HiArt

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— HiArt — Rivista trimestrale d’informazione dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica / Quarterly information magazine of Artistic, Musical and Choral Dance Higher Education

DESIGN

issue

06 p. 1

I – 2012


Rivista trimestrale d’informazione dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica.

/ Quarterly information magazine

— EMILIA GANGEMI

— GANGEMI EDITORE SPA

Direttore responsabile / Editor-in-chief

Roma www.gangeieditore.it Edizione e stampa / Published and printed by

HiArt — issue 06

I — 2012

— ROBERTO MORESE Direttore editoriale / Managing editor

— BRUNO CARIOTI

— ESTER GRECO

BRUNO CIVELLO FERNANDO DE FILIPPI GIUSEPPE FURLANIS GIUSEPPE GAETA ROBERTO LAMBARELLI FRANCO MARIANI ROBERTO PIERACINI ALESSANDRO ROMANINI Comitato scientifico / Scientific committee

Progetto grafico / Graphic design

— GIORGIO BRUNO CIVELLO

— LICOSA

GIORGIO LONDEI ANTONIO OGGIANO Comitato dei garanti / Guarantors Committee

Via Duca di Calabria 1/1 – 50125 Firenze in libreria / bookshop — SIES MILANO Via Bettola 18 – 20092 Cinisello Balsamo (MI) nelle edicole / news agent Distribuzione all’Estero / European Distribution

— ISIA URBINO

p. 2

of Artistic, Musical and Choral Dance Higher Education.

Via Santa Chiara, 36 61029 Urbino Tel. +39 0722 320195 segreteria@isiaurbino.it www.isiaurbino.net Redazione / Editorial Unit

— JOO DISTIBUZIONE Via F. Argelati 35 – 20134 Milano in libreria / bookshop — PARRINI & C Via Vitorchiano 81 – 00189 Roma nelle edicole / news agent Distribuzione in Italia / Italian Distribution

— ACORN–ALLIANCE DISTIBUTION, INC. New York Distribuzione USA e Canada / USA e Canada Distribution

Tribunale di Urbino n.225 del 12/02/08 Registrazione / Registration


EDITORIAL

Editorial — Issue 06

I

t is commonly acknowledged that we are living in a period where higher education research and results overstep national borders, towards an increasingly global dialogue and exchange of concepts and solutions. In such a world, it becomes essential to communicate qualified experiences, which are so fruitfully achieved trough artistic production and theoretical accomplish� ments in Italy, as well as to promote the lively and cul� turally up–to–date Italian art industry. The rich artistic heritage and education in our country are important in� puts for an economic development, also entailing deep effects on the tourist sector. In this challenge, academies, conservatories, and the ISIA — combining the “know” with the “know how” —����������������������������������������������������� are offered as more suitable teaching model for edu� cation in these areas. A recent law reform arranged these institutions into a single national system of peer universities; this com� bination is now stimulating useful synergies, and en� couraging developments due to exchanges and an in� nate ability to innovation. HiArt is a magazine established by AFAM institu� tions. It is addressed to the entire national and interna� tional system of higher education, working above and beyond the disciplinary boundaries, while respecting the individual specificities. Its own name refers to the expectations in a sector we want to establish, within the area of higher education, as a bearer of instances of re� search, experimentation and production in the wide ter� ritory of arts and design.

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I

n un sistema come quello della formazione superiore, che travalica i ristretti confini nazionali in uno scambio e in un confronto sempre più globali, comunicare le esperienze più qualificate di produzione artistica e di elaborazione teorico–critica e presentare il settore artistico italiano quale luogo culturalmente vivace e aggiornato, è oggi più che mai prioritario e ineludibile. Lo stratificato patrimonio artistico presente nel nostro paese e la formazione in questi settori si configurano come fattori di sviluppo economico con importanti ricadute per l’industria turistica nazionale. A tale sfida, le Accademie, i Conservatori e gli Isia — coniugando il “sapere” con il “saper fare” — si presentano come il modello didattico più idoneo per la formazione in questi ambiti. Una recente legge di riforma ha riunito queste istituzioni in un unico sistema nazionale, di pari grado alle università, e questo connubio ha incentivato lo sviluppo di utili sinergie e trasversalità dovute al confronto e a una attitudine innata all’innovazione. HiArt è un periodico che nasce dalle istituzioni AFAM e che si rivolge a tutto il sistema della formazione superiore, nazionale e internazionale, lavorando al di sopra e oltre gli steccati disciplinari, nel rispetto tuttavia delle singole specificità. La sua stessa denominazione rimanda alle aspettative di un settore che vuole essere identificato, nell’ambito dell’alta formazione, come portatore di istanze di ricerca, sperimentazione e produzione nel territorio proprio delle arti.


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HiArt — issue 06 I — 2012


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CONTENTS

Editorial — p. 1 di / by ROBERTO MORESE

Contributors — p. 6

CLOSE-UP: DESIGN

MATES

Speednews — p. 8

Pics — p. 68

a cura di / by ROBERTO MORESE

Essays Verso il design relazionale / Towards relational design — p. 10 di / by ANDREW BLAUVELT

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Il lifestyle nell’era dell’infografica / Lifestyle in the age of infographics — p. 22 di / by VALENTINA MANCHIA

Projects Manifesti italiani / Italian posters — p. 28

di / by OLIVO BARBIERI

News — p. 70 a cura di / by RICCARDO BRUNI

Books — p. 72 a cura di / by DANIELE GIORDANO

Agenda — p. 74 a cura di / by TANCREDI FONTANA

Next Issue — p. 76

HiArt — issue 06

di / by MATTEO MORETTI

Abitare il Mediterraneo / Living the Mediterranean — p. 36 di / by GIUSEPPE LOTTI

Alfabeti in città / Alphabets in the city — p. 38 di / by CHIARA CARRER

Interviews L’artista italiano / The Italian artist — p. 41 di / by MARTINA CORGNATI

Portfolio Il volto onirico del silenzio / The dreamy face of silence — p. 48 di / by NIEVES SORIANO NIETO

Limelight Emotional design all’italiana / Italian emotional design — p. 56 di / by HEADS COLLECTIVE

Versus Visioni alterne / Alternate visions — p. 61 p. 4

di / by ETHEL MARGUTTI

Cover — Issue 06 / Design illustrazione di / illustration by GIORGIA RICCI


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Contents — Issue 06

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HiArt — issue 06

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CONTRIBUTORS

— ANDREW BLAUVELT

— VALENTINA MANCHIA

Design director e curatore del Walker Art Center di Minneapolis, scrive di design e cultura per varie pubblicazioni e in più di vent’anni di esperienza come graphic designer ha ricevuto più di cento premi. È un membro eletto dell’AGI. / Design director and curator at the

Laureata in Scienze delle Comunicazione a Bologna, ha collaborato con saggi, recensioni, racconti e vignette a riviste a diffusione locale e nazionale. Dal 2002 si occupa della produzione di contenuti per il Future Film Festival. / She graduated in Communication

Walker Art Center in Minneapolis, he writes about design and culture for various publications; a practicing graphic designer for more than twenty years, he is the recipient of more than 100 design awards. He is an elected member of the AGI.

Sciences in Bologna and has collaborated through essays, reviews, tales and cartoons to local and national magazines. Since 2002 she deals with the production of content for the Future Film Festival.

— MATTEO MORETTI

— HEADS COLLECTIVE

Docente per la Libera Università di Bolzano, dove insegna Interactive & motion graphic, Generative design e Interactive Media, concilia l’insegnamento universitario con la ricerca sui cross media e design. / Lecturer at the Free University of Bozen

È un collettivo di creativi, provenienti da diverse esperienze e background culturali, che ricerca e sviluppa progetti interdisciplinari tra arte, design, video, illustrazione, fotografia e musica. / Heads is a collective of creative

where he teaches Interactive & motion graphic, Genertive design and Interactive media, he reconciles the teaching with the research on cross media and design.

professionals coming from different cultural backgrounds that researches and develops projects on the crossover of art, visual communication, design, video, illustration, photography and music.

— CHIARA CARRER

— NIEVES SORIANO NIETO

Ha pubblicato moltissimi libri illustrati per vari editori italiani e stranieri, ed è una delle illustratrici italiane più conosciute e apprezzate nel mondo. / Breve testo descrittivo in italiano

Illustratrice laureata in Filosofia con specializzazione in Estetica, appassionata di letteratura, arte e lingue straniere, è scrittrice e blogger. / Illustrator graduated in Philosophy

dell’autore in questione, con specifiche riguardanti l’ambito professionale e didattico, le specializzazioni e i lavori.

specializing in Aesthetics, passionate about literature, art and foreign languages​​, is a writer and blogger.

— ETHEL MARGUTTI

— MARTINA CORGNATI

A gennaio 2007 ha fondato insieme a Simone Sbarbati e a Francesca Arcuri il blog Frizzifrizzi, dedicato alla moda, al design, al lifestyle in genere. / In January 2007 she founded together

Insegna Storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Catania. È autrice di numerose monografie di artisti contemporanei. / She teaches Art History at the Academy

with Simone Sbarbati and Francesca Arcuri Frizzifrizzi, blog dedicated to fashion, design, the lifestyle in general.

of Fine Arts in Catania and is author of a number of monographs about contemporary artists.

— TANCREDI FONTANA — DANIELE GIORDANO — RICCARDO BRUNI Columnists

— BRUNO BARBIERI Fotografia / Photography

— GIORGIA RICCI Ringraziamenti / Thanks


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CLOSE-UP: DESIGN


SPEEDNEWS

workshop di latin calligraphy

In programmazione all’Isia di Urbino un workshop di calligrafia latina con Roman Wilhelm. Rivolto agli studenti del primo anno Triennio, il workshop si concentra sulla scrittura a mano come base per la comprensione tipografica. Il workshop si propone di mettere in prospettiva il concetto di calligrafia: lontano dal decorativismo, verso un lavoro basato sul background della tipografia.

pavimenti in fiore

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Susanne Happle e Frederik Molenschot presentano Solid Poetry, un pavimento di cemento che, nei giorni umidi e piovosi, inaspettatamente rivela un’anima nascosta di foglie e fiori.

pantone presenta il nuovo color of the year

La Pantone LLC e la Global Authority on Color and Provider of Professional Color Standards for the Design Industries hanno presentato come colore dell’anno 2012 il PANTONE® 17-1463 Tangerine Tango, tonalità vivace e attraente. “Sofisticato ma al tempo stesso drammatico e seducente, Tangerine Tango è un arancione con un’ampia gamma di profondità” ha dichiarato Leatrice Eiseman, direttore esecutico del Pantone Color Institute®. “Evocativo delle sfumature radianti del tramonto, Tangerine Tango sposa la vivacità e la carica di adrenalina del rosso con la cordialità e il calore del giallo, generando una tonalità magnetica e di alta visibilità che emana calore ed energia”.

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omar vulpinari è il nuovo president elect icograda

All’interno del programma della triplice conferenza IDA – Icograda, Icsid, Ifi tenuta al Taipei International Congress Centre si è tenuta, il 27 e 28 ottobre 2011, la General Assembly Icograda, durante la quale Omar Vulpinari è stato eletto President Elect Icograda. Durante questo evento, oltre alle elezioni del nuovo board, sono state messe a punto importanti azioni per la ridefinizione di Icograda.

workshop about latin calligraphy At ISIA Urbino, a Latin calligraphy workshop head� ed by Roman Wilhelm will run for a week. The workshop is addressed to Bachelor’s Degree students (first year), and focuses on handwriting as the basis for the under� standing of typography. The workshop aims at putting into perspective the concept of calligraphy, following an approach exempt from the decorative, towards typogra� phy–based exercises.

blossoming floors Susanne Happle and Frederik Molenschot present a new ground surface, Solid Poetry. On wet, rainy days, a concrete floor unexpectedly reveals a hidden core of leaves and flowers.

pantone reveals the new color of the year Pantone LLC and the Global Authority on Color and Provider of Professional Color Standards for the Design Industries, announced PANTONE® 17–1463 Tangerine Tango, a vivacious, enticing hue, as the color of the year for 2012. “Sophisticated but at the same time dramatic and seductive, Tangerine Tango is an orange with a lot of depth to it” said Leatrice Eiseman, executive director of the Pantone Color Institute®. “Reminiscent of the radiant shadings of a sunset, Tangerine Tango marries the vivaciousness and adrenaline rush of red with the friendliness and warmth of yellow, to form a high–visibility, magnetic hue that emanates heat and energy.”

omar vulpinari new president elect icograda Within the program of the triple conference IDA – Icograda, Icsid, Ifi, held at the Taipei International Con� gress Centre, the Icograda General Assembly was held on 27 and 28 October 2011, during which Omar Vulpinari was elected President Elect Icograda. During this event, besides the election of new board, important actions were set for the redefinition of Ico� grada.


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ESSAYS

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Verso il design relazionale / Towards relational design Agli esperimenti del ventesimo secolo sulla forma e il contenuto, che hanno definito l’ambito di azione delle avanguardie, è seguita una “terza onda” nel design. Le nuove pratiche del design relazionale comprendono aspetti performativi, pragmatici, programmatici, orientati al processo, aperti, esperienziali e partecipatori. / A third wave of design follows and departs from twentieth–century experiments in both form and content, which have traditionally defined the spheres of avant–garde practice. However, the new practices of relational design include performative, pragmatic, programmatic, process–oriented, open–ended, experiential, and participatory aspects. Testo di / Text by ANDREW BLAUVELT

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siste una filosofia che può connettere progetti appartenenti a discipline diverse quali architettura, grafica e design del prodotto? O questi discorsi lasciano il tempi che trovano? Possiamo ancora aspettarci questi grandi disegni? Ho trascorso molto più tempo nell’area del graphic design, e all’interno di questa particolare disciplina è estremamente difficile individuare gruppi di idee coerenti a guidare la produzione recente (certamente

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s there an overarching philosophy that can connect projects from such diverse fields as architecture, graphic and product design? Or are we beyond such pronouncements? Should we even expect such grand narratives anymore? I’ve spent more time in the field of graphic design, and within that one discipline it is extremely difficult to pinpoint coherent sets of ideas or beliefs guiding recent work — certainly nothing as definitive as in previous


niente di così eminente come nei decenni precedenti, quali i manierismi della cosiddetta tipografia grunge, lo scintillio di un termine come postmodernismo, o persino l’etichetta reazionaria di neo–modernismo). Dopo una scorsa alla varietà di progetti negli ambiti di design e varie letture sull’argomento, nuovi schemi sembrerebbero emergere. Alcuni dei lavori più interessanti oggi non sono riducibili all’antica polemica di forma e contro–forma, azione e reazione, che è diventata la base prevedibile di molti dei dibattiti ancora aperti degli ultimi decenni. Siamo invece nel mezzo di un ben più vasto spostamento paradigmatico all’interno degli ambiti del design, diseguale nello sviluppo, ma potenzialmente più radicale dei precedenti “ismi” o trend microstorici. Più nello specifico, credo che siamo nella terza grande fase della moderna storia del design: un’era di design basato sulle relazioni, e basato specificatamente sul contesto. La prima fase del design moderno, nato all’inizio del XX secolo, consisteva nella ricerca di un linguaggio

Lust, RGB City, Dis–Patch Festival, Belgrado 2009. All’interno di ogni stanza dell’edificio sono stati inseriti dei robolights collegati in rete; l’intensità, il colore e lo stato di ogni robolight sono controllati dai passanti mediante un touchscreen. / Lust, RGB City, Dis–Patch Festival, Belgrade 2009. Networked robolights are placed in each room of the building. The intensity, color and state of each robolight are controlled by people through a touchscreen.

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decades, whether the mannerisms of so–called grunge typography, the gloss of a term such as postmodernism, or even the reactionary label of neo–modernism. After looking at a variety of projects across the design fields and lecturing on the topic, new patterns do emerge. Some of the most interesting work today is not reduc� ible to the same polemic of form and counter–form, ac� tion and reaction, which has become the predictable ba� sis for most on–going debates for decades. Instead, we are in the midst of a much larger paradigm shift across all design disciplines, one that is uneven in its develop� ment, but is potentially more transformative than previ� ous isms, or micro–historic trends, would indicate. More specifically, I believe we are in the third major phase of modern design history: an era of relationally–based, contextually–specific design. The first phase of modern design, born in the early 20 th century, was a search for a language of form that was plastic or mutable, a visual syntax that could be


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formale che fosse plastico o trasformabile, una sintassi visiva che potesse essere appresa e così disseminata razionalmente e, in potenziale, universalmente. Questa fase testimonia la successione di “ismi” (Suprematismo, Futurismo, Costruttivismo, De Stijl, ad infinitum) che inevitabilmente fusero la nozione di avanguardia con quella di innovazione formale. I valori di semplificazione, riduzione ed essenzialità guidavano la direzione dei linguaggi più astratti e formali. Si potrebbe

learned and thus disseminated rationally and poten� tially universally. This phase witnessed a succession of “isms” — Suprematism, Futurism, Constructivism, Se Stijl, ad infinitum — that inevitably fused the notion of an avant–garde as synonymous with formal innovation itself. Indeed, it is this inheritance of modernism that al� lows us to speak of a “visual language” of design at all. The values of simplification, reduction, and essential� ism determine the direction of most abstract, formal


Lust, Poster Wall for the 21st century, Graphic Design Museum, Breda 2007. Ogni giorno 600 poster esclusivi vengono generati automaticamente utilizzando contenuti desunti da varie fonti su Internet. Versione web.

design languages. One can trace this evolution from the early Russian Constructivists’ belief in a universal lan� guage of form that could transcend class and social dif� ferences (literate versus oral culture) to the abstracted logotypes of the 1960s and 1970s that could help bridge the cultural divides of transnational corporations: from El Lissitzsky’s Beat the Whites with the Red Wedge post� er to the perfect union of syntactic and semantic form in Target’s bullseye logo. The second wave of design, born in the 1960s, fo� cused on design’s meaning–making potential, its sym� bolic value, its semantic dimension and narrative po� tential, and thus was preoccupied with its essential content. This wave continued in different ways for sev� eral decades, reaching its apogee in graphic design in the 1980s and early 1990s, with the ultimate claim of “authorship” by designers (i.e., controlling content and thus form), and in theories about product semantics, which sought to embody in their forms the functional and cultural symbolism of objects and their forms. Ar� chitects such as Robert Venturi, Denise Scott Brown, and Steven Izenour’s famous content analysis of the vernacular commercial strip of Las Vegas or the mean� ing–making exercises of the design work coming out of Cranbrook Academy of Art in the 1980s are emblem� atic. Importantly, in this phase of design, the making of meaning was still located with the designer, although much discussion took place about a reader’s multiple interpretations. In the end though, meaning was still a “gift” presented by designers–as–authors to their au� diences. If in the first phase form begets form, then in this second phase, injecting content into the equation produced new forms. Or, as philosopher Henri Lefebvre once said, “Surely there comes a moment when formalism is exhausted, when only a new injection of content into form can destroy it and so open up the way to innovation”. To paraphrase Lefebvre, only a new injection of context into the form–content equation can destroy it, thus opening new paths to innovation. The third wave of design began in the mid–1990s and explores design’s performative dimension: its effects on users, its pragmatic and programmatic constraints, its rhetorical impact, and its ability to facilitate so� cial interactions. Like many things that emerged in the 1990s, it was tightly linked to digital technologies, even

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tracciare un’evoluzione dal credo del primo Costruttivismo russo in un linguaggio formale universale, trascendente le differenze sociali e di classe (cultura letteraria contro cultura orale) sino ai loghi astratti dei 1960 e 1970 che contribuivano a colmare le differenze culturali all’interno delle corporazioni internazionali: dal poster Il cuneo rosso colpisce i bianchi di El Lissitsky sino alle perfetta unione di forma sintattica e semantica nel bersaglio, marchio di Target. La seconda ondata, nata nel 1960, si concentrò sul design come potenziale produzione di significato, sul suo significato simbolico e sulla capacità narrativa, ed era dunque focalizzata sul suo contenuto essenziale. Questa fase continuò con modalità differenti per svariati decenni, raggiungendo il suo apice fra i 1980 e i primi ‘90, con l’appello ultimo per una “autorialità” dei designers (gestori sia di contenuto che di forma). Sono emblematici i lavori di architetti come Robert Venturi, Denise Scott Brown e Steven Izenour e la loro celebre analisi sui contenuti vernacolari della commercial strip di Las Vegas, oppure gli esercizi di meaning-making della Cranbrook Academy of Art negli anni ‘80. In questa fase, la produzione di significato risiedeva ancora nelle mani del designer, anche se una discussione sulle molteplici interpretazioni del lettore aveva già preso piede. Alla fine, comunque, il significato era ancora in forma di “dono” offerto dai designer–autori ai loro pubblici. Nella prima fase, la forma produce forma, nella seconda nuove forme si producono tramite l’inserimento del contenuto nell’equazione. O, citando Henri Lefebvre, “Sicuramente arriva un momento in cui il formalismo si esaurisce, e solo l’inserimento di contenuto nella forma può distruggerla e aprire la strada all’innovazione”. Parafrasando, solo l’inserimento del contesto nella forma–contenuto può distruggerla, aprendo così nuove strade all’innovazione. La terza ondata cominciò a metà degli anni ‘90 ed esplora la dimensione performativa del design: e cioè i suoi effetti sugli utenti, i suoi limiti pragmatici e programmatici, l’impatto retorico e la sua capacità di facilitare le interazione sociali. Come molte cose emerse nei ‘90, era strettamente collegata alle tecnologie digitali, quasi ispirata dalle sue metafore (vedi il social networking, la collaborazione open–source, l’interattività), ma non limitata ad un mondo di zeri e uni. Questa

Essays — Verso il design relazionale / Towards relational design

/ Lust, Poster Wall for the 21st century, Graphic Design Museum, Breda 2007. 600 unique posters are automatically generated daily using content gathered from various Internet sources. Web version.


Daniel Eatock, Utilitarian Poster Rearranged, 2010, nuova versione dell’ Utilitarian Poster, realizzato nel 1998. Un form/ template generico, serigrafato su carta da giornale, guida sistematicamente l’utente verso la creazione del proprio annuncio; il poster presenta aree bianche nelle quali inserire informazioni utili come titoli di eventi, immagini, contatti.

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/ Daniel Eatock, Utilitarian Poster Rearranged, 2010, new version of the Utilitarian Poster originally made in 1998. A generic form/template silkscreened on newsprint paper, methodically guides the user through the steps of creating their own advertisement, and includes blanks in which to insert relevant information, such as titles of events, images, persons to contact.

fase segue e al tempo stesso si allontana dagli esperimenti del XX secolo su forma e contenuto, cosa che ha tradizionalmente definito gli ambiti della pratica di avanguardia. Le nuove forme di design relazionale includono elementi concreti, programmatici, orientati al processo, a finale aperto, esponenziali e partecipativi. Questa nuova fase s’interessa agli effetti del design, andando oltre l’artefatto e persino le sue connotazioni e il suo simbolismo culturale. Potremmo individuare lo spostamento di queste tre fasi del design, in termini linguistici, come il muoversi da forma a contenuto a contesto; o, in termini di semiotica, dalla sintassi alla semantica alla pragmatica. Questa espansione verso l’esterno, come le onde in uno stagno, parte da una logica formale dell’oggetto di design per passare al sistema culturale e simbolico di significati connessi a quella forma, fino alla logica programmatica sia della produzione sia dei luoghi del suo consumo, la confusionaria realtà del contesto ultimo. Il design, a causa delle sue intenzioni funzionali, ha sempre avuto una dimensione relazionale. In altre parole, tutte le forme di design producono effetti, a volte grandi, a volte piccoli. Ciò che è differente di questa fase è il ruolo primario che viene attribuito ad aree che prima sembravano esulare dalla tradizionale equazione di forma+contenuto. Ad esempio, il pubblico, spesso immaginato, quando non idealizzato, diventa un vero utente, il cosiddetto “market of one” promesso dalla personalizzazione della massa e dal print–on– demand; oppure l’“end-user” diventa egli stesso designer, attraverso progetti fai–da–te, l’hacking creativo di design già esistenti, o attraverso il “crowdsourcing”, che consiste nel risolvere problemi prima troppo complessi e costosi seguendo i metodi tradizionali insieme a svariati compagni d’ideali. Questa la promessa che il Time fece nominando te persona dell’anno nel

inspired by its metaphors (e.g., social networking, open source collaboration, interactivity), but not limited only to the world of zeroes and ones. This phase both follows and departs from 20 th–century experiments in form and content, which have traditionally defined the spheres of avant–garde practice. However, the new practices of relational design include performative, pragmatic, pro� grammatic, process–oriented, open–ended, experien� tial and participatory elements. This new phase is pre� occupied with design’s effects — extending beyond the design object and even its connotations and cultural symbolism. We might chart the movement of these three phas� es of design, in linguistic terms, as moving from form to content to context; or, in the parlance of semiotics, from syntax to semantics to pragmatics. This outward expan� sion of ideas moves, like ripples on a pond, from the for� mal logic of the designed object, to the symbolic or cul� tural logic of the meanings such forms evoke, and finally to the programmatic logic of both design’s production and the sites of its consumption — the messy reality of its ultimate context. Design, because of its functional intentions, has al� ways had a relational dimension. In other words, all forms of design produce effects, some small, some


2006, come ad evocare la predominanza imminente di siti come Facebook, Wikipedia, Ebay, Amazon, Flickr e YouTube, e anticipando il business model di Threadless. La partecipazione dell’utente nella creazione del design può essere riscontrata in numerosi progetti do–it–yourself in riviste quali Craft, Make e Readymade ma possono anche essere visti nei formati generici di pubblicità e bigliettini da visita di Daniel Eatock. Anche nelle forme più strumentali di design, il pubblico si è trasformato dal focus group stereotipato rinchiuso in una stanza a rispondere a domande per persone che si celano dietro a pareti specchiate a soggetti di una ricerca etnografica, osservati nel loro habitat naturale, spostandosi così da un concetto idealizzato di utilizzo alla realtà più complessa del comportamento. Oggi il pubblico è pensato come entità sociale, ben analizzata e delineata geo–demograficamente, portandoci così da un’idea di consumatore medio a quella di acquirente singolo fra gli altri che vivono uno stile di vita affine. Ma a differenza dei precedenti esperimenti degli anni ‘70 di design in comunità oppure di modificazione comportamentale, la relazione con l’utente è oggi più complessa e sfumata. Il raggio di approcci varia largamente, dai metodi di sviluppo del prodotto impiegati da studi come IDEO, creatori della famosa Nightline shopping card, alle “sonde sociali” di Anthony Dunne and Fiona Raby che creano oggetti che non adempiono alle funzioni prescritte bensì vanno utilizzati per scatenare reazioni comportamentali agli effetti percepiti di energia

large. But what is different about this phase of design is the primary role that has been given to areas that once seemed beyond the purview of design’s form and con� tent equation. For example, the imagined and often ide� alized audience becomes an actual user(s) — the so– called “market of one” promised by mass customization and print–on–demand; or perhaps the “end–user” be� comes the designer themselves, through do–it–yourself projects, the creative hacking of existing designs, or by “crowdsourcing,” producing with like–minded peers to solve problems previously too complex or expensive to solve in conventional ways. This is the promise that Time magazine made when it named you (a nosism, like the royal we) person of the year in 2006, even as it evoked the emerging dominance of sites such as MySpace,

/ Luna Maurer and Jonathan Puckey, Poster for Graphic Design in the White Cube Exhibition, Breda 2006. It is a series of 10 posters that is created during the workshop “Conditional Design” at the Art Academy St. Joost, with kits for poster–making using game–like, rules–based instructions for participants.

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Luna Maurer e Jonathan Puckey, Poster for Graphic Design in the White Cube Exhibition, Breda 2006. Si tratta di una serie di 10 poster creati durante il workshop “Conditional Design”, presso l’Art Academy St. Joost, utilizzando kit di materiali, elaborati seguendo delle semplici istruzioni e regole di gioco.


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elettromagnetica, per esempio, o ai dilemmi etici di test genetici e terapie ristorative. Prima tollerati con riluttanza, i limiti, finanziari, estetici, sociali, o altro, sono adesso spesso accolti non come limiti all’espressione o alla libertà personale, ma piuttosto come un’opportunità per guidare lo sviluppo del design; variabili arbitrarie nell’equazione che possono alterare lo sviluppo del design stesso. Vista come cosa positiva, queste restrizioni influenzano all’esterno una procedura altrimenti idealizzata e, per alcuni, aggiungono un certo fattore di imprevedibilità e di casualità che altera il corso degli eventi. Che siano applicare strettamente codici locali esistenti come modi di dar forma letteralmente ad un palazzo o che sia un ethos di efficenza materiale incarnato dal print–on– demand, i limiti, accettati in quanto forze creative, e

Facebook, Wikipedia, Ebay, Amazon, Flickr and YouTube, or anticipated the business model of Threadless. The participation of the user in the creation of the design can be seen in the numerous do–it–yourself projects in magazines such as Craft, Make and Readymade, but they can also be seen in the generic formats for adver� tisements and greeting cards by Daniel Eatock. Even in most instrumental forms of design, the audi� ence has changed from the clichéd focus group seques� tered in a room answering questions for people hiding behind two–way mirrors to the subjects of dogged eth� nographic research, observed in their natural surround� ings — moving away from the idealized concept of use toward the complex reality of behavior. Today, the audi� ence is thought of as a social being, one who is exhaus� tively data–mined and geo–demographically profiled — taking us from the idea of an average or composite consumer to an individual purchaser among others liv� ing a similar social lifestyle community. But unlike pre� vious experiments in 1970s–style community–based design or behavioral modification, today’s relationship to the user is more nuanced and complicated. The range of practices varies greatly, from the product develop� ment methods employed by practices such as IDEO, cre� ators of the famed Nightline shopping cart, to the “social probes” of Anthony Dunne and Fiona Raby who create designed objects, not to fulfill prescribed functions but instead use them to gauge behavioral reactions to the perceived effects of electromagnetic energy or the ethi� cal dilemmas of gene testing and restorative therapies. Once shunned or reluctantly tolerated, constraints — financial, aesthetic, social, or otherwise — are fre� quently embraced not as limits to personal expression or professional freedom, but rather as opportunities to guide the development of designs; arbitrary variables in the equation that can alter the course of a design’s de� velopment. Seen as a good thing, such restrictions in� ject outside influence into an otherwise idealized pro� cess and, for some, a certain element of unpredictability

Lust, Urban Echo, 2010. Sovvertendo ogni distanza fisica, il progetto connette spazi pubblici e quindi città, persone e culture. Utilizzando un pannello e una serie di 3 telecamere, si determinano collegamenti multipli tra i luoghi in una varietà di combinazioni differenti. / Lust, Urban Echo, 2010. The project, subverting phisical distance, connects public places and therefore cities, people and cultures. Using a billboard and an array of 3 cameras, multiple links are made between places in a variety of combinations.


Daniel Eatock, Utilitarian Greeting Cards, 2010, terza edizione degli Utilitarian Greeting Cards realizzati nel 1998.

and even randomness alters the course of events. Em� bracing constraints — whether strictly applying exist� ing zoning codes as a way to literally shape a building or an ethos of material efficiency embodied in print–on– demand — as creative forces, not obstacles on the path of design, further opens the design process demanding ever–more nimble, agile and responsive systems. This is not to suggest that design is not always already con� strained by numerous factors beyond its control, but rather that such encumbrances can be viewed produc� tively as affordances. In architecture, the discourse has shifted from the purity and organizational control of space to the inhabitation of real places — the messy re� alities of actual lives, living patterns over time, program� matic contradictions, zoning restrictions, and social, not simply physical, sites. For instance, architect Teddy Cruz in his Manufactured Sites project, offers a simple, pre� fabricated steel framework for use in the shantytowns on the outskirts of Tijuana — a structure that partici� pates in the vernacular building practices that imports and recycles the detritus of Southern California’s dis� mantled suburbia. This provisional gesture integrates itself into the existing conditions of an architecture born out of crisis. The objective is not the utopian tabla rasa of architectural modernism — a replacement of the favela — but rather the interjection of a micro–utopian element into the mix. Not surprisingly, the very nature of design and the traditional roles of the designer and consumer have shifted dramatically. In the 1980s, the desktop publish� ing revolution threatened to make every computer user a designer, but in reality it served to expand the role of the designer as author and publisher. The real “threat” arrived with the advent of Web 2.0 and the social net� working and mass collaborative sites that it has engen� dered. Just as the role of the user has expanded and

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non come ostacoli sulla strada del design, spingono ad andare più in là e richiedono sistemi ancora più agili e reattivi. Questo non vuol suggerire che il design non sia comunque già limitato da numerosi fattori oltre il suo controllo, ma piuttosto che questi posso essere visti come vantaggi produttivamente parlando. In architettura, il discorso si sposta dalla purezza e dal controllo organizzativo dello spazio all’abitazione di posti reali, le realtà caotiche delle vite vere, schemi viventi nel tempo, contraddizioni programmatiche, restrizioni zonali, e siti sociali, non semplicemente fisici. Ad esempio, l’architetto Teddy Cruz nel suo Manufactured Sites project offre una semplice struttura prefabbricata d’acciaio da utilizzare nelle baraccopoli nella periferia di Tijuana, una struttura che partecipa alle pratiche costruttive vernacolari che importano e riciclano i resti della periferia in rovina del Sud California. Questa azione provvisoria si integra all’interno delle condizioni esistenti di un’architettura nata dalla crisi. L’obiettivo non è l’utopica tabula rasa del modernismo architettonico, una sostituzione della favela, ma piuttosto l’aggiunta di un elemento microscopico nella mischia. Non sorprende che la vera natura del design e i ruoli tradizionali di designer e consumatore abbiano subito uno spostamento drammatico. Negli anni ‘80, la rivoluzione del desktop publishing ha minacciato di rendere ogni persona dotata di computer un potenziale designer, ma in realtà è servita ad espandere il ruolo del designer come autore e pubblicatore. La vera minaccia è arrivata con l’avvento del Web 2.0 e del social networking e siti collaborativi di massa. Non appena il ruolo dell’utente si è esteso e a volte ha persino incluso il ruolo tradizionale del designer (nella forma del profetico “prosumer” del futurista Alvin Toffler), la natura del design stesso si è espansa dal dare forma ad oggetti alla creazione di sistemi e strutture più aperte

Essays — Verso il design relazionale / Towards relational design

/ Daniel Eatock, Utilitarian Greeting Cards, 2010, third edition of the Utilitarian Greeting Cards originally made in 1998.


LettError, Twin, carattere progettato per le Twin Cities, 2003. Il carattere varia il proprio peso e aspetto in relazione alla temperatura ambientale.

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/ LettError, Twin, typeface designed for the Twin Cities, 2003. The typeface alters its weight and appearance based on changes in the reported air temperature.

alla partecipazione: design per produrre design. Il designer di ieri era strettamente collegato con la visione di controllo–comando dell’ingegnere, ma il designer di oggi è più vicino all’approccio “se–allora” del programmatore. È questa logica programmatica o sociale che esercita influenza nel design relazionale, eclissando la logica culturale e simbolica del design basato sul contenuto e la logica estetica e formale della fase iniziale del Modernismo. Il design relazionale è ossessionato da processi e sistemi per generare design, che non seguono la stessa logica lineare cibernetica di anni fa. La logica tipografica della famiglia di font Univers, ad esempio, stabilisce un sistema predittivo e un set chiuso di svariati pesi dello stesso carattere. Per contrasto, un’applicazione web per Twin, un carattere delle Letterror, può alterare il suo aspetto basandosi su fattori arbitrari come la temperatura dell’aria e la velocità del vento. In un recente progetto per il museo di grafica in Olanda, i Lust hanno creato una parete–poster digitale, alimentata da varie fonti informative su Internet e governata da algoritmi progettati per produrre 600 poster al giorno. Forse l’immagine migliore di questo spostamento verso il design relazionale può essere rappresentata da un oggetto prosaico come l’aspirapolvere. Nel regno del sintattico e del formale, troviamo Dirt Devil Kone, progettato da Karim Rashid, un elegante oggetto conico

even encompasses the role of the traditional designer at times (in the guise of futurist Alvin Toffler’s prophetic “prosumer”), the nature of design itself has broadened from giving form to discrete objects to the creation of systems and more open–ended frameworks for engage� ment: designs for making designs. Yesterday’s designer was closely linked with the command–control vision of the engineer, but today’s de� signer is closer to the if–then approach of the program� mer. It is this programmatic or social logic that holds sway in relational design, eclipsing the cultural and symbolic logic of content–based design and the aes� thetic and formal logic of modernism’s initial phase. Re� lational design is obsessed with processes and systems to generate designs, which do not follow the same line� ar, cybernetic logic of yesteryear. For instance, the typo� graphic logic of the Univers family of fonts, established a predictive system and closed set of varying typeface weights. By contrast, a Web–based application for Twin, a typeface by Letterror, can alter its appearance incre� mentally based on such seemingly arbitrary factors as air temperature or wind speed. In a recent design for a new graphic design museum in the Netherlands, Lust created a digital, automated “posterwall,” feed by infor� mation streams from various Internet sources and gov� erned by algorithms designed to produce 600 posters a day. Perhaps the best illustration of this movement to� ward relational design can be gleaned through the pro� saic vacuum cleaner. In the realm of the syntactical and formal, we have the Dirt Devil Kone, designed by Karim Rashid, a sleek conical object that looks so good it “can be left on display.” While the vacuum designs of James Dyson are rooted in a classic functionalist approach, the designs themselves embody the meaning of func� tion, using color–coded segmentation of parts and even the expressive symbolism of a pivoting ball to connote a high–tech approach to domestic cleaning. On the other hand, the Roomba, a robotic vacuum cleaner, uses vari� ous sensors and programming to establish its physical relationship to the room it cleans, forsaking any con� tinuous contact with its human users, with only the oc� casional encounter with a house pet. In a display of ad� vanced product development, however, the company that makes the Roomba now offers a basic kit that can be modified by robot enthusiasts in numerous, unscript� ed ways, placing design and innovation in the hands of its customers.


che si presenta così bene che può essere lasciato in bella vista. I progetti di aspirapolvere di James Dyson, invece, sono radicati in un approccio razionalistico classico, essi stessi incarnano il significato della funzione, usando una suddivisione delle parti basata sul colore e persino il simbolismo espressivo di una sfera girevole a connotare un approccio hightech alle faccende casalinghe. Dall’altra parte, Roomba, un’aspirapolvere robot che usa vari sensori e programmazioni per stabilire

If the first phase of design offered us infinite forms and the second phase variable interpretations — the in� jection of content to create new forms — then the third phase presents a multitude of contingent or conditional solutions: open–ended rather than closed systems; real world constraints and contexts over idealized utopias; relational connections instead of reflexive imbrication; in lieu of the forelorn designer, the possibility of many designers; the loss of designs that are highly controlled

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Daniel Eatock, Price Label Gift Wrap, 2003.


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la sua relazione fisica con la camera da pulire, evitando ogni contatto con gli utenti umani ma nonndisdegnando qualche incontro occasionale con l’animale di casa. Nel voler mostrare il suo avanzatissimo product development, la compagnia che produce Roomba ora offre un kit di base che può essere modificato dai robot–entusiasti in numerosi e inaspettati modi, mettendo design e innovazione nelle mani dei consumatori. Se la prima fase del design ci offriva infinite forme e la seconda fase interpretazioni variabili (l’inserimento del contenuto per creare nuove forme), la terza fase presenta una moltitudine di soluzioni contingenti e condizionali: sistemi aperti più che chiusi; i limiti ed il contesto dei mondo reale piuttosto che utopie idealizzate; connessioni relazionali invece di innesti riflessivi; in luogo di un designer solo, la possibilità di molti designer; la fine di oggetti concreti, significati ermetici e l’inizio di ecologie interconnesse. Dopo 100 anni di esperimenti in forma e contenuto, il design ora esplora il reame del contesto in tutte le sue manifestazioni (sociale, culturale, politico. geografico, tecnologico, filosofico, informatico, ecc..). Poiché i risultati di tale lavoro non convergono in un unico argomento formale e poiché sconfiggono modelli e processi lavorativi convenzionali, potrebbe non essere evidente che la diversità delle forme e delle pratiche possa determinare la traiettoria del design per il prossimo secolo.

Luna Maurer, Blue Fungus, project developed for Deep Screen, Art in Digital Culture, Stedelijk Museum Amsterdam, 2008. Al momento dell’ingresso al museo, ai visitatori viene consegnato un foglio con 4 sticker. È concesso loro di attaccare gli adesivi da qualche parte all’interno della mostra, seguendo una serie di semplici regole, come quella di collocare gli sticker vicino a quelli già precedentemente sistemati. / Luna Maurer, Blue Fungus, project developed for Deep Screen, Art in Digital Culture, Stedelijk Museum Amsterdam, 2008. Visitors are given a sheet of 4 stickers when they enter the museum. They are allowed to affix these stickers somewhere in the exhibition, according to a simple set of rules, such as placing them next to stickers that are already in position.

and prescribed and the ascendency of enabling or gen� erative systems; the end of discrete objects, hermetic meanings, and the beginning of connected ecologies. After 100 years of experiments in form and content, design now explores the realm of context in all its mani� festations — social, cultural, political, geographic, tech� nological, philosophical, informatic, etc. Because the re� sults of such work do not coalesce into a unified formal argument and because they defy conventional working models and processes, it may not be apparent that the diversity of forms and practices unleashed may deter� mine the trajectory of design for the next century.


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Essays — Verso il design relazionale / Towards relational design


ESSAYS

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Il lifestyle nell’era dell’infografica / Lifestyle in the age of infographics La visualizzazione dei dati non è un’invenzione moderna: anche i quipu andini, in fondo, possono essere considerati un buon esempio di data visualization. Tuttavia è solo da tempi relativamente recenti che il design dell’informazione sta acquistando un posto di rilievo nei discorsi del (e sul) graphic design. / Information graphics is not a modern invention: also Andean quipus

can be considered good examples of data visualization. However only recently infographics have acquired relief in speech of (and about) graphic design. Testo di / Text by VALENTINA MANCHIA

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e in passato le pratiche dell’information design finivano per essere quasi invisibili, dietro istogrammi e pie–charts, ora il tema dell’elaborazione visiva dei dati è sempre più centrale: impossibile non soffermarsi sul ruolo dell’infografica nella rappresentazione e nella comunicazione delle informazioni. Detto altrimenti, la vecchia massima secondo cui la forma segue la funzione assume un senso nuovo nel momento in cui non si traspone un pensiero in

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hereas formerly practices of information de� sign were formerly almost invisible, limited to the use of bar charts and pie charts, now the theme of visual elaboration of data is getting increasing� ly central: so we need to focus on the role of infographics in representation and communication of information. According to tradition, form comes after function. Yet what happens if we think in images, as in data journal� ism, rather than simply transpose a thought into imag�


immagini ma si “pensa” per immagini, come nel data journalism. David McCandless, per esempio, autore di Information in beautiful (2010), racconta la sua esperienza proprio in questi termini ai microfoni della BBC, durante il dibattito con Neville Brody. Secondo McCandless, infatti, cercare una soluzione visiva per rappresentare una relazione tra dati è già interrogare i dati sul loro senso. Per Brody, invece, che nel dibattito incarna il ruolo dello scettico, è difficile credere nella buona fede di visualizzazioni dei dati così estetizzanti da sembrare più che altro retoriche. Il dilemma non è nuovo: i grams belli da vedere sono di per sé stessi meno fedeli nella rappresentazione di una relazione tra dati? Si tratta, come si vede, del vecchio problema della statistical honesty che Tufte, come è noto, elegge a obiettivo principale della “buona” infografica opponendo, poi, alle infografiche “oneste”, le chartjunks, in cui colori e forme sono solo “cosmetic decoration”. La cattiva infografica, dunque, manipola i dati, mentre la buona li rispecchia. Ma è davvero così? O forse, dato che l’infografica opera sempre e comunque una necessaria mediazione tra i dati e la loro rappresentazione, è impossibile non fare i conti con una dimensione visiva e sensibile dell’informazione? Da questo punto di vista, il dibattito sull’information design tra McCandless e Brody apre nuove prospettive sulla questione. McCandless profetizza il connubio tra “language of the eye” e “language of the mind”, tra forme e numeri. Un connubio che nasce ibrido, pronto per essere applicato a ogni tipologia di dati e di discorso: dovunque ci sia bisogno di illustrare una relazione tra variabili l’infografica può intervenire in maniera efficace, spesso migliorando sensibilmente la comunicazione. E la dimensione visiva dell’informazione, producendo una rappresentazione dei dati più accessibile, svolge un ruolo che McCandless non esita a definire “politico”. Ma anche qui nulla di nuovo: già Neurath parlava di “visual education”, a proposito del progetto Isotype.

/ Flowtown, The Evolution of the Geek, infographic published on Wired UK.

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Flowtown, The Evolution of the Geek, infografico pubblicato su Wired UK.


Rubrica Grandi Numeri, pubblicata su Wired Italia.

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/ Section Grandi Numeri, published on Wired Italia.

Quello che è invece interessante, nel discorso di McCandless, è il suo cogliere un cambiamento strutturale nel modo di fare informazione: la visualizzazione dei dati crea un contest, mettendo in relazione entità altrimenti destinate a rimanere astratte. Costruisce un sistema, una cornice interpretativa dei dati. Ed è questa mediazione, visiva e sensibile, che può ristabilire un ordine nell’enorme massa di dati che cresce, istante dopo istante, attraverso i media. Per questo non è più sufficiente argomentare, con Brody, contro l’eccessiva estetizzazione nella rappresentazione dei dati. Il problema non coinvolge solo la forma della rappresentazione, ma ha a che vedere — e molto — con la sua funzione. E proprio perché parlare di visualizzazione delle informazioni è in fondo riflettere sul modo di trattare i dati, di renderli, prima che significativi, significanti, può essere interessante prestare attenzione ai modi in cui chi fa informazione interroga e visualizza i dati. In questo senso la grafica editoriale — protagonista di questi tempi di una vera e propria metamorfosi, in linea con le nuove forme di organizzazione dei contenuti tra web e tablet — sembra il terreno ideale per una sperimentazione capace di coniugare, in modo nuovo, informazione e graphic design. Un caso particolarmente interessante è quello della grafica dei magazine di cultura e lifestyle, soprattutto di quelli pensati per un pubblico sempre più specializzato e sempre più esigente (Monocle e Wired ma anche IL, per esempio).

es? According to Information is beautiful (2010) author David McCandless, for example, the search for a visual solution to represent a relation between data is already a way of interrogating the chosen data on its meaning. Others, such as Neville Brody, believe it is difficult to be� lieve in the good faith of visualizations so refined that they are also attractive. This dilemma is hardly a new one: are pretty grams less reliable? On the background is Tufte’s “statistical honesty” problem, according to which bad infographics manipulate data while good in� fographics reflect them. But is this true? Could it not be that, seeing as infographics always function as media� tors between data and their representation, it is impos� sible to avoid contact with a visual and sendible dimen� sion of information? Certainly, in the age of data deluge,

Mike Lemanski, infografica inerente il rapporto tra reddito e città, progettata per Monocle. / Mike Lemanski, infographic created for Monocle exploring money and cities.


pagina corrente e seguente: Francesco Franchi, infografici sviluppati per IL, Intelligence in Lifestyle. / current and following page: Francesco Franchi, infographics designed for IL, Intelligence in Lifestyle.

monocle: il mondo in una mappa

Essays — Il lifestyle nell’era dell’infografica / Lifestyle in the age of infographics

Monocle, per esempio, nato da un’idea di Tyler Brùle, già creatore di Wallpaper, per andare incontro alle esigenze di un pubblico colto, internazionale, di alto reddito e di alto profitto, utilizza l’infografica per connettere più informazioni possibili (spesso su scala globale) in charts leggere, dal design elegante, capaci di dare all’utente tipo della rivista una lettura immediata dei dati, senza rinunciare all’estetica, che nel mondo di Monocle non è mai un elemento accessorio, ma un valore di base. Insieme alle mappe globali, che raccordano in modo semplice e di facile lettura immagini e testi (spesso ben delimitati da box e didascalie di stampo classico), Monocle si serve dell’infografica anche per le sue classifiche, spesso in copertina. In entrambi i casi si tratta della presentazione, più che di dati, di serie di dati già orientate: più che a una riflessione per immagini ci si trova di fronte alla visualizzazione (non proprio retorica, in questo caso) di categorie chiuse, già messe in sistema. Le infographics funzionano come tavole sinottiche, immediatamente fruibili, e al lettore non resta che focalizzare l’attenzione su uno degli elementi della classifica di turno o godersi dall’alto, sub specie aeternitatis, i microcosmi perfetti allestiti mese dopo mese dalla redazione. wired: presi nella rete

absolute faithfulness to chosen data has become an impossible goal to achieve. What is now required from visual treatment of information is rather an interpreta� tive frame, capable of creating a context, a relation be� tween otherwise abstract entities, in this sense, it might be interesting to observe how people who build informa� tion interrogate data and experiment with new forms for the organization of contents. A noteworthy example is provided by culture and lifestyle periodicals, above all those aiming to address a specialized public. monocle: all the world in a map Monocle, for example, in enriched by light and el� egant charts, capable of providing the typical user of the magazine (who belongs to a cultured, international

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Anche nella rivista fondata da Negroponte, nelle sue varie localizzazioni, le infographics hanno un ruolo fondamentale, contribuendo anche in questo caso a rafforzare l’identità della rivista ma in modo del tutto diverso. Tanto le infographics di Monocle sono già orientate, dal punto di vista del contenuto, punteggiate di graduatorie e di classifiche, tanto quelle di Wired sono aperte e ramificate, contaminando la passione geek per l’approfondimento, più dettagliato possibile, sulle nuove tecnologie con una visualizzazione originale delle informazioni. L’obiettivo, qui, non è dare al lettore, in un colpo d’occhio, una visione complessiva dei dati ma coinvolgerlo nell’esplorazione di un territorio tutto da scoprire, a partire dai parametri di costruzione delle infografiche. Le infographics di Wired, ben lontane dall’accessibilità cara a McCandless, sfidano la leggibilità e l’immediatezza chiedendo a chi le guarda di ripercorrere, senza fretta, il processo che le ha motivate. Quasi una visualizzazione della metafora dell’inesauribile complessità del web, che appartie-


ne tanto alla mitologia fondatrice della rivista quanto all’immaginario dei suoi lettori.

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il: informare con stile

Il mensile di fascia alta del Sole 24 ore, invece, sembra puntare tutto sulla massima da cui deriva l’acronimo della rivista, Intelligence in Lifestyle, la scommessa, che sembra per ora riuscita, è coniugare l’approccio pragmatico e denso di informazioni che da sempre caratterizza un quotidiano a vocazione economico-finanziaria come il Sole con un punto di vista più ampio, più approfondito (ma non per questo schematico) sul lifestyle. All’interno di questo progetto l’infografica gioca un ruolo chiave in cui, a differenza che in Monocle, i confini tra testo e immagine sono rinegoziati pagina dopo pagina ma comunque calibrati in modo da mantenere un’ottima leggibilità dei dati, in un’integrazione, lucida e ludica allo stesso tempo, tra information e design. L’impressione, dal punto di vista del contenuto, è quella di trovarsi di fronte a qualcosa che richiama molto la massa di dati evocata da McCandless — sotto forma di statistiche, istogrammi, pittogrammi rivisitati, mappe — ma la struttura delle informazioni (declinate su più registri, con il verbale e il visivo che si integrano a vicenda) riesce a costruire un’impressione di organicità anche dal panorama più complesso. Il risultato è un’architettura delle informazioni in cui le infographics non solo visualizzano, ma interpretano, argomentano, invitano il lettore a percorrerle con curiosità, a costruirsi un suo personale percorso di approfondimento. Un percorso che non è né orientato ne rizomatico, per tentativi, ma che costruisce punto per punto la sua coerenza. Un buon esempio di information che, oltre ad essere beautiful, non ha paura di misurarsi con l’ideale della statistical honesty.

public with a high income) with an immediate reading of the data, without renouncing aesthetics — which, in the world of Monocle, are never an accessory element, but a basic value. Yet, rather than a reflection by images, the periodical offers a visualization of closed, previous� ly systematized categories. wired: caught into the net Monocle’s infographics are pre–oriented, from the point of view of content, just as much as the ones used by Wired era opern and branched. In this case, the goal is not to give readers a full vision of the data, but to in� vite him/her to participate in the exploration of new ter� ritories. Almost a visualization of the metaphor of the inex� haustible complexity of the Web, which belongs as much to the mythology behind the periodical’s foundation as it does to its readers’ iconography. il: informing with style IL, the monthly instalment of Il Sole 24 Ore, placed all its bets on the motto that gives birth to the acronym Intelligence in Lifestyle. The challenge, one that has so far been successful, is to conjugate the newspaper’ prag� matic approach with a wider, less schematic point of view regarding lifestyle. Infographics play a key role in this project, which offers impeccably readable charts that are also capable of ironically accompanying light� er arguments, in a lucid and playful integration between information and design. The result is an information architecture in which info� graphics not only visualize, but also interpret and argu� ment, thus inviting the reader to build his very own per� sonal in–depth analysis. A good example of information that, besides being beautiful, is unafraid to tackle the ideals of “statistical honesty”.


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Essays — Il lifestyle nell’era dell’infografica / Lifestyle in the age of infographics


PROJECTS

Manifesti italiani / Italian posters La cucina italiana e la “Vespa” sono ormai note in tutto il mondo. Quanto è conosciuta la comunicazione visiva italiana contemporanea? Quanto si conosce veramente l’Italia?

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/ Everybody is familiar with Italy’s famous food and the popular “la Vespa”, but what do you know about contemporary Italian graphic design? How well do you really know Italy? Intervista di / Interview by MATTEO MORETTI

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a grafica va in mostra, spesso. Iniziative diverse e disperse pensate. Distribuite e diffuse qui e là in Italia e all’estero. Spesso vanno in mostra i manifesti che tra gli artefatti grafici sembrano essere quelli con maggiori possibilità di essere apprezzati e compresi da un pubblico avvezzo a vedere sulle pareti di una galleria quadri e acquerelli. Così sono andati in mostra i manifesti per i 25 anni dalla scomparsa del Partito comunista italiano, quelli di cinquant’anni di lavoro di Bruno Monguzzi e di Franco Balan, quelli per il Giappone e quelli per la valorizzazione della solidarietà e del volontariato, quelli in 70x100 per l’Unità d’Italia. A volte i “manifesti” nascono solo per la Rete, altre arrivano sui muri, loro habitat naturale, anche se spesso si tratta solo delle pareti di una galleria. In questo articolo documentiamo una delle mostre di manifesti di autori italiani svoltasi a Budapest nel 2010.

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raphic design is often featured in exhibitions: diverse initiatives that are created, distribut� ed and scattered here and there across Italy and abroad. The objects of these exhibitions are often post� ers, which, amongst all graphic design’s artefacts, would appear to be the most appreciated and understandable ones for a public that is used to observing paintings on the walls of galleries. So a lot of posters are on view: that inherent in dis� appearance of Italian Communist party, that celebrating the work of Bruno Monguzzi and Franco Balan, that for Japan and for valorisation of solidarity and charity work, that in 70x100 commemorating the unification of Italy. Some “posters” are created merely for the web, while others end up on walls, thei natural habitat even if the walls in question are those of a gallery. In this article we are documenting an exhibition by Italian authors which took place in Budapest in 2010.


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Projects — Manifesti italiani / Italian posters


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Spaghetti Vespa Typography è un progetto innovativo che riunisce in una mostra internazionale 20 graphic designer, typographer e calligrapher italiani contemporanei. L’obiettivo è l’esplorazione di nuove forme di cooperazione tra designer italiani attivi nel campo della cultura visuale. I designer mostrano ai visitatori della mostra la vita quotidiana degli italiani superando i confini del mondo della stampa e del design. Rivelano l’attitudine degli italiani verso il design e verso se stessi, oltre alla loro percezione delle cose semplici o complesse della vita quotidiana. Illustrano ciò che ci fa ridere, ciò che ci rende tristi o che ci fa arrabbiare, ciò che ci fa sognare e pensare. Ci fanno scoprire la vita degli italiani al di là del mondo della tipografia e del design. La mostra è stata ideata e curata da Antonino Benincasa, graphic designer italo-tedesco, attualmente docente di Comunicazione visiva alla Libera Università di Bolzano. Spaghetti Vespa Typography is an innovative project that brings 20 contemporary Italian Graphic Designer, Typographers, Calligraphers together in an international design exhibition. The project aims to explore new ways of cooperation between Italian designers in the field of visual culture. The designers will show the visitors the everyday life of the Italians beyond the world of typog� raphy and design. Italian Typographers and Graphic De� signers demonstrate how Italians live with design, how they see themselves and how they perceive the simple and the complicated things of everyday life. They will show things which make us laugh, things which make us sad, things which make us angry, things which make us dream and things which make us think. They will show us how Italians lives beyond the world of typography and design. The exhibition was planned and curated by Antonino Benincasa, currently teacher of Communication design at the Libera Università di Bolzano.

In apertura, manifesto della mostra Spaghetti Vespa Typography, a very Italian poster exhibition. / At the opening, poster for the exhibition Spaghetti Vespa Typography, a very Italian poster exhibition.


m.m.

How did the exhibition go? I had some contacts in the Budapest Moholy– Nagy University and within the Sokszem gallery, which hosted the exhibition in the heart of the old city; the context of the seventh Budapest design week was ideal. The city was populated by designers from all over Eu� rope, continuously moving between Budapest and Vien� na, where, in parallel, the Vienna design week was taking place: a double event within a two hour distance. A fur� ther Italian contribution was Paola Vavone’s presence at the Budapest Design Week. a.b.

Projects — Manifesti italiani / Italian posters

m.m. Come è andata la mostra? a.b. Avevo dei contatti alla Moholy–Nagy University di Budapest e presso la galleria Sokszem, nel cuore della città vecchia, che ha ospitato la mostra, la cornice della settima Budapest Design Week: un doppio evento a due ore di distanza. Quale migliore occasione per far conoscere come i grafici italiani vedono il proprio paese? Ulteriore contributo italiano è stata la presenza a Budapest di Paola Navone. In pochi istanti l’inaugurazione si è trasformata in un dibattito pubblico e i visitatori hanno dato vita a una discussione molto particolare: la situazione politica ungherese è forse simile a quella italiana, dove la politica interviene sulla libertà di informazione: i poster, spesso critici e politici, hanno sorpreso i presenti che si aspettavano, credo, il “solito” design italiano. È nata così una discussione sulla società ungherese, e un parallelo con la nostra. La mancanza di etica politica e il degrado ideologico sono alcuni dei temi che hanno animato la serata; i poster hanno funzionato, hanno fatto riflettere. Invece di parlare di bellezza, trend, style o marketing, si è discusso di società, perso-

matteo moretti Why the need for an exhibition on non–profit design and the Italian spirit? antonio benincasa First of all to spread visual com� munication and to explore new forms of cooperation be� tween Italian designers, who are also active abroad in the field of visual culture, by associating well–know de� signers with up–and–coming ones and with students. Visual communication enjoys a responsibility: it must lead people to reflect, even through irony. It must translate society’s feelings and moods, provide new in� puts, visions. I decided to create a space for young and emerging designers, an exhibition of posters about Italy. Each de� signer created a poster on Italy, with his/her own tech� niques and feelings. The results are incredible, very dif� ferent and original, and yet they all share a strong social and critical spirit. I named the exhibition Spaghetti Vespa Typography precisely in order to mock the imagery of those foreign citizens who still think Italians are merely gondoliers, pizza cooks and Mafiosi.

Manifesti in mostra alla Budapest Design Week 2010. / Poster exhibited at the Budapest Design Week 2010. Pagina 22, da sinistra / Page 22, from left: Matteo Moretti, OT9PT (Associazione Culturale Officina Tipografica Novepunti), FF3300, Leonardo Sonnoli con Irene Bacchi ed Emilio Macchia, Alizarina, Annalisa Gatto, Massimo Pitis, Leonardo Di Renzo. Pagina 23, da sinistra / Page 23, from left: Andrea Amato, Lookleft, Alessandro Costariol, Antonino Benincasa, Martin Kerschbaumer e Sara Pallua, Riccardo Olocco, Renata Di Litta, Nicola Gotti, Luca Barcellona. Pagina 24, dall’alto / Page 24, from the top: Jonathan Pierini, Giulia Santopadre, Martina Francesconi e Ilaria Marengo.

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matteomoretti Perchéunamostrasuldesignnoprofit e sull’italianità? antonino benincasa Innanzitutto per diffondere la comunicazione visiva ed esplorare nuove forme di cooperazione tra designer italiani, attivi nel campo della cultura visuale anche all’estero, mettendo insieme grafici affermati, emergenti e studenti. La comunicazione visiva ha una responsabilità: deve far riflettere le persone, anche con ironia: deve tradurre i sentimenti e gli umori della società, dare nuovi stimoli, visioni. Ognuno deve poter dare il proprio contributo. Come docente e designer ho pensato di creare uno spazio per dare voce ai giovani emergenti: una mostra di poster sull’Italia, senza limitazioni di forma e contenuto, una sperimentazione, un salto nel vuoto assoluto. Ciascun designer ha realizzato, con le proprie tecniche e i propri sentimenti, un poster sull’Italia. I risultati sono incredibili, tutti differenti e originali, accomunati da un forte spirito sociale e critico. Ho chiamato questa mostra Spaghetti Vespa Typography proprio per ironizzare sull’immaginario di chi, all’estero, ci vede ancora gondolieri, pizzaioli o mafiosi. Come se la passano oggi i suonatori di mandolino? Spaghetti Vespa Typography ve lo mostrerà.


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Manifesti realizzati per la mostra Spaghetti Vespa Typography, a very Italian poster exhibition dagli studenti della Libera Università di Bolzano. I manifesti sono stati progettati durante due workshop sviluppati sul medesimo tema e presentati in occasione del Salone del Mobile 2011 presso Limitazioni Tamporanee alla Bovisa, Milano. La mostra riproposta ha ospitato anche una performance tipografica con la stampa a mano di poster a caratteri in legno, curata dall’Associazione Culturale Officina Tipografica Novepunti.

ne, quotidianità. Era buffo vedere così tanta solidarietà tra un paese dell’Est e l’Italia. È difficile dividere in categorie i lavori di Spaghetti Vespa Typography: ci sono grafici che hanno lavorato sull’immagine della donna nella società italiana. Altri hanno parlato di politica o hanno invece posto l’attenzione sulla vendita dei beni culturali dello Stato. C’è chi invece ha parlato di società, o ha descritto le differenze tra la sua città e quelle degli altri. Altri hanno trattato aspetti tipicamente italiani come la puntualità, la disorganizzazione e le calamità quotidiane. Altri, infine, hanno composto con caratteri di legno e stampato a mano, un hommage alla tradizione tipografica a carattere mobile. Con questa mostra penso di essere riuscito a documentare che in Italia esiste un’anima critica e autoironica, il design è sociale e siamo ben lontani dagli stereotipi del passato. Spaghetti Vespa Typography si muove su un filo sottile tra critica e banalità, tra forma e contenuto, tra emozione e razionalità. m.m. Come ha scelto i designer? a.b. Ho invitato dieci designer affermati, chiedendo loro di invitare un altro giovane studente o talento emergente. Volevo utilizzare la potenza della community per arrivare a un ventaglio di persone eterogeneo e fuori dai “soliti giri”. m.m. L’italianità esiste ancora? Possiamo ancora parlare di grafica italiana? a.b. Credo che l’italianità esista, eccome! Italianità è identità. Il nostro mestiere, quello di designer, ci porta quotidianamente a creare identità: aziende, professionisti e prodotti acquistano nuova vita grazie al nostro intervento, ma l’Italia possiede una propria identità storica, politica, culturale e territoriale, non è globalizzata, ha una storia decisamente particolare come quella dei tedeschi o dei francesi, profonda, radicata nel passato. È vero che siamo tutti connessi a internet, usiamo gli stessi strumenti, ma questo non significa che siamo uguali; non sono d’accordo quando si parla di omologazione culturale dell’Italia. I designer creano attraverso quello che sanno: sono molto influenzati da ciò che vedono e percepiscono nella vita quotidiana e dalla propria cultura; l’identità culturale ha una forte influenza sulla grafica. Globalmente abbiamo influenze e scambi culturali, ma se andiamo a mangiare in un bar o in un ristorante tedesco, ad esempio, noteremo

/ Posters produced by students of Free University of Bozen for the exhibition Spaghetti Vespa Typography, a very Italian poster exhibition. The posters were designed during two workshops concerning the topic of “Italianity” and presented during the Salone del Mobile 2011 at Limitazioni Tamporanee, Bovisa, Milano. The last exhibition hosted also a typographical performance with handmade printed posters, followed by Associazione Culturale Officina Tipografica Novepunti.

In just a few minutes the opening transformed into a public debate. Thus a reflection was born regarding Hun� garian society, as well as a comparison with our own. The posters served their function, they led to reflections. It is difficult to divide the works of Spaghetti Vespa Typography into categories. Some designers worked on the image of women in Italian society. Others spoke of politics or focused on the private sales of the State’s cultural patrimony, or worked on the Italian flag. Some tackled social themes or described the difference be� tween their own city and other ones. Others addressed typically Italian aspects such as punctuality, disorgan� ization and daily calamities, ambiguity. Last, but not least, one of the posters featured a tribute to the mobile font typographic tradition. I think this exhibition proves that in Italy a social and self–ironic spirit is alive and kicking, that in our coun� try design is a social discipline and that we are now far away from past stereotypes. m.m. How did you select the designers?

a.b. I invited 10 well–know designers and asked each of them to invite a young student or an emerging talent. m.m. The Italian spirit: does it still exist? Can we still speak about Italian graphic design? a.b. I certainly do believe that the Italian spirit ex� ists! Italian spirit and identity. Italy has its own histor� ical, political, cultural and territorial identity; it is not


globalized and enjoys a manifestly particular, deep and well–rooted history, just like the Germans or the French do. Designers create through what they know: they are deeply influenced by what they see and perceive in daily life and by their graphic design in a profound way.

m.m. Forse sarebbe più sensato usare la parola “differenza”, al posto di italianità: la grafica olandese è diversa da quella italiana, così come da quella svizzera, anglosassone o tedesca, possiamo chiamare queste differenze “italianità”? a.b. Secondo me si, anche se sono una serie di valutazioni che variano da individuo a individuo: significa quindi che il mio concetto di italianità è differente da quello di Pitis o di Luca Barcellona, il tuo mondo è diverso dal mio. L’italianità è basata sulla diversità e sui punti di vista individuali, credo che ogni individuo abbia la propria italianità, anche se siamo tutti legati all’esperienza quotidiana, che è politica, climatica, geografica e storica… Esiste un’italianità e si esprime negli artefatti che ognuno fa: vedo la differenza come una qualità e non un difetto.

m.m. Perhaps it makes more sense to use the word “difference”, rather than Italian spirit: Dutch graphic de� sign is different from Italian graphic design, just like the Swiss, English or German ones are. Can we call these differences “Italian style”? a.b. I think we can, although these conclusions vary from one individual to the next; I intend that my idea of the Italian style is different from Pitis’s or Luca Barcel� lona’s. Your world is different from mine. The Italian spir� it is based on diversity and individual points of views. In this sense I believe that every individual has his/her own Italian spirit, although we are all bound to daily experi� ence, be it political, climatic, geographical or histori� cal… From this point of view an Italian spirit certainly exists and is expressed by each designer’s artefacts: I envision difference as a quality rather than a flaw.

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come i colori, la luce siano diversi… C’è una differenza territoriale ma anche legata agli oggetti di uso comune: la colazione è diversa, la percezione è diversa, così come i rapporti tra le persone o i concetti: “compagnia” (inteso come compagnia di amici) o “arrangiarsi” ad esempio in Germania non esistono!


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PROJECTS

Abitare il Mediterraneo /Living the Mediterranean Una rete tra gli istituti dell’alta formazione artistica e musicale dei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo per stimolare, attraverso l’uso intelligente delle tecnologie dell’informazione, pari opportunità per studenti di culture diverse. / A network of institutions of higher education in art and music of countries

bordering on the Mediterranean to stimulate equal opportunities for students of different cultures, through the intelligent use of information technology, . Testo di / Text by GIUSEPPE LOTTI

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uovendo dalla definizione di un Manifesto dell’Abitare Mediterraneo affidato a frasi chiave (Innovare sulla tradizione / Sviluppare con la natura / Incontrarsi nella diversità / Produrre come identità / Evocare significati) sono stati realizzati prototipi, esposti alla mostra Abitare il Mediterraneo, che esprimono i contenuti del Manifesto. I prototipi sono frutto dell’abbinamento–scambio di imprese e progettisti delle due rive del Mediterraneo e di un workshop tenutosi a Scusse in Tunisia su ceramica–alimentare–Mediterraneo che ha visto la partecipazione di cinque scuole.

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oving from the definition of a Manifesto of Mediterranean Living given to some key phras� es (Innovation on tradition / Develop with na� ture / Meet in diversity / identity as Producing / Summon meanings) interesting p ​ rototypes were produced and exhibited at the Abitare il Mediterraneo exhibition, con� veying contents of the Manifesto. Prototypes were obtained after a period of collabo� ration–exchange with companies and designers of the two shores of the Mediterranean, and of a workshop held in Sousse, in Tunisia, on ceramic–food–Mediterra� nean, which saw the participation of five schools.


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PROJECTS

Alfabeti in città / Alphabets in the city Alla Libreria del Barbiere di Pesaro la mostra che celebra la città e le sue infinite suggestioni con illustrazioni realizzate dagli studenti dell’ISIA di Urbino. / At Libreria del Barbiere, Pesaro, the exhibition celebrating the city and its

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never–ending fascinations, gathering illustrations made by students of ISIA Urbino. Testo di / Text by CHIARA CARRER

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bcittà è una raccolta di lavori degli studenti che hanno frequentato il corso di Illustrazione del primo e secondo anno del Biennio in Comunicazione e Design per l’Editoria dell’ISIA di Urbino. Il percorso, seguito dalla docente Chiara Carrer, è costituito da ventidue libri di piccolo formato, esposti insieme alle rispettive tavole originali, che raccolgono le riflessioni fatte dagli studenti sulla città, in

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bcittà is a collection of works by students attend� ing the Illustration courses of Master’s Degree (first and second year) in Communication and Ed� itorial Design at ISIA Urbino. The path followed by the teacher Chiara Carrer con� sists of twenty–two books of small format, displayed together with their original plates, which collect the reflections made by the students about the city, in the form of alphabet.


The aim is that of documenting, collecting, analyzing different aspects of the city, architectural subjects and landscapes describing a humanity often elusive, bare� ly hinted, full of feelings and complaints. The notes be� come very different images, created with tools show� ing how the technique is the bearer of a personal poetry. Town of languages and dialects. City of emotional mem� ories. City of evocative places. City of consumption and conflict. City of puns. City as a pretext, as the location and intimate social environment in which the words form a particular universe. Little Alphabets in architectural shape. Semantic al� phabets. Alphabets in which image and text adhere to a game of contrasts and similarities. The city is the place for most of our time we live, but telling it is not easy because each narrative and eyes are always partial, temporary, in transit, a semantic site where recognizing ourself or not, where starting or ar�

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forma d’alfabeto. Lo sguardo è stato chiamato a documentare, raccogliere, analizzare aspetti diversi della città,soggetti e paesaggi architettonici che raccontano un’umanità spesso sfuggente, appena accennata, carica di sentimenti e denunce. Gli appunti diventano immagini realizzate con strumenti molto diversi evidenziando come la tecnica sia portatrice di poetiche personali. Città di lingue e dialetti. Città di memorie affettive. Città di luoghi evocativi. Città di consumo e conflitto. Città di giochi di parole. Città come pretesto, come percorso intimo e sociale in cui le parole scandite formano un universo particolare. Piccoli alfabeti in forme architettoniche. Alfabeti semantici. Alfabeti in cui immagine e testo aderiscono ad un gioco di assonanze e contrasti. La città è il luogo dove per la maggior parte del nostro tempo viviamo, ma raccontarla non è facile poiché ogni narrazione e sguardo sono sempre parziali, momentanei, in transi-


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Pagine precedenti e corrente: Abcittà, foto della mostra alla Libreria del Barbiere, Pesaro.

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/ Current and previous pages: Abcittà, images of the exhibition at Libreria del Barbiere, Pesaro.

to, un luogo semantico dove riconoscersi o meno, da dove partire o arrivare, in mutazione continua, fatto di ricordi e aspettative, un mosaico di punti di vista in cui trovare somiglianze e differenze. Un alfabeto di parole con cui nominare ogni cosa. Un alfabeto d’immagini con cui dare forma al proprio pensiero.

riving in a uninterrupted mutation, made of memories and expectations, a mosaic of points of view to find sim� ilarities and differences. An alphabet of words for naming everything. An al� phabet of images by means of which we can shape our thoughts.


INTERVIEWS

/ Gillo Dorfles is eminent critic, philosopher of taste and aesthetics.

He is also an important observer and eyewitness of twentieth–century art and culture. We asked him what he thought about Italian art. Intervista di / Interview by MARTINA CORGNATI

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Critico eminente, filosofo del gusto e dell’estetica, Gillo Dorfles è un grande testimone dell’arte e della cultura del Novecento. Gli abbiamo chiesto cosa pensa dell’arte italiana.

Interviews — L’artista italiano / The Italian artist

L’artista italiano / The Italian artist


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utore di oltre trenta volumi tradotti nelle più svariate lingue del mondo, pittore e co-fondatore del Movimento d’Arte Concreta nel 1949, Gillo Dorfles ci racconta la sua opinione riguardo alla condizione dell’arte italiana oggi. m.c. Cosa pensa dell’arte italiana odierna? g.d. Innanzitutto bisognerebbe chiedersi se esista... non credo si possa parlare di un’arte effettivamente italiana se non all’inizio del Novecento. Prima, infatti, la forza delle influenze regionali è tale da escludere qualunque consistenza “nazionale” per i linguaggi artistici. Il Futurismo invece è effettivamente “italiano”, se così lo si può definire, il primo movimento artistico di livello internazionale nato qui. Nulla di quello che l’ha preceduto gli può essere paragonato: il Divisionismo, per esempio, mi sembra piuttosto un appendice della cultura pittorica francese impressionista, e resta secondario. m.c. E più tardi cosa succede? g.d. Ci sono dei casi molto interessanti, come quello di Gino Severini, che effettivamente si comporta da trait d’union fra arte italiana e arte francese e finalmente, più tardi ancora, dopo la lunga parentesi negativa costituita dalle tendenze “novecentiste” ufficiali sostenute dalla Sarfatti, ci imbattiamo in quelle che sono effettivamente le correnti del nostro secolo: MAC, Spazialismo e Nuclearismo, da cui si stacca e svetta la grande figura isolata di Lucio Fontana.

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m.c. Fontana però è argentino... g.d. Argentino di nascita ma italiano per quasi tutto il resto. Ha vissuto, si è formato, ha realizzato le cose fondamentali in Italia. Tutti questi movimenti sono radicati in Italia. Baj, per esempio, fondatore del movimento nucleare, è vicino alla Pop Art ma non è Pop: tutto il suo lavoro mette in evidenza una grande autonomia. Il MAC invece ha una vocazione più “internazionalista” basata sulle molte alleanze che ha avuto, svizzere innanzitutto e poi diffuse dalla Russia all’Inghilterra. m.c. E nei decenni successivi? g.d. È sempre più difficile distinguere. L’Arte Povera è un’invenzione italiana, il cui merito va riconosciuto a Germano Celant. Ma le correnti cinetiche sono inve-

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uthor of over thirty books translated into many other languages, painter and co–founder of the Concrete Art Movement in 1949, Gillo Dorfles tells his opinion about the today’s status of Italian art. m.c.

What do you think about today’s Italian art? First of all we should ask ourselves if it exists... I think we can speak of Italian art only in the early 20 th century. Before that, strong regional influences made it impossible to talk of any “national” artistic styles. Instead Futurism is effectively Italian, if that’s what we can call it — it’s the first international artistic move� ment born in Italy. Anything prior to it is not comparable: for example, I think that Divisionism is more an appendix of French Impressionism, and remains secondary. g.d.

m.c.

What happened later on?

g.d. There are several interesting people, for instance

Gino Severini, who is actually a trait d’union between Italian and French art. Then much later, after the long negative parenthesis of the official “twentieth–cen� tury” trends backed by Sarfatti, we come across what were, to all intents and purposes, the movements of our century: MAC, Spatialism and Nuclearism headed by the great but lone figure of Lucio Fontana. m.c.

But Fontana was from Argentina... Argentinean by birth but otherwise Italian. He lived, trained and created his most important works in Italy. All these movements started in Italy. Baj, for ex� ample, founder of the nuclear movement, was close to Pop Art, but isn’t Pop; all his works prove he was very in� dependent. Instead the MAC was more “international� ist”, based on its many alliances, first and foremost with Switzerland and then Russia and England.” g.d.

m.c.

And in the years after that? It gets harder and harder to differentiate. Poor Art was invented in Italy by Germano Celant. But Kinet� g.d.


Artisti del Gruppo MAC alla Galleria Salto di Milano, 1951 / Artists of Gruppo MAC at Galleria Salto in Milan, 1951. Da sinistra / From left: Regina Bracchi, Salto Jr, Luigi Veronesi, Gianni Bertini, Bruno Munari, Nino Di Salvatore, Galliano Mozzon, Gianni Monnet, Gillo Dorfles, Giuseppe Salto.

ce abbastanza internazionaliste, presentano infatti importanti riflessi svizzeri e tedeschi. E la stessa cosa, a mio parere, vale per la Transavanguardia, di cui esiste un’importante controparte tedesca, Der neue Expressionismus. Si tratta, in altre parole, di due componenti dello stesso, diffuso, tentativo di ritorno alla figurazione, caratteristico degli anni Ottanta.

ic currents were instead fairly internationalist, in fact there were important scions in Switzerland and Germa� ny. I think the same is true for Transavantgarde, with its important German counterpart, Der neue Expressionis� mus. In other words, two components of the same, wide� spread attempt to return to the figuration of the eight� ies. m.c.

m.c. E oggi? g.d. Oggi l’Italia non ha un’autonomia nel contesto dei linguaggi visivi.

And today? Today Italy is independent as far as visual lan� guages are concerned.

m.c. Cosa si dovrebbe fare per favorire la ricerca e sostenere l’arte italiana? g.d. Non credo che si possa fare molto. Gli artisti, certo, devono essere informati, mentre nel nostro paese esiste un provincialismo molto acuto, troppi elementi che non riescono a diventare internazionali davvero, pur senza aver conservato quelle spiccate qualità che una volta avevano le scuole regionali. D’altra parte, pensare di rivitalizzarle sarebbe assurdo nel nostro contesto globale: oggi, semmai, bisognerebbe favorire in ogni modo la mobilità degli artisti.

m.c. What should we do to encourage research and support Italian art? g.d. I don’t think we can do much. Of course artists have to be informed, but in Italy provincialism is still

g.d.

m.c. A proposito di musei, cosa pensa di uno fra gli ultimi nati, il Museo dell’Arengario a Milano? g.d. Cosa? Quel piccolo, provinciale museuccio che ci hanno dato all’Arengario dopo cinquant’anni che Milano attende un suo vero museo, all’altezza dell’arte che ha avuto, dai futuristi al MAC, allo Spazialismo all’Arte cinetica ? Non mi faccia dire...

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m.c. Come si presenta l’arte italiana a confronto con la scena internazionale? g.d. L’arte contemporanea del nostro paese è poco conosciuta all’estero: i “nostri” nomi accettati mondialmente dal grande mercato sono solo Modigliani, Severini e Fontana. Altri grandissimi artisti, come Capogrossi e persino Melotti e lo stesso Licini non sono adeguatamente valorizzati. Io ho curato la prima mostra di Melotti in Germania negli anni Cinquanta, ma in seguito il processo di affermazione si è in qualche modo interrotto o inceppato. Certo una componente importante per la crescita e la difesa di un artista o di un contesto artistico sono i musei e in Italia ne abbiamo qualcuno solo da pochissimo tempo.


m.c. Allora cosa deve fare un artista italiano per affermarsi? Andare all’estero? Andare in America? g.d. Beh, Scarpitta l’ha fatto ed è diventato quasi americano. Anche Costantino Nivola. Il fatto è che questi artisti non solo sono andati a New York ma si sono fermati. A questo punto cambiano le regole del gioco, sono americani d’importazione che si confrontano con altri, mentre in Italia nessuno li vede più. Scialoja invece, che negli anni Cinquanta si era fermato qualche tempo negli USA ma poi è tornato indietro, non sanno neppure chi sia.

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m.c. E Cattelan? g.d. Ho abbastanza simpatia per Cattelan perché è un uomo intelligente, vivace, che ha scoperto un metodo e che quindi va considerato positivamente. m.c. Quali altri artisti italiani l’hanno colpita negli ultimi tempi? g.d. Pino Cimenti per esempio è molto interessante. È la prova che in Italia esistono forze vive — ma nessuno ne è al corrente. Un’altra figura molto promettente è quella di Donato Di Zio, pescarese, versatile e poliedrico. Di nuovo, nessuno lo conosce. m.c. Le accademie hanno un ruolo o dovrebbero averlo nel sostegno dell’arte italiana? g.d. Perlomeno aiutano a conoscere le tecniche, che è fondamentale. Ma per il resto il loro ruolo non è positivo. L’era dei maestri è finita.

very rife. Too many things stop us from becoming truly international even though we’ve jettisoned the charac� teristic traits of regional schools. Besides, reviving them would be unthinkable in today’s global world: nowadays we should focus more on making artists mobile. m.c. What’s the position of Italian art vis–à–vis the world stage? g.d. Contemporary Italian art is fairly unknown be� yond our borders: the only “Italian” artists known on the international market are Modigliani, Severini and Fon� tana. Other great artists like Capogrossi or even Melotti and Licini haven’t been properly promoted. I organised Melotti’s first exhibition in Germany in the fifties, but afterwards this process of promotion somehow either stopped or was jammed. Of course, mu� seums are important if an artist or artistic milieu is to grow and become famous, and in Italy we’ve only recent� ly built one or two. m.c. So what do you think of museums, for example, the more recent ones — the Museo dell’Arengario in Mi� lan? g.d. What? That small, provincial little museum that we’ve been given at the Arengario after Milan has been waiting fifty years for a real museum, worthy of our art, from the futurists to the MAC, from Spatialism to Kinetic art? Forget it! m.c. So what does an Italian artist have to do to be� come famous? Go abroad or to the States? g.d. Well, Scarpitta did and almost became an Ameri� can. So did Costantino Nivola. The fact is these artists didn’t just go to the States, they stayed there. This changes the rules of the game, they are imported Americans who compete with other artists, but they don’t come back to Italy. Instead Scial� oja who stayed briefly in the USA in the fifties and then came back remains an unknown to the Americans.

Pagina precedente e corrente: Dorfles alla mostra Gillo Dorfles, Movimento Arte Concreta 1948-1958, tenuta al M.a.x.museo di Chiasso, 2010. / Current and previous page: Dorfles at the exhibition Gillo Dorfles, Movimento Arte Concreta 1948-1958, held at M.a.x.museo in Chiasso, 2010.


Foto della mostra Gillo Dorfles. L’avanguardia tradita organizzata a Palazzo Reale, Milano 2010. / Images of the exhibition Gillo Dorfles. L’avanguardia tradita organised at Palazzo Reale, Milan 2010.

m.c. And Cattelan?

g.d. I quite like Cattelan because he’s intelligent, dy� namic and has discovered a method, so he should be considered positively.

m.c. La cultura italiana è schiacciata dall’antico? g.d. Sì. Manca l’educazione visiva al contemporaneo. Per questo ho scritto un manuale d’arte in cui si parla dell’oggi (Ultime tendenze nell’arte d’oggi, giunto alla diciottesima edizione). m.c. Ritornando, per concludere, agli artisti italiani che ha più sostenuto e amato da critico, che nomi farebbe? g.d. Ho già detto, Fontana, Licini, Melotti... Ho appoggiato e stimo moltissimo Castellani, Bonalumi, Dorazio, il gruppo Forma. Gli artisti non mancano in Italia.

m.c. So what should we do? What sort of art school would you propose today? g.d. An artist has to mature on his own, but we should establish and modernise schools as centres of infor� mation: although pupils don’t “enlighten themselves” enough, academies can play a key role in teaching them what is considered modern. For instance, young people are not exposed to avant–garde music and are unaccustomed to thinking about different kinds of artistic languages or art forms. Of course for this to happen academies can’t just teach them about contemporary art, they have to go back to basics. Children should be taken to see not only Giotto, but also regularly visit exhibitions of Picasso and young� er artists, the artists who are their contemporaries. m.c. Is Italian culture crushed by the past?

g.d. Yes. People aren’t taught to visually appreciate contemporary art. That’s why I’ve written an art hand� book in which I talk about modern art forms (Ultime tendenze nell’arte d’oggi, now in its 18th edition). m.c. Summing up, which Italian artists have you sup� ported and loved most as a critic – out with the names! g.d. I’ve already told you, Fontana, Licini, Melot� ti... I helped and greatly admired Castellani, Bonalumi, Dorazio and the Forma group. Italy has lots of artists.

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m.c. Allora che fare? Che tipo di scuola d’arte proporre oggi? g.d. L’artista deve farsi da sé, ma dovrebbe essere potenziata e modernizzata la scuola come centro d’informazione: gli allievi non si “illuminano” abbastanza, mentre l’accademia potrebbe svolgere un ruolo cruciale nell’educare alla modernità, nel senso migliore. I giovani, per esempio, non vengono a contatto con la musica d’avanguardia e non sono abituati a considerare la varietà dei linguaggi, le forme dell’arte. Naturalmente, perché questo accada, non basta l’accademia: l’educazione al contemporaneo dovrebbe cominciare alle elementari. Bisognerebbe portare i bambini a vedere non solo le mostre di Giotto ma anche, sistematicamente, quelle di Picasso e degli artisti più giovani, gli artisti del loro tempo.

m.c. Can or should academies play a role in support� ing Italian art? g.d. At least they help to appreciate techniques, and this is crucial. But otherwise they don’t play a positive role. The age of the maestro is over.

Interviews — L’artista italiano / The Italian artist

m.c. Have you been favourably impressed by any oth� er artists recently? g.d. Pino Clementi, for example, is very interesting. He’s living proof that resilient forces are alive in Italy — but no one knows about them. Another very promising artist is Donato Di Zio, from Pescara — versatile and multitalented. Again, an un� known.


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PORTFOLIO

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Il volto onirico del silenzio / The dreamy face of silence Giorgia Ricci disegna leggende poetiche ed oniriche sostanziate da viaggi immaginari ed avventure reali,il tutto condito con una speciale sensibilità personale ed un’assoluta sincerità del tratto. / Giorgia Ricci draws legends of onirical and poetic vision in a mix of personal adventures and his imaginary trips, all blend with a personal stylish poetry and sincery drawing. Testo di / Text by NIEVES SORIANO NIETO

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iorgia has woven a world where all is yet possible, where anything can happen. Her art is tugged be� tween oxymorons and a play of opposites — re� ality and fantasy, order and chaos, simplicity and com� plexity — and the result, in her world, is that there are no opposites. Her masterstroke: a remarkable ability and clever� ness to depict tenderness with violence, and violence with tenderness. Giorgia Ricci knows that the world is not as we would have it, and she accompanies us in this fall. Her poet� ics and images sidestep the facile self–destruction born of bewilderment. Instead, she draws us into an en� compassing dialogue of nonsense and meaning alike. In Soulmates, Ricci’s art surfaces even in the title itself: a dialogue–slash–collision between opposites, at times irreconcilably distant, at time times bound by the same destiny.

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iorgia crea attraverso i suoi segni e disegni un mondo dove tutto è possibile, dove tutto può ancora accadere. La sua arte consiste soprattutto nel gioco dell’ossimoro e del dialogo tra gli opposti — realtà e fantasia, ordine e caos, semplicità e complessità — per farci intuire che poi così opposti non sono. Il suo stesso gesto è un gesto che riesce a descrivere con dolcezza la violenza, e con violenza la dolcezza. Giorgia Ricci sa che il mondo non è come lo vorremmo, e ci accompagna in questa caduta: attraverso i segni, le parole, i dipinti cavalca il presente senza indulgere nella facile autodistruzione dell’incomprensione, per invitarci al dialogo fino in fondo, qualsiasi sia il senso o il non senso del tutto. In Soulmates questa concezione dell’arte trova la sua espressione fin dal titolo stesso, anime gemelle, appunto: dialogo e incontro tra opposti, a volte distanti e inconsapevoli, altre volte legati indissolubilmente dallo stesso destino.


Soulmates is a place where sister souls meet and interact at times unconsciously and distantly, at times bonded by a thread of communication and reciprocal consciousness. Giorgia Ricci has created the image� ry of a personal mythology in which desire and melan� choly interact in a contemporary panorama of an Italian make–believe world. There are delicate monsters, born of beauty, pulled violently from the womb and thoroughly grounded on earth. They live among the foundations of her femi� nine art, laden with sensuality, in a mysterious universe where the world of dreams reigns. Silence in secret ob� jects, and silence in the incomprehensible objects that wake through the comingling of souls. Ricci’s art is an ensemble of fragments which as� semble themselves into an Olympus without hierarchy, there where the only law is that which brings together souls in our quotidian existence.

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Soulmates si presenta come il luogo dove sfilano e interagiscono gli esseri che si dividono l’anima. A volte inconsapevoli e distanti, altre volte legati dal filo rosso della comunicazione e della reciproca conoscenza. Giorgia Ricci crea le immagini di una mitologia personale, in cui il desiderio e la malinconia interagiscono in un panorama contemporaneo di favola e carattere italiano. Sono mostri delicati che nascono dalla bellezza, strappati con violenza dal ventre per poi rimanere ancorati a terra. Vivono nelle radici di un’arte femminile carica di sensualità, in un universo misterioso dove l’onirico acquista un ruolo centrale. Silenzio nelle cose segrete, silenzio nelle cose incomprensibili che si svelano solo attraverso la corrispondenza tra anime. Un insieme di frammenti che si ricompongono in un Olimpo senza gerarchia, là dove l’unica legge è quella che mette in relazione le anime nella metafora della vita quotidiana.

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“Il suo lavoro è contaminazione continua tra illustrazione, disegno a mano libera, pittura e collage, il tutto riunito in una struttura narrativa fluida e caotica. I suoi sogni e le sue ossessioni si scontrano con le mitologie classiche e le icone della contemporaneità. Le sue fughe immaginarie sono popolate da femme fatales, cariatidi greche, minotauri e vampire insieme ad innocenti bambine; riti orgiastici e matrimoni mescolati con schizzi di studi botanici che incontrano sotterranee storie personali”. — Carlos Martinez Casas “Giorgia Ricci ’s work is an outstanding tour de force on immagination, his work is diary based illustration, hand made drawings and collage techniques mixed with paint with a fluid and chaotic structures. His obsession and dreams confront classic mythologies icons, her imaginary landscapes are populated of femmes fatales, greek cariatides, minotaurs and vampires along with rabbid dogs and innocent girls, weddings and orgies mixed with botanical sketches along personal subway stories”. — Carlos Martinez Casas

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Illustrazioni di Giogia Ricci. / Illustrations by Giorgia Ricci. 1. Preferisco il rumore del mare. 2. La vida es sueño. 3. Sfinge, enigma, cagna (detail). 4. Buenos Aires. 5. Soulmates never die. 6. Emilio Tini portfolio summer 2009. 7. Bambina con pistola. 8. Segreterie sinfoniche. 9. Femme 10. Diva 11. Se nos rompiò el amor. 13. Sfinge, enigma, cagna. 14. A volte sogno di non parlare più. 15. Cigno. 16. Whale. 17. Lovers 18. Nasconditi resta invisibile (1). 19. Nasconditi resta invisibile (2). 20. Twins. 21. Pandora.

Giorgia Ricci, artista e illustratrice. Nata a Rimini nel 1976. Dopo aver studiato progettazione grafica all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Urbino (ISIA), ha completato la sua formazione a Fabrica, il laboratorio creativo e centro di ricerca del gruppo Benetton. Vive e lavora a Treviso dove parallelamente alla sua ricerca artistica collabora con studi e aziende. I suoi lavori sono stati presentati al salone di Parigi (2006), Museo d’arte moderna di Stoccolma (2007), Mudac, Museo d’Arte e di Design di Losanna (2007), 030 Illustrators, Hublab gallery Milano (2008) Wedding, Fabrica Features Lisbona, Nessuno vuole giocare con me Bologna, studio Camuffo Venezia e Soulmate galleria Browning Asolo (2009). Tra le pubblicazioni: El Pais Semanal, Print, Wallpaper, Ventiquattro, Vanity Fair, Urban, Interni, Frame, Sugo magazine, Lo straniero, Colors, Casa Amica, D di Repubblica, La piscina di vetro e 2.398gr a book about food di Electa.

Giorgia Ricci, artist and illustrator. Born in Rimini in 1976. After studying graphic design at ISIA (Higher In� stitute of Industrial Arts) in Urbino, she completed her studies at Fabrica, the Benetton Group’s creative com� munication research centre. Giorgia lives and works in Treviso where she continues with her artistic carrer in addition to working with studios and business. Her work has been presented at the Internation� al Furniture Exhibition in Paris (2006), the Museum of Modern Art in Stockholm (2007), Mudac, the Museum of Modern Art and Design in Lausanne (2007), 030 Illus� trators, the Hublab Gallery Milan (2008), Wedding, Fab� rica Features in Lisbon, Nessuno vuole giocare con me in Bologna, studio Camuffo in Venice and Soulmate the Browning Gallery Asolo (2009). Giorgia’s work has also been published in: El Pais Semanal, Print, Wallpaper, Ventiquattro, Vanity Fair, Urban, Interni, Frame, Sugo magazine, Lo straniero, Colors, Casa Amica, D di Repubblica, La piscina di vetro and 2.398gr a book about food by Electa.

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Portfolio — Il volto onirico del silenzio / The dreamy face of silence

12. Minotauro.


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Emotional design all’italiana / Italian emotional design Matteo Cibic ama disegnare oggetti dalle forme bizzarre e imprevedibili. Alcuni di questi non vedranno mai la luce, altri invece vengono prototipati come pezzi unici oppure prodotti in piccole edizioni di 5 o 15 pezzi. / Matteo Cibic loves designing bizzarre, oddly shaped objects. Most of them will never

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see the light, others are produced as one–of–a–kind prototypes or in limited editions of 5 to 15 pieces. Testo e foto di / Text and photos by HEADS COLLECTIVE

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atteo Cibic è un product designer e creative problem solver che ama inventare nuovi prodotti attraverso la collaborazione con artigiani interessati alla sperimentazione della materia e delle tecniche di produzione. Il suo processo creativo nasce spesso dal basso, nel senso che parte dalle suggestioni della materia e dei materiali e dalla conoscenza e approfondimento dei meccanismi produttivi in atto, per ricercare nuove soluzioni tecniche e processi di lavorazione che si risolvono poi nell’ideazione di nuovi oggetti. I suoi prodotti si distinguono spesso perché nascondono funzioni inaspettate, creando un rapporto di interazione con il fruitore. Nella ariegata serie Bibelot Sexuel apparenti oggetti quotidiani per la casa e originali gioielli da portare al collo si trasformano in esuberanti strumenti per il piacere.

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atteo Cibic is a product designer and creative problem solver. He loves to invent new prod� ucts by working with craftsmen that are in� terested in experimenting with different materials and production techniques. Matteo’s creative process is often sparked by ba� sic things such as ideas that come from the subject and the materials and from his knowledge and study of pro� duction mechanisms. These help him to search for new technical solutions and working techniques which can then be transformed and used to create new objects. One of the outstanding aspects of Matteo’s products is that they often hide unexpected functions, creating an interaction with the user. In the Bibelot Sexuel series, objects that seemed to be just for the home or jewellery to be worn around the neck are transformed into high–spirited objects of pleasure.


Matteo Cibic, Domsai White e Domsai Gold, ceramica, pirex, cactus, pezzi unici, 2009.

Matteo Cibic, Aquarium, boccia in pirex e vibratore colorato in silicone medical-grade, 2008. / Matteo Cibic, Aquarium, Pyrex bowl and coloured medical-grade silicone dildo, 2008.

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/ Matteo Cibic, Domsai White and Domsai Gold, ceramic, pirex, cactus, one of a kind, 2009.


Matteo Cibic, #01, #02 e #03, ceramica e pirex, realizzato a mano in Italia in 15 esemplari, 2009.

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/ Matteo Cibic, #01, #02 e #03, ceramic and pirex, handmade in Italy, edition of 15, 2009.

I Domsai, prodotti e distribuiti da Monotono, sono curiosi cactus messi sotto una campana di vetro con le gambe di ceramica. Vengono prodotti artigianalmente a Nove (Vicenza) e si caratterizzano per la loro unicità. Ogni cactus (bonsai) ha, infatti, una sua cupola (dome) soffiata su misura che lo distingue da tutti gli altri. La serie Girasole si inserisce nel percorso di ricerca che Enled conduce sulle potenzialità luminose del Led. È infatti la prima serie di lampade di potenza a Led per interni. L’impostazione della serie è orientata alla massima flessibilità e al rigore formale: la testa della lampada è un grande disco luminoso, con un collo flessibile direzionabile che permettere di illuminare parete, soffitto o terra. Grazie alla messa a punto di un’esclusiva tecnica di trattamento dei diffusori, i 60 Led emettono una luce capace di illuminare ambienti anche molto ampi. I diffusori sono in policarbonato opalino, lo stelo e la base hanno finitura gommata nero, bianco e verde acido. La serie Girasole è disponibile da terra e sospensione; e nella versione mini, da tavolo e da sospensione. Questa è l’opinione di Cibic riguardo al “buon design”: “La definizione di “buon design” è estremamente politica e morale. Oggi viviamo in una realtà complessa, siamo circondati da incredibili contraddizioni sociali, non più ignorabili dal momento in cui internet e le comunicazioni hanno permesso il fluire libero e veloce dell’informazione. Se l’Italia è la patria del design e Milano la sua capitale, oggi non esiste una visione di futuro in questo campo, si vede chiaramente al Salone del Mobile dove le superstar del design continuano a disegnare poltroncine, sedie e bottigliette d’acqua in PET; secondo me questa è una scelta morale e politica sbagliata. I designer dovrebbero sentire molto più la loro responsabilità politica; con una buona progettazione del prodotto e dei processi si può modificare il modo di consumare in una società di consumo, è inutile quindi arrabbiarsi se viviamo in un mondo carico di cose inutili, inizialmente belle, al momento dell’acquisto ma poi fatte male che durano poco e senza una vera funzione. Io sono molto giovane, e sono consapevole di essere all’interno di un sistema sbagliato. Secondo me la mia generazione e le future se non verranno abusate mediaticamente come oggi avviene ulteriormente porteranno al cambiamento attuale. Oggi è importantissimo capire i processi; solo capendo le dinamiche del commercio e della comunicazione si riesce a cambiare direzione”.

Domsai is a tamagotchi for your desk. It is produced with craftsmanship in Nove, in the neighbourhood of Bassano del Grappa (VI). Each Domsai has its own per� sonality, each cactus has its own dome, tailor made and blowed, that differentiates it from the others. The Girasole series expresses the research and phi� losophy that Enled brand has followed in the potentials of lighting with Led. The clear approach Girasole series is aimed at maximum simplicity and formal precision. The lamp has a big bright disk that thanks to a flexible arm, allowed to light floor, wall or ceiling. Thanks to the preparation of an exclusive method of treating the dif� fusers, 60 Leds can easily light a big room. Diffusers are in white satin polycarbonate, the structure has a white, black or acid green rubber finish. The Girasole series is available in the big floor and ceiling version, and in a smaller ceiling and table. This is Cibic’s opinion about “good design”: “The definition of “good design” is extremely political and moral. Today we live in a complex reality, we are surrounded by incredible social contradictions, no longer ignorable as soon as the Internet and communications have enabled the free and fast flow of information. If Italy is the homeland of design and Milan its capital, today there is no vision of the future in this field, it is clearly seen at the Salone del Mobile where the superstars of design are still designing armchair s, chairs and PET bottles for water; in my opinion this is a wrong moral and political choice. Designers should feel much more of their political responsibility; with a good design of products and processes it’s possible changing the way we consume in a consumer society, so it is useless to get upset if we live in a world full of useless things, initially beautiful but actually badly designed, not durable and without a true function. I am very young, and I am aware of being in a wrong system. I think my generation and the future if no further abused by the media as at this day will lead to actual change. Today, it is important to understand the processes; only by understanding the dynamics of trade and communication, you can change direction”.


Limelight — Emotional design all’italiana / Italian emotional design

/ Clockwise: Matteo Cibic, Girasole Terra, Girasole Sospensione, Girasole Tavolo, Girasole Più, flexible stand, rubber finish, polycarbonate diffusers, 2009.

Matteo Cibic, product designer e creative problem solver, ha studiato presso il Politecnico di Milano, Kingston University UK e Fabrica. Dal 2003 segue i progetti di ricerca di CibicWorkshop, dove ha sviluppato i progetti Microrealities e NewStoriesNewDesign presentati alla Biennale di Venezia e alla Biennale di Shanghai. Dal 2006 lavora come creativo e art director per rinomati studi di architettura, design e pubblicità e cura l’immagine e la comunicazione di marchi della moda italiana ed internazionale. Di recente ha ideato e prodotto il progetto web 5minutefriend.org, e fondato il marchio AAAAAAAAAA che produce pantaloni sartoriali unici con bretelle con la socia Daria Dazzan.

Matteo Cibic, product designer and creative problem solver, studied at Milan Polytechnic, Kingston Univer� sity in the UK and Fabrica. Since 2003 he has been fol� lowing the research projects for CibicWorkshop, where he developed the Microrealities and NewStoriesNewD� esign projects, presented at the Venice Biennale and the Shanghai Biennial. Since 2006, Matteo has been working as a creative and art director for renowned architecture, design and advertising companies and handles brand image and communications for Italian and international fashion brands. Matteo recently devised and produced the 5minutefriend.org web project and established the AAAAAAAAAA brand, with his partner Daria Dazzan, which produces unique tailored trousers with braces.

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In senso orario: Matteo Cibic, Girasole Terra, Girasole Sospensione, Girasole Tavolo, Girasole Più, lampade in metallo verniciato con aste snodabili orientabili rivestite in gomma e schermi diffusore in policarbonato, 2009.


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VERSUS

Visioni alterne / Alternate visions Due universi a confronto, due distinti approcci progettuali: sette domande ci guidano nella quotidianità di due giovani talenti della fotografia italiana.

Testo di / Text by ETHEL MARGUTTI

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ue prospettive diverse quelle di Emanuele Chinnici e Filippo Brancoli Pantera: il primo si sforza di scrutare i luoghi attraverso una narrazione personale, con occhi attenti e sensibili verso i retroscena tradizionali della sua terra; il secondo proietta nelle sue istantanee scorci oggettivi di architetture definite che si perdono a vista d’occhio su paesaggi spesso totalmente urbanizzati. Per Emanuele la fotografia “di base è un gioco, un mezzo che uso per giocare con le varie visioni che possono esserci della realtà e in questo modo avvicino l’osservatore al mio modo di vedere il mondo. L’obiettivo non influenza la vita, è la vita che influenza l’obiettivo. Non solo i miei lavori, ma io stesso risento di qualsiasi cosa mi ‘’sbatta’’ contro, sono una persona abbastanza influenzabile, se una cosa mi colpisce entra a far parte di me e anche inconsciamente mi condiziona”. Filippo invece è “attirato dai contrasti, dalle forze in campo che si fronteggiano, dai punti di vista diversi e da tutto ciò che contiene in sé elementi disparati tramite l’accostamento dei quali si possono creare immagini nuove e originali”.

T

wo different perspectives for Emanuele Chinn� ici and Filippo Brancoli Pantera: the first one at� tempts to search out the places through a personal narrative, with alert and sensitive eyes to the tradition� al background of his homeland; the second one projects objective views of defined architectures, which stretch on landscapes often totally urbanized, as far as the eye can see. According to Emanuele, photography “is basically a game, a tool I use to play with the different visions of reality and in this way I can move the observer closer to my way of seeing the world. The lens doesn’t affect the life, whereas it is the life that influences the lens. Not only my works but I’m affected by everything bumping against me, I’m easily influenced by context, if something strikes me it becomes a part of me and unconsciously molds me.” Filippo instead is “attracted by contrast, by forces confronting each other, by different points of view and everything containing disparate elements by means of which it’s possible to create new, uncommon and remarkable images.”

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to guide us in the daily lives of two young talents of Italian photography.

Versus — Visioni alterne / Alternate visions

/ Two universes in comparison, two different design approaches: seven questions


versus #1 emanuele chinnici

e.m. Ciao Emanuele, quanti anni hai e di dove sei? Da quanto scatti foto? e.c. Ciao, ho 21 anni vivo a Catania e scatto foto da un bel po’ di tempo, ero ancora bambino, ma con coscienza solo da tre anni o poco meno.

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e.m. La tua attrezzatura? e.c. Ho una Nikon D70 che ha dovuto sopportare tutti i miei capricci e recentemente quasi abbandonata per un ritorno all’analogico: Zenit 122 e Pentax SP1000. e.m. Cosa fai quando non fai foto? e.c. Quando non faccio foto guardo altre foto, leggo e ultimamente ho ripreso a disegnare, poi uscite con gli amici e serate dedicate alla street art. e.m. Descrivimi la tua stanza. e.c. La mia stanza è più simile ad un magazzino, ogni spazio occupato da libri, fogli, attrezzi per la camera oscura, faretti, colori. Ah... da qualche parte qui in mezzo c’è anche un letto e qualche vestito, c’è davvero troppa roba. e.m. La tua macchina fotografica pesa quanto... e.c. Dipende, a volte non pesa nulla diventa parte di me e la tengo senza nemmeno accorgermene per intere giornate, ma a volte è come avere un mattone appeso al collo.

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e.m. Se il tuo immaginario fosse un film? O un libro? e.c. Un film decisamente Sogni di Akira Kurosawa, una meraviglia, mentre un libro potrebbe essere Oceano Mare di Alessandro Baricco. e.m. Un fotografo/a che mi consigli di tener d’occhio? e.c. Alberto Cassani, che non conosco ma di cui seguo il profilo su Flickr; mi piacciono molto le sue foto, hanno un’atmosfera a volte quasi surreale che mi affascina. Un altro è Vittorio Coppola, che ho conosciuto durante Sant’Agata una festa religiosa della mia città: è molto in gamba, il problema è trovare il suo materiale online.

versus #1 emanuele chinnici e.m. Hi Emanuele, how old are you and where are you from? How long have you been taking pictures? e.c. Hi, I’m 21, I live in Catania and I’m shooting pho� tos for a long time, since I was child, but consciously more or less just for three years. e.m. Your equipment?

e.c. I’ve got a Nikon D70 that has endured all my whims, and recently I’ve almost abandoned it for back� ing to the analog photography: Zenith 122 and Pentax SP1000. e.m. What do you do when you don’t shoot photo?

e.c. When I don’t take photos I look at other pictures, read and I lately restart drawing. Then I like go out with my friend and spend evenings with street art. e.m. Can you describe your room?

e.c. My room is like a warehouse and every space is embed with books, sheets, tools for camera obscura, spotlights, colors etc... And anywhere in the room there is also a bed and some scattered clothing. There’s too much stuff. e.m. Your camera weighs like...

e.c. It depends on different situations; sometimes it is lightweight, becoming a part of me, and I hold it with ease for whole days, sometimes it is like keeping a brick over the neck. e.m. If your imaginary was a movie? Or a book?

e.c. I really love Dreams by Akira Kurosawa, it is a wonder, while a book could be Ocean Sea by Alessandro Baricco. e.m. What photographer can you recommend?

e.c. Alberto Cassani is a professional I‘ve never meet, but I follow his profile on Flickr; I like his photos, I think they have a fascinating and sometimes surreal atmos� phere. Another photographer I regard very highly is Vitto� rio Coppola, I met him during Sant’Agata, a traditional religious festival in my city: he is a smart guy from my same town, but it’s very difficult finding something of his work online.


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versus #2 filippo brancoli pantera

e.m. Ciao Filippo, quanti anni hai e di dove sei? Da quanto scatti foto? f.b.p. Anni 33, nato a Lucca e attualmente ri-residente a Lucca, in quanto alla fine dove sei... sei, il resto sono più o meno scuse. Sopporto poco chi dice che vivere o scattare in un certo posto è più facile che in altro, dipende tutto da noi. Scatto foto da un po’ di tempo, come lavoro da oltre 10 anni, penso spesso di aver sbagliato lavoro.

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e.m. La tua attrezzatura? f.b.p. Sarebbe un segreto professionale, comunque ve lo dico lo stesso :-). Faccio foto con il telefono, con la reflex digitale, con il medio formato a pellicola e con banco ottico. e.m. Cosa fai quando non fai foto? f.b.p. Spesso, come tanti d’altronde, penso a farle, cosa che richiede molto più tempo e organizzazione che non il semplice fare foto, quello sanno far tutti, basta scattare. Se invece, come a volta capita, prendo un po’ di pausa dalla fotografia posso fare qualsiasi cosa, dal camminare in montagna al bere birre al bar con gli amici. e.m. Descrivimi la tua stanza. f.b.p. C’e’ il letto in disordine, una libreria in ordine e i vestiti sparsi tra letto e libreria. e.m. La tua macchina fotografica pesa quanto... f.b.p. Da pochi grammi a tanti chili, insomma c’è del peso notevole.

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e.m. Se il tuo immaginario fosse un film? O un libro? f.b.p. Fosse un film andrei su C’era una volta in America di Sergio Leone, con la mia vita mi sembra non c’entri proprio niente, ma chi se ne importa, mi piace lo stesso. e.m. Un fotografo/a che mi consigli di tener d’occhio? f.b.p. Diciamo che tra quelli che seguo con attenzione c’è Giovanni Del Brenna, professionista di Genova specializzato in fotogiornalismo, fotografo di Luzphoto, un’agenzia italiana che raggruppa giovani fotografi.

versus #2 filippo brancoli pantera e.m. Hi Filippo, how old are you and where are you from? How long have you been taking pictures? f.b.p. I’m 33 and from Lucca. I came back to my city after a period of absence since, as far as I’m concerned, what is important is not the place where you are but the passion in doing things. I can’t stand people believing it’s easier working in a place than another, it is up to us. I’m shooting photos for a long time, this is my work for ten years, but I think I chose the wrong job. e.m. Your equipment?

e.c. It should be a professional confidentiality, but I’ll reveal it the same :–). I shoot photos with my phone, a digital reflex camera, a medium format and a view cam� era. e.m. What do you do when you don’t shoot photo?

e.c. Often I think how setting them, I know design needs more time and organization than the simple pro� duction. Everybody is good to take photos, what makes a difference is design. When I take a break from photography, how at times happens, I do whatever occurs, from hiking in the moun� tains to go for a pint with friends. e.m. Can you describe your room?

e.c. There is a disheveled bed, a tidy bookcase and clothing all around the room between the bed and the bookcase. e.m. Your camera weighs like...

e.c. From few grams to many kilograms, so there’s a considerable weight. e.m. If your imaginary was a movie? Or a book?

e.c. If it was a movie, it could be Once upon a time in America by Sergio Leone, it has nothing to do with my life, but I like it the same. e.m. What photographer can you recommend?

e.c. Giovanni Del Brenna is among those I follow with particolar attention. He is a professional from Genoa skilled in photojournalism, photographer of Luzphoto, an Italian agency gathering young photographers.


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Fotografie di Emanuele Chinnici. / Photos by Emanuele Chinnici . 1. Un trono in spiaggia. 2. Etna. 3. La città vecchia. 4. Etna. 5. Polvere. 6. Gira. 7. Riva. Fotografie di Filippo Brancoli Pantera. / Photos by Filippo Brancoli Pantera. 8. Ankara Kolej, buildings. 9. Lugano sunset.

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10. Building, NYC. 11. Approaching the highline. 12. From America. 13. Ankara Ulus. 14. Approaching the highline.

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15. From my window, Williamsburg.

Emanuele Chinnici è nato nel 1990 a Catania e ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte sezione Grafica e Fotografia. Ama cimentarsi in generi diversi di fotografia, dallo still life al reportage. Scatta sia in analogico che in digitale. Fil­ippo Bran­coli Pan­tera, cresciuto tra i colli toscani, dopo la Laurea in Beni Culturali e un periodo di formazione umanistica ha lavorato come giornalista e fotogiornalista per riviste italiane e straniere e contemporaneamente si è dedicato alla ricerca fotografica nel campo teatrale con un master presso lo IED di Milano. Nel 2005 ha vinto il premio giornalistico Rustichello da Pisa. Ha spostato il suo interesse sul solo settore fotografico dopo aver partecipato al One Year Certificate Program dell’International Center of Photography (ICP) di New York, istituto dove si è specializzato in fotografia documentaria. Gli International Photography Awards hanno inserito un suo ritratto tra i migliori 25 del nuovo millennio. Si dedica da alcuni anni al solo genere del paesaggio fotografico large format, studiando attraverso i segni sul territorio l’antropologia culturale dei suoi abitanti. Attualmente vive tra l’Italia e New York, e gestisce lo studio ThinkVisual, a Lucca.

Emanuele Chinnici was born in 1990 in Catania and attended the Art Institute section of Graphics and Pho� tography. He likes venturing into different genres of photog� raphy, from still life to reportage. He takes digital and analog photographies. Filippo Brancoli Pantera, grew up among the hills of Tuscany, after graduating in Cultural Heritage and a pe� riod of liberal arts education has worked as a journalist and photojournalist for Italian and foreign magazines, and at the same time committed to photographic re� search in theater with a master degree at IED of Milan. In 2005 he won the journalism award Rustichello da Pisa. He shifted his interest only in the photographic field after participating at One Year Certificate Program of the International Center of Photography (ICP) in New York, where he specialized in documentary photography. The International Photography Awards have includ� ed a picture of him among the top 25 of the new millen� nium. For a few years he has devoted himself in particu� lar to the genre of landscape photography large format, studying through the marks on the territory the cultural anthropology of its inhabitants. He now lives in Italy and New York, and manages the study ThinkVisual, in Lucca.


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MATES


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Russian State Ballet of Rostov al Teatro Smeraldo di Milano. Foto di Bruno Barbieri.

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/ Russian State Ballet of Rostov at Teatro Smeraldo in Milan. Photo by Bruno Barbieri.


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NEWS A cura di / Curated by RICCARDO BRUNI

10 scientist rock stars

C’è un legame ampiamente riconosciuto tra musica e matematica. Ma la connessione tra i due è ancora più marcata se si considera il numero di musicisti che hanno legami con il mondo scientifico. Qui presentiamo alcuni personaggi al top delle ricerche accademiche e musicali.

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ospite d’eccezione alla milano danza expo

Eleonora Abbagnato a Milano Danza Expo per consegnare il premio al Miglior Giovane Talento. La prèmiere danseuse dell’Opéra National De Paris è la madrina d’eccezione della III edizione della fiera evento che potrà contare sulla partecipazione dei principali direttori, etoile, coreografi e ballerini.

nuove nomine alla biennale di venezia

Il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia si è riunito nella sede di Ca’ Giustinian e ha proceduto alle nomine dei Direttori per i Settori Arti Visive, Musica, Teatro e Danza. Massimiliano Gioni è stato nominato a maggioranza Direttore del Settore Arti Visive con lo specifico incarico di curare la 55 Esposizione Internazionale d’Arte che si terrà nel 2013, Ivan Fedele è stato nominato Direttore del Settore Musica per il quadriennio 2012-2015, Àlex Rigola, già Direttore del Settore Teatro negli anni 2010-2011, è stato confermato per il biennio 2012-2013, Ismael Ivo, già Direttore del Settore Danza dal 2005 al 2011, è stato confermato per l’anno 2012. Ciascun Direttore è stato incaricato di svolgere, oltre alle attività espositive e di festival, in particolare anche le attività rientranti nella Biennale College.

10 scientist rock stars There’s a widely acknowledged link between music and math. But the connection between the two is even more pronounced when you look at the number of musicians with ties to the scientific world. Here are some people who are at the top of their game both mu� sically and academically.

special guest to milano danza expo Eleonora Abbagnato will be at Milano Danza Expo to deliver the prize for Best Young Talent. The premiere danseuse of the Opera National de Paris is the god� mother of the exception of the III edition of an event that will rely on the participa� tion of key managers, etoile, choreogra� phers and dancers.

new appointments to the venice biennale The Board of Directors of the Venice Biennale was held at the site of Ca ‘Gius� tiniani and proceeded to the appointment of Directors for the Sector Visual Arts, Mu� sic, Theatre and Dance. Massimiliano Gioni was appointed Di� rector by a majority of the Visual Arts for the specific task of treating the 55 Inter� national Art Exhibition to be held in 2013, Ivan Fedele has been appointed Director of the Music Industry for the years 2012– 2015, Àlex Rigola, former Director of the Theatre in the years 2010–2011, was con� firmed for the biennium 2012–2013, Isma� el Ivo, former Director of the Dance from 2005 to 2011, was confirmed for the year 2012. Each director was asked to play, as well as exhibitions and festivals, in par� ticular the activities covered by the Bien� nale College.


In senso orario: Caribou, Art Garfunkel, Brian May (Queen), Mira Aroyo (Ladytron).

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News

/ Clockwise: Caribou, Art Garfunkel, Brian May (Queen), Mira Aroyo (Ladytron).


BOOKS A cura di / Curated by DANIELE GIORDANO

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HiArt — issue 06

I — 2012

WORK/LIFE 2

“Essere un illustratore o un fotografo professionista significa svolgere un lavoro a tempo pieno che va oltre il tradizionale “dalle nove alle cinque”. Scadenze improrogabili richiedono lavoro notturno e alcuni scatti fotografici potrebbero condurti in luoghi inaspettati. Flash o ispirazioni possono giungere in qualsiasi momento, quindi lo sketchbook diventa uno strumento essenziale”. Work/Life celebra alcuni degli illustratori e fotografi più emergenti della scena canadese, approfondendo gli aspetti che alimentano una vita creativa. Le interviste ai partecipanti mostrano i loro focus creativi, le tecniche artistiche così come le loro fonti d’ispirazione e aspirazioni. Pagine di schizzi, riprese in studio, oggetti ispiratori e scatti personali permettono di immergersi nel loro lavoro e nella loro vita.

“Being a professional illustrator or photographer is a full–time job that goes beyond the mainstream nine–to–five: tough deadlines mean working through the night and photo shoots might whisk you away to unexpected places. Flashes of inspiration can happen anytime, so your sketchbook is an indispensable appendage”. Work/Life is a book celebrating Canadian illustration and photography. Unlike magazine awards annuals or tradi� tional illustration directories that are lit� tle more than picture books, the publica� tion delves into what fuels a creative life. Participants were interviewed about their creative focus and artistic technique as well as their inspirations and aspira� tions. Sketchbook pages, studio shots, in� spirational objects and personal photog� raphy allow us to peek into their work and their lives.

Work/Life 2 Uppercase books, 2011 224 pages, $20.99

LE MAPPE DEI MIEI SOGNI

T.S. Spivet è un genio dodicenne che disegna mappe. Vive in un ranch del Montana e cerca di dare un ordine alle cose tracciando su un taccuino mappe bellissime e meticolose. Mappe di tutto: del comportamento della famiglia, di animali, di piante, di posti, di cose. La sua avventura comincia quando si mette in viaggio per andare a ricevere un importantissimo premio. Scappa nel cuore della notte e su un treno merci attraversa l’America per oltre 2000 miglia incontro alla fama. Ma è proprio questo ciò che vuole? Le mappe e le liste sono davvero capaci di spiegare il mondo, il suo confuso affastellarsi di dolori, silenzi, misteri? E l’enigma che sono gli adulti? Le illustrazioni di Ben Gibson e Reif Larsen accompagnano e arricchiscono tutta la storia.

T.S. Spivet is a twelve year old geni� us who draws maps. He lives on a ranch in Montana and tries to give an order to things in a notebook by drawing beauti� ful and meticulous maps. Maps of every� thing: the behavior of the family, animals, plants, places, things. His adventure be� gins when he began traveling tto receive a major prize conferred by the Smithsoni� an Institution. Escape in the middle of the night on a freight train across America for over 2000 miles to the famous meeting. But is this precisely what he wants? Are the maps and lists actually able to explain the world, his confused jumble of pain, silence, mystery? And the puzzle that are the adults? The illustrations by Ben Gibson and Reif Larsen accompany and enrich the whole story.

Reif Larsen Le mappe dei miei sogni Mondadori, 2010 384 pages, € 17,85


IL LIBRO DEI LIBRI BUGIARDI

Melissa Katsoulis Il libro dei libri bugiardi Rizzoli, 2009 368 pages, € 18,50

Il libro ripercorre le storie degli innumerevoli falsari che dall’antica Grecia a oggi hanno inventato, attribuito o manomesso di tutto: carteggi perduti tra grandi del passato, autobiografie di nativi americani, in folio shakespeariani, vangeli apocrifi, traumatiche esperienze in campi di concentramento e blasonate correnti poetiche. In questa storia universale della truffa letteraria, Melissa Katsoulis ripercorre frodi eclatanti e raffinati inganni, dalle più celebri come la Donazione di Costantino, i diari di Hitler e i Canti di Ossian, fino alla tragica biografia di un pittore morto suicida senza mai essere venuto al mondo.

The book recounts the stories of the many counterfeiters who have invented all and some from ancient Greeks to to� day: lost correspondences between the greats of the past, autobiographies of na� tive Americans, Shakespeare’s in folio, apocrypha, traumatic experiences in con� centration camps and noblest poetic cur� rents. In this universal story of literary fraud, Melissa Katsoulis traces blatant fraud and refined deceptions, the most famous as the Donation of Constantine, the Hitler Diaries and The Songs of Ossian, until the tragic biography of a painter who com� mitted suicide without ever coming to the world .

Set in a Paris darkened by World War II, Sara Houghteling’s sweeping and sensu� ous debut novel tells the story of a son’s quest to recover his family’s lost master� pieces, looted by the Nazis during the oc� cupation. Born to an art dealer and his pianist wife, Max Berenzon is forbidden from en� tering the family business for reasons he cannot understand. He reluctantly at� tends medical school. When Paris falls to the Nazis, the Berenzons survive in hid� ing. They return in 1944 to find that their priceless collection has vanished: gone are the Matisses, the Picassos, and a sin� gular Manet of mysterious importance. Madly driven to recover his father’s paint� ings, Max navigates a torn city of corrupt art dealers, black marketers, Résistants, and collaborators. His quest will reveal the tragic disap� pearance of his closest friend, the hero� ism of his lost love, and the truth behind a devastating family secret.

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Sara Houghteling Pictures at an Exhibition Alfred A. Knopf, 2009 243 pages, € 34,28

Ambientato in una Parigi oscurata dalla Seconda guerra mondiale, il sensuale e travolgente romanzo di debutto di Sara Houghteling narra la storia della ricerca di un figlio per recuperare dei capolavori di famiglia, saccheggiati dai nazisti durante l’occupazione. Figlio di un mercante d’arte e di una pianista, a Max Berenzon non è permesso l’ingresso nell’azienda di famiglia per motivi che non riesce a comprendere. Quando Parigi cade nelle mani dei nazisti, i Berenzon sopravvivono in clandestinità. Tornano nel 1944 per scoprire che la loro preziosa collezione è scomparsa: sono scomparsi i Matisse, i Picasso, un Manet. Spinto a recuperare i quadri del padre, Max vaga in una città lacerata da galleristi corrotti, foschi commercianti, resistenti e collaboratori. La ricerca rivelerà la tragica scomparsa del suo migliore amico, l’eroismo del perduto amore e la verità dietro ad un devastante segreto di famiglia.

Books

PICTURES AT AN EXHIBITION


AGENDA A cura di / Curated by TANCREDI FONTANA

MURO LIBERO + SQUAME / ÉCAILLES

Scambi culturali transalpini sotto forma di fanzine. Senza bisogno di passi di montagna né di ferrovie super–veloci: in questo caso si passa, almeno idealmente, dal mare. Basta avere le Squame. E un gruppo di bravi illustratori italiani e francesi a riempire le pagine. Il secondo numero del magazine Squame è dedicati agli ibridi e verrà presentato ufficialmente a Roma il 29 gennaio prossimo durante un bell’evento presso il laboratorio/spazio espositivo “Laszlo Biro”: durante la serata, oltre a Squame si apre anche la mostra Muro Libero, con un’anomala vernice dalle pareti completamente bianche, che verranno via via riempite dagli artisti e da chiunque vorrà, durante la serata. quando: 29 gennaio 2012 dove: “Laszlo Biro”, via Braccio da Montone 56, Roma

HiArt — issue 06

I — 2012

Transalpine cultural exchanges in the form of fanzines. No need of mountain passes or super–fast railways: here you go, at least ideally, by the sea. All you need is Squame. And a group of talented Italian and French illustrators to fill the pages. The sec� ond issue of the magazine is dedicated to hybrids and will be of� ficially presented in Rome on January 29 th during a nice event at the workshop/exhibition space “Laszlo Biro”: during the evening the exhibition Muro Libero will be opened. when: January 29 th, 2012 where: “Laszlo Biro”, via Braccio da Montone 56, Rome

ARTIKA FESTIVAL 0.5

p. 74

D’in su la vetta di una torre antica... Si parla di Recanati, ma non aspettatevi passeri solitari nella splendida cittadina marchigiana. Anzi, visti i nomi degli ospiti previsti per la quinta edizione dell’Artika Festival, tra musica, arte, libri e teatro – ben trenta spettacoli, tutti gratuiti, divisi tra otto locali del centro storico recanatese – ci sarà poco da star soli. quando: 15 – 26 febbraio 2012 dove: centro storico di Recanati (Mc) D’in su la vetta di una torre antica... It speaks of Recanati, but do not expect solitary sparrows in the beautiful town of Marche. Indeed, given the names of guests expected for the fifth edition of Artika Festival, including music, art, books and theater – thir� ty performances, all free of charge, divided among eight local historic center of Recanati – there will be little to be alone. when: February 15th – 26 th, 2012 where: old town center of Recanati (Mc)


TRADE SCHOOL MILANO

La Trade School è un progetto americano che si è (re)inventato la scuola basata sul baratto, dove chi vuole e chi sa può organizzare corsi su qualsiasi cosa gli venga in mente, ricevendo in cambio qualcosa, qualsiasi cosa, fuorché del denaro. quando: marzo 2012 dove: via Paolo Sarpi 8, Milano Trade School is an American project that has (re)invented the school based on barter, where who knows and who wants can ar� range courses on whatever comes to mind, receiving in exchange something, anything, except money. when: March 2012 where: via Paolo Sarpi 8, Milan

PADOVA VINTAGE FESTIVAL

Why don’t rely on the experts to choose what is worth kee� ping, study, recall of what is past, to use as a basis for projecting forward? Here is the Padua Vintage Festival, to fill gaps with pa� rades, exhibitions, workshops and themed parties. when: March 7th – 21st, 2012 where: S. Gaetano, via Altinate 71, Padua

Agenda

Perché non affidarsi agli esperti per scegliere quel che vale la pena tenere, studiare, recuperare di quel che è passato, da usare come base di partenza per proiettarsi in avanti? Ecco il Padova Vintage Festival, a colmar lacune con sfilate, mostre, workshops e party a tema. quando: 7 – 21 marzo 2012 dove: S. Gaetano, via Altinate 71, Padova

LA TEMPESTA DEGLI ILLUSTRATORI

You will see illustrators to work live, in contact with the public and inspired by place, by moment, by people. when: April 17th – 20 th, 2012 where: Libreria 121, via Savona 17/5, Milan

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Potrai vedere illustratori al lavoro dal vivo, a contatto con il pubblico ed ispirati dal posto, dal momento, dalla gente. quando: 17 – 20 aprile 2012 dove: Libreria 121, via Savona 17/5, Milano


NEXT ISSUE

CLOSE-UP: DANCE AND THEATRE Essays Cronache di un equivoco culturale / Chronicles of a cultural misunderstanding di / by ALESSANDRO TINI

Echi orientali / Echoes from the East di / by DONATO MAGNI

Projects Flash mob e altri racconti / Flash mobs and other stories di / by PIETRO TOMMASI

Giovani talenti crescono / Young talents grow

I — 2012

di / by ENRIQUE MARTINEZ VELEZ

La magia dello Schiaccianoci / The magic of the Nutcracker di / by DALILA MANFREDINI

Interviews Storie di un’epoca / Stories of an era HiArt — issue 06

di / by ASTRID WHITE

Portfolio Messaggi dal futuro / Messages from the future di / by STEFANO LIUTI

Limelight Frammenti di memoria / Fragments of memory di / by JUAN REINON AVEGA

Versus Il rosso e il nero / The red and the black

p. 76

di / by CLAUD DANEL


p. 77


p. 78

euro 6,00 HiArt — issue 06 I — 2012


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