Da l l emi ni er ea l ma r et r af er r ov i eec i c l os t r a de Pr og e odi unbi c i g r i l l ne l l ’ a r e ae s t r av ade l l aS a r de g nas udoc c i de nt a l e .
t e s i di l a ur e ama g i s t r a l eac ur adi F a bi oCa l l eddaeAl i c eS ot g i u
Dalle miniere al mare tra ferrovie e ciclostrade Progetto di un bicigrill nell’area estrattiva della Sardegna sud-occidentale.
tesi a cura di : Fabio Calledda Alice Sotgiu Relatori : Prof. Riccardo Palma Prof.ssa Chiara Maria Occelli Co-relatore: Prof. Gabriele Bertagnoli
Politecnico di Torino Facoltà di Architettura Laurea Magistrale Architettura Costruzione e Città A.A. 2014 - 2015
1
2
INDICE p.6 1. INTRODUZIONE 2. IL PROGETTO DELLA PISTA CICLABILE SULLA TRACCIA DELLE FERROVIE DISMESSE DELLA SARDEGNA SUD-OCCIDENTALE p.12 Parte A: Il contesto scientifico del progetto 2.1 La ciclabilità turistica 2.2 Gli itinerari nei siti industriali dismessi 2.3 Le ferrovie dismesse
p.13 p.13 p.19 p.25
Parte B: Il progetto della rete ciclabile nella Sardegna sud-occidentale 2.4 Il comparto minerario della Sardegna sud-occidentale e le sue ferrovie 2.5 La proposta progettuale
p.32 p.32
3. PROGETTO DI UN BICIGRILL NELL’AREA MINERARIA DI NARACAULI-INGURTOSU 3.1 Introduzione 3.2 Breve storia delle miniere 3.3 Le miniere di Montevecchio-Ingurtosu 3.4 L’area di progetto: il cantiere di Naracauli
p.52 p.53 p.56 p.63 p.75
3
p.40
3.5 Programma di progetto 3.5.1 Il problema distributivo 3.5.2 Il problema tipologico-funzionale 3.5.3 Il problema strutturale
p.79
3.6 Il progetto 3.6.1 Introduzione 3.6.2 La distribuzione: i riferimenti 3.6.3 La struttura della miniera e i percorsi di progetto 3.6.4 Le tipologie minerarie e le architetture del progetto: il pozzo, la galleria, la vasca 3.6.5 La rifunzionalizzazione 3.7 L’approfondimento strutturale: il ponte 3.7.1 Relazione tra strutture minerarie e ponte 3.7.2 Problemi e necessità 3.7.3 Il modello di calcolo 4. CONCLUSIONI
p.88 p.93 p.93 p.97 p.105 p.128
4
p.79 p.83 p.87
p.134 p.134 p.135 p.137 p.150
5.BIBLIOGRAFIA.
p.152
6. RINGRAZIAMENTI.
p.156
7. ELABORATI DI PROGETTO
p.158
5
1. Introduzione
Foto 1: binari e carrelli minerari nel cantiere di Piccalinna
6
I viaggiatori del Grand Tour che dal XVII al XIX secolo, provenivano dal centro e dal nord Europa e che percorrevano la nostra penisola, rimanevano folgorati dai paesaggi e dai panorami e annotavano nei loro taccuini le esperienze vissute. Essi raccontavano inoltre dell’abilità del nostro popolo di convivere in modo rispettoso con il passato e di riutilizzare con naturalezza antiche costruzioni; un’abilità che ha permesso al nostro paese di formarsi nei secoli seguendo le regole di una crescita armonica in cui ogni componente del territorio è in grado di interagire con tutti gli altri. Due secoli fa lungo tutta la penisola furono costruiti chilometri di linee ferroviarie, furono scavate colline, bucate montagne; un gran numero di quelle
linee non furono mai percorse, altre furono attive per poco tempo ed altre lo furono per anni. L’orografia del territorio ne è stata segnata profondamente e il reticolo ferroviario dimenticato e abbandonato è diventato paesaggio.1 Quando si parla di ferrovia infatti non è come parlare di un’imbarcazione che, anche venendo rimossa dalle acque che la ospitano, non muta le caratteristiche dell’ambiente circostante. Se si elimina un treno invece, si elimina anche un pezzo di territorio, artificialmente modificato, strutturato e reso complesso nell’aspetto.2 La ferrovia nasce come filo conduttore, capace di mettere in relazione i centri abitati, ma soprattutto le principali aree produttive della nazione. In quest’ottica vennero concepite le
7
ferrovie che si sono allacciate ai principali flussi di traffico mercantile e che hanno caratterizzato i territori, dove un tempo l’attività produttiva dominava la scena. Le aree minerarie in Sardegna nel tempo si sono dotate di queste infrastrutture per connettere la propria produzione, con il resto del mondo. Ancora oggi in corrispondenza di queste aree quasi completamente abbandonate è possibile individuare il sedime delle vecchie strade ferrate. I casi più emblematici sono rintracciabili nei compendi minerari del SulcisIglesiente e del Guspinese-Arburese in corrispondenza delle grandi aree minerarie, rispettivamente di Monteponi e Montevecchio. Il progetto di tesi che si vuole presentare, parte dal presupposto che i vec-
chi sedimi delle ferrovie minerarie, possano essere riutilizzati a favore di una riconversione in pista ciclo-pedonale e che idealmente questo progetto possa integrarsi agli esistenti progetti di recupero e valorizzazione dell’intera area mineraria. Il percorso ciclo-pedonale nella sua totalità ricalca i vecchi tracciati ferroviari, partendo dall’area del Sulcis-Iglesiente per arrivare all’Oristanese. Lungo il tragitto individuato si attraversa l’area di Montevecchio Ingurtosu, alla quale verrà dedicata maggiore attenzione. Il compendio minerario di Montevecchio-Ingurtosu, situato nella provincia del Medio Campidano tra i comuni di Guspini e Arbus, è stato in passato tra i più grandi poli estrattivi e semi lavorativi d’Italia e tra i più importanti d’Eu-
ropa per quanto riguarda l’estrazione del piombo e dello zinco. Nel ventennio che ha compreso gli anni settanta e ottanta, l’inesorabile crisi del settore minerario e le crescenti difficoltà di sfruttamento economico degli stessi giacimenti, hanno determinato la graduale rinuncia all’attività produttiva, la riduzione dei livelli occupazionali, la chiusura e l’abbandono dei cantieri e il conseguente degrado del territorio. La costruzione della ferrovia è da collocare tra il 1869, anno di inizio dello studio del tracciato della linea Montevecchio-San Gavino, e il 1879 anno in cui entrò in servizio nel mese di Novembre e rimase attiva per ottanta anni; nel 1959 si provvide infatti a togliere l’armamento. Attraverso questa linea privata a scartamento ridotto, i
8
minerali venivano trasportati dai pozzi di estrazione ai centri di stoccaggio. Delle ferrovie costruite per il trasporto del minerale rimane il tracciato, silenziosamente nell’abbandono, senza però essere dimenticato del tutto.3 I siti minerari in generale sono sistemi architettonici da indagare per la loro complessità e la stratificazione dei diversi livelli che li compongono: residenze, opifici, discariche, fabbricati contenenti le incastellature di trasporto tra cui ferrovie, strade e reti idriche. Strati che possono essere letti anche nei processi di estrazione e produzione, che negli anni sono mutati velocemente, lasciando un segno evidente nel territorio. Il sistema di produzione industriale ha generato mutazioni fisiche macroscopiche del paesaggio: de-
viazione dei corsi d’acqua, montagne artificiali di materiale sterile, modifiche del manto boschivo. Strati aventi tempi e scale molto differenti tra loro, si sovrappongono e si mescolano perfettamente, generando uno spazio che deve essere indagato a fondo per poter essere capito. Le carte che abbiamo prodotto in questo senso, sono un modo per analizzare il contesto, lo schermo attraverso il quale guardiamo il territorio e da cui provengono le sue forme; ciò che percepiamo dalle carte non è la superficie terrestre, bensì la traccia che gli oggetti del territorio lasciano su di essa dopo essere stati sottoposti a un procedimento di proiezione. Tale procedimento produce già una configurazione nuova dello spazio che
ha un valore formale per il progetto: quando le carte selezionano e isolano quella forma dello spazio topografico, costituita da oggetti, esse di fatto stanno già dando una nuova configurazione dello spazio, nella quale il progetto dovrà muoversi per risolvere i problemi.4 Nel caso specifico, il progetto tende a ritrovare nel territorio quelli che sono gli oggetti caratterizzanti il luogo; il mondo minerario si è creato e stratificato seguendo delle logiche complesse, (dagli scavi delle gallerie ai cambi di proprietà, all’evoluzione dei processi tecnologici) che per essere capite, necessitano di un’indagine, il cui sguardo deve essere capace di penetrare attraverso il tempo e il territorio. Questa lettura per strati deve quindi
9
essere effettuata basandosi su un modello di lettura, che concepisca l’interrelazione tra i diversi strati, composti da frammenti che non rimandano mai ad un tutto originario ma sono invece capaci di relazionarsi ad altri frammenti proprio per la loro mancanza di completezza,5 che ci spingono a un movimento verticale che attraversa gli strati, ovvero quegli spazi che ci permettono di vivere consapevolmente la dimensione complessa del territorio,6 senza la pretesa di volerlo leggere esclusivamente con uno sguardo distaccato dal tempo e dalla storia, rivolto alla sua conservazione disinteressata, che causerebbe solo l’interruzione delle molteplici relazioni tra gli oggetti appartenenti alle reti differenti che lo compongono.
Le miniere incarnano questo principio nella loro logica intrinseca: il territorio infatti ha subito delle modifiche a seguito degli scavi effettuati per raggiungere gli strati della terra, ricchi di quei minerali che, in un determinato momento storico, è stato necessario riportare alla luce in quanto oggetto di interesse a per i settori produttivi. La miniera non crea relazioni solo tra due spazi diversi –superficie e sottosuolo- ma crea delle relazioni anche tra due tempi differenti –era geologica di formazione del minerale e età contemporanea- caricandosi quindi di un significato più complesso. I manufatti di cui è costituito il nostro territorio vanno quindi considerati nella loro ricchezza di frammento e il progetto ha il compito, non di semplifica-
re ma di rendere complesse, semmai, le relazioni esistenti, interpretando, costruendo e indagando anche quei rapporti inaspettati.7 Individuato il macro percorso generale passante per le ferrovie dismesse della Sardegna sud-occidentale, la tesi propone la rifunzionalizzazione dell’area estrattiva di Ingurtosu-Naracauli, per farla diventare un nodo di accoglienza all’interno del sistema ciclabile. Si illustra quindi una modalità di intervento che indaga le complessità del luogo, con lo scopo di accrescere la consapevolezza nei suoi confronti, conoscenza fondamentale per poter intervenire nel sito, affinché il complesso non diventi solo uno spazio ricettivo, ma si configuri soprattutto come uno spazio capace di racconta-
10
rei se stesso, mostrando i propri pezzi a chiunque ne entri in contatto.
NOTE
5
Cfr. Chiara Maria OCCELLI, Dal territorio alla
città: un percorso per frammenti, in Rosalba Cfr. Massimo BOTTINI., Ieri, oggi e domani, in
LENTILE, Emanuele ROMEO (a cura di), La con-
Massimo BOTTINI., Albano MARCARINI (a cura
servazione dell’architettura e del suo contesto.
di), Le ferrovie delle meraviglie. L’Italia dei bi-
Protocollo per una valutazione integrata del
nari dimenticati, Ediciclo, 2013, pp. 6-7.
patrimonio di Pinerolo, CELID, Torino 2009,
1
2
Ibid.
pp. 26‐35.
3
Cfr. Monica STOCHINO, Stefania ZEDDA, La co-
6
Cfr. Riccardo PALMA, Stratigrafie del presen-
noscenza del patrimonio industriale: la minie-
te. Cartografie orientate al progetto architetto-
ra di Montevecchio, in Carlo AYMERICH.,Jaime
nico del territorio, in Emanuela CASTI, Jaques
Migone RETTING., Monica STOCHINO (a cura
LĖVY (a cura di) Le sfide cartografiche. Movi-
di), Archeologia industriale: esperienze per la
mento, partecipazione, rischio, Il lavoro edito-
valorizzazione in Cile e in Sardegna : Atti del
riale/università, Ancona 2010, pp. 211‐228.
Convegno internazionale, Cagliari 11 dicembre
7
2003, Gangemi, Roma 2003, pp, 65-73.
città: un percorso per frammenti, in Rosalba
Cfr. Chiara Maria OCCELLI, Dal territorio alla
Cfr. Riccardo PALMA, Stratigrafie del presen-
LENTILE, Emanuele ROMEO (a cura di), La con-
te. Cartografie orientate al progetto architetto-
servazione dell’architettura e del suo contesto.
nico del territorio, in Emanuela CASTI, Jaques
Protocollo per una valutazione integrata del
LĖVY (a cura di) Le sfide cartografiche. Movi-
patrimonio di Pinerolo, CELID, Torino 2009,
mento, partecipazione, rischio, Il lavoro edito-
pp. 26‐35.
4
riale/università, Ancona 2010, pp. 211‐228.
11
2. Il progetto della pista ciclabile sulla traccia delle ferrovie dismesse della Sardegna sud-occidentale
Immagine 1: carrelli minerari nella spiaggia di Piscinas
12
Parte a. Il contesto scientifico del progetto 2.1 La ciclabilità turistica
Da diversi anni si assiste in tutta Italia a una crescente richiesta di incrementare e migliorare l’uso dei mezzi alternativi all’automobile, sia che si parli di spostamenti brevi, sia di veri e propri viaggi di lunga durata. La bicicletta da sempre ha rappresentato il mezzo di trasporto ecologico per eccellenza ma di fatto risulta scarsamente utilizzata a causa della poca sicurezza dei percorsi, troppo esposti al traffico urbano alle volte eccessivamente caotico, della loro poca linearità e riconoscibilità, dalla promiscuità dei percorsi con utenti di altro genere. “Qui si fanno le strade non per le auto,
ma per la gente” è lo slogan della “SusTrans” (Sustainable Transport), un’associazione volontaria del Regno Unito che spinge, promuove e realizza piste ciclo-pedonali in ogni parte del Paese,8 con la consapevolezza che la progettazione di una pista ciclabile non equivale al semplice inserimento di un elemento di arredo urbano, bensì a eseguire una vera e propria opera stradale di pari dignità rispetto alle quelle più comuni. All’ interno del contesto urbano spesso si verificano innumerevoli occasioni per percorrere brevi tragitti, nell’arco di due o tre chilometri - dal commer-
13
cio, al lavoro, fino allo svago - dove l’utilizzo della bicicletta, se supportato da un percorso protetto, rappresenterebbe senza dubbio uno tra i metodi di transito più vantaggioso ed economico. D’altro canto, sono sempre più diffusi spostamenti prolungati, per cui si giustifica l’utilizzo di questo mezzo con la consapevolezza di un percorso maggiormente impegnativo, ma allo stesso tempo più stimolante ed interessante. Tali spostamenti permettono una lettura più attenta dello spazio: la mobilità lenta, favorisce la comprensione degli elementi più caratteristici del territorio che generalmente sfuggono
Immagine 2: diversi spostamenti in bicicletta
14
alla velocità dell’automobile. Da questa considerazione deriva l’esigenza di conferire un ruolo ben preciso alla progettazione di piste ciclabili che diventano non solo elementi di riscoperta della ricchezza e della memoria dei luoghi, ma anche uno stimolo per le economie locali.9 Il cicloturismo è oramai una pratica comune in tutta Europa e l’intenzione è quella di generare un settore in linea con gli standard del turismo tradizionale: non solo promuove un turismo “salutare” e legato alla natura ma è capace di collegare e riattivare i grandi e i piccoli centri urbani in un’unica rete a costi limitati, in quanto sfrutta risorse già presenti sul territorio. Quando si parla di cicloturismo si fa riferimento a “veri e propri viaggi o gite
giornaliere, lungo percorsi prevalentemente facili, su strade a scarso traffico o riservate alle biciclette. Il cicloturismo è un modo per avvicinare ed incontrare luoghi e persone, […], è una proposta turistica differente che offre un contatto diretto con l’ambiente circostante, la sua cultura e la sua tradizione, proprio per la sua caratteristica “velocità a misura d’uomo” che consente di vivere con più consapevolezza i percorsi, standovi per visita, ristoro, ospitalità” (Cillo, 2008-2009).10 Si parla quindi di una permanenza prolungata e non di un attraversamento rapido e disinteressato, che non comporta quindi una presenza massificata di visitatori. È un turismo che oltre ad essere lento, risulta anche controllato e sostenibile consentendo di preservare
15
e proteggere il paesaggio.11 Dovrebbe essere quindi buona norma, realizzare reti complementari o alternative a quella stradale veicolare, in virtù di una modifica sostanziale delle abitudini e degli interessi da parte dei viaggiatori e della domanda sempre più crescente di modi di spostamento differenti rispetto a quello tradizionale. Nel 1995, all’interno della “European Cyclists Federation”, si è iniziato a lavorare attorno al progetto che vede l’Europa unificata attraverso l’uso della bicicletta, incentivando il cicloturismo e generando un gran numero di benefici tra i quali efficienza del sistema dei trasporti, nuovi posti di lavoro, miglioramento della qualità ambientale e della salute pubblica, riduzione dell’in-
Immagine 3: mappa Eurovelo
16
quinamento e della congestione stradale, aumento degli scambi culturali. Nel 1997 è stata pubblicata la mappa del progetto “EuroVelo”, comprendente dodici itinerari di lunga percorrenza, nati dalla fusione di tratti di vie ciclabili già esistenti o estendibili e la realizzazione ex novo dei tratti di cerniera mancanti. Nel 2000 sono stati aperti i primi itinerari completi.12 Sono molte ormai le nazioni europee che investono sul turismo in bicicletta e in pochi anni le piste per i cicloturisti si sono moltiplicate ovunque, andando a instaurarsi su strade a basso scorrimento, strade di campagna e talvolta recuperando anche le sedi ferroviarie dismesse, sparse nel territorio. In questo senso, la “Vias Verdes”, progetto direttamente coordinato dalle ferrovie
nazionali spagnole, ha finora curato la riconversione ciclo-pedonale di circa 500 chilometri di ferrovie dismesse, abbandonate nel territorio iberico.13 Anche in Italia si va diffondendo una domanda di turismo e tempo libero che privilegia la scoperta dei territori attraverso l’uso della bicicletta e i primi risultati concreti tra cui la “Ciclopista del Sole”, la rete ciclabile del Trentino, le ciclovie dell’Altopiano d’Asiago e la Cortina-Cimabianche - primi recuperi di ex ferrovie dismesse -14 e il “Parco Lineare” di Caltagirone, hanno riscosso un grandissimo successo tra gli utenti, segnale che qualcosa nel modo di vivere il territorio, sta cambiando radicalmente. Per attivare e valorizzare una ciclovia di lunga percorrenza sono necessari
17
alcuni servizi fondamentali al ciclista, ovvero la presenza di stazioni intermodali che facilitino l’accesso alla pista e che garantiscano servizi di noleggio o bike sharing, punti informativi, di sosta e parcheggi dislocati lungo la ciclovia, fino ai complessi bici-grill, che permettono di effettuare soste prolungate e di fruire di aree naturali, talvolta lontane dai grandi centri abitati.
NOTE
12
Cfr. Marco PASSIGATO, Claudio PEDRONI,
Antonio DELLA VENEZIA, Roberto DI BUSSOLO D.G.R, 22 Dicembre 1999, n. VI/47207, in
(a cura di), Reti ciclabili in area mediterranea,
materia di “Manuale per la realizzazione del-
Vademecum della ciclabilità, Regione Puglia-
la rete ciclabile regionale, parte 1”, Regione
Assessorato trasporti, Ottobre 2008, pp.129-
Lombardia-Direzione Generale Territorio e Ur-
134
banistica, p.9
13
8
9
Ibid.
D.G.R, 22 Dicembre 1999, n. VI/47207, in
materia di “Manuale per la realizzazione del-
Gianluca CILLO, Il cicloturismo: strumento
la rete ciclabile regionale, parte 1”, Regione
di marketing territoriale nel distretto sportivo
Lombardia-Direzione Generale Territorio e Ur-
d’eccellenza per una logica di sviluppo locale,
banistica, p.9-10
Tesi di Laurea (relatori Proff. G. CORNA e M.
14
10
Ibid.
PELLEGRINI), Politecnico di Milano, 20082009, p.22 11
Cfr. Stefano BOERI, Carmen FIOL Y COSTA,
Immagine1: www.gruppodinterventogiuridicoweb.files.wordpress.com/2011/05/ingurto-
Prospettive di architettura. Dialogo con Ste-
su-piscinas-marzo-2008-16-ridotta.jpg
fano Boeri e Carmen Fiol Y Costa, in Barbara
Immagine2:www.imedicidiportanuova.
CADEDDU, Luca TUVERI (a cura di), Paesaggi
it/?p=2787, www.imedicidiportanuova.
minerari in Sardegna, Gangemi Editore, 2008,
it/?p=2787, www.sardiniaturismo.eu/2012,
pp.32-37
Immagine3: rielaborata, fonte iniziale: fiabonlus.it/bici/media/k2/items/cache/39a2761
18
Parte a. Il contesto scientifico del progetto 2.2 Gli itinerari nei siti industriali dismessi
L’attività industriale, in particolare quella mineraria, hanno determinato un cambiamento totale delle caratteristiche naturali del paesaggio e la conseguente nascita di un scenario industriale totalmente artificiale, caratterizzato da elementi di forte impatto: corsi d’acqua deviati, cumuli di detriti, disboscamenti, enormi torri di sollevamento, scavi a cielo aperto, modifiche dei profili collinari. Non appena queste strutture si sono rivelate obsolete a causa dell’inevitabile sviluppo tecnologico, si sono spesso abbandonati fabbricati, strumenti e ambienti lavorativi, disperdendo sul
territorio le testimonianze delle loro origini e della loro storia.15 Gli oggetti lasciati dall’industrializzazione sul territorio non mostrano apparentemente i caratteri del “monumento” propriamente inteso, ma appaiono per lo più come contenitori abbandonati, privi di funzioni artistiche, storiche, produttive, quindi apparentemente inutili. Questi manufatti non presentano le caratteristiche che connotano “l’opera d’arte” e che la maggior parte del pubblico si aspetta di vedere.16 L’edificio industriale in sé, ha poco da offrire in questo senso perché nasce come risposta concreta
19
e funzionale ad esigenze produttive ed economiche, con poco spazio quindi per elementi di rappresentanza. Sarà la disciplina dell’archeologia industriale ad introdurre e ampliare i criteri qualitativi per tutelare, catalogare e conservare le preesistenze secondo una duplice analisi, sia di carattere estetico, secondo le regole della storia dell’architettura, sia come testimonianza tecnologica e di uso innovativo dei materiali.17 In Italia si diffonde attraverso un grande interesse per la storia dei mezzi di produzione e per la cultura materiale nella convinzione che le tecniche,
il lavoro e gli strumenti sono prodotti prima dalle idee dell’uomo e pertanto fanno parte della cultura sociale con una dignità pari a quelle opere umane più spirituali, come l’arte o la letteratura. L’oggetto dello studio dell’archeologia industriale è pertanto il “monumento industriale”, generato dall’obsolescenza della tecnologia, il campo della materia è il “paesaggio industriale”, il suo scopo è la definizione di una cultura dell’”industrialesimo”, intesa come la cultura della produzione dove l’industria, considerata il luogo del lavoro per eccellenza, corrisponde anche al luogo di produzione di idee prima che di oggetti materiali; è il luogo degli uomini che hanno sostenuto l’economia del nostro Paese, che ha generato
differenti gerarchie sociali, modificato nel tempo i rapporti tra vita pubblica e vita privata, avuto sostanziali ricadute in ambito urbano.18 Per i resti dell’industria, la conservazione della memoria e il riuso delle strutture, non rappresentano solo un’urgenza in termini di tutela e salvaguardia del paesaggio, bensì anche in termini di difesa dell’identità di un popolo, intesa come l’identificazione degli individui in un’attività forte, come quella mineraria, che ha caratterizzato l’ossatura socio-economica di una città e di un’intera regione che per decenni ha dominato lo scenario Europeo. La scommessa è quindi leggere tale urgenza come una necessità sociale e culturale che richiede una riflessione su quanto sia indispensabile restituire
20
al paesaggio industriale la sua dimensione spaziale, storica e narrativa.19 Un analogo discorso deve essere fatto per le infrastrutture industriali, in particolar modo per le ferrovie nate come supporto allo sviluppo industriale, progettate e realizzate in pochi anni e abbandonate non appena la fabbrica ha cessato la sua attività. Le ferrovie sono l’immagine della prima modernità, sono simbolo di uno sviluppo tecnologico di qualità eccelsa, che ancora oggi resiste al tempo lasciando la sua traccia indelebile sul territorio; sono la perfetta traduzione funzionale delle diverse necessità del tempo: il tracciato pianeggiante e rettilineo collega in modo efficiente e veloce due nodi territoriali, curvando la morfologia del territorio alle sue
Foto 2: interno del Palazzo della Direzione
Foto 3: laveria Principe Tomaso
Foto 4: laveria Principe Tomaso
(Montevecchio)
(Montevecchio)
(Montevecchio)
21
esigenze e costruendo le pendenze necessarie, attraverso manufatti quali gallerie e ponti.20 I luoghi fino ad allora dimenticati o sfruttati principalmente dalle economie agropastorali locali, vengono attraversati da una nuova forza che inevitabilmente trasforma e movimenta il paesaggio, fino ad allora rimasto stabile. L’analisi del territorio sardo, mette in luce come i tracciati ferroviari siano i testimoni di una modernità incompiuta, inizialmente imposta come un evento grandioso attraverso interventi forti e magnificenti, che si è però consumata nel giro di un secolo, lasciando che i tessuti produttivi principali, come quello del Guspinese-Arburese e del Sulcis-Iglesiente, venissero gra-
dualmente abbandonati e con loro, le fabbriche. La condizione attuale delle aree estrattive con i borghi operai, gli uffici della direzione e gli ambienti di lavoro, appare quasi sovrannaturale, spaesata, sospesa nel tempo, in attesa che qualche cosa accada ed è proprio questa caratteristica a renderli oggetto di studio interessanti nella sfera delle archeologie industriali contemporanee.21 I paesaggi caratterizzati dai tracciati ferroviari che hanno perso nel tempo la loro caratteristica infrastrutturale, ma che hanno mantenuto le loro qualità fisiche, permettono un nuovo tipo di lettura del territorio, permesso dall’attraversamento. Un attraversamento non solo di spazi, ma dei luoghi della memoria, che permette di rico-
22
struire nuove identità, in perfetta relazione con il passato. I tracciati, nella loro totalità, costituiscono un’ossatura territoriale di grande importanza perché si snodano attraverso grandi e piccole città, campagne, superando fiumi e arrivando fino al limite della costa, e si fanno portatori di vicende storiche, lotte sociali, politiche ed economiche, che fanno parte e mettono in connessione un territorio interno e il suo popolo. Ossatura infrastrutturale che si arricchisce grazie alla permanenza sul territorio di opere come ponti, viadotti, gallerie, quasi 2000 stazioni e migliaia di caselli ferroviari che si sono stratificati con il tempo.22 Per il suo essere naturale elemento di collegamento tra luoghi lontani, il
tracciato ferroviario, nella sua nuova percorrenza, è in grado di contestualizzare gli elementi sparsi nel territorio, restituendo al paesaggio la sua dimensione di sistema e metterlo in mostra nella sua totalità e complessità;23 e il territorio italiano potrebbe ancora offrire molto se venisse sfruttata questa nuova modalità di lettura paesaggistica, che permette un riuso degli antichi percorsi, che a loro volta, grazie al solo passaggio, restituiscono valore a costruzioni abbandonate. Una lettura di questo genere viene fatta dai percorsi che si sviluppano lungo tutto il bacino minerario nella regione della Ruhr, in Germania, attraverso lo sfruttamento delle alzaie dell’omonimo fiume che l’attraversa. Nell’ultimo secolo la Regione, è stata capace di
trasformare se stessa in un’offerta culturale, mettendo in mostra il suo territorio e le sue strutture minerarie ai visitatori, puntando su percorsi ciclopedonali, tipicamente lenti e strutturati per soste. Grazie ad una fitta rete di percorsi che appartengono naturalmente al territorio, i visitatori possono seguire il fiume dalla sorgente, alla foce sul Reno, possono addentrarsi nelle aree più boschive d’Europa o riscoprire insediamenti industriali e civili posti nei pressi dei porti fluviali. La rete dei percorsi mette in connessione elementi diversi, dagli artificiali ai naturali, luoghi completamente differenti l’uno dall’altro, che sembrano appartenere a mondi eterogenei, ma facenti parte dello stesso sistema, ov-
23
vero il paesaggio, che in questo modo viene compreso nella sua complessità.24
NOTE
RETTING, Manuela STOCHINO (a cura di), Ar-
Gangemi Editore, pp. 9-11
cheologia industriale, Esperienze per la valo-
21
Ibid.
rizzazione in Cile e in Sardegna, Gangemi Edi-
22
Cfr. Sara MUCELLI, Fili della memoria, trame
archeologia industriale tra passato e futuro,
tore, 2003, pp. 45-55
dell’identità, in Adriano DESSÌ, Sara MUCELLI
in Carlo AYMERICH, Jaime MIGONE RETTING,
18
Cfr. Antonello SANNA, Problematiche di re-
(a cura di), Paesaggi lineari, Strategie e proget-
Manuela STOCHINO (a cura di), Archeologia
cupero di archeologia industriale, in Carlo
ti per il recupero dei vecchi tracciati ferroviari
industriale, Esperienze per la valorizzazione in
AYMERICH, Jaime MIGONE RETTING, Manuela
del Sulcis Iglesiente, Roma, Gangemi Editore,
Cile e in Sardegna, Gangemi Editore, 2003, pp.
STOCHINO (a cura di), Archeologia industriale,
pp. 21-23
13-15
Esperienze per la valorizzazione in Cile e in Sar-
23
16
degna, Gangemi Editore, 2003, pp. 197-198
re i paesaggi lineari del ‘900, in Adriano DES-
15
Cfr. Tatiana K. KIROVA, Relazione generale:
Cfr. Laura Anna MARRAS, Archeologia indu-
Cfr. Antonello SANNA, Prefazione. Restaura-
striale in Sardegna. Interventi per la tutela e la
19
Cfr. Stefano BOERI, Carmen FIOL Y COSTA,
SÌ, Sara MUCELLI (a cura di), Paesaggi lineari,
valorizzazione, in Carlo AYMERICH, Jaime MI-
Prospettive di architettura, dialogo con Ste-
Strategie e progetti per il recupero dei vecchi
GONE RETTING, Manuela STOCHINO (a cura
fano Boeri e Carmen Fiol Y Costa, in Barbara
tracciati ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma,
di), Archeologia industriale, Esperienze per la
CADEDDU, Luca TUVERI (a cura di), Paesaggi
Gangemi Editore, p. 9-11
valorizzazione in Cile e in Sardegna, Gangemi
minerari in Sardegna, Gangemi Editore, 2008,
24
Editore, 2003, pp. 41-43
pp. 32-37
cicletta, http://www.ediciclo.it/blog/?p=629,
17
20
Cfr. Monica STOCHINO, Elementi per la co-
Cfr. Antonello SANNA, Prefazione. Restaura-
noscenza, la conservazione e la valorizzazione
re i paesaggi lineari del ‘900, in Adriano DES-
del patrimonio di archeologia industriale in
SÌ, Sara MUCELLI (a cura di), Paesaggi lineari,
Sardegna, in Carlo AYMERICH, Jaime MIGONE
Strategie e progetti per il recupero dei vecchi tracciati ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma,
24
Luigi ROSSI, 2010: Il bacino della Ruhr in bi-
8 Giugno 2009, data consultazione 8 Luglio 2015
Parte a. Il contesto scientifico del progetto 2.3 Le ferrovie dismesse
Le ferrovie possono essere considerate come una rete che ha unito l’intero territorio italiano, che ha permesso di accorciare le distanze temporali, economiche e sociali tra città e paesi, spargendo sul territorio una vasta quantità di costruzioni come supporto al suo regolare funzionamento.
tenzione è rivolta alla necessità di garantire spostamenti più sostenibili, rispettosi dell’ambiente. In seguito a queste considerazioni, sono nati una grande quantità di progetti volti non solo al miglioramento e al potenziamento del trasporto pubblico su binari, ma anche alla diffusio-
(Donati, 2014)26 che permette una vera e propria visita itinerante e anche quando i suoi binari non possono più essere utilizzati tramite vagoni perché privi di armamenti, il sedime offre un ottimo percorso per tutti coloro che scelgono lo spostamento in bicicletta. Infatti, la tipica geometria lineare e
Attività ferroviaria che ha iniziato il suo declino con la diffusione del motore a scoppio e delle strade asfaltate, portando alla chiusura definitiva di molti tratti tra gli anni ’60 e ’70. Attualmente, a causa dei problemi relativi al traffico, l’inquinamento, il rumore e l’occupazione di suolo, l’at-
ne di treni a bassa velocità (il Trenino Verde sardo è un buon esempio), che riscoprono spettacolari paesaggi attraverso linee ferrate ormai immerse nella natura.25 Il treno nella sua nuova accezione, viene considerato non solo come viaggio, ma come “sguardo sul paesaggio”
pianeggiante della massicciata ferroviaria, ben si presta ad una percorrenza dolce e lenta. Di notevole interesse è l’esperienza delle “Greenways Italia” nata nel 1998, che promuove la mobilità non motorizzata sulle cosiddette “vie verdi”, generalmente percorsi recuperati
25
Immagine 4: mappa delle ferrovie dismesse
26
da ferrovie abbandonate, alzaie del canali e strade di campagna. L’Associazione degli Amici della Bicicletta, la Fiab Onlus, grazie all’indagine denominata “Dalle rotaie alla bici”, ha catalogato ben 42 casi in tutto il territorio nazionale, di recupero all’uso della bicicletta di tratti di ferrovie dismesse.27 Secondo l’Associazione Ferrovie Dimenticate, sono circa 6400 chilometri i binari dismessi in Italia, che sono in attesa di idee per il loro rilancio come ferrovie o come percorsi turistici, in quanto, per la loro presenza incancellabile “costituiscono un patrimonio collettivo, un segno sul presidio sul territorio, ben integrato con il paesaggio”
(Marcarini, Bottini, 2012)28 come suggeriscono Albano Marcarini, presidente della Confederazione di Mobilità Dolce - CoMoDo - e Massimo Bottini nel loro libro “Ferrovie delle Meraviglie”. Marcarini e Bottini classificano le linee ferroviarie dismesse ormai adottate da piccole associazioni locali di volontariato che le difendono, le curano e le fanno percorrere a piedi o in bicicletta, consapevoli che quel segno umano è diventato ormai parte del territorio naturale e antropizzato allo stesso tempo e il riuso consapevole e rispettoso, consente loro di ricongiungersi al luogo e alla società, provvedendo alla conservazione del paesaggio. Un esempio interessante, è il Parco
27
Lineare tra Caltagirone e San Michele di Ganzaria (Sicilia, 1999-2000), un progetto di Marco Navarra, nato con l’intento di riutilizzare la ferrovia ormai inesistente, mancante del pietrisco, dei binari, delle traversine di legno, combinando la sua traccia con i risultati del movimento della terra, facendo affiorare le fratture e le discontinuità dei diversi paesaggi che si alternano in uno stesso scenario, dando la possibilità al progetto di adattarsi alle dinamiche della terra e del paesaggio, trovando un accordo armonioso con esso. Ogni trasformazione della terra genera nuove condizioni di vita, nuove occasioni di spazi: il “Giardino Arena” è uno spazio nato dai limiti del luogo, caratterizzato dall’accumulo di detriti vari, dando origine a una discarica. Il
Giardino non ha voluto celare la natura intrinseca del luogo, ovvero l’essere un cantiere e con la definizione di questo nuovo spazio, il progetto ha voluto definire gli allineamenti, i recinti, i passaggi, le aperture del cantiere. 29 La realtà dell’abbandono è ancora più sentita per le strade ferrate legate allo sviluppo industriale, progettate alle volte per il solo trasporto di merci e dismesse nel giro di pochi anni. All’interno del territorio della Sardegna, sono tanti i chilometri di ferrovie dismesse a servizio del trasporto di prodotti grezzi da trasportare all’industria, tra cui il tratto Calangianus-Monti - 27,5 chilometri - costruita nel 1888 per il trasporto del sughero, dai boschi del Limbara, verso Tempio Pausania. La linea qui si raccordava con la linea
Chilivani-Terranova, sfruttando il collegamento con il porto di Olbia. Nel 1958 la linea fu soppressa e ad oggi l’armamento è stato quasi del tutto rimosso. Sopravvivono in stato di abbandono i caselli, alcune stazioni, ponti e muri di contenimento. Sulla massicciata corre una strada sterrata percorribile a piedi o in bicicletta. Questo ha permesso di recuperare un tratto dell’ex ferrovia, trasformato recentemente in una pista ciclo-pedonale turistica di grande valore, a cura della Comunità Montana 3 della Gallura.30 Anche l’attività mineraria, settore che ha conosciuto per oltre un secondo un forte sviluppo a livello europeo, ha lasciato le sue tracce significative nel territorio sardo. Lo sviluppo repentino ha portato le società proprietarie de-
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gli impianti minerari, a dotarsi di linee ferroviarie per il trasporto dei minerali e in pochi anni una fitta rete di ferrovie, iniziò a sostenere il traffico commerciale e il trasporto dei minatori sui luoghi del lavoro. Ad oggi si contano circa 162 chilometri di ex strade ferrate,31 alcune completamente disarmate, altre con binari ancora visibili e altre ancora che sono state soggette a interventi di recupero del sedime e trasformati in percorsi ciclo-pedonali verdi, al servizio degli abitanti locali e dei turisti. Questi tracciati si sviluppano lungo tutto il territorio sardo, mettendo in connessione i poli estrattivi localizzati nell’entroterra con gli impianti di arricchimento del materiale grezzo, le fonderie e i porti mercantili situati
Immagine 5: il Parco Lineare_particolare
Immagine 6: linea Calangianus-Montis_casa
della pavimentazione
cantoniera e sedimi dismessi
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sulle coste dell’Isola. La caratteristica comune è che questi tracciati sono ancora riconoscibili nei loro segni più caratteristici e facilmente percorribili a piedi o in bicicletta per almeno la metà della loro lunghezza, nonostante il loro stato di completo abbandono. È questo il caso delle linee minerarie Acquaresi-Cala Domestica - 4,8 chilometri - e dell’Iglesias-San Giovanni Suergiu - 32 chilometri - nella zona dell’Iglesiente, la Montevecchio-San Gavino - 18,2 chilometri - nel Guspinese, la Siliqua-Calasetta - 79,3 chilometri - e la Piolanas - 7,7 chilometri - nel Sulcis, la Canaglia-Porto Torres - 19 chilometri - nel Sassarese e la BaccuTalantinu - 5 chilometri - nella zona del Sarrabus. Altri tracciati invece hanno perso gran parte delle loro caratteristi-
che e risulta complesso individuare le loro tracce sul territorio e talvolta anche la loro percorrenza. È il caso della linea San Leone-Maddalena Spiaggia - 15,4 chilometri - nel Cagliaritano, la Monteponi-Portovesme - 20 chilometri - nel Sulcis, la Naracauli-Piscinas 4,2 chilometri - nell’Arburese e infine i tratti relativi alla galleria Henry - 2,3 chilometri -, alla galleria Ornella - 12 chilometri- nell’Iglesiente e alla cava Usai - 800 metri- nel Cagliaritano, percorribili solamente a piedi.32
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NOTE 25
Cfr. Anna DONATI , Le ferrovie delle mera-
28
Albano MARCARINI, Massimo BOTTINI (a
32
Sandro MEZZOLANI, Carta delle ferrovie del-
cura di), Ferrovie delle meraviglie. L’Italia dai
la Sardegna, Fonte di nostra proprietà conse-
binari dimenticati, Ediciclo, 2012, p.9
gnataci dall’autore
viglie…da non dimenticare, in Adriano DESSÌ,
29
Sara MUCELLI (a cura di), Paesaggi lineari,
nea Parassita. Il Parco Lineare tra Caltagirone
Immagine4: rielaborato, fonte iniziale: www.
Strategie e progetti per il recupero dei vecchi
e San Michele di Ganzaria, in Adriano DESSÌ,
ferrovieabbandonate.it/images/fer_dismesse.
tracciati ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma,
Sara MUCELLI (a cura di), Paesaggi lineari,
jpg
Gangemi Editore, 2014, pp. 25-30
Strategie e progetti per il recupero dei vecchi
Immagine5: www.static.urbarama.com/pho-
26
tracciati ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma,
tos
da non dimenticare, in Adriano DESSÌ, Sara
Gangemi Editore, pp. 43-49
Immagine6:www.unsardoingiro.blogspot.
MUCELLI (a cura di), Paesaggi lineari, Strate-
30
gie e progetti per il recupero dei vecchi traccia-
cura di), Ferrovie delle meraviglie. L’Italia dai
ti ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma, Gange-
binari dimenticati, Ediciclo, 2012, pp.50-58
mi Editore, pp. 26
31
27
Cfr. Anna DONATI , Le ferrovie delle mera-
archeologia industriale tra passato e futuro,
viglie…da non dimenticare, in Adriano DESSÌ,
in Carlo AYMERICH, Jaime MIGONE RETTING,
Sara MUCELLI (a cura di), Paesaggi lineari,
Monica STOCHINO (a cura di), Archeologia in-
Strategie e progetti per il recupero dei vecchi
dustriale, Esperienze per la valorizzazione in
tracciati ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma,
Cile e in Sardegna, Gangemi Editore, 2003, pp.
Gangemi Editore, 2014, pp. 25-30
13-15
Anna DONATI , Le ferrovie delle meraviglie…
Cfr. Maria MARINO, Marco NAVARRA, Li-
Cfr. Albano MARCARINI, Massimo BOTTINI (a
Cfr. Tatiana K. KIROVA, Relazione generale:
31
it/2012
Parte b. Il progetto della rete ciclabile nella Sardegna sud-occidentale 2.4 Il comparto minerario della Sardegna sud-occidentale e le sue ferrovie
Se in altre parti della Sardegna, le strade ferrate hanno avuto come scopo la connessione tra centri abitati, nella zona sud-occidentale, esse sono state maggiormente legate alla produttività del sottosuolo. Le ferrovie industriali che hanno attraversavano il territorio, sono state numerose, e operavano sia in superficie, sia talvolta nel sottosuolo; queste ultime sono andate completamente perse con la chiusura degli impianti e delle relative gallerie. La gran parte dei tracciati ferroviari più lunghi si snodano interamente in superficie e disegnano ancora oggi la
morfologia del paesaggio collinare del Sulcis-Iglesiente-Arburese-Guspinese.33 Con il grande sviluppo dell’attività mineraria nell’area sud-occidentale dell’isola, i tecnici della seconda metà dell’800 si trovarono ad affrontare le difficoltà connesse al trasporto del minerale. Le miniere erano infatti ubicate in aree di montagna, senza strade o sentieri. Il problema maggiore era la quantità di tempo, denaro, uomini e forze che si impiegavano nei trasporto, per mezzo dei buoi, dall’interno della miniera, agli impianti esterni di arricchimento e
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infine ai punti di imbarco del minerale, generalmente localizzato lungo le coste. Questa tipologia di trasporto venne presto sostituita dai vagoni a vapore, specialmente nelle due aree estrattive più attive, Monteponi - Sulcis - e Montevecchio - Guspinese -, che consentivano di raggiungere i punti di interesse più celermente e con carichi elevati di minerali. La più antica ferrovia della Sardegna venne costruita nel 1863 per servire la miniera di San Leone con i suoi giacimenti di ferro, posta nel settore montano di Capoterra, nel Cagliaritano. La
strada ferrata, lunga 15,4 chilometri, giungeva al pontile di imbarco della Maddalena, dove si trovano tuttora i resti dello scalo ed alcuni elementi del pontile. Con il deprezzarsi del valore del minerale estratto e la maggior economicità del trasporto su gomma, la ferrovia lentamente venne smantellata. Il suo tracciato, in buono stato e percorribile totalmente a piedi o in bicicletta, porta dalle boscose montagne della valle di Gutturu Mannu fino alla spiaggia della Maddalena. Pochi anni dopo venne iniziata la costruzione della più antica ferrovia a scartamento ridotto d’Italia su iniziativa della Società Mineraria Monteponi. La prima tratta Gonnesa-Portovesme, entrata in funzione nel 1871, serviva principalmente al trasporto di perso-
ne; il secondo tratto, Gonnesa-Monteponi, inaugurato nel 1875, metteva in collegamento la vicina miniera di piombo e zinco, tramite un piano inclinato che permetteva lo scambio dei vagoni tra le due differenti quote. I 20 chilometri di ferrovia, permisero alla società mineraria di facilitare gli spostamenti da Iglesias fino a all’Isola di San Pietro, passando da Portovesme che diventò un importante porto industriale. Nel 1869, la Società Mineraria di Montevecchio progettava un’altra linea ferroviaria, che venne realizzata nel 1876 e dismessa nel 1958, in favore del trasporto gommato del minerale, che si prolungò fino al 1991, anno di chiusura degli impianti. La linea era lunga 18 chilometri e collegava l’imponente impianto estrattivo di
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Montevecchio, attraverso la ferrovia di Sciria, nel Guspinese con la fonderia di San Gavino. Da qui i vagoni carichi di zinco e piombo, venivano scaricati su un altro treno in direzione Cagliari, riallacciandosi alla ferrovia regionale, nata qualche anno dopo. Il tracciato era quasi interamente rettilineo e pianeggiante, con una debole curvatura che dalla stazione di San Gavino, arrivava alla stazione di Guspini. Nel 1871, con la scoperta di un nuovo filone minerario nella zona di Ingurtosu, poco distante dall’area di Montevecchio, Thomas Alnutt Brassey dispose il progetto per una nuova linea ferrata per trasportare i minerali dal pozzo, ai magazzini posti in prossimità dell’arenile di Piscinas. Nel 1900 gli scavi del nuovo filone pro-
San Leone
Siliqua
Viadotto sul Rio Fundas
Cortoghiana
Buggerru
Carbonia
San Gavino
Porto Flavia
Carbonia-San Giovanni
Immagine 7: sedimi ferroviari minerari dismessi
Immagine 8: recupero di alcuni sedimi ferroviari
34
seguirono verso la valle di Naracauli, sito che ospitò anche una nuova laveria, la Laveria Brassey, in sostituzione della Laveria Bau, situata nel borgo di Ingurtosu. Si rese necessario quindi una bretella che si ricollegasse alla strada ferrata realizzata in precedenza che, dal piazzale antistante la laveria Brassey, conducesse al molo di Piscinas in direzione Carloforte.34 Attualmente i segni di quest’ultimo tracciato sono veramente difficili da individuare: la strada sterrata in alcuni punti si è allargata fino a inglobare la ferrovia e le recenti alluvioni hanno contribuito a far scomparire la massicciata. La ferrovia del Sulcis invece, collegava Siliqua con San Giovanni Suergiu e il suo progetto, risalente ai primi anni
del 1900, lo si deve alle richieste delle popolazioni locali che domandavano maggiore connessione con i centri urbani vicini, soprattutto in funzione della recente realizzazione della bretella di collegamento con le ferrovie regionali. La costruzione iniziò solo nel 1923, con la fine della prima guerra mondiale e la concessione della linea fu data alla Ferrovie Meridionali Sarde, società nata nel 1915 appositamente per la costruzione e l’esercizio della ferrovia del Sulcis. La ferrovia operava con finalità di trasporto del carbone e dei passeggeri e serviva di supporto alle attività minerarie ed industriali dell’area. Il tracciato, a partire da Siliqua e dopo aver scavalcato il Rio Cixerri, si complicava con delle leggere salite, passando
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affianco alla base del colle del Castello di Acquafredda per poi raggiungere attraverso gallerie e ponti, il passo di Campanasissa dove esistono ancora la stazione e lo scalo merci. Da Campanasissa, il tracciato approdava in un’area piuttosto complicato, fatto di ponti e gallerie per risolvere i percorsi tortuosi. Il viadotto sul rio Fundus, nei pressi di Terrubia, costituisce una delle più importanti opere d’arte realizzate lungo la linea. Nell’ottobre del 1904 si inaugurava una innovativa ferrovia elettrica destinata al trasporto del piombo e dello zinco dagli impianti di Acquaresi alla vicina costa, la prima rete elettrificata in Sardegna, e tra le prime in Italia. Dai cantieri di Scalittas, il tracciato tangeva la valle e scendeva sino alla confluenza
Foto 4: tratto Montevecchio-San Gavino, particolare dell’armatura dei binari
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del Gutturu Sartu per arrivare a Cala Domestica. Presso il molo di Cala Domestica, il minerale veniva caricato su balancelle ed avviato al porto di Carloforte per essere trasportato fino al porto di Crotone. Della linea, smantellata nel secondo dopoguerra, è chiaramente visibile il tracciato e numerosi ponti in pietra. Sempre agli inizi del 1900, gli stessi proprietari della miniera di San Leone, acquistarono un vasto territorio nei monti tra Capoterra e Santadi e costruirono una ferrovia che dalla foresta di Pantaleo, nei pressi di Santadi, trasportava minerali di piombo e zinco e legname verso Porto Botte, sulla costa di Giba. L’intero tracciato della ferrovia, dopo un breve tratto montano si snodava quasi interamente in un’area
pianeggiante fino al porto. Il tracciato ferroviario rimase attivo fino agli anni ’30 e negli anni successivi fu smantellata. Attualmente sono visibili gli edifici della fabbrica, restaurati ed in uso da parte della Forestale, il tracciato, con numerosi piccoli ponti ed alcuni caselli e stazioni. La miniera di Planu Sartu è posta in prossimità della falesia che si affaccia sul mare, a sud di Buggerru. La più importante opera della grande e ricca miniera di Planu Sartu è senza dubbio la Galleria Henry. La galleria, scavata nella falesia nel 1865, consentiva il trasporto dei minerali per mezzo di una via ferrata, dai cantieri sotterranei alle distanti laverie poste in fronte al mare nella baia di Buggerru.
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Il tunnel scavato nella dura roccia si mostra tuttora imponente: le sue dimensioni furono determinate dall’impiego, nel 1892, di una locomotiva a vapore. Messa in sicurezza e dotata di indicazioni, è oggi accessibile in tutta sicurezza. Una delle opere più interessanti del sistema ferrato industriale è la ferrovia mineraria che dagli impianti di arricchimento di Masua portava fino ad uno dei più spettacolari e singolari impianti di carico della Sardegna: Porto Flavia. Il tracciato prendeva avvio dai sistemi di trattamento della miniera di Masua, dove il minerale caricato su carrelli ferroviari, veniva trainato per pochi chilometri verso il sottosuolo per giungere ad un sistema di silos sotterranei ospitati nella falesia calcarea a
picco sul mare in fronte allo scoglio di Pan di Zucchero. Porto Flavia è l’esempio di come in Sardegna, per mantenere la competitività dei costi di estrazione si cercava in tutti i modi di risolvere i problemi che l’ambiente imponeva. Anche tutto il sistema di estrazione relativo a Porto Flavia è visitabile, grazie alla recente messa in sicurezza delle strutture. La linea San Gavino-Villacidro risale al 1912 e venne costruita in funzione della fonderia, voluta dal Re Carlo Emanuele lll di Savoia nel 1740, ma sostituita da una più avanzata, costruita a San Gavino, qualche anno dopo. In realtà la ferrovia non funzionò mai a servizio dell’economia mineraria, in quanto era più conveniente far arrivare il minerale a San Gavino, dove sarebbe stato pos-
sibile trasferirlo direttamente a Cagliari. Nonostante questo il tracciato, che approda nell’attuale zona industriale, è ancora visibile e percorribile.35 Da questa analisi risulta evidente come il paesaggio minerario sardo non possa essere compreso nella sua integrità, attraverso un unico sguardo. La sua complessità si coglie gradualmente, man mano che ci si addentra nel territorio, si attraversano i pozzi, si percorrono gli antichi percorsi del minerale verso il mare o del minatore verso le abitazioni operaie. Solo calandosi all’interno della realtà mineraria si possono cogliere quei particolari che lo differenziano da qualsiasi altro paesaggio industriale ottocentesco, nato in ambito urbano. Proprio per la vastità e la frammenta-
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rietà dell’area, fatta da elementi puntuali, quasi posti casualmente in un territorio immenso, è necessario ragionare attraverso un metodo puntuale, che individui i punti strategici in cui operare con interventi mirati, al fine di far diventare quei punti, riferimenti visivi e funzionali per la comprensione dell’intera area.
NOTE
Buggerru: www.s-media-cache-ak0.pinimg. com/236x/08/9d/d6/089dd6fd6f775fc63a7ce
33
Cfr. Fausto Alessandro PANI, Giacimenti fer-
82ed94bb0d9.jpg
roviari. Storie della costruzione tecnica di un
Porto Flavia: www.5.144.173.175/cammini/
paesaggio, in Adriano DESSĂŒ, Sara MUCELLI (a
images/stories/com_form2content/p1/f6/3.
cura di), Paesaggi lineari, Strategie e proget-
jpg
ti per il recupero dei vecchi tracciati ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma, Gangemi Editore,
Immagine 8:
pp.97-127
Viadotto Rio Fundus: www.sb.ecobnb.net/
34
Ibid.
app/uploads
35
Ibid.
Carbonia: www.it.wikipedia.org/wiki/Ferrovia_San_Giovanni_Suergiu-Iglesias#/media/
Immagine 7:
File:Via_Aspromonte_Carbonia_ed_ex_Sta-
San Leone: www.sentieridautore.it/sentieri-
zione_Serbariu.jpg
dautore.it/65
Carbonia-San Giovanni: www.it.wikipedia.
Cortoghiana: www.upload.wikimedia.org/
org/wiki/Ferrovia_San_Giovanni_Suergiu-
wikipedia/commons/b/b6/Rotaie_ex_FMS_
Iglesias#/media/File:Pista_ciclabile_ex_FMS_
Genna_Gonnesa.jpg
Carbonia-San_Giovanni_Suergiu_2.jpg
Siliqua: www.sentieridautore.it/sentieridautore.it/65
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Parte b. Il progetto della rete ciclabile nella Sardegna sud-occidentale 2.5 La proposta progettuale
Con l’intento di rendere fruibili e unificare le due più grandi aree minerarie della Sardegna, Sulcis-Iglesiente e Guspinese-Arburese, il progetto di tesi mira a generare un percorso ciclopedonale che, partendo dal centro di Oristano e arrivando fino al porto di Calasetta nell’isola di Sant’Antioco, ripercorre, riscopre e riattiva i sedimi ferroviari minerari ormai dismessi, appoggiandosi alle strade provinciali e locali laddove sia necessario il collegamento tra un tronco ferroviario e l’altro, per conservare la fluidità del percorso. Un itinerario in cui il paesaggio muta più e più volte, dalle pianu-
re di Oristano e Arborea, alle spiagge della Costa Verde, alle falesie a picco sul mare di Buggerru, Masua e Nebida, alle affascinanti costruzioni minerarie del Sulcis-Iglesiente. La scelta delle aree si appoggia sull’efficacia delle antiche percorrenze: i percorsi ferroviari nelle due linee Siliqua-San Giovanni Suergiu-Calasetta e Iglesias-San Giovanni Suergiu, percorrevano longitudinalmente e trasversalmente quasi per intero la piana del Sud dell’Isola e, ad oggi, esistono numerosi progetti di riuso dei sedimi ferroviari e delle strutture connesse alle ferrovie; progetti che hanno portato nel
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2013, su iniziativa della provincia di Carbonia-Iglesias, alla trasformazione in pista ciclo-pedonale il tratto Carbonia-San Giovanni Suergiu, attualmente utilizzato da locali e turisti. Numerosi sono anche i progetti relativi all’area del Guspinese-Arburese, promossi dal Parco Geominerario della Sardegna, per il riuso in particolar modo della ferrovia di collegamento tra Piscinas e Naracauli e il restauro del pontile che permetteva l’imbarco dei minerali. Quest’area tuttavia appare più abbandonata e degradata rispetto alla precedente, motivo per cui visitatori locali e turisti sono impossibilitati
a cogliere la complessità di questi spazi e a vivere la qualità dei suoi paesaggi, nonostante la sua posizione strategica tra il mare e il nodo di San Gavino. Questo accade specialmente nell’area di Piscinas-Naracauli dove i movimenti della terra, dovuti agli scavi minerari, hanno sommerso parte del vecchio tracciato e reso inagibili le opere infrastrutturali come ponti e muri di contenimento che ne garantivano la corretta traiettoria. Inoltre l’uso dell’attuale strada sterrata,che divide in due l’area, ha ridotto notevolmente l’interesse per il suo ripristino.36 L’intento del progetto è dunque quello di unificare le due aree estrattive mediante un unico percorso, attraverso il recupero delle linee Piscinas-Naracauli, Montevecchio-San Gavino- Vil-
lacidro, Siliqua-San Giovanni SuergiuCalasetta -80 chilometri- e Iglesias-San Giovanni Suergiu -33 chilometri- con particolare interesse per la dorsale Oristano-San Gavino-Siliqua-San Giovanni-Calasetta, che integra ai fini della fluidità del percorso, le strade provinciali e locali su cui la pista andrà ad appoggiarsi. La dorsale indivuduata offre punti di maggiore interesse, in quanto collega una moltitudine di manufatti architettonici abbandonati, specialmente nel tratto Vallermosa-Santadi. Inoltre, risulta maggiormente collegato a Cagliari attraverso le strade principali SS 130 e SS 131 e le Ferrovie Regionali.
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N Scala 1:50.000
Elaborato di progetto: la ciclovia nella Sardegna sud-occidentale e schema delle percorrenze
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La dorsale Oristano-Siliqua-Calasetta Il percorso della dorsale, ha inizio nella città di Oristano, primo grande centro urbano che si incontra nelle vicinanze di Piscinas. Percorrendo la strada provinciale SP 49 e oltrepassata la città di Arborea, si raggiungerà Marceddì, dopo aver superato lo stretto ponte sull’omonimo stagno. Il percorso risulta essere piuttosto pianeggiante e di semplice percorrenza. Da qui si proseguirà lungo la litoranea SP 65 che da Nord, dalla Costa Verde, si conclude nello spazio sterrato nei pressi della spiaggia di Piscinas. Qui sarà possibile immettersi sulla pista ciclo-pedonale e proseguire fino alla valle di Nacauli, sulla piazza antistante la Laveria Brassey. La valle di Naracauli rappresenterà l’unico punto di discontinuità
del progetto: infatti, la strada sterrata che conduce all’area estrattiva di Montevecchio, ovvero la SP 66, prevede una percorrenza piuttosto impegnativa e verrà dunque servita interamente tramite una navetta, adatta anche al trasporto di biciclette. La navetta attraverserà l’ormai disabitato borgo di Ingurtosu, a pochi chilometri da Naracauli, proseguirà verso i pozzi di estrazione che si susseguono lungo la strada – pozzo Gal, pozzo Casargiu, pozzo Amsicora e infine pozzo Sannafino a giungere al borgo di Montevecchio, centro direzionale dell’omonima miniera a pochi chilometri di distanza. La navetta farà capolinea nella zona di Sciria, l’ex stazione ferroviaria dell’area mineraria. Benchè il sentiero lungo la SP 66 si
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mostri impegnativo, potrà comunque essere percorso dai ciclisti più allenati per mezzo della mountain bike; l’associazione locale “MTB Club Piccalinna” si occupa da anni della selezione e della manutenzione dei sentieri e delle mulattiere che separano le due aree minerarie – Ingurtosu e Montevecchio.37 Una volta percorsa la SP 66 tramite, si giungerà sul piazzale dell’ex stazione di Sciria, nell’area di Montevecchio e, da qui, si proseguirà verso San Gavino e Villacidro, sede dell’antica fonderia, sul sedime ferroviario lungo circa 8 chilometri. Da Villacidro attraverso la strada statale pedemontana SS 293 si giungerà fino a Siliqua. Qui sarà possibile proseguire tramite un percorso sull’ex sedime che dall’entroterra giunge di-
rettamente al mare. L’asse Siliqua – Calasetta, ultimo tratta della dorsale Oristano-Calasetta, risulta essere ad alto valore paesaggistico e ambientale in quanto attraversa uno dei più caratteristici complessi forestali del Sulcis compresi nel distretto, individuato dal piano forestale regionale, denominato “Monti del Sulcis” e lambisce l’area denominata “Foresta di Monte Arcosu”, nonché diversi istituti di tutela naturalistica ed è caratterizzato dalla presenza di numerose infrastrutture, in particolare gallerie e viadotti; si evidenzia un ponte molto suggestivo, quello localizzato nei pressi di Campanasissa, il viadotto sul Rio Fundus.38 Attualmente, il percorso della ferrovia -circa 80 km- inizia dalla stazione FMS di Siliqua, procede ver-
so sud, attraverso il colle di Campanasissa, dopo il quale la linea vira verso ovest giungendo a Terrubia e Narcao. Da qui la linea prosegue verso Santadi e Giba, per poi giungere a Tratalias, dove devia verso ovest fino alla stazione di San Giovanni Suergiu. Nell’area della stazione di San Giovanni Suergiu si trovano officine e depositi. La ferrovia prosegue costeggiando la strada statale SS 126 e giunge attraverso un ponte nell’isola di Sant’Antioco. Il percorso ferroviario continua poi lungo la costa nord-est dell’isola di Sant’ Antioco, e dopo la fermata nella frazione costiera di Cussorgia, termina nel lungomare di Calasetta, con la stazione capolinea situata a pochi metri dal porto.
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Il percorso ad anello San Giovanni Suergiu rappresenta un importante punto di snodo in quanto permette di intraprendere un ulteriore percorso ciclo-pedonale, sul sedime che arriva fino Iglesias. Insieme al percorso precedente, attraverso il progetto, si realizzerà un percorso ad anello in cui San Giovanni Suergiu e Vallermosa diventeranno due importanti centri di interscambio. Se l’asse Siliqua-Calasetta si presta meglio per visitare luoghi di interesse naturalistico e archeologico, l’asse San Giovanni Suergiu-Iglesias condensa in sé le polarità culturali e dei principali servizi, caratterizzandosi come “asse della mobilità lenta” (Sara MUCELLI,2014)39 , in quanto attraversa numerosi centri abitati localizzati a breve
distanza tra loro, storicamente relazionati dallo sfruttamento minerario e oggi caratterizzati dalla permanenza delle risorse dell’archeologia mineraria sia metallifera che carbonifera, oltre alle altre risorse storico-culturaliarcheologiche e ambientali. Anche il percorso ferroviario risulta essere interessante, pur essendo ormai privo di armamento, in quanto è caratterizzato dalla presenza di numerose opere strutturali (stazioni, caselli e fermate) e infrastrutturali, in particolare gallerie e viadotti. Costeggiando la SS 126, dal centro di San Giovanni Suergiu, si prosegue per Carbonia, su un tratto di di recente recuperato dal comune di Carbonia e trasformato in una pista ciclo-pedonale per i cittadini. Da Carbonia a Gonnesa il tracciato
è privo di massicciata e si inoltra verso l’interno del territorio, passando davanti al complesso archeologico del Monte Sirai, fino ad arrivare alla Grande Miniera di Serbariu, attraversando, fra gli altri paesaggi, le vecchie miniere di Cortoghiana. Nel tratto GonnesaIglesias è ancora presente la massicciata. Particolarmente interessante il complesso in cui è localizzata la Stazione di Monteponi e il ponte a quattro arcate seguito dalla galleria, al chilometro 25,3, nei pressi delle miniere di San Giovanni.40 Il percorso ad anello terminerà con la strada statale pedemontana SS 293 che collega Iglesias a Vallermosa, passando per Domusnovas. L’asse ferroviario San Giovanni Suergiu-Iglesias potrà essere inoltre sfrut-
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tato come collegamento verso la costa di Nebida, Masua, Porto Flavia, fino a ad arrivare a Piscinas e ad altri sentieri di particolare interesse paesaggistico, percorribili in mountain bike. Le pendenze sono piuttosto aspre e con numerose curve, il percorso offre spettacolari panorami ma è consigliato solo a utenti particolarmente allenati. La pista ciclo-pedonale, oltre a essere continua e confortevole deve essere anche accessibile attraverso le strade principali dell’isola e il servizio delle ferrovie regionali, oltre che avere dei centri urbani nelle vicinanze su cui appoggiarsi per usufruire di servizi più specifici. Nel progetto sono stati individuati quindi dei nodi di interscambio, in cui sarà possibile cambiare mezzo
di trasporto -automobile-bicicletta, autobus-bicicletta, treno-bicicletta-. Questi nodi corrispondono alla città di Oristano e San Gavino servite dalla strada statale SS 131, Siliqua e Iglesias servite dalla strada statale SS 130, San Giovanni Suergiu e Sant’Antioco attraversate dalla strada statale SS 195 e Carbonia e Gonnesa servite dalla strada statale SS 126. Includiamo Arborea, in quanto punto di arrivo della ferrovia regionale. L’analisi di progetto ha portato inoltre ad uno studio delle sezioni dei percorsi ciclo-pedonali, da Oristano a Calasetta, e ad ipotizzare diverse soluzioni nel momento in cui la pista si insinua e modella il territorio. All’interno di un contesto urbano -Oristano, San Gavino, Villacidro, Iglesias,
Carbonia), in base all’ampiezza delle corsie veicolari e alla possibilità quindi di ridurre queste ultime, la pista, avente una corsia per senso di marcia, per un totale di 2,50 mt. di larghezza, avrà luogo su sede stradale. Eventualmente potrà anche essere utilizzato il marciapiede. Verranno invece sfruttate le strade secondarie, i percorsi di campagna o le piste ciclo-pedonali già progettate, come nel caso della città di Arborea che, lungo tutta la strada provinciale SP 49, affianca una pista ciclabile protetta dal traffico urbano, attualmente in uso. Grazie all’andamento prevalentemente pianeggiante dei percorsi individuati, il luogo permette la realizzazione ex-novo di una pista ciclo-pedonale su
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sede propria, laddove la sezione stradale risulti uguale o minore a 5,50 mt. di larghezza. Questo caso, abbastanza comune, lo ritroviamo in corrispondenza dell’area della Costa Verde, che collega Marceddì fino a Piscinas e in corrispondenza della tratta Vallermosa-Siliqua e Vallermosa-Iglesias. In corrispondenza dei piccoli centri abitati, sprovvisti di corsie veicolari con sezioni adeguate e marciapiedi, il ciclista proseguirà il suo percorso sulla sede stradale, come succede nei pressi di Marceddì. Questa soluzione, benché svantaggiosa e poco sicura, si protrarrà solo per pochi chilometri e sarà opportunamente segnalata tramite segnaletica verticale e orizzontale. Senza alcun dubbio, la soluzione ideale sarà quella del riuso del sedime fer
roviario: grazie alla massicciata che in alcuni tratti si conserva ancora (come nel tratto Montevecchio-San Gavino), sarà possibile introdurre la pista a un livello più alto rispetto al piano di campagna, completamente protetta dalla vegetazione circostante. La massicciata ferroviaria, ovvero il basamento in pietrisco che ospitava le fondazioni per l’armatura dei binari, è la testimonianza più forte della presenza di una strada ferrata: anche quando l’armamento viene tolto, il rialzo di terra rimane quasi fosse una cicatrice sul territorio.
Nel progetto, per distinguere il percorso su sedime ferroviario da quello su strada, si è pensato di ripristinare l’elemento della massicciata anche dove questo è completamente sparito. L’intenzione del progetto è quella di far percepire all’utente, il passaggio da percorrenza su strada a percorrenza su sedime, attraverso i piccoli salti di quota -dovuti proprio alla presenza della massicciata- che verranno risolti attraverso delle rampe che faranno da cerniera alle due percorrenze.
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La pigmentazione andrà, inoltre, a differenziare l’attraversamento nelle distinte aree minerarie della Sardegna sud-occidentale, riprendendo il colore tipico del minerale estratto; la pista ciclo-pedonale su sedime ferroviario si dividerà in due settori: la via del piombo e dello zinco nell’area dell’ArbureseGuspinese-Iglesiente, tendente all’ocra, in riferimento all’estrazione della blenda e la via del carbone nel Sulcis, tendente al grigio, colore predominante del paesaggio minerario della zona.
La pista su strada è stata pensata di colore bordeaux, colore caldo della terra che lega queste due aree. La tecnologia studiata per la pista è stata la pavimentazione che riutilizza, per il manto di usura, gli inerti, in questo caso della lavorazione mineraria, miscelati a calcestruzzo e pigmenti, che andranno a esaltare il colore naturale degli scarti di miniera.
Il manto di usura, verrĂ gettato sul massetto, avente una leggera pendenza (1%) per permette il deflusso delle acque piovane. Il cordolo di fondazione servirĂ inoltre a proteggere la pista dalla crescita della vegetazione circostante.
Elaborato di progetto: studio delle sezioni stradali
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NOTE
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Cfr. Peter HEROLD, Amos CARDIA, Davide
39
Cfr. Sara MUCELLI, L’asse minerario ferrato
DEIDDA, Mountain bike in Sardegna. 70 per-
Iglesias-Carbonia-Isole: strategie e program-
corsi nel sud e centro, Edizioni Versante Sud,
mi, in Adriano DESSÌ, Sara MUCELLI (a cura
veria al pontile, in Adriano DESSÌ, Sara MU-
2003, pp.40-41
di), Paesaggi lineari, Strategie e progetti per il
CELLI (a cura di), Paesaggi lineari, Strategie
38
e progetti per il recupero dei vecchi tracciati
veria al pontile, in Adriano DESSÌ, Sara MU-
cis Iglesiente, Roma, Gangemi Editore, 2014,
ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma, Gangemi
CELLI (a cura di), Paesaggi lineari, Strategie
pp.131-137
Editore, pp.153-167
e progetti per il recupero dei vecchi tracciati
40
36
Cfr. Matteo ZURRU, Adriano DESSÌ, Dalla la-
Cfr. Matteo ZURRU, Adriano DESSÌ, Dalla la-
ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma, Gangemi Editore, pp.153-167
50
recupero dei vecchi tracciati ferroviari del Sul
Ibid.
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3. Progetto di un bicigrill nell’area mineraria di naracauli-ingurtosu
Foto 5: vista generale nell’area di Naracauli, sulla sinistra la laveria Brassey
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3.1 Introduzione
Il sistema ciclabile è pensato per mostrare al cicloturista, non solo i luoghi di interesse naturalistico, ma soprattutto le realtà minerarie che in passato hanno interessato le aree del Guspinese – Arburese e del Sulcis-Iglesiente, e che tuttora dominano i paesaggi con la loro presenza muta. Le ferrovie dismesse sono una delle tracce che testimoniano la presenza di un macro sistema produttivo, che, oltre a giustificarne la presenza, ne descrive l’importanza a livello regionale. Il territorio è stato fortemente modificato dalla presenza degli impianti minerari, tanto da essersi radicato nella
memoria degli abitanti delle aree vicine, che ancora ne tramandano aneddoti e vicende; si potrebbe parlare di un paesaggio costituito non da fabbricati, ma quasi da archeologie che tramandano ai posteri la presenza di una realtà che è stata, e che tuttora è, estremamente caratterizzante per luogo. L’architetto Carmen Fiol y Costa descrisse le potenzialità dell’area constatando che “le tracce della precedente attività della miniera tutt’ora presenti, ormai diventate parte integrante del pae-
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saggio, rovine romantiche in qualche modo analoghe a quelle delle città antiche, contribuiscono a renderla potenzialmente meta del turismo planetario.” (Fiol y Costa, 2009)40 Nell’ottica della fruizione del sistema estrattivo, la volontà è di organizzare una vera e propria infrastruttura che si prenda l’onere di rappresentare attraverso una percorrenza lenta e consapevole i differenti paesaggi minerari. L’intera zona, dentro la quale si intende sviluppare il tracciato, risulta essere la più grande area mineraria della Sardegna per superficie e costituisce 3 delle 8 aree minerarie sotto tutela del
Parco Geominerario della Sardegna. Nell’ottobre 1997 a Parigi l’assemblea generale dell’UNESCO dichiarò il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna “il primo Parco della rete mondiale dei geositi-geoparchi”41, riconoscendo così l’importanza dell’area a livello europeo; nel 2007 inoltre, vienne confermato il suo valore internazionale con l’inserimento dello stesso nella rete europea e globale GEOPARKS dell’UNESCO, con l’obiettivo di recuperare, tutelare e valorizzare il patrimonio geologico, minerario, storico e ambientale considerato unico al mondo . Il percorso si inserisce quindi nella logica del recupero del patrimonio storico e ambientale, andando ad individuare i punti strategici di intervento, in modo
da riattivarli per poterli rendere fruibili e allo stesso tempo conservarli. Incentrando il lavoro sul sito minerario di Montevecchio – Ingurtosu, abbiamo analizzato le componenti architettoniche e paesaggistiche che ne contraddistinguono i caratteri, per individuare le tematiche atte ad impostare un progetto di rifunzionalizzazione. Il tragitto, che partendo da Oristano si dirige verso la zona di interesse, trova una discontinuità in corrispondenza della fine del vecchio tracciato ferroviario. Infatti da quel punto in poi le pendenze diventano eccessivamente ripide e poco praticabili senza l’aiuto di un mezzo motorizzato. Il punto in questione è in corrispondenza del primo cantiere minerario che si incontra, il cantiere di Naracauli seguendo la
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strada provinciale 66 che dal mare si sviluppa verso l’entroterra e attraversa tutto il comprensorio. Il problema legato al punto di interruzione e gli interessanti valori architettonici dell’area ci hanno condotti ad individuare il sito come oggetto ideale per l’impostazione del progetto di restauro.
NOTE Carmen FIOL Y COSTA, Prospettive di architettura, dialogo con Carmen Fyol Y Costa e Stefano Boeri, In Barbara CADEDDU Luca TUVERI (a cura di) Paesaggi Minerari, architetture e immaginazioni tecnologiche per il sistema territoriale Montevecchio Ingurtosu Piscinas, Roma, Gangemi editore 2009, p.32 41 Consorzio del parco geominarario storico della Sardegna, Documenti, disponibile su http://www.parcogeominerario.eu/index. php/parco/documenti, data consultazione 06.03.2015. 40
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Immagine 9: la vita in miniere, operaie e minatori
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3.2 Breve storia delle miniere
Immagine 10: cantieri di Levante -pozzo Sartori- e di Ponente -pozzo Sanna-
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59
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NOTE 53
Cfr. Letterio FRENI, Iride PEIS CONCAS, La
meccanizzazione nelle miniere di Montevecchio, storia, progetti e realizzazioni, PezziniViareggio Editore, 1993 Immagine 9-10: www.lombardiabeniculturali. it/ricerca/?q=montevecchio
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Montevecchio - Ingurtosu
0
5km
1km
Cantieri di Ponente
Piscinas Naracauli
Ingurtosu
Cantieri di Levante Montevecchio
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Il sito 3.3 Le miniere di Montevecchio-Ingurtosu
Il compendio minerario di Montevecchio - Ingurtosu si estende dalla costa ovest della Sardegna all’altezza della spiaggia di Piscinas, verso i comuni di Guspini e Arbus con un’elevazione sopra il livello del mare che varia dai circa 350 m della miniera di Montevecchio ai 100m dell’area estrattiva di Naracauli (Ingurtosu), fino ad esaurirsi sul livello del mare in corrispondenza della spiaggia, caratterizzata dalla presenza di uno dei sistemi dunali più grandi d’Europa. Il comprensorio è suddiviso in due macro zone: Zona di Levante e Zona di Ponente.
La zona di levante è la parte comprendente i cantieri di S. Antonio, Sciria e Piccalinna (o San Giovanni), a valle del colle Genna Serapis sul quale si innalza il borgo di Montevecchio. L’intera zona concentra al suo interno una serie di edifici atti all’estrazione e alla lavorazione dei minerali estratti, che si sono stratificati in base agli avanzamenti tecnologici per tutta la durata dell’attività estrattiva. A ovest del complesso è presente il pozzo S. Antonio caratterizzato dalla struttura a castello, un edificio a torre in muratura portante in pietra intonacata, con un sistema decorativo richiamante le te-
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matiche neomedievaliste ed eclettiche dell’800. Subito adiacente è presente la sala argano che contiene i macchinari necessari per il sollevamento degli ascensori del pozzo e alcuni locali che un tempo sono stati adibiti ad uffici. Affianco al pozzo sorgono due edifici ospitanti originariamente i macchinari per la produzione dell’aria compressa, l’ex centrale elettrica e l’edificio in cui erano contenuti i macchinari per i processi meccanici di arricchimento. Nel centro dell’area è presente il piazzale degli impianti di arricchimento di tutti i cantieri di levante, che si sviluppa
Pozzo Sant’Antonio
Pozzo San Giovanni
Palazzo della Direzione -borgo Montevecchio-
Laveria Principe Tomaso
Foto 6: il cantiere di Levante
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di fronte al sistema di edifici a cascata della laveria Principe Tommaso. Il complesso, destinato ad accogliere i macchinari relativi al processo di arricchimento, nel tempo ha subito numerose modifiche e ampliamenti, in relazione soprattutto alle modificazioni del processo di trattamento. É costituito da una serie di cinque corpi disposti in sequenza secondo una logica funzionale che si adattano alla morfologia del terreno. Gli edifici a pianta rettangolare hanno muri perimetrali portanti di pietra e malta di calce, con facciate caratterizzate da ampie bucature e coperture a falde inclinate. Lo spazio interno è distribuito su un unico livello interrotto da scale e passerelle che consentono l’accesso ai diversi livelli del proces-
so di flottazione. Le coperture hanno struttura lignea e finitura in tegole. Nello spazio che si estende davanti la laveria sono presenti un edifico di natura gestionale e un magazzino risalenti alla metà del ‘900, e la stazione della teleferica Principe-Orefici che dal 1938 provvedeva al trasporto degli sterili per la ripiena al fornello Orefici.42 Il cantiere Sciria, destinato principalmente a funzioni di servizio e di trasporto, come la ferrovia a scartamento ridotto che collegava Montevecchio a S. Gavino, ospita magazzini, rimesse di mezzi per le operazioni di scavo e di trasporto e alcune abitazioni per gli operai. Gli edifici sono disposti lungo la strada che conduce ai cantieri di Levante e quindi al borgo di Montevecchio.
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Dietro il complesso della laveria ad una quota superiore di circa 40 metri, il sistema di estrazione e successiva frantumazione del Pozzo Sartori, ex pozzo Impero, scavato nel 1937 e realizzato nella caratteristica struttura in calcestruzzo armato . Nella parte più in basso il complesso delle officine meccaniche, edificio di rara importanza, infatti a causa della mancanza nell’isola di industrie meccaniche, le società minerarie dovettero creare in loco le strutture in grado di sopperire a qualunque loro necessità. Costruite in muratura portante e provviste di strutture intelaiate di sostegno alle coperture, gli edifici delle officine meccaniche presentano caratteristici elementi decorativi (lesene, cornici, zoccolature, ecc.) in cotto e in pietra. A nord della laveria Principe
Tommaso, proseguendo sul piazzale alla stessa quota è situato il complesso di Piccalinna, zona facente parte delle concessioni ottenute nel 1874.43 L’area nelle sue componenti è molto simile a quella dove giace pozzo San Antonio; il pozzo è individuabile grazie al castelletto che si erge davanti alla sala argani ed è affiancato dalla centrale elettrica. Tali edifici presentano strutture portanti in muratura di pietra con apparecchiatura incoerente, lasciata a vista ma con giunti stuccati, e elementi decorativi in mattoni a costituire lesene e cornici. Gli edifici residenziali sparsi nei versanti del colle che accoglie il cantiere, presentano caratteri di assoluta rispondenza a schemi costruttivi e distributivi, che si ripetono in tutto l’ambito minerario, come la
muratura portante, la ripetizione dello schema modulare di distribuzione interna e la regolarità nella disposizione delle bucature in facciata. A cavallo tra le due aree sorge il Borgo di Montevecchio antico centro direzionale sede dell’attuale museo delle miniere. Il colle sul quale si erge il borgo è chiamato Genna Serapis che individua l’entrata alla zona mineraria. La parola Genna deriva dal sardo che significa Porta e Serapis fa riferimento alla divinità greco-egizia Serapide nota per essere custode e protettrice del mondo sotterraneo.44 La zona di Ponente invece si estende per tutto il versante che si sviluppa sul lato opposto del colle; a differenza della zona di levante che concentra in un unico punto le fabbriche di lavorazio-
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ne dei materiali d’estrazione, i cantieri della zona ovest sono dislocati lungo un asse longitudinale che si dirige verso l’arenile di Piscinas. Si individuano lungo questo asse i cantieri di Sanna, Telle, Casargiu e di Ingurtosu. Il cantiere di Sanna si trova a pochi chilometri dal borgo di Montevecchio, lungo la strada che accompagna a Piscinas. La prima costruzione che si incontra comprende una serie di locali destinati ad officine, depositi e spogliatoi per gli operai. Proseguendo sulla destra, si trova la grande officina seguita dall’edificio più importante del cantiere: Il pozzo di estrazione con annesse la sala argani e la cabina di trasformazione. È ancora presente la struttura del nastro trasportatore che consentiva di
Foto 7: il cantiere Sanna
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movimentare i minerali verso le lavorazioni di affinamento; subito nel livello inferiore arroccato nel crinale che scende verso la valle, l’edificio si staglia l’edificio della laveria con tutte le sue strutture ausiliarie. La costruzione si suddivide in due edifici a pianta rettangolare costituita da quattro locali separati tra loro dove la tipologia segue l’andamento formale degli schemi dell’architettura industriale degli anni ‘30-’40, con pilastratura regolare e muri di tamponamento in mattoni faccia vista uno dei due stabili presenta nella parte anteriore un vasto portico realizzato interamente in acciaio e coperto con lamiera ondulata. 45 Il complesso della torre del pozzo è costituito da una serie di corpi affiancati, costruiti in muratura portante a vista
e caratterizzati da aperture ad arco distribuite con regolarità, nei riquadri definiti dalle lesene e dalle cornici orizzontali. La laveria è un complesso architettonico costruito sul ripido versante seguendo l’andamento del terreno. A ridosso della laveria si trova l’impianto di frantumazione costituito da una serie di corpi rettangolari affiancati, con strutture portanti in acciaio e le chiusure verticali di tamponamento in fibrocemento13. Infine a valle sono riconoscibili le vasche adibite al lavaggio dei minerali distinguibili in vasche per la flottazione, di impostazione circolare e le vasche per la separazione gravimetrica, a base rettangolare. Discendendo il fiume, oltre gli addensatori, si trovano i ruderi della vecchia
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laveria, in parte sommersi dagli sterili della nuova. Il cantiere di Telle è situato nella terza concessione di Montevecchio. E’ disposto in una conca lungo la quale sono situate le emergenze minerarie, in particolare l’importante rudere della laveria La Marmora, un apprezzabile complesso abitativo anch’esso in abbandono e il complesso estrattivo del pozzo Amsicora. Sono presenti nel complesso un edificio adibito a forgia e gli uffici amministrativi del cantiere, la sala compressori che conteneva i macchinari atti alla produzione dell’aria compressa, per l’alimentazione delle macchine in galleria, la torre dei trasformatori al cui interno si realizzava la trasformazione dell’energia elettrica ad alta tensio-
Foto 8: il cantiere Casargiu e il pozzo Amsicora
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ne in energia basso voltaggio, la sala dell’argano che contiene il macchinario che provvedeva al sollevamento degli ascensori del pozzo. La torre del pozzo si distingue da quelle dei cantieri precedenti in quanto caratterizzata da una struttura d’acciaio all’interno della quale venivano calati gli ascensori per accedere alle gallerie. Il pozzo Amsicora, l’edificio dell’argano, la torre trasformatori e l’edificio dei compressori, presentano una disposizione dei volumi molto simile, nella simmetria dei prospetti e nelle scelte decorative in linea con quelle degli altri cantieri di stampo neo medievale tipico dell’800. In netto contrasto la soluzione formale sostanzialmente funzionalista adottata per il corpo tramogge e per la stazione della teleferica.
Percorrendo la strada provinciale 66 il cantiere di Ingurtosu è situato a circa 4 Km dal cantiere di Telle. Le prime tracce di edificato del comparto sono identificabili negli edifici del Borgo di Ingurtosu, edificato dopo il 1829 e sede delle strutture adibite alla gestione della concessione, come il palazzo della Direzione, l’ospedale, l’albergo per i minatori, oltre alle diverse abitazioni per gli operai. Lo sviluppo dell’insediamento ha seguito la morfologia del sito, con la dislocazione degli edifici lungo i piccoli terrazzamenti del versante collinare. I segni dell’attività estrattiva sono presenti nella zona di Pozzo Turbina e in quella di Pozzo Gal e scendendo verso la valle, nella zona estrattiva di Naracauli, caratterizzata dall’imponente Laveria Brassey in cor-
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rispondenza del Pozzo Lambert. L’eterogeneità di tipologie edilizie presenti nell’area, rende difficile raggruppare più edifici in un’unica categoria tipologica; solo gli edifici residenziali presentano quasi sempre tipi di planimetrie simili tra loro: Si tratta infatti di edifici dalla pianta allungata, sviluppati su uno o due piani e dalle linee semplici. Ciò che accomuna questi edifici sono le tecniche, i materiali costruttivi. Per quanto riguarda gli edifici e le strutture industriali, nella zona di Turbina, attualmente sono presenti solo i ruderi del pozzo, della sala macchine e della cabina di trasformazione, la cui valenza ambientale è data dalla memoria storico-archeologica del luogo più che dall’importanza architettonica dei ruderi. Nella zona dei lavori di Pozzo
Gal si registra un miglior livello di conservazione degli edifici, affiancato ad un’importanza architettonica rilevante degli stessi, come il locale compressore, la sala argano, il castello del pozzo di estrazione. Continuando lungo la valle il percorso traguarda sul piccolo complesso di Naracauli.Il primo edificio rintracciabile è la vecchia sala argani che denuncia l’antico accesso al pozzo Lambert principale accesso alle gallerie sotterranee della zona. Subito più in basso a sud si estende il piccolo borgo destinato a dormitorio per i minatori e attrezzato con diversi edifici, contenenti servizi e alcuni edifici tecnici (tra cui la centrale elettrica, primo edificio costruito in cemento armato sull’isola ). Proseguendo verso ovest a pochi metri dal borgo
sul crinale nord della vallata si erge la Laveria Brassey, edificio imponente sviluppato linearmente e arroccato lungo il versante nord della vallata. L’edificio è indubbiamente il manufatto di maggiore interesse, in quanto presenta ancora dei tratti caratteristici dell’architettura eclettica della zona, come le bifore nella facciata e il sistema di arcate del piano terra. Di fronte la laveria è presente un vasto piazzale un tempo adibito allo stoccaggio del materiale. L’area è fortemente caratterizzata dal deposito di inerti che si staglia oltre la laveria.
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Foto 9: il borgo di Ingurtosu
Foto 10: pozzo Gal
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NOTE 42 AA.VV.Piano di recupero dell’area dismessa di Montevecchio-Ingurtosu, allegato 4, lavoro presentato da PROGEMISA S.P.A. per l’ente minerario sardo (IGEA), Maggio 1999, Iglesias. 43 Ibid. 44 AA.VV, Le miniere di Montevecchio, Emanuele CONCAS (a cura di) Pezzini Editore, Viareggio 2000, p.18 45 AA.VV.Piano di recupero dell’area dismessa di Montevecchio-Ingurtosu, allegato 4, lavoro presentato da PROGEMISA S.P.A. per l’ente minerario sardo (IGEA), Iglesias, Maggio 1999.
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Naracauli
0
100 m
Piscinas
500 m
Ingurtosu Laveria Brassey 74
Borgo Naracauli
Pozzo Lambert
3.4 L’area di progetto: il cantiere di Naracauli
L’area mineraria di Naracauli si colloca nella parte terminale della concessione di Ingurtosu dove sorgono i resti più imponentie dell’area: la Laveria Brassey, edificio anticamente adibito alla frantumazione del materiale e al lavaggio dello stesso, che domina il paesaggio della vallata con la sua monumentalità. La laveria si sviluppa longitudinalmente lungo il versante nord della vallata, è costituita da una aggregazione di corpi su cinque livelli che, posti parallelamente alle curve di livello, degradano verso il fondo valle . Al livello superiore si ha il complesso delle tra-
mogge del rinfuso e dei misti; alle altre quote l’edificio si articola in vari livelli con altezze differenti. Il prospetto è caratterizzato dalle bifore dell’ex sala modelli e deall’ufficio tecnico; la muratura portante è ad “opus incertum” in pietrame locale mentre i pilastri sono in blocchi di calcestruzzo e mattoni pieni. Tutto l’edificio è stato intonacato sia internamente che esternamente. La copertura ad una falda, aveva l’orditura primaria in ferro della quale sono visibili alcuni frammenti e quella secondaria in legno completamente crollata. Subito di fronte alla laveria si estende
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un piazzale sul quale sorgono, dalla parte diametralmente opposta, i ruderi delle vecchie stalle e dei magazzini. Il villaggio minerario di Naracauli si trova sul versante opposto, alla confluenza delle vallate di Ingurtosu e Gennamari, in parte arroccato sulle pendici collinari e in parte situato nel fondovalle, dove scorre il Rio Naracauli, torrente che si genera nelle stagioni più piovose, e che periodicamente esonda, andando ad allagare i piani terra delle costruzioni adiacenti. È presente nell’area un elemento costituito da un arco, di cui non è pervenuta nessuna documentazione, che
tuttavia denuncia una certa abilità tecnica nelle costruzioni del periodo. Attualmente il manufatto presenta delle lesioni in corrispondenza delle reni. Il contesto ambientale attuale é caratterizzato da estese discariche, prodotte dai processi di trattamento dei minerali, ubicate a valle dei ruderi della laveria e del Pozzo Lambert. A sud del complesso il villaggio presenta invece una ricchezza di vegetazione a macchia bassa e lecci, con numerosi e ampi terrazzamenti collinari ricoperti da prato, sui quali sorgono i ruderi degli edifici adibiti ad abitazione degli operai e dei pochi servizi connessi, per lo più situati parallelamente alle curve di livello. Di tutti gli edifici abitativi e di servizio presenti nel villaggio di Naracauli nes-
suno é attualmente provvisto di tetto; l’unico edificio che attualmente conserva il tetto é la centrale elettrica. L’area estrattiva era stata collegata all’arenile di Piscinas tramite una ferrovia a scarto ridotto che approdava nel piazzale antistante la Laveria e proseguiva verso un molo lungo la costa, della quale sono ancora rintracciabili i sedimi.
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Pozzo Lambert
Laveria Brassey
Centrale elettrica
Struttura ad arco
Foto 11: il cantiere di Ingurtosu
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Foto 12: particolare della laveria Brassey
Foto 13: ponte sul Rio Naracauli
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Foto 14:passaggio sopra la laveria
3.5 Il programma di progetto 3.5.1 Il problema distributivo
La stazione ricettiva che si intende realizzare avrà il ruolo di sede di passaggio e allo stesso tempo di punto di partenza intermedio; dovrà quindi assicurare senza ostacoli, entrambi i sensi di marcia -da Oristano verso Carbonia e viceversa- per tutta l’area di progetto, dando eguale importanza a entrambi i sensi; si dovrà garantire l’attraversamento immediato del sito, individuando una distribuzione di rapida percorrenza ma dal carattere didattico, e una percorrenza prolungata, costituita da soste di diverso tipo, capaci di valorizzare l’importanza del luogo e mettere in collegamento le diverse
parti. Il sito si raggiunge percorrendo la SP 66, unica infrastruttura di accesso all’area, che attraversa l’ex cantiere e lo supera assecondando la forma del territorio. L’area disposta nella vallata tra due colli, si mostra nella sua frammentarietà, come un complesso di oggetti edificati, dispersi con un ordine apparentemente casuale. I vecchi percorsi un tempo utilizzati per mettere in collegamento le varie aree, sono in parte scomparsi a seguito dell’abbandono del sito; sono rintracciabili alcuni elementi che consentono di percepire la distribuzione antica dell’area, come il ponte che attraversa la vallata e al-
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cuni percorsi che collegano dei grandi piazzali all’edificio più importante: la Laveria Brassey. Giungendo da monte, il percorso inizia presso il vecchio pozzo di estrazione, il pozzo Lambert, che si trova ad una quota superiore rispetto a tutto il complesso che invece si sviluppa lungo la vallata andando a occupare parzialmente anche i due versanti contrapposti. Il complesso occupa un’area la cui dimensione maggiore ha un’estensione di circa 250 m. La differenza di quota complessiva tra la porzione a monte e quella a valle dell’area costituisce uno dei problemi principali per la frui-
zione dell’area, nell’ottica della percorrenza ciclabile. Sul versante ovest sorge un piccolo borgo impostato su una quota di 10 m. più bassa rispetto al pozzo Lambert; il piccolo villaggio è attualmente sprovvisto di qualsiasi sistema di distribuzione e non può essere raggiunto tramite alcun tipo di mezzo. È presente un ponte semidistrutto e ricoperto in parte dalla vegetazione che in passato metteva in relazione l’area del pozzo con il villaggio. Sul versante opposto della vallata, circa 100 m. dopo il pozzo, sorge invece l’edificio della laveria Brassey che può essere raggiunta tramite la strada carrozzabile che percorre la valle, ma non
può essere visitata per via del forte degrado cui è soggetta. L’edificio affaccia il suo lato principale su una spianata che occupa parte della valle e il suo sviluppo in altezza raggiunge la quota del piazzale del pozzo. La vallata è percorsa da un corso d’acqua a regime torrentizio, che anticamente venne interrato per consentire il pratico funzionamento dell’area senza interruzioni, ma che oggi è riaffiorato in superficie riprendendo il suo spazio. Il torrente si riempie con cadenza stagionale e , nelle stagioni più piovose e invade gli spazi e gli edifici che giacciono nella vallata nei pressi del borgo; la piana antistante la laveria ricopre
80 Elaborato di progetto: sezione a-a Scala 1:500
tutt’ora il corso d’acqua ma presenta dei cedimenti in diversi punti, che necessitano quindi di essere risolti.
N Elaborato di progetto: stato di fatto scala 1:1000
81 Elaborato di progetto: sezione prospettica sulla piazza 1:500
Foto 15: pozzo Sanna
Foto 16: laveria Principe Tomaso
Foto 17: il cantiere Casargiu_acque torbide
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Foto 18: cantiere Naracauli_casa operaia
3.5.2 Il problema tipologico
I bicigrill si presenta come un sistema che deve contenere al suo interno diverse funzioni, non esiste una tipologia predefinita di esso, è un elemento che si inserisce all’interno di una percorrenza e deve garantire l’adeguato svolgimento delle attività al suo interno, ricoprendo un il ruolo di supporto per il cicloturista. La posizione sul territorio delle stazioni ciclabili, rappresenta uno spunto per ragionare sui valori ambientali e architettonici dei contesti in cui si collocano: le scelte tipologiche sono rivolte nel caso specifico, alla comunicazione delle relazioni architettoniche tra gli edifici che caratterizzano l’area mineraria.
Nell’area si possono riconoscere diverse tipologie in base alle differenti attività che un tempo si sono svolte; si individuano: tipologie legate alla residenza, tendenzialmente edifici in linea generati dall’aggregazione di moduli; tipologie connesse all’estrazione e al collegamento col sottosuolo, come i castelli dei pozzi di estrazione, caratterizzati da strutture a torre diverse a seconda dell’importanza del sito e del periodo storico nel quale sono state costruite; tipologie connesse alla lavorazione del materiale, come le laverie caratterizzate da una sezione gradonata atta al processo di cernita e smistamento del materiale che si svolgeva da
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monte a valle; infine le tipologie legate alla raffinazione del materiale ovvero le vasche, volumi cavi dove il materiale veniva definitivamente isolato dalla parte inerte. Nel caso specifico delle miniere, è possibile considerare come architetture caratterizzanti anche le stesse gallerie che si estendono nel sottosuolo, e che a seconda della conformazione della terra e del ruolo svolto assumono sezioni differenti. Le scelte tipologiche sono quindi da rapportare alle diverse esigenze e alle attività che il cicloturista svolgerà all’interno del bicigrill, in relazione alle percorrenze e alla durata della sosta,
che potrà essere temporanea (sosta breve), prolungata (sosta) o di pernottamento (soggiorno). Quindi, durante la sua permanenza l’ospite del bBicigrill, oltre ad usufruire dei normali servizi di ristorazione e di pernottamento, deve potersi avvalere di servizi dedicati specificatamente al cicloturismo, come il lavaggio e le piccole riparazioni della bicicletta, il deposito della stessa, l’assistenza relativa agli itinerari, ecc. Le funzioni da garantire per consentire il corretto funzionamento del bicigrill, possono essere dedotte grazie alle prescrizioni della FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta). Per l’area in esame si prevedono dunque per la sosta breve: - - - - - - -
25 rastrelliere per biciclette coperte e alla vista di un supervisore; spazio manutenzione biciclette con possibilità di piccole riparazioni e di lavaggio; piccola infermeria; servizi igienici e doccia per ciclisti di passaggio; area di sosta all’aperto con tavoli e ombra; fontanelle; parcheggio per automobili.
Per la sosta: -
servizio ristorazione per 30 coperti con pasti caldi tutto il giorno;
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- - - - -
servizio bar con dehors; 4 postazioni internet; punto informativo; punto vendita prodotti a km zero; affitto biciclette e vendita accessori per ciclismo.
Per la sosta prolungata o soggiorno: - - - - - - -
reception; 10 camere doppie con bagno e doccia; 2 camerate da 10 posti (maschi e femmine); 2 blocchi servizi igienici e docce comuni (maschi e femmine) sala comune da 20 posti con disponibilità di mappe cicloturistiche dell’area, oltre a quadri orari degli autobus e dei treni; disponibilità di mappe cicloturistiche di diverse regioni e articoli di giornali (messi a disposizione in una stanza comune); servizi e strutture per lavare ed asciugare vestiti e accessori (ad es. lavanderia o asciugatoio); stanza o stanze chiusa/e a chiave per 60 biciclette e bagagli (in alternativa: possibilità di alloggiare la bicicletta in camera).
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Foto 19: struttura ad arco_cantiere Naracauli Particolare delle lesioni murarie
Foto 20: abitazione per operai_cantiere Naracauli
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Foto 21: abitazione per operai_cantiere Naracauli
3.5.3 Il problema strutturale
L’area presenta delle problematiche legate alla precarietà delle strutture, che si trovano nella totalità, in stato di abbandono e forte degrado e che necessitano di una messa in sicurezza. Le presenza di gran parte delle scatole murarie, denuncia un’accurata tecnica costruttiva che ha permesso agli stabili di durare nel tempo; tuttavia alcune dinamiche legate prettamente all’abbandono, come il riaffioramento del fiume e il crollo di gran parte delle coperture, hanno generato diversi cedimenti e alcune lesioni nelle murature che rendono insicura tutta l’area. Inoltre il collegamento tra i due ver-
santi della vallata non è attualmente praticabile con l’utilizzo di alcun mezzo in totale sicurezza, in quanto il ponte esistente si conserva in uno stato di abbandono e in parte inglobato dalla vegetazione. La laveria, poi, non può essere visitata con facilità: all’interno tutte le strutture orizzontali sono andate quasi completamente distrutte a parte i solai del primo livello che presenta dei crolli puntuali. La messa in sicurezza e la possibilità di fruizione degli spazi è compito del progetto che dovrà predisporre soluzioni strutturali adeguate a garantire il corretto funzionamento dell’area in
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armonia con le scelte progettuali distributive e tipologiche.
3.6 Il progetto 3.6.1 Introduzione
La lettura del paesaggio minerario passa attraverso lo studio di diverse carte, che ci permettono di acquisire una maggiore consapevolezza sulla genesi del luogo. Per comprendere un luogo così complesso è infatti necessario non solo rintracciare il modo con cui esso si è trasformato, ma soprattutto il perché quel luogo ha assunto i suoi distintivi caratteri. Tutta l’area è fortemente caratterizzata da fabbricati che si sono sviluppati secondo le esigenze funzionali, adattandosi non solo alla morfologia della superficie del suolo, ma soprattutto all’esistenza di quello che sta al di
sotto del terreno, negli strati geologici che non sono visibili al nostro occhio: i filoni minerari. Se si guarda tutto il comprensorio utilizzando come strumento una carta di tipo catastale si nota una frammentarietà che vede concentrare l’edificato in determinati punti; vi è una concentrazione attorno a dei “focolai” che segna il luogo con una cadenza apparentemente casuale. Le prime informazioni che denunciano la presenza di un sistema vero e proprio, sono rintracciabili nell’individuazione della strada che attraversa tutti i comprensori e nei sedimi delle ormai dismesse
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reti ferroviarie che mettevano in relazione il sito con il territorio circostante. Sono le tracce di un sistema che denuncia la presenza dell’attività produttiva di un tempo, che ha necessitato di un sistema di trasporto meccanizzato e organizzato, per poter trasportare i suoi prodotti, con sistemi sia endogeni che esogeni. Abbiamo quindi ritenuto che una carta relativa alle infrastrutture fosse un altro strumento utile per comprendere i legami tra i vari frammenti del comprensorio minerario. Oltre a queste prime due rappresentazioni cartografiche, la vera e propria chiave di
lettura che consente la comprensione di questo paesaggio è rappresentata dalla carta delle gallerie minerarie, una carta che può essere definita subinfrastrutturale e che mette in luce la posizione geografica degli scavi effettuati nel sottosuolo. Questa sotto-infrastruttura organizzata su più livelli ha consentito lo sfruttamento del filone minerario, sviluppato in profondità e con un’estensione che ripercorre l’area di tutto il sistema estrattivo minerario. È chiaro quindi che la presenza di questo sistema di gallerie ha segnato profondamente sia il substrato, ma soprattutto lo strato superficiale, che ha iniziato a trasformarsi e ad edificarsi per consentire non solo l’accesso al sistema, ma soprattutto per garantire il supporto e l’ottimizzazione dei proces-
si di estrazione. Nella carta che abbiamo elaborato sono evidenti le relazioni tra i diversi siti: tutto è strettamente collegato da passaggi sotterranei che si insinuano nelle viscere della terra, per raggiungere i filoni minerari e garantire un veloce trasporto dei materiali da un sito all’altro. A seguito di queste indagini cartografiche abbiamo compreso come non fosse possibile descrivere il territorio con uno solo di questi tre strumenti, ma fosse invece necessario leggere lo spazio interlacciando le diverse carte. In questo modo è diventato così evidente il rapporto tra forma del sito e costruzioni, il “connubio che lega indissolubilmente i due termini architettura e natura, ribaltando il convenzionale rapporto di precessione tra luogo naturale e edificato”. (Ravagnati,
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2003)46 Una delle carte più importanti che consente di capire la realtà mineraria è stata la carta delle gallerie. La carta rappresenta la disposizione della rete di gallerie nel sottosuolo, che ha messo in relazione i diversi giacimenti sparsi nell’area ; si potrebbe considerare una carta di tipo infrastrutturale, in quanto ritrae l’apparato oggettuale che ha permesso lo svolgersi della funzione47 della coltivazione delle cave. Nello specifico essa è più propriamente una carta che rappresenta, come lo spazio sotterraneo sia compresso in un unico strato, permettendo così di individuare l’estensione dell’attività mineraria nel sottosuolo. Ogni percorso individuato nella carta è costituito da una galleria, che mette in
luce le connessioni invisibili che si instaurano tra una concessione e l’altra; si crea così una fitta rete di tracciati irregolari, che in certi punti si sviluppano linearmente, in altri convergono in un unico punto. Questi punti di congiunzione individuano i sistemi di risalita, i pozzi, ed è inoltre possibile notare che non tutti i punti presentano la stessa varietà di tracciati. In generale in corrispondenza di ogni punto di risalita, è presente nel territorio, un impianto di pre-trattamento dei minerali, che può variare da un semplice sistema di stoccaggio alla più complessa area mineraria, provvista di laverie abitazioni, magazzini etc. L’eterogeneità dei cantieri minerari è legata all’importanza dei giacimenti a cui sono direttamente collegate. Questa informazione è rin-
tracciabile nella carta in corrispondenza dei punti da cui si diramano più gallerie, che denunciano una maggiore attività di estrazione: la realizzazione di uno scavo comportava dei costi che sarebbero dovuti essere in qualche modo ricompensati da una produzione proporzionalmente conveniente. L’uso del colore nella carta oltre ad individuare gli scavi continui nel sottosuolo, consente la distinzione delle diverse quote su cui sono sviluppate le gallerie. Le questioni prese in considerazione consentono una lettura del luogo che concentra l’attenzione su aspetti diversi, anche se collegati da quella che è stata l’attività mineraria del sito. Infatti la struttura spaziale per strati della miniera, si può confrontare con
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la struttura per strati architettonici e funzionali che costituisce il territorio nella sua generalità. Il territorio quindi può essere indagato nella sua complessità, attraverso un modello spaziale che rappresenta la convivenza degli strati a cui le carte fanno riferimento. Il modello geologico e archeologico, ci ha consentito di scindere le tematiche che abbiamo affrontato e che ci sono sembrate quelle più importanti -come l’organizzazione delle gallerie, dei trasporti e la disposizione di quelli elementi che si ripetono.48 Considerare gli strati come una mera giustapposizione di elementi sarebbe però una semplificazione; gli strati individuati non si sono generati seguendo la logica della sovrapposizione diffusa, non sono omogenei e concepiti tutti nello stesso
periodo storico, ma sono il frutto di un susseguirsi di eventi che hanno portato alla loro formazione graduale, nel corso del tempo.49 Per citare un esempio, il cantiere di Piccalinna è stato edificato molto prima rispetto al cantiere di Ingurtosu, ma entrambi appartengono allo stesso strato, costituito dalla disposizione dell’edificato all’interno dell’area. In questo senso il modello più appropriato è quello del “feltro” proposto da Gille Deleuze e Félix Guattari: “Tra i prodotti dei solidi flessibili, tuttavia, può essere annoverato il feltro, che procede in maniera del tutto diversa, come un anti-tessuto. Non implica nessuna liberazione dei fili, nessun intreccio, ma soltanto il groviglio delle fibre tenute per follatura[…]. Le
micro-scaglie delle fibre si aggrovigliano. Un tale sistema di intrico non è per nulla omogeneo: tuttavia è liscio, e si oppone punto per punto allo spazio del tessuto( è infinito di diritto, aperto o illimitati in tutte le direzioni, non ha né rovescio né dritto né centro, non assegna ruoli fissi e mobili ma distribuisce piuttosto una variazione continua)” (Occelli, 2012) .50 “Lo sguardo quindi deve farsi doppio: strati e feltro vanno tenuti contemporaneamente da conto per evitare di incorrere nella semplificazione e quindi nella riduzione a uno del molteplice”. (Occelli, 2012)51 Organizzare il paesaggio e le architetture che lo compongono, attraverso rappresentazioni tematiche indipen-
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denti che evidenziano singoli temi di progetto, comporta dunque una lettura parziale del più complesso sistema minerario. “Nella realtà del manufatto gli strati si assommano, interferiscono l’un l’altro senza regole certe: proprio la ricomposizione delle figure emerse dall’analisi mostra punti di maggiore sovrapposizione” .52 Nel caso delle miniere i punti di maggiore sovrapposizione sono quelli dove possiamo individuare i pozzi di estrazione, i centri di trattamento, e le principali aree di stoccaggio, perché questi manufatti andavano a introdursi all’interno dello scenario minerario, man mano che l’attività e la produzione diventavano più floride, mettendo in luce l’importanza di un sito rispetto agli altri.
Questi luoghi possiedono inoltre la capacità di descrivere il microsistema di funzionamento della fase estrattiva nelle sue diverse varianti. Questi particolari punti sono stati presi come oggetto di studio per indagare le forme tipiche delle miniere di piombo e zinco, in modo da individuare i tratti caratteristici capaci di farsi carico della memoria del luogo.
NOTE 46 Cfr. RAVAGNATI, Le carte del sito, In Riccardo PALMA, Antonia PIZZIGONI, Carlo RAVAGNATI (a cura di), Cartografia e progetto, Tecnograph editore, Bergamo, 2003 p. 77 47 Cfr. Riccardo PALMA Le carte delle funzioni e le figure del progetto di architettura. In Riccardo PALMA, Antonia PIZZIGONI, Carlo RAVAGNATI (a cura di), Cartografia e progetto, Tecnograph editore, Bergamo, 2003, pp.29-31. 48 Cfr. Chiara Maria OCCELLI Un castello mille castelli, In Giorgio CROCI (a cura di), Conservazione e restauro strutturale dei beni architettonici, Città studi edizioni, Torino 2012, pp.39342. 49 Ibid. 50 Chiara Maria OCCELLI Un castello mille castelli, In Giorgio CROCI (a cura di), Conservazione e restauro strutturale dei beni architettonici, Città studi edizioni, Torino 2012, p. 404 51 Ibid. 52 Ibid.
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3.6.2 La distribuzione: i riferimenti
Come analizzato nel paragrafo 3.4, il progetto si trova di fronte ad una realtà in cui non solo è necessario garantire il corretto svolgimento dell’attività ricettiva del bicigrill, ma anche salvaguardare un’archeologia industriale in grado di “mettere in mostra” i suoi frammenti sparsi all’interno del sito, attraverso i percorsi di progetto. L’impostazione delle gallerie sotterranee è stato un importante punto di partenza nella risoluzione del problema distributivo. In particolare la rete delle gallerie di Pozzo Lambert, da cui partivano le estrazioni dell’area, presenta una particolare forma di per-
correnza: da un punto di partenza, ovvero dal pozzo, si diramano tutti i percorsi che conducevano ai diversi punti di estrazione sotterranea. Si sviluppa così una sorta di modello distributivo che partendo da un punto, consente la percorrenza in diverse direzioni. Il concetto è facilmente applicabile al sito di intervento, infatti l’area di Naracauli presenta diverse aree di interesse sparse nella zona, come la laveria, la centrale elettrica, il borgo ecc., e un sistema di percorsi differenziati consentirebbe la visita dell’area, in relazione anche alla durata di
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permanenza del visitatore nel sistema bicigrill. Il punto di partenza individuato, dal quale sono stati sviluppati i percorsi di visita, si trova in corrispondenza del piazzale del pozzo Lambert. La scelta oltre a rispettare i caratteri funzionali -l’ampio piazzale consente di essere attrezzato come parcheggio- presenta un forte valore simbolico: Pozzo Lambert è infatti il punto di accesso ai percorsi sotterranei ed è stato il luogo di riferimento per tutta l’area in quanto rappresentava l’accesso diretto verso il mondo ipogeo. L’importanza del pozzo si intuisce, rintracciando i vecchi per-
corsi che lo hanno collegato al piccolo borgo sul versante opposto della valle. È infatti ancora presente un ponte, ormai in rovina, che metteva in relazione i due versanti collinari. Fissato il punto di partenza, sono stati individuati i percorsi relativi alla visita del cantiere, secondo il principio per cui le percorrenze che caratterizzano le modalità di spostamento dei cicloturisti, devono consentire diverse possibilità di tragitto in relazione alla durata di quest’ultimo. Vi è infatti la possibilità che il ciclista non abbia intenzione di effettuare delle soste: nasce così il bisogno di garantire un percorso diretto che consenta il rapido attraversamento del sito, diventando al tempo stesso un percorso di conoscenza fortemente esplicativo.
Nel caso in cui invece il turista abbia necessità di sostare, il percorso dovrà consentire un sistema di percorrenza adeguato, con spazi di sosta atti a supportare i differenti tempi di permanenza. Infine vi è la necessità di collegare il bicigrill alla dorsale ciclabile principale permettendo al sistema di immettersi nei sedimi ferroviari recuperati. Per capire come sviluppare i tracciati all’interno dell’ex cantiere, si sono analizzate le modalità di percorrenza che hanno caratterizzato l’area nel momento della sua attività estrattiva, individuando i percorsi effettuati dai protagonisti dell’area: Il percorso dei minerali, del minatore e dei mezzi di trasporto. Vi è infatti una corrispondenza, tra
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quelle che erano le antiche percorrenze e quelle che il progetto si propone di programmare. Il minerale effettuava un percorso più diretto rispetto a quello del minatore: una volta estratto dal pozzo veniva trasportato alla laveria, dove veniva smistato e cernito per arrivare al piazzale di fronte ad essa per partire alla volta del mare, senza stazionare troppo a lungo nel cantiere. Questo tragitto si presta particolarmente alla percorrenza che prevede da parte del cicloturista il solo transito nell’area del bicigrill. Il minatore, invece, effettuava un percorso differente: dal borgo, dove risiedeva, si dirigeva al pozzo dal quale si calava per raggiungere le gallerie di estrazione, e viceversa. Questa ti-
pologia di percorrenza risulta molto coerente, con il tipo di percorrenza connessa alla sosta prolungata, dove il cicloturista deve essere messo nelle condizioni di usufruire del un sistema ricettivo, che lo ospiterà nell’area anche per diversi giorni. Infine il percorso legato ai mezzi di trasporto è quello che dalle aree di stoccaggio localizzate in prossimità della laveria e del pozzo ha permesso il collegamento, sia alle altre aree minerarie, sia alla rete ferroviaria a scartamento ridotto che conduce verso il mare. I minerali dopo essere trattati nella laveria, venivano trasportati verso gli altri comprensori o verso il molo della spiaggia di Piscinas per essere imbarcati verso Carloforte. Per questo tipo di percorrenza i piazza-
li di stoccaggio erano di fondamentale importanza per consentire il transito prolungato del materiale senza creare congestioni e permettendo uno smaltimento rapido del flusso di esportazioni. L’impostazione delle modalità di percorrenza, in analogia con lo schema delle percorrenze delle miniere, consente così di ricreare non solo la modalità, attraverso la quale l’area veniva vissuta durante la sua attività, ma anche di riportare in superficie la struttura distributiva delle gallerie.
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N
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3.6.3 La struttura della miniera e i percorsi di progetto
Il percorso del cicloturista di passaggio si sviluppa dall’area del pozzo Lambert e attraverso la laveria, lungo il versante nord della valle. Il percorso, che ha come obiettivo quello di attraversare l’intero comprensorio per dirigersi verso Piscinas, mediante la ciclabile sul sedime delle ferrovia, deve effettuare un salto di quota: la laveria infatti consentiva l’accesso dei minerali nella parte più altra e la sua struttura a gradoni, permetteva ai minerali di essere smistati e cerniti, con processi che diminuivano la granulometria, man mano che si passava da un gradone all’altro. Per fare in modo che il
visitatore compia un tragitto rapido e allo stesso tempo, un percorso che sia in grado di mostrare il ruolo produttivo dell’edificio, il percorso attraversa la laveria longitudinalmente, inserendosi alla quota di 7m. Il salto di quota è stato risolto con l’utilizzo di una rampa che si sviluppa all’interno del manufatto, percorrendo l’edificio nella sua lunghezza per approdare nel piazzale antistante e proseguire verso la ciclabile. Si dà così la possibilità al cicloturista e al visitatore occasionale di attraversare l’edificio più simbolico dell’area, che domina il paesaggio, senza costringere in alcun modo alla sosta obbligata, ma
Nella pagina affianco: elaborato di progetto_pianta delle gallerie _Pozzo Lambert
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integrando la visita del manufatto nel percorso principale. Il tragitto del turista che intende soggiornare nel bicigrill è invece stato risolto con un percorso che dal pozzo Lambert si dirige sul versante opposto, a sud dell’area. Il percorso passa da un versante all’altro della valle tramite una nuova passerella pedonale e ciclabile per poi raggiungere l’area degli edifici del bicigrill mantenendosi pressoché alla stessa quota. Il percorso di progetto ricalca quindi il tracciato impiegato dai minatori per raggiungere i diversi edifici che erano adibiti a residenze, spaccio, stalle,
ecc. Il percorso arriva così sia ai vecchi stabili che saranno adibiti alla sosta prolungata, sia ad una zona dotata di servizi per poter pernottare diversi giorni nel lato sud e a nord del borgo consentirà l’accesso alla zona ristoro, per la quale il progetto prevede di riutilizzare la ex centrale elettrica. Continuando il percorso si accede all’area antistante la laveria, che è pensata per essere attrezzata con servizi necessari ad una sosta di breve durata prima di continuare col percorso ciclabile impostato sugli ex sedimi ferroviari. Questa tipologia di percorso consente al visitatore che intende stazionare con più calma nell’area, di conoscere i diversi elementi presenti nel cantiere e di visitare la parte che un tempo è stata a servizio dell’attività estrattiva e che ora
è a servizio del cicloturista. Per andare a concludere lo schema delle percorrenze, strutturato secondo il modello delle gallerie minerarie, bisogna infine considerare non solo i tracciati storici dell’area, ma anche quelli tutt’ora esistenti come la strada SP 66 che corre nella valle e che si ricollega alle aree minerarie di Ponente e attraversa il cantiere di Naracauli lambendo l’area del pozzo Lambert. Il punto di contatto con il pozzo mette in relazione l’area con il resto del sistema minerario, interpretando il ruolo di una galleria che ha il compito di mettere in relazione due aree di estrazione. La strada si configura come il punto di accesso all’area tramite i mezzi motorizzati, consentendo il rifornimento del bicigrill e l’accesso all’area da parte dei
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visitatori occasionali e da parte dei residenti delle aree vicine. Nel sistema legato al trasporto sono di fondamentale importanza le aree di stoccaggio, in cui il materiale veniva accumulato per poi essere caricato e smaltito. Queste aree si configurano come vero e proprio nodo di connessione tra l’attività estrattiva e le attività di trasporto. Nella risoluzione dei problemi distributivi, si utilizza questa relazione inserendo degli elementi che riprendono il compito svolto dal piazzale di stoccaggio; si organizzano lungo il tracciato delle piastre di slargo che evitano la formazione di punti di congestione nel flusso ciclabile, senza modificare il sistema di percorrenza lineare. Le piastre del progetto sono in corrispondenza dei punti di informa-
zione e in corrispondenza delle aree di sosta. Infine il Rio Naracauli si configura come il flusso naturale che percorre l’area e va a costituire l’ultimo flusso passante nel sito. In passato il fiume è stato interrato per consentire il regolare svolgimento delle attività nel sito. Col tempo e per via dell’abbandono dell’area, è riaffiorato in superficie e non essendo provvisto di una sede propria risulta soggetto ad esondazioni stagionali, che allagano periodicamente la parte che il prgetto prevede di destinare alla ricettività. Il progetto si è quindi posto il problema di organizzare un percorso per le acque che non sia d’ostacolo alla distribuzione e alle funzioni del bicigrill. Nel complesso si è quindi inteso uno
schema che riproduce in superficie la disposizione di diversi flussi e tracciati che caratterizzano il funzionamento del comparto minerario. Essi si organizzano in modo da risolvere le problematiche legate alla distribuzione di tutto il cantiere e si dispongono non solo su tracciati differenti a seconda dell’importanza, ma si distribuiscono allo stesso tempo su quote differenti riprendendo la struttura stratificata delle gallerie minerarie.
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N
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Il percorso del minatore Rio Naracauli Strada Provinciale SP 66 Percorso di servizio
Nella pagina affianco: elaborato di progetto_inquadramento dell’area_analisi delle percorrenze
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CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
Il percorso del materiale
N Elaborato di progetto: planimetria del sistema bicigrill Scala 1:500
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Immagine 11: esempio di castello del pozzo nel cantiere di Levante
Immagine 12: interno della galleria
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Immagine 12: vasca di decantazione_Laveria Sanna
3.6.4 Le tipologie minerarie e le architetture del progetto: il pozzo, la galleria, la vasca
La forma di organizzazione di una miniera è sempre connessa al materiale coltivato, alle diverse caratteristiche topografiche del luogo e alle tecnologie disponibili al momento. Pertanto ogni miniera si presenta agli occhi di chi la guarda come un unicum. Nella fase di ideazione del progetto, la carta delle concessioni, citata nel capitolo precedente, ci è stata utile per rintracciare quelli che sono i manufatti architettonici indispensabile affinché un’area possa essere identificata come mineraria, ovvero quegli elementi necessari perché sia possibile la trasformazione del materiale grezzo in minerale pronto per lavorazione. La
necessità di estrarre, coltivare, lavare e arricchire il minerale, rendono indispensabile la presenza di almeno tre elementi: i pozzi di estrazione, le gallerie di trasporto e le vasche di lavaggio del minerale. Questi elementi hanno strette relazioni con la morfologia del territorio sul quale insistono. Essi assecondano infatti le pendici dei rilievi e in base alle diverse pendenze, suddividono e organizzano il lavoro attraverso terrazzamenti. Man mano che la produzione è diventata sempre più abbondante, si sono aggiunte parti edificate che sono andate a innestarsi sul pendio.
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L’insediamento minerario infatti non è stato progettato contemporaneamente in tutte le sue parti, ma è frutto di un complesso processo che ne ha dettato modalità e stili architettonici. La provenienza della maggior parte dei tecnici delle aree più industrializzate d’Europa, ha sicuramente orientato la produzione architettonica di questo importante centro minerario, sviluppatosi dunque secondo modelli e tecniche già sperimentati altrove e alle volte inconsueti, in un ambiente invece esclusivamente agro-pastorale, come quello sardo risalente a più di un secolo fa.53
Tipologia pozzo
Tipologia galleria
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Tipologia vasche
NOTE 53
Cfr. Monica STOCHINO, Elementi per la co-
noscenza, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale in Sardegna, in Carlo AYMERICH, Jaime MIGONE RETTING, Monica STOCHINO (a cura di), Archeologia industriale, Esperienze per la valorizzazione in Cile e in Sardegna, Gangemi Editore, 2003, pp. 40-45 Immagine 11-12-13: www.lombardiabeniculturali.it/ricerca/?q=montevecchio
Elaborato di progetto: ridisegno delle architetture caratterizzanti l’area mineraria
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Foto 22: pozzo Sartori -Montevecchio-
Foto 23: pozzo Sant’Antonio
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Foto 23: pozzo Gal
Il pozzo e gli elementi di risalita
Con l’approfondirsi dei livelli di coltivazione del minerale, era diventato necessario impiantare in ognuna delle concessioni, una sede di estrazione, identificata con il pozzo, che funzionasse da elemento di comunicazione verticale tra i diversi livelli di coltivazione, e permettesse la discesa degli uomini. In base all’importanza dell’aerea mineraria, e in base quindi alla quantità di minerale estratto, il pozzo veniva seguito in superficie da un imponente castello, che ospitava le pulegge e le funi per il sollevamento delle gabbie. Il castello assumeva un’importanza
tale da essere considerato l’edificio principale di tutta la concessione, un landmark che identificava inoltre anche la ricchezza e l’importanza del committente. Il castello del pozzo di Sant’Antonio, realizzato nel 1878, rappresenta una delle emergenze architettoniche più significative dell’intero bacino minerario. La torre è una reinterpretazione delle torri gotiche in muratura, realizzata con materiali locali e un importante corpo di coronamento con cornice con merli a coda di rondine fortemente aggettante. Il castello del pozzo Sanna, che con la sua regolarità delle
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aperture, delle lesene e delle cornici orizzontali, richiamano i caratteri del neoclassico ottocentesco. 54 Il pozzo Sartori, di contro, è una realizzazione del regime fascista, testimonianza del progresso tecnologico e costruttivo, riconoscibile per l’imponenza,il tipico colore grigio del cemento armato e il rigore dei suoi prospetti con pilastri e finestre continue. Pozzo Gal, situato nel cantiere di Ponente, è delimitato da due poderosi setti paralleli in muratura con le ruote dell’argano per il movimento dell’ascensore-gabbia, che mostrano con
chiarezza il processo di estrazione at traverso il pozzo. Laddove invece la coltivazione del minerale risultava più scarsa, il castello era rappresentato solo da una struttura metallica con copertura a capanna: questo è il caso del pozzo Casargiu e del pozzo Lambert. Attraverso il ridisegno degli esempi più significativi, il progetto vuole interpretare i caratteri comuni di queste strutture: il pozzo viene portato all’esterno, come se si stesse perforando il sottosuolo e facendo affiorare la relativa sezione. Nel progetto la sua originaria funzione di collegamento verticale viene mantenuta e sfruttata in due casi nei quali è risultato necessario superare un dislivello o mettere in connessione due aree differenti del sistema,
attraverso un corpo scala e un montacarichi adatto al trasporto delle biciclette. In particolare sono stati previsti due ascensori: uno di fianco alla Laveria Brassey e uno come collegamento tra la reception e la piazza, una volta superato il ponte sul Rio Naracauli. Il pozzo di progetto, è identificato dalla compenetrazione di due elementi, uno massivo che rappresenta lo scavo e uno metallico, che riprende le strutture tipiche dei castelli . Il castello, ovvero la parte conclusiva della torre del pozzo, è pensata inoltre come punto panoramico per apprezzare la complessità del territorio. I balconi che sporgono dalla struttura del pozzo evocano la connessione delle gallerie all’elemento verticale.
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54
Cfr. Monica STOCHINO, Elementi per la co-
noscenza, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale in Sardegna, in Carlo AYMERICH, Jaime MIGONE RETTING, Monica STOCHINO (a cura di), Archeologia industriale, Esperienze per la valorizzazione in Cile e in Sardegna, Gangemi Editore, 2003, pp. 45-45
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Elaborato di progetto: sezione c-c scala 1:200
Immagine 13: le tre diverse declinazioni della galleria
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La galleria e le passerelle ciclopedonali
La galleria era il mezzo di collegamento orizzontale, una via sotterranea, scavata su diversi livelli, per il transito di persone, veicoli e materiali grezzi. Attraverso l’analisi della carta delle gallerie, è risultato che le gallerie si differenziavano in funzione allo scopo per cui venivano scavate: le gallerie di ricerca erano dedicate all’escavazione e alla raccolta del minerale grezzo, le gallerie di carreggio per il trasporto del minerale dal pozzo ai cantieri. Esistevano poi gallerie di scolo e gallerie di aerazione. La roccia, nella quale sono scavate le gallerie di blenda e galena, era partico-
larmente solida, capace di sostenere il peso della terra sovrastante; vi erano dei punti però in cui le pareti risultavano cedevoli e necessitavano di interventi di contenimento, tramite armatura, per evitare cedimenti di detriti o deformazioni. Nei casi più semplici si ricorse all’utilizzo di impalcature lignee di pino e castagno, composti da portali in successione, che contenevano le spinte sfruttando il principio del telaio e inquadravano lo spazio interno alla galleria in maniera più regolare, con una variazione nella percorrenza più geometrizzata. L’impalcatura in legno venne poi sosti-
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tuita dalle centine in acciaio, più affidabili e più resistenti alle spinte orizzontali, che, rispetto alle precedenti, assecondavano lo scavo e modellavano lo spazio in maniera più organica. Non era quindi insolito avere all’interno della stessa galleria, armature con diverse sezioni, passando dal quadrato, alla sezione circolare. 55 Nel progetto le strutture delle gallerie sono reinterpretate come l’architettura che risolve i percorsi sospesi e/o coperti per ciclisti e pedoni che collegano le diverse aree del sistema. La volontà è quella di riprendere l’architettura della galleria non esclusivamente in
termini di collegamento e percorrenza, ma anche enfatizzando la sensazione dell’essere all’interno di uno spazio delimitato, attraverso la ripresa della forma dell’armatura; con la ripetizione dei suoi elementi, quadrato e arco, le strutture di progetto intendono ricreare le diverse sezioni. In relazione al percorso individuato gli elementi della struttura delle gallerie si declinano in relazione alla loro compito strutturale. Infatti nel momento in cui il percorso diviene una passerella sospesa, la struttura si torce su se stessa ricreando l’effetto prospettico della galleria. Questo è il caso del percorso che attraversa la Laveria Brassey e nel punto di attraversamento del fiume per raggiungere la zona del pernottamento, in cui l’elemento della galleria
diventa un vero e proprio ponte strutturale. Nello specifico, all’interno della laveria Brassey, l’intenzione è quella di ripristinare una dinamica che ha interessato l’edificio ai tempi dell’attività estrattiva: la trasformazione dei minerali, una volta depositati nei livelli più alti, subivano trattamenti di arricchimento, per giungere ai livelli più bassi maggiormente affinati. La laveria nel progetto viene utilizzata per connettere due livelli a quote differenti, permettendo a chi la attraversa di conoscerla e apprezzarla, senza che venga dimenticata nel tempo. Inoltre, in corrispondenza della sala modelli è stata posizionata un’interruzione che divide il ponte in due parti, per consentire al visitatore un punto di vista privilegiato all’interno della laveria, che guarda
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attraverso le bifore della costruzione. Infine, nel momento in cui il percorso si appoggia al suolo, la struttura si semplifica assumendo solo la sezione quadrata. La ripetizione dell’elemento quadrato è servita, all’interno del progetto, a delimitare uno spazio, facendo in modo che il percorso non perdesse la sua continuità e obbligasse la percorrenza in una sola direzione. Questo accade sempre all’interno della Laveria Brassey, in corrispondenza del primo livello, ovvero, ricollegandoci all’analisi interna dell’edificio, al livello in cui i minerali perdevano i loro inerti ed erano pronti per essere commercializzari. La necessità di una nuova galleria è quindi legata al bisogno di evitare che il ciclista e il pedone possano prendere altre direzioni e garantire quindi un
percorso sicuro e protetto all’interno. La ripetizione dell’elemento quadrato assolve la funzione di portico, quando viene associato a una copertura sovrastante. Questo è il caso del percorso più privato che attraversa la zona della sosta prolungata, l’area del bicigrill vissuta per più tempo, che necessita di essere protetto e privato dagli agenti atmosferici. Al fine si scandire la successione degli spazi pubblici interni al bicigrill, è stata ripresa la caratteristica principale delle gallerie di transito, aventi innesti perpendicolari e lineari che permettevano il passaggio degli uomini da un livello all’altro. Si sono generati così dei percorsi diretti che, oltre a scandire la successione degli spazi, permettono anche il collegamento tra l’area
dei servizi per la sosta breve e l’area di arrivo della pista ciclo-pedonale principale.
NOTE 55
Cfr. Letterio FRENI, Iride PEIS CONCAS, La
meccanizzazione nelle miniere di Montevecchio, storia, progetti e realizzazioni, PezziniViareggio Editore, 1993, pp. 82-90
Immagine 13: archivio fotografico progetto PROGEMISA_Galleria Anglosarda
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Elaborato di progetto: semplificazione del funzionamento del sistema galleria
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Elaborato di progetto: sezione b-b scala 1:200
Le vasche minerarie e le vasche di laminazione
La vasca è quel manufatto, collocato in prossimità del pozzo di estrazione, in cui il minerale grezzo, immerso in acqua e sostanze chimiche corrosive, iniziava a perdere gran parte del materiale sterile di cui è naturalmente composto. Alla vasca erano dedicati spazi importanti all’interno dell’area mineraria, grandi aree suddivise in due o tre settori messe in diretto contatto con la laveria vicina come accade nell’area di Montevecchio, nei pressi della laveria Principe Tomaso, nell’area della miniera Sanna e nell’area di Naracauli. Altre volte occupavano spazi residuali e si adattavano alla forma del
terreno anche se questo voleva dire collocarle un po’ più a distanza. Questo è il caso delle vasche nell’area della miniera Sant’Antonio e Amsicora, nella zona Telle. Nel definire l’ambito minerario di Ingurtosu-Naracauli, non si può non considerare il suo rapporto con i corsi d’acqua: il Rio Naracauli e il Rio Piscinas, che scorrono lungo la valle mineraria per circa 7 chilometri, hanno ricevuto e trasportato per decenni le acque con gli sterili provenienti dagli impianti di trattamento minerario e le acque di eduzione della miniera e han-
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no inoltre alimentato la centrale elettrica, permettendo di applicare nuovi metodologie per la coltivazione, estrazione e arricchimento del minerale. Il Rio Piscinas ed il Rio Naracauli sfociavano a mare attraversando la spiaggia di Piscinas e cedendo alla falda superficiale gran parte delle acque: già a due chilometri dalla foce le acque si infiltravano nel sottosuolo sabbioso e riaffioravano poi direttamente a mare. Per evitare quindi che il mare venisse inquinato dai resti della lavorazione trasportati dal fiume, la foce del Rio Piscinas era stata sbarrata da una diga per formare un bacino di sedimenta-
zione di sterili.56 Nel complesso, le dimensioni modeste dei corsi d’acqua e il loro carattere torrentizio, che alterna lunghi periodi con portate ridotte a brevi intervalli temporali con correnti particolarmente elevate, ha portato la Regione Autonoma della Sardegna a prendere dei provvedimenti per tutelare la zona e i suoi edifici, anche in seguito alla recente alluvione del 2007.57 Per questo motivo, nell’analisi progettuale, si è reso necessario ragionare in termini di rispetto delle fasce di esondazione del fiume, con l’intento di tutelare lo spazio pubblico che si genera con il sistema del bicigrill. Sin dal principio nel ragionare sul progetto non ci si è fermati alla sola ipotesi di celare la presenza del corso d’acqua, attraverso opere di interramento, ma
la volontà è stata quella di riportarlo in superficie, restituendo l’importanza che tale elemento aveva per l’intera area mineraria. La grande piazza che si genera nella valle tra la Laveria e la zona dei servizi, è progettata in funzione della presenza del fiume e della sua possibilità di esondare le aree circostanti nei periodi di piena; la piazza si trasforma così in una grande vasca di laminazione, ritagliata geometricamente e suddivisa per settori di profondità: seguendo la pendenza naturale del terreno, si riempiranno gradualmente, affinché, anche con una vasca piena, lo spazio all’interno delle altre possa sempre essere utilizzato. La vasca di laminazione è un’opera idraulica che, attraverso la realizzazione di un bacino scavato nel terreno,
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permette il contenimento delle acque che, in caso di piena, il fiume non riuscirebbe a contenere nel suo alveo. Le acque vengono così opportunamente raccolte e restituite al loro ciclo naturale, favorendo quindi il loro smaltimento in loco attraverso l’infiltrazione naturale nel terreno con lo scopo di alimentare le falde sotterranee. La vasca di laminazione si trasforma in piazza d’acqua quando combina il problema del contenimento delle acque con il miglioramento della qualità dello spazio pubblico. La piazza d’acqua può essere considerata dunque come uno spazio dal doppio ruolo, che genera sia un supporto per le acque eccessive, sia opportunità di relazioni sociali in uno spazio centrale. Questo è il caso del progetto “Water Square” per la città di Rotterdam, ide-
ato dallo studio olandese “De Urbanisten”. L’idea del progetto è di considerare le intense e forti precipitazioni non come problema, bensì come opportunità di trasformazione urbana. Le water squares sono piazze che funzionano, nei periodi secchi, come parco giochi, prati galleggianti, teatri e allo stesso tempo possono diventare luoghi di raccolta delle acque meteoriche che altrimenti inonderebbero le strade.58 La piazza d’acqua all’interno del progetto rivestirà, per la maggior parte del tempo, il ruolo di spazio pubblico ombreggiato da una piantata di lecci, essenza tipica del luogo, disposti su filari, come per riprendere la naturale disposizione della vegetazione spontanea lungo un corso d’acqua. Le aiuole che ospitano gli alberi sono rialzate in
modo da evitare l’allagamento della stessa nei periodi di piena. La piazza offrirà inoltre la possibilità di spazi attrezzati a servizio dei ciclisti e potrà essere vissuta anche in occasione di manifestazioni e raduni.
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NOTE
58
De Urbanisten, http://www.urbanisten.nl/
wp/?portfolio=waterpleinen, 2006, Data con56
Cfr. AA.VV. Piano di recupero dell’area di-
sultazione 3 Luglio 2015
smessa di Montevecchio-Ingurtosu, vol.1, lavoro presentato da PROGEMISA S.P.A. per l’ente minerario sardo IGEA, Maggio 1999, Iglesias. 57
Cfr. Matteo ZURRU, Adriano DESSÌ, Dalla la-
veria al pontile, in Adriano DESSÌ, Sara MUCELLI (a cura di), Paesaggi lineari, Strategie e progetti per il recupero dei vecchi tracciati ferroviari del Sulcis Iglesiente, Roma, Gangemi Editore, pp.153-167
121
122di progetto: schema di riempimento delle vasche di laminazione Elaborato
123 Elaborato di progetto: sezione a-a, scala 1:200
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125 Elaborato di progetto: vista generale sulla piazza
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127 Elaborato di progetto: vista generale sulla piazza
3.6.5 La rifunzionalizzazione
La memoria del sito è attualmente affidata alla presenza dei ruderi, che giacciono sparsi sul territorio e che lentamente si scompongono sotto l’invisibile azione del tempo. Il progetto si approccia al territorio cercando di riportare l’attenzione sugli oggetti che lo compongono, oggetti intesi nel significato più profondo del termine, che deriva dal latino ob-iectum, ovvero gettato davanti, come un ostacolo da superare.59 La sfida che ci si pone davanti è quella di rinvestire tali oggetti di un nuovo interesse che non si basi più sulle dinamiche minerarie, ma che tuttavia non le neghi, in quanto
parte integrante delle trasformazioni che hanno interessato l’intera area nel corso dei secoli. Il progetto di restauro inizia quindi nel riconoscimento degli oggetti che si tramutano in cose, che deriva dal latino causa, ovvero qualcosa per cui vale la pena impegnarsi .60 Come afferma Bodei “Investiti di affetti, concetti e simboli che individui, società e storia vi proiettano, gli oggetti diventano cose”(cit. in Occelli, 2012 p.396). Gli interventi del progetto secondo la logica della ri-conoscenza, ritrovano dinamiche che hanno caratterizzato l’intera zona per riutilizzarle in un contesto del tutto nuovo, quel-
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lo del bicigrill, estremamente diverso dall’ambito minerario, ma che consente di investire l’intero sito di un interesse diverso e allo stesso tempo, di riscoprire i frammenti dimenticati di una realtà che ha profondamente modificato il territorio. La distribuzione come si è visto nel capitolo 3.4.3, va a ridisegnare i percorsi utilizzati all’epoca delle miniere, per consentire la visita e la riscoperta dell’area. Il progetto già dall’impianto distributivo denuncia quindi la volontà di reindirizzare l’attenzione agli elementi principali del sistema, che vengono raggiunti dai percorsi e in
alcuni casi persino attraversati, per incrementare l’attenzione su di essi. Gli edifici dell’area come si evince dallo stato di fatto, sono attualmente allo stato di degrado avanzato, i fabbricati ad eccezione della centrale elettrica, sono sprovvisti di copertura e alcune murature presentano delle lesioni, dovute al cedimento del terreno. Tuttavia la loro presenza nonostante l’abbandono, ci permette ancora oggi di intuire gli sviluppi dell’area. Sono oggetti della memoria la cui scomparsa negherebbe la complessità dell’area e non consentirebbe un’adeguata lettura del sito. Il progetto ha come obiettivo l’utilizzo degli stabili come sedi delle funzioni per il bicigrill, in modo da preservarne la presenza sul luogo e renderli
nuovamente parte di un sistema, che deve essere mostrato e raccontato. Gli edifici che sono oggetto del restauro, sono quelli che risultano maggiormente connessi alle percorrenze come la vecchia centrale elettrica, lo spaccio, gli edifici residenziali sulla vallata, i magazzini davanti la centrale e le stalle. L’intervento ripristina gli edifici evitando di snaturare le loro funzioni principali, le residenze infatti sono state utilizzate per creare gli alloggi e le camerate, i magazzini e lo spaccio contengono i servizi accessori tra cui la piccola officina, le sale per la consultazione delle carte, la lavanderia; la centrale elettrica è stata adibita ad area ristoro, e infine l’area delle stalle e dei magazzini è stata attrezzata per il parcheggio delle bici e per contenere i
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servizi per il pubblico (bagni e docce e spogliatoi). L’edificio dove si è posizionato il piccolo centro ricerca in passato fu adibito ad uffici per la gestione del cantiere. Per ripristinare le coperture e i piani orizzontali crollati si è provveduto all’inserimento di telai d’acciaio, impostati sui moduli scatolari delle murature, evidenziandone il sistema costruttivo antico. La struttura riprende il sistema del pozzo, dove la struttura d’acciaio si inserisce all’interno della struttura scatolare, con una logica invertita: , infatti le coperture si mantengono all’interno dei bordi della muratura, senza superarli per dare più importanza alla preesistenza. Si crea così un gioco di scatole che emergono e sprofondano, rendendo immediata-
mente individuabile la funzione degli edifici: le scatole che emergono rappresentano i sistemi di collegamento verticale per la distribuzione, ovvero i pozzi, e le scatole che rientrano rispetto la muratura individuano gli edifici di sosta, cioè gli edifici funzionali.
NOTE 59 Cfr. Chiara Maria OCCELLI Un castello mille castelli, In Giorgio CROCI (a cura di), Conservazione e restauro strutturale dei beni architettonici, CittĂ studi edizioni, Torino 2012, pp.39342. 60 Ibid.
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Edifici
Pozzo
Elaborato di progetto: modalitĂ di sviluppo della struttura
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132
Elaborato di progetto: analisi delle funzioni del sistema bicigrill
133
3.7 Approfondimento strutturale: il ponte 3.7.1 La relazione tra il ponte e le gallerie
Il ponte di collegamento che passa all’interno della Laveria e quello che risolve l’attraversamento tra i due versanti in corrispondenza del pozzo Lambert, sono il frutto di un ragionamento progettuale basato sull’architettura delle strutture che si susseguono nelle gallerie come si è visto nel capitolo 3.6.4. Per ottenere un elemento che richiamasse la diversità delle sezioni della galleria e per proporre così uno spazio di percorrenza dinamico, come quello delle gallerie sotterranee, si è pensato all’introduzione di un elemento che partendo dallo schema del telaio qua-
drato, generasse uno spazio “galleria”, seguendo la semplice ripetizione degli elementi strutturali. L’elemento progettato non individua solo un passaggio, ma aiuta a superare gli ostacoli del percorso, configurandosi come una vera e propria trave “attraversabile”. Nel disegno della struttura sono stati impiegati i due principi geometrici del quadrato e del cerchio, per ottenere il dinamismo ricercato. Il risultato è un manufatto in acciaio costituito da telai tubolari quadrati collegati tra loro da elementi traversi anch’essi tubolari. I telai, disposti secondo un passo di 2.2 m, ruotano di 5 gradi ogni campata
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sull’asse longitudinale, creando così una trave reticolare che riproduce al suo interno lo spazio prospettico di una galleria. All’interno è attraversata da una passerella larga 2.5m, costituita da un telaio in profilati d’acciaio dove le travi principali, sono costituite da un doppio “C” da 22 cm e le travi secondarie da tre IPE da 18cm. La luce tra le travi principale e le secondarie è di 4.4 m e il passo tra le IPE è di 1.2 m.
3.7.2 Problemi e necessità
Il ponte si andrà ad inserire all’interno della Laveria, attraversandola longitudinalmente. Lo spazio dentro il quale dovrà essere disposto ha una larghezza di 7.2 m e che di fatto determina la larghezza massima che il ponte dovrà raggiungere. La struttura dovrà essere attraversata da una passerella larga 2.5m che dovrà disporre in tutti i suoi punti di un altezza libera di almeno 2.7m per consentire l’attraversamento in sicurezza . Il trasporto e il montaggio del ponte sono i principali problemi da risolvere, non è infatti possibile trasportare un pezzo unico completamente saldato
poiché comporterebbe un trasporto eccessivamente dispendioso, si è ragionato dunque su una struttura da assemblare in opera. Tutta la struttura che si va ad inserire nel progetto, dovrà presentare una misura unica in modo da poter essere utilizzato nella logica della ripetizione, nel momento in cui un solo pezzo di esso non basti per coprire la distanza necessaria; la lunghezza del ponte è stata determinata dalla distanza di attraversamento della vallata che misura 36m. La misura invece necessaria ad attraversare la laveria è pari a 90m. La luce totale dovrà essere dimensionata
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per colmare in primis la distanza tra i due versanti e di coprire la laveria con la ripetizione dello stesso. La scelta del quadrato è giustificata, oltre al richiamo della struttura geometrizzata della galleria mineraria, dalla rapidità di esecuzione, infatti essendo perfettamente simmetrico, ogni pezzo dovrà essere semplicemente ripetuto nelle sue misure facilitando il trasporto e le operazioni di produzione. Per ottenere l’effetto prospettico desiderato, ogni telaio dovrà ruotare di 5° attorno al suo baricentro, rispetto al telaio precedente; per ottenere una completa rotazione, saranno necessa-
ri 19 telai e per coprire la distanza di 36m fissata dalla vallata, i telai sono stati ripetuti con un passo di 2.2 m arrivando così alla lunghezza complessiva di 39.6m (distanza che raddoppiata è applicabile anche all’interno della laveria), andando a coprire la lunghezza necessaria per impostare una rampa con una pendenza del 7%. Ogni telaio è collegato attraverso 4 correnti, che assecondano la curvatura dei vertici dei telai e che saranno gli elementi principali per la distribuzione dei carichi. Si è definito così il modello da cui partire per effettuare le verifiche e i dimensionamenti. La larghezza dello spazio in cui deve essere inserito il ponte è pari a 7.2 m che di fatto fissa la grandezza massima del quadrato. Il massimo ingombro del
telaio si avrà quando l’angolo di rotazione arriverà a 45°, e che non dovrà quindi superare i la larghezza del vano in cui andrà inserito; considerando gli spazi di manovra la larghezza da considerare è pari a 6,9 m, che rappresenta quindi, la misura della diagonale del telaio più grande progettabile, ovvero un quadrato di lato pari a 4.9 m all’estradosso della struttura. Partendo da questa misura si è provveduto ad inserire all’interno una passerella che consente l’attraversamento del ponte. Per garantire il passaggio all’interno senza intersecare la struttura e assicurando l’altezza minima di 2,7m il telaio ottimale è risultato avere il lato di 4.5m.
136
3.7.3 Il modello di calcolo
Il modello di calcolo, elaborato su SAP2000®, è stato impostato partendo da un telaio semplice costituito da una serie di telai quadrati, che si ripetono in successione collegati tra loro da 4 correnti, uno per ogni vertice.
I vincoli alle estremità(figura x) sono stati impostati ponendo un vertice incernierato con gli spostamenti lungo i 3 assi bloccati(A) (rotazione libera) e gli altri 3 costituiti da carrelli che consentissero gli spostamenti lungo l’asse
Schema statico del ponte
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y e l’asse z(B), il secondo spostamenti lungo l’asse y e l’asse z(C) e il terzo gli spostamenti lungo l’asse y(D).
Tramite il programma sono stati assegnati ai telai e ai correnti, delle sezioni dei diversi profilati d’acciaio; dato la natura rotante della struttura, le sezioni più appropriate si sono rivelate quelle a sezione tubolare.
Il primo passo è stato la verifica della resistenza del manufatto sotto l’azione del peso proprio; sono state effettuate quindi delle analisi che verificassero il tasso di lavoro sotto il peso proprio di ogni elemento, per evitare che si
Tasso di lavoro del ponte
138
sovraccaricasse oltre il 15% della propria capacità portante. I correnti affinché non si sovraccaricassero oltre il 15%, sono stati dimensionati con un diametro di 40cm e spessore di 3cm;
i traversi con un diametro di 25 cm e spessore degli elementi che parte alle estremitĂ della struttura con uno spessore di 3 cm per rastremarsi verso il centro fino allo spessore si 1.9 cm; si ottiene una struttura di peso complessivo pari a 1425.14 KN. Dopo le prime analisi ci hanno fornito le prime informazioni sul
comportamento generale: gli sforzi assiali, sono assorbiti completamente dai correnti con uno sforzo massimo in mezzeria di 998 KN; le forze di taglio risultano essere maggiori alle estremitĂ : i correnti sono gli elementi piĂš caricati raggiungendo sforzi di 192 KN nelle parti terminali, i traversi invece raggiungono
Diagramma degli sforzi assiali
139
un massimo di 109 KN nella seconda e nella penultima campata. Infine i momenti ottenuti risultano anche in questo caso essere maggiori agli estremi della struttura: i momenti agenti sui correnti raggiungono sforzi di 227 KN•m che si ricongiungono a quelli dei traversi nelle estremità dei quadrati del telaio.
Diagramma degli sforzi di taglio longitudinale
Diagramma degli sforzi di taglio trasversale
Diagramma dei momenti lungo l’asse trasversale
Diagramma dei momenti lungo l’asse longitudinale
Successivamente si è provveduto all’inserimento della passerella, che attraversa l’intera trave-ponte e alla quale sono stati applicati i carichi. La passerella si aggancia alla struttura principale composta da travi a doppio “C” cositituite da due UPN220, poste trasversalmente rispetto al telaio quadrato, con un passo di 4.4m. Le travi portano l’impalcato che poggia su tre IPE180 con un passo di 1.2m l’una dall’altre e sorreggono un massetto gettato su lamiera grecata e rifinito con pavimento antiscivolo per piste ciclabili. Il peso totale del carico permanente è pari a 1.8KN/m2 (nelle travi di bordo si è aggiunto anche il peso del corrimano pari a 0.5 KN/m2) al quale si è aggiunto un carico di esercizio di 4.0 KN/m2.
Nella pagina affianco: telaio della struttura del ponte e dettaglio dell’aggancio della passerella
140
Scala 1:20
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Una volta caricata la struttura ci si è resi subito conto che le dimensioni del telaio iniziale non erano sufficienti a garantirne la stabilità. Si sono così dovute applicare delle modifiche alle sezioni dei tubolari, che sono stati in spessiti: il corrente principale è passato dalla sezione di 40 cm alla sezione di 45.7 cm con uno spessore di 5.5 cm, i correnti invece sono passati dalla sezione di 25 cm alla sezione di 32.39 cm con spessore alle estremità di 5.47 cm. Nonostante la modifica delle sezioni la struttura presentava ancora elementi sovraccaricati alle estremità è stato quindi necessario inserire nelle campate più estreme, due controventi tesi di sezione circolare piena del diametro di 5cm.
Tasso di lavoro della struttura senza controventi
Tasso di lavoro della struttura con controventi
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Dalle analisi si nota subito come gli sforzi assiali siano fortemente influenzati dalla passerella. Lo sforzo massimo sui correnti non è più nella mezzeria, ma si è spostato in corrispondenza dei telai ruotati di 30° arrivando ad un massimo di 2156 KN, una buona parte dello sforzo è assorbita dai controventi che sono caricati fino ad un massimo di 1668 KN. Anche i momenti presentano delle variazioni importanti, nei correnti infatti l’inserimento dei controventi permette l’assorbimento di gran parte dello sforzo alle estremità, sopportando un momento pari a 880 KN•m. Nelle aste invece i momenti maggiori sono in corrispondenza dei telai ruotati di 15°, ad una distanza di 6.6 m dall’inizio della struttura e raggiungono dei massimi pari a 328 KN•m.
Diagramma degli sforzi assiali
Diagramma dei momenti trasversali
Diagramma dei momenti longitudinali
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I giunti telaio-corrente sono stati fondamentali per la progettazione del telaio, che da tale doveva comportarsi per garantire la giusta rigidezza al ponte; ogni nodo deve garantire un incastro perfetto al corrente, per evitare una deformazione tangenziale. Le prime prove sono state effettuate, ipotizzando un sistema di flange da saldare al corrente per collegare dei telai presaldati. Con questa soluzione si vanno a creare 2 problemi, l’eccentricità dei telai rispetto ai correnti e la riduzione della dimensione del quadrato, che diventa impraticabile scartando di fatto l’ipotesi. Questo ha portato a pensare ad un sistema di incastri che facesse coincidere l’asse del baricentro dei montanti con il baricentro del corrente. Per
effettuare questo tipo di incastro si è pensato alla saldatura di flange a croce sui correnti dello spessore di 2cm, in corrispondenza dell’aggancio con i montanti dei telai; ai montanti invece in corrispondenza del terminali è stata prevista la saldatura di 4 angolari a L che si andranno ad infilare nella croce del corrente, per poi essere imbullonati tra loro con bulloni d’acciaio M24. Gli agganci con la passerella invece si concretizzano con delle flange saldate ai tubolari del telaio alle quali si agganceranno le travi a doppio “C” con un sistema di bullonatura costituito da bulloni d’acciaio M20.
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Corrente con sollecitazioni maggiori (8.8m dall'inizio della struttura) N 2156.85 KN T2 195.28 KN T3 71.44 KN M2 115.95 KN·m M3 356.84 KN·m Montante con sollecitazioni maggiori (6.6 m dall'inizio della struttura) N 97.12 KN T2 40.28 KN T3 1735.7 KN M2 328.75 KN·m M3 43.84 KN·m Controvento con sollecitazioni maggiori N 1668.39 KN T2 2258.86 KN T3 354.7 KN M2 264.8 KN·m M3 880 KN·m
Dettagli dell’incastro del telaio Scala 1:20
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Sezioni lungo la struttura, particolare del telaio Scala 1:20
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Schema statico e vista prospettica del ponte
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4. Conclusioni
150
Progettare una ciclovia sulle tracce dei sedimi ferroviari dismessi nella Sardegna Sud-Occidentale, ci ha permesso di ragionare su una scala regionale e scoprire le potenzialità legate a delle realtà tuttora poco conosciute, come quelle minerarie.
tecnologie legate all’attività estrattiva. In questa logica, che non è l’unica possibile, abbiamo impostato gli aspetti principali del nostro progetto, che prova a risolvere le problematiche del sito, con l’aiuto dei riferimenti suggeritici dal contesto minerario.
Il percorso progettato non è fine a se stesso ma ha il compito di ricontestualizzare le architetture industriali, infrastrutturali e tutte i manufatti a loro connesse, che ora appaiono sparse nel territorio ma che celano relazioni da riscoprire. La nostra proposta è frutto di un processo fortemente radicato nel territorio, dove tutto il contesto è capace di generare architettura, non solo l’edificato ma anche le infrastrutture e le
La realtà mineraria, unica nel suo genere, ci ha permesso di rapportarci con fenomeni architettonici singolari, suggerendoci un “modus operandi” che ci ha spinto ad indagare in maniera approfondita il territorio, nello stesso modo in cui una miniera si innesta all’interno di esso, per usufruire delle sue potenzialità e riportarle alla luce.
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Palma R., Stratigrafie del presente. Cartografie orientate al progetto architettonico del territorio, in Emanuela CASTI, Jaques LĖVY (a cura di) Le sfide cartografiche. Movimento, partecipazione, rischio, Il lavoro editoriale/università, Ancona 2010; Peis Concas I., Montevecchio, S’Alvure, Oristano 1991; Ravagnati C., Le carte del sito, In Riccardo PALMA, Antonia PIZZIGONI, Carlo RAVAGNATI (a cura di), Cartografia e progetto, Tecnograph editore, Bergamo, 2003;
Rollandi M. S., Miniere e Minatori in Sardegna, Edizione la Torre, Cagliari 1981.
MATERIALE CARTOGRAFICO Catalogo dati dal Geoportale della Sardegna (www.sardegnageoportale.it/); Carta Tecnica Regionale della Sardegna, sezioni 538, 539, 546, 547, 555, 556, 563, 572, 573; Rilievi effettuati da PROGEMISA , Piano di recupero delle miniere di Montevecchio, Ingurtousu, Gennamari; MATERIALE FOTOGRAFICO Foto sopralluogo 15-16/10/2014- 21/12/2014 area Montevecchio e Ingurtosu; Foto PROGEMISA area Montevecchio e Ingurtosu.
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SITOGRAFIA
http://www.parcogeominerario.eu/ http://www.igeaspa.it/ http://www.minieradimontevecchio.it/ http://www.regione.sardegna.it/ http://www.sardegnageoportale.it/ http://www.sardegnaabbandonata.it/ http://www.ferrovieabbandonate.it/ http://www.bikeitalia.it/ http://fiab-onlus.it/bici/ http://www.minieredisardegna.it/ http://www.comune.arbus.ca.it/ http://comune.guspini.vs.it/
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7. Ringraziamenti Desideriamo ringraziare tutti coloro che ci hanno aiutato nella realizzazione della nostra tesi. I nostri relatori, il professor Riccardo Palma e la professoressa Maria Chiara Occelli, per averci accompagnato e seguito nello sviluppo della tesi dall’inizio alla fine. Il professor Gabriele Bertagnoli, per averci guidato nello sviluppo della struttura del ponte. Professor Giorgio Peghin dell’università degli studi di Cagliari, per le consulenze e i suggerimenti legati alla della progettazione della pista ciclabile. Barbara Cadeddu, Assessore alla Pianificazione Strategica e Programmazione Comunitaria del comune di Cagliari e professor Luca Tuveri dell’università degli studi di Cagliari, per averci fornito informazioni utili legate ai manufatti presenti nell’area mineraria di Montevecchio – Ingurtosu. Il personale dell’archivio storico delle miniere, per averci guidato all’interno degli archivi IGEA e per averci messo a disposizione i materiali preliminari per lo studio dell’area. Il dottor Gianluigi Pillola, direttore del Parco Geominerario della Sardegna, per averci illustrato il quadro attuale della situazione mineraria e averci mostrato le iniziative legate al sito. Alice Piras, per averci accompagnato nella visita dei cantieri di Montevecchio e per averci fornito utili appunti sulla storia delle miniere. Sandro Mezzolani, per averci fornito i suoi studi personali per il recupero delle miniere e dei sedimi ferroviari legati ad esse. Il comune di Guspini per la consultazione degli archivi del borgo di Montevecchio. Il nostro più grande ringraziamento va alle famiglie, sponsor ufficiali di questa esperienza universitaria. Grazie per aver creduto in noi.
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Fabio Vorrei ringraziare infine Graziella Bianchi, Mattia Firinu, Andrea Lo Maglio, Ludovica Miraval, Stefano Piano e Niccolò Rapetti per il supporto e il confronto nella fase progettuale. Alice I miei ringraziamenti vanno anche alle amiche, Francesca e Marta. Spero stiate organizzando una festa lunare. Contatterò Ambrogio per farmi venire a prendere in aeroporto. Ad Andrea. Anche se sfoglierai con poca voglia questo lavoro, so che sei fiero di me. Grazie.
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8. Elaborati di progetto 8.1 La ciclovia della Sardegna
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8.2 Stato di fatto_area Naracauli
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8.3 Soluzione al problema funzionale
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8.4 Soluzione al problema tipologico
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8.5 Approfondimento strutturale
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8.6 Viste di progetto
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