Espoarte Digital 81 e 1/2

Page 1

digital Cover Artist

arturo martini Il genio di Martini celebrato a Faenza e Bologna

Interviste

Zhang Huan Adrian Paci Daniel GonzĂĄlez Alessandro Biggio

Giovani

AUTUMN SELECTION chi sono, cosa fanno e quanto costano

Grandi mostre 2013 Il meglio della nuova stagione

Maratona Biennale 2013

I protagonisti dentro e attorno alla Kermesse veneziana

www.espoarte.net

81 ½


20 settembre | 27 ottobre 2013 a cura di Pietro C. Marani e Carlo Sala

GIUSEPPE GONELLA INVOLVED via luigi porro lambertenghi 6, milano tel 02 87246945 info@galleriagiovannibonelli.it www.galleriagiovannibonelli.it


Espoarte Digital

ESPOARTE DIGITAL #81 ½ Espoarte Digital è un progetto editoriale di Espoarte in edizione esclusivamente digitale, tutto da sfogliare e da leggere, con i migliori contenuti pubblicati sul sito www.espoarte.net e molti altri realizzati ad hoc.

www.espoarte.net

Cover

Arturo Martini, Attesa (La Veglia), 1931-32, terra refrattaria, cm 213x145x63. Opera nella mostra “Arturo Martini. Creature, il sogno della terracotta”, Palazzo Fava - Palazzo delle Esposizioni, 22 settembre 2013 – 12 gennaio 2014

#tag cloud su questo numero si parla di...

ESPOARTE Registrazione del Tribunale di Savona n. 517 del 15 febbraio 2001 Espoarte è un periodico di arte e cultura contemporanea edito dall’Associazione Culturale Arteam. © Proprietà letteraria riservata. È vietata la riproduzione, anche parziale, di testi pubblicati senza l’autorizzazione scritta della Direzione e dell’Editore. Corrispondenza, comunicati, cartelle stampa, cataloghi e quanto utile alla redazione per la pubblicazione di articoli vanno inviati all’indirizzo di redazione. Le opinioni degli autori impegnano soltanto la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della direzione della rivista. Tutti i materiali inviati, compresi manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non verranno restituiti.

81 ½

La nuova stagione: le grandi mostre 2013 Martini, De Pisis, Sironi, Carrà, Pollock, Baj, Albers, Kandinsky, Malevič, Filonov, Gončarova, Cézanne, Antonello Da Messina, Warhol, Rodin, Escher, Collezione Unicredit, Renoir, Munch, Officina Pratese, Zurbarán, Seicento Lombardo, Cleopatra, Giovanni Fattori, Liberty, La ragazza con l’orecchino di perla, Wunderkammer, L. Fabro ART MASTERS IN GALLERIA: C. Andre, Boetti, Biasi, Manzoni, Fontana, Burri, Boetti, Castellani, Calder & Melotti, Stefanoni, Chia, Cucchi, Clemente, De Maria, Paladino giovani | autumn selection (Chi sono, cosa fanno e quanto costano): Marcello Carrà, Ettore Tripodi, Marco Pezzotta, Pierpaolo Lista, Giuseppe Gonella, Luca Moscariello, Elisa Saggiomo, Melissa Provezza, Tamás Jovánovics, Serena Vestrucci

Editore Ass. Cult. Arteam

Direttore Editoriale Livia Savorelli Publisher Diego Santamaria Direttore Web Matteo Galbiati Segreteria di Redazione Francesca Di Giorgio Direttore Responsabile Silvia Campese Redazione via Traversa dei Ceramisti 8/b 17012 Albissola Marina (SV) Tel. +39 019 4004123 redazione@espoarte.net Art Director Elena Borneto Redazione grafica – Traffico pubblicità villaggiodellacomunicazione® traffico@villcom.net Pubblicità Direttore Commerciale Diego Santamaria Tel. 019 4500659 iphone 347 7782782 diego.santamaria@espoarte.net Emanuela Canepa Cell. 339 3418867 emanuela.canepa@espoarte.net Ufficio Abbonamenti abbonamenti@espoarte.net

Hanno collaborato a questo numero: Martina Adamuccio, Ilaria Bignotti, Ginevra Bria, Lara Caccia, Chiara Canali, Francesca Caputo, Silvia Casagrande, Silvia Conta, Francesca Di Giorgio, Jack Fisher, Matteo Galbiati, Elena Girelli, Simone Rebora, Gabriele Salvaterra, Alessandro Trabucco, Daniela Trincia, Igor Zanti, Mattia Zappile

E ANCORA... Adele Maria Costantini Adrian Paci Ai Weiwei Alfredo Cramerotti Angelo Casciello Anthony Caro Antonio Marras Antonio Nardone arcos – museo d’arte contemporanea sannio Arles ArtVerona Biennale Di Venezia Biennale Internazionale di Scultura Ca’ Dandolo Camilla Boemio Carey Lovelace Castello di Rivoli Céline Condorelli César Meneghetti Chiara Gatti Cildo Meireles Claudio Cerritelli Claudio Tovazzi Cortile della Casa di Giulietta Damián Ortega Daniel Gonzàlez Danilo Bucchi Disobedience Archive Doris Ghetta Elena Modorati Emanuela Mazzonis FaMa Gallery Fiorella Minervino Fondazione Ragghianti Forte Belvedere Francesco Vezzoli François Bucher Galleria Ghetta Gervasuti Foundation Giacomo Nicolella Maschietti Gordon Parks

Guido Crepax HangarBicocca Jeremy Deller Joan Jonas Joana Vasconcelos João Maria Gusmão Jonathan Watkins Juan Muñoz La Forza della Modernità Leonardo Conti Libreria-Galleria d’arte Derbylius Luciano Bobba Marco Scotini Maria Flora Giubilei Mat Collishaw Maurizio Bortolotti MAXXI Micol Assaël Miguel Amado Museo Correr Nicoletta Pallini Clemente PAC Padiglione America LatinaIILA Padiglione Canada Padiglione Gran Bretagna Padiglione Iraq Padiglione Maldive Padiglione Portogallo Padiglione Della Repubblica Del Kenya Padiglione Santa Sede Padiglione Tibet Padiglione Usa Palazzo Collicola Arti Visive Palazzo Fortuny Palazzo Reale Palazzo Vecchio Palazzo Widmann Pedro Paiva PoliArt Contemporary Ragnar Kjartansson Real Castello di Racconigi

Riccardo Costantini Contemporary Rosalia Pasqualino di Marineo Ruggero Maggi Sarah Sze Sergi Barnils Shary Boyle Silvia Camporesi Spazio Transiti Sponge Living Space Tàpies. Lo Sguardo Dell’artista Valerio Terraroli Vicente Todolì Wow Spazio Fumetto Wunderkammer. Camera Delle Meraviglie Contemporanea Yuri Ancarani Zhang Huan Zuecca Project Space

www.espoarte.net 3


Espoarte Digital

CAMPAGNA ABBONAMENTI

www.espoarte.net

Abbonati e parti!

Con Espoarte e vai in vacanza con la tua famiglia! ACqUISTA O RINNOVA UN ABBONAMENTO ANNUALE AD ESPOARTE (20,00 EURO), RICEVERAI IN OMAGGIO UN VOUCHER RESORT.

RESORTS DEL CIRCUITO DIAMOND RESORTS INTERNATIONAL® Con sede a Las Vegas, nello stato del Nevada, Stati Uniti d’America, Diamond Resorts International® è una tra le più importanti società internazionali, con un portfolio che comprende oltre 220 complessi turistici residenziali di proprietà e affiliati, 27.000 posti letti in 28 Paesi, dagli Stati Uniti al Messico, ai Caraibi, dall’Europa all’Asia, fino all’Australia e all’Africa. Fedele ai principi di qualità, scelta e comfort nei confronti di più di 419.000 famiglie associate grazie alla proverbiale ospitalità, Diamond Resorts International® è costantemente impegnata a offrire agli ospiti l’opportunità di vivere ogni volta vacanze esclusive e indimenticabili, all’insegna della comodità e del relax.

VOUCHER RESORT Il Voucher Resort offre la possibilità di pernottare 8 giorni/ 7 notti, per un nucleo familiare (max. 4/6 componenti) nei resort aderenti alla promozione del circuito Diamond Resorts International®. LE STRUTTURE Tutti i Resort sono di standard qualitativo eccellente, offrono servizi di pregio pensati in particolar modo per le esigenze della famiglia e di chi vuole trascorrere una settimana in completo relax e nel divertimento. Tutti gli appartamenti messi a disposizione sono composti da una zona giorno, una zona notte, una cucina completamente attrezzata comprensiva di elettrodomestici e di un bagno confortevole.

“Dopo tutto Diamond Resorts International® è da sempre impegnata a garantire ai suoi ospiti una vacanza in assoluto relax...”. Stephen J. Cloobeck CEO Diamond Resorts International®

SAHARA SUNSET

16 | espoarte 81 4


Espoarte Digital

www.espoarte.net

I RESORT ADERENTI ALLA PROMOZIONE SONO:

Sahara Sunset MáLAGA COSTA DEL SOL

Servizi negli appartamenti MAX. 4 PERSONE Cucina completa di: frigo, forno, forno a microonde, bollitore, stoviglie; Bagno completo di: asciugacapelli, doccia, kit da bagno omaggio; aria condizionata, TV, lettore DVD. Servizi offerti dal Resort: • Ristoranti • Piscina + Piscina per bambini In Door e Out Door • Spa • Fitness Center • Altri Altre informazioni: www.voucheresort.com/voucheresort/ sahara.asp

Los Amigos Beach Club

Santa Barbara Golf And Ocean Club

Servizi negli appartamenti MAX. 4 PERSONE Cucina completa di: frigo, forno, forno a micronde, bollitore, stoviglie; Bagno completo di: asciugacapelli, doccia, kit da bagno omaggio; lavatrice, aria condizionata, TV, lettore DVD, stereo.

Servizi negli appartamenti MAX. 4 PERSONE Cucina completa di: frigo, forno, forno a microonde, bollitore, stoviglie e lavastoviglie; Bagno completo di: asciugacapelli, doccia, kit da bagno omaggio; aria condizionata, TV, lettore DVD.

MáLAGA COSTA DEL SOL

Servizi offerti dal Resort: • Ristoranti • Piscina Out Door • Solarium • Parco giochi • Fitness Center • Altri Altre informazioni: www.voucheresort.com/voucheresort/ losamigos.asp

LOS AMIGOS BEACH CLUB

TENERIFE ISOLE CANARIE

Servizi offerti dal Resort: • Ristoranti • Piscina Out Door • Solarium • Parco giochi • Fitness Center • Altri Altre informazioni: www.voucheresort.com/voucheresort/ barbara.asp

SANTA BARBARA GOLF AND OCEAN CLUB

Aderisci all’offerta... il Voucher è garantito per tutti! CAMPAGNA ABBONAMENTI espoarte 81 | 17 5


Espoarte Digital

CAMPAGNA ABBONAMENTI

www.espoarte.net

Abbonati e parti! LEGGERE ATTENTAMENTE:

TARGET 8. Il presente Voucher Resort ha validità di 12 mesi dalla “data di registrazione” del PIN sul sito www.voucheresort.com; Il Pin dovrà essere registrato entro 3 mesi dalla data di emissione.

• Nucleo familiare composto da almeno 2 adulti. Per famiglie con figli possibile, previa disponibilità, riservare appartamenti fino ad un massimo di 4 persone, estendibile fino a massimo 6 persone su richiesta; • Gli adulti devono essere coniugati o conviventi da almeno 3 anni e (almeno uno di essi) deve avere una età compresa tra i 30 e i 65 anni; • Gli adulti (almeno uno di essi) devono essere possessori di reddito (dipendente/autonomo/pensionato); • I suddetti requisiti saranno inseriti, da parte della famiglia fruitrice, in fase di registrazione del voucher.

9. Un versamento di € 48,00 (Euro: quarantotto/00) a persona, per servizi amministrativi, dovrà essere effettuato contestualmente alla Prenotazione; 10. La disdetta della Prenotazione, per essere tenuta in considerazione, deve pervenire per iscritto entro 45 giorni dalla data di invio della stessa o comunque almeno 30 giorni prima della partenza del soggiorno confermato; solo in tal caso verrà rimborsata la somma versata per servizi amministrativi all’atto della Prenotazione. Nessuna altra somma, a qualsiasi titolo e/o ragione, Vi sarà dovuta;

SPECIFICHE • Il voucher non comprende il vitto (cibo e bevande) e il viaggio (a ad esempio Volo a/r, trasporti dal/al aeroporto/treno/pullman, trasporti vari);

11. Fino a 30 giorni prima della data di partenza prescelta si provvederà ad inoltrare i documenti di soggiorno in caso di riscontrata disponibilità od a restituire la somma versata per servizi amministrativi ove mancasse la indicata disponibilità, anche per eventuali date alternative proposte;

TERMINI E CONDIZIONI 1. Il Voucher Resort è valido per un soggiorno di una settimana per un nucleo familiare composto da un massimo di quattro persone, previa disponibilità, in un appartamento di uno dei Resort (Complessi Turistici Residenziali) aderenti al programma;

12. Per ogni eventuale contestazione o controversia è convenzionalmente attribuita competenza esclusiva al Foro di Milano. 13. Espoarte e Associazione Culturale Arteam non sono in alcun modo responsabili per Voucher Resort e tutti i servizi ad esso collegati. Per tutte le informazioni, le problematiche e/o controversie legate a Voucher Resort si deve far riferimento esclusivamente a Simply Group SRL for Diamond Resorts International® (dati al fondo).

2. I coniugi della famiglia, debbono avere una età compresa tra i 30 e i 65 anni e debbono essere possessori di reddito (dipendente od autonomo). È una promozione riservata alla famiglia; quindi, non è possibile ospitare componenti singoli della famiglia; 3. La sistemazione avverrà in un appartamento di uno dei Resort che aderisce a tale iniziativa promozionale. Durante il soggiorno la famiglia dovrà partecipare alla presentazione del nuovo concetto vacanze Club/Resort durante una colazione e/o cena offerta dal Resort. Inoltre, nella maggior parte dei Resort potrete fruire del ricco programma di intrattenimenti come anche delle offerte per le escursioni;

COME FUNZIONA IL VOUCHER • Ogni Voucher Resort ha un codice PIN che dovrà essere registrato sul sito www.voucheresort.com entro la data indicata sul Voucher Resort (digitale o cartaceo); • Il Voucher ha una validità di 12 mesi dal momento in cui il cliente registra il proprio codice PIN; • Prenotare è facilissimo, si sceglie liberamente il Resort preferito consultando l’elenco nel sito (tra i 3 Resort aderenti alla promozione) e si invia una richiesta di disponibilità, tramite il sistema, per il periodo scelto e numero di viaggiatori; • Il customer service, verifica la disponibilità e la comunica al cliente che deve confermare entro 48 ore effettuando il versamento di 48€ a persona. Confermato il pagamento vengono inviati tutti i documenti necessari e di conferma del booking.

4. Il Modulo di Prenotazione di tale Voucher Resort dovrà essere compilato via WEB sul sito www.voucheresort.com almeno 90 giorni prima della data di partenza prescelta. Comunque, per le seguenti festività: Capodanno, Pasqua, Agosto e Natale, la disponibilità è estremamente limitata; 5. Il presente Voucher Resort non è cedibile, rivendibile, vendibile, al pubblico o redimibile in contanti. È stato creato esclusivamente per scopi promozionali; 6. È possibile fruire di un unico Voucher Resort per anno solare relativamente allo stesso nucleo familiare. Difatti, i Voucher Resort non sono cumulabili per lo stesso nucleo familiare;

PER INFO E PRENOTAZIONI

Simply Group SRL con Socio Unico for Diamond Resorts International® Via Vasto 1 – 20121 Milano - P.Iva 07987990962 Tel. 02.89368612/06

7. Si declina ogni responsabilità per false dichiarazioni effettuate da terzi. I presenti Termini e Condizioni sono gli unici validi e non possono essere alterati;

18 | espoarte 81 6


Espoarte Digital

www.espoarte.net

espoarte

contemporary art magazine

SELEZIONARE LA FORMULA DI ABBONAMENTO SCELTA:

ANNUALE

RINNOVO (ho già un abbonamento attivo in corso; il rinnovo prorogherà il mio abbonamento di 1 anno)

DURATA: 1 ANN0 (4 NUMERI) PREZZO: 20 EURO

DURATA: 1 ANN0 (4 NUMERI) OLTRE L’ABBONAMENTO GIà IN CORSO

PREZZO: 20 EURO con

VOUCHER RESORT DIAMOND RESORTS INTERNATIONAL®

con

PREZZO: IN OMAGGIO

VOUCHER RESORT DIAMOND RESORTS INTERNATIONAL®

PREZZO: IN OMAGGIO

LA MODALITà DI PAGAMENTO SCELTA È: VERSAMENTO SU C/C POSTALE

BONIFICO BANCARIO

c/c postale n. 40196131

IBaN: It54 p063 1049 2600 0000 4051 380

Versamento su c/c postale n. 40196131 intestato a associazione Culturale arteam

Bonifico bancario su c/c intestato a associazione Culturale arteam con codice IBaN: It54 p063 1049 2600 0000 4051 380

PAyPAL

Link pagamento: http://bit.ly/espoarte-abbonamento-voucher Inviate questa pagina debitamente compilata via fax (019 4500744) o tramite posta elettronica (scrivere a: abbonamenti@espoarte. net) allegando l’ID della transazione paypal

Causale: abbonamento annuale con voucher resort. Gli abbonamenti saranno attivati al momento dell’accredito del relativo pagamento. per ottimizzare i tempi, vi preghiamo di inviare il presente modulo (anche in fotocopia) assieme all’attestazione di pagamento a: espoarte - UFFICIo aBBoNaMeNtI, via traversa dei Ceramisti 8/b, 17012 albissola Marina (sV). per ogni informazione chiamate il n. 019 4004123 o scrivete a: abbonamenti@espoarte.net INTESTATARIO ABBONAMENTO: COGNOME NOME PROFESSIONE INDIRIZZO CITTà

CAP

PROV.

EMAIL* (* L’indirizzo email è obbligatorio e indispensabile per l’invio del Voucher resort.) TEL./CELL. Informativa D.L. 196/2003. I suoi dati daranno trattati da associazione Culturale arteam per dar corso al suo abbonamento. a tale scopo è indispensabile il conferimento dei dati anagrafici. I suoi dati potranno essere trattati anche per effettuare indagini di mercato, per l’invio di vantaggiose offerte e proposte commerciali e informazioni su eventi culturali. I suoi dati potranno essre comunicati ad altre aziende, le quali potranno adoperarli per le medesime finalità sopra illustrate. L’elenco aggiornato delle aziende a cui saranno comunicati i suoi dati e dei responsabili potrà in qualunque momento essere richiesto al numero 019.4004123. Lei può in ogni momento e gratuitamente esercitare i diritti previsti dall’articolo 7 del D.L. 196/2003 scrivendo a: associazione Culturale arteam - Ufficio privacy - via Cilea 25 - 17012 albissola Marina (sV)

Ho letto e accetto l’informativa sulla privacy e i termini e le condizioni d’uso del Voucher resort offerto da Diamond resorts International®. DATA

FIRMA

Aderisci all’offerta... il Voucher è garantito per tutti! CAMPAGNA ABBONAMENTI espoarte 81 | 19 7



Espoarte Digital

www.espoarte.net

La nuova stagione: le grandi mostre 2013 di matteo galbiati Scorrendo i programmi delle principali istituzioni italiane, abbiamo verificato come, in tempi di profonda crisi, quando tutto pare essere vittima di severi tagli di bilancio, le istituzioni culturali italiane – spesso proprio le prime vittime dei ridimensionamenti economici o ingiustamente tacciate di inerzia e indolenza – riescano a mantenersi invece attive e vitali, proponendo grandi progetti espostivi che possono, per la qualità stessa dei contenuti e degli studiosi che vi si sono dedicati, conciliare la speranza di una ripresa vigorosa che non può che passare, prima di tutto, proprio dalla cultura. Si deve capire che la necessità prima di questo lavoro non si finalizza con mostre che si percepiscono solo come motivo e momento di svago, ma devono essere un segno, un input ad osservare e a capire, ad aprire gli occhi non solo sul passato, lontano o vicino, ma soprattutto su quello che gli artisti veicolano con le loro idee. Devono essere stimoli al pensiero che resta senza tempo e, per questo, sempre valido e attuale. Visti gli sforzi – commisurati anche a grandi

sacrifici – che sottostanno a questi progetti, c’è sembrato doveroso, anche se solo per piccoli accenni, riassumere una selezione degli appuntamenti più significativi, senza privilegiare il taglio prettamente contemporaneo che ha da sempre distinto la nostra testata. Consigliare questi percorsi diventa per noi il mezzo per ringraziare “velocemente” chi ha reso possibile questi piccoli miracoli espositivi, ma anche modo per uscire da quelle logiche che procedono per compartimenti stagni che non giovano all’impegno di chi comunica la cultura. Inoltre diventa mezzo per incontrare le esigenze e le richieste di un pubblico allargato. L’arte resta una fonte inesauribile di emozioni che danno a tutti – senza alcun pregiudizio – la possibilità di ripensare l’intelligente forza che scaturisce di fronte all’ammirazione del bello. Non a caso la scelta per la cover di questo nuovo numero digitale è dedicata ad un grande progetto espositivo incentrato sulla figura di Arturo Martini, indiscusso protagonista della storia dell’arte italiana e internazionale. Auguriamo a tutti una buona visita, quali che siano le scelte di ognuno.

Il genio di Arturo Martini tra Bologna e Faenza Frutto della sinergia tra la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, una doppia mostra dedicata al protagonista della scultura italiana del ‘900: Arturo Martini. A Bologna la mostra Arturo Martini. Creature, il sogno della terracotta, a cura di Nico Stringa, propone, per la prima volta assieme, le grandi terrecotte ad esemplare unico realizzate direttamente dall’artista tra il 1928 e il 1932. A Faenza la mostra Arturo Martini. Armonie, figure tra mito e realtà, a cura di Claudia Casali, direttrice del Museo Internazionale delle Ceramiche, espone una cinquantina di opere, significative della sua poetica e della sua idea di “armonia”, sia attraverso l’interpretazione della figura femminile tra mito e realtà, sia attraverso le opere degli ultimi anni caratterizzate da una accentuata ricerca formale. Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni | Bologna 22 settembre 2013 – 12 gennaio 2014 www.genusbononiae.it MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza) | Faenza (RA) 13 ottobre 2013 – 30 marzo 2014 www.micfaenza.org

Arturo Martini, Leda, 1926, gesso, cm 185x53x70. Collezione privata. Opera nella mostra “Arturo Martini. Armonie, figure tra mito e realtà”, Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza 9



Espoarte Digital

www.espoarte.net

DE PISIS EN VOYAGE. ROMA PARIGI LONDRA MILANO VENEZIA Di De Pisis questa mostra vuole evidenziare quell’aspetto cosmopolita che l’ha portato a viaggiare incessantemente per le capitali di un’Europa che, negli anni ‘30 - ‘40, gli fornisce gli stimoli e la luce di una cultura moderna, attuale e in rutilante evoluzione. Intellettuale, senza frontiere, individua nei maggiori centri del vecchio continente i luoghi d’elezione dove condurre la sua ricerca espressiva. La selezione di opere presentate – un’ottantina di capolavori provenienti da musei nazionali e da collezioni private – rispecchia il suo interesse principale indirizzato ad un’attenta analisi degli ambienti, delle persone che li vivono, della natura che li caratterizza.
 Attraverso le tappe del suo viaggio si vogliono evidenziare le scoperte e le maturazioni pittoriche che De Pisis ha seguito in questo suo costante spostarsi, seguendo una pittura in cui traspare l’ambiguità di una vena malinconica: tra i tratti rapidi e sintetici, attraverso un colore sfuggente, dietro una semplicità scarna e un’esuberante felicità, si insinua un costante e protratto dolore esistenziale. La mostra si concentra su alcuni temi fissi, cari all’artista, che meglio gli fanno esprimere le sue personali inquietudini. Fondazione Magnani Rocca | Mamiano di Traversetolo (PR) 13 settembre - 8 dicembre 2013 www.magnanirocca.it

Filippo de Pisis, Cantiere a Milano, 1940, olio su tela, GAM, Torino

SIRONI LO STUDIO DALL’ANTICO Il pubblico scopre in mostra una trentina di lavori su carta – inediti e presentati per la prima volta in quest’occasione – in cui Sironi riproduce opere derivate dall’osservazione degli antichi maestri. La testimonianza di queste carte diventa imprescindibile per la comprensione di quanto l’eredità della tradizione antica abbia avuto un ruolo decisivo per Sironi, il quale non si è limitato semplicemente a copiarla, ma l’ha interpretata e rivissuta alla luce della realizzazione, nel presente, della sua arte nuova, cui l’antica è stata, appunto, contributo fondamentale. Musei Civici agli Eremitani | Padova 21 settembre - 24 novembre 2013

I PAESAGGI DI CARRÀ. 1921-1964 Per la prima volta un museo svizzero dedica una così grande retrospettiva all’opera di questo protagonista della moderna pittura italiana ed europea. Carlo Carrà figura determinante nel panorama culturale italiano dei primi del Novecento, tra i fondatori del movimento futurista, ebbe frequentazioni con i maggiori artisti dell’epoca grazie a continui viaggi, soprattutto a Parigi, dove conobbe Apollinaire e Picasso. In collegamento con le avanguardie europee si fece conoscere a livello internazionale. Fu dopo la guerra che mutò il proprio atteggiamento, dedicandosi ad un intenso studio dei pittori “classici” italiani sancendo il recupero, in modo moderno, dei “primitivi”. Sono questi gli anni della sua pittura “primordiale”. La mostra guida lo spettatore nella comprensione profonda di questo artista attraverso le fasi salienti della sua parabola artistica. Museo d’arte di Mendrisio | Mendrisio (Svizzera) 22 settembre 2013 - 19 gennaio 2014 www.mendrisio.ch/museo

Carlo Carrà, La casa di Merate, 1958, olio su tela, cm 50x60, Collezione privata, Milano 11


Espoarte Digital

www.espoarte.net

POLLOCK E GLI IRASCIBILI. LA SCUOLA DI NEW YORK Per l’Autunno Americano del Comune di Milano, con l’eccezionale collaborazione del Whitney Museum di New York che ha prestato oltre 60 capolavori della sua collezione, Palazzo Reale ospita i maggiori protagonisti che, definiti come Irascibili dopo il celeberrimo episodio di protesta rivolto al Metropolitan Museum of Art, rientrano nella cosiddetta Scuola di New York. Pollock in primo luogo, ma anche Kline, de Kooning… tutti riuniti in questa mostra a testimoniare la loro personalissima rivoluzione artistica, fatta di rottura con la storia e il passato e forte di una sperimentazione e di un’energia peculiari che ha portato loro a interpretare nuovamente non solo la tela come spazio della pittura, ma il modo stesso di “scriverla”. Questo fenomeno artistico americano sarà destinato ad influenzare e condizionare in modo travolgente tutta l’arte successiva. Palazzo Reale | Milano 24 settembre 2013 – 16 febbraio 2014 www.comune.milano.it

Jackson Pollock, Number 17, 1950 / “Fireworks”, 1950, olio, smalto, vernice di alluminio al bordo, cm 56,8x56,5. © Jackson Pollock by SIAE 2013 © Whitney Museum of American Art

ENRICO BAJ. BAMBINI, ULTRACORPI E ALTRE STORIE Per il decennale della sua scomparsa, questa mostra celebra Enrico Baj presentando al pubblico una selezione di lavori degli anni Cinquanta che mostrano come l’artista, dopo averla ripresa, fa evolvere la matrice dada e surrealista da cui li ha originati. Accanto a questi importanti lavori del fondatore del Movimento Nucleare (con Sergio Dangelo) l’esposizione si completa di una ricca raccolta di documenti originali e manifesti, riviste e fotografie, testimonianza della sua fervida e intensa attività, segno di una creatività feconda e personalissima. Questa mostra permette al pubblico di incontrare la ricerca di uno dei protagonisti di un’irripetibile stagione culturale. Fondazione Arnaldo Pomodoro | Milano 25 settembre – 20 dicembre 2013 www.fondazionearnaldopomodoro.it

Enrico Baj, Vieni qua biondina, 1959, olio e collage su tela ready-made, cm 90x105 12



NEW ENTRY

NEW ENTRY

MARCUS JANSEN

MARCUS JANSEN GALLERIA BIANCA MARIA RIZZI & MATTHIAS RITTER Via Cadolini 27 GALLERIA 20137 Milano BIANCA MARIA RIZZI & MATTHIAS RITTER T 02 5831 4940 Via Cadolini 27 M 347 3100 295 20137 Milano info@galleriabiancamariarizzi.com T 02 www.galleriabiancamariarizzi.com 5831 4940

M 347 3100 295 info@galleriabiancamariarizzi.com www.galleriabiancamariarizzi.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net

JOSEF ALBERS: SUBLIME OPTICS In questa mostra ci si confronta con la ricerca del grande artista modernista ed esponente del Bauhaus, Josef Albers, protagonista qui della prima esposizione monografica a lui dedicata a Milano. Il dato rilevante rimane la scelta del “tema” che ruota attorno alla componente spirituale dell’arte dell’artista tedesco. Albers, che era cattolico, è riuscito ad incorporare il linguaggio figurativo tipico della tradizione cristiana in molti dei suoi lavori astratti, facendosi interprete della metamorfosi del colore e del tratto-segno quale evento spirituale, che riesce a sfociare, quasi, in fenomeni di natura mistica. Rari disegni giovanili, vetri colorati, vetri sabbiati e una selezione di dipinti astratti sono il perno di questo percorso espositivo, snodato in oltre settanta lavori, ideale panorama di tutta la sua ricerca artistica dall’inizio agli ultimissimi anni. Appare evidente come, secondo quanto asseriva lo stesso Albers, ma soprattutto dalle sue opere, l’arte abbia origine dalla discrepanza che si ha tra fatto fisico ed effetto psichico. Fondazione Stelline | Milano 26 settembre 2013 – 6 gennaio 2014 www.stelline.it www.albersfoundation.org

Josef Albers, Homage to the Square, 1967. © 2013 The Josef and Anni Albers Foundation/Artists Rights Society New York

L’AVANGUARDIA RUSSA, LA SIBERIA E L’ORIENTE. KANDINSKY, MALEVIČ, FILONOV, GONČAROVA Per la prima volta a livello internazionale una mostra indaga e riconosce l’importanza determinante che le fonti orientali ed eurasiatiche hanno avuto per il Modernismo russo. Gli artisti avanguardisti vengono riscoperti alla luce delle loro imprescindibili fonti di ispirazione e dei loro modelli che provenivano dal vicino e lontano Oriente. Nel clima che precede di poco la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, gli autori russi mostravano, al contempo, attrazione e paura per i temi desunti dall’esotico, ma anche dall’ignoto che l’incontro con un’altra cultura comportava. Posizione di rilievo viene posta sugli artisti radicali russi che influenzarono lo sviluppo dell’arte moderna all’inizio del secolo scorso. Palazzo Strozzi | Firenze 27 settembre 2013 – 19 gennaio 2014 www.palazzostrozzi.org

CéZANNE E GLI ARTISTI ITALIANI DEL XX SECOLO Cézanne riveste indubbiamente il ruolo di maestro da cui nasce tutta l’arte contemporanea e il suo linguaggio resta il vero esempio di pittura rivoluzionaria, in cui la luminosità del colore, riducendosi ai suoi principi e termini fondamentali, ha stimolato una nuova concezione creativa nelle generazioni a lui successive. Questa mostra vuole indagare come il linguaggio di Cezanne sia penetrato e abbia sortito i suoi effetti nell’arte italiana del XX secolo, influenzando i maggiori protagonisti dagli inizi del Novecento fino al secondo dopoguerra. Complesso del Vittoriano | Roma 4 ottobre 2013 – 2 febbraio 2014

15


Espoarte Digital

www.espoarte.net

ANTONELLO DA MESSINA Il museo trentino, grazie ad eccezionali prestiti concessi per l’occasione, presenta un’indagine davvero articolata, con uno sguardo originale, sulla figura di uno dei maggiori pittori del Quattrocento e sulla sua epoca. Gli intrecci storicoartistici e le controversie ancora aperte sono il punto di forza di questa mostra che cerca di proporne e approfondirne i nuovi percorsi di interpretazione critica.
La rilettura di Antonello da Messina si concentra soprattutto sulla sua innovativa capacità di arrivare ad una profonda analisi psicologica dei soggetti ritratti, dato che ne eleva l’intelligenza poetica e la sensibilità nel cogliere e catturare le caratteristiche più intime dell’esistere. MART | Rovereto (TN) 5 ottobre 2013 - 12 gennaio 2014 www.mart.tn.it

Antonello da Messina, Madonna con bambino (Madonna Benson), 1475, Andrew W. Mellon Collection, 1937 National Gallery of Art, Washington

ANDY WARHOL. UNA STORIA AMERICANA La mostra dedicata al maestro della Pop Art prosegue l’attività di indagine condotta dalla Fondazione Palazzo Blu sui grandi maestri del Novecento. Di Warhol si riuniscono 150 opere che tracciano un percorso completo attraverso il variegato pensiero creativo dell’artista americano. Lo spettatore potrà leggere tutti quei temi che hanno reso la figura di Warhol celebre e tra le più emblematiche icone di quello spostamento progressivo dell’asse dell’arte contemporanea dalla centralità europea all’eminenza degli Stati Uniti. Processo cui certamente la Pop Art – con Warhol in evidenza – ha dato un contributo determinante. Palazzo Blu | Pisa 12 ottobre 2013 – 2 febbraio 2014 www.palazzoblu.org www.mostrawarhol.it Andy Warhol, Skull, 1976, serigrafia e acrilico su tela, MUMOK, Vienna (foto © museum moderner kunst stiftung ludwig wien, On loan from the Austrian Ludwig Foundation) © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc.,by SIAE 2013 16


Espoarte Digital

RODIN. IL MARMO, LA VITA

www.espoarte.net

In collaborazione con il Museo Rodin di Parigi, a Milano sarà allestita la mostra più completa
mai organizzata sulle sculture in marmo di Auguste Rodin. Oltre 60 opere stupiranno il pubblico offrendo il linguaggio scultoreo di uno dei più grandi innovatori della tradizione plastica moderna. La mostra si suddivide in tre sezioni ciascuna indirizzata su un aspetto specifico del suo lavoro. Nella prima incontriamo quelle opere che ruotano attorno all’illusione della carne e della sensualità, essenzialmente parte delle esperienze giovanili. Nella seconda si approda alla maturità dell’artista francese capace di elaborare poderose figure dentro la pietra. Nella terza si definisce quella straordinaria poetica dell’incompiuto tipica della sua ultima produzione. Rodin, maestro del marmo, forniva alla scultura una vitalità così eccezionale per il tempo che apriva questo linguaggio alla sua inedita modernità. Palazzo Reale | Milano 17 ottobre 2013 – 26 gennaio 2014 www.comune.milano.it

Auguste Rodin, Illusione, sorella di Icaro, 1894-1896 © Musée Rodin, Parigi. Foto: Christian Baraja

L’ENIGMA ESCHER. PARADOSSI GRAFICI TRA ARTE E GEOMETRIA

130 opere, che provengono da prestigiose collezioni pubbliche e private italiane, raccontano la storia del famoso grafico e incisore olandese dagli inizi della sua carriera fino alle opere della maturità. Lo sguardo potrà muoversi attraverso le sue costruzioni paradossali, ammirando i suoi celebri mondi improbabili ed esplorando il senso della dimensione dell’infinito che da sempre suggeriscono. La mostra non sarà dedicata solo ad Escher ma, in una sezione specifica, questo sarà messo a confronto con altri importanti autori – antecedenti e successivi – a testimoniare come la sua ricerca sia correlata e inserita in una dimensione artistica precisa. Con particolari installazioni il visitatore potrà anche “immergersi” nel magico modo di Escher per meglio comprendere e raggiungere la creatività di questo singolarissimo artista. Palazzo Magnani | Reggio Emilia 19 ottobre 2013 – 23 febbraio 2014 www.palazzomagnani.it

17


Espoarte Digital

www.espoarte.net

GRANDE MAGIA. OPERE SCELTE DALLA COLLEZIONE UNICREDIT Con 90 opere della Collezione UniCredit si avvia un racconto che ha come filo conduttore il tema della “magia”, soggetto che si presenta in modo ricorrente nei brani tramandatici dalla storia dell’arte. La mostra copre un arco cronologico che va dal Cinquecento fino a spingersi nel pieno del nostro tempo. Questa offre lo spunto per analizzare come, proprio con l’arte, si verifichi quell’arcano processo di trasformazione della materia che, grazie alla sua concretizzazione in opera, si vivifica. Una magia che irrompe con una forza simbolica sottratta ad ogni logica o razionalizzazione scientifica. Senza contare che, il primo potere magico dell’arte, resta quello della sua capacità seduttrice per lo sguardo e lo spirito. MAMbo | Bologna 20 ottobre 2013 – 16 febbraio 2014 www.mambo-bologna.org www.unicreditgroup.eu

RENOIR DALLE COLLEZIONI DEL MUSÉE D’ORSAY E DELL’ORANGERIE Circa sessanta capolavori del Musée d’Orsay e del Musée de l’Orangerie danno corpo a questa completa rassegna che documenta e riassume tutta l’attività, durata un cinquantennio, di Pierre-Auguste Renoir. Le opere, suddivise in nove sezioni tematiche, vanno dagli esordi all’esperienza impressionista, fino alla ricerca autonoma di fine carriera, quando ormai si era progressivamente allontanamento dall’Impressionismo. In mostra sono esposti anche gli strumenti di lavoro dell’artista: la tavolozza, la scatola di colori, i pennelli. Di Renoir emerge la grande varietà e qualità della sua tecnica pittorica, oltre a mostrarsi la diversità dei temi e dei soggetti affrontati. L’artista ci affascina sempre per la bellezza che raggiungono i suoi soggetti, attraversati nel colore da una luce sorprendente, frutto di una coscienza pittorica divenuta senza tempo. La mostra di Torino rende omaggio all’artista francese, ripercorrendone la vicenda artistica e umana, attraverso un numero straordinario di assoluti capolavori, molti dei quali mai esposti prima in Italia. GAM | Torino 23 ottobre 2013 – 23 febbraio 2014 www.mostrarenoir.it www.gamtorino.it

Auguste Renoir, Bouquet, 1900, olio su tela, cm 40x30, Musée de l’Orangerie, Parigi (RF 1963 15) © Franck Raux RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari 18


Espoarte Digital

www.espoarte.net

EDVARD MUNCH Tutto il mondo celebra il 150o della nascita di Edvard Munch con numerose mostre e iniziative. L’omaggio italiano si apre con questa imperdibile retrospettiva che, destinata a richiamare un grande pubblico, racconta il sublime artista norvegese con oltre 120 opere esposte. Un vero miracolo dal punto di vista dei prestiti concessi. A Palazzo Ducale la mostra vuole essere rappresentativa sia del percorso artistico che esistenziale di Munch, testimoniando il passaggio da forme vicine al naturalismo ad un’audace e personale espressione che sconvolgerà tutta l’arte del XX secolo. Forse uno dei primi, e pochi, ad aver davvero attuato una netta rottura con quanto avvenuto prima e ad aver traghettato l’arte verso i nuovi linguaggi della contemporaneità. Palazzo Ducale | Genova 6 novembre 2013 – 24 aprile 2014 www.palazzoducale.genova.it

Edvard Munch, The Girls on the Bridge, 1918, xilografia e litografia, cm 58,2x42,9, Ars Longa, Collezione Vita Brevis © The Munch Museum / The Munch-Ellingsen Group by SIAE 2013

In Calendario: OFFICINA PRATESE. DA DONATELLO A FILIPPINO LIPPI Palazzo Pretorio | Prato 13 settembre 2013 – 13 gennaio 2014 www.palazzopretorio.prato.it 1. Filippo Lippi e bottega, Assunta con Santa Margherita, donatrice, San Gregorio magno, San Tommaso, Sant’Agostino e l’arcangelo Raffaele con Tobiolo, Prato, Museo di Palazzo Pretorio

Zurbarán (1598 – 1664) Palazzo dei Diamanti | Ferrara 14 settembre 2013 – 6 gennaio 2014 www.palazzodiamanti.it 1

SEICENTO LOMBARDO A BRERA. CAPOLAVORI E RISCOPERTE Pinacoteca di Brera | Milano 8 ottobre 2013 – 21 gennaio 2014 www.brera.beniculturali.it

2

2. Antonio d’Enrico detto Tanzio da Varallo, Ritratto di gentildonna, 161316, olio su tela, cm 80x58

19


Espoarte Digital

www.espoarte.net

CLEOPATRA. ROMA E L’INCANTESIMO DELL’EGITTO Chiostro del Bramante | Roma 12 ottobre 2013 – 2 febbraio 2014 www.chiostrodelbramante.it 3. Ritratto di Cleopatra VII, seconda metà I sec. a.C., marmo, cm 21, già Collezione Naham, Collezione privata

GIOVANNI FATTORI. CAPOLAVORI DA COLLEZIONI PRIVATE GAM Manzoni | Milano 25 ottobre – 21 dicembre 2013 www.gammanzoni.com 4. Giovanni Fattori, Riposo in Maremma, 1875 circa, olio su tela, cm 35x72,5

LIBERTY UNO STILE PER L’ITALIA MODERNA Musei San Domenico | Forlì (FC) 1 febbraio – 15 giugno 2014 www.cultura.comune.forli.fc.it

3

6

5. Giorgio Kienerk, L’enigma umano: il dolore, il silenzio, il piacere (particolare del trittico), post 1900, olio su tela, Musei Civici, Pavia

LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA Palazzo Fava | Bologna 8 febbraio – 25 maggio 2014 www.genusbononiae.it 6. Jan Vermeer, La ragazza con l’orecchino di perla, 1665 circa, olio su tela, cm 44,5x39, Royal Picture Gallery Mauritshuis, L’Aia

4

WUNDERKAMMER. ARTE, NATURA, MERAVIGLIA DI IERI E OGGI Poldi Pezzoli e Gallerie d’Italia | Milano 8 novembre 2013 – 2 marzo 2014 www.gallerieditalia.com www.museopoldipezzoli.it Luciano Fabro. Disegno In-Opera GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea | Bergamo 4 ottobre 2013 - 6 gennaio 2014 www.gamec.it

5 20


Concorso internazionale IscrIzIonI prorogaTE fIno al 15 oTTobrE 2013 Mostre dei 60 finalisti in Italia, Germania e Francia

Sezioni in concorso: pittura, scultura e fotografia Totale premi in denaro: Euro 9.000,00 Ai 60 finalisti saranno riservate una mostra pubblica a Reggio Emilia e due esposizioni presso Galleria Rosemarie Bassi di Remagen (Germania) e Galleria Invisible di Marsiglia (Francia).

pEr InforMazIonI: RezArte Contemporanea Condominio Liberty Via Emilia Ospizio, 34/D 42122 Reggio Emilia Tel. 0522 333351 www.galleriarezarte.it rezartepremiotricolore@gmail.com

Bando disponibile all’indirizzo

www.galleriarezarte.it



Espoarte Digital

www.espoarte.net

Art Masters in Galleria: Carl Andre Galleria Alfonso Artiaco | Napoli 13 settembre - 9 novembre 2013 www.alfonsoartiaco.com Alighiero Boetti. La magia delle parole, opere su carta 1964 - 1990 Repetto Projects | Milano 27 settembre - 16 novembre 2013 www.repettoprojects.com

1

1. Alighiero Boetti, Aerei, 1980, biro nera su carta applicata su tela, cm 26,5x58,5

Alberto Biasi, opere dal 1959 al 2013 Galleria Allegra Ravizza | Lugano (nuova sede) 27 settembre - 27 novembre 2013 www.allegraravizza.com Bianco Italia. Da Manzoni a Fontana, da Burri a Boetti e Castellani... Tornabuoni Arte | Firenze (nuova sede) 4 ottobre - 9 novembre 2013 www.tornabuoniarte.it Calder & Melotti. Children of the Sky Ronchini Gallery | Londra 11 ottobre - 30 novembre 2013 www.ronchinigallery.com

2

2. Calder & Melotti. A destra: Poster designed by Calder honouring Teodelapio on request of the Mayor of Spoleto, 1964. A sinistra: Fausto Melotti, Untitled, 1980

Tino Stefanoni. L’enigma dell’ovvio Galleria Gruppo Credito Valtellinese | Milano 20 novembre 2013 - 11 gennaio 2014 www.creval.it 3. Tino Stefanoni, Segnale stradale regolamentare, 1969, cm 90x90x90

Chia, Cucchi, Clemente, De Maria, Paladino. Opere grafiche Casa Turese | Vitulano (BN) dal 26 ottobre 2013 www.casaturese.it

3 23



giovani

autumn selection

Chi sono, cosa fanno e quanto costano a cura di francesca di giorgio e matteo galbiati

Al via una nuova stagione per le gallerie. Occhio puntato sui giovani che aprono la stagione espositiva. Dopo la pausa estiva, “curiosiamo” tra le programmazioni, per scoprire, e proporvi, qualche suggerimento sulle mostre personali che vedono protagonisti, in Italia e all’estero, nuovi nomi che si stanno facendo strada. Qualche spunto sulla poetica di ciascuno, anticipazioni sui progetti in corso e futuri insieme ad un’opera con tutte le coordinate del caso (valore compreso!). Una selezione utile per orientarsi nel mercato che ci auguriamo sia di buon auspicio soprattutto per le nuove proposte di questo autunno 2013..


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Marcello Carrà L’artista ferrarese colpisce immediatamente per i suoi disegni – alcuni arrivano a dimensioni davvero ragguardevoli – in cui emerge chiaro l’amore istintivo e naturale per il segno che lui traduce in immagini dalla sorprendente meticolosità rappresentativa. Tema del suo lavoro sono soggetti tratti dalla natura e dall’arte e rappresentati, grazie ad un’indiscutibile abilità tecnica, con una veridicità raffinata in ogni dettaglio. Queste presenze, isolate e decontestualizzate sul foglio, costringono ad un’osservazione attenta che trasferisce poi la riflessione sull’immagine ad altri valori. Le tematiche naturalistiche e ambientali, sviluppate con precisione calligrafica in opere quasi monumentali, si legano così a considerazioni più intimiste ed esistenziali. I suoi esseri o i suoi microcosmi conferiscono allo sguardo dello spettatore gli aspetti ambigui e contraddittori di una bellezza che svela sottilmente il paradosso della loro vita tesa tra due estremi opposti: da una parte una grande resistenza e perfezione, dall’altra una fragilità passiva e un’indifesa caducità rispetto all’assoluto. Carrà evidenzia una metafora che diventa immediato parallelo con la condizione esistenziale dell’uomo. Soggetto della mostra in corso, l’Agnus Dei – una rielaborazione dell’omonima opera di Zurbarán cui è dedicata la mostra a Palazzo dei Diamanti – nella cui forma s’insinuano altri soggetti che evidenziano una metamorfosi continua tra il tema del bene e quello del male. [Matteo Galbiati] Mostra in corso: Marcello Carrà. Le Metamorfosi dell’Agnus Dei di Zurbarán, a cura di Chiara Zocchi, MLB Home Gallery,
 Corso Ercole I d’Este 3, Ferrara, 14 settembre - 1 dicembre 2013 Biografia: Marcello Carrà è nato a Ferrara nel 1976. Si laurea nel 2003 in Ingegneria Civile presso l’Università di Ferrara. Ha esposto a Bruxelles (OFF Art Fair), Basilea (Scope Basel), alla Biennale di Venezia, ad ArteFiera a Bologna, a Ferrara (MLB home gallery, Museo di Storia Naturale, Museo Casa Ludovico Ariosto), a Bologna, Milano e Broni (Villa Nuova Italia). Info: www.marcellocarra.it www.marialiviabrunelli.com

26

L’opera: L’isola dei morti, 2013, penna biro su carta, courtesy MLB Home Gallery valore: € 3.800,00 (segnalato da MLB Home Gallery, Ferrara)


Espoarte Digital

www.espoarte.net

ETTORE TRIPODI

L’opera: Le ultime parole di Babele, 2013, tecnica mista su carta, cm 30x30 valore: € 600,00 (segnalato da Studio d’Arte Cannaviello)

Alla sua prima mostra in uno spazio museale, Ettore Tripodi ha scelto di presentare opere che transitano, in un suggestivo raccordo, dai lavori realizzati in precedenza ad una selezione attenta degli ultimi e più recenti esiti della sua ricerca. La sua visione si connota attraverso immagini e disegni che pullulano di forme e presenze riconoscibili, nati tutti da gesti precisi, ma che restituiscono sempre l’idea di un apparente stato di caotica evoluzione progressiva e ancora diveniente. Le virtù segniche e immaginifiche sono degne di un miniatore d’altri tempi, una cura tecnica e una conoscenza precisa non facilmente riscontrabili in artisti della sua stessa generazione. La visionarietà delle sue immagini risponde ad una spinta che non si imbriglia mai in una razionalizzazione figurativa determinata dal dover raccontare una storia, ma il suo processo narrativo si sospende sempre, a-cronologicamente, in un susseguirsi di episodi quasi solo accennati – per quanto ricchi di presenze – che portano il racconto a non esaurire mai le sue vive e perturbanti sollecitazioni cui contribuisce, non dimeno, l’uso snaturante e visionariamente astraente delle cromie. [Matteo Galbiati] Mostra in corso: Umberto Chiodi. Crossage e Ettore Tripodi. La città degli immortali a cura di Alberto Zanchetta, Museo d’Arte Contemporanea, Viale Padania 6, Lissone (MB) – 14 settembre - 13 ottobre 2013 Biografia: Ettore Tripodi è nato a Milano nel 1985. Si è diplomato in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Vive e lavora a Milano. Info: www.ettoretripodi.it www.cannaviello.net www.museolissone.it

27


Espoarte Digital

www.espoarte.net

MARCO PEZZOTTA

L’opera: Significant others, 2013, digital print, ferro e vetro, 4 elementi da cm 22x25x2,5 cad. valore: variabile (in funzione dell’installazione site-specific)

Il suo lavoro ha come coerente filo conduttore – dalle prime alle più recenti esperienze – l’analisi del rapporto che intercorre tra un’entità singola e l’insieme ad essa omogenea. La problematica evidenziata è quella della formulazione dei processi e della coscienza legati all’identità, in lui qualità mobile e mutevole, mai inquadrabile e definibile in una coincidenza solo apparente. Nei suoi processi seriali costituisce e descrive gruppi dove il valore del singolo definisce ontologicamente la stessa identità collettiva di cui fa parte. Identità ripetuta o divisa da tutti gli elementi del gruppo. L’opera qui pubblicata, Faceless Part2, diventa emblematica: ognuna mostra al suo interno l’immagine degli altri tre elementi inseriti nello spazio.... Emerge il vuoto lasciato proprio dal fotogramma, il singolo, che stiamo guardando. Ogni oggetto è narrato e narra gli altri componenti, ma non è in grado di raccontare completamente se stesso se non in loro funzione. [Matteo Galbiati] Mostra in corso: Faceless Part2, Freiraum Quartier21, International Museums Quartier, Vienna (Austria) – 27 settembre - 11 novembre 2013 Quartier21 Residency Program, Vienna, (Austria) – 1 - 31ottobre 2013 Biografia: Marco Pezzotta è nato nel 1985 a Seriate (BG). Nel 2009 si è laureato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Nel 2013 consegue il Meisterschüler alla Kunsthochschule Berlin Weissensee di Berlino (Germania). Vive e lavora a Berlino. Info: www.marcopezzotta.com www.beoproject.org

28


Espoarte Digital

www.espoarte.net

PIERPAOLO LISTA Pierpaolo Lista ha scelto un supporto speciale per la sua pittura: ha sostituito alla tavola o alla tela le lastre di vetro. Potrebbe non essere un dato significativo o particolarmente insolito se non fosse che questa superficie genera il tratto saliente e peculiare della figurazione pittorica del giovane artista campano. Egli infatti procede secondo un processo non “filologico”, perché invece di ricavare la visione dell’immagine ritratta sedimentando colore frontalmente, preferisce invertirne le coordinate: dipinge sul retro, lavora sul lato opposto del supporto trasparente e quello che si ricava “dietro” diventa il fronte dell’opera. Se da una parte l’atto creativo resta controllato e determinato dalla perizia e dalla coscienza dell’artista, dall’altra l’opera somma anche un’importante componente dettata dal caso e dall’attimo. Per questo il disegno e il colore possono affiorare ed emergere con forme non totalmente prevedibili, nelle quali la stessa pittura perde la sua consueta matericità per mostrarsi come una visione eterea e surreale, un frammento concreto della memoria. [Matteo Galbiati] Mostra in corso: Pierpaolo Lista. Unknown Destination a cura di Antonello Tolve, Dino Morra arte contemporanea, vico Belledonne a Chiaia 6, Napoli – 17 settembre - 31 ottobre 2013 Biografia: Pierpaolo Lista è nato a Salerno nel 1977. Si è diplomato al Liceo Artistico di Eboli (SA). Vive a Paestum (SA) e lavora tra Salerno e Milano. Info: www.dinomorraartecontemporanea.eu

29

L’opera: Salto nel vuoto, 2013, smalto su vetro, cm 120x100, courtesy Dino Morra arte contemporanea, Napoli valore: € 2.500,00 (segnalato da Dino Morra arte contemporanea)


Espoarte Digital

www.espoarte.net

GIUSEPPE GONELLA Involved. Coinvolto. Il titolo del più recente progetto personale di Giuseppe Gonella è una chiara constatazione di ciò che le sue opere inducono: un coinvolgimento emotivo, diretto risultato di una pittura complessa (non a caso “complicato” è tra i significati di involved...) che lascia spazio a molteplici interpretazioni perché costruita su, e da, livelli differenti, a volte complementari a volte contrastanti, che aprono orizzonti all’interrogativo. Per “descrivere” la pittura di Gonella si potrebbe scegliere di procedere ad una lettura per negazioni e opposti: non è una pittura astratta ma contiene il figurativo, evoca ma non descrive, non è narrativa ma spinge a cercare gli elementi per ricostruire delle storie, distanti dall’oggettività dei fatti. Tutti gli elementi che concorrono alla composizione formale, tecnica compresa, sono così funzionali a restituire un’immagine dai contorni sfumati, determinata nel suo presentarsi ai nostri occhi con la forza del colore ma, allo stesso tempo, sfuggente come il tempo di un gesto e una situazione di cui sembra essersi perso il filo degli eventi. [Francesca Di Giorgio] Mostra in corso: Giuseppe Gonella. Involved, a cura di Pietro C. Marani e Carlo Sala, Galleria Giovanni Bonelli, Via Luigi Porro Lambertenghi 6, Milano, 20 settembre - 27 ottobre 2013 Biografia: Giuseppe Gonella è nato a Motta di Livenza (TV) nel 1984. Vive a lavora a Berlino. È stato titolare dell’atelier della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia dove ha esposto in diverse collettive tra cui la 89ma collettiva giovani (2005), Atelier 8 x 12, SS.Cosma e Damiano, I borsisti della 89ma (2006), Spritz Time (2007) e Suspense (2010). Tra le più recenti mostre personali: Evidence of time, Chiostro Madonna dell’Orto, Venezia (2013); No place left to hide, Casa dei Carraresi, Treviso (2012); Suspanded Oscillation, 263 SenArt Gallery, New York (2011); La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili, Changing Role Gallery, Napoli (2010)... Tra le mostre collettive recenti: Leipzig young contemporary, Clara Park, Lipsia; Oceans: Under skin of the sea, Kunsthalle Hb55, Berlino; River of Air, Pescheria nuova, Rovigo; Artstays, Gallery Magistrat, Ptuj, Slovenia; Parerga & Paralipomena della Pittura, Bonelli Lab, Canneto sull’Oglio (2013)... Info: giuseppegonella.tumblr.com www.galleriagiovannibonelli.it

L’opera: Il filo delle ore, 2012, acrilico su tela, cm 200x220 valore: € 7.560,00 (segnalato da Galleria Giovanni Bonelli)

30


Espoarte Digital

www.espoarte.net

LUCA MOSCARIELLO Una pittura che sedimenta e stratifica storie ed oggetti pescando nell’inesauribile fonte dell’immaginazione che, a sua volta, scaturisce da un solido retroterra abitato da oggetti quotidiani concreti come da letture filosofiche – Sotto i cardi fa riferimento ad una scena del libro “Così parlò Zarathustra” di Friedrich Nietzsche, in cui il protagonista si allontana dal mondo degli adulti, caratterizzato da aridità e ipocrisia, per rifugiarsi “sotto i cardi, dove giocano i bambini…” – dalla cultura popolare e fiabesca come dalla storia dell’arte stessa con cui la pittura contemporanea continua a confrontarsi. Non a caso Igor Zanti, nel testo pubblicato sul numero #82 di Espoarte, rivede nel lavoro di Moscariello “La tecnica pittorica della ricerca metafisica, ma anche certe scabrosità ed indefinitezze materiche alla Morandi, e il programmato caos di alcuni esponenti della scuola di Lipsia” e ancora... “l’Emilia di Morandi o la Romagna confusionaria e barocca di Fellini, con un pensiero alle valli bergamasche di Baschenis”. [Francesca Di Giorgio] Prossima mostra: Luca Moscariello. Sotto i cardi, a cura di Ivan Quaroni, Galleria Bonioni Arte, Corso Garibaldi 43, Reggio Emilia – 5 ottobre - 17 novembre 2013 Biografia: Luca Moscariello nasce a San Giovanni in Persiceto (BO) nel 1980. Diplomatosi in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, prende parte a diverse esposizioni. Tra le mostre personali più recenti: “La grammatica della polvere” (Museo Ca’ La Ghironda, Ponte Ronca di Zola Predosa, Bologna, 2011, a cura di Graziano Campanini), “Anacronismo” (Galleria il Melone, Rovigo, 2011), “L’inventario del sonno” (Galleria Il Ponte, Pieve di Cento, Bologna, 2009, a cura di Graziano Campanini e Valerio Borgonuovo). Tra le collettive, “Acqua riflettendo” (Spazio San Giorgio, Bologna, 2013, a cura di Simona Gavioli), “Le cose hanno il potere che tu gli dai” (Spazio Thetis, Venezia, 2011, promosso da scatolabianca project, direzione scientifica Martina Cavallarin, a cura di Alice Andreoli e Giulia Pasdera). Vive e lavora a Sala Bolognese (BO). Info: www.lucamoscariello.it www.bonioniarte.it

31

L’opera: Sotto i cardi, 2013, tecnica mista su tavola, cm 22x32. Foto: Dario Lasagni valore: € 600,00 (segnalato da Galleria Bonioni Arte)


Espoarte Digital

www.espoarte.net

ELISA SAGGIOMO Lo sguardo di Elisa Saggiomo, fiorentina ma bolognese d’adozione, ancora una volta “inquadra” la città per elaborarne una visione originale. Negli ultimi lavori l’artista, che molto spesso utilizza la base fotografica per la realizzazione delle sue opere, negli ultimi lavori «tende al superamento della staticità del quadro sviluppando una fusione tra la proiezione digitale e il quadro stesso, figurativo e astratto si confondono in un processo di costante mutamento». In Sol Invictus, la doppia personale che la vede in mostra assieme a Melissa Provezza, l’artista utilizza esclusivamente il bianco per grandi dittici, con immagini panoramiche di città fotografate e fotocopiate in grande dimensione e applicate su tavola, su cui interviene pittoricamente ad olio. Un video viene proiettato direttamente su suoi quadri con immagini di voli di uccelli e violente battaglie tra uccelli e pesci, che animano queste bianche città deserte accompagnate da composizioni musicali appositamente create per le sue opere da Carmine Onorati. [a cura della Redazione]

Prossima mostra: Sol Invictus, doppia personale di Elisa Saggiomo e Melissa Provezza, a cura di Alberto Mattia Martini e Francesco Gattuso, Spazio Testoni, Via D’Azeglio 50, Bologna – 12 ottobre - 07 dicembre 2013 Biografia: Elisa Saggiomo è nata a Firenze nel 1982 attualmente vive e lavora a Bologna; Laureata all’Accademia di Belle Arti di Carrara e di Napoli. Vincitrice del Primo Premio d’arte Contemporanea Val di Sambro nel 2009 assegnatole dalla Giuria presieduta dalla Professoressa Vera Fortunati. Nel 2010 presso la Galleria Spazio Testoni di Bologna ha presentato “ALTA/TENSIONE” sua personale curata da Alberto Mattia Martini. Sempre nel 2010 espone in diverse collettive: “La Forma dello Spazio” presso la Libreria Mondadori Multicenter di Bologna curata da Adele Dell’Erario, e “BO-HE’ME 2010” alla Galleria H2O Art Space, Bologna. Nel 2011 espone nella collettiva “SUMMERY” alla Galleria Spazio Testoni, Bologna e “ALTA/TENSIONE PASSAGGIO A VERGATO” per Vergato Arte 2011. Nel 2013 vince il concorso e partecipa alla mostra “PRIMA LUCE” presso la Sala Dogana di Palazzo Ducale di Genova con la video installazione “città-firenze-uccelli”. Nello stesso anno espone “Uccelli” alla Galleria Sarajevo Supermarket di Napoli. Info: www.spaziotestoni.it

32

L’opera: Città Bologna, 2012, fotocopia applicata su tavola con interventi pittorici ad olio con video proiezione “Uccelli”, dittico cm 93x253 valore: € 3.500,00 (segnalato da Galleria Spazio Testoni)


Espoarte Digital

www.espoarte.net

MELISSA PROVEZZA «Sottrarre il corpo per parlare del corpo e non solo, bensì di ciò che ne rimane, dei resti del suo utilizzo, delle conseguenze dello sguardo vorace. Nella tela il soggetto occupa uno spazio intimo in solitudine». Si legge così nella statement della giovane artista bresciana che ad ottobre, presentata da Francesco Gattuso, inaugura in una doppia personale a Bologna una nuova serie di lavori composti da una stratificazione di tele dipinte, sovrapposte le une sulle altre come un’epidermide in cui ogni strato è comunicante. «L’immagine dipinta sulla prima tela prosegue sulla seconda, la cui visibilità è circoscritta da un taglio che buca il primo strato. Lo stesso accade per gli strati successivi. La piena visione dell’immagine sottostante è consentita al fruitore dalla possibilità di sollevare la tela che sta davanti. La forma dei buchi richiama quella di cellule umane sane e malate (in un legame tra micro e macro, tra dentro e fuori, tra fisico e metafisico). Quell’ipotetico “Se” nel titolo di un’opera della Provezza si fa chiaro quando l’artista afferma che la sua è «una pittura in dissolvenza che implicitamente è riflessione metapittorica sulla sopravvivenza della pittura stessa – figurativa – oggigiorno». [Francesca Di Giorgio] Prossima mostra: Sol Invictus, doppia personale di Elisa Saggiomo e Melissa Provezza, a cura di Alberto Mattia Martini e Francesco Gattuso, Spazio Testoni, Via D’Azeglio 50, Bologna – 12 ottobre - 07 dicembre 2013 Biografia: Melissa Provezza è nata a Orzinuovi (BS) nel 1978. Artista e docente, vive e lavora a Milano. Dopo la maturità artistica si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove attualmente lavora come assistente tecnico di laboratorio, all’interno della Scuola di Pittura. Presso l’Accademia di Brera ha inoltre conseguito il Diploma di Secondo Livello per l’abilitazione all’insegnamento delle “Discipline Pittoriche”. Grazie ad una borsa di studio ha studiato presso la Facoltà di Belle Arti-Universidad Complutense di Madrid, dove ha scritto una tesi sul campo e ha vissuto alcuni anni lavorando con gallerie d’arte spagnole. Sia in Italia che all’estero ha esposto in mostre personali e collettive, in gallerie private e spazi istituzionali, oltre ad aver partecipato a fiere d’arte e a concorsi nei quali è stata selezionata e/o premiata. Sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private italiane, svizzere e spagnole. Nel 2011 ha esposto nella 54. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, Padiglione Accademie, Tese di San Cristoforo all’Arsenale, Venezia (catalogo ed. Skira). Info: www.spaziotestoni.it

L’opera: Se, 2013, 2 strati di tela dipinti e sovrapposti, olio su tela e supporto in legno, cm 121X71 valore: € 3.800,00 (segnalato da Galleria Spazio Testoni)

33


Espoarte Digital

www.espoarte.net

SOFIA RUIZ UGALDE La giovane artista si è fatta notare al Premio Ora, aggiudicandosi la sua prima mostra personale in Italia da GiaMaArt studio. On & Off, nada es real (nulla è reale, ndr) prende spunto da una serie di opere su tela che attraverso il medium della pittura esplorano concetti opposti e apparentemente impossibili. Una pittura che pur rimanendo nell’alveo del figurativo afferma una contraddizione: i bambini della Ugalde sono “ripresi” in situazioni irreali e “sospesi” in un’atmosfera straniante a volte dolce e innocente a volte sinistra e inquietante. L’artista approfondisce ulteriormente l’interesse verso temi legati alla psicoanalisi e ad un passato di ricordi autobiografici approfondendo la sua ricerca nell’ambito dei disturbi dissociativi (derealizzazione e depersonalizzazione) che portano le persone a non riuscire a distinguere tra ciò che è reale e ciò che non lo è. «Con queste immagini cerco di mostrare la linea sottile reale e irreale, ciò che accade nella mente quando avviene un’alterazione nella percezione e nell’esperienza del mondo esterno in modo irreale, percependo il proprio ambiente come privo di spontaneità emozionale e di profondità. Questa sensazione onirica, dove le cose sembrano “meno reale” di quanto dovrebbero conduce ad un luogo dove nulla è reale, dove tutto è sogno o incubo, a seconda della distanza da cui si guarda». [Francesca Di Giorgio]

Prossima mostra: Sofia Ruiz Ugalde, ON & OFF, nada es real, a cura di Carolina Lio, GiaMaArt studio | arte contemporanea, Via Iadonisi 32, Vitulano (BN), ottobre - dicembre 2013 Biografia: Sofia Ruiz Ugalde è nata a San José (Costa Rica) nel 1982. All’età di 16 anni inizia a dipingere, per due anni studia ingegneria chimica e filosofia all’Università della Costa Rica. Nel 2000 entra nella Scuola di Belle Arti del suo paese dove studia pittura e incisione. Nel 2007 è in Messico, dove partecipa alla Biennale di disegno “Rafael Cauduro”. Al suo ritorno in Costa Rica ottiene il primo premio alla Mostra collettiva “Valoarte” di arte latinoamericana. Nel 2008 è artista in residenza presso l’Istituto Sperimentale di Incisione dell’Easton PA USA. Nel 2012 è tra i vincitori della seconda edizione del premio Ora. Dal 20 settembre 2013 partecipa ad una residenza in Corea del Sud. Info: www.giamaartstudio.it www.ruizsofia.com

L’opera: Cuckoo, 2013, olio e acrilico su tela, cm 75x60 valore: € 1.600,00 (segnalato da GiaMaArt studio | arte contemporanea)

34


Espoarte Digital

www.espoarte.net

TAMÁS JOVÁNOVICS

L’opera: 1cm Series - Éj mélyből felzengő’, 2013, acrilico e matita colorata verniciati su MDF, cm 60x60 valore: € 2.200,00 (segnalato da MAAB Gallery)

Tamás Jovánovics da sempre impegna il suo linguaggio artistico verso l’astrazione che, pur rendendo evidenti i riferimenti agli artisti per lui modelli imprescindibili, trova sempre un modo per smarcarsi dal “già visto” e rendersi completamente autonoma. Il suo lavoro si struttura in cicli di opere, vere e proprie tipologie, che l’artista indaga con meticolosa cura sino ad esplorarne ed esaurirne ogni potenzialità. Le ultime opere si caratterizzano per la presenza minima della linea quale elemento “primigenio”: policroma, ordinata e ordinante, solca regolare le superfici del dipinto secondo una partizione apparentemente geometrica, controllata e razionale. Ma con la sua osservazione attenta sarà lo spettatore, catturato dalla concentrazione suscitata dalle immagini dell’artista ungherese, a compiere il processo finale dell’opera. Lo sguardo trova nuovi spazi, nuove profondità che allontanano dalla contingenza del luogo presente. Quegli spazi, inesplorati e senza tempo, si ricavano dall’immaginazione e dal pensiero riattivati dalle sue composizioni. In questa vitalità cognitiva l’apparente algida astrazione di Jovánovics trova la sua espressione più viva e autentica. [Matteo Galbiati] Prossima mostra: Tamás Jovánovics, MAAB Gallery, Riviera San Benedetto 15, Padova, 9 novembre 2013 - 8 gennaio 2014 Biografia: Tamás Jovánovics è nato a Budapest (Ungheria) nel 1974. Si è laureato nel 1997 e ha conseguito il dottorato di ricerca nel 2004 in Pittura presso Magyar Képzömüvészeti Egyetem a Budapest. Ha ottenuto la laurea nel 1999 e un dottorato di ricerca nel 2004 in Belle Arti presso l’Université de Provence Aix-Marseille a Aix-en-Provence (Francia). Nel 2007 ha vinto un concorso d’arte pubblica e nel 2008 ha completato le installazioni permanenti su tre facciate del Foiskola campus Nyíregyházi a Nyíregyháza (Ungheria). Ha vinto il FIABCI Prix d’Excellence nel 2009. Attualmente vive e lavora a Vienna (Austria). Info: www.tamasjovanovics.com www.artemaab.com

35


Espoarte Digital

www.espoarte.net

SERENA VESTRUCCI Ciascun “racconto”, nonostante ricorra all’imprevedibile varietà di tecniche e materiali in un campionario assai eterogeneo, conferma l’acuta intelligenza del suo sguardo. In lei la concettualità del lavoro diventa la naturale vocazione del suo linguaggio; mai ostentata, si lascia percepire immediatamente nella sua sincera onestà e verità. E se chi guarda può soffermarsi un po’ più a lungo, sicuramente non rimarrà estraneo a quanto l’artista gli stia mostrando. Il suo lavoro è sempre penetrante e schietto, senza aggiunte o eccessi. Opera dopo opera, infatti, tesse complesse relazioni che costringono chi osserva a determinare, in via ultima, il loro senso. L’artista è consapevole di non dominare mai completamente il meccanismo della razionalità dei suoi lavori e per questo Vestrucci permette che le cose “accadano” fuori da lei e lontano da lei. Non trascuriamo mai i suoi titoli, tautologie di sferzante ironia, che sono l’accesso prioritario all’esplorazione del suo affascinante mondo. [Matteo Galbiati]

Prossima mostra: Serena Vestrucci. I eat lunch between two highways, Otto Zoo, via Vigevano 8, Milano – 7 ottobre - 30 novembre 2013 Biografia: Serena Vestrucci è nata a Milano nel 1986. Nel 2009 si è diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, nel 2013 ha conseguito il titolo di laurea in Progettazione e Produzione delle Arti Visive presso lo I.U.A.V di Venezia. Ha preso parte a diverse mostre collettive in Italia e all’estero in prestigiosi spazi pubblici e privati come la G.A.M. di Milano, la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, Furini Arte Contemporanea di Roma e Spazio Morris di Milano. Ha partecipato a residenze a Belgrado (Serbia), Venezia, Bologna e Genova. Vive e lavora tra Milano e Venezia. Info: www.serenavestrucci.com www.ottozoo.com

L’opera: Strappo alla regola, 2013, tela di bandiere europee, filo di cotone, dimensioni e tempo di lavoro variabili, courtesy Otto Zoo, Milano valore: € 1.600,00 per una tela di cm 200x100 (segnalato da Otto Zoo, Milano)

36


coming soon...

2012 - 2013


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/premio-faenza-discorso-aperto-sulla-ceramica/

Interviste > Premi

Premio Faenza. Discorso aperto sulla ceramica… FAENZA (RA) | MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche Intervista a CLAUDIA CASALI di Francesca Di Giorgio

Per molti il confronto con il passato può diventare una gabbia dalla quale è difficile uscire… Il Premio Faenza, quest’anno alla sua 58° edizione, racconta una storia diversa, fatta di tradizione e rinnovamento. Parliamo di ceramica come scultura, al di là delle solite disquisizioni tra tecnica e materia, come forma d’arte che ha saputo trovare continui stimoli non solo tra i giovani ma anche tra i grandi Maestri. Incontriamo Claudia Casali, direttore del MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, mentre è in corso (fino al 22 settembre) la mostra degli artisti finalisti del Premio, un’occasione unica per farsi raccontare la ricerca che il Premio e il Museo portano avanti da sempre e l’importante progetto su Arturo Martini in pro-

gramma dal prossimo settembre… Come legge il lungo percorso del Premio Faenza nelle opere degli artisti contemporanei che, negli anni, hanno partecipato? Fin dai suoi esordi, nel lontano 1938, il Premio Faenza intendeva documentare l’eccellenza della ricerca sulla materia ceramica. Vi erano diverse sezioni infatti a cui aderivano artisti, designers, scuole. Negli anni si è dato spazio alla ricerca scultorea, all’opera unica, con un confronto a livello internazionale. Guardando l’albo dei vincitori si nota come la scultura ceramica abbia un percorso parallelo alle ricerche artistiche che connotavano i vari decenni: il picassismo degli anni ’50, la ricerca informale degli

Arturo Martini. Armonie, figure tra mito e realtà. MIC, Faenza. L’Aviatore, 1931-32, terra refrattaria, cm 120x145x70 Collezione privata 38


Espoarte Digital

Nero / Alessandro Neretti. I nuovi apostoli ovvero Paesaggi Economico-Strutturali, 2011, terracotta smaltata slim/4 by Florim, passepartout sagomati, legno, vernice nera. Premio Faenza under 40, 2013

www.espoarte.net

anni ’60, il minimalismo e il pop degli anni ’70, il ritorno alla figurazione degli anni ’80 e ’90, per giungere alle recenti scelte installative di commistione di diversi linguaggi in un’unica opera (video, pittura, scultura). Il Premio Faenza ha sempre privilegiato scelte innovative che poi sono diventate momenti di riflessione artistica fondamentali. Ha definito il Premio un “sismografo della contemporaneità”. Cosa crede abbia registrato quest’anno? E quali sono state le “aperture” che hanno permesso di rigenerare il Premio? La 58 edizione del Premio ha visto, dopo ben tre edizioni dedicate solo ai giovani, l’apertura anche ai cosiddetti Maestri, ovvero artisti over 40 che hanno avuto negli anni una importante attività. Questa scelta è stata condivisa dalla Giuria (composta, oltre che dalla sottoscritta, da Laura Borghi, editore; Alessandra Laitempergher, curatore del Beelden Zee Museum di Den Haag; Marinella Paderni, critico d’arte e docente d’arte contemporanea; Nico Stringa, storico dell’arte e professore ordinario di storia dell’arte contemporanea all’Università Cà Foscari di Venezia) che ha privilegiato quelle manifestazioni più legate ai linguaggi della contemporaneità e al momento installativo, per tornare a parlare di scultura (e non solo di ceramica). Diversi sono gli artisti scelti che non

39

necessariamente utilizzano la ceramica come linguaggio prescelto. Penso a Chiara Camoni, Nero / Alessandro Neretti (vincitore della sezione under 40), Chiara Lecca, Mattia Vernocchi, solo per citare alcuni nomi tra i più conosciuti. Si può identificare oggi una “nuova via” per la ceramica che la affranchi dalla sola “tecnica” e “materia”? Quali sono gli artisti che passando dal MIC di Faenza hanno contribuito maggiormente a stimolare un dibattito intorno al “futuro” della ceramica? Faenza è una città di per sé attenta e viva, capace di cogliere le novità offerte soprattutto dalle tante manifestazioni e incontri organizzati grazie al Museo Internazionale delle Ceramiche. Nei suoi oltre cento anni di attività, il Museo e Faenza hanno visto la presenza di grandissimi artisti che hanno indubbiamente lasciato un segno intellettuale, creativo ed artistico. Penso agli omaggi a Picasso, Mirò, Fukami, alle presenze al Premio Faenza di Fausto Melotti, Lucio Fontana, Leoncillo, Nanni Valentini, e, recentemente, a Giuseppe Spagnulo, Luigi Ontani, Pizzi Cannella, Mimmo Paladino, Sandro Chia, Giosetta Fioroni, Pablo Echaurren Matta, Giacinto Cerone, e tanti altri. Mostrare i risultati del loro lavoro, incontrarli in momenti pubblici, creano confronto e crescita. Il MIC non è solo contenitore o spazio museale di conservazione: è anche (e soprattutto) luogo in grado di


Espoarte Digital

www.espoarte.net

creare situazioni e momenti di dialogo a più livelli, con artisti, ceramisti, studenti, collezionisti, amanti dell’arte. La mostra di Paladino dello scorso anno ha mostrato come la ceramica sia un linguaggio privilegiato per la scultura e per l’arte contemporanea in toto.

di chiusura della mostra, ci sarà un finissage con gli artisti, che saranno invitati a raccontare il loro lavoro e la loro poetica. Anche questo è un modo di condividere e far crescere la nostra città, il nostro mondo della ceramica (che a volte possiede impensate chiusure e rigidità).

La mostra delle opere finaliste è in corso fino al 22 settembre… State già lavorando alla prossima edizione? Scadenze e appuntamenti da segnare in agenda? Questa edizione, che sta avendo un bel riscontro di pubblico e di critica, ci ha fatto riflettere su diverse possibilità di confronto che metteremo in atto nella prossima edizione il cui bando uscirà in luglio 2014 (scadenza delle domande: dicembre 2014). Verranno mantenute le due categorie (over e under 40) e la Giuria vedrà nuovamente protagonisti attori della scena contemporanea. Il 22 settembre, giornata

Nel futuro prossimo del MIC, un importante progetto intorno alla figura di Arturo Martini. Può darci qualche anticipazione? Si tratta di un progetto importante su due sedi, il MIC di Faenza e Palazzo Fava a Bologna, e realizzato grazie al fondamentale contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. Le opere scelte per le due sedi dialogano idealmente su due temi centrali: la ricerca della forma e la figura femminile. Una sessantina di opere scelte saranno esposte a Faenza, per mia cura, e una decina di opere di grandi dimensioni saranno esposte a Bolo-

40

gna, per la prima volta assieme, nella mostra a cura di Nico Stringa, grande esperto di Martini. Si tratta di un percorso eccezionale che vuole dare risalto al lavoro instancabile di uno dei più importanti scultori del nostro Novecento. A Bologna saranno esposte, per la prima volta, le opere acquisite nel 1950 dal Museo della Scultura di Anversa, tre capolavori indiscussi, accanto all’Aviatore e Le Stelle di grandissimo impatto visivo e dalla tecnica eccezionale. A Faenza ci sarà un percorso più canonico, sull’evoluzione della sua poetica dai momenti giovanili alle sperimentazioni degli ultimissimi anni. Sarà sicuramente uno degli eventi espositivi dell’autunno-inverno 2013-2014, da non perdere, per gli amanti della ceramica, della scultura e del Novecento, e per comprendere la nostra contemporaneità che trova proprio in Martini l’origine della ricerca e della sperimentazione, attualissima.


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Premio Faenza 58° edizione La mostra dei finalisti 26 maggio – 22 settembre 2013 MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza viale Baccarini 19, Faenza (RA) Orari: da martedì a domenica e festivi ore 10.00-19.00, chiuso il lunedì Info: +39 0546 697311, 0546 697308 info@micfaenza.org www.micfaenza.org Evento futuro: Arturo Martini. Creature, il sogno della terracotta a cura di Nico Stringa 22 settembre 2013 – 12 gennaio 2014 Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni via Manzoni 2, Bologna Orari: martedì-domenica ore 10.00 – 19.00, lunedì chiuso Info: +39 051 19936305 www.genusbononiae.it ————————————— Arturo Martini. Armonie, figure tra mito e realtà a cura di Claudia Casali 12 ottobre 2013 – 30 marzo 2014 MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza viale Baccarini 19, Faenza

Chiara Camoni, sul perché in natura tutto avvolge a sinistra, 2012, terracotta azzurra, filo di ferro, cm 60x50. Courtsey Galleria SpazioA, Pistoia. 58° Premio Faenza. Premio Eleuterio Ignazi riservato ad un giovane artista Arturo Martini, La lupa, 1930-31, terra refrattaria, cm 87x137x64. Antwerpen, Museo Middelheim. Arturo Martini. Creature, il sogno della terracotta Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni, Bologna

A fianco: Mattia Vernocchi, Alveare, 2011, terracotta smaltata, ferro, cm 235x265x40. 58° Premio Faenza. Premio Monica Biserni 41


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/la-forza-della-modernita-l%E2%80%99eccellenza-italiana-tra-le-due-guerre/

Interviste > Arte

La forza della modernità. L’eccellenza italiana tra le due guerre LUCCA | Fondazione Ragghianti | 20 aprile – 6 ottobre 2013 Intervista a MARIA FLORA GIUBILEI e VALERIO TERRAROLI di Matteo Galbiati

In occasione della mostra La forza della modernità. Arti in italia 1920-1950, che celebra il genio, la ricchezza, le idee di un’Italia che, nonostante uno dei periodo più complessi e controversi della sua storia, iniziava ad affermare la qualità alta delle sue produzioni, artistiche – e non solo – ipotecando l’importanza del successo del futuro made in Italy, abbiamo incontrato i curatori della mostra Maria Flora Giubilei e Valerio Terraroli. Questo progetto – emerge chiaramente dalle scelte e dall’allestimento – è stato concepito e strutturato con la sapienza e la competenza di studiosi abituati ad affrontare i propri progetti secondo quel rigore scientifico tanto raro quanto prezioso. I due studiosi hanno saputo offrire al pubblico una mostra di grande importanza e rilevanza. A loro porgiamo alcune domande:

sull’arte italiana tra le due guerre. Come spiegate un’attenzione tanto viva su questo periodo? Era ora ci si occupasse della prima parte del ‘900 e questo è conseguenza di studi scientifici che promuovono e sostengono iniziative di mostre o pubblicazioni specifiche facendone avvertire l’esigenza. Pensiamo a mostre di ampio respiro che per prime, a inizio degli Anni ’80, vennero dedicate agli Anni ’20 e ’30 del Novecento italiano dopo gli studi di Rossana Bossaglia – recentemente scomparsa e nostra maestra – di Renato Barilli, di Claudia Gian Ferrari, di Marco Lorandi e di tanti altri. Negli ultimi anni si è riavvertita la necessità di tornare sul periodo tra le due guerre per dare conto di nuove ottiche ancora più ampie, grazie anche ad un numero maggiore di studi approfonditi.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un numero consistente di mostre incentrate

È segno quindi che si riesce a parlare di una controversa fase storica, e delle sue eccel-

42

lenze culturali, smarcandosi dalle ideologie che l’hanno connotata? Si può e si deve parlare della controversa fase storica e delle eccellenze culturali con onestà intellettuale, senza cadere in pericolose trappole revivalistiche che gli attuali climi politici potrebbero pure indurre con facilità. Dobbiamo considerare le opere per il loro valore qualitativo. La grandezza di Sironi o di Martini, per fare due esempi, è un dato oggettivo che va oltre la loro, pure oggettiva, collaborazione col regime fascista. Si devono valutare e capire le immagini per il loro valore. Come avete strutturato e composto il percorso di questa mostra, tanto ricca di proposte, stimoli e scoperte? Abbiamo scelto di parlare degli artisti e della ricchezza culturale di quel periodo senza pensare ad aspetti ideologici, guardando alla forza della tradizione italiana. Nel 2012 la Fondazione


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Ragghianti ci ha comunicato l’intenzione di dedicare una mostra al rapporto tra arti decorative e figurative tra le due guerre, con speciale attenzione al territorio toscano per i materiali del Museo di Doccia, purtroppo legato alle problematiche vicende del fallimento della Richard Ginori. Ci siamo divisi i compiti: Terraroli ha seguito l’articolazione del progetto per le arti decorative (noto e capillare il suo specialismo sulla ceramica e la conoscenza del periodo sono), mentre il contributo di Giubilei è legato alle arti figurative. Abbiamo voluto evidenziare quel lavoro sinergico, e senza soluzione di continuità, tra i vari “operatori” dei settori artistici, che insieme, al di là di legami professionali e amicali, si trovavano a esporre e confrontarsi nelle Biennali di Monza – poi Triennali di Milano – e in quelle veneziane.

In queste pagine: La forza della modernità. Arti in italia 1920-1950, vedute della mostra, Fondazione Centro studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, Lucca

Indicate due date fondamentali: 1920 e 1950. Cosa rappresentano questi due estremi? Oggetto di lunghe riflessioni, sono due date “tonde” e spartiacque. Nel 1920 riapre la Biennale di Venezia, sospesa dal ’14. Si chiudono gli Anni ’10 con la triste stagione bellica, si sancisce ufficialmente la ripresa delle attività artistiche. Tuttavia, dal ’19, si avverte un rinnovato entusiasmo che stimola, piccole ma significative, esposizioni incentrate sulla ricerca.

43

Mentre il 1950 chiude gli Anni ’40 e, con loro, il secondo conflitto mondiale. La conclusione reale della mostra è tra il 1948, con la riapertura della Biennale di Venezia, e il 1951, con la IX Triennale di Milano in cui si esposero opere fondamentali nel rinnovamento dei codici artistici, senza soluzione di continuità tra arti decorative e arti figurative, con un percorso scandito verso il design. Avete posto una particolare attenzione sulle differenti scelte stilistiche, tecniche e di gusto che convivevano in quegli anni, come si riassumono in mostra? Il termine gusto implica un modo di sentire e di vedere: allora c’era una situazione davvero particolare, sottolineata da un sentire comune coincidente con un clima generale, senza sottostare necessariamente a ideologie precise. Tutto si riassume in un percorso cronologico che dà conto, con temi precisi, dell’evoluzione del gusto, dello stile e delle tecniche tra proposte art deco e il monumentalismo, tra sussulti futuristi e il classicismo in odore di metafisica, tra l’astrazione e l’informale. Aspetto importante è il succedersi di forme d’arte diverse, vediamo alternarsi, nel percorso espositivo, le cosiddette arti maggiori con le minori. Cosa indica al pubblico que-


Espoarte Digital

sta visione? Vuole trasmettere la condivisione – per non dire comunione – di esperienze artistiche, la mancanza di soluzione di continuità, sul fronte dei contenuti e delle forme, tra tutti i generi artistici, la loro totale permeabilità alle più diverse attività. Il pubblico deve percepire che non c’è differenza, deve provare ad annullare la soglia della gerarchizzazione delle cosiddette arti maggiori e minori. Chi era pittore o scultore, spesso, era anche ceramista, sapeva come si soffiava il vetro, progettava per i tessili o disegnava arredi. Quali dialoghi avete cercato tra personalità spesso differenti? La sala dedicata alla figura femminile è esemplare: il nudo femminile, il suo protagonismo, la centralità e le modalità della sua rappresentazione, si rincorrono tra i dipinti di Carena e di Casorati, le sculture di Martini, Marini e Andreotti e le ceramiche di Ponti. Personalità diverse ugualmente tese a leggere, con occhi “moderni”, l’antica “essenzialità” del corpo femminile. Le nostre scelte sono state tematiche e spesso propongono – con un lavoro di ricerca e documentazione sulle fonti – le visioni che aveva il pubblico di allora di quelle Biennali, Triennali, Quadriennali… Inevitabile pensare alle eccellenze manifatturiere italiane, la mostra vuole recupe-

www.espoarte.net

rare un passato glorioso, che ha affermato la qualità e l’eccellenza del made in Italy, come stimolo e fiducia per un presente che assume tinte sempre più fosche? Sì, la mostra vuole essere una sferzata d’ottimismo per questo momento così difficile guardando al fare dei maestri di allora. Vogliamo riprendere l’eccellenza che abbiamo avuto e il suo titolo asseconda questa intenzione, oltre a calzare perfettamente con l’atmosfera del periodo tra le due guerre, non meno difficile dell’attuale. Oggi abbiamo possibilità di riscatto, dobbiamo ritrovare la volontà. La mostra, aperta da alcuni mesi, chiuderà solo il prossimo ottobre, ad oggi quali riscontri avete avuto dal pubblico? Riscontri molto positivi dal mondo “specialistico” della storia dell’arte, cosa che non guasta affatto. Forse qualche difficoltà in più sul fronte del pubblico: Lucca riamane fuori dal giro delle grandi mostre, ma da settembre, alla riapertura delle scuole, ci aspettiamo più visitatori. Quale è stata la vostra soddisfazione maggiore nel realizzare questo progetto? 300 oggetti e opere cercate in anni di studio, il confronto tra noi due e l’aver centrato un obiettivo sono le soddisfazioni maggiori. Aver toccato con “occhio”, durante l’allestimento, che quanto era delineato sulla carta, nel progetto,

44


Espoarte Digital

In queste pagine: La forza della modernità. Arti in italia 1920-1950, vedute della mostra, Fondazione Centro studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, Lucca

www.espoarte.net

nei saggi del catalogo, assumeva una forza di messaggio inequivocabile, ha confermato, oltre le nostre aspettative, di aver colto senza riserve nel segno. La forza della modernità. Arti in italia 1920-1950 a cura di Maria Flora Giubilei e Valerio Terraroli organizzazione Centro studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca in collaborazione con Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Sesto Fiorentino (FI); Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza (RA); Galleria d’Arte Moderna, Genova; Galleria d’Arte Moderna Carlo Rizzarda, Feltre (BL) e Soprintendenza BAPSAE di Lucca e Massa Carrara Artisti: Andloviz, Andreotti, Balsamo Stella, Bellotto, Benedetta, Biagini, Biancini, Bonazza, Buzzi, Cagli, Campi, Campigli, Casorati, Depero, De Pisis, De Poli, Djulgherof, Donghi, Fillia, Finzi, Fontana, Gariboldi, Gatti, Genazzi, Grande, Leoncillo, Maine, Marini, Martini, Martinuzzi, Melandri, Me-

45

lotti, Messina, Morandi, Nonni, Rizzarda, Ponti, Ravasco, Saponaro, Scarpa, Selva, Severini, Sironi, Sturani, Tofanari, Tosalli, Tullio d’Albissola, Ulrich, Vedova, Viani, Wildt, Zecchin 20 aprile - 6 ottobre 2013 Fondazione Centro studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti Complesso monumentale di San Micheletto, Via San Micheletto 3, Lucca Orari: da aprile a giugno e da settembre a ottobre: martedì-domenica 10.00-13.00 e 16.0019.00, lunedì chiuso; luglio e agosto: martedìdomenica 16.00-20.00, lunedì chiuso Ingresso: intero Euro 5,00; ridotto Euro 3,00 over 65 anni, residenti della Provincia di Lucca, soci Touring, gruppi oltre i 10 visitatori su prenotazione; gratuito per scuole su prenotazione, bambini e ragazzi fino a 18 anni, studenti universitari, giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale, disabili con accompagnatore Info: +39 0583 467205 info@fondazioneragghianti.it www.fondazioneragghianti.it


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/galleria-ghetta-nuovi-progetti-allorizzonte/

Interviste > Spazi

Galleria Ghetta. Nuovi progetti all’orizzonte… ORTISEI (BZ) - Pontives/Lajon Intervista a DORIS GHETTA di Silvia Conta

Galleria Ghetta, Pontives 202, Lajon

Realtà dinamica e in costante equilibrio tra vitalità locale e mercato internazionale, la Galleria Ghetta di Ortistei (BZ), festeggia i suoi primi tre anni di attività con l’apertura di un nuovo spazio espositivo, a Pontives/Lajon animato da una ricca collettiva inaugurata il 12 luglio scorso e con una mostra di Sergi Barnils, che inaugura sabato 20 luglio, nella sede storica. Abbiamo parlato di tutto ciò con Doris Ghetta… Quando e perché è nata la Galleria Ghetta? La galleria è nata dal mio sogno di contrassegnare la Val Gardena come nuovo centro dell’arte contemporanea. È stata inaugurata nel luglio del 2010, esattamente 3 anni fa, con una personale di Gianfranco Asveri. La galleria ha come obiettivo quello di creare una sinergia tra artisti locali e nomi internazionali, usufruendo del know

how degli scultori del legno gardenesi e creando opportunità di confrontarsi anche con contesti differenti dalla valle in modo di dare loro nuove prospettive per portare avanti questo mestiere. Ho scelto la Val Gardena perché è un piccolo territorio con paesaggi stupendi – di cui le Dolomiti, patrimonio dell’ UNESCO, sono un tratto inconfondibile – che ha dato i natali a tanti artisti importanti, usciti per lo più dalla scuola d’arte di Ortisei/Val Gardena, come Rudolf Stingel e Gilbert Prousch di Gilbert & George, Aron Demetz e tanti altri.

pubblici legati alla scultura, come la Biennale Gherdëina, nata come evento collaterale alla Biennale Manifesta nel 2008 e che, il prossimo anno, sarà alla quarta edizione, in cui hanno già esposto artisti come Aron Demetz, Gehard Demetz, Lois Anvidalfarei, Walter Moroder, Esther Stocker, Arnold Mario Dall’O, Hubert Kostner, Wilma Kammerer e Peter Senoner. La collaborazione con Marco Rossi Artecontemporanea si estende anche a progetti come l’Arthotel Anterleghes di Selva Gardena, dove lavoriamo con un gruppo di artisti gardenesi e sudtirolesi.

Come sceglie gli artisti con cui lavorare? La scelta degli artisti è frutto di collaborazioni con altre gallerie, come la Marco Rossi Artecontemporanea di Milano, con cui collaboro sia per quanto riguarda diversi artisti sia per progetti

La sua galleria ha una forte aspirazione alla dimensione internazionale, ne sono un esempio – oltre agli artisti rappresentati – le fiere a cui partecipa, come Scope a Basel a New York. Qual è il rapporto tra la dimensio-

46


Espoarte Digital

www.espoarte.net

ne locale, quella nazionale e internazionale? Obiettivo della galleria è una ricerca a doppio senso: da una parte portare in Valle artisti nazionali e internazionali con progetti pubblici e in galleria, dall’altra proporre artisti del territorio ad un turismo interessato all’arte e portarli a fiere internazionali. Tra i suoi ultimi progetti, la recente apertura di un nuovo spazio a Pontives… La sede storica della galleria Ghetta si trova nel pieno centro di Ortisei, uno spazio molto visibile, ma piccolo. Abbiamo così scelto di inaugurare anche una sede distaccata, a pochi chilometri da Ortisei, che con i suoi 200 mq dedicati interamente all’arte ci permette di avviare progetti di dimensioni maggiori e che rispecchino più ampiamente il talento degli artisti della galleria. Nel realizzare questo progetto ci siamo appoggiati a un team di professionisti, architetti e curatori che, di volta in volta, contribuiscono e contribuiranno a porre nuove sfide agli artisti stessi e alla galleria, nell’ottica di fare crescere sempre più il progetto. Il primo capitolo del nuovo spazio è la collettiva Temporary Space Pontives 202/1, a cura di Denis Isaia, che vede la partecipazione di Willi Crepaz, Markus Delago, Arnold Mario Dall’O, Arnold Holzknecht, Gregor Prugger, Thaddäus Salcher e Laurenz Stockner. Altri progetti in cantiere? Sabato 20 luglio inaugureremo la seconda mostra personale di Sergi Barnils, artista catalano, classe 1954, nella sede storica della galleria. Nelle sue opere è la vitalità cromatica l’elemento che colpisce da subito, insieme al disegno, che viene declinato con la tecnica dell’encausto su tele e tavole. Con questa tecnica la qualità materica e opaca della cera diventa una lavagna su cui tracciare immagini: stilizzate fino all’astrazione di graffiti e fino a trasformarsi in visioni misteriose che richiamano i segni delle pitture preistoriche e la spontaneità dei disegni infantili. Tutto ciò colloca l’artista nella scia del primitivismo delle avanguardie del Novecento tipica della sua terra, dall’assimilazione dell’opera visionaria di Antoni Gaudì, alla visione austera, bianca, nera e ocra di Tapies, fino alla giocosità di forme e colori di Joan Mirò. Il motore della pittura di Barnils è l’emozione: una sensazione che emerge grazie all’energia dei colori che, derivanti dalla luminosità dei cieli mediterranei, testimoniano il profondo legame dell’artista con la sua terra d’origine e con gli strati più profondi dell’animo umano. Per l’autunno, in occasione della Giornata del contemporaneo promossa da AMACI, il 5 ottobre, presenteremo una bipersonale in cui un artista locale dialogherà con un internazionale, poi ci sarà la Biennale Gherdëina 4, dove artisti internazionali verranno in Val Gardena a creare il proprio lavoro in loco.

Galleria Ghetta, Pontives 202, Lajon

Galleria Ghetta Via Rezia 59, Ortisei (BZ) mostra in corso: Sergi Barnils. Cuitat Reial 20 luglio – 9 agosto 2013 Galleria Pontives 202 - NUOVA SEDE Pontives 19, Lajon

SERGI BARNILS, Revelaciò 2012, tecnica mista su tela, cm 40x40 47

mostra in corso: Temporary Space Pontives 202/1 a cura di Denis Isaia 13 luglio – 10 agosto 2013 Info: +39 0471 796 557 | +39 39 39 32 39 27 www.galleriaghetta.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/nuova-sede-per-la-poliart-contemporary-il-punto-sul-passato-per-programmare-il-futuro/

Interviste > Spazi

Nuova sede per la PoliArt Contemporary. Il punto sul passato per programmare il futuro ROVERETO (TN) | POLIART CONTEMPORARY Intervista a CLAUDIO TOVAZZI di Gabriele Salvaterra

All’inizio dell’estate ha aperto a Rovereto in Trentino una nuova sede della galleria PoliArt Contemporary di Milano. Siamo andati a visitare il nuovo spazio espositivo per parlare con Claudio Tovazzi, direttore della sede, dei progetti futuri e della storia che ha portato a questa nuova inaugurazione. Come e quando nasce la Galleria PoliArt di Milano? Qual è il contesto e le esigenze che portano alla sua fondazione? La PoliArt Contemporary nasce a Bologna nel 1997 con l’intento di creare una connessione tra il mondo della produzione industriale e l’arte contemporanea. L’obiettivo era di fare entrare le opere d’arte all’interno delle aziende, mettendole a contatto con i lavoratori. Leonardo Conti, fondatore della PoliArt Contemporary, era convinto della possibilità di travasare indirettamente, attraverso il veicolo degli oggetti

utili, quella sensibilità “rara” che caratterizza l’opera d’arte, oltre a mettere in contatto diretto le opere con le persone, nelle lunghe giornate di lavoro. Nel 2003 la PoliArt si è spostata a Milano, da un lato continuando la sua attività con le aziende e dall’altro cercando di rivalutare poetiche e artisti tralasciati dalle distrazioni della storia e sostenendo giovani artisti emergenti. Quali sono i vostri obiettivi? Come avete costruito la vostra storia in questi anni? Nei propositi di Leonardo Conti, si potrebbe dire che la finalità sia sempre stata quella di costruire un’attività curatoriale autofinanziata e indipendente: contro l’ipocrisia dei curatori raccomandati, contro la trasformazione delle opere in titoli di borsa, contro l’ambizione degli artisti e dei critici, contro le riviste e i giornali che scrivono dei potenti o di chi paga, contro il “quanto ha fatto?” delle case d’asta che soffo-

48

cano gli artisti giovani. Per fare questo abbiamo dovuto storicizzarci, per acquisire l’autorevolezza necessaria. La PoliArt Contemporary cerca di avviarsi e di avviare alla pratica dell’arte: non si pone limiti formali (pittura, scultura, oggetto, video, fotografia, installazioni) e cerca di affondare il suo sguardo in quei luoghi in cui le opere d’arte divengono concetti visibili, per costruire modelli di esistenza. Stringiamo il campo sulla nuova sede di Rovereto, cosa vi ha portato a intraprendere questa avventura? Questa avventura nasce in primo luogo dall’amicizia e dalla stima che ormai da anni mi lega a Leonardo Conti. Penso che sia un gallerista e uno studioso d’arte come se ne trovano pochi di questi tempi, capace di scovare i veri artisti e farli crescere, lasciandosi coinvolgere da un punto di vista critico ben oltre qualsiasi


Espoarte Digital

www.espoarte.net

interesse commerciale. La galleria si trova in un luogo molto suggestivo… Lo spazio è un ex opificio industriale restaurato mantenendo visibili i segni del suo precedente uso. Abbiamo imbiancato soltanto tre pareti per esigenze espositive mentre il soffitto, le colonne e la parete di fondo mantengono il loro aspetto grezzo di archeologia industriale. Fino a metà settembre è visitabile la mostra inaugurale, ce ne parla? All’inizio avevamo pensato assieme a Leonardo di cominciare l’attività di Rovereto con una mostra dedicata a uno o due artisti. In seguito abbiamo pensato che fosse più giusto allargare il campo e approfittarne per fare il punto sull’attività di PoliArt. Così abbiamo presentato una collettiva di tutti gli artisti che in questi ultimi dieci anni hanno contribuito a costruire la storia della galleria: Arcangelo, Agostino Bonalumi, Roberto Floreani, Riccardo Licata, Alberto Mariani, Julio Le Parc, Fernando Picenni, Alberto Biasi, Matteo Gironi, Marcello De Angelis, Paolo Conti, Luigi di Tullio, Alberto Mariani, Giovanni Lombardini, Gigi Guadagnucci, Ben Ormenese, Marco Casentini, Fausto de Nisco, Matteo Attruia, Sandi Renko e Jorrit Tornquist. Cerchiamo un equilibrio tra maestri storicizzati e giovani emergenti.

In queste pagine: Vedute della nuova sede di PoliArt Contemporary, c/o Opificio delle Idee, Località Sega, Trambileno (TN)

L’astrazione pittorica sembra essere al centro dei vostri interessi, è proprio così? In realtà non c’è alcuna preclusione disciplinare. La galleria ha lavorato con artisti impegnati anche nella ricerca oggettuale, cinetica e nella fotografia. Cerchiamo sempre di accostare anche altre espressioni all’arte visiva in modo da creare nuove corrispondenze.

49

Che progetti ci sono per i prossimi mesi? Ad ottobre ci sarà una personale di Giovanni Lombardini, mentre a dicembre aprirà una mostra itinerante su Sandi Renko, per il quale abbiamo realizzato un’importante monografia e che arriverà a Rovereto dopo essere stata a Milano, in Slovenia e in Austria. Apriremo poi il 2014 con un’ampia retrospettiva dedicata a Matteo Attruia, certamente uno tra gli emergenti più interessanti nel panorama nazionale. L’idea è quella di focalizzare e approfondire, dopo questa mostra inaugurale, sui singoli artisti con cui collaboriamo. NUOVA SEDE GALLERIA PoliArt Contemporary c/o Opificio delle Idee Località Sega, Trambileno (TN) www.galleriapoliart.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/disobedience-archive-le-forme-del-disobbedire/

Interviste > Arte

Disobedience archive. Le “forme” del disobbedire RIVOLI (TO) | Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea | 22 aprile – 1 settembre 2013 Intervista a MARCO SCOTINI di Francesca Di Giorgio

In una lunga intervista Marco Scotini racconta il progetto in progress che segue da ormai dieci anni, che ha girato il mondo e che da aprile è approdato al Castello di Rivoli per restarci fino al 1 settembre…. Disobedience Archive (The Republic) è, quindi, un ulteriore display che permette di dare forma (e contenuto) ad un progetto sulla disobbedienza come pratica artistica a metà strada tra l’estetico e il politico. Ma non lasciatevi distrarre dalla parola “archivio”, coltivata da Scotini in tempi non sospetti, il punto è un altro e ce lo spiega il curatore… In un progetto dove i contenuti sono realmente al centro del discorso, e spesso fanno parte di una realtà vissuta molto prossima, che valore assume la forma con cui presentarli? In quest’ultimo caso… Perché proprio l’immagine del Parlamento “disegnato” da Céline Condorelli per dare voce alla Disobbedienza? Perché proprio ora a

Torino dopo un lungo tour internazionale iniziato a Berlino nel 2005? Diciamo che, nel caso della mostra Disobedience, il “che cosa” delle opere e dei materiali esposti non è indipendente dal “come” della loro messa in scena. Ne parlavamo recentemente con Céline Condorelli, che non solo ha disegnato per Rivoli il display di Disobedience ma è anche ritenuta un esperto di allestimento espositivo a livello internazionale, grazie al suo libro ben noto Support Structure. Proprio Céline diceva che in assoluto Disobedience è l’unico caso di mostra che non può esistere senza display. Per questo, negli anni, il progetto ha presentato gli stessi materiali, ogni volta accresciuti, in modi differenti che si adattavano a contesti e narrazioni che non erano mai le stesse. In un caso la forma era una chiara citazione del padiglione sovietico di El Lissitzky per la mostra di Stoccarda su Film e Foto del 1928. In un altro caso si presentava come un

50

orto comunitario che attraversava in lunghezza l’intero edificio del MIT di Fumihiko Maki a Boston. In un altro ancora, aveva la struttura cellulare di un panopticon che si insediava in un edificio di Zagabria, che dal ’38 ha cambiato continuamente funzione: da museo della resistenza a moschea, a padiglione per l’arte contemporanea. Ma se ci chiediamo perché Disobedience non tratta il display come un semplice accessorio, la risposta è immediata: Disobedience cerca di dare una forma a qualcosa che non ce l’ha per statuto e che, per di più, rifiuta i modi della rappresentazione e della rappresentanza. Dunque come dare forma a qualcosa che recalcitra ad essere condensato in un’unica formula, che è inarchiviabile, che sta dentro l’estetica e la politica ma non aderisce completamente a nessuna delle due? La mia idea curatoriale è stata quella di offrire ogni volta una possibile configurazione temporanea dell’esposizione che fosse negata la volta suc-


Espoarte Digital

www.espoarte.net

cessiva. Ecco perché con Condorelli abbiamo scelto, nel caso di Rivoli, un podio parlamentare con due anticamere e l’abbiamo denominato “Repubblica”. Siamo andati a toccare una struttura che sta al cuore stesso dell’idea di rappresentazione in occidente: prima con il teatro greco, poi con il parlamento. Naturalmente si è trattato di giocare con uno dei simboli della modernità, cercando di rovesciarlo: in arte si può fare. Certo qualcuno potrebbe pensare che l’arrivo a Torino (dopo circa dieci anni dalla presentazione della mostra a Berlino) può ricordarci il primo parlamento italiano e l’unità d’Italia, ma non è così. Abbiamo assunto Torino come il luogo di nascita di Autonomia, delle rivolte operaie contro la Fiat, ben schematizzate nel film di Godard che apre l’esposizione. Disobedience Archive nasce dieci anni fa. L’hai inteso da subito come un archivio in progress o la sua natura è cresciuta se-

In queste pagine: Disobedience Archive (The Republic), a cura di Marco Scotini, Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli – Torino, 2013. Foto: Glauco Canalis, Torino, 2013 51

guendo canali sempre diversi? Fin da subito il progetto intendeva essere aperto, itinerante e in progress. Diciamo che l’obiettivo era quello di creare ricomposizioni temporanee in cui al centro c’è l’idea stessa di movimento. All’inizio il progetto si chiamava “ongoing videolibrary” e già a Berlino si annunciava come qualcosa che avrebbe viaggiato trasformandosi. Non sospettavo allora che solo dopo qualche mese Disobedience sarebbe stata invitata alla Sala de Arte Público Siqueiros a Città del Messico e poi al Van Abbemuseum di Eindhoven. Senza aver mai cercato di esportarlo l’archivio è sempre stato ospitato in tantissimi luoghi e, anche nel caso di Rivoli, è stato possibile realizzare la mostra grazie a Beatrice Merz che aveva visto Disobedience al Bildmuseet di Umeå. Come vedi il tuo progetto inserito nella “tendenza” archivistico-tassonomica che,


Espoarte Digital

in parte, percorre il Novecento (penso alle avanguardie e non solo) e che sembra rispondere, ancora oggi, ad un desiderio di controllo, raccolta e compendio delle immagini del mondo (vedi il Palazzo Enciclopedico di Gioni)? Disobedience nasce dieci anni fa quando ancora questa tendenza tassonomica in arte non aveva assunto l’aspetto preminente che riveste oggi. Mostre importanti incentrate sull’archivio come Interrupted Histories (curata da Zdenka Badovinac alla Moderna Galerija di Ljubljana) e Ground Lost (del collettivo WHW al Forum Stadtpark di Graz) sono del 2007, successive a Disobedience, ma è a partire da Archive Fever di Okwui Enwezor, nel 2008, che questo fenomeno si è incrementato a dismisura fino

www.espoarte.net

al Palazzo Encliclopedico come ultima manifestazione e glamour, all’interno della pratica contemporanea, di una superficiale proliferazione visuale dell’archivio e dell’accumulo che viene semplicemente messo in scena come qualcosa di cristallizzato, di fossilizzato. Ma c’è anche un’altra differenza radicale tra l’idea della sistematizzazione enciclopedica e quella dell’archivio: quest’ultimo ha un carattere empirico, pratico e la sua esistenza è sempre temporanea. Non si tratta solo di contare, quindi, ma di raccontare, ogni volta in modo differente e discontinuo, relazioni di potere, di sapere e di soggettività. L’archivio Disobedience è uno strumento comune per la pratica artistica e la mobilitazione antagonista che mostra molte più affinità con i progetti di archivio di Brian Wallis e

Julie Ault o con le timelines di Group Material. Oppure con il Mezbau di Schwitters. Ma, detto questo, dietro Disobedience c’è una volontà nuova di de-archiviare e re-archiviare continuamente, secondo modalità precarie, contingenti e mai definitive. Disobbedire è una forma di potere? Se vuoi, potremmo definirla una forma di contro-potere. Disobbedire non è una pratica politica, neppure lungo tutta la modernità lo è stata e la disobbedienza civile è stata una proposta teorica recente ma che rimane tutta dentro le coordinate legislative. Quando oggi usiamo il verbo “disobbedire” abbiamo più a che fare con una pratica affermativa, con un’idea alternativa di negazione che è fondamentalmente propositiva, costruttiva, creatrice di possibilità inedite, non ancora codificate, non ancora catturate. Se gli artisti avessero potuto costruire nella realtà quello che esponevano nei musei, la nostra idea di disobbedienza sarebbe più chiara e familiare. La disobbedienza come pratica artistica. Ci sono artisti, teorici, che hanno “fatto scuola” in questo senso? Diciamo pure che la non-obbedienza ai canoni è stata la prima condizione dell’estetica secessionista dall’Ottocento in poi. Ma la disobbedienza sociale è una forma di empowerment rispetto a come l’uomo può progettare le condizioni della propria esistenza: non più agire esclusivamente sul piano dell’immaginario ma su quello dell’azione concreta. La disobbedienza, la defezione e la protesta hanno rappresentato, sia nei processi culturali a vocazione antagonista che nelle pratiche di lotta, uno spazio d’azione comune, un nuovo terreno di confronto politico, rintracciabile nella genealogia della modernità, attraverso forme di dissenso. Artisti e attivisti come Marcélo Exposito hanno addirittura parlato della disobbedienza come una delle Belle Arti e, insieme a Oliver Ressler, il collettivo americano Critical Art Ensemble, il gruppo Chto Delat, Nomeda e Gediminas Urbonas, Park Fiction e altri (presenti nell’archivio sin dalla prima esposizione) sono tra coloro che hanno maggiormente insistito, anche da un punto di vista teorico, su questo rapporto tra pratica estetica e politica. Tra i teorici puri inserirei Brian Holmes e Gerald Raunig, che hanno dato un contributo fondamentale. Uno degli aspetti più interessanti, dal punto di vista della fruizione, è la scelta curatoriale di porre i fatti sullo stesso piano, per una lettura più consapevole e libera dei “documenti” proposti… In che modo credi che la mostra, in corso al Castello di Rivoli, sia più “innovativo-produttiva” che “rappresentativa”?

52


Espoarte Digital

www.espoarte.net

La concezione della mostra è totalmente orizzontale. Tutto è posto sullo stesso piano: opere d’arte come il film di Farocki o quello di Black Audio Film Collective, così come il neon di Mario Merz, la bottiglia di Beuys e le tele di Balestrini, assieme alle documentazioni video di piazza Tahrir, alle lettere di Carla Lonzi, ai poster del Living Theatre, etc. Ma forse ci possiamo porre una domanda: qual’è la differenza tra il documento e quella che chiamiamo opera d’arte? In esposizione c’è un lavoro molto bello del ‘77 del Laboratorio di Comunicazione Militante in cui si vede come dietro la foto di un arsenale criminale sia forte la matrice della natura morta pittorica. Certo, come in una biblioteca o in un archivio in Disobedience i materiali sono molti ed è impossibile poterli visionare tutti. In questo senso la mostra non pretende che i lavori siano visti in successione, uno dopo l’altro secondo un copione già scritto, ma invita lo spettatore a fare il proprio editing, quindi presuppone un ruolo attivo e produttivo. In Disobedience archive (The Republic) c’è più idealismo o concretezza? Direi che Disobedience mostra eventi concreti e, allo stesso tempo, mondi possibili. Se c’è ancora dell’idealismo questo sta proprio nel rimanere ancorati a forme istituzionali del museo o della democrazia rappresentativa mentre, di fatto, siamo sotto un colpo di stato

53

permanente. Ben vengano allora le pratiche disobbedienti: mai in passato, rispesso ad ora, c’è stato più bisogno di arte. Disobedience Archive (The Republic) a cura di Marco Scotini 22 aprile – 1 settembre 2013 Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea Piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (TO) Orari: da martedì a venerdì: 10.00 – 17.00 sabato e domenica: 10.00 – 19.00 24 e 31 dicembre: 10.00 – 17.00 lunedì chiuso Info: +39 011 9565222 www.castellodirivoli.org

In queste pagine: Disobedience Archive (The Republic), a cura di Marco Scotini, Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli – Torino, 2013. Foto: Glauco Canalis, Torino, 2013


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/il-mare-e-la-mia-terra-allo-spazio-d-del-maxxi/

Interviste > Fotografia

Il mare è la mia terra… allo Spazio D del MAXXI ROMA | Spazio D – MAXXI | 4 luglio – 29 settembre 2013 Intervista ad EMANUELA MAZZONIS di Daniela Trincia “… la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso / e insieme fisso”, “… Ma nulla so rimpiangere: tu sciogli / ancora i groppi interni col tuo canto”. È con queste parole che Eugenio Montale definisce il Mar Mediterraneo nel 1925. Secondo Francesco Bonami, invece, è “la grande piazza d’Europa”. Mentre il Mare Nostrum, lo chiama-

vano i Romani. Quel mare che in Viaggio nei progetti (1986) di Mario Schifano circonda i rossi continenti dell’emisfero. E così, quel mare da sempre e profondamente presente nell’immaginario collettivo – come testimoniano film, canzoni, poesie e denominazioni di Fondazioni a esso dedicati – e che bagna quei Paesi in cui un gruppo bancario è operante, è stato il pensiero ispiratore della mostra promossa da

BNL Gruppo BNP Paribas per celebrare i suoi cento anni. Ventidue artisti per rappresentare gli altrettanti paesi che si affacciano sul Mediterraneo per the sea is my land – Artisti dal Mediterraneo. Esposizione volutamente distanziata da Cinquanta pittori per Roma nel 2000 idealmente complementare a Cinquanta pittori per Roma voluta da Cesare Zavattini con la commissione di lavori formato cartolina 20×30 tra il 1946 al 1948 ad artisti del calibro di de Chirico, Guttuso e Severini per ampliare la collezione, come illustra Fabio Gallia Amministratore Delegato del gruppo bancario. In realtà, gli artisti sono ventidue più Rori Palazzo vincitrice del concorso fotografico online indetto sempre dalla BNL. Per un totale di centoquaranta opere, esclusivamente fotografiche ad eccezione di quattro video, tutte di altissimo livello. Inoltre, una giuria internazionale ha selezionato la bellissima Two Palestinian Riders, Ben Shemen Forest dell’israeliano Dor Guez come opera che entrerà nella collezione bancaria. Curata da Francesco Bonami ed Emanuela Mazzonis, la mostra è stata allestita nello Spazio D del MAXXI, sopra la libreria che il Museo concede in affitto. Attraverso un allestimento impeccabile che si presenta con un andamento volutamente labirintico per evocarne i contorni frastagliati e le isole che lo caratterizzano, ma anche gli intrecci socio-politici, moltiplicando altresì l’estensione espositiva, le opere di grande formato raccontano una sigla culturale forte e profonda e, contemporaneamente, offrono una panoramica articolata (intima, politica, sociale, religiosa, economica) e attuale di quest’ampio palcoscenico, da sempre luogo di scambio e di dialogo. Ma approfondiamo con Emanuela Mazzonis… Dalle opere presenti in mostra sembra che siano stati scelti artisti “impegnati” in tematiche sociali (religione, ambiente, conflitti …): è così? Altrimenti, qual è stato il criterio adottato?

Ammar Abd Rabbo, A man praying outside the Hassan II Mosque in Casablanca, Morocco, 1996, stampa fine art su carta di cotone, cm 155x107.8. Courtesy Ayyam Gallery, Dubai 54


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Mohamed Bourouissa, Le Reflet, 2007 -­2008, stampa cromogenica, cm 132x220, © Mohamed Bourouissa. Courtesy l’artista e Kamel Mennour, Parigi

Gli artisti sono stati selezionati per dare un quadro il più completo possibile inerente ai flussi eterogenei che popolano il Mediterraneo. Quindi vi sono tematiche collegate al sociale, alla religione, alle guerre, alla città come centro propulsore di vita e di scambi culturali. Come mai è stato deciso di invitare solo artisti appartenenti a paesi che si affacciano sul Mediterraneo? Sono stati scelti ventidue artisti corrispondenti ai ventidue paesi che sono bagnati dal Mediterraneo proprio per rimanere attinenti alla tematica della mostra che è dedicata a questo bacino inteso come una piazza aperta dove si incontrano svariate culture, etnie e religioni. E perché sono stati scelti come mezzi espressivi esclusivamente la fotografia e il video? BNL in occasione del suo centenario ha voluto dedicarsi a un progetto culturale legato alla fotografia e ha volutamente richiesto di selezionare artisti che trattassero la fotografia e il video in quanto la Banca è sempre stata attenta a questa tecnica artistica investendo anche in passato in progetti legati a tali mezzi espressivi. Ha riscontrato tra i lavori degli elementi comuni? Nel caso, quali? La mostra è divisa in tre macro aree che deli-

neano un percorso espositivo preciso, ma non obbligato. Gli artisti che guardano e studiano la città come luogo di incontro tra culture (Adrian Paci), come centro propulsore di vita, come luogo di scambio tra diverse culture, etnie, religioni (Marie Bovo, Moataz Nasr, Mouna Karray). Gli artisti che analizzano e documentano la guerra con occhio reportistico (Fouad Elkoury, Ammar Abd Rabbo), i conflitti religiosi (Taysir Batniji, Dor Guez) e le atroci inevitabili conseguenze che ne derivano (Mladen Miljanovic). Gli artisti che utilizzano la fotografia come tecnica per manipolare la realtà che li circonda (Arslan Sukan, Stephane Couturier) e gli artisti che orchestrano lo scenario che hanno di fronte per ricreare una nuova identità dello spazio (Mohamed Bourouissa, Panos Kokkinias, Ales Bravnicar e Rori Palazzo). the sea is my land – Artisti dal Mediterraneo a cura di Francesco Bonami ed Emanuela Mazzonis organizzazione BNL Gruppo BNP Paribas Artisti: Ammar Abd Rabbo (Siria), Yuri Ancarani (Italia), Taysir Batniji (Palestina), Mohamed Bourouissa (Algeria), Marie Bovo (Spagna), Aleš Bravničar (Slovenia), Stéphane Couturier (Francia), Fouad Elkoury (Libano), Mounir Fatmi (Marocco), Dor Guez (Israele), Adelita Husni-Bey (Libia), Mouna Karray (Tunisia), Panos Kokkinias (Grecia),

55

Irena Lagator Pejović (Montenegro), David Maljkovic (Croazia), Mark Mangion (Malta), Mladen Miljanović (Bosnia Erzegovina), Moataz Nasr (Egitto), Adrian Paci (Albania), Christodoulos Panayiotou (Cipro), Agnès Roux (Monaco), Arslan Sukan (Turchia) e Rori Palazzo (Italia), vincitrice del concorso BNL. 4 luglio – 29 settembre 2013 MAXXI – SPAZIO D via Guido Reni 4, Roma Orari: mar-merc-giov-ven-dom 11.00-19.00; sab 11.00-22.00 Ingresso gratuito Info: www.fondazionemaxxi.it/2013/05/07/unamostra-per-i-100-anni-bnl/


Espoarte Digital

Interviste > Arte

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/biennale-internazionale-di-scultura-pensare-lo-spazio-dialoghi-tra-natura-e-immaginazione/

Biennale Internazionale di Scultura. Pensare lo Spazio: dialoghi tra Natura e Immaginazione RACCONIGI (CN) | Real Castello di Racconigi | 16 giugno – 13 ottobre 2013 Intervista a CLAUDIO CERRITELLI di Francesca Di Giorgio

Quella in corso è la seconda edizione della Biennale Internazionale di Scultura realizzata nel Parco del Castello di Racconigi ma, di fatto, la settima, in ordine di tempo, contando i precedenti di Villa dei Laghi nel Parco Regionale della Mandria (due edizioni) e di Castello di Agliè (tre edizioni)… In uno dei parchi più belli d’Italia Claudio Cerritelli cura la “sua Biennale” guardando alle edizioni precedenti e introducendo alcune novità sugli artisti e gli spazi coinvolti con l’obiettivo di «interagire senza soggezione con il maestoso scenario del Parco di Racconigi»… Pensare lo Spazio: dialoghi tra Natura e Immaginazione… Quali elementi di continuità ha mantenuto e quali invece le novità introdotte? Rispetto alle edizioni precedenti (le prime due curate da Victor De Circasia, le tre successive ad Agliè e la prima a Racconigi da Luciano Caramel), l’attuale esposizione si pone sotto il

segno della continuità, del resto condivido pienamente l’impostazione dinamica che la Biennale Internazionale di Scultura si è data fin dagli esordi perseguendo sia l’idea d’interazione dialettica tra scultura e contesto ambientale sia la dimensione estensiva e vitale delle opere come segni di una pluralità culturale ricca di creatività e fantasia. In tal senso, il titolo dell’attuale rassegna rende in modo esplicito l’esigenza di legare il pensiero della scultura alla qualità architettonica e paesaggistica del luogo in cui si colloca. Lo straordinario scenario del Parco del Castello di Racconigi permette alla scultura di dialogare con il respiro ambientale della natura in modo sempre diverso e con differenti ritmi spaziali, tali da sollecitare molteplici possibilità di fruizione da parte degli spettatori. Alcuni elementi di novità sono stati inseriti attraverso il coinvolgimento di alcuni punti del percorso prima non utilizzati, per esempio la collocazione di una scultura galleggiante sullo specchio d’acqua come ulteriore momento di

56

dialogo con la natura del luogo. Va sottolineato che, al di là del progetto espositivo preliminare, la messa in scena reale delle opere è dovuta alla sensibilità dello scultore Riccardo Cordero (Presidente dell’Associazione Piemontese Arte) che ha seguito la loro collocazione con un senso di equilibrata distribuzione dei pesi percettivi relativi ai vari linguaggi. Un altro elemento di novità è rappresentato dalla sezione dedicata agli artisti storici italiani, con opere collocate nei suggestivi locali sottostanti la Serra della Margaria della Reggia Sabauda, indicazione di una memoria della scultura che non dovrebbe essere mai ignorata per comprendere le radici della sperimentazione plastica attuale. Quali sono stati i punti di riferimento che hanno guidato la scelta degli artisti e delle opere? Per quanto riguarda la selezione italiana mi sono proposto di documentare prevalentemente gli scultori che non avevano mai espo-


Espoarte Digital

www.espoarte.net

sto in questa manifestazione, tuttavia mi sono concesso la possibilità di qualche eccezione, anche perché assai nutrito è l’elenco degli artisti di valore che hanno partecipato alle edizioni precedenti. Per ciò che riguarda gli scultori tedeschi e spagnoli mi sono avvalso, oltre alle mie conoscenze precedenti, di un’ottima documentazione raccolta da Cordero (con il coordinamento di Maria Elisabetta Todaro) all’interno della quale ho operato le mie scelte, soprattutto in relazione alla qualità ambientale delle opere e alla loro tenuta espositiva. La vocazione internazionale è dichiarata dalla selezione di 62 sculture di grandi dimensioni realizzate da artisti provenienti da Italia, Spagna e Germania… Come si è attivato il dialogo con lo spazio del Parco del Real Castello di Racconigi e con i nomi “storici” della scultura italiana? La convinzione principale è che di fronte a un parco di grandi dimensioni come quello di Rac-

Miquel Navarro, Testa pensante, 2000, ferro dipinto, cm 659x160x268 Nella pagina a fianco: Franco Mazzucchelli, Decàfuso, 2013, Pvc gonfiabile, cm 350x700 diam. Foto: Isaia 57

conigi non sia possibile competere in termini monumentalistici, è necessario piuttosto creare un percorso di sollecitazione dello spazio. Ciò che conta è interpretare il luogo nei punti più idonei ad accogliere i diversi linguaggi della scultura, attivare zone anche segrete della natura, dialogare sia con gli spazi aperti sia con situazioni più definite, valorizzando le opere per il loro aspetto esplicito ma anche per quello che esse comunicano dall’interno, nei dettagli e nelle pieghe della loro forma. Penso che il percorso realizzato in questa edizione sia uno dei più efficaci percorsi possibili, esso evoca molteplici relazioni tra natura e immaginazione, esprime una complessa visione ambientale di cui sono molto soddisfatto, proprio perché fa pensare alle molteplici potenzialità espansive della scultura. Questo senso di apertura è fondamentale per non limitare la forza comunicativa delle opere, la qualità polisensoriale della loro dimensione costruttiva, la capacità di ogni singola opera di interagire senza soggezione con il maestoso scenario del Parco di Racconigi.


Espoarte Digital

Pensando ancora a un contesto internazionale, dove la dimensione del “parco sculture” ha avuto molta diffusione e fortuna, supportata anche da contributi pubblici (penso ai Paesi Bassi e non solo), quali crede siano le peculiarità della Biennale Internazionale di Scultura di Racconigi e come crede si sia evoluto questo progetto nel tempo? Non v’è dubbio che la singolarità di questa rassegna promossa dalla Regione Piemonte e organizzata dall’APA sia da collocare all’interno del panorama di analoghe iniziative che si è andato sviluppando negli ultimi decenni con lo scopo di rifondare un ruolo sociale della scultura, una sua presenza vitale nella cosiddetta contemporaneità. Al pari di quanto è avvenuto e avviene in tutta Europa, anche in Italia si è sviluppata una crescente attenzione pubblica e privata nei confronti del genere “parcosculture”, inteso sia come inserimento stabile di opere sia come esposizione temporanea “en plein air”. Mi vengono in mente alcuni esempi tra i più noti nel nostro Paese, dall’esperienza di “Campo del sole” a Tuoro sul Trasimeno alla Fattoria di Celle a Santomato (Pistoia), dal Museo all’aperto di San Gimignano a quello di Morterone nei pressi di Lecco, dal Parco di sculture di Santa Sofia in Romagna a quello privato della Fondazione Ca’ la Ghironda nei pressi di Bologna. Inoltre: dalle sculture in pietra e ferro a Ozieri nel sassarese a quelle installate

www.espoarte.net

a Tortolì nel nuorese, fino all’esperienza denominata “Fiumara d’Arte”, percorso realizzato da Antonio Presti tra Tusa e Santo Stefano di Camastra, in Sicilia. Non sono soltanto parchi in senso stretto ma anche itinerari di sculture immerse nel territorio, inserite nelle caratteristiche mutevoli del paesaggio, segni per stimolare una coscienza sociale dell’arte attraverso un processo di qualificazione estetica di ambienti spesso privi di identità. Il problema è quello della continuità, di superare l’occasionalità degli eventi, di saper programmare situazioni espositive che durano nel tempo, attraverso un reale radicamento nei vari territori, al fine di avvicinare con sempre maggiore efficacia sia i cittadini residenti sia il pubblico mutevole dei visitatori. Si tratta di offrire percorsi della scultura capaci di diventare un riferimento costante per il confronto tra vari linguaggi e differenti culture. In tal senso direi che è ammirevole lo sforzo con cui la Biennale Internazionale di Scultura porta avanti il suo progetto con il desiderio di rafforzare il suo ruolo nel contesto espositivo europeo, anche in virtù di quella incomparabile cornice ambientale che è rappresentata dal Parco e dal patrimonio architettonico-culturale del Castello. Periodo molto ricco di progetti per lei: dalla Biennale di Scultura alla giuria del Premio Nocivelli, fino a un’importante mostra/pro-

58

getto intorno alla figura del Maestro Eugenio Carmi… Dai lontani anni ’80 in poi, la mia attività si è sempre rivolta ad esplorare l’arte di tutte le generazioni, non è dunque sorprendente che io mi stia occupando di progetti dedicati alla valorizzazione dei giovani artisti e agli entusiasmi persistenti dei cosiddetti maestri, termine forse un po’ retorico che tuttavia ben si addice a personaggi che sono in scena da oltre mezzo secolo, e intendono continuare a sognare attraverso la pratica della loro arte. È questo il caso di Eugenio Carmi (1920) che esporrà una recente serie di vetri (realizzati mirabilmente in collaborazione con l’artigiano Lino Reduzzi) nella mitica galleria del Deposito a Genova, legata all’esperienza multidisciplinare degli anni Sessanta. Vorrei segnalare anche la mostra antologica dello scultore Piero Cattaneo (1929-2004) che sto curando per vari sedi istituzionali della città di Bergamo insieme con la figlia Marcella Cattaneo, storica dell’arte, un esempio di ricognizione storico-critica dell’opera di un artista defilato, ma di indubbia qualità tecnico-creativa. Altre mostre dedicate ai singoli autori dell’attualità non m’impediscono di proseguire la ricerca per un libro sulla pittura di paesaggio del ‘900, quasi per confermare che l’immagine della natura costituisce, accanto alle poetiche della pittura e scultura di segno astratto-costruttivo, un versante persistente


Espoarte Digital

delle mie frequentazioni culturali. A questi interessi andrebbero aggiunte altre direzioni di ricerca ma non mi sembra il caso di esternare troppo le proprie ossessioni. Biennale Internazionale di Scultura, Racconigi 2013 Pensare lo Spazio: dialoghi tra Natura e Immaginazione a cura di Claudio Cerritelli Artisti: gli italiani: Sergio Alberti, Italo Antico, Gabriella Benedini, Giuseppe Bergomi, Enzo Bersezio, Alessandra Bonoli, Giovanni Campus, Angelo Casciello, Nino Cassani, Ettore Consolazione, Nello Finotti, Sergio Floriani, Massimo Ghiotti, Roberto Lanaro, Italo Lanfredini, Piera Legnaghi, Umberto Mariani, Eliseo Mattiacci, Franco Mazzucchelli, Igor Mitoraj, Marcello Morandini, Giuseppe Pirozzi, Graziano Pompili, Valerio Righini, Davide Scarabelli, Paolo Schiavocampo, Mauro Staccioli, Antonio Trotta, Sergio Zanni, Nane Zavagno

www.espoarte.net

gusto Perez, Pierluca, Giò Pomodoro, Vittorio Tavernari gli spagnoli: Vicente Baron Linares, Lluis Cera, Ramon De Soto, Natividad Navalon, Miquel Navarro, Jaume Pensa, Rablaci, Susana Solano, Mar Solis i tedeschi: Jörg Bach, Ingrid Hartlieb, Jürgen Knubben, Armin Göhringer, Johannes Pfeiffer, Werner Pokorny, Klaus Prior, Robert Schad, Hartmut Stielow 16 giugno – 13 ottobre 2013 Real Castello di Racconigi Via Morosini 1, Racconigi (CN) Orari: da martedì a domenica ore 10.00 – 19.00 Info: www.ilcastellodiracconigi.it

sezione storica riservata a: Angelo Bozzola, Carmelo Cappello, Andrea Cascella, Sandro Cherchi, Pietro Consagra, Agenore Fabbri, Michele Festa, Quinto Ghermandi, Umberto Mastroianni, Umberto Milani, Au-

59

Alessandra Bonoli, Aeroliti, 1995-2011, ferro verniciato, cm 600x45x45. Foto: Isaia Nella pagina a fianco: Angelo Casciello, Dormiente, 1998, ferro dipinto, cm 300x700x120. Foto: Isaia


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/zhang-huan-a-firenze-materia-dell%E2%80%99anima-tra-quotidianita-e-sogno/

Interviste > Arte

Zhang Huan a Firenze. Materia dell’anima. Tra quotidianità e sogno FIRENZE | Palazzo Vecchio e Forte Belvedere | 8 luglio – 13 ottobre 2013 Intervista a ZHANG HUAN di Ginevra Bria

Fino al 13 ottobre, a Firenze, con il titolo L’Anima e la Materia, è possibile visitare la più grande mostra in Italia di Zhang Huan (1965, Anyang, provincia di Henan, Cina), dopo la personale al PAC di Milano del 2010. Il percorso, allestito in due dei luoghi simbolo della città, Palazzo Vecchio e Forte Belvedere, sancisce l’incontro tra

due grandi capitali culturali: Firenze, culla del Rinascimento e Shanghai nuova capitale creativa contemporanea. Con questa mostra viene riaperto Forte Belvedere che torna ad essere simbolo del contemporaneo a Firenze, dopo aver ospitato in passato artisti come Henry Moore, Fausto Me-

Zhang Huan, Three Heads Six Arms, Forte Belvedere, 2013. Foto: Guido Cozzi 60


Espoarte Digital

Zhang Huan, Three Heads Six Arms, Firenze, Forte Belvedere, 2013. Foto: Guido Cozzi

www.espoarte.net

lotti, Mimmo Paladino, Mario Merz, Giuseppe Penone, Anish Kapoor e Folon. Espoarte ha incontrato l’artista per conoscere più approfonditamente il suo ultimo progetto Italiano… Soul and matter… Anima e materia… La motivazione che sottende al titolo del tuo percorso fiorentino? L’anima è materia substanziale in sé. Un’anima pesa solamente 21 grammi all’interno di un corpo umano. Mentre le anime abbandonano il corpo di un uomo 49 giorni dopo la sua morte. Vincere e sopraffare qualsiasi anima ritengo sia il proposito più difficile per qualsiasi uomo, intento che non potrà mai essere raggiunto. In che modo le tue sculture, costituite dell’evanescenza della spiritualità e del peso creato dal loro stesso volume, reagiscono con la storia di Palazzo Vecchio e di Forte Belvedere? Il percorso dell’esistenza è una sorta di tragicommedia e la vita della gente sta cambiando nel tempo. Tre teste e sei braccia stanno letteralmente circondando Firenze. Mentre allo stesso tempo si sta assistendo a un dialogo tra due credo, tra due religioni o piuttosto ad un’invasione culturale. Numerose anime raccolte attorno ad un Buddha di Taiwan potrebbero vivere di nuovo qui.

61

Che cosa hai imparato vivendo, per alcune settimane a Firenze, la tua residenza ha scalfito il tuo modo di essere o di considerarti artista? Firenze, in qualità di terra sacra dell’arte, è un territorio in cui le persone mostrano rispetto e si commuovono nell’essere circondate da magnifici paesaggi, ottimo cibo e da un’atmosfera piacevole. I cittadini, inoltre, si sentono molto vicini alla città. Anche se comunque si rendono conto che non possono vivere nel passato e del passato. Bisogna affrontare il mondo e guardare al futuro. Il mio sviluppo artistico è stato interessato da diverse fasi formali. Differenti regioni geografiche e territori hanno contribuito a far vivere in me diverse forme di ispirazione. E credo che questo approccio abbia generato numerose sovrapposizioni creative. In otto anni passati a New York, ad esempio, ho profondamente realizzato quanto emergessero e fossero resistenti le radici della mia cultura, comprendendo quanto l’origine di tutta la mia spinta compositiva provenisse costantemente dalla Cina. Credi che la tua modalità espressiva sia cambiata rispetto all’ultima volta che hai allestito una tua retrospettiva in una istituzione italiana (mi sto riferendo in particolar modo ad Ashman, al PAC, a Milano)? Sa-


Espoarte Digital

rebbe possibile per te effettuare una sorta di comparazione tra le due mostre? La mostra al PAC si tenne d’estate, tre anni fa a Milano. Ritengo che la mia espressività si sia arricchita nel frattempo, benché il nocciolo concettuale del mio discorso sull’arte non sia cambiato. Il focus di Soul and matter prende vita direttamente dall’humus fertile del Rinascimento. Attraverso Soul and matter, quale tipo di dialogo hai inteso instaurare o sottolineare con il passato? Come ti sei posto in relazione con il periodo estetico del Rinascimento e con i suoi Maestri? I Maestri nati durante il Rinascimento hanno mostrato rispetto per la storia e la cultura. Hanno concepito e compreso la materia della vita e hanno osato aprire una breccia tra Vecchio e Nuovo. Quel che hanno fatto è la liberazione dell’umanità dal buio della Storia, del Medioevo. Ed io sono molto interessato, attratto, tanto dalla barbarie quanto dall’umanità nella dimensione della sfera divina. L’intento e il motivo della tua ricerca? Fattori entrambi interenti a Soul and matter…?

www.espoarte.net

Solo il cambiamento è la legge eterna che regola questo mondo. La relazione tra la dimensione materia e mondo spirituale si ritrova esattamente nel rapporto tra la quotidianità e il sogno. Parlando della sera di inaugurazione del percorso, come ha reagito la gente di fronte alle tue sculture tanto effimere quanto profondamente religiose? Ritengo che quando un Buddha brucia fino a diventare polvere, tutte le persone dovrebbero essere capaci di sentire, di percepire l’anima, la propria e quella degli altri, direttamente nell’aria. Nel 2013, nel mondo dell’Arte Contemporanea, quale significato assume la rappresentazione del Divino? Quali tipologie di dimensioni, di livelli bisogna porre a confronto, oppure far collassare, nello scolpire divinità? Penso che la divinità sia attualmente l’umanità stessa. Le immagini di uomini e dei rappresentano entrambe materiale quotidiano e spirituale sempre più prevalente. Benché io abbia dubbi sull’esistenza e le funzioni di Dio, posso ancora

62

Zhang Huan, Peace, Forte Belvedere. Foto: Guido Cozzi


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Zhang Huan in Palazzo Vecchio. Foto: Guido Cozzi

sperare di lavorare cercando di diventare una sorta di segnale, di avvertimento per il mondo dell’Arte Contemporanea, aiutando ad abbandonare la brutalità, i pensieri che distraggono e mostrando come trattare ogni persona, ogni situazione con gentilezza. L’uomo propone, Dio dispone. Potresti fornirci una definizione di eroe? Gli eroi attualmente sono uomini folli che hanno sofferto di malattie mentali. Premesso ciò, sostengo che siano solo uomini come noi che coltivano loro stessi nella linea della vita di tutti giorni.

versalità. Credo che questa mostra possa aspettarsi di far vivere un’esperienza assolutamente nuova per la città e per i suoi abitanti, turisti inclusi. A nome mio e di tutte le altre persone cinesi, credo che si possa inviare a tutti loro i miei più cordiali auguri. Amitabha! Zhang Huan. L’anima e la materia / Soul and Matter Ideazione e cura mostra: Olivia Turchi Direzione Artistica: Sergio Risaliti 8 luglio – 13 ottobre 2013 Palazzo Vecchio e Forte Belvedere, Firenze

Un augurio o un desiderio che protegga il percorso di Soul and matter? Firenze è la culla del Rinascimento. Questa città sta facendo sforzi eccezionali per “ringiovanire” la cultura classica e l’arte. E adesso bisogna mantenersi al passo con i tempi, esponendo lo spirito umano visto attraverso la lente dell’uni-

Zhang Huan, Long Island Buddha, Forte Belvedere. Foto: Guido Cozzi 63

Orari: Palazzo Vecchio 9 – 24 e Forte di Belvedere 10 – 20 Info: www.oncevents.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/daniel-gonzalez-limpossibile-a-portata-di-mano/

Interviste > Progetti

Daniel Gonzàlez. L’impossibile a portata di mano VERONA | Cortile della Casa di Giulietta | 29 giugno – 14 ottobre 2013 Intervista a DANIEL GONZALEZ di Elena Girelli

Tanto mistero, molta fantasia e un’overdose di bellezza si celano dietro a Romeo’s Balcony il nuovo Art Project promosso da ARTVERONA e firmato Daniel González. L’artista argentino stravolge il mito di Romeo & Giulietta, da anni cliché culturale, associato alla città veneta. Il famoso balcone, luogo simbolo della storia d’amore shakespeariana, diventa quello di Romeo, un vicino di casa contemporaneo, giovane, disoccupato, il tipico ragazzo della porta accanto in crisi e insicuro, che mette in discussione ogni convenzione sociale e si mostra in tutte le sue debolezze interiori. Per la prima volta Romeo si mostra al pubblico, non più ai piedi di Giulietta sospirando amorevolmente dal balcone, ma dal proprio balcone dirimpetto, un po’ annoiato da una tipica Giulietta dei giorni nostri, non più immacolata o angelo del focolare domestico, in fondo una qualunque donna di casa. Ideata dall’artista, in collaborazione con Paolo Valerio, la performance del 28 giugno ha fatto rivivere un mito in stile commedia all’italiana, colpi di scena inclusi. Due balconi, due miti, due innamorati e tante paillettes!!! L’inaugurazione di Romeo’s Balcony ha fatto parlare di te da diversi punti di vista. Quali caratteristiche, a tuo parere, hanno scosso maggiormente il panorama culturale della città di Verona: la location, il soggetto scelto,

la performance? Scuotere un panorama culturale non è una mia pretesa. Quando creo un progetto pubblico ho intenzione di parlare, di creare un ponte di comunicazione tra la mia opera e il fruitore finale. Scindere non fa parte dell’idea. Dentro l’idea c’è tutto. Mentre lavoro ad un progetto scelgo semplicemente quale percorso prendere, a priori dal luogo in cui verrà realizzata. Quando mi è stato richiesto di presentare un progetto per il Cortile di Giulietta, come se fosse una commissione rinascimentale, mi sono confrontato con un luogo associato ad una storia classicissima, con grande potere mistico e luogo di culto. Che fare? L’unica cosa è dialogare con la storia stessa, che parla dell’amore universale con un triste epilogo. Oggi ciò che ci offre la contemporaneità è di creare lieti fini, belle domande che possano dare soluzioni. In questo caso ho creato un balcone, altro non è che una grande domanda. In realtà si tratta di un finto balcone, senza accesso – non si può raggiungere, anche se all’apparenza, è abitato. Troviamo vasi con piante, paillettes e colori fluorescenti. È un paradiso che non si può toccare, chiamalo così: l’impossibile a portata di mano. Com’è il vicino di casa di Giulietta secondo Gonzàlez?

È uno stronzo. È un uomo come tutti noi e ha una crisi. Non è una vera e propria crisi d’identità. Credo sia in discussione il ruolo tradizionale dell’uomo. L’uomo contemporaneo è duro ma anche fragile, non ha paura di mostrare il proprio lato femminile, non ha più la verve travolgente di dire “vieni via con me”, è senza soldi o, se li ha, non li usa più per sedurre e non sa che farsene ad ogni modo di Giulietta. È un uomo che sta in vetrina, più che mostrare la sua sostanza. Convive con nuovi stadi di dubbio e insicurezze da ridefinire. Questo Romeo è uno spartiacque con i passati modelli di uomo. In molte tue installazioni pubbliche, applichi un violento rovesciamento della prospettiva: ciò che è intimo diventa pubblico come, ad esempio, nell’installazione luminosa Bohemian Street Home che di tanto in tanto fa capolino in via Ventura a Lambrate; ciò che è solitamente limitato a poche persone diventa un’esperienza improvvisamente fruibile da tutti, come nel caso della festa continua Pop-up Museo Disco Club, installata sulla facciata del Museo El Barrio a New York. In questo caso a Verona, stai cambiando la prospettiva della storia di Romeo & Giulietta… Quale esperienza stai offrendo al visitatore del famoso Cortile veronese? Non sto offrendo qualcosa, dò una possibilità. Il visitatore del Cortile è libero di decidere se usufruire di una possibilità al di là di ciò che ho fatto: farsi fotografare gratis dal balcone di Romeo, può salire su quello di Giulietta e da lì osservare un altro balcone, più delicato, più femminile, può decidere se lasciare i famosi lucchetti dell’amore, senza il pericolo che siano tolti periodicamente e così via. Questo progetto è una possibilità per condividere un mito o un’idea, delle esperienze, positive o negative, se vuoi, per riflettere o rifiutare un’idea. Ho creato un luogo di esperienza comune, attraverso la celebrazione di un mito, che permette di riflettere sull’opera o le sue caratteristiche.

Daniel González, Romeo’s Balcony, Juliet’s courtyard, Verona, 29 giugno - 14 ottobre 2013. Foto: K-Studio 64


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Un momento della performance, Romeo’s Balcony di Daniel González, Juliet’s courtyard, Verona, 29 giugno - 14 ottobre 2013. Foto: K-Studio

Hai delle aspettative? Le aspettative sono circoscritte alla fase progettuale. Una volta finita è l’opera che parla. Cosa ti ha spinto a rivendicare il ruolo del protagonista maschile dell’amante di Verona nella storia shakespeariana? Non rivendico Romeo. Rivendico in realtà la possibilità che Romeo possa amarla finalmente. Il tema del “doppio” è il tuo principale campo d’indagine qui a Verona. È legato in particolare ad un’esperienza personale che ci vuoi raccontare? Non è un’autobiografia dichiarata, però risale a emozioni vissute. Escluso il contenuto di ogni progetto, il modo di esprimerlo è totalmente autobiografico. Far dialogare Romeo con Giulietta è legato alla mia incomprensione adolescenziale sperimentata sulla mia pelle di fronte alle prime esperienze amorose. Oltre a questo ci sono tutti i processi evolutivi, dove si manifesta l’incapacità di stabilire ruoli di potere, l’espressione della passione o del libero arbitrio. Ho collegato automaticamente questa installazione a diversi autori del Novecento famosi per il pallino del “doppio”, come Kafka, Musil o Kipling. I tuoi riferimenti sono invece, cinematografici come Truffault, Visconti e Fellini. Mi sono ispirato inoltre allo specchio boudleriano, che rovescia l’immagine riflessa. Nell’installazione, infatti, tutto è al negativo del balcone di Giulietta: il lampadario è rovesciato, l’accesso al balcone è inaccessibile. Molti sono i riferimenti letterari, ma leggo più poesia. Ad esempio, c’è un’influenza romantica come Keats, ribelle alla Dante Alighieri, soprattutto è una rivoluzione silenziosa come negli scritti del Che, che quando li leggi sembra di leggere Morrison e di Keats

per riflesso. È un gioco di specchi. Sono affascinato dagli slittamenti di significato. Oggetti del quotidiano acquisiscono nuovi ruoli e funzioni. Il significato viene attribuito dal fruitore. Qui siamo al confine della creazione di nuovi oggetti. In Romeo’s Balcony non ho creato un nuovo oggetto, ho creato un’idea. D’altronde le rivoluzioni non si fanno più nelle piazze, ma attraverso nuovi stili di vita, costumi e forme mentali. Chiamala così rivoluzione attraverso la bellezza. La festa non è ancora finita, giusto?! Ci sorprenderai ancora da quel balcone? Non so se sorprenderò, non so neanche se sarà una sorpresa, ma sarà sicuramente un modo di vivere il mito di Shakespeare attraverso la nostra esperienza quotidiana, i nostri sogni. È la volontà sull’idea dell’amore. L’installazione ha anche il potere di attivare un confronto architettonico tra i due balconi. Romeo’s Balcony potrebbe essere tranquillamente una scultura di Sol Lewitt che ha mangiato un sacco di caramelle. All’inizio del progetto mi sono confrontato con questo cortile medievale e ho pensato che potesse essere eccitante, non solo l’aspetto legato alla storia d’amore, ma anche che gli oggetti riflettessero questo amore: due balconi, uno di pietra bello, secondo un’accezione classica del termine, e l’altro contemporaneo. Come se la sera, quando Romeo e Giulietta dormono, i due balconi continuassero a corteggiarsi. La struttura ricreata è un’idea di stanza e un’idea di balcone, realizzati come se fossero un rendering progettuale in scala. Molti sono i riferimenti al gioco del meccano, dove si armano gli oggetti attraverso linee prospettiche. Il risultato è l’idea di un ambiente. A dare vita a quest’idea, sono

65

intervenuti, poi, i flowerpot, che risalgono a ricordi legati alla mia nonna toscana. Coltivava gli aromi in questi barattoli di latta disegnati, per me raffiguranti dei super eroi. Così ho costruito dei vasi con caratteristiche speciali. Il primo raffigura la scultura d’oro che la famiglia Capuleti doveva regalare alla famiglia Montecchi, secondo il plot shakespeariano. In realtà la statua non è mai stata realizzata ed questo è stato il pretesto per trasformare la statua in una confezione di conserva di pomodoro. Il secondo recita “Pasta, amore e avantgarde” dove ho sintetizzato il rapporto tra i balconi. Il terzo è una confezione di birre che emette l’amara sentenza “niente da fare”. È un balcone che vive grazie alle piante al loro interno. Il complesso è una struttura di sogni con vita propria. L’ultima domanda è d’obbligo: progetti futuri? A ottobre ci sarà la chiusura dell’installazione Romeo’s Balcony durante ARTVERONA e a seguire sarò impegnato con la mostra personale nello show room di Patrizia Pepe a Prato. Chiudo il 2013 con un twin solo project con Anna Galtarossa alla galleria Diane Lowenstein di Miami. Daniel González. Romeo’s Balcony A cura di Marco Meneguzzo 29 giugno – 14 ottobre 2013 Cortile della Casa di Giulietta Via Cappello 23, Verona Evento promosso da ArtVerona www.danielgonzalez-romeojuliet.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/con-le-braccia-e-con-la-mente-alessandro-biggio-al-man/

Interviste > Arte

Con le braccia e con la mente… Alessandro Biggio al MAN NUORO | Museo MAN | 13 settembre – 3 novembre 2013 Intervista ad ALESSANDRO BIGGIO di Ilaria Bignotti La relazione tra ideatore e esecutore è un tema ricorrente e dibattuto nella storia dell’arte, non solo contemporanea. Affascinante dunque il progetto Braccia di Alessandro Biggio (1974) che ha coinvolto sei artisti internazionali – Alexandra Bircken (Colonia, Germania 1967), Michael Höpfner (Krems, Austria 1972), Luca Francesconi (Mantova, Italia 1979), J. Parker Valentine (Austin, Usa 1980), Ian Pedigo (Anchorage, Usa 1973) e Luca Trevisani (Verona, Italia 1979). A ciascuno di loro è stato chiesto di elaborare un progetto per la realizzazione di un’opera inedita a partire da alcune informazioni generali, diverse di volta in volta, e dallo scambio che ne è conseguito. Una volta definito il progetto, Biggio si è fatto carico della sua realizzazione tenendo fede alle indicazioni ricevute. Tutti i lavori sono stati realizzati in Sardegna, dove Biggio, originario di Cagliari, risiede, lontano dai loro autori intellettuali. Da qui il titolo dell’esposizione: Biggio è stato

“il braccio”, anzi, le braccia, di opere realizzate idealmente da altri. Un progetto che suscita diverse domande, apre un dibattito ampio, e solletica più di una curiosità. Come è avvenuta la scelta degli artisti da te coinvolti per questo progetto? Sono artisti che da tempo osservo da lontano, artisti che ho cercato e incontrato nei miei viaggi altri che non ho mai incontrato. Artisti di cui ricordo un’opera in particolare che avrei voluto pensare o “fare” o a cui mi sono avvicinato nella mia ricerca, senza saperlo, scoprendo la vicinanza e la somiglianza a posteriori. Hai creato le opere ideate dagli altri artisti “a distanza”, realizzandole nel tuo studio in Sardegna: quali sono state le principali re-azioni scaturite da questa tua scelta negli artisti coinvolti, quali i confronti più pre-

gnanti da ricordare? Le reazioni a questa condizione del progetto, la distanza, sono state molto diverse: curiosità, frustrazione, entusiasmo, ma alla base di tutte c’è stata la volontà di sperimentare una strada diversa per arrivare all’ideazione e alla realizzazione del lavoro. La distanza è diventata un’opportunità e non un limite. Davvero non riesco a trovare un confronto più pregnante di altri. Con tutti è stato estremamente diverso, intenso, difficile, bello per ragioni molto diverse. Hai scelto di sviluppare le opere restando in Sardegna e con questa scelta hai affrontato il tema della insularità e della relazione. Quali le influenze di questa scelta geo-culturale sulle opere create? Il fatto che durante il progetto la distanza separasse gli artisti che vivono in diverse parti d’Italia e del mondo da un’isola, una terra ricca di suggestioni come la Sardegna, ha avuto un significato particolare. All’insularità e all’isolamento è possibile dare un senso che permette di superare i limiti evidenti che da queste condizioni derivano. Il fatto che Braccia avesse qui il suo centro ha avuto un peso notevole sulla maggior parte dei processi di elaborazione dei progetti. In alcuni lavori la relazione con la Sardegna è più evidente ed esplicita per la scelta di alcuni materiali: l’ossidiana di Pau nel lavoro realizzato con Luca Francesconi; o per altri fattori: il lavoro con Alexandra Bircken realizzato grazie agli strumenti e alla guida di un bravissimo artigiano di Sedilo. In altri lavori non c’è alcun riferimento evidente o esplicito alla Sardegna eppure anche quelli in qualche modo ne sono stati influenzati. I temi sviluppati sono quelli dei materiali locali (Luca Francesconi), del confine e della durata dell’opera (Luca Trevisani) della distanza e del percorso (Michael Höpfner), delle relazioni tra corpo e architettura attraverso l’arte (Ian Pedigo) e ancora, della corporeità tra umano, trascendente e animale (J. Parker Valentine, Alexandra Bircken). E cosa e quanto è invece stato trasferito in questi lavori della tua ricerca e del tuo linguaggio? Non è semplice dire quanto di mio sia presente in questi lavori. Braccia ha implicato una scel-

66


Espoarte Digital

Luca Trevisani e Alessandro Biggio, Braccia (particolare), 2013, gesso, banane, corda, dimensioni variabili. Courtesy degli artisti e del Museo MAN Nella pagina a fianco: Ian Pedigo e Alessandro Biggio, Braccia, 2013, mute cavallette, immagine da archivio del progetto. Courtesy degli artisti e del Museo MAN

www.espoarte.net

ta radicale da parte mia, quella di mettere da parte, per la durata del progetto, la mia ricerca e di mettermi al servizio della ricerca di qualcun altro, nella convinzione che anche in questo vi fosse un potenziale espressivo. E così è. In alcuni casi la mia presenza è più evidente perché l’autore del progetto mi ha lasciato un maggiore margine di scelta (nella scelta di un materiale, nella disposizione di alcuni elementi, etc) altre volte è stato più difficile capire quale potesse essere il mio spazio nell’opera; magari si trovava in piccoli dettagli o in quelle che a prima vista potrebbero sembrare imperfezioni o difetti se fatti da un artigiano o da un tecnico.

soggetti, autore intellettuale e autore materiale, è dato dalla convinzione che in entrambi i momenti vi sia o vi possa essere una componente creativa. Non c’è però un’intenzione polemica in questa riflessione così come nel fatto che le opere prodotte debbano essere inalienabili. Braccia #1 progetto di Alessandro Biggio con Alexandra Bircken, Michael Höpfner, Luca Francesconi, J.Parker Valentine, Ian Pedigo e Luca Trevisani 13 settembre – 3 novembre 2013

É possibile, anche, intravvedere in questo tuo progetto una certa vis polemica nei confronti del mercato dell’arte e del tema dell’autorialità artistica? Il tema dell’autorialità e alcuni aspetti legati al mercato sono determinanti in questo progetto. Quanto e in che modo mente e braccia interagiscano e in che misura separare i due momenti generativi dell’opera possa influire sulla paternità dell’opera stessa è un elemento chiave di Braccia. Il fatto che si sia scelto di ricondurre la paternità delle opere a entrambi i

67

MAN Museo d’Arte provincia di Nuoro via Sebastiano Satta 27, Nuoro Orari: tutti i giorni 10.00-13.00 e 15.00-19.00, chiuso il lunedì chiuso Ingresso intero Euro 3,00; ridotto dai 18 ai 25 anni Euro 2,00; gratuito under 18, over 60 e ultime domeniche del mese Info: +39 0784 252110 www.museoman.it


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/angelo-casciello-quando-il-segno-diventa-certezza/

Interviste > Arte

Angelo Casciello. Quando il segno diventa certezza BENEVENTO | arcos – museo d’arte contemporanea sannio | 16 luglio – 15 novembre 2013 Intervista ad ANGELO CASCIELLO di Martina Adamuccio

Angelo Casciello, Origine, 2013, legno dipinto - pittura murale

Uno tra i più affermati artisti campani, allievo di Domenico Spinosa, ha frequentato un corso di scultura diretto da Arnaldo Pomodoro; nel settembre 2009 investito da Papa Benedetto XVI Accademico del Pantheon. Angelo Casciello esordisce nel mondo dell’arte nel 1977 e ottiene presto numerosi riconoscimenti. Ha partecipato ad alcune delle più importanti esposizioni nazionali ed internazionali. Nel 1979 tiene una mostra personale a Napoli nell’ambito della Rassegna della Nuova Creatività nel Mezzogiorno, da Lucio Amelio, personaggio chiave del sistema dell’arte degli anni. Angelo Casciello è il padrone del tempio dei segni, artefice della “magica ed armonica, bellezza del sacro silenzio misterioso” che avvolge ognuno di noi guardando il suo lavoro… Una delle tue prime personali è stata nella galleria di Lucio Amelio, gallerista ed esperto d’arte ormai scomparso da molti anni. Che ricordo conservi di quel tempo e del

rapporto con una delle persone più importanti per il mercato dell’arte di quegli anni? Ho fatto la mostra da Lucio Amelio nel 1979, avevo 21 anni. Lucio era un uomo speciale, istrione, volubile, carismatico, prepotente, caloroso, elegante. Parlava più lingue straniere, era un grande promotore dell’arte e degli artisti: egli stesso era attore, cantante, nonché inventore di artisti. Nell’esposizione che ho tenuto alla Galleria di Amelio, presentai una serie di sculture realizzate con pali di legno appena scalfiti all’estremità, legati con fili di ferro e lasciati vibrare nello spazio tramite delle corde: alcuni partivano come dei segni dalle pareti, altri si libravano totalmente nello spazio. Era un lavoro sul segno nello spazio. Mi sono trovato a partecipare a quel grande laboratorio che Lucio aveva ideato: la Rassegna della Nuova Creatività nel Mezzogiorno, che vedeva protagonisti pittori come Paladino, Clemente, Tatafiore, registi come Martone e attori

68

come i fratelli Servillo e Arana, fotografi come Donato, solo per citarne qualcuno. Nella Galleria di Amelio ho conosciuto Longobardi, D’Argenio, Cannavacciuolo, giovani esordienti poco più grandi di me. La Galleria Amelio in quel periodo, sicuramente a Napoli e in Italia, era uno delle più importanti. Proprio a Napoli, orgoglioso della sua napoletanità, Lucio organizzò il suo quartiere generale, occupando gli spazi della Città che le istituzioni pubbliche, incapaci di una seria politica culturale per le arti visive, avevano lasciato vuote, promuovendo solo occasionalmente qualche sporadica manifestazione di qualità. Lucio con la sua intelligenza monopolizzò spazi prestigiosi come il Museo di Villa Pignatelli e il Museo di Capodimonte, con mostre memorabili come quelle di Burri, Beuys, Paolini, nonché la nascente RaiTre, il quotidiano Il Mattino, avendo come partner preferenziale il potente Banco di Napoli. Nella Galleria di Amelio si respirava l’aria dello Star system internazionale. Lì ho avuto la pos-


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Angelo Casciello e Lucio Amelio In basso: Angelo Casciello, Il tempio dei segni, 2013, arcos - museo d’arte contemporanea sannio

sibilità di vedere le mostre di Beuys, Warhol, Rauschenberg, Schifano, Merz, Kounellis, Penck, Baselitz, Richter, Twombly, e dei giovani Brown, Haring, Long, Salle, Barcelò, Cragg. Lucio mi ha fatto conoscere la scrittrice Fabrizia Ramondino, Graziella Lonardi degli Incontri Internazionali, i giornalisti Michele Bonuomo e Vitaliano Corbi, i critici d’arte Angelo Trimarco, Filiberto Menna, Arcangelo Izzo, il cineasta Mario Franco, il promotore del nuovo teatro di ricerca Saverio Lucariello, tra gli altri. Lucio Amelio resta nei miei ricordi come colui che mi ha fatto vedere e toccare un grande disegno di Picasso che rappresentava la testa di un toro morente. Nella tua ultima mostra Angelo Casciello. Il tempio dei segni, inaugurata lo scorso 16 luglio e aperta fino al 15 novembre 2013, negli spazi di arcos – museo d’arte contemporanea sannio, il segno, ancora una volta, diventa protagonista di una storia senza fine… La mostra al Museo Arcos di Benevento è nata da una sollecitazione fattami dal Direttore Artistico Ferdinando Creta. In un primo momento pensavamo di realizzare una mostra con quadri, disegni e sculture ma, al secondo incontro, conveniamo che bisognava fare una cosa speciale per questo spazio particolare e intrigante. Così mi è venuta l’idea di realizzare “Il tempio dei segni”, un’opera totale che si estende sulle pareti bianche che corrono nella fisicità dello spazio, così ho dipinto un grande segno – disegno tridimensionale di colore nero, accompagnato dalla sua ombra grigia, il tutto con un moto andante, con pause, allegro ma non

troppo, con brio e a tratti ironico e malinconico. Completando l’esposizione con sculture in ferro a tutto tondo e sculture a parete di legno dipinte degli ultimi dieci anni. Quando il visitatore si inoltra ne “Il tempio dei segni”, viene accolto da una storia magica ed armonica, accompagnato dalla bellezza del sacro silenzio misterioso. Un lavoro profondamente umano in cui l’uomo però rimane nascosto. Dove si trova l’uomo nei tuoi lavori? Penso di essere il tramite, non il fine. Mi sento un viandante in cerca di continue suggestioni ed emozioni che raccolgo e fermo nello spazio del tempo, trasferendole sulle pareti dipinte e nei volumi della scultura e nello spazio dell’architettura. L’uomo vive tramite le sue tracce, come i nostri antenati dei primordi vivono tramite i loro graffiti. Mi piace spiazzare lo spettatore, conducendolo in luoghi e spazi non facilmente comprensibili, mettendolo in condizione di estraniarsi dall’apparenza e dall’apparire per approdare ad una

69

dimensione oscura dell’essere, che è quella dell’inconscio profondo di ogni uomo. La tradizione, il rituale e il legame con la terra, dove ti porterà il tuo lavoro in futuro? Diceva il poeta “del domani non c’è certezza”. Spero che la mia ricerca mi aiuti a curare il malessere che abita in me, donandomi visioni di stupore e meraviglia nonché momenti di grande bellezza e armonia e di conseguenza poterne fare dono agli altri. ANGELO CASCIELLO. Il tempio dei segni a cura di Ferdinando Creta in collaborazione con Casa Turese – Galleria | edizioni d’arte www.casaturese.it 26 luglio – 15 novembre 2013 arcos – museo d’arte contemporanea sannio Corso Garibaldi 1, Benevento Info: +39 0824 312465 www.museincampania.it


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/vite-in-transito-adrian-paci-al-pac/

Interviste > Arte

Vite in transito… Adrian Paci al PAC MILANO | PAC | 5 ottobre 2013 – 6 gennaio 2014 Intervista ad ADRIAN PACI di Ginevra Bria

Il 5 ottobre, al PAC di Milano, inaugura l’ultima retrospettiva di Adrian Paci. Un’ampia selezione di opere realizzate a partire dalla metà degli anni ’90 fino alla produzione più recente, la nuova opera The Column (2013), in un percorso che esprime la varietà di linguaggi che Adrian Paci utilizza nel suo lavoro, spaziando dal disegno alla fotografia, dalla pittura al video fino alla scultura. Espoarte, in anteprima, ha incontrato l’artista albanese. In occasione della IX Giornata del Contemporaneo inauguri al PAC, Vite in Transito. Com’è cambiata la presenza dell’arte contemporanea a Milano? Quale contributo ritieni che la mostra possa apportare? Milano è una città significativa per l’arte con-

temporanea in Italia e perciò, una mostra al PAC, che rimane l’unico spazio pubblico totalmente dedicato al contemporaneo, è un momento importante. Come ogni mostra, anche la mia cerca di stabilire un dialogo, di suscitare delle riflessioni, di provocare il pensiero e la sensibilità di chi andrà a visitarla. Fare le mostre vuol dire riattivare i lavori, relazionandoli l’uno con l’altro, con lo spazio e con il fruitore. Quello di essere un contributo, come lo chiami tu, è un augurio che io mi faccio, ma non spetta a me definirne i termini. Quello si vedrà quando la mostra sarà allestita e, anzi, forse si vedrà meglio quando sarà finita. Dopo molti anni i tuoi video torneranno, tutti assieme, a brillare a Milano. A tuo modo di vedere, quale elemento servirebbe per dare

nuova luce alla contemporaneità milanese? L’Albania, da dove io vengo, è un paese dinamico, pieno di energie, contrasti e contraddizioni interessanti, ma non mi sembra ancora un posto con una scena artistica dalla quale una città come Milano possa prendere dei modelli. Speriamo che un giorno lo possa diventare. Il titolo del percorso, Vite in Transito, quale aspetto sottolinea della tua vita in corrispondenza alla contemporaneità dell’arte? In tutte e tre le domande che mi hai fatto finora, hai utilizzato la parola “Contemporaneo”. Difficilissimo da definire, perché nel momento in cui gli viene conferita un’identità perde, come dire, la sua “contemporaneità”. È stato di mio interesse indagare proprio questo aspetto transitorio, che caratterizza profondamente l’essere tanto nella sua essenza quanto nelle sue varie manifestazioni; un’entità analizzata non solo attraverso una speculazione teorica, ma anche attraverso l’esperienza e i mezzi sensibili dell’arte. Potresti descrivere in breve le opere più significative che saranno installate al PAC soffermandoti sul nuovo progetto dal titolo The Column (2013)? La mostra mette insieme un gruppo di lavori realizzati in momenti diversi. Ci sono anche alcuni lavori che ho fatto in accademia a Tirana come altri realizzati subito dopo che mettono in luce un tentativo di uscire dal figurativismo accademico dove eravamo obbligati a stare durante il regime, per tentare strade diverse. Poi ci sono i miei primi video, cosi come quelli più conosciuti come Centro di Permanenza Temporanea, Vajtojca. Ho voluto avere una presenza più forte dei lavori degli ultimi anni,

Adrian Paci, The column, 2013, video 25’40’’. Courtesy dell’artista e di Kaufmann Repetto, Milano 70


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Adrian Paci, Centro di permanenza temporanea, 2007, video 5’30’’. Courtesy dell’artista e di Kaufmann Repetto, Milano In basso: Adrian Paci, Passages, 2009, acrilico e acquarelli su intonaco e terracotta, cm 30x20x20. Collezione privata. Courtesy dell’artista e di Kaufmann Repetto, Milano

come Electric Blue, The Last Gestures, Inside the Circle e The Encounter. Il nuovo lavoro che presento per la prima volta in uno spazio pubblico in Italia è The Column e racconta la storia di un blocco di marmo estrapolato da una cava nel nord di Beijing per essere portato su una nave e per essere scolpito nell’Oceano durante il viaggio fino a trasformarsi in una colonna di stile classico. Il viaggio ha una partenza, ma non ha una fine, se non quella della realizzazione della colonna stessa. Non vuole essere un documento, ma un racconto visionario che sta tra il possibile e il fantastico. La stessa colonna, dopo essere arrivata dalla Cina a Parigi per la mostra di Jeu de Paume, viene mostrata anche all’interno del PAC. C’è anche una presenza di pittura nella mostra perché essa rimane non soltanto un punto di partenza per me, ma anche una pratica che continua ad essere presente nel mio lavoro. Dai disoccupati silenziosi di Turn On (2004) agli uomini in marcia verso un aereo pronto a decollare in Centro di Permanenza Temporanea (2007); dai volti estatici dei fedeli raccolti di fronte all’icona sacra di PilgrIMAGES (2005) ai lamenti della prefica che celebra il passaggio dalla morte alla vita in Vajtojca (2002) fino all’artista stesso che entra in contatto con il pubblico stringendo ad una ad una le mani dei presenti in Encounter (2011), quale di queste vite in transito si avvicina di più alla tua e perché? Faccio fatica a individuare un elemento della mia vita che corrisponde o si avvicina di più a queste Vite in Transito a cui ti riferisci perché proprio nell’insieme degli eventi che si realizza questo essere “in transito” e non in un singolo fatto. Sicuramente il mio lavoro è figlio di una grande rottura storica. La rottura che ha segnato il crollo del regime dove vivevamo chiusi e isolati dal resto del mondo, seguito dopo dall’esplosione di aspettative, curiosità, desideri, illusioni e delusioni. Senza dubbio, un ruolo importante ha avuto nel mio lavoro anche

l’educazione e la pratica della pittura che ho svolto da quando ero bambino.

Progetti futuri? Una casa in Albania.

Come mai è stato scelto di inserire un contributo di Giovanni De Lazzari (Lecco, 1977) all’interno del tuo percorso? Potresti descriverci il progetto che sarà installato al PAC? Conosco Giovanni De Lazzari da quando insegnavo all’Accademia Carrara di Bergamo e in seguito siamo diventati amici e colleghi. Da qualche anno, Giovanni lavora su delle strutture che ospitano immagini, creando delle architetture mentali abitate da un pensiero visivo che lui costruisce partendo da un ricchissimo archivio di immagini. Per la mostra, Giovanni prenderà una serie di miei lavori che fanno parte della collezione di Luciano Formica e li disporrà in strutture che costruisce. È un modo di utilizzare il display come mezzo espressivo dove il mio lavoro entra in dialogo con la sua visione e, come dire, è costretto a stare dentro le regole del gioco che egli dispone.

ADRIAN PACI. Vite in transito a cura di Paola Nicolin e Alessandro Rabottini mostra prodotta in collaborazione con prodotta con il Jeu de Paume di Parigi, il Röda Sten Konsthall di Göteborg e il Trondheim Kunstmuseum di Trondheim

71

5 ottobre 2013 – 6 gennaio 2014 5 ottobre dalle 18.00 alle 24.00 (inaugurazione aperta al pubblico in occasione della 9° Giornata del Contemporaneo) PAC Padiglione d’Arte Contemporanea Via Palestro 14, Milano Info: +39 02 88453314 (Ufficio Stampa Comune di Milano)



MARATONA BIENNALE 2013

un viaggio nella 55. Biennale di Venezia attraverso le news di espoarte.net


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/yuri-ancarani-da-vinci-a-venezia-lultimo-capitolo-della-trilogia/

Maratona Biennale

Yuri Ancarani.”Da Vinci”. A Venezia l’ultimo capitolo della trilogia VENEZIA (Arsenale) | 55. Esposizione d’Arte Internazionale, Il Palazzo Enciclopedico – La Biennale di Venezia | 1 giugno – 24 novembre 2013 Intervista a YURI ANCARANI di Alessandro Trabucco

Dopo essere stati accolti dall’opera di Marino Auriti, ispiratrice dell’intero progetto che Massimiliano Gioni ha ideato per la 55. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, e aver effettuato un lungo ed articolato percorso all’interno dell’Arsenale, una piccola stanza buia e un po’ nascosta accoglie lo spettatore e lo rapisce per quasi mezz’ora, mantenendolo inchiodato davanti alla proiezione del film Da Vinci. I film di Yuri Ancarani non solo sono tecnicamente impeccabili, hanno anche la capacità di proporre dei contenuti visivi di grande suggestione, stimolando riflessioni che non si limitano alla superficie bidimensionale delle immagini in proiezione che offrono, ma vanno a scavare la coscienza più in profondità. Il Capo è ambientato in una cava di marmo a Carrara, con Piattaforma Luna Ancarani ci trasporta negli abissi marini all’interno di una claustrofobica camera iperbarica. Con Da Vinci entriamo all’interno del corpo umano ed è lo stesso artista a porre l’accento sulla peculiarità di queste immagini, che è impossibile vedere in altro modo… Cosa ti ha portato a scegliere per Da Vinci questo particolare argomento, la microchi-

rurgia robotica, tanto da renderlo addirittura il soggetto principale di un film? Sono tanti i motivi che mi hanno portato al Da Vinci, uno tra questi è sicuramente legato al soggetto della trilogia per intero. Da Vinci infatti è il capitolo conclusivo della mia trilogia sul lavoro, in cui la relazione tra l’uomo e la macchina è uno dei temi portanti. La cosa che più mi ha affascinato del robot Da Vinci è che il chirurgo non ha più contatti diretti con il corpo del paziente, ma c’è questa straordinaria macchina che entra e si muove all’interno di un corpo umano; mi sembrava perfetto per il mio film. In Piattaforma Luna (il secondo episodio della trilogia) i protagonisti sono diver che vivono all’interno di una macchina, una camera iperbarica che li tiene in vita e anche in Da Vinci c’è un ritorno alla gestualità come nel primo film, Il Capo, in cui il capo-cava comanda con una gestualità chiara e orchestra le macchine scavatrici del marmo. Che interesse credi possa suscitare un tema così serio, e per la maggior parte delle persone anche delicato, su un pubblico educato all’arte contemporanea ma non proprio

74

abituato a questo tipo di immagini? Quando realizzo i miei film, non penso a nessuna tipologia di pubblico in particolare, non penso cioè che debba rivolgersi ad un pubblico o ad un mercato dell’arte, del cinema o della televisione. Quello che cerco di fare è un lavoro che sia visibile a tutti e grazie al quale il pubblico possa fare delle esperienze. Ormai da un po’ di tempo hai superato il concetto di videoarte pura (intesa proprio come linguaggio espressivo indipendente e a sé stante nel sistema artistico) per entrare nel più complesso circuito della cinematografia, mantenendo comunque dialoganti questi due ambienti. È cambiato qualcosa nel tuo approccio al lavoro e all’immagine tecnologica? E quali sono stati i vantaggi concreti di questo importante passo? Credo di aver superato il concetto di genere nell’ambiente dell’audiovisivo. Quello che mi interessa è un’indagine a 360° dell’immagine in movimento. Ho un grande limite, lavorare all’interno di un rettangolo, di una cornice, sia che esso venga posizionato in una sala cinematografica, piuttosto che in una galleria o sul


Espoarte Digital

palcoscenico di un concerto. Certo, ogni contesto genera una sua storia, però di fatto stiamo sempre parlando di immagini in movimento. Ora ad esempio sto portando avanti il progetto Bora prodotto dal Ravenna festival, che è stato recentemente presentato al Mart di Rovereto insieme al musicista Mika Vainio dei Pan Sonic; è un progetto per il mondo della musica. Ho notato che essere a cavallo tra i generi, arte, cinema, musica diventa un problema per chi fa critica. A me piace frequentare ambienti e situazioni diverse, lo trovo molto stimolante. Tenere il pubblico concentrato per più di cinque minuti su un video, o come nel tuo caso su un film, nel contesto dinamico di un’esposizione d’arte contemporanea è oggettivamente molto difficile. Quali sono gli obiettivi irrinunciabili ai quali ti indirizzi quando cominci un nuovo progetto? Una cosa che ho riscontato – e di cui sono molto contento – nei giorni di inaugurazione della Biennale (giorni caotici dove bisogna vedere tutto in due giorni) è che la sala dove era proiettato Da Vinci era sempre piena. Il film dura 25 minuti e le persone se lo guardano tutto. Come

www.espoarte.net

ho detto prima, penso sia importante far vivere un’esperienza. Io l’ho vissuta in prima persona e ho cercato di trasmetterla nel miglior modo possibile. Penso di esserci riuscito. Per concludere, due parole sul finale di Da Vinci, un medico chirurgo si sottopone ad un’esercitazione simulata la quale sembra chiudersi con un errore fatale… In qualche modo volevo inserire all’interno del film la possibilità dell’errore umano e una riflessione sulla tecnologia che non può considerarsi solo un bene. Questo aspetto lo si vede nel momento in cui il robot si avvia e si anima. Il momento in cui l’allievo si esercita nella simulazione è fondamentale perché parla per metafora di un decesso. L’errore è il domino che cade e scatena un errore che diventa irreparabile. Senza dubbio questa scena può considerarsi anche la chiusura della trilogia, con una riflessione importante sugli incidenti sul lavoro che sono una realtà di oggi e di sempre.

documentario e arte contemporanea, e sono il risultato di una ricerca spesso tesa ad esplorare regioni poco visibili del quotidiano, realtà in cui l’artista si addentra in prima persona. FILMOGRAFIA 2012 Da Vinci 2011 Piattaforma Luna 2010 Il Capo Yuri Ancarani. Da Vinci a cura di Massimiliano Gioni 55. Esposizione Internazionale d’Arte – Il Palazzo Enciclopedico – La Biennale di Venezia Arsenale della Biennale, Venezia 1 giugno – 24 novembre 2013 Info: www.labiennale.org

Yuri Ancarani (Ravenna, 1972) è un video artista e flm-maker. Le sue opere nascono da una continua commistione fra cinema

In queste pagine: Yuri Ancarani, Da Vinci, stills da video 75


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/joana-vascolcelos-da-venezia-alle-sale-del-palazzo-di-ajuda/

Maratona Biennale

Joana Vasconcelos… Da Venezia alle sale del Palazzo di Ajuda VENEZIA | 55. Esposizione Internazionale d’Arte | Padiglione del Portogallo | 1 giugno – 24 novembre 2013 Intervista a MIGUEL AMADO di Igor Zanti

Miguel Amado, giovane curatore portoghese, da diversi anni è diventato uno dei punti di riferimento per l’artista Joana Vasconcelos. Insieme hanno firmato Trafaria Praia, la mostra installazione del Padiglione del Portogallo all’ultima beinnale veneziana in corso. Biennale. Espoarte, che ha intervistato la Vasconcelos, a fine giugno, nel suo studio di Lisbona (l’intervista sul numero #82 in uscita ad ottobre 2013!!!) incontra ora anche il curatore per farsi raccontare della sua esperienza veneziana, del suo rapporto con l’artista e degli altri progetti che hanno condiviso nell’ultimo anno… Come e quando hai incontrato per la prima volta Joana? Ho incontrato Joana per la prima volta alla fine del 2003. Vivevo a Londra, ma lavoravo come curatore a Coimbra, al Centro de Artes Visuais. Un giorno mentre stavo preparando una mostra per l’estate del 2004 mi ha chiamato

Joana. Aveva sentito parlare del progetto e mi chiedeva se ero interessato ad una possibile collaborazione. Sono andato a trovare Joana in studio ed ho incluso una delle sue sculture nella mostra che stavo preparando. Da quel momento siamo diventati amici ed abbiamo iniziato a collaborare insieme. Tu e Joana come avete ideato il Padiglione del Portogallo? Joana crea ed io mi occupo dell’aspetto critico. Abbiamo molta intesa, ed io cerco di contestualizzare e teorizzare a livello concettuale gli spunti e le fonti di ispirazione che sono alla base del suo lavoro. Abbiamo utilizzato questo metodo anche per il Padiglione del Portogallo, per il quale ho scritto un progetto in cui illustravo le motivazioni per cui mi pareva opportuno che il lavoro di Joana fosse selezionato. Quando abbiamo ricevuto la nomina, abbiamo a lungo discusso riguardo al significato di rap-

76

presentare un paese alla Biennale di Venezia. Abbiamo analizzato la storia di Lisbona e di Venezia e ci siamo resi conto che la navigazione ed il rapporto con il mare erano caratteristiche condivise da entrambe le città. Da qui è nata l’ipotesi di utilizzare un cacilheiro, il traghetto di Lisbona, che è l’equivalente del il vaporetto veneziano. Joana, aveva in mente di creare un’installazione al suo interno, e desiderava utilizzare le piastrelle in esterno, come se la nave fosse un edificio e le piastrelle costituissero la facciata. Il pannello di piastrelle avrebbe potuto essere astratto, ma abbiamo deciso di descrivere il paesaggio di Lisbona, ispirandoci ad un azulejos del XVIII secolo che rappresenta la città. Inoltre, i riferimenti alle profondità marine nella letteratura e nella pittura sono stati un mio contributo, mentre Joana ha approfondito questo spunto attraverso allusioni a immaginari e sensazioni corporee.


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Joana Vasconcelos, Trafaria Praia, 2013. The Great Panorama of Lisbon (21st Century) installation in progress at the Viúva Lamego factory in Sintra, Portugal. Foto: Bruno Portela. © Unidade Infinita Projectos

Ci vuoi parlare invece della mostra di Joana a Palazzo Ajuda? Joana nell’estate del 2012 ha inaugurato una mostra a Versailles, dove ha presentato una serie di nuove opere, accanto a lavori precedenti, dialogando con l’architettura e la storia del luogo. Ho sempre creduto che il lavoro di Joana interagisca perfettamente con lo spazio e che l’ambiente migliore per il suo tipo di estetica barocca siano chiese e palazzi antichi. Joana mi ha chiesto di aiutarla a sviluppare un progetto per portare la mostra francese in Portogallo. Ben presto ci siamo resi conto che non avrebbe avuto senso replicare l’esposizione di Versailles ma, piuttosto, ideare una nuova mostra che si relazionasse con un palazzo storico. Il Palazzo Ajuda, come il Castello di Versailles, hanno un’identità strettamente connessa alla figura di una regina – Maria Antonietta in Francia e Maria Pia in Portogallo – così abbiamo mantenuto questa relazione e selezionato al-

Joana Vasconcelos, Coração Independente Vermelho [Red Independent Heart], 2005 Translucent red plastic cutlery, painted iron, metal chain, motor, sound installation Songs performed by Amália Rodrigues: Estranha Forma de Vida [Strange Way of Life] (Alfredo Rodrigo Duarte/Amália Rodrigues), Maldição [Curse] (Joaquim Campos da Silva/Armando Vieira Pinto), Gaivota [Seagull] (Alain Oulman/Alexandre O’Neill). Authorized by IPLAY - Som e Imagem/(P) Valentim de Carvalho. 371 x 220 x 75 cm Museu Coleção Berardo, Lisbon © Unidade Infinita Projectos Nella pagina a fianco: Joana Vasconcelos, Trafaria Praia, 2013. Detail of the Great Panorama of Lisbon (21st Century) installation on the outside of the Trafaria Praia ferryboat in Venice. Foto: Luís Vasconcelos. © Unidade Infinita Projectos. 77

cuni pezzi che erano a Versailles per Lisbona. Abbiamo seguito due vie: la prima è stata quella di presentare dei lavori iconici di Joana per gli appartamenti di stato, la seconda, invece, di esporre dei suoi lavori meno conosciuti, più legati ad una dimensione domestica, negli appartamenti privati. In questo modo si sottolinea il rapporto tra pubblico e privato, tra femminile e maschile due campi di ricerca molto cari a Joana. Joana Vasconcelos. Trafaria Praia a cura di Miguel Amado 1 giugno – 24 novembre 2013 Padiglione del Portogallo 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia Info: www.vasconcelostrafariapraia.com www.joanavasconcelos.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/jeremy-deller-magica-gran-bretagna/

Maratona Biennale

Jeremy Deller. Magica Gran Bretagna VENEZIA | 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia – Padiglione Gran Bretagna | 1 giugno – 24 novembre 2013 Intervista a JEREMY DELLER di Matteo Galbiati Impossibile darne comunicazione prima dell’apertura, nemmeno si poteva diffondere il titolo. Il progetto del Padiglione della Gran Bretagna è stato gelosamente protetto da una cortina di riservatezza e discrezione che ha accresciuto la curiosità e l’interesse. Un vero e proprio “embargo”, come l’hanno definito gli stessi uffici stampa, da cui è trapelato solo il nome dell’artista: Jeremy Deller (1966). Scanzonato e irriverente talento della nuova generazione di artisti anglosassoni, Deller – vincitore del prestigioso Turner Prize nel 2004 – propone un’esposizione rutilante, chiassosa, stimolante, piena di sorprese e di spunti che vanno scoperti e indagati sala per sala, senza sottrarsi nemmeno alla partecipazione diretta. Al centro c’è la visione della Gran Bretagna e la sua storia passata, presente

e futura (questa immaginata da Deller) con i sui miti, il suo folklore, le sue icone, le sue vicende, che l’artista riesce a tessere in un complesso racconto, psichedelico e quasi allucinato, in cui il piano di realtà e finzione, di verità e immaginazione tendono a confondere e mischiare i propri territori, spiazzando – ma pure stimolando – la visione dello spettatore. Il suo stile anticonformista, ribelle e contestatario si ritrova pienamente nelle proposte – che a volte richiedono un’attenzione più profonda per essere comprese nel pieno del loro senso – in cui trapelano icone contemporanee e riti sociali contrapposti, in cui si trovano sullo stesso piano tanto elementi “alti e importanti” quanto altri “bassi e popolari”: la crisi economica e il lusso della richezza, i fan di David Bowie in un suo celebre tour degli Anni ’70 cui

fanno da contraltare i cortei di protesta operaia dell’Irlanda del Nord negli stessi anni, non mancano nemmeno i soldati inglesi impegnati nella brutalità delle guerre attuali… Deller osserva e registra tutto imbandendo un palcoscenico tragicomico e dirompente dei nostri travagli umani che dalla storia – non solo britannica! – si ripetono interminabili nel presente. Inseguito per alcuni mesi riusciamo a strappargli un’intervista che non tradisce lo spirito diretto e ironico. Vorrei iniziare chiedendoti il perché del riserbo massimo – si è parlato anche di “embargo” – sui contenuti del tuo intervento alla Biennale? A volte i segreti sono una buona cosa, è bello

Jeremy Deller, English Magic. “Jeremy Deller’s British Council commission is at La Biennale di Venezia until 24th November and will tour national UK venues in 2014. www.britishcouncil.org:visualarts.” 78


Espoarte Digital

www.espoarte.net

avere sorprese… Quali sono i contenuti specifici di questa tua opera presenti alla Biennale, quali problematiche vuoi mettere in evidenza in questo lavoro? Un sacco di roba, un sacco di quadri e cose vecchie, un’auto incidentata e un film. Che costruzione e ordine hai seguito, quali sono i contenuti principali? Questa è una domanda noiosa: la pittura per prima! Un aspetto importante è l’interattività e il coinvolgimento del pubblico, cosa vuoi ottenere? Anche a Venezia diventa protagonista… Nei suoi confronti ha una qualità casuale, e significa che la mostra, in alcuni aspetti, resta viva. Prima della Biennale hai dichiarato di non sapere cosa avessi intenzione di fare e ti sentivi intimidito, hai aggiunto anche che avresti fatto del tuo meglio pur non sentendoti tecnicamente in grado. Oggi ci siamo, la Biennale è stata inaugurata, cosa pensi di quanto hai realizzato? Io penso che sia OK; tu cosa ne pensi? Cosa rappresenta e significa, quindi, per un artista come te, essere protagonista del padiglione della tua nazione alla Biennale di Venezia? Non mi è chiaro, credo che mi faranno Lord o Baronetto o qualcosa del genere. Sei stato definito come un pifferaio magico della cultura popolare, ti ritrovi in questa definizione? No! Lui non ha forse rapito dei bambini? Io non l’ho ancora fatto!

St Helier on Fire 2017 Painted by Stuart Sam Hughes British Pavilion 2013. “Jeremy Deller’s British Council commission is at La Biennale di Venezia until 24th November and will tour national UK venues in 2014. www.britishcouncil.org/visualarts.”

un altro modo di guardare al problema. A volte lo faccio. Dopo l’impegno della Biennale la mostra proseguirà in diverse sedi in Inghilterra, cosa cambia e come si modifica rispetto alla mostra di Venezia? Dove sono previste le tappe di questo tour? La mostra cambierà in relazione della sede in cui sarà proposta. I murali, ad esempio, saranno ridipinti in ogni sede. Le tappe sono alla William Morris Gallery, London Borough of Waltham Forest a Londra dal tardo mese di gennaio alla fine di marzo 2014, al Bristol Museum and Art Gallery tra aprile e settembre, alla Turner Contemporary di Margate da settembre a dicembre. Quali progetti ti attendono? Quali programmi

hai? Una mostra sulla rivoluzione industriale, è una mostra storica. English Magic. Jeremy Deller a cura di Emma Gifford-Mead commissario Andrea Rose 1 giugno – 24 novembre 2013 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia Padiglione Gran Bretagna Giardini della Biennale, Venezia Info: www. britishcouncil.org www.labiennale.org

Sacrilego, giocoso, impertinente, ermetico sono attributi che si usano spesso per descrivere il tuo carattere? Come si vede Jeremy Deller? Non dovrei mai cercare di definire me stesso, quello è il tuo lavoro! Ricorri spesso ad un linguaggio fortemente ironico dietro al quale si celano posizioni spesso molto dure, come concili questi due aspetti? Come si può vedere non lo faccio, provo a non analizzare troppo le cose. Che ruolo riveste per te l’arte rispetto alle problematiche politiche e sociali, verso le quali sei così attento? Come si riflette questo tuo pensiero nelle tue opere? Non sono sicuro, a volte può aiutare, il suo è

We Sit Starving Amidst our Gold Painted by Stuart Sam Hughes Installation View, British Pavilion 2013. “Jeremy Deller’s British Council commission is at La Biennale di Venezia until 24th November and will tour national UK venues in 2014. www.britishcouncil.org/visualarts.” 79


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/triple-point-il-padiglione-usa-secondo-carey-lovelace/

Maratona Biennale

Triple point. Il Padiglione USA secondo Carey Lovelace VENEZIA | 55.Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia – Padiglione STATI UNITI D’AMERICA | 1 giugno – 24 novembre 2013 Intervista a CAREY LOVELACE di Ginevra Bria

L’artista cinese-americana Sarah Sze (1969, Boston, US) rappresenta gli Stati Uniti alla prossima edizione della Biennale di Venezia. Triple point è il titolo del progetto che allestisce in laguna, promosso dal Bronx Museum of the Arts di New York, con il sostegno dell’Ufficio per l’istruzione e cultura del Dipartimento di Stato americano, selezionato dai commissari

Holly Block e Carey Lovelace, curatrice indipendente. Conosciuta per le sue sculture-installazioni site specific realizzate con oggetti di uso comune, Sze realizza per la Biennale un’opera in dialogo con l’architettura del padiglione. L’installazione multipla, intitolata Triple Point, si articola in una sequenza di ambienti che, sfidando l’agente

80

della forza di gravità, mettono in risalto la dimensione esterna e interna dell’edifico, sottolineando orientamento e disorientamento (New York Times). Espoarte ha intervistato in merito la Lovelace. Qual’è stata la ragione di fondo che ha portato a scegliere Sarah Sze, come protagoni-


Espoarte Digital

sta Padiglione Americano? Il mio co-commissario, Holly Block ha seguito l’iter artistico della Sze per anni ed è sempre rimasta molto colpita dal suo continuo crescere, in particolare non ha mai mancato di elogiare il modo in cui lei affronta di volta in volta le sfide, creando lavori che diventano sempre più ambiziosi; progetti che comportano un diverso approccio nei confronti della loro realizzazione finale. Il Padiglione Americano ai Giardini appartiene ad una tipologia architettonica molto particolare e fin da subito, per questa nuova edizione della Biennale, è sorto il desiderio di trovare un artista che raccordasse le diverse proporzioni tra le parti, in un modo interessante. E Sarah è assolutamente centrata per questo obiettivo. Che tipologia di supporter si è dimostrata essere l’istituzione del Bronx Museum, nei confronti di Triple point? Abbiamo ricevuto un piccolo, iniziale sostegno da parte dello United States State Department. Il Bronx Museum è ufficialmente l’istituzione committente e ha coinvolto molti dei propri dipartimenti e soprattutto dell’amministrazione, includendo anche il proprio ambizioso engagement pubblico e parte del proprio endorsement interno (Holly Block è attualmente il Direttore Esecutivo del Museo e io sono una curatrice indipendente). Anche tutti i necessari passaggi di sostegno, come le attività di fundraising, sono stati organizzati dallo stesso Museo di New York, comportando anche il rilevante coinvolgimento della Ford Foundation e un supporto speciale per quanto riguarda le dotazioni digitali e i programmi di educational, da parte di Bloomberg. Inoltre, abbiamo creato un gruppo di lavoro formato da Venice Advisors e una sorta di Comitato Scientifico. Componenti esterni che hanno funto da ponte di collegamento tra noi e le istituzioni in Laguna. Un vero, incredibile supporto. Potresti cortesemente spiegare l’etimo, il significato del titolo Triple point? Triple point è un termine preso a prestito dalla Termodinamica, rappresentando quella condizione in cui si verifica che pressione e temperatura di una sostanza (come ad esempio l’acqua) permettono la sussistenza di tutti e tre gli stati della materia (ad esempio liquido, solido e gassoso; comprendendo dunque sia ghiaccio che vapore), in un equilibrio precario ma stabile. Secondo te, come le strutture architettoniche della Sze rappresenteranno alcuni aspetti della Contemporaneità americana, alla Biennale di Venezia? Sarah è uno dei più interessanti artisti attualmente attivi negli Stati Uniti. Inoltre, lei è un’ar-

www.espoarte.net

tista-artista, come la chiamo io, qualcuno che si concentra esclusivamente sul proprio lavoro, sopra ogni altra attività, soprassedendo anche sulla propria carriera. Questa caratteristica apporta al suo operato una grande freschezza. Quali aspetti tecnici ed estetici sottolineerano le installazioni di Sarah, nel Padiglione Americano? Io credo che l’innovazione abbia sempre fatto parte della sensibilità artistica e culturale americana. Sarah esercita una vertiginosa quantità di invenzioni formali all’interno del proprio lavoro, ri-pensando e ri-stabilendo termini e condizioni dell’arte in sé, in maniera tanto profonda quanto sottile. Questa è la sua principale caratteristica, benché molti dei gesti all’interno del suo lavoro siano omnicomprensivi, a volte anche carichi di pathos, esiste ancora una moltitudine di minuscoli momenti che possono essere scoperti – seguendo diversi livelli di lettura. Sarah comprende, all’interno del proprio percorso, un numero di idee e sensibilità che spaziano: dall’architettura alla scienza; dalla matematica alla pittura cinese; dai paesaggi giapponesi alla prospettiva rinascimentale per arrivare al concetto di avanguardia occidentale. Ritengo che in questo senso il suo processo artistico sia definibile come un melting pot. Ma già questa mia asserzione è conferire una chiave di lettura a significati simbolici inseriti in una scelta che diventa prettamente curatoriale; mentre ciascuno può intenderlo e interpretarlo in molteplici modi possibili. Con quale modalità e quali approcci la Sze entrerà in dialogo con gli spazi ben connotati del Padiglione? Dato specialmente il fatto che il suo lavoro risulta molto diverso, rispetto agli artisti selezionati per la scorsa edizione (Allora&Calzadilla), tanto formalmente quanto speculativamente… In effetti il Padiglione Americano ha un’architettura estremamente specifica. Il lavoro di Sarah ha instaurato un dialogo d’ascolto, molto particolare, con l’edificio in sé e la sua storia. L’artista ha assimilato e rielaborato tanto il suo simbolismo quanto i suoi materiali. Permane infatti una sorta di registro delle diverse scoperte di Sarah, un elenco che praticamente potrebbe non avere fine. Queste intuizioni stanno diventando un libro aperto a chiunque visiterà il Padiglione. Il pubblico potrà infatti ritrovare e godere delle osservazioni da lei dedotte, attraverso la rappresentazione di strutture e di modalità costruttive delle stesse. Grazie anche ad un lavoro assolutamente, percettivamente site-specific. Potresti anticipare parzialmente il progetto che la Sze sta per presentare in Biennale? Ogni galleria, ogni stanza all’interno del Padi-

81

glione Americano è stata ideata come una serie di ambienti, gli uni separati dagli altri. Sarà come passare attraverso un certo numero di esperienze, collegate, ognuna, attraverso una propria, specifica connessione, instaurata tra quella precedente e quella successiva. Sarà come attraversare ponti emotivi molto laschi. Questa tipologia di struttura, inoltre, continuerà anche all’esterno degli spazi….per ora è solo questo che riesco ad anticipare. Potresti esprimere un messaggio, un augurio, una dichiarazione che introduca il progetto? Questa è davvero una questione molto pericolosa da affrontare! SARAH SZE. Triple Point Commissari: Holly Block, Direttore Esecutivo Bronx Museum of the Arts e Carey Lovelace, Critico e curatore indipendente Organizzazione: THE BRONX MUSEUM OF THE ARTS, New York PADIGLIONE STATI UNITI D’AMERICA 1 giugno – 24 novembre 2013 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia Giardini della Biennale, Venezia Info: www.labiennale.org


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/shary-boyle-musica-per-il-silenzio-al-padiglione-canada/

Maratona Biennale

Shary Boyle. Musica per il silenzio, al Padiglione Canada VENEZIA | 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia – Padiglione Canada | 1 giugno – 24 novembre 2013 Intervista a SHARY BOYLE di Ginevra Bria

Shary Boyle (1972, Canada) è conosciuta per le sue esplorazioni esasperanti di teatri narrativi effimeri. Un percorso svolto attraverso la restituzione di una voce, di un ruolo riconsegnato a figure alienate. Personaggi che redimono i loro diversi stadi di dolore, di sofferenza e di rabbia con una grazia deviante, in fondo ribelle. Impiegando, all’interno della propria pratica compositiva, un alto livello di artigianato e di dettagli fatti a mano, l’approccio multidisciplinare della Boyle, solitamente, intercetta la storia di figure di porcellana intersecandole con mitologie animiste e tecniche arcane, per creare un universo simbolico unico in sé. Alimentata dai suoi interessi sulle ingiustizie di classe e sulle divisioni sessiste, l’artista oltrepassa i confini tradizionali dei pregiudizi attraverso il meticciamento di dimensioni umane ed animali, animate e inanimate; attraversando categorie quali la vita e la morte, la giovinezza e la vecchiaia, il lato femminile e quello maschile. L’artista include nel proprio lavoro la comprensione del tangibile e dell’intangibile, tra lo spazio inanimato del tempo e della necessità. All’interno della sua versatile, eterogenea produzione di lavori, che si muovono tra gli ambiti della scultura, del disegno, della pittura, dell’installazione e della performance la Boyle trasferisce la sua personale visione della vulnerabilità umana attraverso la restituzione di una visione rappacificata della poetica umana.

Potresti spiegare come il titolo, Music for Silence, si relazioni con la tua pratica artistica e con le installazioni site-specific che stai creando? Ho collaborato con diversi musicisti nell’arco degli anni e ho profondamente considerato le funzioni sociali ed emotive, tanto della musica quanto dell’arte, sia in parallelo che separatamente. Ci sono state volte in cui, nel silenzio del mio studio, ho immaginato che l’arte che stavo creando fosse una sorta di composizione, nata

Quando hai ricevuto l’invito a partecipare alla 55. Biennale di Venezia, quale è stata la tua reazione? Ritieni di aver raggiunto, a qualche settimana dall’inaugurazione, tutto quel era necessario compiere? Shary Boyle: Quando ho ricevuto l’invito ad esporre a Venezia, ho immediatamente compreso il livello di responsabilità e l’impegno che sarebbero stati necessari a rendere il mio contributo nobile, meritevole. Non è una decisione lieve quella di accettare un tale compito. Ho messo tutta me stessa in questo progetto, coinvolgendo le persone migliori che io abbia mai conosciuto per assistermi. Assieme, abbiamo raggiunto quasi esattamente quel che io originariamente mi ero prefigurata, vivendo una meravigliosa esperienza che ha dato vita a questo processo.

82

con un’intenzione molto simile a quella di scrivere musica più che una pratica artistica tipica del Contemporaneo. In questo senso ho inteso concepire Music for Silence: per incanalare la potenza teatrale della musica dal vivo utilizzando il silenzio; linguaggio basato sull’immagine che io ho sviluppato all’intero del mio lavoro negli ultimi vent’anni. Sculture, pellicole e proiezioni video dunque parleranno senza alcuna richiesta di alcun sottotesto didattico.


Espoarte Digital

In quale senso la tua decisione di presentare a Venezia esplorazioni fantastiche di immaginari narrativi, caratterizzanti un cast di personaggi marginali, riflette la tua opinione sul Contemporaneo canadese? Invero non ho alcuna intenzione di rappresentare il Canada all’interno del mio lavoro. Anche se, appena leggo la tua domanda, subito, mi viene in mente casa. Quale aspetto in particolare della cultura canadese contemporanea intendi collegare alle tue installazioni? Una volta, infatti, in una tua recente intervista hai nominato una sorta di “Toronto’s cultural inferiority complex”. Che cosa intendevi evincere? Nessuna risposta. Come hai intenzione, invece, di instaurare un dialogo tra il Padiglione e i suoi spazi ingannevoli, inteso sia in senso progettualconcettuale quanto in senso formale? Mi sono immaginata molte volte l’aspetto architettonico del Padiglione di notte, per vederlo in tutto il suo profilo. Attraverso il mio lavoro ho abbracciato ed enfatizzato l’architettura eccentrica del Padiglione Canada alleggerendo le sue ossa, le sue strutture, e aprendo ogni suo potenziale per fondere sia l’interno che l’esterno degli spazi.

www.espoarte.net

Che cosa ancora potresti rivelarci del progetto? Music for Silence è un progetto che dà il benvenuto a ciò che rende logoranti e iper-stimolate le nostre vite, dall’inizio alla fine dei nostri giorni. Ci saranno panchine e aria condizionata dove ognuno potrà sedersi e sognare, riflettere, riposare. Tutto è stato fatto con le mie stesse mani e con l’aiuto dei miei amici, con grande amore. Potresti condividere con noi un desiderio o un messaggio poetico per riassumere il tuo progetto? Ai più profondi regni degli oceani, alle più lontane cime dei cieli e ai più lontani limiti dei nostri cuori. Speriamo di non raggiungerli mai. Shary Boyle. Music for Silence Commissario: National Gallery of Canada Curatore: Josée Drouin-Brisebois 1 giugno 2013 – 24 novembre 2013 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia Padiglione Canada Giardini della Biennale, Venezia Info: www.gallery.ca/venice/

83

Shary Boyle, White Light, 2010, foam, textile, string, porcelain, hair, black light cm 305x305x183. Courtesy the artist and Jessica Bradley Inc A fianco: Shary Boyle, Canadian Artist, 2012 (detail), plaster, goldleaf, ribbon, porcelain, hair Commissioned for the BMO Project Room, Toronto. Photo: Toni Hafkenscheid Courtesy the artist and Jessica Bradley Inc.


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/dalla-genesi-l%E2%80%99inizio-per-un-inizio/

Maratona Biennale

Santa Sede alla Biennale… dal Principio VENEZIA | 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia – Padiglione Santa Sede | 1 giugno – 24 novembre 2013 di MATTEO GALBIATI

Buona la prima! Sintetizziamo così, usando il gergo cinematografico, l’esito della prima partecipazione dello Stato della Città del Vaticano (nome ufficiale) alla Biennale di Venezia. Al Padiglione della Santa Sede, introdotto da una sorta di trilogia sulla Creazione di Tano Festa (1938-1988), s’incontrano, senza dubbio, tre diverse personalità e ricerche che non mancano di colpire lo sguardo del visitatore: Lawrence Carroll (1954), Josef Koudelka (1938) e Studio Azzurro (collettivo fondato nel 1982). Artisti di fama internazionale, non necessitano certo di introduzioni approfondite o ampie descrizioni, che, guidati dalla regia di Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, coadiuvato

da un autorevole comitato scientifico, hanno trovato un’inedito legame e unione, intrecciando un percorso che diventa luogo tangibile di riflessione ed emozione. Epicentro del Padiglione è il punto d’origine delle sacre scritture, dell’esistenza e della fede del credente. È la Genesi con i suoi capitoli, i quali racchiudono il senso di un racconto in cui, tema fondamentale non solo della cultura della Chiesa, l’uomo si confronta con i misteri più grandi del suo esistere: dal miracolo della vita alla speranza dopo la punizione del Diluvio, passando per la conoscenza del male e del dolore. Creazione, De-creazione e Nuova Umanità o Ri-creazione: le tre sezione lette rispettivamen-

84

Padiglione Santa Sede, Creazione – Studio Azzurro, veduta dell’allestimento, Foto Francesca Boschetti © Studio Azzurro


Espoarte Digital

www.espoarte.net

te da una video-installazione interattiva di Studio Azzurro, dalle fotografie di Koudelka che descrivono la deriva e l’afflizione del mondo e, infine, dalle trasfiguranti opere di Carroll in cui i materiali rigenerano le proprie sostanze e quindi il loro essere. In Biennale le nazioni presentano il meglio della loro espressione artistica, ma il Vaticano – con meno di 900 abitanti, per lo più prelati – ha optato non per un nome, ma per un tema e di richiamare a “svolgerlo” gli artisti ritenuti più rispondenti. Non lo si intenda come un confronto o una gara: la Santa Sede propone un dialogo agito per immagini forti e orientate. Se la critica dei detrattori è proprio di aver puntato su nomi illustri – ma non ci è già forse capitato in ogni Biennale di incontrarne? – qui prevale l’opera e non il nome. L’opera e l’unione con le altre nell’insieme, esempio di una “moderna” committenza. Non s’illuda lo spettatore di poter fare una classifica su chi è più o meno, su chi coinvolge o no, qui non si fanno rescissioni nè si azzardano graduatorie. Ogni momento ha una propria autonomia con il proprio artista e, allo stesso tempo, tutto si soddisfa nella visione complessiva. In questa sincronia puntuale le immagini riconsegnano la loro forza e dichiarano il loro senso. Non occorre nemmeno credere, avere fede o no, perché le interrogazioni, che questi interventi sollevano e impongono, valgono sempre e sono di tutti. Appartengono all’uomo perché universali. Proprio come universale vuole essere la missione dello stato più piccolo del mondo. Buona la prima!

Padiglione Santa Sede, De-Creazione – Josef Koudelka, veduta dell’allestimento Foto Francesca Boschetti © Josef Koudelka, Magnum Photos

Genesi. In principio a cura di Antonio Paolucci commissario Gianfranco Card. Ravasi comitato scientifico Sandro Barbagallo, Francesco Buranelli, Andrea Dall’Asta SJ, Micol Forti, Pasquale Iacobone Artisti: Lawrence Carroll, Josef Koudelka e Studio Azzurro 1 giugno – 24 novembre 55.Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia – Padiglione Santa Sede Sale d’Armi Nord, Arsenale, Venezia

Padiglione Santa Sede, Ri-Creazione – Lawrence Carroll, veduta dell’allestimento Foto Francesca Boschetti © Lawrence Carroll

Info: www.labiennale.org

85


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/le-maldive-a-venezia-cronaca-di-un-debutto/

Maratona Biennale

Le Maldive a Venezia. Cronaca di un debutto VENEZIA | Gervasuti Foundation | Padiglione Maldive | 1 giugno – 24 novembre 2013 Intervista a CAMILLA BOEMIO e ALFREDO CRAMEROTTI di Francesca Di Giorgio

Il debutto del Padiglione Maldive alla 55. Biennale di Venezia si pone in grande sintonia con la filosofia generale di questa edizione: portare a galla il sommerso, fare luce su ciò che è poco conosciuto, stimolare una visione positivamente plurale dell’arte contemporanea e, non ultimo, riconsiderare il concetto di “natura” da punti di vista differenti… Portable Nation: Disappearence as Work in progress - Approaches to Ecological Romanticism è, senza dubbio, un progetto corale non solo per il numero di artisti e “curatori” coinvolti ma soprattutto per la trama dei temi centrali che lo attraversano e che ci facciamo raccontare da Alfredo Cramerotti, membro del curatorial team e da Camilla Boemio, curatore associato… La statement della Prima Partecipazione Nazionale delle Maldive alla 55. Biennale di Venezia parte da un dato di fatto: “la storia artistico-estetica dell’Isola non è documentata”. Da cosa siete partiti allora? Qual è stato il vostro contributo per sanare i “vuoti di conoscenza”? Camilla Boemio: Il cambiamento climatico, la natura, cosa sia realmente, i suoi punti di forza e di debolezza ecologici, cosa potrebbe accadere alle Maldive; sono stati i termini del topic del Padiglione; i lavori degli artisti fondamentali per tracciare una mappa nella quale i loro contributi hanno tracciato i “vuoti di conoscenza”, penso al video documentario di Christoph Draeger, Heidrun Holzfeind Tsunami Architecture / The Maldives Chapter Redux o al video documentario di Khaled Ramadan Maldives To Be or Not, o ad una visione geo-politica più ampia dei lavori: Deep Weather di Ursula Biemann e di For a Completely Diffrent Climate di Oliver Ressler. Alfredo Cramerotti: Quello da cui siamo partiti è il fatto che le Maldive non sono conosciute per la loro storia dell’arte ma piuttosto per la bellezza dello scenario naturale, e per il turismo che è la principale fonte di reddito dell’arcipelago. Quindi ci siamo chiesti: che cos’è che differenzia un approccio (occidentale) scientificoartistico-culturale da uno (più orientale, per cosi dire) naturale-estetico senza necessariamente essere artistico-sociale? E da lì siamo passati ad investigare l’Ecologismo Romantico. Ecologismo Romantico, appunto… Di cosa

si tratta? C.B.: Il romanticismo ambientale contemporaneo sottolinea l’interpretazione della natura come fonte di esperienza estetica. Il pubblico può verificare le sue conoscenze e le proprie esperienze quotidiane avvicinandosi alla situazione ambientale. Viviamo in una fase di asettica corrispondenza nei confronti della realtà; il grande uso della rarefazione della realtà, l’uso (improprio) della televisione commerciale e del cinema blockbuster, ha portato ad una fase di entropia ed oblio nei confronti del reale. A.C.: È un approccio, concreto e al contempo mentale, nel considerare la natura non come un qualcosa che dobbiamo adattare per far posto alla nostra cultura, ma piuttosto come un mezzo con cui avvicinarsi per capire meglio la cultura stessa – quello che produciamo, muoviamo, modifichiamo. È quasi l’opposto di quello che facciamo normalmente. Un approccio ecoestetico alla cultura, intesa come l’insieme delle attività umane, ma non in opposizione, bensì come strumento di comprensione. Dietro a questo progetto, tenendo presente anche il numero considerevole di artisti coinvolti, esiste un team organizzativo e cu-

ratoriale molto composito e variegato… Chi siete e come vi siete coordinati? C.B.: Il CPS (Chamber of Public Secrets, ndr) è composto da Alfredo, Aida Eltoire e Khaled Ramadan, e due Curatori Associati: l’austriaca Maren Richter e me. Molti curatori assistenti, tra i quali il canadese Dorian Batycka. Gli advisors Henry Meyric Hughes, presidente dell’AICA e responsabile del coordinamento delle mostre del Consiglio Europeo, Hedwig Fijen direttore della Fondazione di Manifesta. Fondamentale è stato ripartire i compiti ed armonizzare le tante scadenze e priorità che hanno caratterizzato le varie fasi lavorative. A.C.: Essendo uno sforzo collettivo, è stato fondamentale suddividere le responsabilità principali in maniera da far funzionare il tutto secondo scaletta: io, Camilla e Maren Richter abbiamo lavorato sullo spazio, le scelte curatoriali in situ e la comunicazione in generale. Khaled Ramadan si è occupato della parte produzione dei lavori e sito web. Aida Eltorie è stata la responsabile per relazioni con gli artisti, marketing, pubblicazioni e design. Inoltre, la parte fundraising è stata intrapresa un po’ da tutti, io e Camilla, ad esempio, abbiamo poi finalizzato contratti e relazioni principali con gli

Sama Alshaibi, Silsila, 2013, video installazione. Courtesy Ayyam Gallery Sound Design by Grey Filastine. Foto: Gianpaolo Arena 86


Espoarte Digital

www.espoarte.net

sponsor. Gli artisti selezionati per Portable Nation provengono da nazioni differenti. Come sono stati scelti? C.B.: Il topic del Padiglione è indubbiamente il motore centrale del progetto. Sono stati scelti artisti che avessero dedicato la loro ricerca al cambiamento climatico. Ciò che rende ancora più interessante il progetto, ne connota le sfumature, è la loro provenienza globale, con un’attenzione particolare all’Europa e al Medio Oriente. Allargando le provenienze geografiche a ulteriori aree del mondo negli eventi satelliti, ad esempio: l’Australia, l’India, gli Stati Uniti con artisti/intellettuali/scienziati che partecipano a simposi, talks o a brevi mostre. A.C.: In effetti questo non è proprio il classico Padiglione Nazionale della Biennale di Venezia; su 17 artisti, 2 sono maldiviani e il resto proviene da America, Medio Oriente, Europa e Australia. L’attenzione è stata focalizzata non su una specifica area geografica ma piuttosto su temi e pratiche artistiche che sono vicine ai soggetti di ambiente, scienza, attivismo, tecnologia sostenibile ed ecologia. È una scelta che implicitamente rende il progetto globale, dal momento che i cambiamenti climatici e questioni legate all’ecologia non sono ovviamente circoscritte a una singola nazione. “Frammentazione” e “sparizione” potrebbero essere delle buone chiavi di lettura per leggere il progetto, ma anche… C.B.: Archiviazione – Suono dell’Illusione – Dilemma – Strategie – Utopie – Prospettive. A.C.: aggiungerei: Cambiamento – Flusso – Interdipendenza – Tattiche di Sopravvivenza – Fisica Quantistica. Come vedete il vostro progetto in relazione al Palazzo costruito da Gioni? Avete rilevato collegamenti e sinergie interessanti anche con altre partecipazioni nazionali? C.B.: Trovo che la 55. edizione della Biennale di Venezia sia strutturata in modo armonico, rimarrà come un’edizione tra le più interessanti degli ultimi anni. Riferendomi al sommerso ritengo sia il centro dell’arte contemporanea, lo è in una fase embrionale e in una successiva evolutiva. È una parte non totale dell’arte, quella che strizza l’occhio alla società dello spettacolo. Ed è in parte deviato pensare che sia l’unica rappresentante di un panorama variegato: nel quale la ricerca e l’underground fanno da padroni. Ci sono notevoli sinergie concettuali, se pur nelle differenze, con molte partecipazioni nazionali, tra le quali: Bahamas, Cile, Messico che indaga il linguaggio della natura con le onde elettromagnetiche, Estonia, Tuvalu. A.C.: È molto interessante questa sinergia/ sovrapposizione tra il tema generale della 55.

Christoph Draeger, Heidrun Holzfeind, Tsunami Architecture / The Maldives Chapter Redux, 2013, Video Documentary, 26”. Courtesy Lokal 30, Varsavia; Y Gallery, New York; Galerie Anne de Villepoix, Parigi

Stefano Cagol, The Ice Monolith, 2013, installazione e video-documentario. http://www.icemonolith-maldivespavilion. com. Courtesy Oredria Gallery, Roma. Foto: Gianpaolo Arena

Biennale e il Padiglione delle Maldive, ed è una cosa che è risultata da una sincronia di interessi e ricerca curatoriale, più che da una volontà precostituita. Mi sembra una buona cosa che sia stata percepita – per noi e anche per altri padiglioni, che indagano questa relazione tra natura e cultura, società e tecnologia, visibile e sommerso… Portable Nation: Disappearence as Work in progress - Approaches to Ecological Romanticism Artisti: Mohamed Ali, Sama Alshaibi, Ursula Biemann, Stefano Cagol, Wael Darwesh, Christoph Draeger & Heidrun Holzfeind, Moomin Fouad, Thierry Geoffrey (aka Colonel), Khaled Hafez, Hanna Husberg, Achilleas Kentonis & Maria Papacaharalambous, Laura McLean & Kalliopi, Paul Miller (aka DJ Spooky), Gregory Niemeyer, Khaled Ramadan, Oliver Ressler, Klaus Schafler, Patrizio Travagli, Tsipni-Kolaza, Wooloo

87

Commissario: Mr. Ahmed Adeeb – Ministry of Tourism Arts & Culture Curatorial Team: CPS – Chamber of Public Secrets (Alfredo Cramerorri, Aida Eltoire, Khaled Ramadan). In collaboazione con Gervasuti Foundation Curatori Associati: Maren Richter, Camilla Boemio PADIGLIONE MALDIVE 1 giugno – 24 novembre 2013 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia Gervasuti Foundation Via Garibaldi, Fondamenta Sant’Ana, Venezia (Castello) Info: www.maldivespavilion.com www.chamberarchive.org


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/benvenuti-in-iraq-arte-irachena-alla-55-biennale-di-venezia/

Maratona Biennale

Benvenuti in Iraq. Arte irachena alla 55. Biennale di Venezia VENEZIA | Ca’ Dandolo | Padiglione Iraq – 55. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia | 1 giugno – 24 novembre 2013 Intervista a JONATHAN WATKINS di Igor Zanti L’Iraq torna alla Biennale di Venezia con un nuovo progetto dedicato ad una selezione di artisti iracheni residenti in Iraq che lavorano su vari fronti: dalla fotografia al disegno, dalla pittura al video, alla scultura, alla installazione e al tessile… Due generazioni di artisti da tutte le parti del Paese che Jonathan Watkins e Tamara Chalabi, presidente di RUYA – Foundation for Contemporary Culture in Iraq (organizzazione irachena non-profit e non-governativa fondata da iracheni appassionati di arte e cultura; scopo principale della fondazione è di favorire lo sviluppo della cultura in Iraq, e costruire ponti col resto del mondo, ndr), hanno invitato a partecipare dopo un’attenza selezione visitando studi d’artista a Bagdad, nelle province del Kurdistan e di Babilonia, e a Bassora. La mostra organizzata a Ca’ Dandolo, un palazzo del XVI secolo mai usato finora come sede di mostra durante un Biennale veneziana, introdurrà l’Iraq nell’appartamento del primo piano con uno spazio interattivo dove i visitatori possono, in una atmosfera salottiera, potranno leggere ed imparare sulla cultura dell’Iraq, mentre bevono del tè… La mostra ospitata dal Padiglione dell’Iraq si intitola Welcome to Iraq, Che significato simbolico ha questo titolo? Si è scelto di dedicare la mostra del Padiglione

Jonathan Watkins a Baghdad con l’artista Furat al-Jamil

Hareth Alhomaam, Buzz, 2012, video, 10’ 00”. Courtesy l’artista e RUYA Foundation

iracheno alla vita quotidiana in Iraq, escludendo volutamente di trattare tematiche di geopolitica fin troppo conosciute. Tutti i giorni milioni di persone si alzano, fanno colazione, preparano i figli per la scuola, chi ha un lavoro, si reca a lavorare, pranzano, fanno shopping, incontrano gli amici, cenano e si preparano per andare a letto. Conducono, insomma, una vita normale come in tutti i paesi del mondo. Solo una piccolissima percentuale si dedica ad attività delittuose come il terrorismo, ma la stragrande maggioranza, come ovunque succede, “tira a campare”. Le opere esposte vogliono, inoltre, testimoniare come la creatività nasca anche dalla necessità. In mostra opere che utilizzano diversi media e artisti di diverse generazioni, qual è il fil rouge che li unisce? Il fil rouge è rappresentato dall’indagine artistica sulla quotidianità. Non è sta fatta una scelta stilistica che privilegiasse una particolare tendenza, ma si è lavorato sui contenuti. Il rapporto con il contesto sociale e politico, caratteristico, in passato, dell’arte irachena, è ancora molto attuale? Tutti gli artisti in Iraq sono inevitabilmente influenzati dalla storia recente. La guerra IranIraq, le sanzioni, l’invasione e l’occupazione hanno lasciato un profondo segno nel popolo iracheno. Ci sono, inoltre problemi pratici che hanno a che fare con la disponibilità di materiali e di spazi espostivi. Tutte queste difficoltà si leggono tra le righe delle opere d’arte esposte nel padilgione. Quali sono le influenze che gli artisti in mostra hanno ricevuto dall’estero e quali quelle che provengono dalla cultura tradizionale? Gli artisti iracheni che vivono all’estero, e si sono formati in Occidente, hanno sempre una nota malinconica e drammatica. Mostrano una profonda nostalgia per il loro Paese, pur avendo, da un punto di vista politico, un atteggiamento molto critico che sarebbe impensabile in patria. Gli artisti che vivono in Iraq hanno, invece, un approccio meno sentimentale e molto più realistico. Pur essendo molto consapevoli della condizione in cui vivono, sperano in un futuro

88

migliore in cui, una maggiore libertà, li affranchi dal terribile isolamento in cui vivono. Può essere corretto affermare che l’arte in Iraq stia aiutando il Paese nel difficile percorso verso la stabilità sociale e politica? L’Iraq al momento è un luogo dove ci sono pochissime realtà dedicate all’arte contemporanea. Quasi nessuno conosce cosa stia accadendo nel paese da un punto di vista culturale ed artistico. Il nostro impegno è di dare visibilità agli artisti iracheni utilizzando il prestigioso palcoscenico della Biennale. Spero vivamente che ciò che abbiamo fatto spingerà gli addetti ai lavori ad incuriosirsi e ad interessarsi all’arte irachena. Il Padiglione sarà, oltre che un spazio espositivo, anche un luogo di incontro, con un taglio quasi domestico, dove ci si potrà sedere, bere un tè, conoscere altra gente. Come mai questa scelta? Abbiamo deciso assecondare lo spirito del luogo: un bellissimo appartamento con una superba vista sul Canal Grande, al piano nobile di Ca’ Dandolo. Invece di trasformarlo nel white cube così consueto nel mondo dell’arte, rispetteremo le caratteristiche architettoniche esistenti e creeremo un luogo confortevole con un arredamento lussuoso. Probabilmente sarà il padiglione più accogliente di Venezia: piacevole per gli artisti e piacevole per il pubblico. Jonathan Watkins: curatore del Padiglione dell’Iraq è direttore della Ikon Galley di Birmingham. Fra gli eventi che ha curato si segnalano la Biennale di Sharjah nel 2007 e la Biennale di Shanghai nel 2006. Welcome to Iraq Padiglione dell’Iraq | 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia sostenuto e sponsorizzato dalla Fondazione Ruya di Cultura Contemporanea in Iraq (RUYA) Curatore: Jonathan Watkins Ca’ Dandolo (Canal Grande), Venezia Info: www.theiraqpavilion.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/55-biennale-di-venezia-bangladesh-al-supernaturale/

Maratona Biennale

55. Biennale di Venezia. Bangladesh “al (super)naturale” VENEZIA | 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia – Padiglione Repubblica Popolare del Bangladesh | 1 giugno – 24 novembre 2013 Intervista a FABIO ANSELMI di Igor Zanti Per la seconda volta, dopo l’esordio nel 2011, il Bangladesh allestisce un Padiglione Nazionale in occasione della 55. Biennale di Venezia. Per il paese, uno dei più poveri al mondo, l’impegno per essere presente alla kermesse veneziana è molto significativo e dimostra come, anche attraverso l’arte, si voglia dare un segnale di sviluppo e di apertura verso l’esterno. La mostra intitolata Supernatural sarà ospitata da Officina della Zattere e presenterà una selezione delle più interessanti personalità artistiche bengalesi in relazione con progetti di artisti internazionali e con esperienze molto differenti tra loro. Per un Paese che non si può annoverare tra i più ricchi al mondo è una scelta importante. Che significato ha questo impegno da un punto di vista istituzionale? Il Bangladesh è sicuramente tra i paesi più poveri al mondo, è però necessario aggiungere e sottolineare che la proposta culturale ed artistica è, invece, vivissima e ricca di moltissime sfaccettature. Basti pensare alla scuola Charupit, la cui esperienza è testimoniata all’interno del Padiglione, dove si utilizza l’arte per favorire i processi di apprendimento ed alfabetizzazione dei bambini. La produzione artistica e la percezione visiva sono elementi fondamentali per comprendere lo sviluppo culturale di in un Paese emergente e forniscono una visione trasversale, a tratti inconsueta, del percorso di crescita della nazione. Quali scelte curatoriali hai attuato nell’organizzare la mostra Supernatural? Abbiamo scelto un gruppo artistico denominato Chhakka 6 composto da sei artisti: Mokhlesur Rahman, Mahbub Zamal, A. K. M. Zahidul Mustafa, Ashok Karmaker, Lala Rukh Selim, Uttam Kumar Karmaker, a cui si uniscono Dhali Al Mamoon, Yasmin Nupur, Gianfranco Meggiato e Gavin Rain e la scuola d’arte dedicata ai bambini chiamata Charupit. Un mix di esperienze, differenti tra loro, che forniscono un panorama il possibile più esaustivo di quello che sta accadendo in Bangladesh per quanto concerne il contemporaneo. Cosa significa Supernatural in questo contesto ed in relazione con i lavori esposti? Il Supernaturalismo si inserisce nell’idea dell’au-

todidatta promossa e suggerita dal curatore della Biennale Massimiliano Gioni. All’interno del Padiglione sono presentate tutte le espressioni dell’arte contemporanea: dalle installazioni, alla video arte, dalla perfomance, alla pittura ed alla scultura. Inoltre, con la presenza della scuola d’arte Charupit con opere realizzate da bambini in età prescolare, vogliamo creare un metaforico ponte tra la nuova generazione e le diverse personalità artistiche che espongono nel padiglione. Il supernaturalismo è quell’attitudine dell’agire umano dove la natura prima ed ancestrale dell’uomo diviene elemento fondante dello sviluppo sociale, antropologico e scientifico del mondo in cui viviamo. Sviluppo che viene posto nelle mani non solo dell’identità scientifica dell’umanità ma, soprattutto, di quell’attitudine alle scienze sociali dove la ricerca artistica rappresenta la modalità di comprensione e rielaborazione della realtà circostante.

giunto del Padiglione del Costa Rica per la 55. Biennale.

Quali sono le principali caratteristiche dell’arte contemporanea in Bangladesh? Attualmente si produce arte contemporanea in tutto il mondo, a prescindere dalla situazione socio economica in cui si trovano molti paesi e dalle difficoltà che si devono affrontare. In Bangladesh c’è un forte rapporto tra l’arte tradizionale e la ricerca contemporanea. Il patrimonio culturale derivante dalla tradizione è un elemento fondamentale nell’ideazione e creazione di opere d’arte. Più si riduce lo iato tra queste due dimensioni e più ci troviamo di fronte ad opere che acquistano interesse e che divengono testimonianze significative di quello che è il fare arte in Bangladesh.

Officina delle Zattere Dorsoduro 947, Venezia

Supernatural Commissario/Curatore: Francesco Elisei Curatore: Fabio Anselmi Artisti: Chhakka Artists’ Group: Mokhlesur Rahman, Mahbub Zamal, A. K. M. Zahidul Mustafa, Ashok Karmaker, Lala Rukh Selim, Uttam Kumar Karmaker. Dhali Al Mamoon, Yasmin Jahan Nupur, Gavin Rain, Gianfranco Meggiato, Charupit School 1 giugno 2013 – 24 novembre 2013 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia Padiglione Repubblica Popolare del Bangladesh

Info: www.officinadellezattere.it

Come mai hai scelto di inserire, a fianco di artisti provenienti dal Bangladesh, anche l’italiano Maggiato ed il sudafricano Rain? Abbiamo dato un’impostazione internazionale con la presenza di due artisti ospiti, per far percepire che il Bangladesh non ha confini culturali ed è sopratutto un paese aperto, creando, in questo senso, un dialogo tra gli artisti del luogo ed artisti con un diverso background culturale. Fabio Anselmi: Gallerista e curatore, ha curato il Padiglione della Repubblica Arabo Siriana alla 54. Biennale di Venezia ed è curatore del Padiglione del Bangladesh, commissario ag-

89

Grand Prize Asian - Gleaming in the moonlit light 3, woodcut print with plate, cm 173x125, 2001


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/da-una-roccia-al-cosmo-francois-bucher-a-venezia/

Maratona Biennale

Da una roccia al cosmo. François Bucher a Venezia VENEZIA | Colombia – Padiglione America Latina-IILA – 55. Biennale di Venezia | 1 giugno – 24 novembre 2013 di FRANCESCA DI GIORGIO

Se i temi più “caldi” per l’estate colombiana 2013 restano emarginazione, povertà estrema, mancanza di investimenti da parte dello Stato, sfruttamento selvaggio delle risorse naturali (petrolio, carbone e uranio)… le parole chiave per la Colombia, vista al Padiglione America Latina-IILA della 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia, raccontano altro: tornare alle “radici” del Paese attraverso una scoperta che, seppur lontana nel tempo – parliamo della celebre esplorazione dell’archeologo Daniel Ruzo che, per primo, negli anni ’50 scoprì nella meseta di Marcahusi in Perù, a 4.000 metri di altitudine, un “parco sculture” di pietra naturale scolpite con una tecnica particolare – riportano l’attenzione su alcuni punti fermi di questa ultima biennale veneziana. Le coincidenze tra arte e geopolitica, l’idea di confine e suo superamento (quello del sapere innanzitutto), la ricerca e l’archivio come metodica sperimentale per riportare a galla il sommerso. The Second and a Half Dimension – An Expedition to the Photographic Plateau (2010), la grande video-installazione dell’artista colombiano François Bucher (1972), che da anni vive e lavora tra Berlino e Parigi, con approccio da studioso, ripercorre le tappe della spedizione di Ruzo e ne ripropone documentazione e metodologia attraverso video e fotografia. La riflessione che Bucher porta a termine ruota attorno alla “scoperta” che non si limita ad evindenziare le peculiarità delle rocce che in determinate ore e stagioni, grazie alla diversa incidenza della luce, disegnano figure antropomorfe, zoomorfe e mitologiche.

un artista, scrittore, co-editore e fondatore di Valdez Magazine. Il suo lavoro video è legato costantemente con le trame della storia, della politica e del passaggio dell’immagine dal cinema alla televisione. Si concentra particolarmente su questioni etiche, come il limite sottile tra la violenza e l’immagine della violenza stessa. Ha esposto le sue opere in tutto il mondo ed ha lavorato a livello internazionale presso istituzioni e festival tra cui la Tate Britain (Londra), l’indonesiano Independent Film Festival, e l’Kassel Documentary Film Festival. François Bucher The Second and a Half Dimension – An Expedition to the Photographic Plateau Curatore: Alfons Hug Co-curatore: Paz Guevara commissario: Sylvia Irrazábal 1 giugno – 24 novembre 2013 Padiglione America Latina-IILA (Istituto Italo-Latino Americano) – Colombia 55.Esposizione Internazionale d’Arte Isolotto dell’Arsenale, Venezia

François Bucher, The Second and a Half Dimension – An Expedition to the Photographic Plateau

Info: eitalia@cancilleria.gov.co (Ambasciata di Colombia in Italia)

Per l’artista – che lavora a stretto contatto con le immagini, il loro movimento e la loro ricezione – questa è anche la “scoperta” stessa della “visione” che, nel caso preso in esame dall’artista, porta alla luce, come scrivono Halfons Hug e Paz Guevara «l’aspetto fotografico» della ricerca (dal negativo fotografico si potevano vedere altre forme rispetto al positivo), «un esercizio di percezione tra l’osservatore, la pietra, il Sole e l’asse terrestre e la convergenza tra l’uomo, il mondo e il cosmo». François Bucher, nato nel 1972 a Cali, Colombia. Vive e lavora a Berlino e a Parigi. È

François Bucher, The Second and a Half Dimension – An Expedition to the Photographic Plateau

90


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/lo-stupore-della-forma-sir-anthony-caro-al-correr/

Maratona Biennale

Lo stupore della forma: sir Anthony Caro al Correr VENEZIA | Museo Correr | 1 giugno – 27 ottobre 2013 di MATTEO GALBIATI

Fiore all’occhiello dell’ampia e interessante proposta di mostre del MUVE, offerta durante l’attuale Biennale veneziana, è certamente la sontuosa mostra di Sir Anthony Caro (1924) nell’eccezionale cornice del Museo Correr. Non ha mancato neppure di esprimere e sottolineare la più viva soddisfazione e il grande orgoglio, per il complesso e impegnativo progetto espositivo dedicato al celebre scultore inglese, la stessa direttrice del MUVE, Gabriella Belli, in una recente intervista (vedi Espoarte n.81): questa mostra ha segnato, infatti, la proficua collaborazione dell’istituzione veneziana con il British Council e Gagosian. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la più grande retrospettiva realizzata in Italia dedicata ad uno dei maggiori e rivoluzionari interpreti della scultura internazionale contemporanea.

nello spazio. Una presenza forte, tangibile, ma eterea ed intonata, che conquista con la sua incidente autonomia. Percorrendo le sale del museo di piazza San Marco la nostra ammirazione s’intreccia alle forme di Caro che, avviluppandosi al nostro sguardo, rimangono impresse e vestono e riempiono, appagandola, la vista, non meno dell’immaginazione e del ricordo. Non possiamo che consigliare una sosta – prolungata il più possibile – per ammirare questa mostra. Moore sosteneva che uno scultore fosse una persona interessata alla forma delle cose, non meno del poeta alle parole e del musicista ai suoni: sir Anthony Caro sembra aver assimilato e interpretato assai efficacemente queste parole.

Grandi opere, a dispetto della difficoltà logistica della città lagunare che inevitabilmente avrebbe potuto condizionarne la scelta, si susseguono sala dopo sala, in un percorso affascinante che proietta lo sguardo e la fisicità dello spettatore dentro – e attorno – ai solidi, eppur leggeri, volumi delle costruzioni di Caro. Il suo maestro è stato, negli anni ’50, Henry Moore (1898-1986), artista che ha modificato la visione della scultura del ‘900, e da lui Caro ha appreso ed ereditato proprio la poesia della materia e quella misurata rottura della “forma” scultorea classica. Si apriva quindi ad un’astrazione semplice e viva, riprendendo e concentrandosi su certa essenzialità tipica delle forme primitive e originarie. Caro, abbandonato il linguaggio figurale negli anni ’60, inizia a conseguire autonomi successi e persegue la via per l’affermazione della sua visione che caratterizzerà tutta la sua successiva opera. Egli predilige da sempre l’acciaio – come dimostrano le opere al Correr – ma questo non gli ha impedito di sperimentare comunque una ricca e variegata possibilità di elementi e materiali (bronzo, legno, carta, piombo…). Egli compone ciascuna sua scultura procedendo quasi per assemblaggi di “pezzi” bidimensionali, con i quali sviluppa il corpo tridimensionale delle sue creazioni. Le sculture paiono quasi un disegno, un bozzetto, veloce e istintivo, per quanto perdurante ed armonico, che, colorato vivacemente, si concretizza

Caro al Museo Correr commissari Gabriella Belli e Gary Tinterow progetto espositivo Daniela Ferretti in collaborazione con Gagosian Gallery con il patrocinio del British Council

1 giugno – 27 ottobre 2013 Museo Correr Piazza San Marco 52, Venezia Info: +39 041 2405211 info@fmcvenezia.it www.visitmuve.it

Sir Anthony Caro, Museo Correr, 2013. Photo Mike Bruce. Courtesy Gagosian Gallery

Anthony Caro, Hopscotch, alluminio, 250x475x243,5 cm, collezione dell’artista © Barford Sculptures Ltd. Foto: Mike Bruce 91


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/quello-sguardo-di-tapies-collezionista/

Maratona Biennale

Quello sguardo di Tàpies collezionista… VENEZIA | Palazzo Fortuny | 1 giugno – 24 novembre 2013 di MATTEO GALBIATI

Palazzo Fortuny, storica dimora veneziana, che fu la casa dell’omonimo eclettico collezionista spagnolo Mariano Fortuny, è sicuramente tra gli spazi più suggestivi e affascinanti di Venezia. Non solo per la bellezza architettonica della residenza, ma anche per la ricchezza della collezione contenuta, eredità preziosa del suo antico proprietario. Una quinta coinvolgente che stupisce sempre il visitatore e che, in questa occasione, ospita una mostra davvero speciale: Tàpies. Lo sguardo dell’artista. Questa esposizione, infatti, non presenta solamente i lavori del grande artista catalano scelti tra le fasi più rappresentative della sua ricerca, ma li mette in dialogo e relazione con quelli di altri artisti le cui opere provengono proprio dalla collezione privata dello stesso Tàpies. Il percorso espositivo offre quindi una lettura duplice dell’anima di Antoni Tàpies (19232012): l’artista e il collezionista coesistono nella stessa anima. E a prefigurarsi resta la profondità del suo sguardo che ha determinato le sue scelte e i suoi orientamenti. Inevitabile poi che questa mostra abbia un senso ancora più particolare, come si diceva, per la sede che la ospita. Collezionista incontra collezionista, collezione incontra collezione. Questa eccellente mostra, tra le proposte del circuito del MUVE, ha il pregio determinante – oltre ad un allestimento raffinato e curato – di svelare il lato nascosto e meno conosciuto di uno tra i protagonisti e i maestri più apprezzati e stimati del secolo scorso, guardando attraverso la complessa profondità del suo sguardo e del suo gusto. Uno sguardo che è, come è stato scritto, al contempo esteriore e interiore. Con Tàpies si incontreranno gli artisti più rappresentativo del XX secolo quali Miró, Picasso, Kline, Pollock e Kounellis, per fare solo alcuni nomi. Ma non è tutto perché protagoniste sono anche sculture antiche orientali e tribali, libri d’arte con litografie che Tàpies ha realizzato collaborando direttamente con gli scrittori e i poeti. Ricordiamo inoltre che molti dei lavori esposti sono presentati al pubblico per la rima volta. Non da ultimo poi, ad accompagnare il visitatore, ci saranno anche le musiche dei compositori del Novecento che più lo appassionavano come Schöenberg, Berg, Shelsi, Cage e Webern. Il coinvolgimento rimane garantito e chiunque non può rimanere immune dal fascino di una

mostra che – realizzata grazie al prezioso contributo della famiglia del maestro catalano – ci svela, nell’arte e nel privato, la personalità e l’anima vere del suo sguardo, che sentiva le cose senza preconcetti o limiti di circostanza, tempo e spazio. Uno sguardo che cercava nel profondo, di quanto gli accadeva attorno, il senso del mistero della vita. Tàpies. Lo sguardo dell’artista a cura di Daniela Ferretti, Natasha Hébert, Toni Tàpies e Axel Vervoordt direzione scientifica Gabriella Belli co-prodotta con Vervoordt Foundation

1 giugno – 24 novembre 2013 Palazzo Fortuny San Marco 3958, Venezia Orari: aperto al pubblico solamente in occasione di mostre temporanee tutti i giorni 10.00-18.00, la biglietteria 10.00-17.00; chiuso il martedì Info: 848082000 (call center dall’Italia); +39 041 42730892 (call center dall’estero) info@fmcvenezia.it www.fortuny.visitmuve.it

Tapies. Lo sguardo dell’artista. Veduta della mostra. Palazzo Fortuny, Venezia. Foto: Jean-Pierre Gabriel 92


Espoarte Digital

Maratona Biennale

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/un-omaggio-ai-%E2%80%9Cdisconessi%E2%80%9D-il-padiglione-internet-di-manetas/

Un omaggio ai “Disconessi”. Il Padiglione Internet di Manetas VENEZIA | Oratorio di San Ludovico | 30 maggio – 15 settembre 2013 di CHIARA CANALI

Miltos Manetas, The Unconnected, III Padiglione Internet, Oratorio di San Ludovico, Calle dei Vecchi, Venezia. Performance con Enrico Ghezzi. Foto: Gaetano Alfano

Può sembrare assurdo che Internet, la più grande rete al mondo di collegamento virtuale e digitale, abbia un suo padiglione fisico e analogico, alla Biennale di Venezia. Eppure è ormai una realtà che quest’anno giunge alla sua terza edizione. Promotore è il greco Miltos Manetas, artista multimediale che da anni riflette sull’estetica delle nuove tecnologie, per il quale ideare un Padiglione Internet era essenziale per poter fare i conti con quello che abbiamo trovato e inventato negli ultimi decenni ma che alla fine non compare mai nei padiglioni ufficiali. Dopo aver invitato a Venezia il popolo di ThePirateBay.org nel 2009 e dopo aver conquistato l’isola di S. Servolo con il format Bring Your Own Beamer, cioè “portati il tuo proiettore” nel 2011, per questo terzo appuntamento Manetas presenta un progetto in cui glorifica con la sua pittura gli Unconnected, cioè il popolo dei “Disconnessi”, di coloro che vivono ancora senza alcun account email o di social network. Sembrerebbe un altro paradosso o forse una provocazione, se non fosse che la ricerca degli Unconnected, apparentemente difficile e complicata, è stata fatta chiamando in causa la rete, attraverso una campagna lanciata su Facebook. Un modo per testare, secondo il

curatore Francesco Urbano Ragazzi, la nostra percezione della potenza della rete e della effettiva percentuale di coloro che non sono ancora connessi. “Gli Unconnected non sono modelli di vita da seguire, al contrario prove viventi di un’esistenza a tratti divina, ancestrale. La possibilità per noi di una redenzione mai assoluta da una connettività sempre più piena”. In poco tempo è emersa una lista di identità dai profili più disparati: da Luigi Ontani ed Enzo Cucchi a Donald Knuth, informatico e professore emerito alla Stanford University che a un certo punto della vita ha scelto di rinnegare Internet. “A noi interessava capire come vengono percepiti gli Unconnected e soprattutto aprire, nella mente delle persone, uno spazio dedicato a queste figure che normalmente non sono delineate, uno spazio santificato, beatificato, più alto, uno spazio che ti permette di riflettere su te stesso e sul tuo rapporto con la tecnologia”. Lo spazio in cui sono ospitati i lavori, una serie di tele / schermi di grandi dimensioni che

93

ritraggono i comportamenti e le posture di chi entra in contatto col web, sono alla fine specchi che ci riportano essi stessi ad una dimensione mediatica, ma in forma contemplativa. Il Padiglione Internet, del collegamento, diventa così il Padiglione della disconnessione, della presenza/assenza, del silenzio, un autoritratto di se stessi e della rete. III Padiglione Internet di Miltos Manetas a cura di Francesco Urbano Ragazzi 30 maggio – 15 settembre 2013 Prodotto da: Associazione E, AmC Collezione Coppola, Nuova Icona media partners: Gloria Maria Gallery, My Art Guide, Lightbox, UP3 Architetti Associati, Liquidweb, Drago Publishing Oratorio di San Ludovico Calle dei Vecchi, Dorsoduro 2552, Venezia Orari: 10.00 – 18.00 chiuso il lunedì Info: www.padiglioneinternet.com www.e-ven.net press@padiglioneinternet.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/quello-sguardo-di-tapies-collezionista/

Maratona Biennale

i/o_io È un altro. César Meneghetti a San Servolo (VE) ISOLA DI SAN SERVOLO (VE) | Padiglione della Repubblica del Kenya | 1 giugno – 24 novembre 2013 di JACK FISHER

La mia quattro giorni veneziana per la 55. Biennale Internazionale d’Arte non poteva che concludersi in modo migliore. Approdo sull’Isola di San Servolo, e qui trovo il progetto speciale del Padiglione della Repubblica del Kenya, i/o_io È un altro di César Meneghetti (São Paulo, 1964), a cura di Simonetta Lux e Alessandro Zuccari, Commissario Antonio Arévalo e promosso dalla Comunità di Sant’Egidio/laboratori d’arte. Non si rimane indifferenti di fronte a questa serie di opere video inedite, che vedono coinvolte le persone con disagi mentali della comunità di Sant’Egidio di Roma, più di 200, in quattro anni di lavoro. La location amplifica le emozioni: l’Isola di San Servolo dal 1725 al 1978 ha ospitato uno dei più grandi complessi di reclusione manicomiale del Veneto. Mi trovo di fronte ad un work in progress totalmente aperto ed imprevedibile, dove persone disabili e non, si scambiano i ruoli, facendo così emergere un grande senso di libertà. Guardando queste im-

magini in movimento, si ha la sensazione che le proiezioni non debbano finire mai. Penso, osservando questa serie di opere, ad un mezzo in cammino, perché no ad un treno, sul quale ad ogni fermata salgono un manipolo di persone, senza distinzione alcuna, colore, religione, fisicità e chi più ne ha più ne metta. Una volta a bordo, tutti entrano a far parte della scatola video di Meneghetti: tutti si muovono e tutti si raccontano. L’osservatore non può rimanere indifferente, è quasi preso per mano dall’autore e portato all’interno dell’opera, diventando così protagonista alla pari degli altri, alla pari di tutti, abbattendo così ogni barriera. “Nel Museo di Tor Bella Monaca – scrive César Meneghetti – ho conosciuto all’inizio del 2010 un gruppo di persone con disabilità di vario tipo che frequentavano uno dei Laboratori d’Arte della Comunità di Sant’Egidio e realizzavano lavori usando prevalentemente tecniche tradizionali come pittura e scultura. Sin

César Meneghetti, I-O opera #10 Visibility 2013, video installation 94

dal primo momento, mi ha colpito moltissimo il fatto che, dentro quel laboratorio creativo, nell’ambito del fare artistico, queste persone erano diverse, come immersi in un liquido che li faceva volare. Quando invece erano sul punto di uscire, iniziavano ad incupirsi al solo pensiero di tornare alla loro quotidianità. Più li frequentavo, più constatavo che il desiderio di ognuno di loro era di partecipare, di appartenere, ma forse soprattutto di poter realizzare qualcosa, qualsiasi cosa per un altro. Questo è in contraddizione con la nostra società odierna e con i luoghi comuni di cui è infarcita. Allora vivevo i ragazzi come “gruppo”. Poco a poco ho imparato a comprendere anche la particolarità di ognuno; a considerarli singole persone che si identificano e hanno empatia con l’altro e manifestano una sorprendente disinvoltura nel dimostrarlo quando entrano in rapporto/ contatto. Per toccare questa realtà bisogna vincere il primo impatto che nasce dai paraocchi culturali, dai pregiudizi, dal meccanismo di


Espoarte Digital

César Meneghetti, I-O opera #10 Visibility 2013, video installation (frame da video). Foto di Claudia Gambadoro

www.espoarte.net

potere. Questa è la mia sensazione primordiale che ho voluto uscisse intatta in questo lavoro”. La sensazione descritta da Meneghetti affiora: i ragazzi, le persone sono sì in gruppo, ma si evince bene ogni singola individualità, ogni singola storia, ogni singolo racconto. Lo sguardo con cui l’autore tratta i soggetti ripresi è estremamente poetico e delicato, lontano da ogni pregiudizio come a voler educare alla libertà. i/o _io È un altro è un’opera che abbatte il pregiudizio della diversità: io sono unico, mi dice il titolo, ma sono nel Con-Tempo un altro e parte fondante di un corpus unicum sociale. César Meneghetti (São Paulo, 1964) Vive e lavora tra San Paolo, Roma e Berlino. Artista visivo e film-maker, ha esposto i suoi lavori in più di 40 paesi, avendo partecipato alla Biennale di Venezia Evento speciale Padiglione IILA (2005), Biennale Adriatica (2006), Biennale di La Paz (2007), Biennale di Bruxelles (2007), Biennale di Sharjah (2011) e Biennale di Cerveira (2011), Tio Ilar, Atene (2011 e 2012) e a mostre individuali e collettive in vari musei: MIS – Museu da Imagem e do Som de São Paulo (2010), Macro – Museu de Arte Contemporânea di Roma (1996, 2005 e 2011) e MLAC Museo Laboratorio de Arte Contemporanea a Roma (2006, 2008 e 2011). Ha avuto diversi riconoscimenti: Premio FUNARTE de Arte Contemporânea 2011, Prêmio Brasil Arte Contemporânea da Fundação Bienal de São Paulo (2010), premio per la miglior opera nella IV Biennale Inter- Americana di Video Arte a Wa-

95

shington (2009), Nastro d’Argento 1996 e 2004 (SNCCI) e Premio Petrobrás Cultural, Brasile (2002 e 2006). I suoi lavori in film e video sono stati presentati in diversi festival internazionali: Locarno (1998 e 2002), São Paulo (Videobrasil 2001, 2003 e 2007 e Mostra Internacional de São Paulo 2008), FIC Brasília (2005) Festival di Rio de Janeiro (2010), Festival di Nuevo Cinema di Havana (2003) e 69o Festival del Cinema di Venezia (Giornata degli Autori, 2012). Nel 2007, con K_lab (mixed media, Niger, 2008), ha iniziato una nuova fase della sua carriera, allargando la sua ricerca nelle arti visive, cinema e mixed media all’arte relazionale, poi seguono i progetti this_orient (2011) e I\O _IO È UN ALTRO, in mostra alla 55o Biennale di Venezia, Padiglione della Repubblica del Kenya (2013). Vive e lavora tra San Paolo, Roma e Berlino. www.cesarmeneghetti.net César Meneghetti: I\O E’ UN AALTRO# special project a cura di Simonetta Lux e Alessandro Zuccari Commissario Antonio Arévalo Isola di San Servolo, Venezia 1 giugno – 24 novembre 2013 Orari: da martedì a domenica 11,00 – 18,00 – chiuso il lunedì (apertura straordinaria lunedì 18 novembre) Info: www.cesarmeneghetti.net


Espoarte Digital

Maratona Biennale

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/il-tibet-a-venezia-l%E2%80%99arte-come-impegno-contro-l%E2%80%99indifferenza/

Il Tibet a Venezia: l’arte come impegno contro l’indifferenza VENEZIA | Santa Marta Congressi – Spazio Porto | 1 giugno – 7 settembre 2013 di LARA CACCIA Nel marasma degli eventi e delle mostre organizzate a Venezia in questi mesi così importanti, tutti incentrati attorno alla 55. Esposizione Internazionale d’Arte, c’è una mostra che non si incontra camminando nelle calli veneziane, ma si trova nella zona portuale: stiamo parlando del Padiglione Tibet, e proprio per aver mantenuto la dizione padiglione non è stato accettato tra gli eventi collaterali della Biennale, perché lo Stato non è riconosciuto dall’Italia. Come si può intuire dalle parole del curatore ed ideatore Ruggero Maggi, l’importanza del progetto è proprio il paradossale appoggiarsi su un’utopia che, allo stesso tempo, diventa base concreta per un riconoscimento di Padiglione e quindi di Stato del Tibet. «Ciò che mi ha spinto ad organizzare questo progetto – scrive Maggi – è l’idea di creare un ponte sensibile che induca i visitatori ad una maggiore conoscenza di questo popolo che ormai si può definire, purtroppo, una minoranza etnica e che rischia di perdere il proprio patrimonio culturale e spirituale fondato su concetti di pace e non violenza». Quest’anno è stato dedicato ai 100 martiri, che già a giugno erano aumentati a 120, che si sono sacrificati per la libertà del loro popolo. Le opere ispirate ai “mandala” sono state esposte nella particolare chiesa sconsacrata di Santa Marta, e sono state realizzate da numerosi artisti: ognuno ha creato un’opera circolare che successivamente è stata riprodotta dagli

stessi monaci tibetani con la polvere di marmo colorata. Il 7 settembre si potrà assistere al rito tradizionale di dispersione di questi mandala. Le altre opere presentate sono dei cilindri di ceramica realizzate dagli artisti presso i laboratori artigianali di Albisola (SV), ispirate alle ruote della preghiera e come quelle dei monasteri, potranno essere toccate e fatte ruotare, rievocando il gesto che libera la preghiera, normalmente racchiusa al suo interno, attraverso il vento. Il progetto non si limita però ad esporre degli oggetti, ma si fa carico di incentivare la conoscenza della gravosa condizione di questo popolo attraverso numerosi video, performance, interventi musicali ed azioni, che non si limiteranno e non finiranno con la chiusura della mostra. Tra gli eventi, il 6 luglio è stato festeggiato il 78o compleanno dell’attuale XIV Dalai Lama, il monaco Tenzin Gyatso, con la realizzazione di un grande mandala Con-ta-ci nel cortile della chiesa: opera condivisa da più di 100 persone tra artisti, critici, medici, ecc.., che utilizzando due mila chili di sale colorato, partendo dal centro, lo hanno adagiato formando disegni, cerchi, forme, ed altro, fino ad occupare tutto lo spazio. E come ogni mandala, alla sua conclusione tutti i partecipanti hanno “condiviso” la sua distruzione attraverso il camminare, il danzare e l’andarsi incontro per abbracciarsi. Infine, la polvere rimasta è stata donata a chi ha assistito all’azione. La formazione di un monaco buddista avviene attraverso la parola, attraverso un confronto

Padiglione Tibet, Monaci che stanno realizzando un mandala, Santa Marta Congressi - Spazio Porto, Venezia. Foto: Ruggero Maggi 96


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Padiglione Tibet, veduta della mostra, Santa Marta Congressi - Spazio Porto, Venezia

serrato con il proprio maestro, e proprio le parole condivisione, impegno e dono potrebbero essere, per l’esistenza dell’uomo occidentale, una possibile alternativa alle parole velocità, guadagno e indifferenza. Poiché “per l’uomo tibetano la maggior preoccupazione non è cosa fare durante il giorno ma cosa essere nella propria intera esistenza”. Padiglione Tibet ideato e curato da Ruggero Maggi Artisti: Irene Accarini, Lucio Afeltra, Marco Agostinelli, Piergiorgio Baroldi, Luisa Bergamini, Carla Bertola – Alberto Vitacchio, Giorgio Biffi, Renzo Bortolussi, Nirvana Bussadori, Jorge Canale, Rosaspina B. Canosburi, Paolo Carnevale, Domenico Castaldi, Stefano Cerioli, Pino Chimenti, Ciriaca+Erre, Giampietro Cudin – Carla Rigato, Flaminio Da Deppo, Marcello Diotallevi, Gillo Dorfles, Giglio Frigerio, Luciano G. Gerini, Carlos Gigena Seeber, Bruno Gorgone, Isa Gorini, Ursula Huber, Celeste Lazo, Franco Lippi, Oronzo Liuzzi – Roberto Scala,

97

Francesca Lolli, Ruggero Maggi, Beatriz Margossian, Fabrizio Martinelli – Giovanni Genshō Ponzoni, Gianni Marussi – Alessandra Finzi, Alessandro Novellino, Silvia Ovsejevich, Clara Paci, Lucia Paese, Marisa Pezzoli, Giorgio Piccaia – Matteo Piccaia, Siro Polazzetto, Benedetto Predazzi, Tiziana Priori – Simonetta Chierici, Monica Rizzi, Marco Rizzo, Pietro Ronzat, Virginia Ryan, Ritu Sarin & Tenzing Sonam, Maria Savino, Pino Secchi, Cesare – Leonardo – Lucio – Simone Serafino, Ilaria Sperotto, Francesco Stefanini, R. Steiner, Roberto Testori, Micaela Tornaghi, Silvio Vigliaturo, Andrea Vizzini, Marcela Zelikowicz 1 giugno – 7 settembre 2013 Santa Marta Congressi Spazio Porto, Venezia Info: +39 320 9621497 ruggero.maggi@libero.it www.padiglionetibet.com


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/la-liberta-di-espressione-di-ai-weiwei-a-venezia/

Maratona Biennale

La libertà di espressione di Ai Weiwei. A Venezia. VENEZIA | Zuecca Project Space, Giudecca, Fondamenta delle Zitelle 32 e Chiesa di Sant’Antonin, Castello, salizada Sant’Antonin | 29 maggio – 15 settembre 2013 Intervista a MAURIZIO BORTOLOTTI di Francesca Caputo

Straight, 2008-2012, Steel reiforcing bars, Photo credit: Ai Weiwei

Con il suo approccio, Ai Weiwei – artista, architetto, curatore, poeta, blogger, attivista dei diritti umani e molto altro ancora – ha sempre cercato di smuovere il pensiero critico per creare coscienza e consapevolezza civile, spesso servendosi del potere dell’ironia; anche come monito alla modernizzazione selvaggia e contraddittoria della Cina odierna. Esplora problemi legati ad autenticità, radici, valori culturali, omologazione identitaria, memoria, sviluppando la relazione con il passato come passaggio di definizione del presente e del futuro. Ai Weiwei è protagonista di Disposition, evento collaterale della 55. Biennale di Venezia, promosso da Zuecca Project Space, piattaforma no profit per l’arte contemporanea, e la Lisson Gallery. Due progetti: l’installazione Straight, ripensata per il complesso delle Zitelle alla Giudecca, e quella concepita per la Chiesa di Sant’Antonin, in dialogo con l’architettura e la storia personale dell’artista. Ne parliamo con il curatore, Maurizio Bortolotti… Nel suo percorso artistico, Ai Weiwei si esprime su una molteplicità di piani estremamente complessi, che mirano a una costante ridefinizione ed estensione del concetto di arte, riflettendo sulla sua necessità nella società di oggi. In che modo ritiene che l’arte possa essere uno strumento efficace per esplorare le problematiche politico-sociali?

Oggi si è persa una visione unitaria della società. Rispetto a questa situazione, l’arte svolge un ruolo interessante. È l’unico fenomeno che riesce ad essere trasversale a tutti gli ambienti sociali, mettendoli in collegamento tra loro. L’arte, che all’interno della cultura occidentale è sempre stata considerata un valore, è oggi diventata essa stessa espressione di valore dentro la società capitalistica globalizzata. È un mezzo di trasmissione di valori, che non riescono più ad essere veicolati da altri campi: come la politica, l’economia, la ricerca scientifica, la religione. L’esempio di Ai Weiwei è significativo in tal senso. Ciò che rende così interessante il suo lavoro – in confronto a quello degli altri artisti asiatici – è la capacità di rappresentare le contraddizioni interne allo sviluppo sociale, economico e politico della Cina contemporanea; connettendo, esplicitamente, alcune rilevanti questioni umanitarie e sociali, al piano espressivo ed estetico dell’arte. Ricordandoci che, alcuni concetti base della società contemporanea come – benessere, democrazia e diritti sociali – non sono così scontati, poiché oggi è in atto un processo di ridefinizione. Quale contributo, personale e di riflessione critica, le ha lasciato l’esperienza di lavoro con Ai Weiwei? Ho conosciuto Ai Weiwei nel 2010 in Corea, quando stavano organizzando Art Gwangju, la

98

prima fiera internazionale fatta dalla Biennale, e abbiamo avuto l’occasione di vederci a cena o di visitare insieme i monumenti coreani nei dintorni di Gwangju, con Alfredo Jarr ed altri. Ciò che mi ha colpito è l’assoluta onestà e integrità di uomo, che – come mi ha detto quando ci siamo visti recentemente a Pechino – non fa altro che dire schiettamente quello che pensa. Quando sono stato all’inaugurazione della sua mostra alla Tate Modern di Londra, dove ha presentato 100 milioni di semi di girasole di ceramica dipinti a mano, gli ho detto: “quest’opera ha una lettura a più livelli, ma parla della Cina contemporanea”. E a lui questa definizione è piaciuta. Sul piano professionale Ai Weiwei è molto preciso, ogni dettaglio o particolare nel suo lavoro è esattamente definito e nulla è lasciato al caso. Un altro aspetto importante è quello di concepire l’opera come intervento site specific. Questa è stata per me una lezione molto interessante che viene dalla nuova realtà artistica asiatica. Come è nata l’idea della mostra Disposition? E quali gli obiettivi teorici? È nata all’interno del nuovo spazio Zuecca Project Space, diretto da Alessandro Possati, di cui sono curatore del programma. Dall’intenzione di voler riattivare un dialogo tra Venezia, oggi meta del turismo e della cultura internazionali, e l’Asia contemporanea, nel caso specifico della Cina, con cui Venezia per prima in Occi-


Espoarte Digital

dente ha stabilito rapporti importanti dai tempi in cui era una Repubblica marinara. L’Asia ha assunto oggi una nuova identità e la prima mostra Orientale, è nata appunto con l’intenzione di ridefinire il volto dell’Asia attuale dal punto di vista dell’Occidente, invitando cinque artisti occidentali a riflettere sul tema. Perciò, dopo una mostra dedicata a Rirkrit Tiravanija, Disposition sembrava una scelta in continuità con quello fatto sin qui. Inoltre, all’artista è piaciuta l’idea del dialogo con la città. Gli obiettivi della mostra sono quelli di fornire una rilettura in chiave problematica della Cina contemporanea. Quale pensiero critico ed emozioni mira a suscitare l’installazione Straight? Straight è un progetto sul quale l’artista ha lavorato per oltre due anni, raccogliendo le barre che armavano le scuole costruite con materiali inadatti e crollate durante il terremoto del Sichuan nel 2008, durante il quale morirono quasi 5200 bambini. L’opera sembra un intervento minimalista ma non ha nulla di astratto. È un preciso atto di accusa contro la corruzione di chi ha consentito la costruzione di edifici realizzati con materiali scadenti, ribattezzati tofu buildings. Le barre sono state raccolte e raddrizzate per farle ritornare diritte. Come se l’artista volesse simbolicamente indicare che una tragedia creata da gravi errori umani andasse

www.espoarte.net

sanata, ripristinata. Sembra un grande “J’accuse”, ma vi è anche una volontà di riconciliazione. In che modo sarà caratterizzata la presentazione veneziana di Straight rispetto a quella di Washington? Ai Weiwei lavora in modo site specific e il fatto che il progetto sia esposto all’interno della sala della Zuecca lo rende già in sé diverso dalla sua presentazione all’Hirshhorn Museum di Washington. Per l’occasione, l’artista ripenserà l’installazione delle barre in funzione dello spazio veneziano, in modo da creare un dialogo con lo spazio disegnato dal Palladio. Che tipo di dialogo è innescato dalla seconda installazione di Ai Weiwei? Può rivelarci qualche anticipazione? La seconda installazione, costituisce sicuramente il lavoro più importante fatto dall’artista recentemente. L’opera sarà esposta nella chiesa di Sant’Antonin nei pressi dell’Arsenale, nasce come diretta conseguenza di Straight ed è perciò speculare ad esso. La mostra ha una grande coerenza interna perché i due progetti rimandano l’uno all’altro. Questa installazione sembra l’applicazione di una frase di Ai Weiwei che dice: “La libertà d’espressione è per me una condizione fondamentale per fare arte”.

99

Ai Weiwei. Disposition a cura di Maurizio Bortolotti Evento collaterale della 55. Esposizione Internazionale d’Arte 29 maggio – 15 settembre 2013 Zuecca Project Space, Giudecca, Fondamenta delle Zitelle 32, Venezia Chiesa di Sant’Antonin, Castello, salizada Sant’Antonin, Venezia Orari: 10.00 – 18.00 Info: www.zueccagallery.com www.lissongallery.com www.labiennale.org

Sichuan Earthquake Photos, 2008-,16 black-and-white photographs 20 x 13 3/5in. 50.8 x 33.8 cm, each Photo credit: Ai Weiwei


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/wunderkammer-e-le-meraviglie-del-contemporaneo/

Maratona Biennale

Wunderkammer e le meraviglie del contemporaneo VENEZIA | Palazzo Widmann | 1 giugno – 29 settembre 2013 Intervista ad ANTONIO NARDONE di Francesca Caputo

Nell’Europa del ‘500 e ‘700, principi, intellettuali e uomini di scienza, diedero vita ad un fenomeno collezionistico eclettico, in equilibrio tra arte e scienza. Con un straordinario approccio – che molto doveva, alla fantasia, alla curiosità, alla sorpresa – associavano gusto della rarità, apprezzamento estetico, originalità, al bisogno di conoscere il mondo. Tutte le sue forme, incluse le varianti più insolite e bizzarre erano raccolte nella Wunderkammer, camera delle meraviglie: opere d’arte, d’antiquariato, gioielli preziosi, oggetti di storia naturale, fino alle tracce di animali mitici, oggetti magici, apotropaici, simbolici di leggende e credenze popolari. Un’attuale lettura del tema, nelle diverse interpretazioni del fantastico e del meraviglioso, è offerta dalla mostra Wunderkammer. Camera delle meraviglie contemporanea, allestita nell’affascinante scenografia seicentesca di Palazzo Widmann, come evento parallelo alla 55. Biennale di Venezia. Tra creatività ed evidenza scientifica, le opere di più di venti artisti – come Jan Fabre, Roberto

Kusterle, Wim Delvoye, Pascal Bernier, Laurence Dervaux, Ivan Piano – creano un’odierna collezione di mondi immaginari. Ne abbiamo parlato con il curatore, Antonio Nardone. Quali connessioni – tematiche e di riflessione artistica – si possono rintracciare tra il concept del progetto generale di Massimiliano Gioni e la mostra Wunderkammer? Il punto comune è sicuramente “la ricerca utopica del uomo”. Tuttavia, se il programma enciclopedico, iniziato sistematicamente nel secolo dell’Illuminismo, emerge come un progetto utopico irraggiungibile, la questione della Wunderkammer non richiede alcuna risposta, poiché l’uomo assembla, nel suo universo, le meraviglie del mondo e quel che sogna diventerà suo. Se l’enciclopedia si immerge nell’abisso, scava nelle profondità, Wunderkammer attiva sogno e narrazione, che sono infiniti. Come si caratterizzano nella suggestiva cornice di Palazzo Widmann gli allestimenti? E quali le novità rispetto alla precedente

esposizione? Al Museo di Botanica di Bruxelles, abbiamo costruito un universo come quello che si poteva scoprire nelle “camere delle meraviglie”. Palazzo Widmann, nel cuore della Serenissima, offre l’ambiente ideale. Non troppo esuberante o troppo carico di storia artistica, ci consente di proiettare l’atmosfera giusta per la Wunderkammer. L’arrivo a Venezia, il labirinto di strade e ponti, rendono il percorso magico, come una sorta di introduzione ideale che permette al visitatore di correlarsi con la mostra. La scenografia rispetta l’atmosfera del Palazzo. Abbiamo scelto di mantenere molto dell’arredamento originale, così da offrire al visitatore una lettura intima dell’”universo Wunderkammer”. Quali scelte critico-curatoriali ha attuato e quale chiave di lettura offre la mostra? La mostra attuale dovrebbe leggersi come una continuazione del XVI e XVII secolo, o meglio, come una sua rilettura. L’uomo di oggi, e più ancora l’artista contemporaneo, deve sentire

JAN FABRE, Skull, 2010, élythres beetles, polymers, stuffed bird, 28 x 23 x 19 cm, Photo: Pat Verbruggen © Angelos bvba 100


Espoarte Digital

www.espoarte.net

il mondo pulsante. La mia reinterpretazione è stata quella di raccogliere opere ad alta carica emotiva. Siamo abituati a vedere le opere contemporanee da sole, sulle pareti bianche dei musei e delle gallerie. Qui, le presento riunite in maniera variegata e, soprattutto, accompagnate da testi completamente immaginari, come Il corno di Unicorno o Il sangue di drago, che si trovavano nelle camere delle meraviglie. Il visitatore, al di là della lettura proposta, diventa “protagonista” sviluppando la propria interpretazione dell’opera. La selezione delle opere è intrisa di una vita fantastica della natura, che unisce il tema della morte, della mutazione, dell’androginia. Seguendo quali criteri ha scelto gli artisti coinvolti? La selezione è iniziata in Belgio, che fu la culla di grandi maestri come Brueghel, Bosch, Ensor o Magritte. C’è qualcosa di unico in questo Paese, in cui l’artista vede, propone e mantiene uno strano rapporto con le persone, gli animali e gli oggetti che lo circondano. Venendo regolarmente in Italia, sono stato sorpreso di scoprire anche qui, artisti che sviluppano il sogno e volgono lo sguardo verso l’ignoto, come Roberto Kusterle, che viene volentieri qualificato in Italia, come un fotografo del “Nord”’. Questa regione ipotetica dove l’altro è diverso, dove il cielo non è più blu e gli animali non sono più delle bestie. L’apertura dell’arte contemporanea all’idea stessa di Wunderkammer schiude un campo infinito di possibilità… Il sogno non ha limiti e per fortuna neanche le storie. A differenza del progetto della Biennale, gli artisti della Wunderkammer non hanno creato nuove opere per la mostra. Mi sono messo alla ricerca negli studi di artisti, curiosandovi con lo stesso spirito con il cui il farmacista Ferrante Imperato costruì a Napoli, la sua camera delle meraviglie, rinomata in tutt’Europa, la cui immagine fu pubblicata nel 1955. Nella mostra veneziana, ho approfittato del genio creativo degli artisti per assemblare questa Wunderkammer, il cui obiettivo è di sognare il mondo e invitare ognuno a creare il proprio. Naturalia e Artificialia furono concepiti nella loro epoca come un alimento per intelletto e fantasia, quale significato assumono oggi, in un’epoca in cui costituiscono un enigma risolvibile? Nel descrivere e psicanalizzare le opere contemporanee, intellettuali e critici d’arte, hanno un po’ demistificato il sogno, privandolo del suo mistero. Spesso i musei, freddi e anonimi, hanno mantenuto questo sentimento nel visi-

tatore che, senza una preventiva conoscenza, non riusciva a entrare nell’opera. Troppo spesso, meno le opere sono presenti, e più il testo prende importanza! Wunderkammer chiama in causa l’intelligenza e la fantasia del visitatore. All’epoca dell’apertura della mostra a Bruxelles, anche gli artisti hanno cominciato a reimmaginare le loro opere con la lettura dei testi immaginari proposti. Ritiene che il fantastico, il visionario, sia un linguaggio espressivo permanente e universale oppure ha degli statuti suoi propri che si differenziano dal passato pur citando forme antiche? La ricerca e il sogno sono universali nell’essere umano, che non finisce mai di scoprire il mondo, lo spazio e l’universo. Dal DNA alla nanotecnologia, dalla fissione alla fusione dell’atomo… oggi si scopre l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Dal Kouros greco, che si stacca dalla parete e diventa movimento, dal mosaico d’oro tremante alla luce delle candele, dal sorriso capriccioso delle madonne del Cinquecento, o ancora dalla ricostituzione del paesaggio interiore di Kandinsky, la storia dell’arte ha dimostrato che se gli artisti sono dei grandi sognatori, allora collezionisti, critici e enciclopedisti sono pazzi a pensare che si può classificare o spiegare tutto. L’immaginazione, la creatività e i sogni sono parte di tutta la storia dell’arte alla quale danno un senso. WUNDERKAMMER. Camera delle meraviglie contemporanea a cura di Antonio Nardone

101

Artisti: Pascal Bernier, Isobel Blank, Stefano Bombardieri, Ulrike Bolenz, Charley Case, Marcello Carrà, Eric Croes, Dany Danino, Wim Delvoye, Laurence Dervaux, Yves Dethier & Olivia Droeshaut, Jacques Dujardin, Jan Fabre, Alessandro Filippini, Manuel Geerinck, Roberto Kusterle, Jean-Luc Moerman, Michel Mouffe, Ivan Piano, Vincent Solheid, Bénédicte van Caloen, Patrick van Roy, Sofi van Saltbommel. 1 giugno – 29 settembre 2013 Palazzo Widmann Calle Larga Widmann (Rialto-Ospedale), Venezia Orari: Tutti i giorni dalle 11.00 alle 19.00 Info: www.wunderkammerexpo.com

PASCAL BERNIER, Renard, Accident de chasse, 1994-2009, stuffed fox, bandages, acrylic, H. 60 cm © P. Bernier


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/incontri-in-biennale-1-fiorella-minervino/

Maratona Biennale

Incontri in Biennale #1: Fiorella Minervino Intervista a FIORELLA MINERVINO di Matteo Galbiati

Muovendosi tra Giardini e Arsenale, alla rincorsa delle sedi fuori e dei collaterali, tra calli, canali e ponti, nel bailamme dei giorni di preview della Biennale di Venezia, non è cosa rara incontrare, anzi sono piacevolissimi appuntamenti non dati, colleghi e operatori del settore, in visita – quasi un pellegrinaggio, un rito da celebrare all’inizio dell’estate di ogni due anni – alla città lagunare, con i quali si scambiano battute fugaci su quel che si è già visto o si vedrà. Abbiamo scelto di dare corpo a tali incontri riportando, in forma di brevi interviste, le domande più classiche. Ci limitiamo ad alcune personalità: un giornalista di quotidiano, uno di radio, uno di TV, un giornalista e critico-curatore, un docente universitario e storico dell’arte contemporanea e, infine, un art-director, artista e fotografo. Stesse domande per tutti e grazie per la disponibilità concessa! Iniziamo, quindi, un viaggio a puntate attraverso pareri, impressioni e scelte di gusto con la giornalista, Fiorella Minervino, sempre disponibile e gentile, incontrata all’inaugurazione di Omar Galliani al Caffé Florian… Cosa pensi del Palazzo enciclopedico? Che idea ti sei fatta del progetto di Massimiliano Gioni?

Camille Henrot, Grosse Fatigue, Camille Henrot Grosse Fatigue, 2013, video installazione a colori (13 min). Courtesy l’artista e galleria Kamel Mennour, Parigi

Mi è piaciuto il suo catalogo di ossessioni, follie e creatività alternative nelle epoche passate, come dei miti attuali e delle smanie e dei furori. Ha rinfrescato l’aria un po’ stantia della Biennale, tanto da far sembrare superate altre manifestazioni di contemporanea. Che interpretazione ne dai? Che è d’obbligo andare a fondo, esplorare sempre oltre le apparenze, approfondire le ricerche dappertutto in giro per il mondo; soprattutto, come diceva Gertrude Stein, scrittrice e grande collezionista americana a Parigi, bisogna guardare il più possibile per imparare a vedere. Solo qualche genio può improvvisare. Cosa ti ha colpito di più? Quanto deve aver studiato e girato Gioni per organizzare un’edizione complessa ma godibile, che peraltro addita, accanto a Roberto Cuoghi con la sua massiccia scultura o alla giovane Camille Henrot (entrambi all’Arsenale), alcuni artisti che sembravano ingiustamente dimenticati come Enrico Baj o Duane Hanson, se non l’art brut di Augustin Lesage, o scultori curiosi al pari di James Lee Byars o il singolare fotografo e grafico americano Morton Bartlett che collezionò bambole per tutta la vita.

Duane Hanson, Bus Stop Lady, 1983, Polivinile reso policromo nell’olio, materiali vari con accessori. Foto: Francesco Galli. Courtesy La Biennale di Venezia

Quali sono le tue preferenze rispetto ai Padiglioni Nazionali? Ho apprezzato la Gran Bretagna per lo humour e il coraggio di Jeremy Deller. È un artista intelligente e sarcastico nei confronti della società

102

e degli eventi attuali. Ho ammirato la Cina, in passato semi deserta ora affollatissima, e video e foto mirabili. Anche perché, come Brasile, Australia e tutta la mostra di Gioni, segnala una massiccia presenza di libri nei lavori. Curioso: mentre si discute sulla possibile sparizione del libro cartaceo, ecco monumenti a biblioteche, librerie personali, quasi celebrazioni o forse litanie per un “eroe” che, dai tempi di Gutenberg, ha saputo regalare agli uomini passione, divertimento come può dare solo la lettura; e ora, forse sul finire, viene osannato fin oltre le tecnologie. Consiglio anche di visitare il Padiglione Santa Sede, presente per la prima volta, che predilige Tano Festa il quale riprende il Michelangelo della Sistina, un po’ come dovessero sempre guardare indietro. Tra gli eventi collaterali cosa vuoi suggerire? La mostra di Marc Quinn alla Fondazione Cini, è un messaggio positivo di speranza, di ottimismo, come dire che la vita va avanti anche senza braccia e gambe; esiste il coraggio di combattere comunque. Poi Lichtenstein scultore alla Fondazione Vedova, non avevo apprezzato troppo il famoso Pop quando aveva esposto a Firenze e tanto meno i suoi omaggi ai maestri; glielo avevo detto, anzi discusso con lui che sosteneva di essere molto colto. Aveva ragione e questa scultura bidimensionale, colorata, smaltata, vicina a icone di TV e media in generale, spesso pacchiana, riflette, con anticipo notevole, parecchie ricerche e gusti d’oggi.


Espoarte Digital

Che artisti segnali? Il premio Tino Sehgal con la performance canora ai Giardini, con i suoi “interpreti” abita e costruisce gli spazi, il luogo in un tempo fissato, loro cantano o si muovono nelle sale, coinvolgono davvero il pubblico presente. Lo avevo ammirato a Londra lo scorso anno ai Tanks della Tate Modern, riusciva a trascinare intere famiglie, con i bambini che si muovevano, ballavano, correvano. È un modo vitale e diverso di fare arte e renderla alla portata di tutti. Segnalo anche Rossella Biscotti sempre con ottimi lavori come ad Amsterdam allo Stedelijk.

www.espoarte.net

Una tua battuta o un commento generale e libero sul “rito Biennale”? Siamo tutti un po’ bizzarri, un po’ ossessi e un po’ folli, la Biennale documenta con solerzia la comune follia del nostro mondo, ma a livello globale. Quest’anno però era troppo ricca, mondana, invasa da migliaia di persone, circondata da troppi yacht colossali e decorata da un’infinità di cene, eventi, inutili party, ben più adatti alle sfilate di moda.

Fiorella Minervino è storica dell’arte e per 20 anni è stata giornalista alla Cultura del Corriere della Sera e a capo anche dell’arte. Ha scritto numerosi libri, dalla scultura nel 1700, agli impressionisti, Degas, Seurat, Picasso cubista e altri. Ha insegnato Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea all’Università di Parma. Ha collaborato a molti giornali e riviste anche internazionali come Le Monde. Da oltre 10 anni scrive per La Stampa di cultura, specie di architettura e arte come critica.

Padiglione Gran Bretagna, English Magic, Jeremy Deller, 55. Esposizione Internazionale d’Arte, Il Palazzo Enciclopedico. Foto: Italo Rondinella. Courtesy La Biennale di Venezia 103


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/incontri-in-biennale-2-giacomo-nicolella-maschietti/

Maratona Biennale

Incontri in Biennale #2: Giacomo Nicolella Maschietti Intervista a Giacomo Nicolella Maschietti di Matteo Galbiati

In una tiepida sera, poco dopo gli ultimi aperitivi e le ultime vernici degli eventi della Biennale e prima delle cene ufficiali o dei convivi spontanei tra colleghi, artisti e amici, incontriamo in Sestriere Cannaregio Giacomo Nicolella Maschietti, acuto e sempre pronto alla battuta e al commento, benché anche lui provato dalla maratona Biennale. Dopo Fiorella Minervino, ecco la seconda tornata di risposte: parole, fedeli al suo inconfondibile – e inimitabile – stile: Cosa pensi del Palazzo enciclopedico? Che idea ti sei fatto del progetto di Massimiliano Gioni? Premessa (breve, lo giuro!): Massimiliano Gioni

è un curatore che apprezzo, un professionista autentico cui seguo il lavoro da anni e, tra l’altro, devo aggiungere che ha gusti sostanzialmente vicini ai miei. Il Palazzo Enciclopedico non è però esattamente quello che mi sarei aspettato da una mostra Made in Gioni. Ho potuto visionarla con comodo, proprio un giorno prima che aprisse la Biennale, con la guida di Massimiliano che lo spiegava minuziosamente ai manager di Christie’s e Sotheby’s, e ad alcuni fortunati collezionisti. Mi focalizzo sulla mostra ai Giardini, per intenderci, quella che apre con il librone di Jung. L’ho trovata confusionaria, e molto complicata. All’ingresso mi hanno accolto i performers (si dirà così?) di Tino Seghal, il vincitore del Leone d’Oro, e mi sono sentito

Maria Lassnig, Selbst mit Meerschweinchen, 2000, Oil on canvas, 125 x 100 cm. Private Collection. Courtesy Hauser & Wirth. Foto: Stefan Altenburger Photography Zürich A fianco: Marc Quinn, veduta di installazione, Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore Venezia. Foto: Matteo De Fina 104


Espoarte Digital

un po’ Alberto Sordi ne Le Vacanze Intelligenti. Credo che la mostra principale dell’evento più importante dell’anno (forse al mondo), possa essere pensata e sviluppata in maniera più fruibile. Mi sono immaginato mia madre che visita la Biennale nell’afa di agosto. Sono sicuro che la sua reazione sarebbe interdetta, non avrebbe la grammatica e gli strumenti per apprezzarla. Ma non si può colpevolizzare chi non legge Frieze tutti i mesi per godersi una mostra a fondo. L’arte, secondo me, ha un altro scopo. Che interpretazione ne dai? Il tema è valido, il concetto di dare spazio a molti artisti (viventi, morti, famosi, sconosciuti) per creare un vero e proprio compendio dell’arte del ‘900 è una buona idea. Tuttavia, ripeto: il risultato finale è intrigante ma confuso, solo per palati fini. È come dare da mangiare il tartufo all’esercito. Cosa ti ha colpito di più? Del Palazzo Enciclopedico mi ha convinto davvero il lavoro di Maria Lassnig, con la sua enciclopedia del corpo, che tocca in profondità il mio gusto e le mie corde. E ci ricorda (questo a tutti) che la pittura non muore mai, semplicemente cambia. Quali sono le tue preferenze rispetto ai Padiglioni Nazionali? Il podio (anche se non li ho visti tutti, non sono

www.espoarte.net

riuscito!): 1a Cina, 2a Argentina, 3a Svizzera (c’è un lungo serpentone di ferro che lo attraversa, è l’unica opera valida, ma vale la visita). Tra gli eventi collaterali cosa pensi sia rilevante e vuoi suggerire? Andare a Venezia e non passare da Punta della Dogana è come andare a Maranello e non vedere la Ferrari. Poi, fate voi… Che artista segnali? Mi prenderò del democristiano o di quello che non pasteggia a pane e ArtForum, ma la mostra di Marc Quinn a San Giorgio mi è piaciuta molto. Massiva, mastodontica, potente, e davvero inquietante. Una tua battuta o un commento generale e libero sul “rito Biennale”? La Biennale è la cosa più bella che c’è nel mondo dell’arte. Vedo mostre dalla mattina alla sera, in tutto il mondo, da parecchi anni. La sensazione che mi consegna Venezia nella prima settimana della Biennale è impareggiabile. Sento una città vibrare e accogliere tutto il mondo, diventare in un certo senso il centro stesso del mondo per qualche giorno. Il tutto avrà certamente mille difetti, ma se ami l’arte, ci devi andare. E io obbedisco. Se questa sensazione durasse per tutti i mesi in cui la manifestazione è aperta, forse, non la si apprezzerebbe più.

105

Giacomo Nicolella Maschietti è giornalista professionista. Lavora a ClassCNBC (Canale 507 di SKY) e conduce tutti i week end la trasmissione Top Lot, dedicata alle aste e al mercato dell’arte. Scrive di arte contemporanea e mercato su Flashart e Artslife.com. Presenta dall’edizione 2012, ogni anno a fine agosto, i St. Moritz Art Masters. È direttore dell’e-magazine www.chooze.it, portale di cultura e lifestyle.


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/incontri-in-biennale-3-adele-maria-costantini/

Maratona Biennale

Incontri in Biennale #3: Adele Maria Costantini Intervista ad ADELE MARIA COSTANTINI di Matteo Galbiati

Venezia. Nel caos multicolore e rutilante di Piazza San Marco, all’ombra del grande campanile che svetta sulla piazza, proprio davanti alla galleria dell’Accademia che tenta con la bella mostra su Manet, abbiamo incontrato Adele Maria Costantini, nobile voce dei servizi giornalistici di Radio Montecarlo, Virgin radio e 105. Proponiamo ora, dopo Fiorella Minervino e Giacomo Nicolella Maschietti, alla sua sempre attenta visione e lettura critica un giudizio complessivo sulla Biennale… Cosa pensi del Palazzo enciclopedico? Che idea ti sei fatta del progetto di Massimiliano Gioni? Questa Biennale è un viaggio della mente, nella mente. Un percorso a tratti complesso, forse aggrovigliato. Talvolta emoziona, spesso invita a saperne di più, sempre fa riflettere. È stata comunque una scelta coraggiosa quella di Gioni, non solo per gli artisti selezionati ma anche per la volontà di riportare al centro del nostro “viatico” il libro. Non a caso la mostra si apre con il libro rosso di Jung, in cui lo psicanalista fissa in immagini le sue allucinazioni. Che interpretazione ne dai? Gioni lascia a ciascun visitatore la possibilità di trovare una propria strada, di crearsi “un viaggio nei tanti mondi nei quali perdersi”. Non a livello fisico: il percorso è ben tracciato, sia all’Arsenale che all’ex Padiglione Italia, ma nella mente che, assorbendo le immagini, si struttura in modo diverso da spettatore a spettatore.

una moneta oppure no. E tutte (o quasi) alla fine ce ne ritroviamo almeno una in tasca: un po’ per tenerle come souvenir, un po’, forse, anche per istinto. Tra gli eventi collaterali cosa pensi sia rilevante e vuoi suggerire? L’unica cosa che non sono riuscita a vedere: la mostra della Fondazione Prada Live in Your Head. When Attitudes Become Form, che ripropone – esattamente com’era – la storica esposizione che Harald Szeemann allestì nel 1969 alla Kunsthalle di Berna. Un motivo in più per tornare in laguna! Che artista segnali? Al termine del percorso enciclopedico, Gioni ci regala l’ironia di Fischli e Weiss con le loro piccole sculture di argilla: irriverenti e geniali. In fondo al percorso dell’Arsenale, invece, è impossibile non lasciarsi affascinare dall’opera poetica dell’artista islandese Ragnar Kjartansson: 5 musicisti suonano le musiche di Kiartan Sveivsson su una barca che entra e esce a orari prestabiliti dai bacini delle Gaggiandre.

Adele Maria Costantini è giornalista radiofonica. Le sue radici sono ben radicate nella terra che fu di Cecco d’Ascoli. Si sposta a Roma per laurearsi e per amore del teatro. Insegna semiotica allo IED. Poi l’arrivo a Milano dove collabora con Studio Azzurro e la Triennale. Oggi lavora come giornalista professionista nella redazione di Radio Montecarlo, Virgin radio e 105. È affascinata dalla radio perché, senza l’aiuto delle immagini, riesce a trasmettere un’emozione. Come un’opera d’arte o uno spettacolo teatrale vissuti a occhi chiusi.

Una tua battuta o un commento generale, libero sul “rito Biennale”? La Biennale è un rito che non passa mai di moda. Che sia più riuscita o meno – e ognuno ha le sue idee – è un rito che comunque deve compiersi.

Cosa ti ha colpito di più? Sicuramente le due sale dell’Arsenale curate da Cindy Sherman. La fotografa americana porta a Venezia una parte della sua collezione di album fotografici, mescolandola ai lavori di una trentina di artisti, in uno spazio immaginario e intimo. Quali sono le tue preferenze rispetto ai Padiglioni Nazionali? Di grande effetto il Padiglione del Cile, con il plastico di Alfredo Jaar in cui i giardini della Biennale affondano per poi riemergere: una critica all’arte ma anche un augurio di rinascita. Poi il Padiglione Russia, che rievoca il mito di Danae. All’interno, ancora una volta, siamo noi donne a essere tentate da una pioggia di monete d’oro: il potere che corrompe. Uscendo, ci dicono che possiamo decidere se portare via

Alfredo Jaar, Venezia, Venezia, 2013, Padiglione del Cile 55. Esposizione Internazionale La Biennale di Venezia, metal pool, 1:60 resin model of Giardini, hydraulic system cm 100x500x500. Foto: Agostino Osio

106


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/incontri-in-biennale-4-luciano-bobba/

Maratona Biennale

Incontri in Biennale #4: Luciano Bobba Intervista a LUCIANO BOBBA di Matteo Galbiati

Arrivando in fondamenta dell’Arsenale, sulla strada che porta ai Giardini nei pressi del Museo Storico Navale, dopo esserci allontanati dal flusso telecomandato di artisti, turisti e veneziani (forse davvero pochi!), ci imbattiamo in Luciano Bobba – art-director, artista e fotografo – in compagnia della moglie Mariateresa Cerretelli (anche lei eccellente e sensibile giornalista e critica). Lì ci siamo concessi una pausa per riordinare e condividere idee e pensieri. Affidiamo ora anche a Luciano le domande sulla Biennale per la quarta serie di risposte: Cosa pensi del Palazzo Enciclopedico? Che idea ti sei fatto del progetto di Massimiliano Gioni? Voglio risponderti con le stesse parole di Gioni perché, dopo avere visto la Biennale, credo di condividere in linea di massima il suo concetto. “Spesso ci si aspetta che le Biennali di tutto il mondo, non solo quella di Venezia, ogni due anni presentino una ricognizione internazionale del “meglio” – o supposto tale – dell’arte contemporanea, un’istantanea dello stato dell’arte, una specie di “hit parade” degli artisti più in voga. Da addetto ai lavori conosco molto bene quella specie di feticismo che si scatena nei mesi prima dell’opening intorno alla lista degli artisti invitati, come se leggere in anticipo un elenco di nomi corrispondesse a sapere già come sarà la mostra fatta e finita. In questo modo si perdono però di vista le motivazioni più profonde di rassegne simili, che non sono fiere d’arte e che hanno invece una forte vocazione scientifica, di ricerca. Le Biennali non sono necessariamente lo specchio della contemporaneità, ma sono invece formidabili strumenti per riflettere sulla contemporaneità e possibilmente capire qualcosa in più attraverso il lavoro degli artisti, che dovrebbe aiutarci a porci domande non scontate. Con Il Palazzo Enciclopedico ho cercato di fare questo, di recuperare una vocazione e una visione più storica – presente in maniera molto forte nella Biennale di Venezia fin dalle sue prime edizioni – mischiando le carte in tavola, accostando artisti più giovani ad artisti defunti, opere d’arte vere e proprie a oggetti di provenienze diverse, maestri della storia dell’arte a outsider e autodidatti, ragionando sulla costruzione di un pensiero e non solo sui nomi degli artisti da invitare”

Che interpretazione ne dai? È un’edizione curata, attenta, vista con gli occhi di un curatore giovane che ha saputo condurre lo spettatore attraverso i diversi messaggi che l’arte vuole comunicare. Cosa ti ha colpito di più? Tanta progettualità anche da artisti poco conosciuti… Da non perdere la performance dall’artista e musicista islandese Ragnar Kjartansson. Quali sono le tue preferenze rispetto ai Padiglioni Nazionali? Il Belgio con lavoro di Berlinde De Bruyckere. Il Padiglione dell’Indonesia e in particolare l’artista Entang Wiharso, le sculture di Wim Botha nel Padiglione sudafricano. La valenza artistica e simbolica di Jeremy Deller al Padiglione della Gran Bretagna. Richard Mosse nel Padiglione irlandese e l’artista neozelandese Bill Culbert. Tra gli eventi collaterali cosa pensi sia rilevante e vuoi suggerire? Ai Weiwei con S.A.C.R.E.D. alla Chiesa di Sant’Antonin; Marc Quinn alla Fondazione Giorgio Cini; Materia Prima a Punta della Dogana, Tony Oursler al nuovo Espace Culturel Louis Vuitton. Che artista segnali? Sicuramente quelli citati in precedenza, ma in generale sono tutti di buon livello. Una tua battuta o un commento generale, libero sul “rito Biennale”? Ci sono Biennali intriganti e meno intriganti, tutto a mio parere è soggettivo. Ogni edizione porta a discutere su cosa si è fatto e su cosa si poteva fare, su quali artisti invitare e quali non, ma l’importante è che l’arte proposta ci faccia sognare e riflettere sul passato, sul presente e sul futuro.

107

Luciano Bobba Sono nato a Casale Monferrato nel 1957. Dalla fine degli anni ‘80 la mia ricerca artistica sperimenta varie forme espressive, dalla fotografia tradizionale a quella digitale, dalla videoarte alla pittura. Il punto di partenza è il 1986 quando mi sono trasferito a Los Angeles per frequentare la Otis Parsons School of Visual Art e la West Coast University per i corsi di computer grafica e animazione. In quel periodo ho collaborato con il MOCA (Museum of Contemporary Art) di Los Angeles come grafico e fotografo. Il 1989 segna il mio ritorno in Italia e l’inizio del mio lavoro per l’Editoriale Giorgio Mondadori-Cairo Editore di Milano, dove tuttora svolgo l’attività di Art Director per il mensile In Viaggio. I miei lavori artistici sono stati presentati in mostre personali e collettive. www.lucianobobba.com

Da sinistra: Ragnar Kjartansson, S.S. Hangover, 2013, Performance 55. Esposizione Internazionale d’Arte, Il Palazzo Enciclopedico.Foto: Francesco Galli. Courtesy La Biennale di Venezia Entang Wiharso, Padiglione Indonesia, Il Palazzo Enciclopedico, 55. Biennale Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, 2013


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/incontri-in-biennale-3-adele-maria-costantini/

Maratona Biennale

Incontri in Biennale #5: Nicoletta Pallini Clemente Intervista a NICOLETTA PALLINI CLEMENTE di Matteo Galbiati

Su un vaporetto in direzione Arsenale abbiamo incontrato, la giornalista, critica e curatrice Nicoletta Pallini Clemente, persona davvero speciale, acuta e stimolante, che, senza perdere il sorriso, riesce a guardare con battuta veloce nel profondo delle cose e, per questo, gli scambi con lei sono sempre occasioni di grande arricchimento. Durante la navigazione in laguna ci siamo concessi una delle nostre solite chiacchierate che finiscono col dilagare su ogni fronte dell’arte, della cultura e non solo. Anche a lei proponiamo le domande sulla Biennale di Massimiliano Gioni: Cosa pensi del Palazzo enciclopedico? Che idea ti sei fatta del progetto di Massimiliano Gioni? Questa edizione mi è piaciuta davvero molto e mi ha fatto dimenticare, per fortuna, le delusioni degli anni passati. È un progetto che ho trovato in linea con il momento storico attuale in cui si avverte in modo tangibile l’esigenza di un’attenzione verso valori più profondi come quelli della ricerca interiore, della spiritualità, dell’introspezione… Che interpretazione ne dai? È una Biennale che invita a riflettere sul potere dell’immaginazione in tutte le sue forme e declinazioni, una Biennale affascinante che fa venire voglia di tornare a rivederla almeno un’altra volta. Cosa ti ha colpito di più?

Guardando a tutte le proposte e le presenze credo che emerga evidente la non distinzione fra gli artisti professionisti, i dilettanti e i protagonisti dell’Art Brut. Mi colpisce l’attenzione al sogno e alla visione come parte imprescindibile di qualunque percorso creativo. Quali sono le tue preferenze rispetto ai Padiglioni Nazionali? Guardando alle partecipazioni nazionali ho molto apprezzato l’intervento di Berlinde De Bruyckere nel Padiglione del Belgio poi, in quello della Santa Sede alla sua prima presenza in Biennale con un suo padiglione, il superbo lavoro di Lawrence Carroll. Mi ha molto colpita anche il video dell’artista indiana Dayanita Singh. Tra gli eventi collaterali cosa pensi sia rilevante e vuoi suggerire? Senz’altro la mostra della collezione del pittore Tàpies a Palazzo Fortuny, anche se non è un evento collaterale ufficiale ma fa parte della ricca proposta del MUVE. Che artista segnali? In modo particolare l’albanese Anri Sala e l’ungherese Zsolt Asztalos. Ma ce ne sarebbero tanti altri…

Nicoletta Pallini Clemente Mi occupo d’arte da molti anni all’inizio come giornalista per vari periodici e da 15 anni soprattutto come curatrice indipendente. E’ un lavoro che mi appassiona molto in particolare quando riesco a trovare lo spazio adatto all’intervento dell’artista. Come è successo di recente con David Tremlett e Mark Lewis al Forte di Bard e con Marco Bagnoli al Planetario di Milano. Ogni progetto che propongo è un po’ una sfida e lo è ancora di più in un momento come quello attuale. Ma sono fiduciosa.

Una tua battuta o un commento generale, libero sul “rito Biennale”? È un rito al quale mi sembra ormai impossibile sfuggire.

Padiglione Santa Sete, In Principio, Lawrence Carroll Untitled, 2012 1-2 particolari dell’installazione 55. Esposizione Internazionale d’Arte, Il Palazzo Enciclopedico, la Biennale di Venezia 55th International Art Exhibition, Il Palazzo Enciclopedico, la Biennale di Venezia. Foto: Italo Rondinella. Courtesy la Biennale di Venezia 108


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/incontri-in-biennale-6-chiara-gatti/

Maratona Biennale

Incontri in Biennale #6: Chiara Gatti Intervista a CHIARA GATTI di Matteo Galbiati

Sempre all’Arsenale, luogo di numerosi incontri, dopo aver visitato l’intrigante Padiglione della Santa Sede, incontriamo Chiara Gatti, dinamica e vulcanica critica e storica dell’arte, voce critica del quotidiano La Repubblica per le pagine milanesi. Con Chiara, forti di un legame d’amicizia rinsaldato nel corso degli anni, condividiamo alcune battute veloci su quanto visto e su quanto ci ha maggiormente colpito… Ritornano anche per lei le domande sulla Biennale: Cosa pensi del Palazzo enciclopedico? Che idea ti sei fatta del progetto di Massimiliano Gioni? Gioni è, come sempre, abbastanza geniale. L’intuizione di concepire il percorso come un viaggio a ritroso nel sapere umano raccolto in una sorta di palazzo ideale, ha qualcosa di calviniano. Del genere “castello dei destini incrociati” per intenderci, mescolato però a certe visioni fantascientifiche, un po’ alla Kubrick. Fluttuando fra le stanze, le opere e le storie si combinano ogni volta in modo diverso. Un bel modo per raccontare l’arte come moltiplicazione attuale delle tendenze. Che interpretazione ne dai? Come un nostalgico ritorno al futuro. Il taglio antropologico, lo sguardo al passato, alle origini, alle tradizioni, alla natura primigenia e poi, improvvisamente il salto nell’attualità, è spiazzante, ma è lo specchio di come vanno le cose. Cosa ti ha colpito di più? La presenza di molta scultura, a partire da Cuoghi. Così imponente e così vulnerabile allo stesso tempo. Un messaggio da lontano, proprio come il monolite nero di Odissea nello spazio, appunto. Il Palazzo del sapere non poteva

che aprirsi con una pietra monumentale. Una stele della saggezza. Più deludente l’intervento di Ai Weiwei nella Chiesa di Sant’Antonin. Il messaggio forte, il fatto reale, si perde in un compiacimento tecnico, un virtuosismo freddo, una casa delle bambole dove succedono cose tremende, ma la sensazione è che sia solo plastilina. Peccato. Quali sono le tue preferenze rispetto ai Padiglioni Nazionali? Certamente quello vincitore dell’Angola. A parte gli scatti di Edson Chagas, la sede di Palazzo Cini è una meraviglia. Le foto, minimali ma intense, sono disseminate fra broccati, arredi d’altra epoca e decine di fondi oro. Solo all’ingresso si incontrano un Beato Angelico e un Piero della Francesca che si mangiano tutta la Biennale. Tra gli eventi collaterali cosa pensi sia rilevante e vuoi suggerire? La mostra di Anthony Caro al Museo Correr. È il padre putativo di tutta la scultura contemporanea. Impossibile dimenticarlo. Che artista segnali? Pedro Costa nel padiglione di Cuba. Mi ha ipnotizzata. I suoi video-ritratti dal movimento impercettibile sembrano la trasposizione odierna di quelli di Rembrandt o Vermeer. Ti fissano e ti straziano.

Chiara Gatti Storica e critica dell’arte, scrive per le pagine di cultura milanese del quotidiano La Repubblica, collabora con la direzione del Museo d’arte di Mendrisio, in Svizzera. Specialista di grafica moderna e contemporanea, ha curato mostre monografiche e tematiche per istituzioni come La Permanente di Milano, la Fondazione Stelline di Milano, Villa Panza di Varese, il Vittoriano di Roma, lo Spazio Transiti di Ferragamo a Grosseto, il Museo d’Arte di Lugano, il Museo di Mendrisio, la Pinacotheque di Parigi oltre ad altri spazi pubblici e privati italiani e stranieri. Recenti sono l’antologica di Leone Lodi per le sale Civiche di Soresina, la mostra Giacometti e gli etruschi per la Pianocotheque di Parigi in collaborazione con la Fondation Maeght oltre all’intervento di Mimmo Paladino per l’antica chiesa di San Barnaba in Bondo in Trentino, allestito fino al prossimo autunno.

Una tua battuta o un commento generale, libero sul “rito Biennale”? Il rito vince un po’ sulla riflessione. È una bella giostra, quando scendi ti gira la testa e tutte le immagini vanno insieme. L’importante è che qualcosa resti. Come in tutte le cose, è una selezione naturale. Ai posteri l’ardua sentenza.

Da sinistra: Anthony Caro, Garland, 1970, acciaio dipinto, 140x429,5x376 cm, Museo Correr, Venezia (1 giugno - 24 ottobre 2013). Museum of Fine Arts, Boston © Barford Sculptures Ltd. Foto: Mike Bruce. Courtesy Gagosian Gallery Roberto Cuoghi, Belinda, 2013, 55. Esposizione Internazionale d’Arte, Il Palazzo Enciclopedico, la Biennale di Venezia. Foto: Francesco Galli. Courtesy la Biennale di Venezia 109


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/incontri-in-biennale-7-rosalia-pasqualino-di-marineo/

Maratona Biennale

Incontri in Biennale #7: Rosalia Pasqualino di Marineo Intervista a ROSALIA PASQUALINO DI MARINEO di Matteo Galbiati Davanti all’ingresso dell’intrigante Padiglione delle Bahamas, sotto una fitta pioggia, abbiamo incontrato Rosalia Pasqualino di Marineo, curatrice della Fondazione Piero Manzoni, con la quale, condividendo il precario riparo di un ombrellino pieghevole, ci fermiamo in lunghi saluti finché decidiamo di trasferire il nostro dialogo sulla Biennale appena aperta, al riparo, dentro al padiglione dello stato caraibico di cui rimaniamo, per altro, tutti incuriositi… Ritornano le domande sulla 55. Biennale anche per la giovane curatrice: Cosa pensi del Palazzo enciclopedico? Che idea ti sei fatta del progetto di Massimiliano Gioni? Ho visto tantissime cose e persone nei pochi giorni dell’inaugurazione e quindi il mio parere è davvero molto superficiale. Mi è sembrata una Biennale molto ordinata e “chiara”, dove percepisci bene la linea curatoriale, lo svolgimento del tema. Non sono sempre di mio gusto tutte le scelte attuate, ma resta evidente la linea tracciata da Gioni. E questo lo trovo un grande pregio. Che interpretazione ne dai? Non credo di poter esprimere un giudizio di questo tipo! Preferisco lasciare ai critici e agli storici le interpretazioni… Cosa ti ha colpito di più? Mi sembra che sia sempre più grande la Biennale: sempre più padiglioni all’Arsenale e in

città, sempre più eventi espositivi ovunque. Va bene che cresca, ma vedere tutto richiederebbe almeno 15 giorni con ritmo decisamente sostenuto… Impossibile!

se da qualche parte una parentesi di omaggio all’artista ce l’avrei fatta stare, mentre né Biennale né MUVE se ne sono preoccupati… Chissà, magari per il centenario…

Quali sono le tue preferenze rispetto ai Padiglioni Nazionali? Moltissime code… e quindi ne ho visti pochi. Ho un ricordo positivo del Padiglione francese e anche della Santa Sede. Interessante anche il progetto dell’Azerbaijan.

Una tua battuta o un commento generale, libero sul “rito Biennale”? Occasione di incontro, scambio e confronto importante ed internazionale tra gli addetti ai lavori, con l’accattivante contorno di cocktail, cene e… le adorabili borsette di tela dei padiglioni!

Tra gli eventi collaterali cosa pensi sia rilevante e vuoi suggerire? Rilevante la mostra alla Fondazione Prada di Ca’ Corner della Regina, When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013, anche se forse non immediata da capire. Piccolo ma ben equilibrato, a Ca’ Rezzonico, il progetto A VERY LIGHT ART (Mario Airò, Stefano Arienti, Cerith Wyn Evans, Flavio Favelli, Luigi Ontani, Gabriel Orozco, Heimo Zobernig), a cura di Cornelia Lauf. Anche Caro si vede con piacere (anche se non so perché ti proibiscono di fare le fotografie!). Che artista segnali? Al momento non ho un nome che mi abbia colpito particolarmente. Due mancanze: mi è stata fatta notare l’assenza di Claudio Costa, il cui lavoro sarebbe stato perfetto nel Palazzo Enciclopedico. Poi, non per tirar l’acqua al mio mulino, ma quest’anno cade il cinquantesimo anniversario della morte di Piero Manzoni. For-

Veduta dell’installazione “When Attitudes Become Form”, Kunsthalle Bern. Claes Oldenburg, From left to right Model (Ghost) Medicine Cabinet, 1966; Street Head II (Pear), 1960 and Pants Pocket with Pocket Objects, 1963. Foto: Siegfried Kuhn © StAAG / RBA 110

Rosalia Pasqualino di Marineo Nasco tra tele bianche e linee, e cresco ascoltando racconti e aneddoti e respirando aria “manzoniana”. Ormai grande, nel 1995 entro nell’Archivio Opera Piero Manzoni e collaboro alla redazione del Catalogo Generale di Piero Manzoni, curato da Germano Celant ed edito nel 2004. Promuovo la trasformazione del 2009 in Fondazione Piero Manzoni, di cui divento curatrice, sotto l’attento occhio di Elena e Giuseppe Manzoni di Chiosca, fratelli dell’artista. Sono quindi parte attiva nei progetti recenti, passati e futuri legati a Piero Manzoni, come la mostra (e il libro) Piero Manzoni: Azimut, alla Gagosian Gallery di Londra del 2011, la mostra a Francoforte in corso fino a settembre o la nuova collana di Quaderni della Fondazione, in collaborazione con Electa e il film documentario su Manzoni, diretto da Andrea Bettinetti, di prossima uscita. Vivo a Milano, città che amo molto, proprio come Piero Manzoni…


MARATONA BIENNALE 2013

# the end


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/vieni-vieni-in-citta-che-stai-a-fare-in-campagna/

Arte > Mostre

Vieni, Vieni in città (che stai a fare in campagna?) TORINO | Riccardo Costantini Contemporary | 20 giugno – 14 settembre 2013 di FRANCESCA DI GIORGIO

Il viaggio come processo cognitivo può essere esperienza nota ma è interessante osservare come da simbolo di mobilità ed evasione, fisica e mentale, sia un modo di riflettere sul suo opposto. Restare. Nell’accezione più positiva e cosciente, restare come esserci. Ed e così che la mostra di Maria Cristina Strati per Riccardo Costantini Contemporary di Torino muove i primi passi dal concetto di cittadino, colui che non sempre ricorda di esserlo e nemmeno ne vanta la condizione come status sociale: portatore di diritti e doveri di cui andare fiero. «Nell’antichità essere cittadino romano significava godere di diritti particolari, costituiva un vero e proprio status sociale. Ad esempio, secondo gli Atti degli Apostoli, quando Paolo di Tarso è catturato, all’epoca delle persecuzioni contro i cristiani, si salva dichiarando il suo essere cittadino romano “di nascita”. Ai tempi

della Rivoluzione Francese invece il cittadino, il citoyen, era portatore dei diritti di libertà e uguaglianza sanciti dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789); e il documento del 1789 divenne la base della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dalle Nazioni Unite nel 1948». Insieme a queste connotazioni giustamente politiche (polis=città) se ne aggiunge una più “lieve” ma altrettanto profonda. Il linguaggio fotografico è, ancora oggi, il mezzo che simpatizza con il contesto urbano e ci riesce con successo in svariati modi, sia che si vestano i panni di un viaggiatore consapevole sia quelli di un flâneur di benjaminiana memoria: perdersi significa ritrovarsi, a volte, ma soprattutto transitare… In questo viaggio, vicino al pensiero della curatrice, il migliore cantautorato italiano: vedi De Gregori e il parallelismo tra lo sguardo “riflessi-

vo” di Benjamin e quello da “nevrotico” cittadino di Gaber (il titolo della mostra non a caso cita il testo di una sua canzone del 1969). Questo gioco di rimandi è condiviso pienamente dagli artisti. Le Immagini di città di Daniele, Fanuli, Maggini, Mollica, Van Roy e Zangarini sono, di fatto, lo specchio di un tempo che non restituisce un’immagine ordinaria ed univoca. Dagli anni ’90 la fotografia (e anche al video) rappresentano un mezzo per narrare microstorie, la fine delle “grandi narrazioni” di Lyotard, visioni interiori, molteplici e frammentarie. L’uomo e la città dialogano su un piano privato, che non sempre trova riscontro e presenza diretta. L’uomo e l’architettura cercano un contatto che spesso è tradotto in un’assenza che non è mai un “vuoto” ma accenno/segno lontano dai canoni della rappresentazione (Piero Mollica, Patrick Van Roy), visione/fusione tra spazio e individuo (Gianpiero Fanuli, Pierpaolo Maggini), coincidenza/disuguaglianza tra identità e vissuto, esteriore ed interiore (Mario Daniele, Silvio Zangarini). Com’è bella la città, d’estate, in bilico tra presenza e assenza. Vieni, Vieni in città (che stai a fare in campagna?) a cura di Maria Cristina Strati Artisti: Mario Daniele, Gianpiero Fanuli, Pierpaolo Maggini, Piero Mollica, Patrick Van Roy, Silvio Zangarini 20 giugno – 14 settembre 2013 (chiuso in agosto) Riccardo Costantini Contemporary Via della Rocca 6/b, Torino Orari: da martedì a sabato ore 11.00 – 19.00 (Lunedì e domenica chiuso) Info: +39 011 8141099 +39 348 6703677 riccardocostantini65@gmail.com

Gianpiero Fanuli, Perugia - Italy, 2005, cm 58x60, stampa lambda fra allum. e plexi. Courtesy Riccardo Costantini Contemporary, Torino 112


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/sponge-living-space-nel-segno-del-numero-perfetto/

Arte > Mostre

Sponge Living Space nel segno del “numero perfetto” PERGOLA (PU) | Sponge Living Space | 13 luglio – 15 settembre 2013 di MATTEO GALBIATI

Casa Sponge, Pergola (PU). Foto: Cristian Iotti

Seguendo il motto “La libertà è una forma di disciplina” prosegue con Perfect Number – 9 strutture indipendenti, 9 stanze, 9 project rooms l’attività estiva della dinamica home gallery Sponge Living Space, realtà sempre fresca e propositiva che negli anni ci ha abituato ad una seria programmazione di mostre ed eventi particolarmente attenti alla sperimentazione dei linguaggi più attuali. Casa Sponge, infatti, sostiene da sempre i linguaggi dei nuovi talenti e dei giovani, confermandosi significativo luogo di transito, dialogo e ricerca sull’arte dei cosiddetti emergenti, espressione e voce della più stretta contemporaneità e attualità artistica e culturale. All’insegna della libertà espressiva delle correlazioni e della versatilità degli spazi e degli ambienti torna, quindi, la quarta edizione di Perfect Number con una significativa variazione… Se nelle precedenti edizioni 9 artisti con 9 curatori hanno lavorato sulle 9 stanze messe a disposizione da Sponge Living Space, lasciando trasparire l’individualità delle singole personalità, in questo caso – pur rimanendo presenti artisti e curatori – ad emergere saranno le filosofie e gli orientamenti di 9 strutture indipendenti, 9 associazioni che operano anch’esse impegnandosi per la promozione e nel sostegno delle ricerche contemporanee.

Frédéric Saia, Forza di Adattamento e Appropriazione

Stravolgendo, ripensando e riflettendo sempre sui luoghi resi aperti dall’associazione marchigiana, il progetto, da questa proposto, resta integro nella sua filosofia di fondo: guardare alla proposta di individuali strategie e scelte di campo che, volute dai partecipanti, nella differenza delle sfumature e dei contenuti, facciano apprezzare tanto la peculiare libertà e individualità dell’orientamento, quanto rendano tangibile e manifesto quel confronto-dialogo indispensabile per far maturare e crescere una coscienza critica e dialettica troppo spesso avulsa, se non completamente aliena, dal dibattito sull’arte di oggi. Largo quindi alle project room indipendenti e pensate per quest’occasione nel rispetto di una comune con-divisione e com-partecipazione. Come annunciato anche Sponge ArteContemporanea occuperà uno spazio tutto suo, staccato e separato, per creare dialogo ma non interferenze. Si collocherà simbolicamente nel giardino, la decima stanza. Perché aprendo la porta della sede, esce per incontrare e accogliere chi arriva.

Cavallarin, Flavia Fiocchi, Francesca Maria Forte, collettivo/sguardo contemporaneo, Roberta Ridolfi, Viviana Siviero

Perfect Number. 9 strutture indipendenti, 9 stanze, 9 project rooms. IV edizione a cura di: Associazione 22:37 (intervento critico di Zara Audiello), Milena Becci, Annalisa Bergo, Nila Shbnam Bonetti, Martina

Orario: su appuntamento

113

Artisti: Marco Bernardi, Roberto Paci Dalò, Maria Grazia Galesi, Laura Giovannardi, Silvia Mariotti, Gianni Moretti, Sebastiano Mortellaro, Fabio Melosu, Angelo Petronella, Frédéric Saia , Douglas Scholes, Ivana Spinelli, Sasha Vinci, Rita Vitali Rosati, Lorenzo Zavatta Associazioni: 22:37, Barcellona-BelgradoBerlino; BOCS, Catania; Clang/Passo, Scicli (RG); Laboratorio Alchemico, Milano; Lem, Sassari; CRAC, Cremona; scatolabianca, Milano; sguardo contemporaneo, Roma; Rad’Art Project/artéco, Mercato Saraceno (FC) 13 luglio – 15 settembre 2013 Sponge Living Space via Mezzanotte 84, Pergola (PU)

Info: +39 339 4918011 spongecomunicazione@gmail.com www.spongeartecontemporanea.net


Espoarte Digital

www.espoarte.net

Fotografia

Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/ri-incontrarsi-ad-arles-estate-in-fotografia/

Ri-incontrarsi ad Arles… estate in fotografia ARLES (Francia) | sedi varie | 1 luglio – 22 settembre 2013 di DANIELA TRINCIA

Sicuramente Gli incontri di fotografia di Arles arricchiscono e confermano la lunga tradizione, la vitalità e l’attenzione a questa tecnica da parte della Francia. Perché il livello della manifestazione per artisti coinvolti, organizzazione, allestimenti delle mostre e il consistente e curato programma ricco di workshop, conferenze e dibattiti, riprovano la grande vitalità del Paese che, infatti, vanta alcune tra le più prestigiose manifestazioni dedicate alla fotografia. Les rencontres, arrivati alla 44. edizione, dal 1970 rafforzano questa lunga e fiorente storia.

anni ’90, ha preso questa tecnica. L’imporsi, cioè, del colore che è andato a soppiantare il bianco e nero che, fino allora, era stato ritenuto l’essenza della fotografia d’arte, con la sua quasi definitiva scomparsa negli anni Duemila. Volendo quindi verificare che ruolo occupa oggi il bianco e nero, si può dire che il curatore, nelle circa cinquanta mostre monografiche, abbia condotto una sorta di monitoraggio, testandone lo “stato di salute” analizzando tantissimi tipi di fotografia (da quella d’arte al reportage), con non poche sorprese.

Disseminati in poco più di venti sedi dislocate in tutta la città, il cuore è concentrato nell’ex centrale elettrica: quattro grandissimi capannoni industriali recuperati e finemente allestiti per accogliere le mostre dei differenti fotografi rappresentanti dei diversi paesi ospitati. Ideati da Jean-Maurice Rouquette, Michel Tournier, Maryse Cordesse e Lucien Clergue, ogni estate Gli incontri richiamano fotografi professionisti e amatori da tutto il mondo.

Nonostante “il mondo è a colori” come amava sostenere il nostro Luigi Ghirri, il bianco e nero conserva tuttavia quelle peculiarità di sintesi e concentrazione e quell’alone di nostalgia; forse per questo tuttora è largamente utilizzato da numerosi fotografi, come sigla stilistica, per taluni, come strumento principe per tracciare risvolti intimi e psicologici, per altri. Tra questi emerge, per la mole degli scatti esposti e per i temi e l’articolazione, la prima grande retrospettiva europea su Gordon Parks (1912-2006), proposta da FORMA di Milano, in collaborazione con la Gordon Parks Foundation di New York, con la curatela di Alessandra Mauro, presentata al Magazzino Elettrico. Da quando nel 1938 Gordon Parks acquistò la sua prima macchina

Edizione, quella di quest’anno, per la quale il curatore François Hébel ha scelto di “vestire di nero” la città, ha cioè selezionato fotografi e lavori esclusivamente in bianco e nero, per contrastare quella rotta che, a partire dagli

fotografica, ha fatto delle cose straordinarie. È stato il primo nero entrato nella Farm Security Administration istituito da Roosvelt nel 1937 per documentare la depressione nelle zone rurali del Paese; il primo nero a entrare nel 1948 nella redazione di LIFE, raccontando con i suoi reportage la faccia nascosta degli Stati Uniti, quella della povertà, della violenza, della segregazione; il primo nero che ha testimoniato i nuovi movimenti a favore dei diritti degli afroamericani guidati da Martin Luther King e Malcom X; il primo regista nero di Hollywood, realizzando nel 1969 per la Warner Bros The Tree Learning-Ragazzo la tua pelle scotta e nel 1971 Shaft il detective, uno dei primi film della blaxploitation (fusione delle due parole inglesi black-nero ed exploitation-sfruttamento), cui lo stesso Quentin Tarantino nel suo Django rende omaggio. Il fotografo che ha raccontato il mondo della box col suo memorabile reportage su Mohammed Alì ma anche il patinato universo della moda. Les rencontres d’Arles photographie_Arles in black a cura di François Hébel 1 luglio – 22 settembre 2013 Arles – sedi varie Orari: tutti i giorni 10.00 – 19.00 Info: www.rencontres-arles.com LA MOSTRA: Gordon Parks (1912-2006). AN AMERICAN STORY a cura di Alessandra Mauro una mostra di Forma, Milano, in collaborazione con Gordon Parks Foundation, New York Magasin Électrique parc des Ateliers, Arles Orari: 10.00 – 19.30

Gordon Parks, L’uomo invisibile, Harlem, New York, 1952 © Gordon Parks Foundation 114


Espoarte Digital

Arte > Mostre

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/la-dove-c%E2%80%99e-o-non-c%E2%80%99e-la-scrittura-il-libro-d%E2%80%99artista-si-racconta/

Là dove c’è (o non c’è) la scrittura: il libro d’artista si racconta MILANO | Libreria-Galleria d’arte Derbylius | 27 giugno – 28 settembre 2013 di MATTEO GALBIATI

Dieci anni fa Carla Roncato avviava una serie di mostre che, periodicamente, ponevano la propria attenzione su quegli artisti che hanno orientato il loro pensiero su un uso non convenzionale della parola e, nello specifico, della parola scritta. Una serie fortunata di esposizioni che torna nuovamente in questa ottava edizione di “Leggere/non leggere”…: Libro d’artista e oltre con una selezione di personalità di tutto rispetto. Quello intrapreso dalla gallerista milanese è un avvincente viaggio che, edizione dopo edizione, ha saputo analizzare con raffinata qualità la scrittura che diventa opera d’arte, guardando alla sua progressiva e variegata dismissione dalla consueta ed immediata decifrabilità di codice comunicativo. I codici degli artisti si vestono, infatti, di altre forme, re-inventando e ri-definendo l’espressione comunicativa dello scrivere in quei territori che si pongono ai suoi confini ultimi, alle zone estreme dell’immaginazione poetica. Una passione per questo ricco “genere artistico” che si racchiude e si decifra da sempre nel mondo della galleria di Carla Roncato: lo si legge in ogni mostra, negli artisti che passano dalle sue sale, dei critici che si accostano al suo lavoro, dei progetti culturali e dalla dinamica ricchezza degli incontri che qui avvengono… Questa mostra ripropone quindi, ancora, una riflessione sulla parola che si fa immagine, sulla parola resa oggetto nella caratterizzazione attuata da quegli artisti che hanno scelto questo “strumento particolare” per esprimere la propria ricerca. La scrittura si declina con sfumature ed interventi di livello differente tanto nella concezione e strutturazione, quanto negli esiti finali. Si scoprono alfabeti inediti, forme inattese che si addensano in immagini che spaziano tra aree semantiche diverse. In mostra, oltre alla parte storica con nomi prestigiosi, le opere relative alle ultime esperienze della galleria e le belle Edizioni di Derbylius, ritroviamo anche un’importante sezione dedicata ad Arturo Schwarz di cui si presentano circa 50 edizioni che guardano alla sua figura di scrittore e poeta, con esempi di testi tratti dalla collana Il segno e la parola (1956) fino al libro d’artista Una poesia per ogni giorno della settimana di Linda (edito da Mudima cui si aggiungono cinque incisioni e due disegni di Giovanni Bonaldi).

Una rassegna che nelle sue otto edizioni non ha ovviamente mancato di riflettere non solo sulle ipotesi linguistiche di un uso scritturale – e non – del “segno” degli artisti, ma che ha celebrato anche il libro d’artista, oggetto il cui affascinante e particolare valore di “opera” deve essere ancora pienamente scoperto. Da Derbylius guardiamo alla sparizione della parola che si fa materia e diventa cosa, assistiamo alla palesazione fisica e corporea del discorso; vediamo la decifrazione della comunicazione perdere la sua logicità ovvia, ammiriamo il libro che rinuncia alla propria organicità… Eppure qui non smentiamo di incontrare tanta poesia, cosa che davvero in queste mostre non manca mai. “Leggere/non leggere”…: Libro d’artista e oltre. VIII edizione. Dal concetto all’immagine: tra segno, grafica e scrittura Artisti: Vincenzo Agnetti, Gianni Bertini, George Brecht, Antonio Calderara, Ugo Carrega, Luciano Caruso, Vincenzo Ferrari, Lucio Fontana, Ugo La Pietra, Enzo Mari, Bruno Munari, Diter Rot e Luigi Veronesi Ultime sperienze della galleria: Kaori Miyayama, Arrigo Lora Totino, Salvatore Carbone, Gianni Emilio Simonetti, Gino Gini, Fernanda Fedi, Enrico Cattaneo, Filippo Michelangelo Edizioni di Derbylius: Irma Blank e Aldo Spinelli Nuove proposte: Paola Fonticoli, Anna Valeria Borsari e Liliana Ebalginelli. 27 giugno – 28 settembre 2013 Libreria-Galleria d’arte Derbylius Via P. Custodi 12, Milano Orari: martedì-sabato 15.00-18.30 o su appuntamento Info: +39 02 39437916 – +39 340 6429760 info@derbylius.it www.derbylius.com

115

“Leggere/non leggere”…: Libro d’artista e oltre. VIII edizione, veduta della mostra, Libreria-Galleria d’arte Derbylius, Milano


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/insieme-siamo-altro-antonio-marras-e-danilo-bucchi-in-mostra-a-spoleto/

Lifestyle > Moda

Insieme siamo altro: Antonio Marras e Danilo Bucchi in mostra a Spoleto SPOLETO (PG) | Palazzo Collicola Arti Visive | 29 giugno – 29 settembre 2013 di SILVIA CASAGRANDE

Insieme siamo altro, o Da cosa nasce cosa avrebbe sentenziato Munari, è il titolo della mostra che consacra l’incontro tra Antonio Marras, lo stilista “intellettuale”, e Danilo Bucchi, l’eclettico artista romano in continua ascesa. Palazzo Collicola, la raccolta d’arte contemporanea di Spoleto, creata dal grande storico e critico d’arte Giovanni Carandente e dal 2010 sapientemente diretta da Gianluca Marziani, diventa spazio di contaminazioni, luogo di inaspettati incontri e di magici intrecci grazie alle opere realizzate a quattro mani dai due artisti ed esposte nelle sale del Piano Nobile. Passato e presente, vecchio e nuovo, tradizione e modernità, arte e moda si stratificano, si fondono a creare “altro”. Da quando è diventato di “moda” parlare della moda, gli studi riguardo l’annoso problema se la moda sia arte e se, a sua volta, l’arte sia soggetta alla moda sono proliferati finendo spesso con il complicare anziché risolvere i termini della questione. La mostra Insieme siamo altro narra invece altre vicende. Racconta di una visione contemporanea dell’arte che rompe la sintassi della retorica, che compone a colpi di forbice e che trascende gli equilibri codificati per divenire altro. Nelle opere esposte a Palazzo Collicola lo stilista sveste i panni del creatore di moda e trasferisce la sua visione dall’abito al puro segno per tessere nuove trame con il gesto

fluido e pronto all’accoglienza di Bucchi. Le sovrapposizioni, le stratificazioni tipiche dei capi di Antonio Marras diventano qui frammenti di suggestioni, pennellate di colore che riempiono i perimetri neri abbozzati da Bucchi nei suoi disegni dove il bianco – come ricorda lo stesso Marziani curatore della mostra – si trasforma in contenitore germinativo. Le opere di Bucchi sono rotazioni segniche, corpi ibridiche come luoghi di transito attendono di divenire, mentre i lavori di Marras, fatti di rimandi e di associazioni, sono in attesa di qualcuno o di qualcosa che li ultimi e che ne delinei i contorni. Insieme diventano altro. Marras tesse tracce di memoria e riempie di materia i corpi e i volti che Bucchi profila cucendone i bordi dell’interiorità. Nelle opere a quattro mani di Marras e Bucchi, dove la paternità del gesto si perde, non solo il tratto ma anche il flusso interiore dei due artisti si fonde, si completa, si placa come a diventare altro da sé… “insieme siamo altro”.

Piazza Collicola 1, Spoleto (PG) Orari: tutti i giorni 10.30-13.00 e 15.30-19.00; martedì chiuso Ingresso mostra Euro 4,00; ridotto dai 15 ai 25 , oltre 65 anni e gruppi con oltre 15 persone Euro 3,00; dai 7 ai 14 anni Euro 1,50; Residenti: fino 14 anni gratuito, da 15 anni e oltre € 1,50; omaggio fino ai 6 anni Info: +39 074 346434 info@palazzocollicola.it www.palazzocollicola.it

Antonio Marras+Danilo Bucchi. Insieme siamo altro a cura di Gianluca Marziani 29 giugno – 29 settembre 2013 Palazzo Collicola Arti Visive

Antonio Marras+Danilo Bucchi. Insieme siamo altro, veduta della mostra, Palazzo Collicola Arti Visive, Spoleto (PG) 116


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/spazio-transiti-sguardi-sospesi-nel-tempo/

Arte > Mostre

Spazio Transiti… sguardi sospesi nel tempo MARINA DI SCARLINO (GR) | Spazio Transiti | 25 maggio – 10 ottobre 2013 di MATTEO GALBIATI

Arte contemporanea a Marina di Scarlino a cura di Paolo Campiglio con la collaborazione di Chiara Gatti 25 maggio – 10 ottobre 2013 Programma: Wind as energy 27 maggio – 26 giugno 2013 Artisti: Paola Pezzi, Lucia Sammarco, Arcangelo Sassolino e Marc Bowditch La forma del tempo 27 giugno – 26 luglio 2013 Artisti: Elena Modorati e Silvia Camporesi Travelling away 27 luglio 2013 – 27 agosto 2013 Artisti: Velasco Vitali, Nicola Villa, fotografie di Renzo Chiesa e all’esterno installazioni di Daniela Novello Un doppio dialogo al femminile, posto tra due sensibilità affini e, al contempo, distanti, ha contraddistinto il secondo appuntamento della manifestazione Arte contemporanea a Marina di Scarlino, che ha visto protagoniste le artiste Elena Modorati (1969) e Silvia Camporesi (1973). Un confronto complesso quello tra la ricerca fotografica di Camporesi con le delicate ed evanescenti cere di Modorati, che non ha certo mancato di suggestionare, sviluppando forti intrecci e sensibili evocazioni. Il tempo nella sua forma è stato l’elemento centrale di condivisione e di differenziazione tra le due artiste. In loro questo elemento è letto e interpretato sottraendolo alla sua necessaria logica contingente, per renderla ancor più entità in-definitiva. Elena Modorati da tempo raccoglie i suoi pensieri e le sue ipotesi entro tavole e oggetti in cera – materia già evocativa – in cui centrale è il tema della scrittura. Una scrittura che è apparente tentativo di una comunicazione che resta solo ipotesi indecifrabile di una presenza, di una identità, di una storia. La sua registrazione del tempo ne attesta l’impossibile esegesi conclusiva e risolutiva, anche negli ultimi lavori, di sapore archeologico, il tempo si ri-identifica con quello non certo e lento della riscoperta di un mistero per la conoscenza. Silvia Camporesi declina una sperimentazio-

ne autonoma sul linguaggio fotografico e, in questa mostra lo comprendiamo bene, cerca una soluzione formale oltre lo spazio canonico della fotografia. Nelle nuove opere riprende il tema del paesaggio e dell’impossibilità di definirlo entro la superficie chiusa e di finzione della foto. Molte opere sono all’angolo e, con forme a pop-up, generano il desiderio illusorio di aprire l’immagine a nuove visioni. Camporesi mina la certezza dello sguardo, chiarisce il fallimento della ripresa illustrata della natura che si fa vuoto nel reale e la fissa in una fluttuante atemporalità. Questa manifestazione dedicata all’arte contemporanea animerà l’estate del porto di Marina di Scarlino, tra i più rinomati della Maremma Toscana, grazie a Spazio Transiti che, nuovo luogo espositivo nato dall’idea dell’imprenditore fiorentino Leonardo Ferragamo, ospiterà nelle sue sale, antistanti la banchina, il fitto programma di mostre. Avranno un ruolo anche i giardini nei quali si presentano alcune sculture che, nel corso dei mesi, accresceranno il loro numero in concomitanza con le singole mostre, fino a fine ottobre, quando si verrà a comporre un parco di sculture sul mare. Nuovo appuntamento quindi con Travelling away, che inaugura a fine settimana, con gli artisti Velasco Vitali, Nicola Villa, Renzo Chiesa e Daniela Novello.

117

L’ombelico del mondo 28 agosto – 28 settembre 2013 Artisti: Mirco Marchelli, Paolo Canevari e Nanni Valentini On the water 25 maggio – 10 ottobre 2013 Artisti: Patrizia Novello, Gregorio Botta e Daniele Salvalai Spazio Transiti. Arte contemporanea al porto di Marina di Scarlino Località Puntone, Marina di Scarlino (GR) Orario: tutti i giorni 17.00 – 23.00 Info: +39 335 6899931 www.marinadiscarlino.com

In alto: Silvia Camporesi, Sink or float, 2011


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/lirresistibile-fascino-della-nona-arte-a-milano/

Fumetto

L’irresistibile fascino della Nona Arte… a Milano di MATTIA ZAPPILE

Dal Giappone all’America ritrovando la strada per l’Europa, percorso tra le mostre estive milanesi dedicate al mondo del fumetto Tra irriducibili manager allergici all’ozio, segretarie abbracciate ai ventilatori, le macchie grige in espansione delle serrande abbassate e l’asfalto ammorbidito che cede sotto le scarpe, gli spazi del circuito artistico milanese diventano liete isole dove l’occhio e il corpo si ristorano. Tra i principali ospiti, e certo tra i più graditi, il mondo del fumetto si è conquistato un ruolo da protagonista nelle rassegne stagionali meneghine. Da poco terminata, la bella avventura del Manga Festival alla Rotonda della Besana ha portato l’ennesima testimonianza sulla centralità e vitalità della produzione giapponese. Era il 1867 quando, all’Esposizione Internazio-

nale di Parigi, il Giappone mette in mostra e inizia a sedurre il mondo artistico con la propria cultura e iconografia. Si parlerà di japonisme. Un secolo dopo nulla è mutato allorché, nel pieno dell’euforia industriale e artistica della Settima arte, Spielbergh, Coppola e Scorsese eleggono il regista più importante della storia del Sol Levante come loro mentore. “His influence on filmmakers throughout the entire world is so profound as to be almost incomparable.” sottolineò Martin Scorsese a proposito di Akira Kurosawa. Superato il millennio, il fascino e la portata rivoluzionaria dell’immaginario orientale traspare ormai in ogni manifestazione artistica dell’Occidente. Di quell’immaginario, il Manga (letteralmente “immagini stravaganti” o “immagini frivo-

118

Guido Crepax, Valentina. Il triangolo di Crepax 1976 © Archivio Crepax


Espoarte Digital

le”) è forse il più potente e caratteristico medium espressivo. Sintesi, serialità e sperimentazione, lo rendono prodotto globale, incredibilmente metamorfico, pronto a metabolizzare e restituire input e influenze. Ovviamente, anche nella grande sfera di influenza culturale e finanziaria, che ruota attorno al mondo del fumetto, e che comprende cinema, informatica e videogioco, oltre agli interscambi con la pittura e la narrativa, la potenza del mercato e dell’arte americana impone, per gigantismo e qualità, la propria ineluttabile presenza. Le librerie di settore, opportunamente sezionate, dedicano all’una e all’altra delle produzioni nazionali la metà dei loro spazi, con Akira a fronteggiare, senza troppe reverenze, la banda dei Vendicatori. Eppure, con procedimento matematico piuttosto dubbio, il fumetto europeo, italiano e francofono in prima linea, riescono a ritagliarsi uno spazio autonomo, cementato su differenti idee iconografiche e narrative oltre che di marketing e promozione. A Palazzo Reale, a dieci anni dalla morte la retrospettiva Guido Crepax: ritratto di un artista (fino al prossimo 15 settembre) illumina la scena su una strada alternativa tra autorialità e industria, creatività e prodotto, in una atmosfera dove gli squarci della città di Milano sono tutt’uno con l’opera del fumettista. Onnivoro, di spirito versatile e insaziabile, Crepax cerca e trova la sua maniera pittorica mediando tra le fantasie e le suggestioni della passerella, i miti del cinematografo, la maestria compositiva del fotografo cui la sua Valentina fa da alfiere, insomma una variopinta e tipicamente postmoderna rete citazionistica immersa nella cornice degli spazi milanesi cui l’autore rimane per tutta la carriera affascinato cantore. Tra libri consumati e scrittoi, un’intervista alla Lulu che diede il volto a Valentina e seducenti tavole in bianco e nero, immersi tra raffinatissime variazioni su topoi letterari colti e insieme richiami alla cultura popolare, la mostra a Palazzo Reale è un vero e proprio templio dove riscoprire in una luce personale e insieme storica il lavoro del poliedrico artista italiano. Se l’opera di Crepax si fa testimone di una poetica che di fatto accomuna una buona parte della produzione fumettistica europea, segnata da una spiccata vena realistica e una certa attenzione alla cura del dettaglio, nonché da irrefutabili ambizioni autoriali di ricerca artistica, la rassegna Belgio: il regno del fumetto (fino al 6 ottobre) proposta da Wow Spazio Fumetto di Milano mette in mostra una vera e propria scuola nazionale indipendente, fondata su valori e scelte figurative differenti. Sotto l’egidia della cosiddetta “ligne claire” ritroviamo i volti e le storie che hanno accompagnato l’infanzia di un’intera generazione, gareggiando alla pari

www.espoarte.net

con i prodotti giapponesi che in quegli anni invadevano ed entusiasmavano l’Occidente. Tin Tin, Lucky Luke, i Puffi. Sulle pagine delle due storiche riviste “Tin Tin” e “Spirou” prende forma un immaginario figurativo fatto di colori campanati, tratti precisi e continui, una linea chiara appunto, che si rivolge ad un pubblico giovanissimo puntando su una facile leggibilità delle immagini e l’umorismo carico di avventura delle trame. L’idea si dimostra vincente e importata nei confini italiani si concretizza nella nascita del “Corriere dei piccoli”, fortunata testata per ragazzi che ripropone le ambizioni e le scelte linguistiche delle pioniere belghe. Oggi, ecco un vero esempio di valorizzazione del patrimonio culturale, Bruxelles è diventata una città-museo dedicata alla tradizione nazionale del disegno a strisce in un labirinto di murales che qualche appassionato ha già eletto a luogo di pellegrinaggio. Così, se Crepax è riuscito a trasferire la sua Milano nel fumetto, Tin Tin ha saputo trovare la strada per i pavés di Bruxelles.

Milano Manga festival 2013

Mostre in corso: Guido Crepax: ritratto di un artista 20 giugno – 15 settembre 2013 Palazzo Reale, Milano Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30 martedì, mercoledì e venerdì dalle 9.30 alle 19.30 giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30 Ingresso gratuito Info: www.comune.milano.it/palazzoreale www.valentinabyguidocrepax.it Belgio: il regno del fumetto 21 giugno – 6 ottobre 2013 Wow Spazio Fumetto Viale Campania 12, Milano Info: +39 02 49524744 www.museowow.it

119

Belgio: il regno del fumetto. Wow Spazio Fuemtto, Milano 21 giugno - 6 ottobre 2013


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/vezzoli-al-maxxi-uno-e-trino/

Arte > Mostre

Vezzoli al MAXXI… Uno e trino ROMA | MAXXI | 29 maggio – 24 novembre 2013 di DANIELA TRINCIA “Quando si scherza, bisogna essere seri” era solito affermare il caro Alberto Sordi. È con questo spirito di serioso scherzo che Francesco Vezzoli (Brescia, 1971) si presenta alla sua prima antologica italiana. Ed è così che Francesco Vezzoli, oltre a raccontare di se stesso e delle sue ossessioni e passioni, racconta la società contemporanea, con i suoi (tanti) vizi e (poche) virtù; il suo (profondo) degrado e (scarse) capacità di rinascita. Percorrere, quindi, la Galleria Vezzoli (questo il titolo della personale allestita nelle Gallerie 2 e 3 del MAXXI di Roma), equivale a ripercorrere non solo tutta la sua produzione artistica degli ultimi circa vent’anni, dai primi ricami del 1995, ma perfino i cambiamenti sociali dei periodi recenti, soprattutto attraverso le sue faraoniche realizzazioni video, che in alcuni casi hanno addirittura anticipato la realtà (Caligola è emblematico e Comizi di non amore è illuminante).

con disinvoltura e maestria dalla scultura al video, alla fotografia, al ricamo, evidenziandone anche una certa ritualità (come il ricamo o gli stessi autoritratti, in cui magistralmente analizza anche il tema del doppio), in una sapiente fusione della cultura cosiddetta “alta” con quella “popolare”, per denunciare lo scellerato utilizzo dell’arte come forma di intrattenimento, piuttosto che di cultura. Meravigliosa è la sfilza di nove statue di dolcezza canoviana che, come una moderna teoria delle giovani vergini, reggono gli schermi al plasma sui quali sono proiettati altrettanti video, interpretati da famosissime stelle dello spettacolo non solo italiane ma anche hollywoodiane.

Francesco Vezzoli – Galleria Vezzoli a cura di Anna Mattirolo 29 maggio – 24 novembre 2013 MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo – Gallerie 2 e 3 Via Guido Reni 4A, Roma Orari: martedì-mercoledì-giovedì-venerdì-domenica 11-19; sabato 11-22; chiuso lunedì Info: +39 06 3225178 www.fondazionemaxxi.it

Curata da Anna Mattirolo, Galleria Vezzoli è parte del progetto di più ampio respiro The Trinity, ironico titolo col quale l’artista indica le tre distinte personali tra loro correlate che si svolgeranno nel corso del corrente anno oltre che a Roma al MoMA PS1 di New York con The Church of Vezzoli (in autunno) e al MOCA di Los Angeles con Cinema Vezzoli (in autunno/ inverno). E, come in ogni evento mondano, costruito sull’apparenza, fondato sull’esibizionismo, mascherato dal niente, il red carpet guida gli invitati, così la Galleria Vezzoli si ammanta di rosso damascato. Colore che fa risaltare le opere esposte ed evoca la tinta utilizzata dai collezionisti ottocenteschi nelle loro quadrerie dei sontuosi palazzi. Si crea così una sorta di museo nel museo, con un allestimento che piega completamente alle esigenze espositive lo spazio del MAXXI (i cui unici punti deboli sono quelli di passaggio, in altre parole la parte conclusiva della Galleria 2 dove sono stati esposti Untitled, i tre grandi arazzi Gobelin della collezione Pinault, e la Galleria 3 con la rielaborazione di undici locandine cinematografiche), le circa novanta opere consentono di cogliere appieno la complessità del lavoro di Vezzoli. Nella vasta gamma di rimandi alla storia dell’arte (tra cui anche il mostro sacro Duchamp), da cui palesemente attinge a piene mani, egli elabora le tematiche fondamentali della sua ricerca (arte, religione, cinema), muovendosi

Francesco Vezzoli - Galleria Vezzoli, veduta della mostra, MAXXI, Roma ©Musacchio/Ianniello/Napolitano 120


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/mat-collishaw-oltre-il-naturale/

Arte > Mostre

Mat Collishaw: oltre il naturale VERONA | FaMa Gallery | 8 giugno – 28 settembre 2013 di SIMONE REBORA

Il corso della società odierna intride dei suoi più sconvolgenti progressi (e brutture) il cuore profondo della natura umana. E parlare di futuro, significa quindi confrontarsi con prospettive esistenzialistiche e ontologiche, filtrate però da uno sguardo attento all’evoluzione tecnologica, scientifica e culturale. Mat Collishaw, per la seconda volta a Verona da FaMa Gallery, propone una serie di opere recentissime (realizzate tutte tra il 2010 e il 2013), che sintetizzano la sua riflessione su questo doppio canale, senza mai rinunciare a una raffinata ricerca estetica. Preternatural (che potrebbe essere tradotto come “oltre il naturale”) è appunto la constatazione di una bellezza che si nutre di morte e oscurità, consumando dal di dentro una vitalità che straborda oltre i propri limiti. E ciò senza alcun voyeurismo: la bellezza arriva limpida e immediata, e Collishaw indaga piuttosto il suo non reggere sulla distanza, quando l’immagine è gradualmente decifrata dall’occhio della mente. I soggetti scelti sono fiori affetti da pustole sifilitiche (The Venal Muse), giardini incantati che si congelano nella propria impossibile perfezione (The Crystal Gaze No. 5); ma anche insetti spiaccicati che disegnano epici flussi galattici (Insecticide 28), o fiori che bruciano come anime in gotici tabernacoli (Preternaturalia), fino a culminare nel più romantico addio alla vita, nei piccoli fuochi fatui di farfalle (Burning Butterflies) tenui come cerini nel buio, intensi come simboli eterni di consunzione. Collishaw opera sottili manipolazioni digitali su foto realizzate con le tecnologie più avanzate, simula tridimensionalità tramite stampe lenticolari o mette in scena slow motion che hanno tutto il fascino silenzioso di un Bill Viola. In-

dubbiamente a suo agio nella sperimentazione tecnica, è anche abile a non lasciare esaurire l’oggetto alla sua prima impressione. L’insieme delle opere e l’allestimento sono inseriti in una costante penombra, in un’atmosfera caravaggesca diffusa, che ammalia il visitatore e intorpidisce il senso critico. Ma come già sottolineato, è proprio da questo intorpidimento che la graduale consapevolezza scaturisce più limpida e intensa. Come nota Gemma de Cruz

FaMa Gallery Corso Cavour 25-27, Verona 8 giugno – 28 settembre 2013 Orari: 10.00 – 13.00 e 14.30 – 19.30 (chiuso il lunedì e festivi) Info: +39 045 8030985 info@famagallery.com www.famagallery.it

“in Preternatural, come in tutta la sua produzione artistica, Collishaw non cerca di rendere un ideale elusivo in qualcosa di tangibile, bensì cerca di presentare l’inesplicabile paradosso del desiderio umano di ottenere la bellezza impossibile al di là della nostra paura di accettare la realtà”. Mat Collishaw, Preternatural, veduta della mostra, FaMa Gallery, Verona 2013, Courtesy FaMa Gallery

Mat Collishaw. Preternatural

121

In alto: Mat Collishaw, Insecticide 28, 2012, fotografia C-type, cm 177X177


Espoarte Digital

www.espoarte.net Leggi su espoarte.net http://www.espoarte.net/arte/hangarbicocca-la-musica-e-cambiata/

Arte > Mostre

HangarBicocca. La musica è cambiata MILANO | HangarBicocca | settembre 2013 – giugno 2015 di GINEVRA BRIA

2 settembre 2013, Milano. A fine maggio, lo spazio di via Chiese aveva ricevuto circa duecentomila visite, forte di due gemme espositive quali: la membrana di Saraceno (On Space Time Foam) e l’ombrosa, per una prima volta in assoluto meditativa, personale di Kelley (Eternity is a long time). Durante la prima settimana di giugno, mentre le dimissioni dell’Assessore Boeri avevano ormai sancito un futuro ancora più claudicante, per quanto ha riguardato la programmazione autunnale dell’arte Contemporanea a Milano, il board dell’Hangar presentava il suo nuovo Artistic Advisor: Vicente Todolì. Il fitto, scandito programma di mostre, presentato dall’ex direttore della Tate Modern, spalmato nell’arco di quindici mesi (fino ad aprile 2015) e supportato da tre milioni di euro di budget, infine inaugura ufficialmente il 19 settembre. The visitors, installazione di Ragnar Kjartansson (Reykjavík, 1976) dallo Shed dell’Hangar sta per risuonare come una vera e propria dichia-

razione di poetica. L’installazione video, inedita in Italia, unisce musica, arte, cinema e performance, promette di essere uno degli eventi di rilievo nell’ambito del Festival MITO Settembre Musica. L’allestimento di The Visitors in HangarBicocca, proiettato sulla superficie di nove schermi in scala 1:1 rispetto ai video che supporta, è un progetto sonico-visuale già ospitato in istituzioni e gallerie internazionali, quali: Migros Museum für Gegenwartskunst di Zurigo nel 2012, che l’ha prodotto, Galleria Luhring Augustine di New York e TBA21 Thyssen-Bornemisza Art Contemporary di Vienna nel 2013. Ispirata nel titolo e nel tema all’omonimo e ultimo album del gruppo svedese ABBA, The Visitors offre una riflessione intorno al tema della forza e della persistenza dei legami affettivi, della malinconia e del romanticismo tipici della cultura nordica da cui Kjartansson proviene. La musica

122

costituisce, infatti, un elemento fondamentale della sua intera composizione artistica e si trasforma, come lo stesso Kjartansson afferma: in elemento quasi plastico. Composta dall’artista per il poema Feminine Ways dell’ex moglie e performer Asdís Sif Gunnarsdóttir, la colonna sonora alterna sonorità potenti e sommesse. Ma il programma di Todolì prenderà completamente avvio con un percorso composto da numerose tappe, sebbene non prettamente site specific; pietre miliari (per quanto riguarda la storia dell’Hangar) che prevedono l’alternarsi di artisti affermati a giovani nomi del panorama contemporaneo, italiani e non. Il 31 ottobre, infatti, si inaugura Islands, una retrospettiva di Dieter Roth (Hannover, 1930 – Basilea, 1998), che comprende opere installative, dipinti, stampe, video e film realizzati tra gli anni Settanta e Novanta. Il programma espositivo continua nel gennaio 2014 con una personale di Micol


Espoarte Digital

Assaël (Roma, 1979), già conosciuta a livello internazionale grazie a mostre presso il Palais de Tokyo e la Kunsthalle Basel, che proporrà installazioni basate su dinamiche fisiche che coinvolgono i sensi dello spettatore. Nella primavera del 2014 è prevista la mostra personale di Cildo Meireles (Rio de Janeiro, 1948), uno dei più importanti artisti degli ultimi decenni, nata anche grazie alla collaborazione con il Museo Reina Sofia di Madrid e il Museo di Serralves di Porto, che presenta alcune installazioni fondamentali del suo percorso tra cui A Traves e Babel. Nel maggio del 2014, HangarBicocca ospiterà la mostra antologica di Pedro Paiva (Lisbona, 1979) e João Maria Gusmão (Lisbona, 1977)

www.espoarte.net

duo artistico che lavora sul tema del cinema e della camera oscura, di recente osservato anche in Biennale a Venezia. Nel giugno 2014, invece, è prevista la prima retrospettiva italiana di Joan Jonas (New York, 1936), considerata l’iniziatrice della pratica artistica della performance. A settembre dello stesso anno HangarBicocca ospita la personale di Céline Condorelli (Parigi, 1974), che si distingue per la sua capacità di costruire relazioni con lo spazio, mentre a ottobre sarà la volta di Juan Muñoz (Madrid, 1953 – Ibiza, 2001), tra i più importanti scultori del dopoguerra. Il 2015 si aprirà, infine, con Damián Ortega (Città del Messico, 1967), artista internazionale presente a questa edizione della Biennale di Venezia, le cui opere e installazioni ambientali hanno trasformato l’idea tradizionale di scultura.

Todolí, dal canto suo, ha sottolineato più volte come l’unicità dello spazio e delle mostre rappresenti il punto di partenza nella concezione del calendario artistico per HangarBicocca, affermando «le caratteristiche di HangarBioccca renderanno davvero unico ogni progetto espositivo: l’incontro tra lo spazio e l’arte, la loro coabitazione e convivenza enfatizzerà le potenzialità sia dell’uno che dell’altra. Come se uno più uno facesse tre». Ci auguriamo dunque, che sulla scia di questo pensiero, HangarBicocca cominci una stagione differente, tenendo fede al proprio passato ma vivendo il futuro come una nuova, unica occasione di lasciare un segno. Ragnar Kjartansson. The Visitors a cura di Andrea Lissoni e Heike Munder in collaborazione con Migros Museum für Gegenwartskunst, Zurigo 19 settembre – 17 novembre 2013 Inaugurazione 18 settembre 2013 ore 19,00 HangarBicocca Via Chiese 2, Milano Orari: giovedì-domenica 11.00-23.00 Ingresso libero Info: +39 02 66111573 info@hangarbicocca.org www.hangarbicocca.org

Dall’alto: Micol Assaël, Chizhevsky Lessons, 2007, Piastre di rame, cavi d’acciaio, “generatore a cascata”, trasformatore/ copper plates, steel,wires, cascade generator, transformer, 22,347 x 11,355 x 5,20 m, Installation view, Kunsthalle Basel, Switzerland, 2007, Photo: Serge Hasenböhler, Courtesy of the artist and ZERO…, Milano, Crediti Micol Assaël Damián Ortega (1967), Moby Dick (Los Angeles), 2005, Video transferred to DVD, 9 min 42 sec, Courtesy of the artist and kurimanzutto, Mexico City Nella pagina a fianco: Ragnar Kjartansson,The Visitors, 2012, 9-channel video projection, dimension variable - Sammlung Migros Museum für Gegenwartskunst, Photo (Installation): Stefan Altenburger Photography, Zurich © the artist 123


continua a seguirci su

www.espoarte.net


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.