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ANNO XVII | TRIMESTRE N.4 2016 | € 6,00
94 Cover Artist
SANDRO CHIA
Interview
EMILIO ISGRÒ AGATA BOETTI ALBERTO BIASI ILYA & EMILIA KABAKOV CESARE VIEL GEA CASOLARO ANGELO FILOMENO
SPeciale
BENI CULTURALI PARTE III
00066
OmaGGio a PIERO FOGLIATI
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772035
977008
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Trimestrale / Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale -70% NO / SAVONA MP-NO04659 / 2014 - Contiene I.P.
I NUOVI DIRETTORI DELLA RIFORMA FRANCESCHINI COLIVA, PAGELLA, ZUCHTRIEGEL
bancasistema.it Sosteniamo la giovane arte italiana.
GEOMETRIA F I G U R AT I VA SADIE BENNING ALEX BROWN
MAMIE HOLST
CHIP HUGHES XYLOR JANE ROBERT JANITZ ULRIKE MÜLLER
NICOLAS ROGGY
RICHARD TINKLER
F I G U R AT I V E GEOMETRY ORGANIZED BY BOB NICKAS
16/10/2016 2/4/2017
collezione permanente arte internazionale 1950-oggi giovedì-domenica prenotazioni tel: +39 0522 382484 info@collezionemaramotti.org www.collezionemaramotti.org via fratelli cervi 66 – reggio emilia
Dettaglio Galleria degli Uffizi. Firenze, 2011
ARTE
18 OTTOBRE 2016 - 14 GENNAIO 2017 Info arte@cubounipol.it
MARCO LANZA FUTURO REMOTO IMMAGINI DAI DEPOSITI DEI MUSEI ITALIANI a cura di Luca Farulli Progetto in collaborazione con il Museo di Storia Naturale, Università degli Studi di Firenze
Ingresso libero SPAZIO ARTE CUBO Centro Unipol BOlogna Piazza Vieira de Mello, 3 (BO) - Tel 051.507.6060 - www.cubounipol.it
L’Archivio Turi Simeti annuncia che è in preparazione il Catalogo Ragionato dell’artista, a cura di Antonio Addamiano e Federico Sardella. La pubblicazione, articolata in due tomi e dedicata alle opere su tela realizzate da Turi Simeti a partire dal 1960 sino ad oggi, sarà data alle stampe tra la f ine del 2016 e l’inizio del 2017 da Skira Editore. Da ottobre 2016 sarà possibile prenotare il Catalogo ragionato di Turi Simeti.
pRogRAmmA AUTUNNo 2016 vernissage 11 ottobre ‘Alberto Biasi. Light visions’ fino al 17 dicembre art fairs 14-17 ottobre Art Verona 19-27 novembre pAN Amsterdam
www.turisimeti.it archivioturisimeti@gmail.com
DEp ART milano, via Comelico 40 | wwwdepart.it | art@depart.it | 02 36535620 | mar - sab 10.30 - 19.00
Dettaglio Galleria degli Uffizi. Firenze, 2011
ARTE
23 NOVEMBRE ORE 18:00
FUTURO REMOTO
L’incontro è parte delle iniziative legate alla mostra temporanea:
IMMAGINI DAI DEPOSITI DEI MUSEI
Luca Farulli, docente di estetica all’Accademia di Belle Arti di Milano Brera e all’Università di Stoccarda, presenta Marco Lanza. Partecipano: FUTURO REMOTO Guido Chelazzi, IMMAGINI DAI DEPOSITI Presidente Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze DEI MUSEI ITALIANI Cristina Acidini, 18 OTTOBRE 2016 14 GENNAIO 2017 Presidente Accademia Arti del Disegno di Firenze SPAZIO ARTE
Segue performance video musicale dei Pastis.
Ingresso libero MEDIATECA CUBO Centro Unipol BOlogna Piazza Vieira de Mello, 3 (BO) - Tel 051.507.6060 - www.cubounipol.it
l ig ht in t o h e a v y a cura di Antonio D ’Amico e Francine Mur y
GIULIO CASSANELLI MATTEO EMERY GIANLUCA QUAGLIA
INAUGURAZIONE 25 ottobre ore 18.00 IN MOSTRA fino al 27 novembre 2016
MUST GALLERY
Via del Canvetto - 6900 Lugano - Svizzera +41 91 970 21 84 - info@mustgallery.ch - www.mustgallery.ch
Glaser/Kunz, Schwarze Säcke, Installation view
Glaser/Kunz
solo show 22.09.16 - 21.01.17
GALLERIA GAGLIARDI E DOMKE / GAGLIARDI ART SYSTEM VIA CERVINO 16, TORINO - info@gagliardiedomke.com - www.gagliardiedomke.com - +39 3401162988
typeklang.com
Domenico Grenci Sguardi 13.10. — 19.11.2016
Alessandro Casciaro Art Gallery
Via Cappuccini 26/a 39100 Bolzano. Italy
alessandrocasciaro.com
T/F +39 0471 975461
#94
“UN’UTOPIA IN UN GIOVANE, CRESCE BENE SE È ACCOMPAGNATA DA MEMORIA E DISCERNIMENTO. L’UTOPIA GUARDA AL FUTURO, LA MEMORIA GUARDA AL PASSATO, E IL PRESENTE SI DISCERNE”* di LIVIA SAVORELLI
Molti gli spunti offerti, in questo ricchissimo numero di inizio stagione, dalle intense interviste rilasciate dai protagonisti che si susseguono nelle pagine a seguire. Altrettanto intensi i rimandi da un contenuto all’altro che contribuiscono a delineare le linee di un pensiero, che parte dal ricorrente concetto di utopia. Un termine sicuramente non attuale, non “contemporaneo” per le nuove generazioni. Un concetto che, in certi filoni della letteratura quanto nella fantascienza cinematografica, è persino stato soppiantato dal suo contrario, la distopia – e la società del futuro difatti viene proiettata in un immaginario catastrofico e poco auspicabile – mentre nell’arte persiste e genera nuove coscienze ed aperture mentali. Questo afflato utopico tipico dell’arte permette, innanzitutto, di conservare uno sguardo “folle”, come sosteneva Piero Fogliati, che consente di guardare le “cose del mondo” con una prospettiva diversa, che permette di elaborare pensieri e progetti stupendi, come la creazione di una Città Fantastica orientata a rendere la vita cittadina esteticamente più godibile e ad innalzare la qualità di vita dei suoi abitanti. In più l’arte garantisce, con i meccanismi che mette in atto, una fuga nell’immaginazione come possibile salvezza dalla quotidianità, come sostengono da tempo Ilya ed Emilia Kabakov. Le tante domande su come poter dare un apporto significativo, in quanto artisti, per poter migliorare il mondo hanno trovato, ad esempio, una risposta nel progetto The Ship of Tolerance: «Noi crediamo che i bambini siano il nostro futuro e che sia nostra la responsabilità di salvaguardare il loro futuro. Perciò stiamo lavorando con loro e speriamo che questo progetto cambierà la vita di molti, avendo un impatto positivo su un numero ancora più grande di persone adulte». Insomma anche noi, unendoci al coro di queste voci, crediamo che in un mondo al collasso che stenta ad ancorarsi a valori, dove il profitto soppianta il diritto alla vita, pregiudicando anche il futuro delle generazioni a venire, l’arte possa generare una nuova forma di speranza e tessere le fila del cambiamento. Lo dimostrano progetti fortemente incentrati sul sociale come quello di Gea Casolaro, che ha avuto una compiuta realizzazione nel settembre scorso a Casale Monferrato, terra tristemente nota per il caso Eternit e per le tante, troppe, morti da amianto. Il Vivaio Eternot, collocato nell’area ora bonificata dove sorgeva la “fabbrica di morte”, è infatti un monumento vivo, che rappresenta e testimonia il dolore ma lo fa nella prospettiva di una rinascita. Un risveglio del senso di comunità per creare insieme un futuro diverso per le nuove generazioni, questo è anche quello che un’operazione artistica può innescare. Ma ci sono anche operazioni che, al linguaggio confuso e concitato di una comunicazione globalizzata, contrappongono una pura “cancellazione” come quella attuata da Emilio Isgrò. Partendo dalla considerazione che in una società bombardata da stimoli visivi, il peso di ogni singolo concetto perde necessariamente di valore, ci viene in aiuto il maestro: «La sovversione del linguaggio comune è l’arma più potente che gli artisti e i poeti hanno a disposizione per esprimere le loro idee e le loro emozioni. La parola “amore” ha probabilmente stancato, ma certo non ha stancato l’amore in sé. Se quella parola la sottraggo provvisoriamente alla lettura, essa ritorna miracolosamente a vivere, e con essa l’amore del mondo e degli uomini». * Papa Francesco
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espoarte #94
Sandro Chia, Lit Only By An Idea (Ritratto Alighiero), 2001, olio su tela, cm 200x130. Courtesy: Galleria Mazzoli, Modena
COLONIA (DE) 27-30 OTTOBRE 2016
SAREMO PRESENTI A: PAD. 12 | STAND I8-L9
STAND J12
MARIKA VICARI
CLAUDIA GIRAUDO
ALEX PINNA
MASSIMO CACCIA
FEDERICO INFANTE
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JERNEJ FORBICI
MATTEO MASSAGRANDE
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VIALE SANT ANTONIO 59/61 VARESE | 0332 320990 | INFO@PUNTOSULLARTE.IT | MAR-SAB 10-13 e 15-19
PUNTOSULLARTE.IT
indice #94 18 ANTINEUTRALE #19 | L’artista come curatore | di Roberto Floreani 20 EPPUR SI MUOVE #15 | C’era una volta... e forse c’è ancora! | di Christian Ghisellini 22 UPLOAD/DOWNLOAD | Data mining: arte come estrazione sintetica di dati. Eva e Franco Mattes | di Fulvio Chimento 24 ESERCIZI DI STILE – CONTEMPORARY TALES | Antonio Rava. Il contemporaneo e il suo restauro | di Luisa Castellini 26 ART LAWYERS – AVVOCATI DELL’ARTE | Il diritto di seguito | di Francesco Fabris e Simone Morabito
SPeciale
50 BENI CULTURALI: I NUOVI DIRETTORI DELLA RIFORMA FRANCESCHINI. VOL. 3 Ancora voce ai superdirettori, per la realtà (nuova) dei musei italiani | di Matteo Galbiati 52 Anna Coliva, la nuova direttrice “confermata” alla Galleria Borghese di Roma | Intervista di Antonio D’Amico 55 I Musei Reali di Torino, l’orgoglio di un’istituzione che ri-nasce: parola di Enrica Pagella | Intervista di Matteo Galbiati 58 Gabriel Zuchtriegel. La gente nei templi, Paestum torna a vivere | Intervista di Matteo Galbiati
92 TALKIN’ | Festival Maravee Ludo, l’incanto come esplorazione del sé/ mondo. Il racconto di Sabrina Zannier | di Silvia Conta
Giovani
96 VINCENZO MEROLA | Tra poesia visiva e composizione aleatoria | di Tommaso Evangelista 98 ETTORE PINELLI | Looking for something on the screen | di Gabriele Salvaterra 100 EMANUELE DASCANIO | Stupire con l’anima della figura | di Matteo Galbiati 102 SABA MASOUMIAN | Le Scatole di Saba, passaggi umani in scala ridotta | di Milena Becci
28 TALKIN’ EDITORIA | Piero Manzoni. Divorare l’arte | intervista a Guido Andrea Pautasso di Luca Bochicchio 30 EMILIO ISGRÒ | Quando la parola cancellata ridà immagine al pensiero | intervista di Matteo Galbiati 36 TALKIN’ | Nuovi riti e nuovi miti. L’arte negli anni del boom | intervista a Walter Guadagnini di Chiara Serri 40 CESARE VIEL | Talvolta solo nel buio... | intervista di Viviana Siviero 44 AGATA BOETTI | “La gente crede in Dio, io in Boetti!” | intervista di Francesca Di Giorgio
62 SANDRO CHIA | La pittura è un’anomalia | intervista di Kevin McManus 68 TALKIN’ | Antonio Verolino. Il tessile è antico come il marmo | di Chiara Serri 70 GEA CASOLARO | Chi semina arte mette radici | intervista di Francesca Di Giorgio 76 OMAGGIO A PIERO FOGLIATI | L’inventore solitario. “La mia tela è lo spazio” | di Alessandro Trabucco 82 OPEN STUDIOS | Paolo Cavinato | Stare in campagna per capire meglio il mondo | di Matteo Galbiati 86 ANGELO FILOMENO | Recto e verso | intervista di Roberto Lacarbonara
104 ILYA & EMILIA KABAKOV | Quando l’utopia incontra l’arte | intervista di Simone Rebora 110 TALKIN’ | Alberto Biasi. L’opera come “evento visivo” | di Matteo Galbiati 114 ARTE & IMPRESA | Julius Baer Art Collection: il DNA dell’arte svizzera | intervista a Barbara Staubli di Francesca Di Giorgio
ESPOARTE
Direttore editoriale Livia Savorelli
Registrazione del Tribunale di Savona n. 517 del 15 febbraio 2001
Publisher Diego Santamaria
Stampato in Italia da Bandecchi & Vivaldi s.r.l. Via Papa Giovanni XXIII 54, 56025 Pontedera (PI)
#94 | Anno XVII | Trimestre n.4 2016
Espoarte è un periodico di arte e cultura contemporanea edito dall’Associazione Culturale Arteam. © Proprietà letteraria riservata. È vietata la riproduzione, anche parziale, di testi pubblicati senza l’autorizzazione scritta della Direzione e dell’Editore. Le opinioni degli autori impegnano soltanto la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della direzione della rivista. Corrispondenza, comunicati, cartelle stampa, cataloghi e quanto utile alla redazione per la pubblicazione di articoli vanno inviati all’indirizzo di redazione. Tutti i materiali inviati, compresi manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non verranno restituiti.
Editore Ass. Cult. Arteam Redazione via Traversa dei Ceramisti 8/b 17012 Albissola Marina (SV) Tel. +39 019 4500744 redazione@espoarte.net www.espoarte.net Redazione grafica – Traffico pubblicità villaggiodellacomunicazione® traffico@villcom.net 14 | ESPOARTE 94
Segreteria di redazione Francesca Di Giorgio Direttore web Matteo Galbiati Direttore responsabile Silvia Campese Art Director Elena Borneto Rubriche Luisa Castellini, Fulvio Chimento, Francesco Fabris, Roberto Floreani, Christian Ghisellini, Simone Morabito Hanno collaborato a questo numero Milena Becci, Luca Bochicchio, Silvia Conta, Antonio D’Amico, Francesca Di Giorgio, Tommaso Evangelista, Matteo Galbiati, Roberto Lacarbonara, Kevin McManus, Simone Rebora, Gabriele Salvaterra, Chiara Serri, Viviana Siviero, Alessandro Trabucco
Focus
118 LE INFINITE STRADE DEL COLLEZIONISMO. CON IL “FLAUTO MAGICO” PAROLA AI COLLEZIONISTI | interviste di Matteo Galbiati
Distribuzione edicole MEPE Distribuzione Editoriale Via Ettore Bugatti 15, 20142 Milano (MI) Pubblicità - Direttore Commerciale Diego Santamaria Tel. 019 4500659 / Mob. 347 7782782 diego.santamaria@espoarte.net Abbonamenti Italia Annuale (4 numeri): 20 € Biennale (8 numeri): 36 € Triennale (12 numeri): 48 € Numeri arretrati: euro 10 a copia (spedizione in piego libri inclusa). Bonifico bancario anticipato. Oppure shop online su www.espoarte.net/shop c/c bancario Bonifico intestato a: Ass. Cult. Arteam IBAN: IT83V0569610600000010041X60 Banca Popolare di Sondrio - Agenzia di Savona Ufficio Abbonamenti abbonamenti@espoarte.net
SIAMO PRESENTI A:
14 - 17 Ottobre 2016 Isolo 17 Gallery Padiglione 12 - Stand L12
Direzione Giovanni Monzon Anno di fondazione, 2012
Artisti ad ArtVerona: Nadal Antelmo Yunier Gomez Luis Israel Gonzalez Yuri Limonte Andy Llanez Jorge Otero Karlos Perez Ramon Ramirez Juan Ramon Valdez (Yiki)
Autore: Nadal Antelmo Titolo: "Le voyeur" Istallazione FotograďŹ ca, 120x250 2005
Via XX Settembre, 31B | 37129 Verona ITALY spazioisolo17@gmail.com | www.isolo17.com GALLERY
antineutrale #19 di ROBERTO FLOREANI
L’ARTISTA COME CURATORE
Recentemente sono apparsi sulla stampa segni evidenti d’insofferenza verso quegli artisti dello star-system che si sono cimentati anche nella curatela di mostre. È accaduto nei confronti di Maurizio Cattelan e la sua Shit and Die presentata a Torino, accolta da La Repubblica con un beneaugurante “L’artista in pensione si reinventa curatore”, oltre che a Francesco Vezzoli che ha sollevato “un gran polverone”, come riferito dai giornali, per la mostra curata al Museion di Bolzano, in occasione della quale il direttore del museo ha spiegato che la scelta anomala poteva essere considerata tra la novità e la provocazione. Nel frattempo un più esplicito articolo “Artista, fai l’artista. Capito Vezzoli e Hirst?”, sottotitolato “una riflessione sull’eutanasia della critica” – dove sono citate anche le curatele più recenti di molti altri artisti quali Goshka Macuga e Tomas Demand alla Fondazione Prada, Christian Jankowski responsabile dell’undicesima edizione di Manifesta a Zurigo, Elmgreen & Dragset scelti per la prossima Biennale di Istanbul – apparso di recente su La Lettura, mette in chiaro che «spesso sono dilettanti sprovvisti di specifiche conoscenze… non di rado pronunciano giudizi poco controllati… si abbandonano a ironici motti di spirito… ma che evitano accuratamente di sfiorare il silenzio eloquente dell’arte… autentici turisti della critica». Può darsi sia tutto vero, ma questo significa che le ragioni con cui il Futurismo aveva prevenuto questa possibilità di stroncatura stilando un eloquente Manifesto contro i professori, condiviso da dilettanti del calibro di Boccioni (di cui è consigliabile una rilettura rapida anche solo del Manifesto della Scultura, datato 1912), erano più che fondate. La figura dell’artista-curatore-gallerista-critico ha quindi cent’an-
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ni passati: forse è il momento di farsene una ragione. Può darsi fossero provocatori, i Futuristi, ma certo non lo erano più di Piero Manzoni e Enrico Castellani, che nel 1959 aprirono la galleria Azimut e, nel giro di pochi mesi, fondarono la rivista Azimuth, dallo spiccato taglio teorico, segnando indelebilmente un periodo su cui la critica cominciò a discutere, da lontano, solo qualche anno dopo. Lo stesso Dorazio, in pochi mesi, nel 1950, apriva la galleria L’Age d’Or, la fondazione Origine e la rivista Arti visive, vitalizzando in modo decisivo l’àmbito artistico e critico di quegli anni. Sono molti gli esempi citabili in questa direzione: dall’autonomia critica dell’Azionismo viennese, centrata sulla figura di Rudolf Schwarzkogler, all’inafferrabilità teorica di Robert Smithson e Michael Heizer nella Land Art, fino alle indicazioni rabdomandiche di Giulio Paolini o alla visionarietà criptica di Gino de Dominicis, senza contare, per contro, il numero industriale di autentici disastri curatoriali ideati da “professionisti abilitati” visti in questi anni, dove abbiamo assistito perfino ad importanti tributi museali convintamente dedicati a Bob Dylan o a Björk. Vero è che poi ci si deve sorbire “L’Accademia delle Arti Immateriali” della grande affabulatrice Marina Abramović, l’artista che parla di sé in terza persona come i profeti, piovuta, per sua stessa ammissione, dallo spazio, ma, per contro, la cosa forse più convincente ideata da Damien Hirst resta la rabbiosa curatela, ancora studente del Goldsmiths Art College, della mostra Freeze (1988) dove inventò, di fatto, la Young British Artists (YBAs), dominante per oltre vent’anni e pluripremiata in pressoché tutte le edizioni dei successivi, prestigiosissimi Turner Prize. A volte accade anche ai dilettanti.
Piero Manzoni firma una modella trasformandola in Scultura vivente, Milano 1961. Courtesy: Fondazione Piero Manzoni, Milano
e Breil Loc. Cret d on ll ti â 11024 Ch ta) s o ’A d (Valle 563252 T +39 0166 ogamba.vda.it ll te s www.ca
Massimo Sacchetti Latitudine 46,7 Longitudine 7,6
2016 ∙ 10 8 31
06 ∙ 0
E’ la natura la protagonista dell’esposizione temporanea Latitudine 45.7 / Longitudine 7.6 presente in questi mesi al Castello Gamba. Si tratta quasi di un omaggio che l’artista, Massimo Sacchetti, fa alla Valle d’Aosta, attraverso i suoi paesaggi, colti nel mutare delle stagioni, che spingono l’osservatore a riflettere sulla bellezza dei luoghi del cuore e della memoria, spesso solamente evocati da tratti, linee e simboli, sospesi tra astrattismo e simbolismo.
I ORAR
bre 0 settem fino al 3 0 .0 9.00 - 19 rni) io re (tutti i g bre al 31 ottob o dal 1 ott .00 3 10.00 - 1 .00 edì) 7 14.00 - 1 lunedì e il mart il (chiuso
eppur si muove #15 di CHRISTIAN GHISELLINI
C’ERA UNA VOLTA… E FORSE C’È ANCORA! «Il tempo non ha importanza quando siamo felici. Non c’è né passato, né presente, né futuro.» Michaël Dudok de Wit
Un progetto durato dieci anni. Tutto è cominciato con il famoso Studio Ghibli che, affascinato dal bellissimo cortometraggio Father and daughter (Oscar per il miglior cortometraggio 2001), propone di produrre il primo lungometraggio da regista al suo autore, Michaël Dudok de Wit. Un film di animazione rischioso, un film che fonde, come non mai, tradizione e modernità, e che per il suo primato ha da subito fatto parlare di sé. È infatti la prima volta che lo Studio Ghibli lavora con una realtà esterna, per non parlare di un’intera produzione all’estero. Anche i tempi di produzione sono stati a dir poco anomali, la sceneggiatura iniziata nel 2007 dal regista ha preso lentamente forma in un animatic1 interamente curato da Dudok de Wit che solo nel 2013 ha dato inizio alla produzione presso lo studio Prima Linea, a Angoulême. Il merito va riconosciuto ai produttori Isao Takahata2 e Toshio Suzuki3, che hanno concesso non solo la totale libertà al re20 | ESPOARTE 94
gista ma anche la possibilità di seguire in Francia il processo creativo, e artistico, che ha portato lo studio Prima Linea e il capo animatore Jean-Christophe Lie a sperimentare una miscela di digitale e di mestiere. L’animazione dei personaggi realizzata non su carta ma direttamente su tavolette grafiche, adotta uno stile realistico, e a tal fine, si è ricorso alla tecnica dell’animationalytique, che consiste nell’osservazione di attori che mimano i movimenti per poi ispirarne i disegni per l’animazione; questa tecnica è diversa dal rotoscopio dove i movimenti degli attori sono ricalcati direttamente. Il digitale 3D, a differenza di quanto avviene ormai sempre più spesso in animazione, è stato utilizzato solo per due cose: la tartaruga e la zattera, mentre i fondali sono stati realizzati interamente a mano e a carboncino su carte che ne esaltano la grana. Un film di animazione, privo di alcun dialogo in cui a parlarci sono i rumori, i suoni della natura. Sentiamo le foglie nel vento, il fragore della pioggia, il canto degli uccelli, incon-
triamo dei personaggi poetici al chiaro di luna e la musica prende un’ampiezza lirica. Sogno e realtà, speranza e rassegnazione si fondono e confondono, dando forma ad un film di rara armonia: La Tortue Rouge. Questo film dimostra la forza dell’animazione pura!
1. L’animatic è una forma più avanzata di storyboard, in pratica il passo successivo in qualsiasi processo d’animazione. Si tratta di storyboard montati in sequenza ai quali viene aggiunta una traccia sonora temporanea (con musica e voci dei personaggi), in modo da creare un filmato che dia il senso del ritmo e aiuti a visualizzare la scena in maniera più dettagliata rispetto allo storyboard. 2. Isao Takahata (高畑 勲) (Prefettura di Mie, 29 ottobre 1935) è un animatore e regista giapponese noto per il suo importante apporto nel mondo degli anime, cofondatore dello Studio Ghibli. 3. Toshio Suzuki (鈴木 敏夫) (Nagoya, 19 agosto 1948) è un produttore cinematografico giapponese noto principalmente per il suo lavoro all’interno dello Studio Ghibli, di cui finanzia i lavori da oltre vent’anni, sin dalla sua nascita nel 1985.
Still da La tortue rouge, film diretto da Michaël Dudok de Wit, Francia, Giappone, 2016, prodotto da Arte France Cinéma, Prima Linea Productions, Studio Ghibli, Why Not Productions, Wild Bunch, durata 80 min
12a EDIZIONE
ART PROJECT FAIR
ICONA 2015 / ROBERT MONTGOMERY, IN THE SILENCE OF YOUR BONES
ARTVERONA.IT
14/17 OTTOBRE 2016 ORGANIZED BY
WITH THE PATRONAGE OF
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CO-MARKETING
upload / download di FULVIO CHIMENTO
DATA MINING: ARTE COME ESTRAZIONE SINTETICA DI DATI EVA E FRANCO MATTES Eva e Franco Mattes (1976) sono tra i principali interpreti a livello internazionale dell’arte legata ai nuovi media. Originari di Brescia, lavorano con continuità a New York dal 2006. Il loro medium è una combinazione di Internet, video e performance e la loro ricerca esplora le questioni etiche e morali che sorgono quando le persone interagiscono a distanza, in particolare attraverso i social media. Tra le principali mostre personali di cui sono stati protagonisti si segnalano Essex Flowers, New York;
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Postmasters Gallery, New York; Carroll / Fletcher, London; Site, Sheffield; PNCA, Portland; Plugin, Basilea. Nel 2016 sono gli unici artisti italiani invitati dalla Whitechapel Gallery di Londra per Electronic superhighway (2016-1966), una delle retrospettive più importanti sull’arte digitale organizzate negli ultimi anni. Di recente vincono il Creative Capital Award con un progetto intitolato Fukushima Texture Pack realizzato nelle campagne intorno a Fukushima, a cinque anni di distanza dalla
terribile esplosione che coinvolse la centrale nucleare giapponese. Noti al pubblico anche con il nome di 0100101110101101.org, hanno portato a compimento alcune delle operazioni artistiche più irrisorie del sistema artistico, ormai un cult nell’immaginario collettivo degli appassionati della “controcultura” di un certo livello. Tra tutte, ricordiamo la clonazione del sito del Vaticano (1999) e la diffusione nel 2001, in collaborazione con il gruppo [edipemiC], del virus Bien-
nale.py durante la 49esima Biennale di Venezia. Oggi Eva e Franco Mattes concentrano la propria attenzione artistica su temi che mirano a denunciare la fragilità del complesso sistema di relazioni (reali e virtuali) alla base della forma comunitaria della società presente. The Others (2011), una delle loro opere più significative, è un’installazione che si compone di 10.000 immagini, rubate dai pc di persone casuali grazie a un bug del software, proposte al pubblico nella sequenza in cui erano state archiviate dai proprietari nei loro computer. Lo scorrimento incessante delle foto dà libero accesso all’intimità di centinaia di persone, colte nelle loro case, tra amici e famigliari, in gesti quotidiani. Confini che sembravano protetti si dimostrano quanto mai evanescenti e illusori. Anche Emily’s Video (2012) tocca corde e nervi profondi: i due artisti giocano sull’ambiguità delle dinamiche del web mostrando le reazioni di persone che guardano un misterioso video. Gli artisti propongono a volontari scelti casualmente la visione del “video più raccapricciante che esista”, pescato su Darknet: una ragazza chiamata Emily (la loro assistente in quel periodo) si preoccupa di andare a casa loro e di filmare la loro reazione con una webcam. Alla fine il video originale viene distrutto, ma sopravvive nel gioco di specchi tra i protagonisti e lo spettatore. Uno dei progetti ai quali Eva e Franco Mattes dedicano maggiore attenzione in questi anni è Image Search Result (2014), un’idea acquistata da un altro artista, Kevin Bewersdorf, che riflette sul tema del data mining, definito nei manuali di informatica come “processo di estrazione di conoscenza da banche dati di grandi dimensioni tramite l’applicazione di algoritmi che individuano associazioni ‘nascoste’ tra le informazioni e le rendono visibili”. Queste informazioni, frutto di una rappresentazione sintetica di dati, sono quindi direttamente utilizzabili nell’ambito del decision marketing e diventano uno strumento potente teso al profitto economico. Fedeli a questo processo di “estrazione”, in Image Search Result Eva e Franco Mattes prendono dalla cronologia del loro computer le parole, per esempio “exhausted”, “worn out” e “guest”, e le scelgono come chiavi di ricerca di immagini. Il risultato è impresso su vari oggetti di uso quotidiano (tazze,
racchette da ping pong, cuscini, tende per doccia) che, dal centro stampa, vengono consegnati direttamente presso la location della mostra, dove sono spacchettati, visti per la prima volta e mostrati al pubblico. Image Search Result accende un dibattito sulla paternità dell’opera, dal momento in cui il suo stesso ideatore continua a produrre questo lavoro in modo indipendente rispetto ai due artisti italiani. Quale Image Search Result otterrà il più alto prezzo di vendita, la serie prodotta da Eva e Franco Mattes o quella di Kevin Bewersdorf? Ma il quesito più inquietante che Image Search Result lancia al fruitore riguarda nello specifico il data mining, poiché quelli stessi dati che hanno permesso l’estrazione su cui si basa l’opera sono anche ora in divenire. Image Search Result genera una coda che vive di vita propria: il motore di ricerca subisce un condizionamento e attiva un “comportamento” a ogni nuovo input, “organismo” che a ogni azione specifica innesca una determinata reazione. Così, nei giorni successivi a ogni nuova ricerca, il browser continua a proporci delle finestre coerenti con – e inerenti a – le chiavi di ricerca immesse. Ma questo “organismo” non ha filtri emotivi. Se il suo sistema non è protetto da filtri appositi, il comune utente che naviga in Internet diventa bersaglio di annunci di ristoranti, libri, film, ma subisce anche continui ammiccamenti a esperienze delicate: se si misura con una malattia, con un’interruzione di gravi-
danza o con la necessità di un intervento chirurgico e cerca informazioni in merito, continui memorandum di dolore riappariranno sulle sue pagine, nascosti dietro ad algoritmi studiati per fini di lucro. Eva e Franco Mattes, ancora una volta, ci invitano ad analizzare con sguardo attento e implacabile le dinamiche di Internet, un medium che ha determinato un nuovo modo di relazionarsi tra gli individui, ma che è ancora scarsamente indagato nelle sue dinamiche subliminali.
Eva e Franco Mattes, Internet image search result per “panic attack” stampata su diversi oggetti, 2016. Veduta della mostra presso Spring/Break Art Show, New York Nella pagina a fianco: Eva e Franco Mattes, Internet image search result per “worn out” stampata su diversi oggetti, 2016. Veduta della mostra presso Mata, Modena. Foto: Elenia Megna ESPOARTE 94 | 23
esercizi di stile contemporary tales di LUISA CASTELLINI
ANTONIO RAVA IL CONTEMPORANEO E IL SUO RESTAURO Quando nasce il restauro dell’arte contemporanea? Antonio Rava non ha dubbi. Con un atto di iconoclastia. È il 1986 quando, allo Stedelijk Museum, un visitatore, uno “squilibrato” armato di taglierino infligge una profonda ferita alla celebre opera di Barnett Newman intitolata proprio Who’s Afraid of Red, Yellow and Blue del 1967. Su suggerimento della vedova dell’artista, il restauro è affidato a Daniel Goldreyer, ma quando il quadro riappare, cinque anni dopo, perfettamente integro, la direzione del museo insorge. L’opera non è più la stessa: l’intervento è stato troppo invasivo. Il blu non è lo stesso blu. E via di cause legali. Anni dopo la seconda “occasione” per mano dello stesso uomo, che si scaglia contro Cathedra, sempre di Barnett Newman. L’équipe internazionale al quale è affidato il restauro decide però di condurre un intervento emblematico. Lascia traccia dell’accaduto perché parte integrante della storia dell’opera. Il restauro dell’arte contemporanea nasce
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sul campo prima di salire in cattedra ed è abituato a misurarsi con l’inatteso. Il vetro della bottiglia di Coca Cola in frantumi. Foglie, semi e giornali che si polverizzano. Pelli e animali che si decompongono. Materiali fragilissimi o magari scelti proprio per la loro caducità. Lo sa bene Antonio Rava quanto siano importanti certi limiti e il rapporto con l’artista. Classe 1952, vice presidente della sede italiana dell’International Institute for Conservation, per anni docente al Centro Conservazione Restauro La Venaria Reale, guida insieme alla moglie Rosetta Baratti e a due dei loro cinque figli, Filippo e Leone, una “bottega” di restauro di livello internazionale.
«Di solito si cerca di evitare che sia l’artista a intervenire sull’opera perché è impossibile chiedergli di mantenere il distacco necessario. Il processo
creativo riprende e “rischia” di fare un’altra opera». Spesso questa distanza, tra chi mette al mondo l’opera e chi se ne prende cura, è netta.
«Quando ho conosciuto Carol Rama a ogni domanda rispondeva: non sono fatti miei. Non dava assenso né rifiuto agli interventi». Ma non sempre è così, e basta restare a Torino per averne un esempio. «In questo periodo stiamo lavorando a un’opera di Piero Gilardi, un grande artista e un amico, che è sempre stato chiarissimo: finché sarà in vita vuole che i restauri siano rappresentativi del suo lavoro. Per cui non accetta interventi di “archiviazione” ma solo di rivitalizzazione». E se questo, in buona parte, è un confine ormai chiaro nel restauro dell’antico e del moderno, nel contemporaneo il gioco si complica. Pensiamo a tutte le opere realizzate con oggetti o materiali prodotti in serie. «Prendiamo un pannello di plexiglas o un neon: se sono ancora in commercio, o il proprietario ne ha fatto scorta, una volta sostituite le parti danneggiate, l’opera torna a essere perfetta. Non c’è alcuna contraddizione, ma in caso di interventi molto corposi può essere opportuno segnalarli o ridatarla». Diversi i casi in cui è proprio il tempo a essere parte integrante dell’opera. «Intervenire è allora un abuso. Emblematico l’atteggiamento di Joseph Beuys. Le sue opere dovevano testimoniare la vita e la morte, erano delle vanitas. Quando alcuni materiali hanno iniziato a decomporsi e a irrancidire e sono stati eseguiti degli interventi di sostituzione, lui le ha immediatamente rinnegate».
L’artista è l’interlocutore privilegiato ma non è l’unico ad avere voce in capitolo. Perché una volta donata al mondo, l’opera diventa patrimonio collettivo e delle generazioni future.
«Riconoscibilità e reversibilità sono principi assodati nel restauro. Sarebbe assurdo parlare di rigatino per l’arte contemporanea, ma il principio è lo stesso. Assicurare il futuro dell’opera e la possibilità di altri interventi, magari con materiali migliori». Ed è stato con un’opera di Mario Merz, che Rava ha compreso fino in fondo il valore della ricerca e della documentazione oltre che dell’incontro, quando possibile, con l’artista. «Stavamo restaurando Nella strada, del 1967. Un lavoro molto complesso: avevamo inserito alcune parti mancanti confrontandoci costantemente con Merz. A un certo punto, l’impasse sul tipo rosso di alcuni elementi. Le fotogra-
fie erano tutte ingiallite, per cui inutili. Solo confrontando con il sistema Munsell i punti di rosso di altre opere, intatte, ritratte insieme alla nostra, siamo riusciti a restituire al lavoro il suo rosso, inequivocabilmente». Le interviste agli artisti – memorabile quella a Kiefer – le fotografie, i filmati, i racconti di chi ha visto l’opera: tutto è indispensabile e precede la tecnica, sempre in evoluzione. Dal primo restauro – una tela di Sebastian Matta a New York nel ’79 – all’ultimo. Oggi Rava è alle prese con un’altra opera di Gilardi, ma diversa per composizione dalle altre, per cui sono necessarie nuove prove di stress sui materiali, mentre ha concluso da poco il restauro di quattro tele di Warhol di una collezione partenopea. «Fino a poco tempo fa si usava l’acqua per la pulitura dell’acrilico: oggi è assodato che così si tolgono degli elementi idrosolubili importanti, per cui si esegue solo a secco». Le acquisizioni più importanti si fanno sempre sul campo e Torino vanta una fortissima tradizione nel restauro. «Per anni siamo stati tutti impegnati alla Gam, dove sono conservate anche le oltre 200 opere che compongono il Museo Sperimentale di Eugenio Battisti ancora oggi, purtroppo, orfano di una sede espositiva
permanente». Si è mai imbattuto in dei falsi? «Ne ho visti più nell’antico che nel contemporaneo. Di recente ho portato un disegno alla Fondazione Fontana ed è stato riconosciuto come non autentico. In questi casi sono un semplice tramite». Quanta attenzione c’è oggi per la conservazione delle opere di arte contemporanea? «Tantissima. Tutti lo hanno capito. L’arte contemporanea sana vale. Altrimenti no».
Un’opera di Carol Rama (collezione privata) restaurata da Antonio Rava. All’artista torinese è dedicata una grande mostra alla Gam di Torino dal 12 ottobre 2016. Nella pagina a fianco: Antonio Rava ha restaurato molte opere di Piero Gilardi. Mare (1966, oggi in collezione privata) è stata riportata alle condizioni originali di leggibilità e il gabbiano è stato rimodellato in collaborazione con l’artista. ESPOARTE 94 | 25
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