione. Ginevra Bria: Che cosa è diventato oggi il ready-made? Gianfranco Baruchello: È solo un anglismo traducibile come già fatto, confezionato, prefabbricato, pronto all’uso. Oggi, più che una definizione è un dato storico. È un po’ come chiedere a qualcuno che cosa ne pensa dell’incendio di Troia. Si tratta di una terminologia, quasi leggendaria, che nessuno ormai adopera più, se non per indicare, o designare, quel che è stato e cosa ha rappresentato Duchamp. Se si ferma qualcuno per strada, forse pochi si ricordano del fatto che sia stato un razzo sparato dalla pistola di Duchamp nel cielo di quel preciso momento storico. Ai giovani, poi, mi capita spesso di chiedere cosa sia il ready-made, ma quasi nessuno mi risponde adeguatamente, ricordando il processo compositivo e cognitivo che ne ha preceduto, addirittura, le origini. La parola Duchamp, al contrario, mantiene intatto tutto il proprio significato, evocando molti mondi. Primo fra tutti quel pianeta creato dal suo legame, dalla sua amicizia con lui. Sì, è stato proprio un legame molto stretto, importante, che mi ha lasciato un grande dolore, quando poi è venuto a mancare. Mi sono avvicinato a lui solo sul finire della sua vita, perché me lo sono, letteralmente, andato a cercare. Avevo letto, parlato e discusso di lui e della sua pratica con molti amici in comune, a partire da Sebastian Matta e Alain Jouffroy. Ognuno di loro mi diceva: ma come, non è possibile, non lo hai ancora conosciuto di persona? Poi nel 1962, appena ho saputo che si trovava a Milano, ho preso un aereo, ho affittato una macchina e ricordo, ancora adesso, come lo avessi davanti, di averlo raggiunto in un ristorante a Ronchetto delle Rane. Era seduto a tavola, in compagnia di altri pittori 34 | espoarte 87
Dall’alto: Gianfranco Baruchello, Verifica incerta (Disperse Exclamatory Phase), 1964-65, film, 16 mm (da pellicola 35 cinemascope), colore, 35’, in collaborazione con Alberto Grifi. Fondazione Baruchello, Roma Mostra Gianfranco Baruchello: Cold Cinema. Film, video e opere 1960-1999, Triennale di Milano, Milano, 2014-2015. In primo piano, il film Verifica incerta. Foto: Agostino Osio Gianfranco Baruchello, Tre Lettere a Raymond Roussel, 1969, film, 16 mm, B/n virato in blu, sonoro ottico, 28’. Fondazione Baruchello, Roma
espoarte 87 | 35
CHANTAL JOFFE intervista di chiara serri
FALLING IN LOVE. EVERY TIME Dipinge ad olio su tela, esegue esclusivamente ritratti, conduce una vita raccolta, nonostante sia ampiamente inserita nel sistema dell’arte. Chantal Joffe concentra la sua ricerca nel ritratto, genere di lungo corso che ha permeato l’arte occidentale dal Rinascimento ai giorni nostri. Disinteressata alla verità fotografica, utilizza il colore in senso espressivo, intervenendo sulla tela con un gesto rapido, sciolto, che trasforma l’immagine in persona. I soggetti delle sue opere sono soprattutto donne, riconducibili alla sfera personale e, in alcuni casi, estrapolate dalle riviste patinate. Alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, nella doppia personale con Alessandra Ariatti, sono presentati quattro dipinti dedicati a Moll, nipote sedicenne che ritrae dalla nascita. Un momento di passaggio che pone le opere in dialogo con La pubertà di Munch e le ragazze con i gatti di Balthus, ma in chiave più lieve, familiare. Illuminata da una luce avvolgente, con un cardigan magenta o un abito bianco, Moll osserva lo spettatore e, al tempo stesso, guarda oltre, in un intenso gioco di sguardi. Dipinti che, come scrive Daniel F. Herrmann in catalogo, «accolgono le tracce della loro composizione»: macchie e sgocciolature che interessano la figura così come il fondo, in un unico flusso pittorico. Innamorata dei suoi modelli, Joffe realizza ritratti che promanano stupore, meraviglia, quel senso di profondo mistero connaturato alla femminilità che l’artista accetta e rappresenta. Chiara Serri: La sua ricerca si concentra da anni sulla figura umana e soprattutto sulla donna, anche attraverso alcuni autoritratti. Le motivazioni di questa scelta? Chantal Joffe: È l’unico soggetto che mi sia mai interessato. Quando ero una studentessa, nell’ambito di un progetto dedicato alla natura morta, finii per ritrarre una donna che guardava in un frigorifero. Non mi è mai importato dipingere altro. Da bambina riempivo interi album di disegni di volti, ritratti così come li percepivo... La pratica del ritratto è al centro della ricerca di molti artisti del passato e del presente. I suoi autori preferiti? Amo Soutine, le sue opere possiedono una profondità e una eccitazione/irrequietezza con cui mi sento in sintonia, ma anche De Kooning, Munch, Morisot, Modersohn-Becker, Arbus, El Greco, Winogrand, Matisse, Goya, Dumas, Doig, Kirchner, Vallotton, Bonnard, Vuillard, Morandi e Dargher. Cosa l’ha colpita del lavoro di Alessandra Ariatti? Trovo il suo lavoro affascinante, estremamente intenso e onesto. Credo assolutamente nella sua intenzione. Alessandra è come una suora in una torre, completamente dedita al suo proposito, che mi è parso essere soprattutto quello di investigare in profondità i suoi soggetti, un momento dopo l’altro, proprio come essi vivono le loro vite. 46 | espoarte 87
Chantal Joffe è nata nel 1969 a St Alban’s (Vermont, Stati Uniti). Vive e lavora a Londra. Eventi in corso: Ritratto di donne Alessandra Ariatti, Legami Chantal Joffe, Moll Collezione Maramotti, Reggio Emilia 12 ottobre 2014 - 12 aprile 2015 www.collezionemaramotti.org Catalogo SilvanaEditoriale, 2014, testo di Daniel F. Herrmann Chantal Joffe: Beside the Seaside Jerwood Gallery, Hastings (East Sussex, United Kingdom) 31 gennaio - 12 aprile 2015 www.jerwoodgallery.org
Chantal Joffe, Bumptious Mansions, 2014, olio su tela, cm 243,8x183,5. Courtesy: l’artista, Victoria Miro Gallery, Collezione Maramotti. © Chantal Joffe espoarte 87 | 47
Banca Sistema Arte
INTERVIEW | ARTE&IMPRESA
intervista ad ALESSIA BARRERA di matteo galbiati
La voce giovane dell’arte Di questi tempi gli istituti bancari non sono certo istituzioni che godono di grande apprezzamento, le difficili congiunture economiche hanno portato ad acuire il pregiudizio nei confronti delle banche viste, per lo più, come implacabili e insensibili macinatori di profitti. In questo panorama non certo edificante esiste la realtà di Banca Sistema che ha deciso una politica diversa tanto nell’approccio con i suoi clienti, quanto nella scelta del sostegno, promozione e finanziamento delle altre attività collaterali e integrative. Una banca a misura di persona, che accoglie in modo amichevole e familiare i propri clienti cui riserva un trattamento assolutamente individuale. Questa attenzione e cura si estende anche agli altri progetti che la Banca promuove e sostiene credendo profondamente nella propria mission che non si confina solo nell’ambito
economico, ma si estende anche a quello sociale e culturale. All’interno dei suoi progetti, testimonianza di un profilo etico del proprio operato, ruolo prioritario lo ha Banca Sistema Arte, iniziativa volta alla valorizzazione e alla promozione dell’arte delle nuove generazioni di artisti che sono poi quelle più vulnerabili e sensibili nel difficile contesto culturale odierno. La Banca non si limita a produrre nei propri spazi una mostra di grande respiro – con pregevole pubblicazione – ma, come accadeva un tempo, si fa anche committente di un’opera che acquisisce per le proprie collezioni. Gli artisti sono scelti con criteri di affinità e gusto, senza rivolgersi ai nomi che consegna il mercato: quello che preme è proporre poetiche e riflessioni coerenti e solide, ricercando quella voce attiva dei giovani artisti il cui impegno e dedizione restano preziosa
Veduta della sala allestita per l’incontro Investire nell’Arte, Investire nei Giovani in occasione dell’inaugurazione della mostra antologica La Dilatazione dello Sguardo di Federico Unia, Banca Sistema, Milano In alto: Alessia Barrera, Direttore Marketing e Comunicazione di Banca Sistema 80 | espoarte 87
testimonianza di una matura e attenta ricerca in fieri che deve essere – proprio per gli aspetti profondi – aiutata e sostenuta. In merito al progetto Banca Sistema Arte abbiamo incontrato Alessia Barrera, Direttore Marketing e Comunicazione di Banca Sistema. Quando Banca Sistema decide di dedicare risorse e spazi all’arte contemporanea? Alessia Barrera: Banca Sistema Arte è un’iniziativa no-profit che nasce, già nel 2011, contestualmente alla creazione della Banca, per affiancare e promuovere il talento emergente in campo artistico e culturale. Cerchiamo, attraverso questo progetto, di offrire ai giovani artisti italiani occasioni di visibilità, in un’ottica di sostegno al loro lavoro, per favorirne l’ingresso nel mercato dell’arte e avviare con professionalità la loro carriera.
Federico Unia, La Cattura, 2014, tecnica mista su tela, cm 150x240. Collezione Banca Sistema
In questi tre anni avete operato su Roma e Milano, per poi concentrarvi quasi esclusivamente sul capoluogo lombardo. Che specificità hanno i due spazi, come li usate? Perché Milano in modo particolare? In realtà l’iniziativa è partita dalle sedi di Milano e Roma, per ampliarsi poi
contestualmente alla Banca. La sede di Milano è certamente quella con un potenziale maggiore, per via degli spazi: oltre 150mq dedicati interamente all’area espositiva. A Roma si è scelto di portare, nel 2013, una collettiva di giovani studenti dell’Accademia di Brera. Le opere sono diventate parte della Collezione Permanente della Banca e, per questa ragione, nel 2014, ad esempio, non si è proceduto con nuove mostre nella capitale, cercando piuttosto di dare spazio e visibilità alla collettiva. A Pisa, con la sede e la filiale che fanno parte di un complesso culturale più ampio e adiacente Palazzo Blu, si è scelto di portare Linda Carrara, finalista del Premio Cairo nel 2013 e vincitrice del Premio Terna nel 2014. Lei aveva già esposto all’interno del progetto Banca Sistema Arte, a Milano, nel 2012, ma oggi si trova nella sede di Pisa. Altro esempio è Padova, sede e filiale inaugurate di recente, che vede la presenza di una scultura di Alberto Gianfreda e una trentina di disegni di Elisa Bertaglia, anche questi giovanissimi artisti che, per affinità territoriale, abbiamo scelto di esporre in Veneto. Uno degli aspetti importanti è certamente quello di aver fatto entrare espoarte 87 | 81
massimo caccia intervista di Livia Savorelli
ANIMAL JUMPING TRA QUADRI E PAGINE ILLUSTRATE Poco importa che si tratti di una tavola, una tela o un foglio di carta. Il tratto minimale e grafico di Massimo Caccia interviene sugli spazi bianchi dando vita, con la delicatezza del segno e una colorazione volutamente antinaturalistica, ad un variegato mondo di personaggi, prelevati dal mondo animale, colti in situazioni inattese e pose enigmatiche. Le creature di Caccia si prestano, con ironia, ad essere indizi – registrati in scatti frammentari e sospesi – di una narrazione in divenire, volutamente mai svelata dall’artista. Un bizzarro, ma pur sempre caos che – celandosi nelle pieghe dell’ironia più immediata – esorcizza le paure e le debolezze dell’uomo contemporaneo. Un esercizio individuale, quello di Massimo Caccia, che diventa idealmente pratica collettiva. Da ormai due anni ti sei trasferito da Milano a Vigevano, in uno studio collocato in una ex scuola di Arti e Mestieri con all’interno altri atelier di artisti e artigiani. Da cosa è stato motivato questo trasferimento? Massimo Caccia: Dopo 18 anni a Milano avevo voglia di un cambiamento. Una mattina sono andato a Vigevano a trovare un amico e a visitare il suo nuovo studio. Appena ho visto il contesto nel quale era situato e, sapendo che da lì a pochi mesi si sarebbe liberato uno spazio, ho deciso che mi sarei trasferito. Il giorno stesso ho visto una casa, che è quella dove vivo, a 30 metri dallo studio. Ho pensato fosse un segno.
Veduta dello studio di Massimo Caccia Nella pagina a fianco: Massimo Caccia, Senza titolo, 2014, smalto su tavola, cm 75x75. Courtesy: Colossi arte contemporanea 86 | espoarte 87
espoarte 87 | 87
Andres Serrano intervista di isabella falbo
L’irriverenza della verità Andres Serrano (New York, 1950) è un artista che ha scelto di usare la macchina fotografica come proprio mezzo di espressione. La sua cifra caratteristica è la ritrattistica attraverso la quale, trasformando l’individuo in simbolo, esprime idee e concetti. Le tematiche che indaga provengono da un movimento libero nel reale in cui la dimensione del quotidiano aspira all’interazione con il divino in una logica rappresentativa interessata a far emergere rituali, atteggiamenti, pratiche e credenze dell’esistenza umana. Il linguaggio è spesso forte e scioccante ma semplice e comprensibile anche per chi non può capire, poiché Serrano concepisce l’arte come via alla liberazione, a cui tutti dovremmo aspirare. Isabella Falbo: Nei tuoi ritratti fotografici, i “vestimenti” assumono un ruolo di importanza fondamentale. Ad esempio nella serie Nomads (1990) appaiono ritratti come in una rivista di moda. Nessun grande brand ti ha mai contattato per commissionarti immagini di questo tipo? Qual è il tuo rapporto con questo universo? Cosa ne pensi della moda intesa come forma culturale e come mezzo di espressione artistica? Andres Serrano: Sì, vestimenti, o uniformi, sono importanti. È come la gente ti giudica. Con quello che indossi. Non ho mai fatto molto nella moda e non avrei voluto farlo. Un sacco di lavoro e senza retribuzione. E sono felice non mi venga richiesto, a meno che non sia pagato con un sacco di soldi. Sono un artista. Voglio solo fare le mie cose. Però mi piacerebbe realizzare una campagna pubblicitaria se ne avessi il totale controllo creativo. Quando avevo vent’anni, ho lavorato in un’agenzia di pubblicità per un paio di mesi e non ero in grado di decidere se volevo essere un art director o un copywriter. La critica ha più volte fatto riferimento a come, nei tuoi ritratti, emergano le influenze dell’arte rinascimentale e, in particolare, dell’iconografia religiosa del Rinascimento. Tuttavia trovo che in molte tue immagini venga a stabilirsi un legame intenso anche con la cultura del Barocco: in riferimento alla serie The Morgue (1992) penso all’immagine della malattia (epidemie), della morte, della dissoluzione dei corpi, della violenza “sanguinaria” del Barocco controriformista che diventa in Occidente “estetica morbosa”. Il Barocco è anche il momento in cui gli apparati vestimentiari e scenografici della Chiesa cattolica raggiungono, come mai prima, forma ritualmente caratterizzante e rindondante, caratteristica spesso presente nelle tue serie, come ad esempio in The Klan (1990); il Barocco inoltre è il periodo e la “forma” con cui in America centrale le culture preesistenti finiscono sincreticamente per “soccombere” definitivamente alla religione dei conquistatori europei. È il periodo ove prende forma la religiosità popolare latino americana con immagini sacre caratterizzate da 96 | espoarte 87
Andres Serrano, Picture of Fidel, serie Cuba, 2012. Courtesy: l’artista e Nathalie Obadia gallery
espoarte 87 | 97
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