Arteria
Arteria Poesie di Fabio Filograna con illustrazioni di Marco Caputo
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Arteria
Tu sei stata l’arteria da cui ho appreso tutto. Il vinile sordo che graffiava le punte ammaestrate. Impastavi il colore del cielo per me, l’odore dell’olio di lino ed i miei occhi da bambino pensavano alle rughe come solchi nella terra. E poi le cataratte, il buio ed il profumo della mia presenza; il tuo sorriso, in un filo di voce un invoco a restare. Tu, la cattedrale, i miei silenzi riempiti dal desiderio di non addomesticare la mia timidezza. Hai reso i miei guai inutili e mi hai lasciato la follia, la tenerezza di un filo di voce che sussurrava il mio nome tutte le volte per intero.
Occhi da pianista
Volevo solo trovare un senso al mio essere di pietra quando ti guardo, a questa mano da bambino che muove nuvole di carta verso le costellazioni sul tuo viso. Ho scelto di non essere me, il silenzio, avevo la bocca impastata della tua presenza ed il bisogno di non cedere sapendo di non essere per te all’altezza dei sorrisi. Sei diventata la mia piÚ grande illusione, le bugie che mi racconto per dare tregua alla tua assenza impertinente, agli sguardi che non coincidono. Tu sei fuori dalle mie corazze, una scena primaria che isola il desiderio incompiuto. Tu vivi nelle mie ansie, nei goffi tentativi di svelarmi che non dicono nulla.
Anoressia
Rimane il riflesso di un corpo di porcellana. Sono il prezzo di un biglietto troppo costoso. Sono il senso della tua incuria, la scena di quel film muto che rifiutasti di vedere. Sono la lumaca ed il peso della sua abitazione. E poco importa se io pietra assottigliata dal tempo sono sempre uguale alle mie bugie. Tu sei complice del mio sguardo, di un’anima in fuga, di una mano che copre il capo e lascia scoperti i piedi.
Hanno spento le luci a Kobane
Guardami mentre cado ai tuoi piedi. Riconosci il colore del mio sangue? Dimmi se è bianco o nero, dimmi se è olivastro o rosa pallido. Dimmi se riconosci la razza dall’odore della saliva. Dimmi se sa di ebreo, di arabo, se senti il cumino o la rosa europea. Io sento solo un profondo odore di ferro prima di spegnere la luce: è il sapore della tua rivoluzione. Hanno spezzato le punte delle matite perché parlano troppo, hanno spezzato la mia spina dorsale perché penso troppo, mi hanno coperto il volto perché non mi guardassero. Hanno spento la luce a Kobane. Non volano più gli aquiloni di Charlie Brown, s’impigliano nei rami dei giardini di Parigi. Hanno smesso di coltivare le rose, sono finite nel tritacarne. Hanno spento la luce.
Esisto
Esito in tutti i risvegli, nei vicoli ciechi, nei muri di cartone che innalzi intorno a te. Esisto quando mi escludi dai tuoi pensieri. Esisto quando scoppi in lacrime, quando fuggi dalle mie colazioni, quando spero che torni e mi consolo delle tue brevi fermate. Esisto da quando hai deciso di farla finita con le dipendenze, dall’ultima sigaretta fumata in terrazza, da quando esci sola con le tue amiche e mi inviti solo per guardare il mare. Esisto in tutti i bicchieri di rum che hai buttato giù. Esisto nella rugiada che ti bagna il volto, in tutte le riviste impolverate. In quella foto fatta di corsa mentre cercavi di afferrare gli aquiloni a Kabul. Esisto in tutti i posti in cui non mi hai invitato. Esisto negli sguardi dei passanti. Esisto per ricordarti che esisto e non c’è alcuna ragione nel mio amarti, nel mio essere quel che sono, nel mio distogliere lo sguardo mentre mi ferisci, nel mio esserti amico, confidente, padre. Esisto da quando hai scelto me, perché quando hai dato un’alternativa al mio dolore io ho deciso di esistere.
Destino
Sei il mio giro di routine, la moneta cascata in terra dal lato sbagliato, l’assenza dei giorni spesi a cercarti. Sei il pensiero che non trova pace, la dialettica che mi cura, il silenzio. E gli occhi bestemmiano, la rabbia incontrollata di un’anima offesa, di un treno in corsa perenne che si ferma quando gli pare. Sono il destino, l’ombra che non ti dà tregua. Ti ho vista, chinarti in segno di resa, osservare le tue mani nude sulle quali ho scritto tutto ciò che avrai. E non avrai più di quello che sei di un amore insano dato per conoscerti, di una ragione per vivere.
Le tue bugie
Corde tese, spuma di onde increspate. CosĂŹ i pensieri fuggono dalle parole quando passi le mani sui bassi di queste canzoni. Funambolo in equilibrio su queste vene da dove tutto torna alle mie stanze vuote. Luoghi sconosciuti, spenta la luce, nei tuoi occhi. Caviglie dipinte, foreste di sabbia dove ami nasconderti. Silenzi al tramonto cullano i miei occhi. Soli che cambiano colore quando toccano il mare. Corde tese reggono queste assenze. Matite disegnano, spenta la luce.
Stanze vuote
Spazi vuoti in queste fabbriche. Lungo le catene di montaggio dei miei silenzi ci sono i deserti che cambiano quando cambia il vento. Fantasmi saziano i tramonti nella mia stanza. Chiudo gli occhi tutte le volte che accarezzi questi aghi di pino sul mio viso ed ogni riga sulle dita cura un silenzio.
Certe mattine sono io
Sono io questo specchio cui riflette attraverso la totale assenza di simmetria. Sono io, un foglio avvolto su se stesso che avvicina le parole lontane. Sono io, contro i tuoi passi. Solo io, conto i silenzi, i contorni, i confini dei polpastrelli. Sono io, una maschera che amplifica l’eco dei sorrisi. Sono io che mi svelo appena spegni il resto.
Certe Paure
Vieni a bere dalla mia schiena, cerca la tua oasi nei miei silenzi, assapora il sudore che ossida la pelle prima che resti il sale a rendere le mie lune amare. Abbiamo discusso della mia infanzia interrotta, quando smisi di avere idoli e sfogavo le paure nelle braccia cresciute. Ho lasciato ai caldi pomeriggi estivi le passeggiate le corse in bici il ricordo confuso di quella terrazza, il sapore del pane sulle mani che hai lasciato lievitare nella mia stanza prima di andare via, ed oggi è talmente cresciuto ed io con lui, che non so come si fa a concederti di me a vincere la paura di amare, di spiegarti il segreto della mia collezione di ritratti.
La rosa del deserto
Desideravi piantare le rose in questo deserto. Sei venuta da me per coltivare le rose. Tutti ti dissero che non avresti colto nulla da questo deserto. Sei venuta a portarmi da bere, sei venuta ad arare la pelle, sei venuta a districare i nodi. Desideravi un giardino in questo deserto ed hai colto una rosa piena di spine. Sei venuta ad assaggiare le pene ma hai colto una rosa da questo deserto.
Bologna
Sono tutti i dettagli omessi, il silenzio alla fine di quella nottata in cui parlammo delle nostre vite. Sono come la pioggia che cade poi scivola poi evapora e ritorna sempre uguale a se stessa. Sono sole che riscalda e sono freddo inverno. Sono mare con il sale ma sale troppo duro da ingoiare. Sono tutte le ragioni che mi regala osservare l’oceano. Sono le paure e le ansie che volutamente non ti ho concesso, poichÊ qualora mi concedessi smetteresti di cercarmi.
Dettagli
Vorrebbero comprare i tuoi sorrisi, comprare l’amore comprare i silenzi. Ma cosa c’è di diverso in me? I dettagli, non vedi i dettagli? Il mio profumo è sempre lì accanto alle tue assenze. Tu almeno lo sai chi sei? Io lo so chi sei, per questo ci sono comunque. I dettagli, non vedi i dettagli? Gli altri vedono la bellezza, per questo non ti amano; vorrebbero comprare la bellezza. E tu, lo sai perché escludi proprio me? Perché comunque ci sarei. I dettagli, non vedi i dettagli? Dove finisco io inizi tu e fammi vedere se senza di me cedi alle lusinghe, perché comunque ci sarei. Semplice, ti sembrerà così semplice avermi ma i dettagli, non vedi i dettagli? Se tu corressi libera e io t’inseguissi la pioggia laverebbe i miei passi dietro i tuoi. Invece io ci sono alla fine di tutte le corse. Perché non lo vedi, ma comunque ci sarei.
Incudine
Per te che corri lontano e ti rifugi nei miei abbracci ma poi sei sola quando mi lanci addosso l’incudine, il martello, l’indifferenza. Ed io non esisto più se non attraverso i tuoi specchi, riflessi, in cui vuoto non esisto più.
Per lasciarti andar via
Dove sei? Persa dietro le lentiggini a cercare le tue oasi dentro labirinti insoliti che parlano dell’universo, le piastrelle del Motel che odorano di noi. Dove sei? Corri dietro le stazioni a rincorrere gli indiani che odorano di sale, il sapore che ha lasciato sulle labbra il mio sudore quando hai scelto di sparire. Cosa mi resta dei tuoi occhi verdi? Le lacune ed i silenzi, il solco dell’inchiostro che non se ne va col tuo essere lunatica. Ma cosa importa poi se ti chiudi nelle canzoni che parlano di te persa dentro un’inutile retorica che ho costruito per salvarmi, per lasciarti andar via. Dove sei? A comprare l’amore una cura al destino a trovare un senso del mio essere inerme alla voglia di coincidere con te alle buste della spesa alla vita insieme.
stampato nel 2016