Guida Galattica al Social Network

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO” Facoltà di Sociologia CORSO DI LAUREA IN COMUNICAZIONE E PUBBLICITÁ PER LE ORGANIZZAZIONI _____________________________

GUIDA GALATTICA AL SOCIAL NETWORK “NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO”

Relatore: Chiar.mo Prof. NICOLA GRANDE

ANNO ACCADEMICO 2007-2008

Tesi di laurea di: FABIO IORIO


«In molte delle civiltà meno formaliste dell'Orlo Esterno Est della Galassia, la Guida galattica per gli autostoppisti ha già soppiantato la grande Enciclopedia galattica, diventando la depositaria di tutto il sapere e di tutta la scienza, perché nonostante presenti alcune lacune e contenga molte notizie spurie, o se non altro alquanto imprecise, ha due importanti vantaggi rispetto alla più vecchia e più accademica Enciclopedia: Uno, costa un po' meno; Due, ha stampate in copertina, a grandi caratteri che ispirano fiducia, le parole "Non fatevi prendere dal panico"… E, nel caso che ci fosse un'inesattezza tra quanto riportato nella Guida e la Vita, ricordate che in realtà è la vita ad essere inesatta…» Douglas Adams (Guida galattica per gli autostoppisti)


Indice

Ringraziamenti

pag. 07

Introduzione

pag. 08

1. L’evoluzione della specie

pag. 11

1.1. Cenni preliminari 1.2. All’inizio era il Blog 1.3. Il figlio che uccise il padre? 1.4. Give link a chance 1.5. La forza di una debolezza 1.6. Cosa c’è dietro la facciata? 1.7. Una cultura convergente? 1.8. Un futuro semantico 1.9. Siamo strumenti della comunicazione

2. Il punto di vista del cacciatore

pag. 33

2.1. Ritorno alla normalità 2.2. Una festa a cui non posso mancare 2.3. Ok ci sono, ma adesso che faccio? 2.4. Restiamo amici. La crisi dei Lovemarks? 2.5. Panopticon 2.6. Come vendere ciò che è gratis 2.7. Il piacere di servirLa (da un lato) 2.8. Il potenziale relazionale 2.9. Un consumatore multicanale

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2.10. Come avvicinarci ad un animale sociale 2.11. Una tribù anarchica 2.12. Come fare del “Funky Business” 2.13. Un consumatore viziato 2.14. La catena del valore digitale 2.15. Una personalizzazione di massa 2.16. Tips and Tricks 2.17. Cenni di Social Network Analysis

3. Sono in mezzo a noi

pag. 70

3.1. Le motivazioni della scelta 3.2. Facebook 3.3. LinkedIn 3.4. Ning 3.5. Melog 2.0 3.6. Stickam 3.7. Zooppa 3.8. Upcoming 3.9. Karrellokiller 3.10. Profilactic 3.11. Una porzione di mondo

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4. Senza Problemi

pag. 85

4.1. La ricerca 4.2. La piattaforma 4.3. Il supporto tecnologico 4.4. I contenuti 4.5. Le relazioni 4.6. I dati emersi

5. Conclusioni

pag. 102

Bibliografia

pag. 106

Sitografia

pag. 108

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Ringraziamenti

Tutto ciò che questo lavoro rappresenta non è la mera raccolta di spunti, rimandi e approfondimenti messi insieme in quest’ultimo periodo, ma l’apice di un percorso iniziato dal primo giorno che sono arrivato a Pesaro. Mai come ora mi sento di dover ringraziare tutti quelli che hanno condiviso questo periodo con me, che non nomino perché ci vorrebbe troppo, ma che sanno quanto mi abbia segnato la fine di questa avventura. Su tutti vorrei ringraziare Silvia, per i sorrisi e per quel suo credere in me, e Marta perché ce ne siamo dette di tutti i colori, continueremo a farlo, eppure i voli di cui siamo capaci, segnano per queste due menti, una sorta di reciproco bisogno. Ringrazio la pazienza del professor Nicola Grande; la disponibilità e l’opportunità offerta da Daniele Maestrami; Dino, Mariagrazia, Tiziano, Carmelo e Alfonso di Radio Veronica per il supporto e le birre. Ma più di chiunque altro voglio ringraziare tre persone: Giorgio Manfré per avermi aperto gli occhi, Laura Gemini per avermi insegnato ad usarli e il mio caro amico Gianluca (Charles Bukowski) Bellini, per non permettermi di richiuderli.

Sono pronto, fletto i muscoli e sono nel vuoto...

Fabio

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Introduzione

Quando si utilizzano termini come "web 2.0”1 e "Social Network”, occorre stare molto attenti che chi abbiamo di fronte capisca esattamente di cosa si stia parlando, perché spesso, molto spesso in realtà, non lo sappiamo esattamente neanche noi. Con questa affermazione non ci si vuole porre come enciclopedia definitiva sui sistemi sociali della rete, ma piuttosto, si vuole portare l'attenzione su alcuni aspetti, punti di vista differenti, che spesso vengono tralasciati o dati per scontati, soprattutto da chi dedica a questo argomento grande lasso di tempo. Cosa si dà per scontato? Bé, il primo errore è di considerare le persone più preparate e istruite sulla rete (ma su qualsiasi altro argomento) di quanto in realtà siano. Oppure, al contrario, si pensano troppo ingenue e passive nel loro rapporto con l’informatica, credendo di poter puntare sulle stesse logiche televisive. Spesso capita di tralasciare dei passaggi, pensando semplicemente che siano inutili – “è assurdo pensare che qualcuno non lo sappia”, ci diciamo. Ecco, in quel preciso istante abbiamo tagliato fuori buona parte del nostro pubblico. Molti più di quelli che in genere s’immaginano. Si pensi solo alle "Catene di Sant'Antonio", un "gioco" vecchio quanto il mondo, eppure ancora milioni di persone ci cascano. Mail e mail che regolarmente intasano le caselle di posta2 mettendoci all’erta sulla fine del mondo o proponendo bizzarri riti scaramantici. L'ultima proprio su

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Web 2.0: What Is Web 2.0 (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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Comunemente questo fenomeno viene indicato col nome di: SPAM.

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Facebook3, questa enorme pattumiera (nel bene e nel male) che oggi ha così tanto successo in Italia: Un messaggio nella posta avvisa di un’ipotetica fine dello spazio disponibile e di una sorta di pulizia che si vuole intraprendere per eliminare gli account inutilizzati. Tralasciando il discorso sull’infinità di spazio che Facebook ha a disposizione per immagazzinare i nostri dati, non serve una gran mente per pensare che, chi gestisce il popolare Social Network, abbia un sistema automatizzato per identificare chi accede o meno e che, se proprio avessero avuto qualcosa da dirci, lo avrebbero fatto in maniera ufficiale e non affidandosi al passaparola collettivo. Eppure, quel messaggio si è ripresentato più volte in molte caselle di posta e non basta l’appellarsi al beneficio del dubbio per giustificare questo agire. Di esempi come questo infatti ce ne sono molti, i quali sottolineano come per certe persone alcuni argomenti siano semplici e banali, ma per altre (la maggioranza) rappresentano un vero limite. La maggior parte delle persone, infatti, ha un approccio mnemonico con il pc. Ossia impara a memoria ciò che gli serve e non sempre è disposta a sperimentare nuove cose. La paura è quella di un ulteriore impegno e una conseguente perdita di tempo, senza comprendere invece quali e quanti siano i benefici da offrire e da ricevere. Queste persone si trovano in difficoltà se solo cambia l'immagine dell'icona su cui devono cliccare, figuriamoci se diamo per scontato che si capisca cosa intendiamo noi per interazione! 3

Facebook: http://it.facebook.com (Facebook è ormai pieno di utenti. Molti utenti si sono lamentati che Facebook stia diventando molto lento. La ragione di ciò è che ci sono troppi utenti di Facebook che non sono attivi. Manderemo questo messaggio a tutti gli utenti, per vedere se gli utenti sono attivi o meno. Se sei un utente attivo per favore invia questo messaggio ad altri 15 tuoi amici, usando il Copia/Incolla, per mostrare che sei attivo. Coloro che non invieranno questo messaggio entro 2 settimane, si vedranno il proprio account cancellato senza alcuna esitazione per creare nuovo spazio. Se su Facebook ci saranno ancora troppi iscritti, chiederemo gentilmente delle donazioni a chi le voglia fare, ma sino ad allora fate circolare questo messaggio a tutti i vostri amici, sia per tenerli informati sia per mostrare che sei un utente attivo cosicché il tuo account non verrà eliminato. Il fondatore di Facebook - Mark Zucker).

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Sono quelli che si iscrivono ad una Community quasi per caso in un attimo di euforia ma poi, un attimo dopo, esclamano: “ok, ed ora che faccio?”. Per riallacciarsi al discorso iniziale quindi è necessaria un’effettiva chiarezza ed occorre quindi affrontare l'argomento “Social Network” da tre punti di vista differenti, quello sociologico, quello aziendale e di marketing e quello dell'utente finale. Si mostreranno attraverso teorie ed esempi quanto sia importante e allo stesso tempo inevitabile aderire a certe logiche comunicative. Nello specifico, si porrà attenzione al legame che oggi unisce comunicazione, web 2.0 e marketing nell’instaurazione di un rapporto relazionale con i clienti, ma anche fra le stesse aziende, ottimizzando costi, tempi e relazioni. Il tutto si snoderà attraverso un percorso in più fasi: una prima parte in cui si mostrerà il valore sociologico delle Community; una seconda, in cui ci si soffermerà sulle risorse che il marketing relazionale può trovare nella rete; Si scenderà in seguito nel dettaglio, analizzando attraverso vari esempi di Community i fattori di aggregazione di diversi Social Network; La fase successiva illustrerà i risultati della ricerca condotta su una Community radiofonica appositamente creata, mentre in chiusura si tireranno le conclusioni su quanto di ciò che è stato detto possa essere utile in una Community, sul perché farla e su alcuni consigli da seguire per una corretta gestione. “Non fatevi prendere dal panico” quindi…

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1. L’evoluzione della specie

1.1. Cenni preliminari

In questo capitolo si mostreranno gli aspetti tecnologici e sociologici delle nuove forme di comunicazione, proponendo un breve ragionamento teorico sulle possibili relazioni che si possono sviluppare attraverso di esse. Partendo da un breve excursus sulle possibilità offerte oggi dalla tecnologia, si applicheranno dei concetti legati alla gestione delle relazioni fra i vari soggetti, ridimensionando alcune concezioni utopistiche dei più entusiasti e sciogliendo alcuni timori fra i più “conservatori”.

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1.2. All’inizio era il Blog

Una delle prime figure delineatasi alla nascita del web 2.0 è stata quella del blogger4, farfalla Geek nata dal bozzolo di un Nerd5 che ha modificato la concezione stessa dello smanettone e del secchione in generale. Il Blog, comunemente tradotto in modo troppo semplificativo come un diario elettronico è andato a sostituire man mano le pagine dei siti personali, oppure si è integrato con esse, migliorandone la fruibilità. I principali vantaggi che questo strumento ha messo a disposizione sono gli stessi che hanno segnato il completo “ripensare” delle logiche sul web. Insieme ad altre “piccole” rivoluzioni come ad esempio il tagging6 , il servizio AdSense7 di Google o gli studi di Anderson sulla “Long Tail”8, internet si è tramutata in una piattaforma, un centro gravitazionale di nuove idee, servizi che hanno come denominatore il senso di comunità. 4

Per una breve storia di internet si consulti: http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Internet oppure si visioni il video di Melih Bilgil (http://www.lonja.de): http://it.youtube.com/ watch?v=URieXGX4TME 5

Nerd è un termine della lingua inglese con cui viene chiamato chi ha una certa predisposizione per la ricerca intellettuale (magari associata a un quoziente intellettivo superiore alla media), ed è al contempo tendenzialmente solitario e con una più o meno spiccata predisposizione per l'asocialità. Il termine 'nerd' è usato nella lingua inglese con accezione negativa, ed in italiano può essere tradotto, generalmente, con secchione o, per certi versi, con sfigato. Geek invece è un termine indicante una persona affascinata dalla tecnologia e dalla fantasia. Anche se i due termini spesso vengono dati per sinonimi, l’uso di Geek suggerisce una sorta di auto-ri-definizione più alla moda e affascinante che questi stessi soggetti prima e la nicchia di mercato poi, si sono attribuiti. (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Geek; http://it.wikipedia.org/wiki/Nerd). 6

Tagging: La possibilità di etichettare dei contenuti in modo permanente.

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Google AdSense: Logica di marketing che sta alla base di quella che viene definita “innovazione nell’assemblaggio” - Quando i componenti di base abbondano, si può creare valore aggiunto semplicemente assemblandoli in un modo nuovo o efficace - proponendo banner che abbiano un legame logico con i contenuti che stiamo visitando. Per maggiori approfondimenti si veda “Web 2.0: What Is Web 2.0 (cifr. Bibliografia/Sitografia)”. 8

Long Tail: Chris Anderson definisce long tail ("lunga coda"), il potere collettivo dei piccoli siti che costituiscono il grosso del contenuto del web e i suoi studi sono alla base del successo di siti come Amazon.com. Per approfondimenti si veda l’articolo comparso nell’Ottobre 2004 su Wired (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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Non una rivoluzione tecnologica quindi ma una attitudine che si identifica in alcuni concetti chiave che sono anche alla base del webmarketing 2.0:

Non un sito ma un servizio web.

Non pubblicità ma reti di relazioni.

Non visitatori, ma co-autori.

Sfruttare l’intelligenza collettiva.

Considerare il sito come un progetto in sviluppo perpetuo e non un prodotto finito.

L’obiettivo è quello di creare un effetto di rete attraverso l’architettura della partecipazione9 . E le vecchie pagine personali, così come le conosciamo non consentivano tutto ciò, ci voleva tempo per aggiornarle e non andavano oltre l’essere una vetrina passiva di noi stessi o della nostra azienda. Il visitatore che vi arrivava quindi si sentiva come davanti alla tv, girando pagine come se fossero canali, guidato da un entusiasmo più legato alla tecnologia che ai contenuti, ma senza mai sentirsi realmente partecipe di ciò che stava avvenendo.

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L’obiettivo... partecipazione: Appunti seminario Fabio Giglietto sul web 2.0.

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1.3 Il figlio che uccise il padre?

Siamo costretti ora a dover fare un saltello a pié pari ai giorni nostri. per analizzare una dimensione più attuale del fenomeno. Sì, perché proprio il tanto decantato Blog, manifesto della democrazia digitale, pare voler essere messo in soffitta senza troppi sensi di colpa anche da chi lo difendeva. Il motivo? L’affermarsi di un nuovo strumento, già consegnato all’ideale utopico di un immaginario: la Community. Il Social Network, usando un nome più aristocratico, anche se quasi contemporaneo al suo fratello minore, rappresenta per molti l’evoluzione del Blog, un suo potenziamento capace di superarne anche alcuni limiti. Primo fra tutti, il fattore di visibilità: Sì perché un blogger sperduto nella rete, poco conosciuto e linkato, può anche scrivere delle verità assolute sui misteri del mondo, ma resterà nell’ombra se non avrà a disposizione il traino di un nodo della rete più rilevante, come ad esempio quello di un blogger più conosciuto. Questo forse è un paradosso di internet, un Media che da voce a tutti ma che come per l’immensità del cielo, ci permette di vedere una sola piccola porzione di universo alla volta, a seconda di dove sia puntato il cannocchiale e di quale “gruppo” di stelle si stia osservando. Già Albert-László Barabási nel suo Link. La scienza delle reti10 ci ha mostrato come all’interno della rete la comunicazione faccia riferimento a degl’hub, connettori che vengono da lui descritti come «una manciata di persone – disseminata in varie occupazioni – che possiede l’abilità davvero straordinaria di stringere un numero eccezionale di amicizie e di conoscenze». Per fare un esempio, se un pinco pallino qualunque scrive nel suo sconosciuto Blog una denuncia sull’inquinamento prodotto da una azienda del suo paese, molto difficilmente questo articolo arriverà ad avere 10

Link. La scienza delle reti (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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una rilevanza nazionale e verrà letto probabilmente solo da qualche suo amico blogger. A meno che, questo amico o lo stesso autore, cerchino di trovare un “canale” di sbocco per portare sulla bocca di tutti la questione. Una possibilità che si può identificare o in un opinion leader locale o nel suo alter-ego digitale, un hub appunto. Ma se questo stesso articolo lo scrive un blogger come Beppe Grillo11, che già rappresenta un hub12 , questi diventa immediatamente un fatto di attualità. Ma ciò che forse Barabàsi non ha avuto modo di osservare al tempo della stesura del suo libro, era la possibilità che tanti nodi, spesso anche sconosciuti fra loro, si potessero aggregare fino a diventare un hub collettivo. Una sorta di comitato per il libero passaggio della comunicazione dove gli interessi comuni si riuniscono in un solo strumento, la Community appunto, che diventa un aggregatore delle risorse dei piccoli per acquisire visibilità. Il Social Network stesso diventa un hub, un aeroporto da dove arrivano e partono anche milioni di voli, gestiti da una torre di controllo che però si pone al di fuori dei giochi, occhio imparziale che evita le collisioni ma non dirige i contenuti secondo un gusto o una agenda personale (o almeno così si spera) come invece può capitare con un “opinion leader”. Ma cosa viene criticato nello specifico al Blog? Secondo Wired13 il Blog è semplicemente una cosa superata, una piattaforma ormai datata 2004, incalzata oggi da nuovi strumenti di comunicazione, più rapidi e meno costosi in ordine di tempo, che sono spuntati sull’orizzonte del web contemporaneo: i Social Network appunto. 11

Beppe Grillo: http://www.beppegrillo.it

12

La rivista statunitense Forbes ha stilato la classifica dei 25 personaggi più celebri del web nel 2008. Molti sono i blogger e lo stesso Beppe Grillo compare al settimo posto. Per maggiori approfondimenti si veda: http://www.forbes.com (cfr. Bibliografia/Sitografia). 13

Wired: Il Blog è morto viva il Blog! (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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E per il gruppo di Marketing Reloaded14 gli imprenditori sembrano semplicemente affascinati da queste nuove possibilità, ma questo li porterebbe ad investimenti più legati ad una scelta di moda e di concorrenza che ad idee nuove o ad una reale comprensione degli aspetti tecnici. Sociologicamente, forse l’unica cosa che si può imputare al Blog è che corre il rischio di restare anonimo, un piccolo piacere personale che senza commenti rischia perfino di disconfermarci. Il Blog ha bisogno di molto lavoro per far sentire la sua presenza, un lavoro costante e continuo che dobbiamo sobbarcarci tutto da soli, mentre un Social Network ben avviato procede per compensazione, come una squadra di calcio capace ormai di giocare a memoria. Un lavoro di tutti per un risultato comune. La Community unisce relazioni uno-a-uno alla forza di un messaggio comunicato da una intera collettività. Anche a livello di marketing (introducendo alcuni aspetti di si parlerà più avanti), Christian Grönroos 15 sottolinea quanto sia fondamentale creare delle partnership e un network capace di gestire l’intero processo di un servizio. Ma ciò basta per affrettarci a dichiarare la morte del Blog? Assolutamente no. Bisognerebbe smetterla di cercare di fare per forza un confronto fra Media e strumenti che abbiamo a disposizione, ognuno ha i suoi limiti e le sue peculiarità, ma non è detto che non possano trovare l’uno nell’altro nuova linfa vitale. Tutti i Media sono stati dichiarati “morti” alla nascita di un nuovo mezzo eppure, in un modo o nell’altro tutti sono ancora presenti, a partire dalle radio e dai giornali che hanno saputo rinnovarsi ed integrarsi in linguaggi e tecnologie più moderne e accessibili, segnando una loro vera e propria rinascita. E il Blog, che in Italia conta oltre 3 milioni di 14

Marketing Reloaded: Facebook e i Social Network taglieranno le gambe ai Blog? (cfr. Bibliografia/Sitografia). Per maggiori approfondimenti si veda anche: Marketing Reloaded (cfr. Bibliografia/Sitografia). 15

Christian Grönroos: Management e marketing dei servizi (cfr. Bibliografia/Sitografia)

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autori16, è una piattaforma più viva che mai ed anzi, rappresenta un servizio a cui gli stessi Social Network non vogliono rinunciare, continuando ad integrarli nei loro servizi. Ogni strumento non è mai il fine, ma solo un mezzo per comunicare e sono pochissimi i blogger appunto, che abbandonerebbero di punto in bianco uno strumento nel quale credono, anche se appare superato o più impegnativo da gestire. «Quindi, riprenderei uno degli assiomi del Web 2.0 del buon O'Reilly, "the web as a platform" e visto la mia deviazione professionale aggiungerei a platform l'aggettivo "multichannel". Cosa ne pensate?»17 .

16

Fonte: seminari conversazioni dal basso (cfr. Bibliografia/Sitografia).

17 Andrea

Boaretto, Marketing Reloaded - http://www.marketingreloaded.com (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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1.4. Give link a chance

Eppure un Social Network oggi dimostra avere quel qualcosa in più, che possiamo identificare nel senso di collettività, nella capacità di divulgare e riunire problematiche e opportunità, nell’essere meno impegnativo di un Blog, ma altrettanto potente. Si perdoni il paragone forse poco attento all’etica dei più sensibili, ma se il Blog è un figlio da adottare, i Social Network rappresentano una adozione a distanza. Ci permettono di fare di più con meno senza nemmeno separare i membri di una comunità. E’ un qualcosa di emergente, nuovo e diverso dalla somma delle singole parti. Per la prima volta l’uomo non solo conosce l’interazione con il Media ma ha la possibilità di socializzare con altri utenti, scoprendo che quelle sue idee, quelle di cui a volte si vergognava anche al solo parlarne, rappresentano spesso un desiderio condiviso da molti e nella Community si potrebbe anche provare a realizzarle. Le reti «Sono soltanto lo scheletro della complessità, i meccanismi su cui si articolano i processi che fanno pulsare il mondo» - scrive Barabàsi - «Il riduzionismo è la forza che ha guidato gran parte della ricerca scientifica del XX secolo. Per comprendere la natura, affermano i suoi sostenitori, occorre innanzitutto decifrarne le componenti. [...] Fra breve avremo esaurito tutto quello che c’è da sapere sui singoli pezzi. […] Eppure la natura assembla i suoi pezzi […] sfruttando le leggi onnicomprensive dell’autorganizzazione, le cui radici continuano a essere per noi un profondo mistero. […] Ci accorgiamo ormai di vivere in un mondo piccolo, in cui ogni cosa è collegata alle altre18». Ed è qui che secondo l’autore risiede la reale importanza delle reti, nella complessità che forse può essere rappresentata proprio dai Social Network, questo fenomeno di cui oggi 18

Link. La scienza delle reti (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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ormai pare impossibile non parlare. Tutti sono lì, a studiare le Community ma con frasi ridondanti e pareri discordanti ognuno dice la sua dalla sua finestra sul cortile della complessità. Ma chi ha ragione e chi no? Degli aspetti relazionali delle Community si parlerà nel prossimo paragrafo. Ora invece si vuole porre l’attenzione su un aspetto più tecnico forse di questo fenomeno, ossia di come queste comunità virtuali si trasformino in veri e propri hub, così potenti da riuscire a modificare una legge come quella dei “6 gradi di separazione19”. Lo studio, realizzato e pubblicato dalla “O2”20 sul sito aziendale, ha come lineare ed esplicativo titolo “The six degrees of separation is now three”21 , quasi a tagliar corto su tutte le questioni precedenti. In breve, questo studio afferma che sono stati proprio lo sviluppo tecnologico e le dinamiche di Social-networking a causare questo dimezzarsi della distanza fra noi e un qualsiasi altro individuo sulla faccia della terra. La ricerca condotta da Jeff Rodrigues 22, prevedeva oltre 50 ore di interviste in profondità con adulti di tre diverse fasce di età, (18-25, 35-45, 55 +) e ha concluso che il tradizionale concetto di sei gradi di separazione è ormai datato. Inoltre questo risultato si scontra con un altro recente studio eseguito da Microsoft nel 2006 attraverso il suo famoso programma di messaggistica istantanea MSN Messenger, che invece i sei gradi di distanza li aveva confermati. 19

La “teoria dei sei gradi di separazione” è un’ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari. Per maggiori approfondimenti si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/ Sei_gradi_di_separazione (cfr. Bibliografia/Sitografia) e la “teoria del mondo piccolo” di Stanley Milgram - http://it.wikipedia.org/wiki/Stanley_Milgram (cfr. Bibliografia/Sitografia). 20

O2: Compagnia di telecomunicazioni inglese del gruppo spagnolo “Telefónica”.

21

The six degrees of separation is now three: http://www.o2.com/media/press_releases/ latest_pr_14276.asp (cfr. Bibliografia/Sitografia). 22

Jeff Rodrigues è un ricercatore inglese specialista dei fenomeni sociali.

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Tuttavia, lo studio della O2 rivela che quando si opera all’interno di uno stesso “interesse” (ad esempio, hobby, sport, musica, religione, sessualità, ecc), i gradi di separazione che dividono un individuo medio da un altro, scendono a tre. Rodrigues ritiene che ogni individuo in genere fa parte di tre reti principali, la famiglia, l’amicizia e il lavoro, ma al di fuori di queste, ognuno di noi condivide in media altre 5 “reti di interesse comune” che si basano sui gusti personali quali un hobby, lo sport, la musica, il quartiere in cui viviamo, la religione, la sessualità e la politica. E’ la crescita di queste “reti di interesse comune” ad aver portato alla riduzione dei sei gradi di separazione. Come in altre ricerche precedenti, tutti gli intervistati sono stati invitati a prendere contatto con una persona sconosciuta presa da destinazioni selezionate in modo casuale da tutto il mondo, utilizzando solo le “conoscenze” personali. Utilizzando le loro “reti di interesse comune” i partecipanti sono stati in grado, in media, di effettuare la connessione da persona a persona in tre link. Secondo lo studio, uno dei principali fattori che determinano la riduzione del numero di gradi è stata la crescita in numero e nella qualità dei collegamenti che abbiamo ora. Quasi tutti (97 per cento) degli intervistati ha dichiarato che si sentiva più collegato alle persone e le reti rispetto a 5, 10 e 20 anni fa. E-mail e telefoni cellulari sono state le tecnologie che hanno avuto l'impatto più marcato nel facilitare la riduzione dei gradi da sei a tre. Fra coloro che hanno partecipato allo studio, la maggioranza (98 per cento) ha scelto di utilizzare Internet o il cellulare, in tutte le fasce d'età. Mentre i siti di Social-networking come Facebook sono stati valutati importanti dalla fascia di età più giovane, mentre l'uso invece diminuisce drasticamente nei partecipanti di età avanzata a cui è stato chiesto.

20


Lo stesso Jeff Rodrigues, a capo della ricerca, ha commentato: «Quarantacinque anni dopo Stanley Milgram siamo pronti per ridurre i gradi di separazione da sei a tre. [..] Lo studio ha messo in luce che non è mai stato così facile interagire per effettuare “connessioni” e creare reti di contatti»23.

23

A dover di cronaca, in Italia ma probabilmente in tutto il mondo, sempre grazie a Facebook sono in atto “esperimenti” un po’ più complessi, come quello bolognese intitolato: “Un Grado di Separazione - L’Esperimento Bolognese”. Dove si vuole riunire in un solo gruppo della popolare piattaforma tutti i bolognesi, in modo che fra loro distino di un solo grado di separazione appunto. Ma ci perdonino i suoi estimatori, ma l’iniziativa appare un po’ maccheronica e al gusto di elenco telefonico. Per maggiori approfondimenti si veda: http://www.facebook.com/group.php?gid=68681055176 (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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1.5. La forza di una debolezza

Ma allora le Community sono l’anticamera della pace del mondo? Un luogo dove tutti saranno amici di tutti? Non andrà proprio così. Perché è innegabile che le Community semplifichino i rapporti umani, ma che tipo di rapporti? Mark Granovetter ci consiglia una definizione: “legami deboli”24 che si sceglie di accogliere in pieno. Una Community, dal punto di vista dell’utente, non appare altro che un esaltatore di questi legami. Ne suggerisce molti, a volte addirittura troppi, ma nella maggior parte dei casi tutti estremamente superficiali. Come si vedrà, per quanto una realtà di cui prendere coscienza, ciò non rappresenta assolutamente una nota negativa. Si potrebbero definire “legami potenziali” oppure “legami in anteprima”. Gli si dà uno sguardo e se ci piace allora attiveremo una serie di “procedure di approfondimento” con cui rendere più concreta quella visione di superficie. La Community permette di trovare persone simili a noi senza un grosso sforzo per cercarle. E’ solo un ammaliante venditore di fumo, che in fondo cerca di farci comprare, mostrandocelo in un vestito di profondità apparente, quello che abbiamo già.

24

Mark Granovetter definisce legami deboli quelle conoscenza amicali non troppo strette che costituirebbero la base di una razionalità economica dell’accesso alle informazioni. Per maggiori approfondimenti si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/Mark_Granovetter (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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1.6. Cosa c’è dietro la facciata?

Ma allora cosa rappresentano nel concreto, sotto un aspetto sociologico, i Social Network? Tutto e niente. McLuhan definisce i vari Media come estensioni dei nostri arti25. Un occhio e un braccio molto più potenti dunque, ma pur sempre un occhio e un braccio (più avanti si proporrà una visione alternativa a quella del famoso autore) con i quali noi reinterpretiamo in maniera digitale la nostra vita reale (da qui in poi nell’accezione sociologica di attuale). Una Community quindi è ben lontana dal rischio di una gomorra digitale, in quanto su Facebook ad esempio, una persona timida resta timida26 , di sicuro c’è il fattore facilitatore della comunicazione (come ad esempio può essere il lasciare un messaggio “disinteressato” in bacheca), ma la semplicità come si sa’, spesso rende necessario un taglio di tutte quelle informazioni che al momento si considerano superflue. Un taglio che, a sua volta, rende inevitabilmente superficiali le relazioni. Tanto da aprire un paradosso sul come un rapporto “molto impegnato” (e di buon gusto) nel digitale, spesso rappresenti una legame molto superficiale nel corrispettivo mondo reale.

25 Herbert

Marshall McLuhan è stato uno dei massimi esponenti della sociologia della comunicazione. L’essere umano evolve più lentamente degli altri esseri viventi, anche perché invece di migliorarsi in base ad un principio biologico come gli altri animali, ha scelto di migliorare l’ambiente che lo circonda. Per maggiori approfondimenti si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/McLuhan (cfr. Bibliografia/Sitografia). 26

Discorso a parte andrebbe fatto per piattaforme come Second Life (http://www.secondlife.com - cfr. Bibliografia/Sitografia) dove le persone possono crearsi degli alter-ego e quindi delle personalità e ruoli diversi da quelli che rivestono tutti i giorni. Su Facebook le persone sono invitate ad essere se stesse e quindi a presentarsi per quello che sono, anzi, a volte anche limitandosi perché maggiormente sotto controllo.

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«Tutto fa parte di tutto» insegna Borges 27 e anche il mondo virtuale altro non è che il riflesso di ciò che siamo anche da quest’altra parte. Come due mondi paralleli questi universi troppo spesso vengono sovrapposti e confrontati, ma la realtà è molto più semplice anche se forse meno affascinante. Il mondo si aggrega per un bisogno naturale e l’uomo si riunisce in gruppi per lo stesso motivo. Internet viene visto ancora in modo troppo ideologico e così distaccato dalla realtà che quasi non ci si rende conto che per una volta questo fantastico Media è in ritardo rispetto alla natura. Siamo così affascinati da questo meccanismo, da questa convergenza tanto che è diventato di moda. Perfino la Chiesa ce ne parla mettendoci alla guardia da questi mondi effimeri e dagli sconosciuti digitali28. Ci troviamo solo ora a parlare della complessità quando invece questa è la regola e la necessità del mondo biologico. Per una volta siamo in ritardo.

27

Jeorge Luis Borges: Scrittore e poeta argentino.

28

Anche la Chiesa, anche se con un certo timore si sta affacciando alle potenzialità del Web 2.0, aprendo un canale su YouTube (http://www.youtube.it) e creando dei gruppi su Facebook. Per un maggiore approfondimento si veda l’articolo comparso sul “Corriere del Mezzogiorno” edizione di Napoli del 19 - Gennaio - 2008: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2009/19-gennaio-2009/ chiesa-frena-facebook-ecco-regole-usare-social-network-150911693381.shtml (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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1.7. Una cultura convergente?

Come più di una volta ci avranno fatto notare, Albert Einstein viene considerato l’ultimo grande scienziato. Questo non perché da allora la ricerca scientifica abbia subito un arresto, ma perché da lui in poi ogni altro tassello del nostro sapere è stato studiato e documentato da team di ricercatori. Scampata quindi anche la paura di vedersi qui dipinto Einstein come un burbero asociale, si pensi a ricerche come quelle sul genoma umano, che rappresentano in pieno il concetto di intelligenza collettiva. C’è la ricerca scientifica, ma anche lo sviluppo tecnologico messo a disposizione delle cause farmaceutiche a caccia di brevetti e soprattutto, gli interessi degli Stati partecipanti alle ricerche, per dei benefici sia storici che economici. Tutto il mondo tenderebbe a questa inclusività, quella che Henry Jenkins chiama “cultura convergente”29, riferendosi nello specifico al mondo dei Media, definendola come quella capacità di utilizzare le varie piattaforme di distribuzione dei contenuti per creare veri e propri mondi da esplorare, guidati dai personali gusti e usando il mezzo preferito. In altre parole oggi abbiamo la possibilità non solo di essere creatori di Media, ma di trasferire e convertire queste nostre creazioni per i vari strumenti che abbiamo a disposizione, come telefonino, televisione o nello specifico internet. Questo movimento dei contenuti ci permette di raggiungere tutti in ogni modo e luogo e, di riflesso, di essere allo stesso modo raggiungibili. E se nella peggiore delle ipotesi si trattasse semplicemente di una operazione di conversione di uno stesso contenuto, in visioni più rosee ciò che noi mettiamo in atto è un meccanismo con cui comunichiamo noi stessi e i

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Cultura convergente (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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nostri interessi, quasi lanciando un messaggio nella rete, una bottiglia del mare che si spera venga raccolta da chi condivide le nostre stesse passioni. Un passaparola fatto di contenuti che, trovato il suo canale, la sua rete, a sua volta può creare nuovi contenuti, questa volta collettivi. Una sottocultura, o più precisamente una cultura dal basso, fatta da chi se ne appropria e la reinventa in formule diverse per poi ridistribuirla, in perenne lotta fra il copia-incolla e la creatività, ma questo non interessa. Ciò che si è creato è un meccanismo partecipativo, che assume sempre più la forma di un diritto a cui le persone non hanno assolutamente intenzione di rinunciare. Gli individui quindi si aggregano per diventare degli hub, per acquisire visibilità, anche se solo per loro stessi. Sforando con un piede nella filosofia si potrebbe dire che sia un meccanismo degli individui per sfuggire alla morte, ma c’è molto di più. Perché le persone a volte non partecipano per rendere immortali loro stessi, ma le cose per cui nutrono una passione (anche questo forse un tentativo di “conferma”), come nel caso della Barilla che, lanciando un contest per il nome da dare ad un nuovo tipo di pasta, è stata invasa da proposte dei partecipanti (anche se in premio non ci fosse nulla), aprendo una finestra fino a poco tempo fa impensabile sul valore che gira intorno ad un marchio. Oppure si pensi alle operazioni con automobili come la Lancia Y (U.A.U) o la nuova Fiat30 500, dove le aziende hanno avuto modo di costruire il mondo intorno al prodotto partendo da reazioni comunicate dagli stessi visitatori e solo in parte introdotte da delle linee guida aziendali. Inclusione e partecipazione quindi, niente altro che le linee guida del Web 2.0 insomma, e la conferma di come la rete in fondo non sia altro che una versione digitale dei nostri comuni rapporti, ma cosa prevedono gli scenari futuri? 30

Si veda: Lancia: htto://www.lancia.it - Fiat: http://www.fiat.it

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1.8. Un futuro semantico

Tutta questa produzione di contenuti e di dati in generale, ha già da tempo messo in moto i più fatalisti, i quali ci avvisano di un imminente collasso della rete, un momento in cui il carico che dovranno sostenere le nostre linee telefoniche sarà tale da farle crollare. Una sorta di infarto telematico che però, a ben guardare, spesso non tiene conto dell’evoluzione tecnologica e della capacità logiche dei software di gestione. Quel che è certo però è che una tale produzione di dati aumenta per continui rimandi in maniera quasi esponenziale, senza considerare le citazioni che spesso producono una infinità di duplicati per ogni genere di documento, dalla registrazione del discorso di instaurazione del neo-eletto presidente Obama, al più comune mp3 di musica pop. Per questo motivo un’altra corrente, questa volta più ottimista, ha introdotto il termine “Web 3.0” o “Web Semantico”31 per spiegare quali sono le tecnologie su cui si lavora e che probabilmente avremo a disposizione fra qualche anno. Di sicuro considerata la nebbia che ancora aleggia intorno al Web 2.0, parlare di questa nuova evoluzione tecnologica appare un po’ rischioso e non manca chi, già accusando il Web 2.0 di essere già morto da tempo32, definisce senza troppo rifletterci questa nuova piattaforma solo un ideale utopico e di propaganda. Certo è che alla base di questo sviluppo c’è un progetto alquanto ambizioso: la formazione di un “Data Web”, ossia la

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Web Semantico è un termine coniato dal suo ideatore, Tim Berners Lee. Per maggiori approfondimenti si veda: “Un web più rivoluzionario” http://it.wikipedia.org/wiki/Tim_Berners-Lee (cfr. Bibliografia/Sitografia). 32

A tal proposito si legga l’intervista a Kazunori Yamauchi, manager della Sony e padre del popolare videogame “Gran Turismo”, pubblicata in Aprile 2008 da Repubblica: http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/scienza_e_tecnologia/videogiochi/gt5-intervista/ gt5-intervista.html

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catalogazione, basata su “etichette” come quelle di una biblioteca, di tutti i contenuti presenti sul web, trasformando la rete in un database indicizzato in base al contesto semantico del contenuto, in un formato adatto all’interrogazione, all’interpretazione e, più in generale, all’elaborazione automatica. Ciò renderà possibile non solo ricerche molto più evolute e precise delle attuali, basate sulla presenza nel documento di parole chiave, ma anche altre operazioni specialistiche come la costruzione di reti relazionali e connessioni tra documenti secondo logiche più elaborate del semplice link ipertestuale33 . Una rivoluzione tecnologica quindi e non filosofica, come per il Web 2.0, che aprirebbe le porte alle prime sperimentazioni sull’intelligenza artificiale, che sarà capace di interagire con l’utente in modo naturale, con l’obiettivo di arrivare un giorno sul nostro motore di ricerca e ricevere risposte basate su una elaborazione logica della nostra domanda e non più sulla presenza del testo digitato nei documenti linkati. Una costruzione di una intelligenza amministratrice unica del mondo digitale che rimanda troppo facilmente al film “The Matrix”, ma che ci dà lo spunto per l’ultimo, pindarico e visionario, paragrafo di questo capitolo.

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Fonte: Web Semantico - http://it.wikipedia.org/wiki/Web_semantico (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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1.9. Siamo strumenti della comunicazione

Secondo la “Teoria della società” di Niklas Luhmann34 non è l’uomo a generare la comunicazione, ma è quest’ultima in quanto pre-esistente all’individuo, a sfruttare l’essere umano come ambiente per riprodursi. Il bisogno di sopravvivenza della comunicazione avrebbe generato le società, un luogo ideale in cui replicarsi. Ma l’uomo, per quella sua componente irrazionale che Morin definiva “Demens”35, ha sempre causato dei problemi a questa entità sovrastante. Tutte quelle emozioni, quell’amore che l’uomo produce, spesso producono degli errori, perfino dei paradossi che non permettono al sistema di “comunicare” tranquillamente. La comunicazione ha fatto di tutto per ridurre al minimo ed isolare gli individui più anomali, soprattutto aumentando il senso di dipendenza che collega gli uni agli altri in una società. Trasformando quasi la creatività in un fattore anomalo, in una diversità e quindi in un senso di esclusione. Questo “pensare comune” e in modo simile, ha prodotto un senso di appiattimento che venduto sotto le spoglie di uguaglianza sta ingannando il genere umano. Gli stessi concetti di convergenza e di intelligenza collettiva sono a rischio in questa visione esterna. L’uomo starebbe per alienarsi, non solo a causa del lavoro, ma per volontà stessa della comunicazione che sempre più ci allontana da un proprio “io” e ci lascia fermi ad uno strato più superficiale di “persona”. Il mondo rinuncia sempre più spesso a fare esperienze, accontentandosi delle emozioni trapelate dalle pubblicità. “Tutto va bene” citano servizi televisivi da “quarto potere” e l’uomo finisce sempre più per crederci, 34

Niklas Luhmann - Teoria della società - Angeli, Milano 1992 (cfr. Bibliografia/Sitografia). 35

Per approfondimenti sul concetto di Homo Demens si veda: Edgar Morin - Il paradigma perduto, Feltrinelli.

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incapace di distinguere il suo volere, confuso geneticamente per i calmanti presi da piccolo e gli eccitanti che gli servono per produrre sul lavoro. In questo scenario inevitabile per i più pessimisti, l’unica cosa che può tenerci a galla è quella che Giorgio Manfré definisce “alienazione consapevole36 ”, l’unica risorsa di cui si dispone per combattere questa perdita di consapevolezza. Una nuova minaccia però si sta delineando all’orizzonte, guidata dallo stesso sviluppo tecnologico che ci apre all’affascinante mondo del semantico. Alla nascita del web infatti la comunicazione ha trovato un nuovo ambiente in cui crescere, asettico e superficiale, ma allo stesso tempo basato su di un principio di condivisione e di connessione. Qui la comunicazione ha proliferato, creando un mondo parallelo che ancora oggi si nota nei nostri discorsi, quando ancora dividiamo il reale dal virtuale. Un errore di fondo forse, dettato dall’incomprensione, in cui già Lévi trovo modo di ammonirci. Parlando della letteratura egli ci chiese se davvero, quei mondi descritti nelle pagine di un libro potessero essere considerati irreali, eppure l’avevamo immaginati, sentiti veri e vivi, immedesimandoci in quelle situazioni descritte37. Second Life è un mondo virtuale ma per molti rappresenta più la realtà di quanto lo sia quello che noi intendiamo altrimenti. Così, sotto il nostro ignorarla, la comunicazione ha preso possesso della rete, è cresciuta e si continua ad affacciare alla scena con proclami sull’intelligenza artificiale. Un processo che le darebbe un corpo, una forma fatta di bit mutevole come quella dell’acqua, ma pur sempre una forma, che la renderebbe più concreta e meno dipendente da un corpo umano rispetto ad un comune parassita.

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Alienazione consapevole. Per approfondimenti si veda: Giorgio Manfré - Eros e societàmondo, edizioni Quattro Venti, 2004 (cfr. Bibliografia/Sitografia). 37

Per maggiori approfondimenti si veda: P. Lévi - Il virtuale, Brossura, 1997.

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Nello stesso momento l’uomo sta sciogliendo i suoi tabù su internet, abbassando le difese verso un mondo che sentiva distante e stuzzicandosi all’idea di una “realtà aumentata” un potenziamento del nostro campo visivo fatto di carne e bit, che valicherà questo confine ormai vetusto dei due mondi, quello analogico e quello digitale. Come già accennato in precedenza, McLuhan mentre definiva le tecnologie precedenti come estensioni di organi fisici (la ruota come un prolungamento dei piedi o le mura della città come un'esteriorizzazione collettiva della pelle), vedeva i Media elettronici invece, come estensioni del sistema nervoso centrale, ossia come un ambito inclusivo e simultaneo. In questo modo, queste diventerebbero sovrameccanismi delle nostre stesse creazioni rispondendo ad esse nel modo immediato e meccanico che esse richiedono. Quindi, quasi a confermare la centralità di una Community rispetto a noi stessi, l’autore suggeriva che il punto centrale del mito di Narciso non è che gli individui tendono a innamorarsi della propria immagine, ma che questi si innamorano di proprie estensioni, convinti che non siano loro estensioni. Una idolatria della tecnologia che comporterebbe un “intorpidimento psichico”, segnando un “potere tribalizzante” dei nuovi Media elettronici. Nella loro forma di vita parallela i Media elettronici non sono niente altro che la riproposizione di ciò che già avviene nella realtà. Non sono cose così completamente nuove, ma la loro semplicità e l'estensione dei loro tentacoli quello sì, ci acceca e ci confonde. Mentre danzano sinuosi ci intrappolano nella rete. Ma è solo una visione superficiale, di chi già alienato è preda della comunicazione e non riesce più a guardare. Perché fin quando reale e virtuale verranno visti come mondi paralleli non è possibile riporre piena fiducia alle parole di McLuhan, perché non si tratterà di un prolungamento

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di un braccio o di una gamba, ma per certi versi di un altro braccio e di un’altra gamba, creati dalla comunicazione per sopravvivere. Per questo si vuole confidare nella realtà aumentata, nel valicare di questo confine verso una integrazione di due mondi simili ma diversi, ricucendo al nostro corpo l’arto smarrito. Ma il rischio è molto alto. Perché a quel punto la comunicazione forse avrà una intelligenza collettiva con cui combattere, un potere decisionale che forse non immaginiamo e l’uomo sarà troppo preso da un egoistico senso di creazione e di controllo sull’ambiente che lo circonda, ignaro di essere lui stesso l’ambiente. Chi gestirà questo nuovo mondo? L’uomo o la comunicazione? Saremo attivi o passivi ci arrenderemo ad essa? Ciò che possiamo auspicarci è solo la nostra nonperdita di coscienza.

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2. Il punto di vista del cacciatore

2.1. Ritorno alla normalità

Dopo aver esplorato le sfaccettature più enigmatiche e teoriche della comunicazione, è il caso di tornare con i piedi per terra, per parlare di quegli aspetti più pratici che guidano il nostro agire. Il tutto cercando di porci in un punto di vista preferenziale, quello delle aziende che sono presenti o si stanno per proporre all’interno del panorama dei Social Network. Il “debutto” nella rete, per quanto offra spesso delle nuove opportunità, non deve essere preso sottogamba. Il Media è così definitivamente lontano dalle logiche “Push38 ” e il tipo di comunicazione di cui necessità è molto differente da quella che si può applicare su altre piattaforme come quella televisiva. Infatti, per quanto potenzialmente internet offra la possibilità di avere tutto e subito, tanto da poter accelerare il processo di acquisto al ritmo di un solo battito (vedo-amo-compro on-line), il tipo di approccio, la relazione e il servizio che si vogliono offrire hanno bisogno di tempo per instaurarsi. Di sicuro bisogna saper stupire e coinvolgere, ma non bisogna dimenticare che internet in quanto strumento democratico offre la possibilità di fare confronti e le persone d’altronde non si innamorano di tutto, dedicando spesso invece parecchie ore a fare ricerche per essere sicuri anche di un solo acquisto. Come deve porsi il marketing in tutto questo? Di sicuro conoscere le dinamiche, gli strumenti, i trucchi, per saper sfruttare al meglio le

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Push: termine con cui si indicava la tipologia di marketing di qualche anno fa dove le aziende “spingevano” la vendita dei loro prodotti. Ora il tentativo è quello inverso di attirare le persone verso il prodotto, secondo una dinamica definita “Pull”.

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Community aiuta, più di un gettarsi a testa bassa e senza una idea precisa della strategia da seguire nel mare digitale questo è certo. Sfruttare una piattaforma già presente oppure crearne una propria, che sia rivolta al cliente o al ramo business poco importa. Le regole da seguire sono sempre le stesse, l’unica accezione riguarda il linguaggio da tenere, più informale e semplice per i clienti, professionale e con uno stile grafico più pulito per le aziende. Ma in ogni caso lo sviluppo di una Community aziendale può diventare una vera e propria strategia di business. Bisogna però partire in modo chiaro da un presupposto, un po’ come quando si dice che riconoscere un problema è un buon modo per iniziare una cura, occorre cominciare a considerare in modo definitivo la comunicazione una risorsa e smetterla di vederla solo come un costo. Uno dei principi base del marketing, che purtroppo ancora oggi viene visto con diffidenza dalle aziende, ma che si rivela fondamentale per partire con il piede giusto. Sulla base di queste valutazioni sarà possibile dimostrare come il mondo dei Social Network permetta di usufruire dei suoi vantaggi anche se si dispone di investimenti molto limitati che non permettano operazioni faraoniche di comunicazione, ma è necessario avere una strategia chiara e ben delineata. Se si pubblicano contenuti di buona qualità sarà facile ottenere l’attenzione dei visitatori e molto probabilmente saranno loro stessi ad attivare non solo una serie di rimandi e consigli da seguire, ma anche un passaparola sia di persone che di piattaforme dove emergerà lo strumento preferito, il canale migliore su cui mirare, facendo loro il lavoro dei nostri addetti stampa o Trend-Hunter.

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2.2. Una festa a cui non posso mancare

Più che i soldi servono le idee, ma spesso le aziende non se ne rendono conto e nonostante continuino ad aumentare il loro ricorso ai Social Media e si riconoscano i suoi effetti benefici (per il 66% delle aziende si ritiene di ottenere un miglioramento delle relazioni con i clienti, per il 64% si considerare migliorata la reputazione aziendale, mentre per il 40% l’utilizzo di queste nuove piattaforme ha prodotto un incremento delle vendite), solo il 18% delle aziende ha avviato un piano per gestire strategicamente questi strumenti39. Una diffidenza spesso dovuta al fatto che 3 aziende su 5 hanno fra i loro dirigenti del personale molto anziano che spesso è contrario all’utilizzo dei Social Media, in quanto li ritengono strumenti capaci di influire negativamente sulla produttività aziendale. Un altro motivo, come per il marketing virale, è legato all’incapacità di stabilire quantitativamente e concretamente quale sia il vantaggio che questi strumenti siano in grado di dare sia a livello di “engagement” che di immagine. Ma sfruttare il 2.0 anche per la comunicazione interna, come per le intranet aziendali, potrebbe portare i dipendenti non solo a distrarsi da quelle piattaforme di intrattenimento come Facebook o YouTube (che alcune aziende si ostinano erroneamente a bloccare sui posti di lavoro), ma anche a partecipare in modo più produttivo e collaborativo ai progetti aziendali. Già solo l’introdurre l’argomento, ci mostra come non si possa approdare ai Social Network con gli occhi bendati, aggregandosi al gregge senza sapere in che direzione si vada e, a tal proposito, sono esplicative le parole che un manager ha fornito, durante un brief, al gruppo di Marketing Reloaded alla domanda su quali idee lo spingevano a fare advertising sui 39

Fonte dati: Edelman Italia (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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Social Network: «Non lo so, Facebook non l’ho mai visto, sono solo su Linkedin, ma se ne parla tanto, i miei clienti so che ci vanno, molte aziende lo fanno e anch’io devo fare qualcosa, non posso basarmi sulle solite iniziative»40. Nella affermazione appena riportata c’è una verità, ossia che non ci si può basare sulle solite iniziative, ma c’è anche l’errore più grossolano che si possa fare, che è quello di voler sfruttare i Social Network quasi per sentito dire, offrendosi agli stessi rischi che corriamo, per intenderci, ad un appuntamento al buio o andando ad una festa a casa di uno sconosciuto. Ci arrovelliamo, in un pensiero Morettiano, sul fatto che si noti di più la nostra assenza o la nostra presenza, ma se dobbiamo andarci per poi stare fermi in un angolo, non parlando con nessuno e correndo anzi il rischio di apparire antipatici, vale tanto la pena di andarci? Probabilmente no, o meglio, bisogna andarci ma fare qualcosa per cui valga la pena essere ricordati. Perché se ci pensiamo bene, siamo noi che dovremmo offrire uno spettacolo e i nostri clienti gli invitati a vederlo. L’entusiasmo che gira intorno ad alcune Community in questo periodo, porta i visitatori ad avere un atteggiamento più permissivo, teso quasi a perdonare tutta una serie di pecche, che si potrebbero definire giovanili, di cui queste piattaforme spesso soffrono. Quasi in un premiare più lo sforzo che il risultato, i navigatori maturano dei pareri positivi su una azienda già solo per il fatto che adotti determinate dinamiche più partecipative41. Ciò da’ una sensazione dello strumento che è del tutto falsa, in quanto costruita su una percezione media del servizio offerto. I Social Media sono un po’ come una cipolla che si sta ricoprendo di vari strati, nuovi servizi e 40

Tratto da “Facebook e i Social Network taglieranno le gambe ai Blog?” di Marketing Reloaded (cfr. Bibliografia/Sitografia). 41

Osservazione maturata osservando la Community di “Senza Problemi”, di cui si parlerà in maniera approfondita più avanti.

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possibilità che di volta in volta andranno ad aggiungersi al nucleo centrale e che porterà molto presto, l’attenzione e i servizi che i fruitori richiederanno, ad un livello molto più alto. E grazie a Ning42 ad esempio, un Social Media che da la possibilità di crearsi la propria Community personale, i navigatori più intraprendenti possono già costruirsi un servizio costruito a misura delle proprie esigenze. Questa piattaforma, creata da Marc Andreessen, già padre del browser Netscape, permette a tutti gli utenti di trasformarsi in creatori di comunità on-line, con tanto di Blog, forum, video e foto. Una sorta di Social Network dei Social Network che si pone a metà strada fra MySpace e Wordpress43, offrendo un servizio completamente gratuito, nella sua forma base, che ha aperto il mondo delle Community non solo a quei fenomeni e a quegl’interessi considerati più di nicchia, ma anche alla piena libertà di gestione dello spazio e dei contenuti44.

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Ning: http://ning.com (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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MySpace e Wordpress: MySpace è una piattaforma considerata alternativa a Facebook, mentre Wordpress è un popolare fornitore di servizi per i blogger. 44

Le affermazioni di questo paragrafo sono tratte da un articolo comparso su “L’Espresso” del 21 marzo 2007. Per maggiori approfondimenti si veda: MySpace il futuro si chiama Ning (A. Dini, A. Longo) – http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Myspace-il-futuro-si-chiama-Ning/1539480/ (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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2.3. Ok ci sono, ma adesso che faccio?

Se siete fra quelli che non hanno molta conoscenza di questi strumenti ma presi dall’entusiasmo non avete resistito ad iscrivervi ad uno dei tanti Social Media, probabilmente la prima domanda che vi siete posti una volta completata l’iscrizione è stata: “Ok, ma adesso che faccio?”, accompagnata da un vago senso di panico simile a quello che prova un turista disperso in pieno deserto del Sahara. Bè, una cosa di positivo c’è: avete fatto una domanda molto pertinente. Per il resto, per quanto siano sempre da premiare le iniziative più proattive, prima di continuare sarebbe opportuno prendere una cartina e provare ad orientarsi un po’. “Cosa si può fare? Cosa fanno i visitatori? Cosa piace e cosa non piace? Cosa posso fare io? Cosa mi piacerebbe fare? A cosa mi serve e soprattutto, ne ho davvero bisogno?” A meno che non vi siate presenti solo per uno svago personale, una Community resta una grande opportunità, anche se forse c’è da chiedersi se sia davvero quel bene fondamentale e inevitabile che spesso si crede. Ci sono tante aziende che fanno ottimi bilanci anche senza questi strumenti, ma allora perché dovrebbero attivare delle strategie di comunicazione sui Social Media? Lo stesso Gianluca Nicoletti45, che crede fermamente in questi strumenti, facendone quel successo spesso preso come esempio in ogni discussione sulle piattaforme partecipative, nonostante in più articoli abbia documentato come l’utilizzo delle piattaforme di Social Media siano diventate una risorsa molto importante per la creazione dei contenuti del suo programma, un

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Gianluca Nicoletti: Giornalista e Speaker Radiofonico. Attualmente conduce un programma su Radio24.

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giorno, all’interno del suo profilo su Facebook si è firmato con il seguente messaggio: «Capito... Chi socializza nel Social Network si espone solamente scribacchiando, se chiamato a verbalizzare il pensiero si afonizza all’istante46 ». Ma allora se i contenuti degli utenti restano superficiali e se molte aziende fanno ottimi fatturati ignorando strumenti come la mail perfino, perché e in cosa una azienda dovrebbe o potrebbe sfruttare una Community? Una risposta semplice l’abbiamo già data, ossia che le persone sono al momento affascinate da questo strumento di partecipazione, lo trovano positivo e interessante. In più producono dei contenuti che si potrebbe veicolare con un poco di attenzione ed intelligenza verso un nostro interesse, con un investimento a basso costo per l’azienda e con un’alta soddisfazione per il cliente. Una operazione di marketing che si potrebbe definire perfetta, che non deve essere per forza mirata alla produzione di un prodotto, ma anche come strumento per migliorare l’immagine, la brandness del marchio o come iniziativa per incentivare i dipendenti ad aumentare la produzione. «The end of business as usual» - scrivono gli autori del libro “The Cluetrain Manifesto47” - «I mercati sono conversazioni e grazie ad internet, le persone scoprono velocemente nuovi modi di condividere conoscenze fondamentali. Anche se i manager sembrano ignorarlo, i loro dipendenti sono parte integrante di una rete sconfinata di conversazioni. Dialogando grazie alla rete, persone provenienti da ogni angolo della terra condividono

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Probabilmente la frase è stata soltanto una provocazione per la trasmissione radiofonica di quel giorno, ma resta pur sempre uno spunto interessante da non sottovalutare. 47

The Cluetrain Manifesto: http://www.cluetrain.com. Per maggiori approfondimenti si veda anche: Levine, Locke, Searls & Weinberger, The Cluetrain Manifesto: The End of Business as Usual – Perseus Book,1999 (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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la conoscenza e si trasformano rapidamente in utenti/clienti più consapevoli, sempre meno condizionabili». Secondo questo testo quindi, anche se certe tipologie di marketing si dimostrano ancora valide, i mercati si affacciano verso un nuovo modo di fare business di cui dovremmo tenere sempre più conto, dove: “i mercati sono conversazioni” e “sono fatti di esseri umani, non di segmenti demografici” e “internet permette delle conversazioni tra esseri umani che erano semplicemente impossibili nell’era dei mass media” che avvengono con modalità nuove, “molto più efficaci”, generando “nuove forme di organizzazione sociale e scambio della conoscenza”; “le persone nei mercati in rete sono riuscite a capire che possono ottenere informazioni e sostegno più tra di loro, che da chi vende”; “le aziende che non capiscono che i loro mercati sono ormai una rete tra singoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti, stanno perdendo la loro migliore occasione” ed hanno ora la possibilità di “comunicare direttamente con i loro mercati. Se non lo capiscono, potrebbe essere la loro ultima occasione”; “una intranet in buona salute” e che parte dal basso “organizza i dipendenti nel più ampio significato del termine.” Con un “effetto più radicale di qualsiasi piattaforma sindacale”; l’organigramma della stessa azienda deve essere fatto di “link, non di gerarchie. Il rispetto per la conoscenza vince su quello per l’autorità astratta”; forse le aziende fanno “una certa impressione sugli investitori”. Forse fanno “una certa impressione sulla Borsa”. Ma di certo non impressionano il loro mercato e i loro dipendenti che “si stanno svegliando e si stanno linkando. Stanno a guardare, ma non ad aspettare”48 .

48

Da: “i mercati sono conversazioni” a “Stanno a guardare, ma non ad aspettare”: citazioni di alcune delle 95 tesi descritte nel libro “The Cluetrain Manifesto” (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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2.4. Restiamo amici. La crisi dei Lovemarks?

L’evoluzione del mercato, la grande produzione dei contenuti e l’immediatezza della comunicazione che internet offre, sono elementi che potrebbero mettere in crisi il concetto stesso di rapporto fra azienda e propri clienti. In altre parole, se i grandi e storici marchi contemporanei, possono godere ancora di una sorta di valore affettivo con i propri estimatori, tutte le aziende che si vanno ad affacciare ora nella rete potrebbero trovarsi di fronte ad un individuo che non se la sente di affrontare una relazione seria. Il rischio è quello di una crisi di quel concetto di fedeltà a una marca, la versione aziendale della coppia fissa, dove il consumatore, cosciente dell’incredibile rapidità di rinegoziazione e di relazione che questi mercati digitali gli offrono, potrebbe sì sentire il bisogno di creare una relazione, ma che definirebbe più come un... Restiamo amici.

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2.5. Panopticon

Una vignetta comparsa ultimamente su un quotidiano on-line mostrava un uomo davanti alla televisione mentre questa emetteva il seguente messaggio: «Tu credi di osservare me, ma in realtà sono io che osservo te». Probabilmente, se invece della televisione ci fosse stato un computer all’immagine resterebbe ben poco di satirico e divertente, o almeno non lo sarebbe per i nostri clienti, i quali cominciano sempre più a prendere coscienza che i dati che diffondono posso essere usati dalle aziende per costruire i nostri profili, i gusti e le abitudini. Ancora una volta, anche su questo argomento, è proprio Facebook a far parlare di sé. In un articolo comparso su “Telegraph” viene proprio svelato il piano economico del famoso Social Media. Una azienda del tutto strana, che vale svariate decine di milioni di dollari senza però produrre effettivamente degli utili, ma che ha il suo potenziale in una enorme banca dati fatta da 150 milioni di utenti che ha deciso, giocando intorno al nostro consenso sul trattamento della privacy, di vendere come focus group per le aziende49. Una strategia che di punto in bianco ci porta al disincanto, svestendo la Community dagli ingannevoli panni della divertente piattaforma per liceali e studenti per rivestire quelli di uno strumento di comunicazione capace di muoversi in questo nuovo mercato, altamente complesso e difforme. Mark Zuckerberg, padre del Social Network, che da studente voleva solo riproporre una versione digitale dello yearbook realizzato ogni anno nei college americani, si trova adesso a gestire i dati e osservare le relazioni di milioni di utenti. Un uomo solo, davanti al suo computer, con la possibilità

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Networking site cashes in on friend: Articolo comparso il 2 Febbraio 2009 sul sito del Telegraph. Per maggiori approfondimenti si veda: http://www.telegraph.co.uk/finance/ newsbysector/mediatechnologyandtelecoms/4413483/Networking-site-cashes-in-onfriends.html (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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di “osservare” e controllare tutto i movimenti di ogni singolo utente. Un po’ come il Panopticon50 descritto da Jeremy Bentham nel 1791, un carcere che grazie alla particolare forma dell’edificio consentisse ad un unico guardiano di osservare (optikon) tutti (pan) i prigionieri in ogni momento, i quali non devono essere in grado di stabilire se sono osservati o meno, portando alla percezione (sempre da parte dei detenuti) di un'invisibile onniscienza. Lo stesso filosofo descrisse il panottico come: «Un nuovo modo per ottenere potere mentale sulla mente, in maniera e quantità mai vista prima». Una definizione “vecchia” più di duecento anni, ma così adatta ad indicare il potenziale dei Social Media per le aziende, uno strumento di raccolta dati, non una prigione intesa come divieto ma come luogo di cui non si può fare a meno, una prigione emotiva che a volte odiamo, ma da cui non riusciamo, sappiamo e vogliamo distaccarci.

50

Panopticon è un progetto di carcere ideale, riproposto anche da Foucault nel suo saggio “Sorvegliare e punire”. Per maggiori approfondimenti si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/Panopticon (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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2.6. Come vendere ciò che è gratis

Ma se finora si sono mostrate tutte le opportunità che una azienda può trovare nell’utilizzo dei Social Network in quanto strumento per aumentare le nostre relazioni, per migliorarle e adattarle a queste nuove forme di mercato, e soprattutto per osservare e conoscere i propri consumatori, quali sono i compromessi a cui invece le società devono scendere? Secondo Lawrence Lessig51 , l’autore del libro e del movimento di “Cultura libera”, e Chris Anderson52 , lo stesso che ha segnato il successo del concetto di “coda lunga” applicata al business on-line, in internet sta nascendo sempre più una “cultura del free53 ”, che porterà a fare in modo che in futuro sempre più prodotti, come i cd musicali, ma anche i viaggi d’aereo, saranno gratuiti. Un visione più che ottimistica per il cliente, che di sicuro fa storcere il naso a molti amministratori delegati (a cui di certo l’idea che in futuro debbano vedersi distribuire gratis i propri prodotti non mette di buonumore), ma paradossalmente occorre sapere come tutto questo può trasformarsi in una grande opportunità anche per le aziende. Come? A rispondere ci pensa Kevin Kelly 54 che spiega, attraverso le pagine del suo Blog, come (rafforzando il discorso fin ora fatto) alle porte si stia affacciando un nuovo tipo di economia, dove non pagheremo i prodotti, ma

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Lawrence Lessig: “Cultura Libera - Un equilibrio fra anarchia e controllo, contro l’estremismo della proprietà intellettuale” (titolo originale: “Free Culture: How Big Media Uses Technology and the Law to Lock Down Culture and Control Creativity) - rilasciato sotto Licenza Creative Commons, 25 Marzo 2004 (cfr. Bibliografia/Sitografia). 52

Chris Anderson: di questo autore si è già parlato anche a pagina undici.

53

Per maggiori approfondimenti si veda: Free! Why $0.00 Is the Future of Business – http://www.wired.com/techbiz/it/magazine/16-03/ff_free?currentPage=all (cfr. Bibliografia/Sitografia). 54

Kevin Kelly: Uno dei fondatori e curatori della prestigiosa rivista Wired, ha pubblicato sul suo Blog un articolo su “Internet fotocopiatrice” - http://www.kk.org (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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i servizi e i valori-aggiunti: «Internet è una fotocopiatrice» - dice Kelly, ma - «quello che non si può copiare diventa raro e prezioso». E le aziende che per prime sapranno adattarsi e soprattutto avranno la costanza di coltivare questo nuovo modello di business saranno quelle che più di tutte ne trarranno dei vantaggi. Kelly ci indica anche otto categorie di valori, le quali sostituiscono non solo la miniera d’oro della rete, ma la stessa incarnazione di questo nuovo modello di business:

1. Immediatezza. 2. Personalizzazione. 3. Interpretazione. 4. Autenticità. 5. Accessibilità. 6. Corporeità. 7. Mecenatismo. 8. Reperibilità.

«Il denaro, nell’economia della rete, non segue la strada della copia. Segue la strada dell’attenzione e l’attenzione ha i suoi circuiti» (K. Kelly). In un ottica più disincantata, quanto appena descritto non si discosta poi molto dall’idea già valida e attuale di un marketing dei servizi e non più di prodotto, una idea di gestione del business che però nella rete può trovare innumerevoli risorse, perfino nella costruzione dei contenuti. I Social Network infatti sono sempre più delle piattaforme in grado di aggregare, non solo persone, ma anche dei contenuti. Le piattaforme più attive e frequentate sono quelle che offrono la possibilità di spaziare fra un video di YouTube, le foto di Flickr, il servizio Maps di Google e tanto altro.

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Noi allo stesso modo abbiamo la possibilitĂ di costruire come visto la nostra Community personalizzata senza dover scrivere o conoscere una riga di codice. Grazie agli RSS55 infatti, possiamo mettere insieme le notizie giornalistiche di quante testate vogliamo, un servizio meteo, un box contenente poesie e una raccolta di sfondi per il computer, tutti servizi gratis, che si aggiornano automaticamente, messi insieme attraverso pochi clic di mouse. In fondo non ci vuole molto, basta un po' di intelligenza.

55

RSS: Acronimo di Really Simple Syndication, rappresenta uno dei piĂš popolari formati per la distribuzione di contenuti sul web. Per maggiori approfondimenti si veda: http:// it.wikipedia.org/wiki/RSS

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2.7. Il piacere di servirLa (da un lato)

Analizzando gli scenari futuri possiamo dire quindi che saranno governati da quelle imprese che avranno la capacità, più delle altre concorrenti, di ideare dei modelli di business innovativi, nel quale il contributo del cliente assume un ruolo sempre più rilevante. Si pensi al solo YouTube e a cosa sarebbe senza la possibilità di fare l’upload dei video. Il ruolo del marketing non si deve limitare a proporre all’interno del mercato nuove idee. Si deve estendere invece all’ideazione di un intero modello di business fatto non solo di una innovazione del prodotto-servizio, ma anche basato su di un’offerta che diventa indispensabile innovare continuamente, non costruita più su una capacità di ricerca, ma in una sempre più richiesta abilità di ascolto del cliente, attua a migliorare il processo di interazione e non il prodotto. Il punto principale è che nessuno ci vieta però di utilizzare il potenziale dei nostri consumatori per migliorare tutti i nostri processi produttivi. Il cliente che è attivo, partecipa e possibilmente si diverte (il che non vuol dire mettere semplicemente delle barzellette sul sito aziendale) sarà ben lieto di aiutarci e noi potremmo ottenere, osservando il suo comportamento nei confronti di un servizio offerto, delle consulenze assolutamente gratuite. Più sarà personalizzato, emozionale e soddisfacente il servizio che offriamo, più il cliente sarà soddisfatto e disposto a fornire alla azienda dei feedback per l’innovazione di quel processo. Un crescendo di continui rimandi che è tanto potenziale quanto pericoloso se viene interrotto bruscamente. La chiave del successo sta nel riuscire ad individuare, anche grazie al cliente stesso, i bisogni impliciti dei consumatori e farli emergere, trasformali in un servizio da allegare alla vendita per la costruzione di un Bundle prodotto-servizio sempre più targettizzato, sì personalizzato ma

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anche difficilmente confrontabile anche da chi sfrutta la rete per valutare i suoi acquisti. L’obiettivo deve essere quello di fornire una atmosfera in cui il cliente possa rasserenarsi e trovare fiducia come trasparenza e non spaventarsi e decidere di fuggire56 .

56

Le informazioni riportate in questo paragrafo sono tratte da “Il piacere di ServirLa� appunti del corso di marketing relazionale tenuto dal professore Nicola Grande (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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2.8. Il potenziale relazionale

Il fatto che molto spesso abbiamo più “amici” noi su Facebook che una Community media fra i suoi membri, ci permette di osservare quanto sia alto il potenziale relazionale degli individui e di quanto questa risorsa possa trasformarsi ancora una volta in una opportunità per le aziende. Gianluca Nicoletti57 vede ad esempio Facebook una risorsa con cui riesce a diminuire, senza costi, il carico di lavoro per la creazione dei contenuti della sua trasmissione radiofonica e insieme alla Community “Melog 2.0”58 riesce a creare partecipazione e “affetto” negli ascoltatori del programma. I Social Media si delineano come uno strumento che è possibile integrare e far interagire con altri per creare una multi-connessione, termine che spesso viene usato anche per definire quell’atteggiamento multicanale dell’uomo moderno, immerso in mille ruoli da rivestire e gruppi in cui vivere ogni giorno, forme e ruoli, spesso anche contraddittori, a cui non vuole assolutamente rinunciare.

57

Si fa riferimento ad una intervista comparsa su “Il fenomeno Facebook” – AA. VV. Nòva24, Il Sole 24 Ore, Dicembre 2008 (cfr. Bibliografia/Sitografia). 58

Melog 2.0: http://www.melog.it (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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2.9. Un consumatore multicanale

Secondo i dati emersi da una ricerca Nielsen all’interno di un progetto del Politecnico di Milano59, i consumatori multicanale, ossia che prendono sempre più coscienza e fiducia nell’utilizzo di internet, sono cresciuti rispetto al 2007 del 31%, attestandosi a 7,2 milioni di utenti contro i 5,5 milioni dell’anno precedente. Inoltre il tempo medio di connessione procapite mensile ha raggiunto le 26 ore e 11 minuti, segnando un aumento anche in questo caso del 32% rispetto al 2007. Un panorama già fiutato dalle aziende che hanno aumentato i loro investimenti in internet del 17,3% nei primi 10 mesi del 2008 con un incremento dell’11% delle aziende che per la prima hanno deciso di investire on-line. Inoltre, l’apporto alla ricerca di questo osservatorio sulla multicanalità, ha permesso alla Nielsen di editare il profilo del consumatore web odierno, considerato ormai “maturo” agli strumenti digitali. Il suo profilo, composto da un panel Nielsen Homescan di 3000 famiglie (per un totale di 7000 persone di età superiore ai 14 anni) è compreso fra i 25 e i 54 anni (rappresentando il 63% degli utenti) con proprio il target più alto che si è caratterizzato per una maggiore autonomia decisionale nei processi di acquisto on-line. Nell’immaginario, pur rappresentando la principale fonte di ricerca di informazioni per il 21% della popolazione italiana, internet rappresenta anche e soprattutto un “luogo dove fare acquisiti”, rappresentato da 1,5 milioni di acquirenti, pari al 7% del totale, che sono attratti principalmente dalle offerte viaggi.

59 Aziende

e consumatori: La multicanalità “lascia o raddoppia”: Gennaio 2009.

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Il mezzo di pagamento preferito dal 64% del campione restano le carte ricaricabili, mentre il 74% ancora dichiara di “non fidarsi” ad utilizzare le carte di credito. Molti consumatori (il 23% rispetto al 18% del 2007) spesso si recherebbero al punto vendita per visionare il prodotto ma poi sfrutterebbero internet per chiedere consigli e suggerimenti e per completare il processo di acquisto. Secondo la ricerca anche i Blog ed i Social Network incidono sull’acquisto: il 27% dei consumatori tiene molto in considerazione le opinioni di altri blogger o membri di una Community prima di effettuare un acquisto, arrivando a rinunciare all’acquisto per ben il 15% dei casi in caso di pareri negativi degli altri utenti60 .

60

Tutti i dati presentati in questo paragrafo sono stati pubblicati il 29 Gennaio 2009 da AdKronos (http://www.adkronos.com) e hanno come fonte la ricerca Nielsen condotta all’interno dell’osservatorio sulla multicanalità, tenutosi presso il Politecnico di Milano a Gennaio 2009 e a cui hanno partecipato numerosi gruppi, fra cui quelli di Marketing Reloaded. (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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2.10. Come avvicinarci ad un animale sociale

Nonostante le comunità siano nate anni prima del web, sviluppandosi spontaneamente intorno ad interessi e scopi diversi, bisogna tenere presente che comunicare attraverso un computer non è facile e spontaneo come il chiacchierare con un vicino di casa. Tuttavia a volte sembra dimostrarsi addirittura più semplice o, in casi estremi, l’unico modo possibile. Quali sono quei fattori che trasformano un limite in una opportunità, ci vengono indicati da Mafe De Baggis 61 in “tre condizioni base”: ๏ Le persone devono avere qualcosa da dirsi. ๏ Non ci si deve preoccupare dei problemi tecnici. ๏ Occorre sentirsi al sicuro. Creare un ambiente che soddisfi queste tre condizioni è il compito base che dobbiamo seguire ancor prima di stabilire un obiettivo finale. Quando si è detto in precedenza che oggi un mercato è composto di persone e relazioni e non più da aree geografiche, si andava a sottolineare proprio una differenza sostanziale che viene a crearsi fra le comunità fisiche e quelle on-line, ossia che anche le somiglianze non vengono più percepite in base ad una caratteristica sociodemografica ma ad una condivisione di interessi fra i vari individui o fra gli individui e una azienda.

61

Per maggiori approfondimenti si veda: “Le tribù di internet” - Accellerare il web marketing con le Community, HOPS, 2001 (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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Anche se questo nuovo animale sociale spesso preferisce correre libero e selvaggio nelle praterie digitali, ci sarà possibile avvicinarlo se sapremo ottenere la sua fiducia. Un risultato che potremo perseguire offrendogli una tecnologia che sia capace di capire e usare ovunque, ma soprattutto, ciò che ogni consumatore oggi richiede, se saremo capaci di proteggere la sua privacy.

53


2.11. Una tribù anarchica

Molte Community esistono già ma, nella maggior parte dei casi, i componenti non sanno di fanne parte. Un fenomeno non solo dettato dall’assenza sul web di una piattaforma dedicata, ma anche perché non tutti i potenziali legami sono visibili ed espliciti. Ciò che una azienda dovrebbe fare non è solo di verificare se la rete già offre ciò che noi vorremmo realizzare (e a sua volta quanto valga la pena di mettersi in concorrenza), ma dovrebbe essere capace anche di individuare quei “bisogni impliciti” che ancora non sono stati comunicati. Un “bisogno implicito” però, se da una parte offre l’opportunità di offrire qualcosa di nuovo e strategico, ci pone di fronte a due problematiche da valutare. La prima è che più un valore è implicito, maggiore dovrà essere la massa critica di partecipanti necessaria ad attivare il nostro Social Media; la seconda è che non sempre, nella rete, l’aver trovato un argomento che non sia ancora stato trattato si tramuti in una idea originale. Potrebbe anche più semplicemente darsi che l’argomento semplicemente non interessi. Superato il primo ostacolo, con il nostro argomento di interesse stretto fra le mani, ci rendiamo subito conto di un altro problema: Internet non solo è un grande contenitore di contenuti, ma anche di persone che spesso, nelle Community on-line, vengono raccolte in modo trasversale, con logiche differenti da quelle utilizzate per identificare il target nel marketing tradizionale. I Social Network devono essere capaci di ragionare più sull’eccezione che sulle regole per funzionare, solo così potranno monitorare l’anarchia62, ricordandosi che l’obiettivo non è quello di riuscire a convincere milioni di persone, ma quello di creare un legame personale con i visitatori e i clienti. 62

Monitorare l’anarchia: Mafe de Baggis (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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2.12. Come fare del “Funky Business”

Anche se molto spesso gli obiettivi di un utente non coincidono con la volontà (di profitto) di una azienda, è anche vero che in internet queste due realtà possono combinarsi per poter agire in sinergia. Molto spesso, in cambio di un aumento delle vendite, della popolarità e di un database di informazioni, gli utenti chiedono solo di essere ascoltati e di sentirsi attivi. I livelli di partecipazione alle Community dimostrano come anche i Lurker63, quei membri apparente meno attivi che spesso osservano senza intervenire, in occasioni particolari e con i giusti incentivi, vengono allo scoperto senza problemi. Il compito di una azienda deve essere quello di prevedere in anticipo tutte le possibili forme di partecipazione e progettare i luoghi dove queste avvengono e ciò avviene offrendo una ampia gamma di contenuti e di servizi, di alta qualità, e aggiornati di frequente. L’impegno appare probabilmente molto più complesso di quello che si credeva all’inizio ma in realtà è la prima visione ad essere distorta, dettata da un falso ottimismo sulla rete che per lungo tempo ci ha portati a pensare ad un web paradiso dove tutto fosse facile e possibile. Serve fatica, pazienza e competenza, ma questo non significa la fine delle idee concrete e originali. Inoltre possiamo fare anche affidamento sugli utenti, su quelli più attivi, che possono darci una grossa mano nella gestione dei contenuti e degli umori. E possibile fare ancora del “funky business64”, anzi, forse più di prima nel modo giusto, senza più trovarsi davanti a facili ricette e semplificazioni.

63

Lurker: La media di questi visitatori definiti passivi varia da 100:1 (cento passivi per ogni attivo) dei grandi Social Media americani ad un 10:1 dei piccoli network. 64

Funky Business: Mafe De Baggis (cfr. Bibliografia/Sitografia).

55


2.13. Un consumatore viziato

Se sul fronte di acquisizione di nuovi clienti il canale internet ha possibilità infinite sia di “approccio” che di “espansione”, è anche vero che questo stesso canale ha messo nelle mani degli utenti una possibilità di scelta senza precedenti. Un consumatore che sarà sempre più viziato e capace di ricercare quella azienda che saprà dargli quel piccolo servizio in più, quella soddisfazione ad un bisogno latente che non si aspettava65. L’opportunità che la tecnologia digitale offre per arricchire i prodotti (con i servizi) è limitata soltanto all’immaginazione della stessa azienda e solo loro possono fare emergere o meno ciò che farà la differenza per il cliente, una attenzione che lui richiede ad esempio nella configurazione di offerte sempre più personalizzate alle proprie esigenze. Un consumatore non viziato quindi, ma libero di poter scegliere l’offerta migliore, anche se si trattasse semplicemente quella in cui si sente più coccolato.

65

La definizione è tratta da: Douglas F. Aldrich, Piero Masera, Il mercato digitale – Il Sole 24 Ore, 2000 (cfr. Bibliografia/Sitografia).

56


2.14. La catena del valore digitale

Man mano che i consumatori interagiscono con una comunità sempre più grande, sono sempre più informati sugli aspetti dei prodotti e dei servizi disponibili sul mercato. Una sorta di formazione professionale basata sullo scambio di informazioni che Aldrich definisce “legge della conoscenza che cresce66”, la quale spiega come l’intelligenza del consumatore cresca in maniera direttamente proporzionale al numero di individui che interagiscono in un Social Network. Questo fenomeno, rende inadeguate le catene dell’offerta tradizionale e apre ad un processo molto più dinamico, basato su relazioni molto più mobili: “La catena del valore digitale67”, che ha come punto chiave il cominciare dal consumatore finale e lavorare a ritroso per inventare un’organizzazione e un mercato che siano in linea con la dinamica di una economia che cambia. L’azienda americana Dell68 , per fare un esempio, ha usato internet per integrare la sua catena dell'offerta in una catena del valore digitale che collega produttori di componenti in tutto il mondo. I clienti emettono gli ordini attraverso i siti internet e intranet della società e attraverso il suo sistema informativo interno Dell trasferisce questi ordini ai partner che consegnano fisicamente i prodotti. L’aspetto maggiormente interessante sta nell’utilizzo di una piattaforma digitale che permette, durante l’atto di acquisto, ai clienti di configurare il proprio computer in base alle esigenze personali. Tenendo sotto controllo queste richieste, l’azienda può inviare informazioni sempre aggiornate ai suoi 66

Idem.

67

Idem.

68

Dell: Azienda americana opernate nel ramo infromatico. http://www.dell.it

57


fornitori, attivando un flusso di informazioni molto complesso ed efficiente che collega tutti i soggetti che prendono parte al processo produttivo. La catena del valore digitale, non solo permette di integrare e aggregare servizi e bisogni, ma anche di gestire e monitorare sia i prodotti che le performance di tutti i membri di un network del valore digitale, ottimizzando i tempi e i costi delle operazioni.

La vostra societĂ

Produttori Business partners

Canali di distribuzione

Fornitori di servizi Consumatore Fornitori

Aggregatori Infomediari

Intermediari

ComunitĂ collegate fra loro

58


2.15. Una personalizzazione di massa

Nonostante siano finiti i tempi in cui una azienda imponeva il suo prodotto al consumatore, pensare di arrivare a produrre tanti prodotti e servizi per quanti sono i clienti appare oltremodo improbabile e soprattutto costoso. La soluzione sta nel riuscire ad offrire prodotti personalizzabili ma basati su componenti (pacchetti) standard. Una personalizzazione di massa69 appunto, che dietro un apparente controsenso nasconde la possibilità che hanno le aziende di offrire dinamicità e servizi tenendo bassi i costi. La customizzazione rappresenta uno degli aspetti fondamentali del marketing 1to1, perché spesso una ampia offerta, per quanto necessaria nel mercato odierno, comporta anche dei costi molto alti di gestione e pianificazione, mentre gestire una personalizzazione di massa è più semplice di quanto possa sembrare, poiché in realtà non implica la personalizzazione di qualcosa, bensì la pianificazione e preproduzione di decine o centinaia di “moduli” per uno stesso prodotto. La possibilità che ci viene data da una rete sociale è quella di poter creare un prodotto sulla base delle specifiche richieste dagli stessi clienti, facendo diminuire i costi del magazzino e favorendo il lancio sul mercato dei nuovi prodotti più rapidamente.

69

Gli elementi per questa definizione sono tratti da: Don Pepppers, Martha Rogers e Bob Dorf, Marketing OneToOne – Il Sole 24 Ore, 2000 (cfr. Bibliografia/Sitografia).

59


Alcune forme di personalizzazione di massa sono: ๏ Boundle (cercare di vendere due o più prodotti insieme). ๏ Configurazione (la scelta del software di un computer). ๏ Packaging (permettere una serigrafia o un pacco regalo). ๏ Consegna e logistica. ๏ Servizi ausiliari. ๏ Valorizzazione dei servizi (es: puntare su assistenze in 24h) ๏ Fatturazione. ๏ Termini di pagamento.

60


2.16. Tips and Tricks

Offrire al cliente pochi servizi, non suscitargli particolari bisogni, non significa che basti per mettersi al sicuro, questo perché su internet molte aziende hanno cominciato a sfruttare in maniera tangibile la piattaforma e si corre il rischio di restare molto indietro se non ci si comincia a muovere. La scelta però non deve essere impulsiva, gli investimenti vanno ragionati e soprattutto resi constanti nel tempo. Come tutte le relazioni, anche quelle B2B o B2C, richiedono impegno. Ad esempio, sovraccaricare l’impegno del cliente da subito con questionari e quanto altro, quando ancora non ci si “conosce”, è una minaccia molto alta. Il dialogo deve essere come una “irrigazione a goccia70 ”, occorre raccogliere solo le informazioni utili per la transazione in corso e costruire man mano il profilo del cliente. Bisogna inoltre individuare l’obiettivo che ci si vuole raggiungere attraverso un Social Media, se generare un aumento delle vendite, se ridurre i costi e/o migliorare l’efficienza, oppure se si vogliono generare dei vantaggi di immagine per la azienda. Fatto ciò e compreso quanto detto finora, siamo finalmente pronti a sfruttare tutto il potenziale della rete e gli strumenti che si hanno a disposizione sono molteplici, ecco alcuni consigli per renderli al meglio: ๏ Il primo elemento da tenere in considerazione per lo sviluppo di una comunità virtuale è la componente linguistica. Bisogna prendere atto che l'italiano rappresenta una lingua marginale, per creare modelli di business ambiziosi bisogna muoversi verso la lingua inglese, spagnola o, con caratteristiche molto diverse, come il cinese, che indubbiamente rappresenta uno dei più grandi bacini di utenti Web esistenti. 70

Idem.

61


๏ Ricordatevi che di Community on-line ne nascono moltissime ogni mese, ma solo poche riescono a superare la soglia di attenzione dei navigatori. ๏ Non abbiate paura di chiedere aiuto, gli utenti si aiutano fra loro e sono disposti a farlo anche per l’azienda se questa si dimostra volenterosa di migliorare il servizio. Il servizio di Yahoo Answer, fatto di una elezione democratica della migliore risposta ad una domanda in modo meno caotico di un forum, in alcuni casi ha superato il servizio offerto da Wikipedia e sta per essere adottato da molte aziende, fra cui anche LinkedIn. ๏ I Social Network sono dei luoghi ideali anche per il viral marketing, ma occorre farlo in maniera molto intelligente, divertendo e non insospettendo il visitatore. Un esempio molto interessante è quello di Burger King, che ha creato una applicazione per Facebook

intitolata

Whopper Sacrifice71 che farà apparire sul vostro profilo la scritta: “Tizio ha sacrificato Caio per ottenere un Whopper gratuito” e una volta arrivati a dieci, la catena americana vi regalerà realmente uno dei suoi famosi panini. Una delle cose che la rende geniale è il modo in cui si fa beffe della facilità tanto decantata di fare amicizia su un Social Network come Facebook, che sta sempre bene attento a non comunicare a nessuno che avete eliminato un “amico”.

71

Per maggiori approfondimenti si veda: Elimina 10 amici su Facebook e ottieni un panino gratis – http://www.trackback.it/articolo/elimina-10-amici-su-facebook-e-ottieni-unpanino-gratis/7987/ (cfr. Bibliografia/Sitografia).

62


๏ Ricordatevi che non è la vostra promozione ma la loro conversazione a differenziare il vostro prodotto e a provocare un acquisto72. ๏ Non ha importanza il numero di ripetizioni del messaggio, soprattutto se non volete ascoltare la risposta degli utenti. Dopo il primo, diventa solo fastidio e rumore di fondo. Immaginate la vostra reazione se qualcuno vi chiedesse più volte la stessa cosa, e poi si disinteressasse della risposta.73

๏ La conversazione produce risultati anche se - o proprio perché - ci sono voci che dissentono o criticano e anche se (o proprio perché) gli argomenti di discussione non sono decisi da voi.74 ๏ Ricordatevi che qualsiasi cosa di positivo succede sulla Community sarà sempre per merito degli utenti e non dell’azienda, quindi occhio ai proclami di magnificenza e di successo. ๏ Occhio alle differenze fra le Community di esperti (richiedono una competenza di partenza notevole) e le Community dei consumatori.

72

Gianluca Diegoli, [mini]marketing, 91 discutibili tesi per un marketing diverso – Simplicissimus Book Farm, 2008. Per approfondimenti si veda anche: http://www.minimarketing.it (cfr. Bibliografia/Sitografia). 73

Idem.

74

Idem.

63


๏ La media delle idee dei vostri clienti che possono nascere dalla conversazione è ovviamente mediocre, ma contiene sicuramente più di una idea che il vostro dipartimento ricerca e sviluppo non avrebbe mai pensato.75

๏ E’ giusto bloccare l’accesso al web e ai Social Network in azienda, se non avete intenzione di partecipare alla conversazione nei prossimi dieci anni - oppure se preferite spendere più avanti cento volte il costo del tempo utilizzato in rete dai vostri dipendenti in formatori e consulenti, che gli insegneranno ciò che avrebbero potuto imparare da soli.76 ๏ Una volta che sarà pronta l’interfaccia ricordatevi di selezionare e formare il team che gestirà il quotidiano della comunità. Se non ci sono abbastanza fondi non disperate. Se il progetto andrà bene, troverete presto qualcuno disposto ad aiutarvi, se andrà male non avremo molto lavoro da fare. In ogni caso le figure principali di un Social network sono 3: Il Community Manager (è il responsabile dell’andamento della struttura, tra i suoi compiti compare la pianificazione, il coordinamento, l’analisi e la successiva formazione dello staff); L’animatore/moderatore (che dovrà occuparsi di far emergere i temi caldi e vegliare su quelli inopportuni); Il responsabile utenti (per ogni problema di natura tecnica).

75

Gianluca Diegoli, [mini]marketing, 91 discutibili tesi per un marketing diverso – Simplicissimus Book Farm, 2008. Per approfondimenti si veda anche: http://www.minimarketing.it (cfr. Bibliografia/Sitografia). 76

Idem.

64


๏ La vostra reputazione non dipende da quanti sbagli fate. Ma da che tipo di sbagli fate, e da come rispondete a chi ve li fa notare. 77 ๏ Semplicemente aggiungere una spruzzatina di Social Media non servirà a nulla, se poi utilizzate lo stesso schema mentale e le metriche del vecchio marketing pubblicitario.78

๏ Gli utenti sentono molto il bisogno di una partecipazione diretta perché è vero che possiamo osservarli ma dobbiamo partecipare alla discussione., altrimenti le persone si annoieranno. Molto spesso è utile creare o identificare delle figure da promuovere al ruolo di hub interno, un individuo riconosciuto imparziale, una sorta di piccola svizzera eletta sia dall’azienda che dai visitatori che favorisca la comunicazione. Ciò aiuta a superare il meccanismo dell’attivazione, localizzando i percorsi che è possibile seguire, incentivando i discorsi e creando un clima positivo all’interno della piattaforma. Un compito questo che può essere eseguito dai seeders, letteralmente dei seminatori, che vanno in giro non solo sulla nostra Community ma possono andare in giro a ricercare membri e ad osservare se ci sono discordanze fra ciò che si dice di noi sul nostro sito e su altre piattaforme simili. L’obiettivo è quello di spargere il seme della comunicazione, sia sociale che di prodotto e poi ripassare per vedere cosa sia possibile raccogliere.

77

Gianluca Diegoli, [mini]marketing, 91 discutibili tesi per un marketing diverso – Simplicissimus Book Farm, 2008. Per approfondimenti si veda anche: http://www.minimarketing.it (cfr. Bibliografia/Sitografia).. 78

Idem.

65


� Un altro strumento molto importante, utilizzato spesso nella tecnica dei seeders è il buzz marketing, la strategia, anche a volte inconsapevole di chi, navigando nel web fra Blog, forum e Social Network, riesce ad attivare un meccanismo di passaparola, per parlare e far parlare di beni, aziende o marche, che spesso si diffonde anche su altri Media.79

79

Per maggiori approfondimenti sul Buzz Marketing si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/ Buzz_marketing (cfr. Bibliografia/Sitografia).

66


2.17. Cenni di Social Network Analysis

Osservare l’evoluzione e la vita di un Social Network è molto importante, in quanto queste piattaforme si basano proprio sulla possibilità e la capacità di interazione fra i membri che ne fanno parte. Occorre restare molto attenti alle “gerarchie”, ai sottogruppi che si vanno formando e alla “socializzazione” dei nuovi membri, i quali non sono attivi da subito, ma attraversano varie fasi che li portano da una posizione periferica di osservatore ad una mano mano più centrale e attiva. Percorsi e fenomeni che dobbiamo curare e legittimare per poter ottenere dei risultati. Una scarsa partecipazione alle interazioni, la presenza di uno o più membri isolati, la presenza di relazioni deboli e scambi unilaterali, sono tutti elementi che indeboliscono la nostra rete a cui dobbiamo porre attenzione. Oltre a vari strumenti di tipo qualitativo, basati sull’osservazione dei contenuti delle conversazioni, che abbiamo già descritto, esistono altri tipi di ricerche di tipo quantitativo, basate su analisi statistiche legate alla frequenza dei messaggi letti, inviati e ricevuti all’interno della Community. Su tutti questi strumenti si affaccia un nuovo tipo di ricerca di tipo quantitativo-relazionale: la “Social Network Analysis”. I dati forniti da questo strumento hanno la peculiarità di non basarsi sui contributi prodotti (che siano di tipo qualitativo o quantitativo) dai singoli, ma sugli effettivi dati relazionali che le persone producono. Osservare le relazioni ci permette di ottenere una visione della complessità in atto molto più veritiera e profonda di quella che emerge osservando solo i dati che emergono in superficie. Le relazioni sono rappresentate da scambi di vario genere e costituiscono le proprietà di una socialità che va ben oltre le caratteristiche dei singoli elementi.

67


Rispetto agli ambienti reali, i contesti virtuali permettono di tracciare l’attività svolta in rete dai soggetti in un database, ottenendo non solo l’automatizzazione della raccolta ed elaborazione dei dati, ma anche un archivio non rappresentativa di un solo campione, ma dell’intero universo di scambi avvenuto. Un vantaggio di partenza che rende la Social Network Analysis uno strumento perfetto per le piattaforme di Social Media. Questo tipo di ricerca permette di evidenziare molti degli aspetti critici di un Social Media, tra cui: ๏ Analisi della densità (Neighbourhood Analysis): ci restituisce un indice sulla aggregazione dei membri basato sulla percentuale dei soggetti coinvolti nei legami e negli scambi (indice di inclusività) e l’ammontare dei soggetti con i quali il singolo partecipante ha legami diretti (grado dei nodi); una vera e propria analisi del vicinato e delle sue relazioni. ๏ Analisi della connettività (Connectivity Analysis): Descrive quanto una rete di relazioni è internamente connessa, permettendoci di identificare quei soggetti esclusi che non hanno o non riescono ad avere legami con gli altri membri.

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๏ L’analisi dell’equivalenza strutturale (Structural equivalence): identifica all’interno della struttura tutte quelle figure che hanno interazioni e un ruolo simile. Una dimensione che può risultare utile quando c’è bisogno di sostituire degli individui ad altri senza essere costretti a modificare drasticamente la struttura. ๏ L’analisi della centralità (Degree Centrality): permette di osservare e misurare il progressivo grado di integrazione e partecipazione dei membri di una Community attraverso l’aumentare delle relazioni e la rilevanza che godono presso gli altri membri. Questo aspetto si pone alla base della vita del Social Network, in quanto un individuo che non cresce, non apprende e non può contribuire. Ricercarne le cause in maniera tempestiva è quindi fondamentale per la vita della piattaforma. ๏ L’analisi della coesione (Cohesion Analysis): rappresenta una parte importante della nostra piattaforma, in quanto abbiamo visto come una community è tanto più vulnerabile quanto più basso è il numero di legami che connette i suoi membri e i suoi componenti. Questo strumento non solo ci permette di osservare la vulnerabilità della nostra struttura, ma anche di individuare l’evoluzione e il formarsi di eventuali sottogruppi anche all’interno dello stesso nostro Social Network.

Gli strumenti appena descritti mostrano come la Social Network Analysis si riveli un efficace metodo di indagine, nonché un valido strumento per analizzare e monitorare le dimensioni sociali delle comunità virtuali per la costruzione collaborativa di conoscenza. 80 80

Il materiale descritto in questo paragrafo è tratto da quello fornito dal Prof. Nicola Grande durante il corso in Marketing Relazionale presso l’Università di Urbino “Carlo Bo” (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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3. Sono in mezzo a noi

3.1. Le motivazioni della scelta

Attraverso questo breve capitolo di transizione fra la teoria e la pratica si vogliono proporre alcuni esempi di Social Network attualmente presenti in rete. Una raccolta di esempi molto eterogenei fra loro che possono servire da spunto per lo sviluppo di nuove idee. Per quello che concerne i grandi network ce ne perdonino i vari Myspace, YouTube, Flickr e via dicendo, se abbiamo scelto il loro rivale Facebook come esempio di una realtà che in fondo lega tutte queste “industrie” del Social. Di sicuro non manca loro lo spazio su altre discussioni anche se, in fondo occorre dire che, a volte se ne parla solo perché non si può non parlarne. Un aspetto molto interessante piuttosto, al riguardo di questi grandi Media, si concentra sul concetto di globalizzazione: se da un lato infatti, strumenti come YouTube e Facebook segnano la diffusione mondiale di un servizio, dando l’idea di una preferenza omogenea e appunto globalizzata del gusto e delle preferenze degli individui, in realtà è proprio attraverso questi strumenti che molti popoli hanno trovato un canale per comunicare verso l’esterno le loro differenze, in modo estremamente più forte e efficace di prima. Si pensi a tutti i gruppi sulla cultura islamica presenti su facebook o ai video di YouTube che riescono a diffondere immagini spesso tergiversate dei loro usi e costumi da noi occidentali. Una community in altre parole, per quanto grande o piccola che sia, può essere una grande risorsa, per tutti.

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3.2. Facebook

Il grande aggregatore sociale, creato da un Mark Zuckerberg appena dicianovenne, ha compiuto 5 anni. I suoi numeri sono da favola, la sua crescita fa paura e il suo valore appare inestimabile. Ma qual’è la chiave del successo di Facebook81? In fondo se ci pensiamo bene non aggrega per nessun motivo in particolare, nessun interesse, semplicemente, ci collega. Certo, una volta dentro si può decidere di fare parte di quanti gruppi si voglia, ma a volte è innegabile pensare che ci si aggreghi a qualcosa semplicemente per far passare il tempo. Come tutti i grandi fenomeni c’è chi lo odia e chi lo ama, ma c’è su questa piattaforma anche chi lo odia senza riuscire a smettere di amarlo. Forse perché semplicemente alle persone piace impicciarsi dei fatti degli altri, è quando si impicciano dei fatti propri che da fastidio. Perché altrimenti non si spiegherebbe il tanto lottare per la protezione della privacy se poi andiamo alla ricerca di quel compagno dell’asilo solo per vedere che fine ha fatto o di quella ragazza delle medie che ci piaceva tanto per scoprire se è ancora single, se ha bambini o cosa. Ci piace osservare senza essere visti, ci piace meno sentirsi osservati dalle aziende che ci fanno sentire delle cavie in un laboratorio. Gli utenti italiani di Facebook sono passati in pochi mesi da 100 mila a quattro milioni82 , tanto che ormai se ne parla in ogni discorso, perfino quando si ha la possibilità di conoscere concretamente delle persone si chiede loro il contatto su Facebook, quasi come se li si riuscisse a conoscersi meglio (ma è solo una illusione). Perfino i comici ormai spesso usano riferimenti a questa piattaforma, come Sabina Guzzanti, che in uno 81

Facebook: http://it.facebook.com (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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Fonte: Il fenomeno Facebook (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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sketch con Serena Dandini, alla trasmissione “Parla con me”, disse a quest’ultima: «Non hai un contatto Facebook? Poverina, allora non esisti!», sottolineando il forte immaginario che questo servizio ha creato. Sembra proprio che sia il legame debole alla base di questa piattaforma a decretarne il suo stesso successo. La possibilità di accettare in modo spensierato delle amicizie anche sconosciute ci mette a rischio, ma ci apre anche a molteplici possibilità di scambio, generando un mercato di nicchie nel quale stanno fiorendo non solo appassionati hobbisti, ma anche forme e possibilità di marketing virale per le aziende. Un trasversalità di successo, segnata dal non prendere posizione, dal non legarsi ad un concetto, un bisogno, ma prendendoli tutti, quasi in contraddizione con quanto detto finora, ma solo in apparenza. Perché il creare il proprio servizio intorno alla possibilità di comunicare con chiunque corrisponde ad un bisogno tanto latente che per attivarsi ha dovuto raggiungere una massa critica di proporzioni gigantesche anche in Italia, dove l’impennata è arrivata solo a metà 2008. Ma se è vero che il numero dei navigatori si è moltiplicato e così la diffusione dei collegamenti fra i membri, è altrettanto vero che i Social Network con più utenti non sono riusciti a dimostrare di poter trarre profitti dalle proprie Community, con poche eccezioni. La domanda è quindi legittima: i Social Network sono veramente ambienti in cui il marketing e pubblicità possono entrare ed essere accettati dagli utenti?! Il grande valore di Facebook non è negli utili che produce, ma su ciò che sa di noi, una banca dati che fa venire l’acquolina in bocca ad ogni società. Certo, trasformare la Community anche in una macchina per soldi non sarebbe male, ma nonostante l'ottimismo di Mark Zuckerberg, Google ha rilevato come l'utente del Social Network si comporti in maniera profondamente diversa rispetto all'utente tipo di un qualsiasi portale e del

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motore di ricerca: i clic sugli annunci - sistema con il quale Google genera ricavi - hanno un tasso inferiore alla media. Se la tendenza dovesse venire confermata è evidente come il veicolo, che ha consentito a Google e alle sue centinaia di migliaia di editori e partner di prosperare, potrebbe subire una drammatica battuta d'arresto, con contraccolpi negativi per tutta l'economia della rete, specie in un periodo di crisi del mercato pubblicitario. Questo è un segno chiaro di come i Social Network segnino la nascita di un nuovo modello di business centrato sul consumatore e l'errore di Facebook sta nel restare ancora nella cornice della pubblicità in cui l'offerta manipola e crea la domanda. Meglio sarebbe, aiutare la domanda a incontrare e utilizzare l'offerta. Suggerisce insomma una svolta reale, non solo di facciata, nei rapporti tra utenti e azienda.

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3.3. LinkedIn

LinkedIn83 può essere considerato il ramo aziendale di Facebook, con pochi fronzoli e mirato al networking professionale. Nato anche lui in America, a Gennaio 2009 contava circa 30 milioni di utenti84. Il suo funzionamento è un po’ simile a quello di club e associazioni come il Rotary, ma meno elitario e snob. Si occupa di mettere in connessione professionisti e le loro intere reti con altri professionisti e altre reti per favorire lo sviluppo di rapporti lavorativi che vanno dalla ricerca di partner per la realizzazione di interi progetti al semplice annuncio di offerta di lavoro.

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LinkedIn: http://www.linkedin.com (cfr. Bibliografia/Sitografia)

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Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/LinkedIn (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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3.4. Ning

Se un consumatore non riesce proprio a trovare in rete la Community che fa per lui, può sempre crearsela da solo grazie a Ning85 . La Piattoforma, creata (come già descritto in precedenza) dallo stesso padre del browser Netscape, permette di gestire completamente un servizio di Social Media senza disporre di una conoscenza approfondita dei linguaggi di programmazione. Al suo interno già si contano oltre 500 mila Social Network e, a disposizione di ogni utente, ci sono i servizi di customizzazione del layout, la possibilità di gestire delle newsletters, di comunicare degli eventi, la chat, il forum, un Blog per ogni iscritto, le foto e i video, oltre a tutto quello che poi vorremmo inserire appoggiandoci ad altre strutture con l’ausilio degli RSS o dei widget (applicazioni preconfezionate da copiare all’interno della nostra pagina web). Tutto gratuitamente in cambio di un poco di pubblicità in una barra laterale, ma volendo si può eliminare anche quella, creando (con un po’ di passione) un intero Social Media a costo zero.

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Ning: http://ning.com (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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3.5. Melog 2.0

La community gestita e curata da Gianluca Nicoletti è uno dei più interessanti e apprezzati esempi di come sfruttare la comunicazione e le relazioni, che si vengono a creare fra un autore di un servizio e il suo pubblico, all’interno di un Social Media. Con il risultato di migliorare non solo l’immagine personale (in questo caso del giornalista e dell’emittente radiofonica), ma anche il tipo di servizio offerto (in termini di tempo, costi e qualità) e la partecipazione attiva degli ascoltatori. Sempre più spesso inoltre il giornalista sfrutta il suo contatto su Facebook per costruire i contenuti della trasmissione, semplicemente inserendo una frase (uno spunto per un qualsiasi argomento) all’interno del suo profilo e osservando e moderando i commenti che vengono fatti dai suoi “amici”. Il tutto poi ha la possibilità di essere approfondito sullo strumento storico del giornalista, la piattaforma di Melog86 (da cui prende anche nome il programma), generando un movimento potenziale di 5 mila autori per preparare una singola trasmissione. La piattaforma, nata sotto Radio24 (che ha nel palinsesto il programma), non è nuova a queste espansioni comunicative sui vari media (segno anche del carattere e l’interesse del giornalista verso queste nuove forme di comunicazione e alla sua capacità di raccogliere ed incentivare l’interesse dei suoi ascoltatori), ma il suo privilegio più grande è quello di permettere di partecipare (realmente) alla trasmissione anche a chi è fuori dallo spazio del palinsesto. Oltre la passività di un Podcast, oltre la facciata “sorda” dei siti dedicati a simili trasmissioni su altre emittenti. L’intuizione di Gianluca Nicoletti si basa sul fatto che spesso, fra le ore normali di navigazioni, gli aggiornamenti e la ricerca dei contenuti del suo 86

Melog: http://www.melog.it (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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programma, fosse costretto a passare dalle 6 alle 8 ore in internet alla ricerca di spunti e notizie da commentare in onda. Allora si è domandato se potesse sfruttare questo tempo per costruire una relazione con i suoi ascoltatori e da lÏ la risposta vincente di riuscire non solo a creare quanto voluto, ma anche a sfruttare gli spunti di chi lo contattava per raccogliere materiale spesso superfluo per il programma e impiegando ance meno tempo per metterlo insieme.

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3.6. Stickam

Stickam87 è una Community che dimostra come le nuove tecnologie creino nuovi percorsi da intraprendere e nuovi servizi da offrire. Il principio su cui si basa non è solo quello di mettere insieme delle persone, ma di farlo in Live, ossia in tempo reale attraverso l’ausilio delle webcam, periferica ormai inserita in ogni portatile. L’idea è quella di consentire di avviare una conferenza con ogni “amico” che si troverà a passare sulla nostra pagina. Una sorta di videoconferenza Skype pubblica che fa nascere qualche perplessità sull’effettivo esplodere del servizio. Però la possibilità di usufruirne anche su Mobile e l’accoglimento che ha ricevuto presso molte radio e web radio potrebbe segnare delle evoluzioni che è impossibile prevedere.

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Stickam: http://stickam.com (cfr, Bibliografia/Sitografia).

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3.7. Zooppa

Ma una community è anche uno strumento per la ricerca di nuove idee, cosa che ha ben capito Zooppa88, che mette in relazione aziende alla ricerca di creatività a basso costo e persone che vogliono provare a farsi notare per un lavoro o vincere semplicemente il premio in palio. L’evoluzione del sito di annunci, qui non offre un posto ma letteralmente un lavoro, aprendo un mondo su discussioni etiche e sindacali. Ma in fondo non è il punto che ci interessa discutere adesso. Il lato fondamentale di questo Social Media invece è quello di dimostrare come le idee di un membro di una Community a volte possano far fare soldi non solo all’azienda (risparmiandoli), ma anche a chi gestisce il Social Media (per l’intermediazione) e chi vi partecipa (per la vincita). Un gioco win-win?

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Zooppa: http://www.zooppa.com (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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3.8. Upcoming

Quando Yahoo ha acquistato questa piattaforma89 deve essersi resa conto di come lo scambio di informazioni intorno ad un evento favorisca lo sviluppo di dinamiche comunicative e relazionali di primo piano. In fondo gli interessi di chi abbiamo di fronte sono il primo modo per comprendere oltre i suoi gusti anche la sua personalitĂ , e i membri di questa piattaforma possono, attraverso lo scambio di informazioni che gira intorno ad un evento, non solo scoprire cosa fare e dove andare nella propria cittĂ , ma trovare anche persone che condividono i loro stessi interessi. Si ha la possibilitĂ di comunicare per chiedere informazioni e consigli, costituendo gruppi che a loro volta potrebbero evolvere ad esempio in un funclub o amicizie che possano diventare concrete e reali. Tutti elementi di cui gli utenti di Yahoo saranno grati.

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Upcoming: http://upcoming.yahoo.com (cfr. Bibliografia/Sitografia)

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3.9. Karrellokiller

Quando ci si imbatte in una piccola Community come questa90 si è sempre un po’ combattuti fra sentimenti di sorpresa e divertimento, misti ad un certo scetticismo sulle condizioni psicologiche dei suoi membri. “Lui è in mezzo a noi” - sembrano recitare all’interno del layout bianco e nero i partecipanti a questo gruppo. Il carattere è quello di una macchina da scrivere, come frasi battute da un vecchio investigatore che, nascosto in auto, resta in attesa di un avvistamento notturno. Un carrello giustiziere non di ladri e mascalzoni, ma di esibizionisti della tarda ora che, lanciandosi in numeri circensi, maltrattano il malcapitato cestino, panchina o carrello di turno. Testimoni ci avvertono che qualcosa è cambiato e il carrello ha reagito. Stanco forse dell’unica forma di protesta che gli era consentita, di farci sfinire procedendo per ripicca solo in diagonale, il carrello ha disarcionato il suo cavaliere e poi ha fatto perdere le sue tracce. Che la famosa auto di Stephen King abbia ora trovato un cugino di secondo o terzo grado? E’ ciò che ci viene prefigurato con falso tono angoscioso dietro il sorriso di chi scrive. Se avete mai sentito parlare o siete state vittime del “karrello” qui potete trovare le persone giuste che vi sapranno ascoltare. Tutto ciò, anche se apparentemente senza senso, ci permette di far notare come a volte un interesse sia solo un pretesto per comunicare, per mettere insieme persone intorno a fatti inverosimili. Ciò che aggrega le persone in questa Community non è certo il karrellokiller, ma la condivisione più implicita di un modo di vedere la vita. La voglia di distrarsi, giocare e sorridere, pensando a piccole calamità, 90

Karrellokiller: http://karrellokiller.it (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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conservando quell’animo creativo che ci permette di vedere le cose in modo diverso. E’ questo il potenziale implicito di questa Community, la più piccola fra quelle osservate, ma l’unica fatta di persone per le persone. Non offre un servizio (se si esclude la caccia al karrello), non è un grande marchio, eppure ha il potenziale per mettere in relazione persone da tutto il mondo. Almeno tutte quelle che abbiano mai visto un carrello comportarsi come non ci si aspetta ...e sono tanti, più di quelli che possiamo pensare.

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3.10. Profilactic

La tale spazialità e la molteplicità dei canali sui quali operiamo ci porta a non essere più capaci di gestire tutti i gruppi e le Community di cui facciamo parte. Ed ecco allora l’idea (non tanto nuova, ma di sicuro l’ultima in ordine di tempo) di un nuovo servizio, un aggregatore di Social Network da cui potremmo gestire tutti i nostri contatti in contemporanea. Profilactic91 mette insieme, sotto un unico profilo, tutti gli interventi e i commenti che riceviamo su Facebook, LinkedIn, Flickr e tanti altri. Inoltre da la possibilità ai nostri visitatori di conoscere tutte le piattaforme su cui siamo presenti per poter individuare un canale su cui poter iniziare una discussione.

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Profilactic: http://www.profilactic.com (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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3.11. Una porzione di mondo

Come abbiamo visto, ci sono tanti motivi per cui fare un Social Network, così tanti che non basterebbe mai il tempo e lo spazio per elencarli tutti. Le motivazioni, gli interessi alla base, sono i più disparati, dalla ricerca scientifica alla propaganda politica, dal gioco alla filosofia. Perfino l’Fbi aveva annunciato lo sviluppo di una piattaforma di investigazione e molti gruppi islamici hanno trovato su Facebook un canale visibile per comunicare la loro realtà. Tutti facciamo parte di una piccola porzione di mondo che si lega innumerevoli volte con tante altre, fino a costituire l’intero universo.

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4. Senza Problemi

4.1. La ricerca

“Senza Problemi”92

è una trasmissione radiofonica all’interno del

palinsesto di Veronica Hit Radio93, una emittente di Pesaro che trasmette su quattro regioni: Marche; Umbria; Emilia Romagna e Abruzzo. Il programma condotto da Dino Brown, un giovane speaker radiofonico che in meno di 6 mesi è riuscito a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nelle preferenze degli ascoltatori, prevedeva tre ore di messa in onda che andavano dalle ore 7:00 alle 10:00 durante il periodo estivo e 2 ore, dalle 14:00 alle 16:00, durante un suo più consueto palinsesto invernale. Il progetto ha preso come spunto i confortanti risultati di Melog 2.0, il programma condotto da Gianluca Nicoletti su Radio24, provando a costruire un Social Network che ruotasse intorno agli ascoltatori di Senza Problemi. L’esperimento è stato molto interessante e ha dimostrato, nonostante dei risultati non proprio entusiasmanti, come sia possibile rendere partecipi gli ascoltatori alla trasmissione e ad un Network in generale. Soprattutto ha permesso di valutare le cose positive come gli elementi che sono piaciuti, le conversazioni instaurate, i personaggi più centrali, i contenuti della trasmissione più apprezzati, ma anche quelli che possono essere considerati degli errori gestionali e l’influenza che hanno avuto sui membri della Community. Iniziato a Luglio 2008 (dopo 6 mesi di trasmissione), il progetto si è concluso a Gennaio 2009, attraversando, come detto, due fasce orarie di 92

Senza Problemi: http://senzaproblemi.ning.com (cfr. Bibliografia/Sitografia)

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Radio Veronica: http://www.veronica.it (cfr. Bibliografia/Sitografia).

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messa in onda e tutta una ridefinizione dei contenuti, più elaborati, che è iniziata proprio per il periodo estivo, quando il programma è stato spostato nella fascia mattuttina, giocando e vincendo la scommessa di piacere anche a degli ascoltatori “diversi” da quelli del consueto “spacco” pomeridiano.

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4.2. La piattaforma

La piattaforma utilizzata è stata principalmente quella di Ning ed è stato sponsorizzato e “patrocinato” dall’emittente con un banner all’interno del sito aziendale ed è stata lanciata l’8 Luglio 2008. In seguito si sono integrate anche altre piattaforme come MySpace (che già aveva uno spazio dedicato), MSN Messenger, due gruppi su Facebook (un primo creato il 12 Settembre direttamente per sponsorizzare il programma, il secondo per una iniziativa di alcuni membri) e una serie di Link ai siti di Veronica Hit Radio, Dino Brown, Il suo staff (spesso parte attiva e della trasmissione) e il gruppo che si è occupato della sigla del programma i “The Feet&Tones”.

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4.3. Il supporto tecnologico

Una delle soddisfazioni che sono emerse dalla ricerca è che è stato possibile gestire il tutto in maniera amatoriale, con discreti risultati e senza l’esborso di un solo centesimo. I contenuti multimediali sono stati presi direttamente dal programma radiofonico; i servizi offerti dalla piattaforma Ning già comprendevano un’ampia gamma di applicazioni per audio, video e foto fornite da tutti i partecipanti, oltre al forum, i Blog e i servizi di gestione dei membri e delle comunicazioni; dal sito di Veronica Hit Radio sono state presi i banner per offrire lo streaming on-line della trasmissione e sul sito di MSN è stato possibile realizzare un pulsante personalizzato per creare un link a Messenger (che restava sempre aperto durante la trasmissione) per parlare direttamente con il Dj; altri contenuti come i giochi, le strisce di fumetti e altro materiale che si è susseguito durante i mesi sono stati prelevati da siti come Google o Widgetbox94 , che dispongono di un’ampia gamma di widget e applicazioni (sempre in maniera gratuita) con cui è possibile personalizzare il proprio sito; i video sono stati spesso linkati da YouTube, cosa che permette di risparmiare il tempo di download e successivo Upload dei contenuti oltre a non violare i termini di privacy; Mentre tutti i dati quantitativi della Community sono stati raccolti sempre in maniera gratuita dal servizio Analytics di Google95. Il resto è stato tutto uno smanettare di grafica e lo sperimentare di una piattaforma come sproutbuilder96, che permette di creare dei widget on-line da esportare poi sul proprio sito senza conoscerne di programmazione.

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Widgetbox: http://www.widgetbox.com

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Google Analytics: http://www.google.com/analytics/

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Sproutbuilder: http://greenhouse.sproutbuilder.com/

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4.4. I contenuti

I contenuti pubblicati sulla community appartenevano a due categorie: quelli provenienti dall’alto, appartenenti alla trasmissione (come gli scherzi telefonici, i finti trailer cinematografici, i documentari impossibili e tutto il resto della produzione in studio); e quelli provenienti dal basso, basati sulle iniziative di tutti gli utenti (come le foto e i video divertenti). Unica prerogativa di tutto il materiale era che doveva essere in linea con i contenuti della trasmissione, leggera e dai toni allegri. Il forum, affiancato in seguito da un Blog, conteneva sia la possibilità di approfondire su alcuni spunti della trasmissione, sia proposte (alcune seguite altre meno) di creazione dei contenuti da parte degli stessi utenti, sia idee e pensieri che invece partivano dal basso. Ma in realtà è uno strumento che non si è riusciti a rendere performante, probabilmente perché le persone realmente attive non sono mai state molte e ciò dava un senso di ciclicità delle conversazioni. Più fortunato è stato probabilmente il Blog, il quale permetteva non solo di creare un contenuto più dinamico e meno difficile da amministrare rispetto ad un forum, ma anche di aggiornare automaticamente una finestra della homepage ogni qualvolta un utente realizzava un post. La maggior parte dei contenuti era visionabile dalla home pensando di rendere tutto più facilmente accessibile, ma è stato un errore di cui ci si è resi conto in seguito, perché oltre a renderne lungo il caricamento, non incentivava la navigazione nelle altre sezioni del sito se non nel profilo di qualche membro. Gli aggiornamenti inizialmente erano costanti e rivestivano varie sezioni del sito, poi invece per impegni diversi di chi partecipava al progetto sono diventati più casuali e spesso ritardatari. Un altro errore che ci ha dato la possibilità di approfondire il rapporto degli utenti con la community.

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Nessuno degli utenti ha mai protestato o si è dimostrato deluso dai contenuti offerti. Certo, il non dirlo non significa che molti non l’abbiano pensato e i dati emersi fanno notare come il tempo di permanenza di molti sia in secondi misurabili con le dita di una sola mano. Ma l’impressione generale emersa in vari contatti anche esterni alla community è sempre stata di vederla in ogni caso una cosa positiva, un qualcosa che non tutti hanno a disposizione, quasi un perdonare la nostra incostanza. Un atteggiamento dimostrato dal comportamento di alcuni utenti, i più affezionati, che nell’ultimo periodo di particolare assenza di contenuti, quasi assistendo ad una discesa senza freni, hanno preparato tutta una serie di contenuti per cercare di rialzare il morale e le attività del Social Media.

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4.5. Le relazioni

Alla chiusura della ricerca il Social Network contava 170 membri, compreso lo staff, un numero che aumentava in maniera direttamente proporzionale ai momenti di vitalità e di maggiore partecipazione sul sito. Probabilmente il grande assente è stato lo stesso Dino Brown, che nonostante fosse entusiasta del progetto non riusciva a partecipare come avrebbe voluto. Un errore di fondo (non solo suo) forse dettato dal vedere la Community come un ulteriore impegno e non come una opportunità, come invece è per Gianluca Nicoletti. Certo, se si deve pensare ai contenuti, alle registrazioni degli sketch, al tempo che si è in onda, diventa difficile riuscire a curare anche una relazione personale, ma se si sfrutta il potenziale degli utenti, magari con un po’ di sacrificio iniziale, si possono ottenere dei risultati che non si sarebbero mai aspettati. Non operazioni e impegni da separare ma un progetto da integrare. Un altro aspetto interessante, emerso dall’osservazione delle relazioni è un comportamento anomalo di alcuni hub, persone con molte amicizie e altamente riconosciute che però risultavano spesso meno attive di molti altri, posizionandosi quasi al ruolo di osservatore. Una spiegazione possibile può essere che questi membri sono altamente riconosciuti come amici della trasmissione all’esterno della Community e quindi hanno portato all’interno questa popolarità quasi di riflesso, anche senza essere molto affini alle logiche e alle attività di un Social Network. Il discorso sulla riconoscibilità di alcuni membri che si è riproposto anche nell’attenzione e nella legittimità goduta ai miei interventi sulla Community. Nonostante infatti fossi riconosciuto come il curatore e creatore dello spazio web restavo per molte persone uno sconosciuto e spesso le iniziative proposte restavano senza risposta. Fin quando non mi è venuta

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l’idea di scrivere sotto lo pseudonimo di “Piero Peluche”, un personaggio di fantasia che appariva in alcuni sketch radiofonici. Il successo e l’ascolto è stato immediato, nonostante tutti sapessero che fossi un personaggio di fantasia, riuscivo nell’anonimato ad ottenere più ascolto di quello che raggiungevo come amministratore della Community. Le motivazioni di questo fenomeno possono essere ricercate nel desiderio delle persone di comunicare direttamente con qualcuno che sia riconosciuto come interno. Poco importa se reale o dietro falso nome, ma in una Community creata dall’alto (una azienda, un cantante) il desiderio partecipativo resta in primo luogo quello azienda-membro e dopo membro-membro. Diversamente, il discorso cambia nelle Community create dal basso (dagli stessi utenti) dove le priorità comunicative si invertono, dando spazio prima alla comunicazione membro-membro e poi (se sapranno chiederlo correttamente) verrà data voce anche al rapporto azienda-membro. Le relazioni e le comunicazioni all’esterno della Community sono state effettuate tramite il mezzo radiofonico, il passaparola, le liste mail dei fondatori della comunità e attraverso altre piattaforme come Messenger e Facebook (su cui si è molto spinto in Settembre 2008 periodo di massima partecipazione al Social Network, nel momento in cui anche in Google si compariva al primo posto fra i risultati della ricerca “senzaproblemi”).

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4.6. I dati emersi

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5. Conclusioni

Anche se la ricerca sulla Community non è stata nei numeri un grande successo, ha osservato il muoversi di un bacino di utenza che con un poco di cura in più avrebbe potuto trasformarsi in una realtà impressionante. Inoltre si sono raccolte informazioni e esperienze utili per realizzare al meglio i prossimi progetti. Dai dati emerge come una radio locale possa, attraverso una piattaforma web, aprirsi al mercato mondiale senza investire un solo euro. Una piattaforma dedicata ad un singolo programma che è riuscita, basandosi solo sul lavoro amatoriale di alcune persone, a fornire più servizi del sito aziendale della stessa emittente. Si è potuto osservare come dei membri di una Community, se credono davvero in un progetto, farebbero di tutto per non farlo fallire. A patto che il loro lavoro venga apprezzato e ricompensato (in termini di ascolto). Un Social Network non muore, al più si addormenta, ma è sempre pronto a rinascere se ci sono delle idee buone. Nel peggiore dei casi è solo costretto a spostarsi. Ma sarebbe bene comunque, soprattutto se a gestirlo è una azienda, evitare degli alti e bassi, perché un consumatore ti perdona solo fin quando non ha alternative. L’esigenza di un cliente è direttamente proporzionale all’investimento potenziale. Ossia, alla Community della nostra ricerca sono state perdonate molte cose, ma si avvertiva lo spirito amatoriale del prodotto e lo sforzo per conoscerlo e portarlo avanti. Ad una Community della Coca-Cola non pensa che verrebbero concesse le stesse opportunità di errore. Il motivo principale per cui Senza Problemi è andata fermandosi è perché si è avvertita l’assenza del Dj e del suo staff più stretto, trasformandola dalla

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Community di Dino Brown, ad un Community di un Fan di Dino Brown, una cosa molto diversa. Riassumendo tutto il discorso, in base all’esperienza fatta, è possibile testimoniare come i consumatori vedano di buon occhio la possibilità di partecipare attivamente a dei progetti aziendali, ma vogliono essere seguiti e ascoltati. Non vogliono semplicemente dei giocattoli con cui giocare, a loro non interessa. Potete ammaliarli ma loro si stuferanno in fretta. Gli strumenti messi a disposizione dai Social Network sono molteplici, ma a volte basta sceglierne alcuni, quelli giusti, per cominciare a lavorare. Si parte dal basso, in tutti i sensi. Il futuro sarà sempre più nelle mani di un consumatore capace anche di rivolgersi al mercato estero se non trova qui quello che cerca. L’unica possibilità che le aziende hanno a disposizione è quella di renderlo parte centrale del processo produttivo, essergli amico sincero e non un fidanzato morboso.

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Bibliografia

Principale

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Christian Grönroos, Management e marketing dei servizi, un approccio al management dei rapporti con la clientela – Isedi, Torino 2002.

Don Pepppers, Martha Rogers e Bob Dorf, Marketing OneToOne – Il Sole 24 Ore, 2000.

Douglas F. Aldrich, Piero Masera, Il mercato digitale – Il Sole 24 Ore, 2000.

Giorgio Manfré, Eros e società-mondo – Edizioni Quattro Venti, 2004.

H. Jenkins, Cultura convergente – Apogeo, Milano 2007.

Lawrence Lessig, Cultura Libera – Apogeo, 2004.

Levine, Locke, Searls & Weinberger, The Cluetrain Manifesto: The End of Business as Usual – Perseus Book,1999.

Mafe De Baggis, Le tribù di internet, accelerare il web marketing con le community – Hops, 2001.

Niklas Luhmann, Raffaele De Giorgi, Teoria della società – Angeli, Milano, 1992.

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Altre Fonti

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Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti (The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy), Urania, 1980.

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Gianluca Diegoli, [mini]marketing, 91 discutibili tesi per un marketing diverso – Simplicissimus Book Farm, 2008.

Giovanni Boccia Artieri, appunti corso “Comunicazione Pubblicitaria e Linguaggi Mediali” del prof. Giovanni Boccia Artieri, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Corso di Laurea Specialistica in Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni, 2007.

Luca Dello Iacovo, Conversazioni all’italiana – Nòva, Il Sole 24 Ore, articolo seminari “Conversazioni dal Basso”, 2008.

Luca Dello Iacovo, Un album sempre aperto – Nòva, Il Sole 24 Ore, articolo seminari “Conversazioni dal Basso”, 2008.

Nicola Grande, Il piacere di ServirLa, appunti corso “Marketing Relazione” del prof. Nicola Grande, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Corso di Laurea Specialistica in Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni, 2008.

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Sitografia

All’orizzonte si intravede il web 3.0… (Sergio Veneziani) – http://blog.edelaman.it/2008/10/allalba-dei-tem.html

Arriva A-Space, un social network per CIA e FBI – http:// www.trackback.it/articolo/arriva-a-space-un-social-network-per-cia-efbi/6590/

Aziende&Social Media: Amore&Odio (Sergio Veneziani) – http://blog.edelaman.it/2008/10/i-social.media.html

Buzz Marketing – http://it.wikipedia.org/wiki/Buzz_marketing

Chris Anderson – http://www.wired.com/wired/archive/12.10/tail_pr.html

Come fare soldi gratis (Kevin Kelly) – http://www.internazionale.it/interblog/index.php?itemid=2399

Cultura libera – http://it.wikipedia.org/wiki/Cultura_Libera

Elimina 10 amici su Facebook e ottieni un panino gratis – http:// www.trackback.it/articolo/elimina-10-amici-su-facebook-e-ottieni-unpanino-gratis/7987/

Edelman – http://blog.edelman.it

Facebook – http://it.facebook.com

Facebook e i social network taglieranno le gambe ai blog – http:// w w w. m a r k e t i n g r e l o a d e d . c o m / b l o g / i n d e x . p h p ? blog=2&title=facebook_e_i_social_network_taglieranno_&more=1&c= 1&tb=1&pb=1

Forbes – http://www.forbes.com

Free! Why $0.00 Is the Future of Business – http://www.wired.com/ techbiz/it/magazine/16-03/ff_free?currentPage=all

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Glassdoor: il sito internet che da’ i voti ai datori di lavoro – http://www.glassdoor.com

Herbert Marshall McLuhan – http://it.wikipedia.org/wiki/McLuhan

Il web 3.0: Yahoo! e l’avventura del web semantico – http:// www.trackback.it/articolo/il-web-30-yahoo-e-lavventura-del-websemantico/4231/

Karrellokiller – http://www.karrellokiller.it/

Kevin Kelly – http://www.kk.org

La Chiesa frena Facebook – http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/ napoli/notizie/cronaca/2009/19-gennaio-2009/chiesa-frena-facebookecco-regole-usare-social-network-150911693381.shtml

Le nuove rotte del marketing contemporaneo (Andrea Febbraio, CEO PromoDigital) – http://www.promodigital.it/blog/category/buzz-seeding

LinkedIn – http://www.linkedin.com

Mark Granovetter – http://it.wikipedia.org/wiki/Mark_Granovetter

Marketing Reloaded – http://www.marketingreloaded.com

Melog 2.0 – http://www.melog.it

Muxlim Pal, mondo virtuale per la cultura islamica – http://pal.muxlim.com/

MySpace il futuro si chiama Ning (A. Dini, A. Longo) – http:// espresso.repubblica.it/dettaglio/Myspace-il-futuro-si-chiama-Ning/ 1539480/

Networking site cashes in on friends – http://www.telegraph.co.uk/ finance/newsbysector/mediatechnologyandtelecoms/4413483/ Networking-site-cashes-in-on-friends.html

Ning – http://ning.com

Oltre la metà degli utenti internet è ‘matura‘ – http://www.adnkronos.com/IGN/Zomm/?id=3.0.2795139803

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Profilactic – http://www.profilactic.com

SAS - Social Anxiety Support – http://www.socialanxietysupport.com

Second Life – http://www.secondlife.com

Sei gradi di separazione – http://it.wikipedia.org/wiki/Sei_gradi_di_separazione

Senza Problemi – http://senzaproblemi.ning.com

Stanley Milgram – http://it.wikipedia.org/wiki/Stanley_Milgram

Stickam – http://stickam.com

The Cluetrain Manifesto – http://www.cluetrain.com

The six degrees of separation is now three – http://www.o2.com/media/press_releases/latest_pr_14276.asp

Tim Berners-Lee – http://it.wikipedia.org/wiki/Tim_Berners-Lee

Upcoming – http://upcoming.yahoo.com

Un Grado di Separazione - L’Esperimento Bolognese – http://www.facebook.com/group.php?gid=68681055176

Veronica Hit Radio – http://www.veronica.it

Web semantico – http://it.wikipedia.org/wiki/Web_Semantico

Wikipedia Italia – http://it.wikipedia.org

What is the best seeding strategy for an emerging social network? – http://www.linkedin.com/answers/product-management/distribution/ PRM_DIS/6434- 953732?browseCategory=PRM

What Is Web 2.0, design patterns and business models for the next generation of software (Tim O’Reilly) – http://www.oreillynet.com/pub/ a/oreilly/tim/news/2005/09/30/what-is-web-20.html/

Zooppa – http://www.zooppa.com

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