Rilettura di un brano della città storica

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RILETTURA DI UN BRANO DELLA CITTÀ STORICA PROGETTO DI RICONVERSIONE DI UN’AREA MONOFUNZIONALE: IL CASO DELL’ARCISPEDALE S.ANNA DI FERRARA

Tesi di laurea in Architettura FABIO GRILLI - ANTONIO MARSEGLIA anno accademico 2009/2010 Relatori: Prof.Arch. Gabriele Lelli - Prof.Arch. Daniele Pini



Università degli Studi di Ferrara

Facoltà di Architettura “Biagio Rossetti” Tesi di Laurea in Composizione Urbana e Architettonica a.a. 2009/2010 Fabio Grilli, Antonio Marseglia

Rilettura di un brano della città storica Progetto di riconversione di un’area monofunzionale: il caso dell’Arcispedale S.Anna di Ferrara

Relatori: Prof.Arch.Gabriele Lelli, Prof Arch. Daniele Pini


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Indice

1.

2.

3.

4.

Ringraziamenti

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Abstract

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Ferrara. La prima città moderna d’Europa

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1.1

Evoluzione dell’assetto urbano

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1.2

Strutture insediative

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1.3

Il funzionamento della città

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L’Arcispedale S.Anna

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2.1

L’antico ospedale

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2.2

Il nuovo ospedale

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2.3

Verso il polo ospedaliero di Cona

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Un nuovo scenario

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3.1

Strategia d’intervento

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3.2

Il programma funzionale

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Un nuovo quartiere per Ferrara

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4.1

Il disegno urbano

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4.2

Lo spazio della sosta

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4.3

Lo spazio dei flussi

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4.4

L’isolato. La cellula del tessuto urbano

86

4.5

Il parco

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Riferimenti Bibliografici

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RINGRAZIAMENTI La volontà di ringraziare quanti abbiano contribuito, a vario titolo, a portare a termine questo lavoro, nasce dalla sincera convinzione che questa sia un’esperienza totalizzante, da condividere con altri. Siamo debitori con molti, dei quali solo pochi menzioniamo qui. Il primo ringraziamento lo dobbiamo ai professori Daniele Pini e Gabriele Lelli, sempre pronti a guidarci e consigliarci nonostante i numerosi impegni professionali. Ci sembra doveroso ringraziare il servizio Pianificazione Territoriale del Comune di Ferrara e in particolare l’Architetto Zaira Sangiorgi, sempre disponibile a darci il materiale necessario per gli approfondimenti sul tema. Vogliamo ringraziare Masha, il Popo, Leo e Federigo per la dedizione con la quale ci hanno assistiti e talvolta sopportati, dandoci prova di vero affetto. Tutti gli amici che ci hanno accompagnato in questa esperienza di vita ferrarese. Per ultime, ma sicuramente per prime in ordine di importanza, ringraziamo le nostre famiglie per averci sempre fornito il supporto morale e materiale necessario al sereno compimento di questo percorso. Fabio Grilli, Antonio Marseglia

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ABstract La

rivitalizzazione

di

grandi

aree

monofunzionali

dismesse all’interno dei centri urbani rappresenta il tema dominante dell’urbanistica a partire dagli anni novanta. La delocalizzazione di importanti funzioni all’esterno della città permette, in certi casi, di riutilizzare tali spazi come fulcro di operazioni urbanistiche su vasta scala a vantaggio della collettività e dei soggetti direttamente interessati. Il trasferimento di gran parte delle funzioni socio-sanitarie dell’Arcispedale S.Anna di Ferrara al nuovo polo ospedaliero di Cona, approvato con delibera del Consiglio Comunale nell’Aprile del 1992 ed ancora in fase di ultimazione, pone una questione cruciale sul destino di una vasta area interna alla cinta muraria, la cui trasformazione offre un’importante occasione di sviluppo per tutta la città. La nostra tesi propone la riqualificazione urbana dell’area attraverso una serie di interventi, analiticamente e progettualmente approfonditi su scale differenti, che 8

restituiscano una nuova gerarchia morfologica e funzionale,


mettendo così in forte crisi un sistema insediativo autoreferenziale avulso dal contesto. Data la collocazione così privilegiata del complesso ospedaliero - ad est costeggiato dalle mura, a sud dall’asse Giovecca, ad ovest da Via Mortara, a nord dal polo Scientifico Universitario - si cerca di porre l’accento sulle enormi potenzialità inespresse del comparto, tenendo conto, in modo rispettoso ma non per questo remissivo, delle presistenze interne all’area.

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1. Ferrara. La prima città moderna d’Europa (Jacob Burckardt)

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Premessa La necessità di costruire una solida base analitica e conoscitiva a supporto di un progetto che tenesse conto di una lettura su scala ben più vasta rispetto a quella di intervento, ci ha portati ad avvalerci di specifiche indagini condotte nel Piano Strutturale Comunale di Ferrara da tecnici esperti. A questo importante strumento di analisi si è affiancata un’indagine personale su Ferrara, la sua storia e su particolari brani di città, guidata da finalità più inerenti alle problematiche progettuali. 1.1. evoluzione dell’assetto urbano Le addizioni “E’di grande interesse lo studio della evoluzione fisica di Ferrara nel tempo, come essa sia andata formandosi ed ampliandosi e come abbia raggiunto quella completezza di disegno che ora si rivela eccezionalmente felice e raffinato”. (Carlo Bassi) La prima struttura insediativa di forma compiuta con rego12

le precise e codificate della città di Ferrara è il “castrum”


1 Castrum bizantno VI sec.

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6

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4

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2 CittĂ lineare IX-X sec.

3 Borgo superiore X sec.

4 Borgo nuovo XI sec.

5 Prima addizioneXIV sec.

6 Seconda addizione XV sec.

7 Addizione erculea XV sec.

8 XX sec.

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bizantino, un sistema di strade che si articola intorno all’attuale via di Porta S.Pietro. Il sistema viario denuncia con il suo andamento la sua originaria funzione di fortificazione. Quest’area urbana risulta inoltre tra le più alte della città essendo definita dalla curva di livello di quota 9, il che consolida la tesi della fortificazione che come noto, venivano costruite nei punti più alti. La forma a ferro di cavallo dell’impianto suggerisce la presenza di un fossato che chiudeva la fortezza su tre lati, mentre a Sud poggiava sulla sponda sinistra del po. L’ espansione urbanistica avvenuta nel corso dei secoli ha comportato il riempimento dei fossati e lo spianamento delle mura del castrum, così che si formarono nuove aree fabbricabili che hanno mantenuto il sistema di strade parallele di servizio al castrum leggibili ancora chiaramente. Tra il IX e X secolo l’urbanizzazione si sviluppa verso Ovest, fino all’attuale zona dell’acquedotto di Corso Piave, in modo parallelo al Po di Ferrara, come viene confermato dall’ubicazione delle chiese altomedievali. Immaginiamo questa nuova zona urbanizzata come un agglomerato che 14

segue le strade congiungenti il castrum e la parte occiden-

Bartolino da Novara. “Ferrara e i suoi borghi”, 1385, Biblioteca Ariostea di Ferrara


tale della città secondo un andamento lineare. Contemporaneamente a questa città definita fluviale dagli storici si formano due nuovi nuclei che verranno presto inglobati in un unico organismo: il Borgo Superiore e il Borgo Inferiore. Il Borgo Superiore sorgeva sull’ area denominata in precedenza fundus Bagnolus e si estendeva ad occidente fino all’attuale via Boccanale di S.Stefano , un canale che costituiva un vero e proprio limite all’espansione della città. Il Borgo Inferiore si estendeva ad est del castrum e non fu interessato a differenza degli altri casi da particolari opere di fortificazioni. Una nuova fase dell’evoluzione urbanistica di Ferrara cominciava con lo spostamento della cattedrale da San Giorgio a nord della città. La decisione di spostare il centro di culto della comunità comporterà l’affermarsi di nuove dinamiche di sviluppo. Ferrara comincia a perdere quella caratteristica di città parafluviale e la piazza del duomo diventa fulcro di aggregazione del centro monumentale della città, con il sistema di piazze e con i palazzi. Con la realizzazione della nuova cattedrale si conclude la storia urbanistica di Ferrara altomedievale.

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Il borgo Nuovo era un agglomerato urbano isolato situato a nord della città e che venne inglobato dalla crescita della città racchiuso dal nuovo sistema di fortificazioni. Nel XIV secolo avviene a Ferrara un fatto rilevante sul piano urbanistico: per la prima volta non si amplia la città per annessioni di borghi extram mura mam ma recintando uno spazio libero ed urbanizzandolo con strade rettilinee. Il risultato è du una città nuova, pianificata, come non avveniva in Italia dall’epoca delle colonizzazioni romane; strade larghe ed edifici rapportate ad esse con giardini e affaccio dei fabbricati di servizio con strade secondarie”. L’operazione urbanistica in questione è la prima addizione propriamente detta; opera dell’architetto militare Bartolino da Novara è databile 1340 circa. La visione che si ha di Ferrara fino a questo punto è quella di una città tipica medievale, chiusa all’interno dalle sue mura. Con la seconda addizione del 1451 veniva inglobata dalla città il Polesine di S.Antonio in seguito alla costruzione del16

le nuove mura fatte erigere dal duca Borso degli estensi su

G.B. Aleotti, Pianta “Come andrebbe fatta la fortezza se tornasse il Pò navigabile”, 1605, Biblioteca Ariostea di Ferrara, mappe serie XIV-5


progetto dell’architetto Pietro Brasatola e all’impoverimento dell’alveo del fiume Po in quella stessa zona. Sull’esempio della prima addizione se ne creò un’altra, e sulla traccia del fiume interrato viene creata via della Ghiara che divenne l’asse longitudinale portante della nuova zona legata al contesto urbano più antico attraverso connessioni viarie perpendicolari all’asse viario citato. Questa addizione divenne la centrale economica della città e andava a completare quel disegno secondo cui il centro politico sarebbe dovuto rimanere nella prima addizione col fine di porre in zone controllate i poteri della città. L’ampliamento della città di Ferrara nota come Addizione Erculea fu iniziata dall’architetto ducale Biagio Rossetti nel 1492. Questa grande trasformazione, operata a nord delle mura della Givecca,viene considerata come una delle più significative realizzazioni urbanistiche del XV secolo. Dopo tale intervento Ferrara può essere definita “la prima città moderna d’europa” come scrisse lo storico Jacob Burckardt. La decisione intraprendere questo grande ampliamento scaturì, secondo Zevi, da una serie di motivi militari, economici, politici e psicologici. Sotto il profilo militare,

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l’impresa fu dettata dall’urgenza di costruire una line difensiva più lontana al centro urbano, a settentrione. I motivi politici ed economici si riassumono nell’ambiziosa prospettiva di un forte incremento demografico. Sin dal 1480 un folto gruppo di ebrei emigrati dalla Spagna era venuto ad accrescere la popolazione dei borghi situati presso la porta San Biagio, attorno a San Guglielmo e alla porta di San Leonardo. In parte il territorio della nuova addizione era già popolato ma il miraggio politico di Ercole fu di accrescere l’immigrazione, di rendere Ferrara una città numericamente forte e, di conseguenza, di determinare un’espansione della sua economia di scambio. Per ottenere lo scopo, non si poteva però ammettere una dilatazione pluridirezionale, a macchia d’olio, un insinuarsi di borghi poveri tra monumenti pregevoli e attrezzature principesche. Bisognava pianificare la città nuova valicando il fosso della Giovecca e includendo l’immensa area a settentrione nell’ambito urbano. Qui s’innesta la spinta ideologica, la brama di rivaleggiare con altre città che si venivano arricchendo di splendide chiese e sontuosi palazzi, e ancora il desiderio delle famiglie nobili di non vivere più nelle anguste e tortuo18

se vie della maglia medievale.

Tratta da G.B. Aleotti, Alzato prospettico, 1605, Biblioteca Ariostea di Ferrara, mappe serie XIV-5


L’addizione con i suoi reticoli funzionali e il particolare assetto progettuale non risulta avulsa dal contesto urbano a sud della giovecca ma con esso, attraverso allineamenti viari e urbanistici partecipa in modo inscindibile alla formazione della nuova e moderna città rinascimentale.

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1.2. strutture insediative Morfologia del costruito Osservando più da vicino la struttura insediativa di Ferrara, gli spazi e i luoghi di cui è fatta, le modalità di aggregazione dello spazio aperto, dello spazio costruito e le loro relazioni con le strade, possiamo riconoscerne l’articolazione in alcuni diverse parti, tessuti e frammenti. E’ possibile leggere regolarità ed irregolarità, somiglianze e differenze tra i diversi tessuti insediativi attraverso un’analisi non esclusivamente tipologica, ma capace di considerare una pluralità di aspetti: il rapporto tra edificio e strada, il principio insediativo, la densità edilizia, le configurazioni della rete stradale, il trattamento degli spazi aperti, l’altezza degli edifici, ecc... Risulta evidente che, il riconoscimento di alcune “specie di spazi”, costituisce un’operazione di semplificazione della realtà: anche universi di oggetti e di spazi complessi possono, in fondo, essere ricondotti ad alcuni tipi prevalenti, ad un numero limitato di forme e, a loro volta, ciascuna di queste forme può essere descritta nominando un numero limitato di regole e caratteri. E’ evidente che osservare e 20

descrivere Ferrara, prestando attenzione ai suoi caratteri


Campioni del reticolo viario a nord di Corso Giovecca.

Campioni del reticolo viario a sud di Corso Giovecca.

Campioni di diversi tessuti insediativi nella cittĂ murata.

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morfologici, diventa tanto più importante oggi se pensiamo che una quota rilevante degli interventi futuri possa riguardare le parti già edificate, se consideriamo che un ruolo importante per la gestione delle trasformazioni urbane, soprattutto attraverso il nuovo Regolamento Urbanistico ed Edilizio, sia affidato alle regole d’intervento nei tessuti “consolidati”, che dovranno interpretare correttamente i caratteri di questo specifico paesaggio urbano riconoscendone i diversi elementi costitutivi. Un’indagine di questo tipo restituisce un’immagine di Ferrara composita, eterogenea e molteplice, in cui, agli isolati compatti del centro medievale, si affiancano il tessuto più poroso dell’Addizione Erculea, il quartiere Arianuova, l’intervento Ina-Casa di viale XXV Aprile e il rione Giardino, parti di “città pubblica” caratterizzati dalla ripetizione di alcuni tipi edilizi, principalmente edifici in linea anche di una certa consistenza, e da vasti spazi aperti, brani di case a schiera con giardino privato, gruppi di palazzine caratterizzati da alta densità ed, infine, sequenze di case minime lungo strada. Tra tutti questi diversi pezzi, a volte resti del processo di selezione prodotto dal tempo, altre volte ritagli di progetti più ambiziosi, altre 22

ancora frammenti di un’intenzionalità speculativa, si insi-


1 Cortina compatta caratterizzate da edilizia continua formata da isolati compatti con affaccio diretto sulla strada e piccoli spazi aperti all’interno.

2 Cortina porosa caratterizata da edilizia continua formata da grandi isolati con affaccio diretto sulla strada e spazi interni di considerevole dimensione occupata da orti giardini e parchi.

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3

4

3 Griglia regolare caratterizzata da edifici isolati collocati secondo una regola programmata di iterazione, su lotti vincolati da tracciati, con piccoli spazi aperti privati.

4 Griglia irregolare caratterizzate da edifici isolati secondo una regola programmata di iterazione, su lotti vincolati da tracciati, con piccoli spazi aperti privati.

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nuano gruppi di case isolate su lotto organizzate in tessuti dai tracciati più o meno regolari e caratterizzati da spazi aperti prevalentemente privati o condominiali. Questa molteplicità di parti, ciascuna chiaramente riconoscibile nella sua configurazione spaziale, possiede, però, una diversa capacità di organizzare la città, contribuendo solo in alcuni casi a definirne la struttura, a garantirne un corretto funzionamento e una sufficiente dotazione di servizi.

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1.3. IL FUNZIONAMENTO DELLA CITTÁ Attrezzature e servizi Oggi a Ferrara, come in molte altre città, non si riscontra una grave mancanza di servizi pubblici e il territorio risulta relativamente ben servito. Nondimeno, si rileva la necessità di una continua ricalibratura dei servizi offerti sulle reali esigenze della popolazione. In questo senso, le trasformazioni sociali che hanno investito la città contemporanea ed anche Ferrara, richiedono nuove indagini ma soprattutto spingono la politica urbanistica, e del welfare state in generale, ad indagare nuove risposte sul ruolo che, ad esempio, assume oggi un centro civico, sulle potenzialità del volontariato e del terzo settore nella realizzazione di una città più amichevole, di fronte ad una società dell’individuo, sul ruolo di una politica dei servizi urbani che cerchi di delineare nuove forme di comunità. Attrezzature ricreative Oltre alle attrezzature coperte (palestre e piscine) e ai campi da calcio, la principale risorsa sportivo/ricreativa 26

della città è il circuito delle mura storiche, che costituisce,


per i ferraresi, una vera e propria “palestra all’aperto”, uno spazio polivalente in cui camminare, correre, andare in bicicletta. Già oggi complementare agli spazi verdi e agli impianti sportivi del parco urbano, può acquisire un ruolo ancora più significativo attraverso una maggiore integrazione con una rete di percorsi e piste ciclabili che consenta di considerare anche la campagna e le rive dei fiumi come straordinari luoghi collettivi. Turismo Il flusso dei turisti disegna un’altra importante geografia urbana costituita dal centro monumentale (Duomo, Castello, Palazzo del Municipio), dall’area dei musei (Pinacoteca Nazionale, Museo de Pisis, ecc.), da alcune preminenze puntuali (la Certosa, la casa di Biagio Rossetti, ecc.), ed ancora una volta dalla cerchia delle mura stesse. I turisti connettono questi luoghi ad altre parti urbane dove sono localizzati alberghi, ristoranti e parcheggi, dando luogo ad un ulteriore sistema di funzionamento della città. Rete stradale e mobilità Oggi la rete stradale di Ferrara appare formata da tratti

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disomogenei, disegnati ed utilizzati in modo contraddittorio e non sempre coerente. Un’esigenza prioritaria, ai fini di alleggerire l’attraversamento del centro storico, viene considerato

il

completamento

della

circonvallazione

interna, come previsto dal Prg vigente. Infatti, le uniche strade alternative oggi sono caratterizzate da una grande diversificazione dei tipi di sezione e dalla congestione dei nodi. In alcune ore della giornata il numero delle persone che abita le diverse parti della città ed il numero dell persone che queste parti di città solamente attraversano tendono ad equivalersi. Diverse popolazioni (il lavoratore pendolare, chi frequenta la città per fare acquisti, chi laabita, lo studente, chi deve andare in centro per affari, ecc.), si contendono lo stesso spazio urbano ed in particolare la stessa rete stradale che, per sua natura, si configura come risorsa rigida e rara. Uffici Gli uffici pubblici e privati (sedi di amministrazioni locali, studi professionali, banche, ecc.) presentano una distribuzione parzialmente diversa rispetto a quella dei negozi, soprattutto 28

per quanto riguarda il centro antico. Qui, infatti, gli uffici non


sono concentrati solo nella parte medievale ma coprono in modo quasi omogeneo anche l’addizione erculea. Inoltre, se da un lato si può dire che pure queste attività si allineano lungo alcune strade, dall’altro sembra però forte la tendenza a distribuirsi su tutto il centro antico. Ovviamente uffici pubblici e privati sono riconoscibili anche all’esterno delle mura, ma la loro articolata presenza nel centro antico, sommata a quella di negozi, musei ed università, se è vero che crea alcuni problemi nella gestione del traffico e della mobilità, tuttavia ci dice che Ferrara ha un centro dinamico e attivo, del quale considerare con grande attenzione la qualità di vita dei residenti, pur consentogli di continuare a svolgere un importante ruolo urbano. Proprio per questa capillare distribuzione di negozi, attività artigianali, uffici pubblici e studi professionali, il centro antico costituisce un luogo in cui non solo si abita ma anche si produce, rappresentando una delle principali “aree produttive” della città, attirando ogni giorno un elevato numero di addetti.

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2. L’Arcispedale S.Anna

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2.1. l’antico ospedale La prima struttura ospedaliera, che occupava il comparto urbano in prossimità dell’attuale via Boldini, si articolava come un vasto complesso architettonico, realizzato in seguito al Breve papale datato 8 ottobre 1440. Con tale atto veniva incaricato il

vescovo di Ferrara, Giovanni

Tavelli da Tossignano, di impiantare un grande sanatorio, al servizio e per il sollievo degli infermi poveri, di cui all’epoca la città non era ancora dotata. Nel gennaio 1444, quando cominciarono i lavori, Tavelli si avvalse dell’opera dell’architetto Pietrobono Brasavola in virtù di un contratto che prescriveva di realizzare il nuovo ospedale, anche attraverso la ristrutturazione di un complesso conventuale preesistente che insisteva in quella zona. La costruzione del nuovo ospedale fu sollecitata prima da Nicolò III e poi da Leonello d’Este, oltre che dal Tavelli, figura che emerge rispetto a tutte le altre nell’ambito della fondazione della struttura. Il 27 maggio 1445, al termine dei lavori principali, l’ospedale Sant’Anna fu consegnato dal vescovo Tavelli alla Magistratura Civica che svolgeva un ruolo paragonabile a 32

quello degli attuali comuni.


All’intervento di Pietrobono Brasavola del 1444-45 appartengono il portale di ingresso alla cosiddetta “prima sala dell’Ospedale”, la cornice sommitale della facciata e parte del chiostro adiacente, ovvero le colonne ottagonali in mattoni che lo caratterizzano, mentre il bellissimo protiro che si trova a nord di piazzetta Sant’Anna sarebbe stato A. Bolzoni, L’antico ospedale S.Anna, 1747

costruito sul finire del ‘500, nell’ambito delle ristrutturazioni portate a termine nel complesso ospedaliero proprio in quel periodo. Il portichetto a sinistra invece è settecentesco, quello di destra è stato modificato nella struttura del coperto negli anni Trenta del ‘900. Tutti questi elementi, compresi il chiostro e il palazzo Sant’Anna (che si affaccia sia su corso Giovecca che su piazzetta Sant’Anna) sono stati oggetto di recenti restauri, così come è stata riqualificata la piazzetta stessa, parcheggio fino a qualche anno fa. Le fondamenta dell’antico ospedale, risalenti all’intervento del Brasavola del XV secolo, furono realizzate all’epoca attraverso l’impiego di volte sotterrane, ancora visibili nel fabbricato del Conservatorio e nelle cosiddette Grotte del Boldini, adibite oggi a spazi espositivi. Il lato meridionale di piazzetta S.Anna, invece, fu trasformato tra il 1824 ed

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il 1825, quando venne realizzato il grande loggiato con le colonne e i capitelli rimasti dalla demolizione della parte orientale del convento di San Benedetto. L’ospedale fu interessato nel tempo da una serie di modifiche e ampliamenti, fino ad occupare nel ‘700 un’area

A. Bolzoni, L’antico ospedale S.Anna, 1747

consistente, ovvero gran parte dell’isolato compreso tra le vie Palestro, Borgoleoni, Giovecca e Mascheraio. Nei due secoli precedenti inoltre, l’area era stata interessata da una serie di nuove realizzazioni tra le quali citiamo le più importanti chiesa del Gesù, con annesso convento dei gesuiti, palazzo Roverella, e la chiesa di San Carlo. L’antico sanatorio si trovò così chiuso tra questi ed altri edifici sorti

Campanile di San Silvestro, Collezione privata, 1902

nel tempo, aspetto piuttosto negativo dal punto di vista igienico-sanitario. 2.2. l’arcispedale s.anna Il 15 giugno 1910, in seguito all’ acquisto di alcuni terreni della nuova area dove sarebbe dovuto sorgere il nuovo ospedale, il re Vittorio Emanuele III pose solennemente 34

la prima pietra. Nell’anno successivo la Commissione

Catasto Pontificio, 1842, Ferrara


Provinciale di assistenza e beneficenza approvò il progetto dell’odierno Arcispedale S.Anna che sorse poco dopo e occupò gran parte dell’area compresa tra Corso Giovecca, Rampari di San Rocco, via Mortara e via Fossato di Mortara. In precedenza sull’area vi insistevano alcuni complessi religiosi: i conventi di San Silvestro, di San Anonimo, Pianta Ferrara est, 1705

Bernardino e di San Rocco, in gran parte demoliti nel XIX secolo, ad eccezione di alcune porzioni del monastero di San Bernardino, di cui il lato ovest del primo chiostro, dove si osservano archi murati con colonne e capitelli, mentre sull’area della chiesa fu costruito l’edificio di stile neoclassico, tuttora esistente in corso Giovecca n.191, oggetto di ulteriori trasformazioni nel ‘900. L’antica chiesa

Pianta di G.B. Benedetti, Collezione privata, 1728

di San Silvestro, anteriore all’anno Mille e ristrutturata nel 1497 da Biagio Rossetti, fu demolita assieme al monastero dal Duca Alfonso I nel 1512 per fortificare la città in quella parte. Successivamente le monache benedettine ebbero in permuta un casale nelle adiacenze del convento di San Bernardino sulla via della Giovecca. In quel luogo edificarono la chiesa e l’ampio monastero. Le monache lo occuparono il 12 maggio 1520 e la chiesa fu consacrata il

Planimetria nuovo ospedale S.Anna, 1910

14 settembre 1524. L’edificio di culto rovinò in gran parte

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durante il terremoto del 1570, tanto che venne riedificato con pianta ad aula. La chiesa, che conteneva affreschi del Filippi e tavole di Benvenuto Tisi da Garofano e Scarsellino, subì poi gravi danni a causa di due incendi, prima nel 1735 e poi nel 1804. Nel 1796, con l’occupazione francese, chiesa e convento furono chiusi. Nel 1799 vi rientrarono le suore per un breve periodo, quindi tutto il complesso venne abbandonato nel 1820 ed in seguito in gran parte demolito. Già nel 1825 fu trasferito sulla facciata della chiesa di Santo Stefano il portale marmoreo di quella di San Silvestro. Il campanile fu l’ultimo ad essere abbattuto nel 1912.

Filippo Galassi, pianta e prospetto del padiglione “infermi”, Archivio Ufficio Tenico Arcispedale S.Anna, 1912

La struttura principale: i padiglioni. 1914 I lavori cominciarono nel 1912 su progetto dell’architetto Filippo Galassi. Il progetto di impianto

funzionalista,

prevedeva la realizzazione di un primo lotto composto da due gruppi di padiglioni doppi con la relativa galleria a due piani, l’edificio dell’accettazione infermi, il Padiglione Operatorio e il Laboratorio Analisi. Il secondo lotto 38

edificato comprendeva un edificio principale su corso

E. Scanavini, pianta di Ferrara, 1912


Giovecca, composto da un corpo centrale a quattro piani e di due ali ai lati di due piani ciascuna, destinato agli uffici dell’Amministrazione e della Direzione Sanitaria, all’Economato, alla Farmacia, agli ambulatori per le visite e per la breve cura degli infermi per i quali non era necessario il ricovero, a dormitori per infermieri, a camere per i sanitari di servizio e all’abitazione del custode. Agli inizi del 1914 poteva già essere considerato ultimato il primo lotto di lavori ed il secondo era in avanzato stato di esecuzione, fu deciso di appaltare il terzo lotto, che prevedeva la costruzione di tre ulteriori corpi di fabbrica: nel primo fabbricato trovarono posto la Cappella (in posizione prospettica rispetto al viale centrale dell’ospedale), l’abitazione per le suore, il dormitorio delle infermiere, alcuni magazzini e la cantina; nel secondo fabbricato la lavanderia, il guardaroba, la disinfestazione, la centrale termica e il forno crematorio; nel terzo la cucina e la dispensa (fabbricato rifatto completamente in altra forma negli anni ’90). Per completare l’ospedale e renderlo finalmente funzionante Foto Aerea, Archivio Ufficio Ricerche Storiche del Comune di Ferrara, 1939

come nosocomio cittadino erano necessarie altre opere di una certa entità, che furono realizzate nei primi anni

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dell’avvento del fascismo. Si dovette però modificare il primo progetto Galassi, rinunciando alla costruzione di nuovi padiglioni nell’area retrostante la cappella. Si completarono i padiglioni esistenti e si sistemarono tutte le aree scoperte interne. Nel 1924 furono acquistate alcune proprietà private, in previsione di future espansioni, per una superficie complessiva di circa 40.000 mq, cosicché il costruendo ospedale poteva disporre di un’area di circa 140.000 mq, cioè quasi dell’intero isolato. Il 18 aprile 1927, in una solenne cerimonia, l’ing. Luigi Sani, Presidente dell’Amministrazione Ospedaliera, alla presenza di Italo Balbo, consegnò alla cittadinanza ferrarese e per essa al Podestà Renzo Ravenna, la nuova sede ormai ultimata, capace di ospitare 600 degenti. Ma fu la nuova Amministrazione, presieduta dal rag. Raoul Caretti, ad occuparsi del trasferimento dei malati dalla vecchia alla nuova sede, effettuato piuttosto rapidamente il 17 settembre 1927 grazie alla perfetta organizzazione predisposta dal 40

direttore Sanitario di allora, il dott. Ferdinando Calzolari.


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Vittorio Emanuele III, che nel giugno del 1910 aveva posto la prima pietra, inaugurò il 31 ottobre 1928 il nuovo complesso ospedaliero del S.Anna alla presenza di un numerosissimo pubblico. Padiglione mortuario. 1930 L’ing. Carlo Savonuzzi progetta e costruisce il Padiglione Mortuario utilizzando un fabbricato rurale disabitato preesistente.

L’edificio

mantiene

in

gran

parte

le

caratteristiche orignarie, tuttavia si riscontrano alcune piccole modifiche interne eseguite negli ultimi decenni, oltre all’ampliamento con relativa sopraelevazione in cemento armato del corpo minore più a sud, che, sia pure in parte, altera l’assetto primitivo del prospetto principale. Istituto di Anatomia Umana Normale. 1933

Foto Aerea dell’ospedale, Archivio Arcispedale S.Anna, anni ‘20

Questo edificio, più conosciuto come sede della “medicina legale”, è destinato a struttura ospedaliero-universitaria. Il fabbricato fu costruito nel 1933 ancora una volta su progetto dell’ing. Carlo Savonuzzi. Nell’Istituto di Anatomia Patologica, Carlo Savonuzzi mostra la consueta propensione per la 42

geometrizzazione dei prospetti, ma qui la forma absidale

Prospetto su Corso Giovecca, Biblioteca di Scienze della salute, Arcispedale S.Anna, 1920


del corpo principale si sposa con i corpi rettangolari adiacenti, rendendo manifesta la propensione del giovane ingegnere comunale per l’architettura razionalista, che lo guiderà negli altri suoi capolavori di quegli anni, spesso all’insegna del dinamismo e della ricerca dell’interazione tra elementi curvi e rettilinei. Nell’edificio di via Fossato di Mortara i corpi rettangolari hanno i prospetti contigui rivolti nell’angolo concavo del corpo cilindrico. Savonuzzi si ispirò molto probabilmente ad alcuni razionalisti romani, come l’architetto Pietro Aschieri (Roma 1889-Roma 1952); infatti, sembra evidente il riferimento alla Casa dei Ciechi di Guerra (1931), una delle costruzioni più importanti realizzate nella capitale in quel periodo, dalla quale Savonuzzi seppe cogliere l’idea essenziale, facendola poi interagire con la tradizione ferrarese. La costruzione di Savonuzzi appare L’ultimo tratto di Corso Givecca, Collezione A.Cavallaroni, inizi ‘900

più moderna, elegante e dinamica rispetto all’opera architettonica romana. Dermatologia. 1932 Nel 1932 l’Arcispedale S.Anna si era arricchito anche

La nuova chiesa di sfondo al Viale monumentale, Bollettino Statistico del Comune di Ferrara,1927

di un padiglione destinato ai malati cronici frutto della ristrutturazione dell’ala ovest del primo chiostro dell’ex

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1823 - il complesso di san Bernardino del 1400 Demolizione del monastero di San Silvestro, fatta eccezione del campanile.

1912-1918 - il nuovo ospedale 44

Viene posata la prima pietra dal re nel 1910.

1927-1930 - ampliamento

1937-1940 - ampliamento

Ultimati i lavori del nuovo ospedale, vengono costruiti lungo via Mortara il reparto cronici e la scuola-convitto infermiera.

Realizzazzione ingresso lettighe e ampliamento sale operatorie.

1932-1935 - ampliamento

1946 - ampliamento

oltre all’ampliamento di vari reparti, vengono aggiunte le ali laterali all’ingresso principale.

Realizzazione del pronto soccorso e farmacia.


1950 - ampliamento

1960-1965 - ampliamento

1976-1980 - ampliamento

Realizzazione del padiglione oftalmico.

Ampliamento radiologia e magazzini.

Ampliamento padiglioni.

2011 - progetto di recupero

1980-2010 - ampliamento 1958 - ampliamento

1966-1970 -ampliamento

Realizzazione del padiglione est.

Ampliamento dei padiglioni e della gallerie.

Nuova chirurgia pediatrica, il tunnel esterno con servizi di ristorazione, nuovo ingresso per le ambulanze e depositi.

45


convento di San Bernardino, fino a poco tempo prima di proprietà della sig.ra Lina Luppise destinata a magazzini. Convitto Profesionale per Infermiere. 1932 Tra il 1932 e il 1933 viene adattato e ampliato dall’ing. Carlo Savonuzzi l’edificio in corso Giovecca n. 195, per destinarlo a Scuola Convitto Professionale per Infermiere. Il padiglione fu sopraelevato nell’immediato dopoguerra, perché si era manifestata la necessità di aumentare i posti letto. Le capacità progettuali dell’ingegnere ferrarese si riconoscono anche osservando l’interno dell’edificio, che interagisce ottimamente con le audaci linee architettoniche della struttura cilindrica, anche se la scala è stata sottoposta a modifiche nel tempo. Alcuni temi verranno ripresi successivamente nell’ex Linificio Canapificio (1938) di via Marconi, dove Savonuzzi pone le scale dello stabilimento proprio all’interno di corpi di fabbrica cilindrici. Con questi ed altri interventi intrapresi a partire dall’apertura ufficiale dell’Arcispedale S.Anna, il complesso sanitario venne continuamente ampliato e migliorato sia dal punto 46

di vista edilizio che delle strutture in dotazione, ma spesso


furono interventi isolati, avulsi dal contesto complessivo, perciò non inseriti in una strategia unitaria. Proprio gli edifici degli anni ‘30 all’interno del vecchio e del nuovo ospedale dimostrano che Carlo Savonuzzi, ingegnere e fervido intellettuale, operò nella Ferrara tra gli anni Venti e gli anni Trenta un vero e proprio salto di qualità nel campo della progettazione; ciò fu possibile non solo perché aveva avuto la fortuna di stare a stretto contatto con il fratello maggiore Girolamo, ingegnere capo del Comune dal 1925 al 1943, a cui si deve in parte la sua evoluzione intellettuale, ma soprattutto perché Carlo era riuscito a far tesoro delle molteplici esperienze personali e dell’ottima conoscenza dell’architettura a lui contemporanea, italiana ed europea. Il

sopraggiungere

della

Seconda

Guerra

Mondiale

interruppe le opere di potenziamento del nosocomio, tuttavia l’opera di assistenza continuò e per certi aspetti aumentò, perché l’attività di cura non fu praticata soltanto sui malati, ma anche sui numerosi feriti dai bombardamenti aerei, che dal 1943 al 1945 furono numerosissimi. Un’opera estremamente meritoria da parte di medici e infermieri,

47


soprattutto se si tiene conto che, come scrive Livatino, gli eventi bellici costrinsero l’Arcispedale a sfollare una buona parte dei reparti nel Sanatorio dell’I.N.P.S. di Tresigallo. Solo dopo l’aprile del 1945 il Sant’Anna, sia pure gradualmente, cominciò a funzionare di nuovo regolarmente a seguito della riorganizzazione dei propri reparti, anche di quelli che erano stati momentaneamente trasferiti. Padiglione della divisione oculistica “Adriana Ascoli”. 1949 Tra il 1948 e il 1949 fu costruito il padiglione della divisione oculistica. Progettato dagli architetti Gaspare e Luigi Lenzi di Roma, la direzione dei lavori venne affidata all’ing. Carlo Savonuzzi. Fu inaugurato il 28 maggio del 1950 e donato (completo di arredamento e di attrezzature scientifiche) dal prof. Max Ascoli, da tempo emigrato negli Stati Uniti. Con questo encomiabile gesto egli aveva voluto onorare la memoria della madre Adriana, operata agli occhi negli anni ’30 dal prof. Mario Verzella, il quale l’aveva seguita durante il decorso della malattia. Il fabbricato, costituito da ampi sotterranei, da un piano rialzato e da un primo piano, fu 48

considerato subito uno dei migliori centri italiani ed europei,


tanto che già nell’ottobre del 1950 ospitò il primo congresso della Società Tosco-Umbro-Emiliana di oftalmologia. Costruzione delle Cliniche Generali Mediche e Chirurgiche Universitarie. 1966-1969 Dotate di un Istituto di Radiologia e di un Reparto di Angiografia, il complesso di 2000 mq,

progettato alla

fine degli anni ’50 dall’architetto Daniele Calabi, autore di apprezzate strutture ospedaliere ed universitarie, è composto da un piano seminterrato e da 5 piani compreso il piano terra. La struttura, che venne realizzata dopo l’improvvisa morte dell’architetto, si articola in tre edifici, che si connettono tramite un nucleo centrale contenente i corpi scala, ascensori e servizi. Negli anni settanta sono effettuati ulteriori ampliamenti dei padiglioni oltre alla galleria dell’ala ovest. Negli anni ’80 e ’90 si registrano piccoli ampliamenti e alcune nuove realizzazioni, come ad esempio le costruzioni sorte a fianco dell’ex Macello e dietro l’Istituto di Anatomia, destinati a nuovi uffici, ambulatori universitari e aule didattiche. 49


2.3. verso il polo ospedaliero di cona 1988 La legge finanziaria del 1988 art. 20 stanzia a livello nazionale 30.000 miliardi di lire per la realizzazione di nuove strutture sanitarie. I finanziamenti vengono erogati sulla base di studi di fattibilità. La USL 31 candida 2 programmi: uno per la ristrutturazione del Sant’Anna (70 miliardi di lire); uno per la costruzione di un secondo ospedale (100 miliardi di lire), concepito come struttura “di supporto” al Sant’Anna (le politiche sanitarie prevedono infatti una riduzione di posti letto per il vecchio ospedale da 1.400 a 950). Il Ministero della Sanità boccia il progetto di ristrutturazione del Sant’Anna, ma stanzia i 100 miliardi destinati alla nuova struttura. 1992 Il Consiglio Comunale in data 10 aprile 1992 approva la delibera che colloca il nuovo ospedale a Cona, con 26 voti favorevoli su 37. 1995 Viene aggiudicato alla CCC di Bologna, 50

il 1° stralcio

del contratto d’appalto. Il 21 aprile il Comune rilascia la


concessione edilizia. 1996 11 maggio: consegna del I° stralcio finanziato alla Costruttori, individuata dal CCC quale impresa costruttrice, dopo che il progetto esecutivo ha ricevuto l’approvazione del Gruppo tecnico regionale e dopo le procedure di esproprio. dei terreni interessati. Il I° lotto prevede la realizzazione della struttura del nuovo ospedale a supporto del S.Anna. 1997 Primo ampliamento del progetto di Cona 1. A fine agosto vengono approvate variazioni

inerenti il I°stralcio, e

concessa all’impresa una proroga. 1998 In maggio viene approvata la perizia di variante per modifiche dell’ alloggiamento di apparecchiature per radioterapia, e concessa la conseguente proroga. A fine giugno terminano i lavori relativi al I°stralcio finanziato. E’ in questo periodo che si fa strada la scelta del “Grande Cona”: non più un sostegno per il Sant’Anna con 450 posti letto bensì un unico maxi presidio ospedaliero da 900 posti letto, con 18 sale operatorie invece delle 7 iniziali, le

51


emergenze e la facoltà di Medicina. Con l’arrivo degli ultimi 75.000 miliardi della Finanziaria 1988, a dicembre vengono assegnati i lavori per il 2° stralcio. Finanziamenti che devono essere impiegati per terminare Cona 1, secondo indicazioni specifiche della direzione generale del S.Anna, mentre resta aperto il problema di Cona 2 per il quale non sono disponibili risorse certe. Sulla carta, però, il maxiprogetto procede, seppure in assenza di indicazioni formali. 1999 In marzo si stanno elaborando per Cona 2 la variante sulle sale operatorie e lo studio di fattibilità per il raddoppio delle degenze, la creazione di altri servizi e il trasferimento della Facoltà di Medicina. Lo studio e la variante devono essere valutati dal Gruppo tecnico regionale, che approva l’ampliamento delle sale operatorie da 7 a 18, potendo contare su un finanziamento aggiuntivo di una decina di miliardi da Legge finanziaria. La Regione Emilia Romagna, con una delibera del 23 luglio del 1999, “prende atto del parere favorevole” del Gruppo tecnico sulla variante, dando 52

di fatto il proprio nulla osta alla realizzazione del maxipolo


ospedaliero Cona 2. 2000 L’11 gennaio Regione, Comune, Provincia, Università degli Studi, Azienda Usl e Azienda Ospedaliera S.Anna sottoscrivono un protocollo d’intesa in cui, preso atto dello stato di attuazione di Cona 1, si conviene di considerare superata l’ipotesi di mantenere 2 ospedali, e si ratifica l’ipotesi di realizzare Cona 2. Il protocollo mette anche a punto il ruolo dei diversi soggetti firmatari dal punto di vista delle procedure, delle autorizzazioni, della ricerca dei finanziamenti necessari al nuovo progetto. Viene elaborata ed approvata dalla conferenza di servizi la perizia di variante 3 sulle aree di degenza. 2001 Si procede ad ulteriori perizie di variante e di assestamento finale. Occorre un atto tecnico che stabilisca come procedere relativamente a Cona 2. Questo compito occupa quasi tutto il 2001 e i primi mesi del 2002, ed è ovviamente condizionato dall’esigenza di trovare i finanziamenti necessari alla realizzazione dell’opera.

53


2002 Il 10 maggio la Direzione generale del Sant’Anna vara la “Delibera 77” che quantifica in 140 milioni di euro le risorse necessarie per il progetto Cona. La delibera, oltre all’estensione del contratto con la Costruttori fino alla decorrenza del quinto d’obbligo, indica quali possibili modalità di finanziamento del progetto la vendita di immobili del Sant’Anna, la vendita all’Inail di una porzione di ospedale per 60 milioni di euro e un leasing immobiliare per 70 milioni di euro. Da pochi mesi, su suggerimento dell’amministrazione comunale, l’azienda ha nominato supervisore un tecnico esterno al Sant’Anna con funzioni di coordinamento tra i diversi enti. La gara del leasing immobiliare va deserta e questa soluzione viene accantonata definitivamente. 2003 In settembre vengono completati i lavori del primo modulo Cona 1 . Viene approvato con delibera il progetto di fattibilità (Master Plan) relativo alla realizzazione del Nuovo Arcispedale S.Anna in Cona. Questa decisione ratifica la svolta sulla dimensione e le caratteristiche del futuro ospedale che è 54

venuta maturando a partire dal ’98 e si è consolidata con il


Protocollo del gennaio 2000. 2004 In maggio viene approvato il Progetto Preliminare redatto dal Servizio Tecnico dell’Azienda USL di Modena, incaricata della progettazione, e si decide di indire una licitazione privata per l’affidamento in concessione della progettazione definitiva ed esecutiva, dei lavori di completamento del nuovo Ospedale di Ferrara in località Cona, del suo ampliamento con successiva gestione dei servizi di supporto alle attività assistenziali (gestione pluriennale integrale servizi no core: lavanolo, ristorazione, sterilizzazione,vigilanza, logistica, call center, manutenzione , servizio energia…) e dei servizi commerciali compatibili (giornalaio , banca, posta…). 2005 Il 23 maggio viene prorogato il termine di presentazione delle offerte dal 30 maggio al 14 giugno. 2006 Il 13 gennaio la commissione conclude i lavori; il 28 marzo la realizzazione viene aggiudicata al CCC di Bologna, per un Importo di contratto pari ad € 137.235.617 di cui €96.903.000 a carico dell’Azienda Ospedaliera ed i rimanenti € 40.332.617 a carico dell’aggiudicatario.

55


L’ATI (Associazione Temporanea di Imprese) capitanata dal CCC costituisce la società Progeste per la realizzazione e la gestione del nuovo ospedale. I lavori vengono iniziati in data 5/12/2006. Il termine contrattuale previsto è di 800 giorni (11/02/2009). 2007 Il 7 novembre viene approvata la perizia di variante suppletiva n° 1, consistente nella realizzazione del Centro Didattico, nell’ampliamento della superficie dei laboratori, nelle fondazioni per il nuovo bunker per cobaltoterapia. Per l’esecuzione degli ulteriori lavori sono stati concessi 78 giorni lavorativi per cui la nuova scadenza di ultimazione lavori rimane fissata per il 30/04/09. 2008 Il 30 gennaio la Regione Emilia Romagna e il Comune di Ferrara prendono atto positivamente delle nuove intese intercorse tra l’Azienda Universitaria Ospedaliera di Ferrara e la Società Progeste. Sulla base di dette intese l’Azienda Ospedaliera e la Progeste si impegnano a: completare entro il febbraio 2008 la progettazione esecutiva delle varianti; ultimare entro il febbraio 2009 tutte quelle lavorazioni 56

previste dal contratto originario necessarie e coerenti


con il rispetto dei successivi termini; garantire entro il 30 aprile 2009 la sostanziale ultimazione dei lavori del nuovo Polo Ospedaliero di Cona; effettuare entro la data del 30 settembre 2009 tutte le attività relative e correlate al trasferimento delle tecnologie dell’Ospedale Sant’Anna. Oggi La vicenda del trasferimento del polo ospedaliero non può dirsi conclusa in quanto le funzioni socio sanitarie in attesa di trasferimento restano a Ferrara, nonostante frequenti ultimatum da parte delle autorità. Di fatto, la nuova struttura di Cona è pronta ad accogliere le funzioni ospedaliere ed un piano particolareggiato per il recupero dell’area S.Anna sarà varato nei prossimi mesi.

57


58


3. Un nuovo scenario

59


3.1. strategia d’intervento Il lavoro di ricerca e analisi sviluppato sul tema dell’area S.Anna è stato orientato nel tentativo di allargare il campo di indagine verso la comprensione di quelle relazioni che nel tempo si sono sviluppate tra l’ospedale e la città. Questo percorso ci ha portato a una serie di considerazioni che hanno guidato poi l’impostazione e la definizione del progetto. In primo luogo la riflessione sulla posizione del sito preso in esame, che si presenta come sistema intermedio tra centro storico e prima periferia, suggerisce di investire sul valore pubblico dell’area S.Anna, considerando la flessibilità del tipo a padiglioni come una risorsa per sperimentare una struttura aperta per la città a concentrazione di funzioni diversificate. La trasformazione dell’area S.Anna, da specializzata non accessibile a spazio pubblico urbano, impone inoltre un nuovo assetto fondato su una concezione contemporanea della permeabilità fisica-visiva e della raggiungibilità dei futuri servizi offerti. Tale risultato viene 60

raggiunto con la attuazione di un piano delle demolizioni


e costruzione ex-novo compatibile con i nuovi flussi della città, senza aumentare la densità del costruito. Ripensare il limite dell’intera area come elemento di ricucitura con le differenti condizioni urbane circostanti nel tentativo di rafforzare una pratica di esperienza urbana attraverso il tessuto costruito consolidato, che è caratteristica peculiare di Ferrara. L’interferenza e la sovrapposizione tra spazi pubblici, semipubblici e privati permettono di creare un sistema di relazioni e percorsi dentro e attraverso la città. Intervenire infine sugli edifici conservati per costruire una gerarchia degli spazi interni con un progetto che miri a preparare la struttura a nuove funzioni. Come tutti i settori monofunzionali e specializzati, presenti ai limiti del tessuto urbano storico, la relazione che si è istaurata con la città si basa su logiche di esclusione reciproca e autonomia. L’ospedale, come le grandi aree industriali inglobate nell’espansone urbana è un recinto protetto. Ѐ in questa mutata condizione che l’ospedale assume una nuova posizione strategica. Nel caso specifico

61


l’area S.Anna si configura come superficie intermedia tra centro storico e prima periferia orientale; come baricentro, secondo l’asse nord-sud di un sistema diffuso nel tessuto urbano di punti cospicui costituiti da chiese, monumenti, musei, sedi e servizi universitari. Lavorare al suo interno sull’assetto degli edifici e all’esterno sulle connessioni con il contesto urbano, significa concedere alla città un’occasione per evidenziare e far emergere le relazioni che governano tale sistema e che, tutt’oggi, si presentano frammentate e discontinue. Nel concreto il lavoro è stato impostato definendo tre temi principali: la città, il quartiere e l’isolato, aventi come tratto comune quel carattere di introversione che comporta talvolta il funzionamento per comparti stagni di questi tre sottoinsiemi. La strategia d’intervento adottata prevede : -il ripensamento del margine della città storica ricercando una maggiore interazione e relazione tra la città e il sistema delle mura; 62


-la trasformazione dell’area S.Anna da struttura chiusa in struttura aperta, definendo un nuovo programamma di funzioni che ridia vitalità ed energia a tutto il complesso; -la

reinterpretazione

tipologica

come

occasione

per sperimentare e inaugurare una nuova stagione dell’architettura a Ferrara. ANALISI

STRATEGIA

INTERVENTO

RECINTO URBANO

RECINTO S.ANNA

TIPOLOGIA RECINTO

63


3.2. programma funzionale Presupposto fondamentale per un concreto recupero di

livello 4

un’area monofunzionale è un solido, ma non per questo rigido, programma funzionale che tenga conto delle potenzialità dell’area fino ad oggi inespresse. Gli indirizzi macrofunzionali che dovrebbero guidare la trasformazione

livello 3

di un complesso così grande, devono tener conto del dinamismo sociale di cui la città contemporanea è, o dovrebbe essere, sfondo ed espressione. livello 2

Un obiettivo fondamentale è la garanzia della maggiore flessibilità d’uso degli spazi progettati in modo da poter risultare adeguati ad accogliere diverse funzioni a seconda delle esigenze. La dislocazione delle destinazioni d’uso di

livello 1

progetto è commisurata al contesto circostante. Dal lato di via Mortara abbiamo previsto una maggiore quota di residenziale mista a piccoli spazi commerciali, con una densità via via più alta verso il baricentro dell’area; a nord

livello 0

prevalgono le funzioni di servizio agli studenti universitari (studentato, palestra, aula studio, campi sportivi) data la 64

vicinanza con il polo scientifico Universitario; ad est, verso

livello -1


le mura, abbiamo previsto una funzione specialistica che SPAZI PER STUDENTI

desse una risonanza su scala maggiore all’intero intervento

SCUOLA INTERAZIENDALE

di trasformazione: l’auditorium. Tale visione nasce dalla

AUDITORIUM

constatazione della carenza di una struttura di tale portata in

MUSEO

una città culturalmente molto attiva. Nondimeno la posizione in prossimità della porta est della città e la presenza di un

RICETTIVO

ampio spazio adibito a parcheggio ai margini dell’area sono elementi a sostegno di una simile tesi.

COMMERCIALE

Il programma prevede la conservazione di alcune funzioni socio-sanitarie residue nei padiglioni (cliniche, uffici SOCIO-SANITARIO

amministrativi). Di

fondamentale importanza all’interno

del nuovo masterplan è la piazza centrale. Su questa si affacciano due importanti architetture conservate: una, UFFICI

la cappella dell’ospedale, diventa parte integrante di un percorso museale che include l’edificio principale su Giovecca ed il viale centrale. Le “nuove cliniche” vengono riadattate per ospitare funzioni ricettive, data la privilegiata collocazione al centro dell’area. Oltre a questi edifici

RESIDENZA

specialistici, a dar vita alla piazza centrale concorre una mixitè di funzioni commerciali, direzionali e residenziali che

PARCHEGGI

garantiscano uno sfruttamento il più continuo possibile dello

65


spazio pubblico. Se la porzione sud-est è caratterizzata da una prevalenza di residenze di tipo misto ai piani superiori e commerciale al piano terra, andando verso nord, aumenta la residenza sociale immersa nel parco verde.

66


CO

RS

O

GI

OV

EC

CA

tempo libero cultura commerciale

Esploso assonometrico - Macrofunzioni

67


68


4. Un nuovo quartiere per Ferrara

69


4.1. il disegno urbano L’intero impianto urbano è stato definito e dimensionato su uno schema di assi viari esterni, con l’intento di stabilire fin da subito una relazione forte con il contesto. La matrice rossettiana ha suggerito la misura per il disegno di una nuova struttura urbana sulla quale ha preso forma il nuovo insediamento.

< Stato di fatto 70

> Stato di progetto


71


72

struttura urbana

direttrici

verde strutturante

pieni - vuoti

quota piano di calpestio (0-6 mt)

mobilitĂ (carrabile-cilopedonale)

nodi funzionali

coni ottici principali


pianta piano terra73


74


75


4.2. LO SPAZIO DELLA SOSTA La piazza sorge nel cento fisico dell’area d’intervento e assurge a diventare il polo attrattore di flussi, energia urbana e interessi collettivi del nuovo quartiere. Un grande spazio pubblico centrale in grado di imprimere identità e senso di appartenza. Il disegno

è generato dai due

assi principali che tagliano l’area rispettivamente da nord a sud e da est a ovest, e dalle impronte degli edifici esistenti. Questo grande vuoto è delimitato su tre lati da fronti chiusi e compatti, mentre il fronte corto è lasciato libero per consentire la connessione 76

con l’auditorium e la sua piazzetta


77


antistante, garantendo la fluidità tra questi spazi. Sempre lo stesso fronte, che potremmo definire la scena della piazza, inquadra le mura e la ciminiera della vecchia centrale termica, due elementi che chiudono la composizione. L’importanza morfologica di questo spazio è sostenuta dal ruolo strategico che assume nell’intera area di quartiere: agli edifici contenitori di funzioni pubbliche si aggiunge l’auditorium che si configura come scena della piazza. Il confluire di questa mescolanza di funzioni, non dimenticando la consistente quota di residenziale, garantirebbe un vivace e continuato uso dello spazio pubblico nell’arco della giornata, tra gli obiettivi del progetto.Fossato di Mortara si presta ad essere l’arteria principale dell’area su cui si alternano una serie di nodi-episodi come il parco, la piazza, lo studentato, il viale commerciale, la piazzetta del chiostro. Il risultato ottenuto è una sequenza di piazze e strade che restituiscono lo spazio pubblico agli abitanti. La piazza centrale ha una configurazione spaziale chiusa su tre lati dal “Calabi” e da due nuovi edifici dal fronte compatto. La scena occupata dall’auditorium, è invece 78

connotata da un fronte libero che proietta lo sguardo oltre


79


il margine dell’area d’intervento fino alle mura. Questa centralità è enfatizzata dal gradiente altimetrico del tessuto che la circonda. L’edificato infatti è studiato per avere un numero di piani inferiore in prossimità dei bordi dell’area e per crescere gradualmente verso la piazza.

80


81


4.3 LO SPAZIO DEI FLUSSI Il progetto prevede la concentrazione di funzioni diversificate per consentire la fruizione di utenze differenti. Il fine è quello di creare uno spazio vitale e vivibile, permettendo la coesistenza di pedoni, biciclette e automobili. L’intero percorso raccoglie i flussi di una serie di nodi come la piazzetta del chiostro San Bernardino, il parco, la piazza centrale, le strutture sportive, che gli conferiscono in tutta la sua lunghezza caratteri via via differenti. Da un punto di vista morfologico, le quinte edilizie che delimitano lo spazio si spezzano per spingere l’utente ad avanzare e a scoprire gradualmente nuove visuali. 82


83


A differenza dei fronti strada prevalentemente chiusi, con bucature che scandiscono un ritmo pressochè regolare talvolta spezzato in prossimità degli incroci, il basamento, in cui sono inserite prevalentemente funzioni commerciali e pubbliche, diventa permeabile per favorire connessioni visive e fisiche con le corti degli isolati.

84


85


4.4 L’ISOLATO. LA CELLULA DEL TESSUTO URBANO L’edificio sviluppa una serie di relazioni con gli isolati contermini

che

hanno

un

effetto diretto sulla morfologia e sulla composizione della sua architettura. L’idea di base è creare un continuum con il contesto in modo da poter recuperare quell’ atmosfera urbana propria dei centri storici medievali. Da qui la soluzione immediata di connettere al pian terreno i

diversi

isolati

rendendo

gli edifici che vi insistono permeabili. I percorsi sono 86

così

progettati

ricercando


87


quel carattere di imprevedibilità dovuto ai repentini cambi di direzione mediante un segno spezzato in pianta e l’articolazione di differenti piani prospettici in alzato. Il disegno finale prevede una serie di corpi chiusi su se stessi attraversati da un reticolo di percorsi pedonali a misura d’uomo. Dal punto di vista tipologico, alla scala dell’edificio, il principio guida è la distinzione tra lo spazio pubblico, semipubblico e privato ai quali corrispondono tre livelli: strada, terrazza, appartamento. Il programma prevede la costruzione di due blocchi principali rispettivamente di quattro e tre piani a destinazione mista, più un basamento a destinazione commerciale e un piano interrato adibito a parcheggi. Anche in questo caso la scelta di trattare in maniera differente il piano terra, prevedendo una funzione rivolta al pubblico, mira a rafforzare il carattere e la vivacità dei percorsi che tengono insieme i diversi isolati. La strada si rapporta con l’edificio in modo 88

differente. Sul fronte esterno, infatti, la presenza delle vie


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carrabili si riflette sul carattere introverso delle facciate, mentre il fronte interno ha una relazione più forte con la strada evidenziata dalle grandi aperture degli affacci. Uno spazio costruito va considerato per lungo tempo come immutabile anche se, specialmente nelle sue parti aperte, varia regolarmente a seconda della stagione, dell’ora e del tempo per quanto riguarda le possibilità di essere percepito ed utilizzato. Ma solo quando viene ricercato e utilizzato in determinati momenti e per determinati scopi questo spazio

Isolato chiuso disposto su griglia viaria funzionale

acquista il suo particolare carattere, sotto l’aspetto sociale e in relazione all’uso, come strada, piazza, cortile, giardino, parco, sala o abitazione. Uno spazio viene utilizzato, non importa se in corrispondenza o in contrasto con le intenzioni di progetto, o in base ad una limitata libertà di scelta, fintanto che ci si aspetti una utilizzabilità, o necessariamente nell’ambito di una precisa relazione spazio-funzionale. La

sovrapposizione di un secondo livello di percorribilità interna

soluzione dell’isolato consente di ordinare questa relazione in modo che le prestazioni richieste agli spazi esterni non vengano sentite come forzate o che non si verifichino dei conflitti dovuti alle aspettative, tra loro incompatibili, degli 90

utenti. Con un corretto e preciso rapporto tra rete stradale,

isolati semiaperti con doppio livello di percorribilità


casa e cortile si predispone invece una relazione tra le funzioni che porta ad un uso armonico dello spazio. Se gli spazi urbani per poter essere usati devono avere un certo grado di sicurezza e di distanziamento, non devono esserci solo di tanto in tanto dei passanti, ma soprattutto dei residenti che utilizzano la strada di giorno e di notte e possono riconoscerla e raggiungerla facilmente. Il fatto che una strada possa diventare pubblica, non come categoria giuridica, bensì sociale, dipende dalla sua posizione in una struttura spaziale (l’inserimento in una rete viaria), dalle conseguenti condizioni d’uso, dalla struttura degli abitanti e dalla differenziazione formale. Il fatto che il carattere pubblico di una strada dipenda anche da ciò e che non sia

costantemente

uguale

indipendentemente

dalla

sua utilizzazione è dimostrato è dimostrato dalle strade senza uscita o dalle strade nei ghetti: l’uso omogeneo e\o l’omogeneità della popolazione in zone puramente residenziali o in zone residenziali non offre garanzie di potervisi trattenere in ogni momento indisturbati e senza correre pericoli. Una mescolanza di condizioni d’uso realizzata in base a questi punti di vista è però sostenibile tipologie abitative

soltanto se in questo modo non si generano conflitti sopra

91


descritti tra le diverse esigenze di funzionamento e si predispongono invece dei contatti che si integrano in modo sensato. Questi sono argomenti determinanti a favore del sistema di edifici a blocco che genera strade e cortili. L’uso della strada diventa possibile solo attraverso il controllo da parte degli abitanti e l’uso degli edifici attraverso la sicurezza della strada. Per l’utilizzazione privata degli edifici, specialmente per le abitazioni, oltre all’affaccio sulla strada è necessario uno spazio aperto che logicamente si troverà nel retro. Come giardino, cortiletto, officina aperta e spazio di ampliamento esso serve per diverse funzioni accessorie necessariamente pertinenti alla funzione residenziale e deve essere perciò delimitato e schermato rispetto alle funzioni vicine dello stesso tipo o di diverso genere per evitare disturbi o contatti compromettenti. Ciò non significa però una rinuncia all’utilizzazione in comune della strada per scopi limitati che in quella sede arrecano meno disturbo; per esempio tutti i giochi (andare in bicicletta o sui pattini a rotelle, correre) rumorosi e di movimento, ma anche la manutenzione dell’automobile, per i quali deve essere previsto uno spazio adeguato, sia nella forma che 92

nei materiali.


93


4.4 IL PARCO Per verde urbano intendiamo l’elemento dell’ambiente costruito in relazione con il paesaggio naturale. Nei paesi anglosassoni infatti la disciplina che se ne interessa è conosciuta come urban forestry, quasi a indicare che le aree verdi possono proporsi come oasi naturali all’interno dei confini urbani. In generale possiamo definire verde urbano una qualsiasi parte dello spazio aperto progettato, interessato in tutto o in parte da vegetazione. Oggi è sempre più percepito, in termini di spazio vitale per lo svolgimento di alcune funzioni importanti, che vanno da

quelle

ecologico-ambientali

a

quelle culturali, sociali ed economiche. Queste funzioni sono determinate in 94

prevalenza, oltre che dall’estensione


95


degli spazi verdi, anche dalle loro caratteristiche strutturali, tipologiche, formali e compositive. E’ indubbio la capacità del verde urbano di favorire uno sviluppo urbanistico improntato al miglioramento della qualità della vita nella città. La questione ambientale a partire dagli anni ’70 e ’80 ha dato nuovo impulso alla definizione di nuovi approcci alla materia, difatti il verde, nella sua accezione ambientale più ampia diventa una risorsa fondamentale per l’organizzazione dello spazio insediativo. Le strategie di sviluppo per modelli di città sostenibili vengono definite, in particolare, a partire dalla Carta di Aalborg del 1994, nelle Agende 21 locali, che assegnava allo spazio pubblico, in generale, e alle aree verdi, nello specifico, un ruolo di primo piano nella rigenerazione ambientale dell’assetto insediativo. Il verde quindi come elemento fondamentale nella riorganizzazione delle città, come componente di riequilibrio ecologico del territorio, 96

come tessuto connettivo delle frange urbane, ma anche il


verde come materiale progettuale di sperimentazione. L’organizzazione del verde urbano può contribuire

in

maniera significativa a soddisfare alcuni fondamentali requisiti prestazionali della teoria della qualità urbana (Lynch 1981). Questi criteri sottolineano aspetti del verde urbano connessi in particolare alla vitalità, al significato, alla coerenza e alla’accessibilità. La vitalità va intesa come capacità del verde urbano di rendere i luoghi abitati a misura d’uomo, più consoni alle funzioni vitali degli esseri umani, più adatti a soddisfare i bisogni biologici degli individui, e

fascia sud sezione trasversale

fascia nord sezione trasversale

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che ne migliorino le condizioni di salute grazie anche alla capacità di abbattere le diverse forme di inquinamento. Il significato richiama la chiarezza con cui il verde urbano può essere percepito e identificato e la facilità con cui esso si riconnette ad altri elementi ambientali o, più in generale, ad altri luoghi nello spazio insediativo. Ciò riporta all’identità del verde e alla sua struttura; nell’uno e nell’altro caso il verde risulta subito percepibile e leggibile come componente qualitativa dei luoghi da parte delle comunità insediate. La coerenza rappresenta il grado di rispondenza dell’organizzazione del verde urbano ai comportamenti abituali degli utenti. L’accessibilità e la facilità di raggiungere gli spazi del verde in breve tempo, in assoluta agevolezza. L’organizzazione del verde mira in primo luogo a stabilire una nuova relazione tra i due sistemi che costituiscono i i bordi dell’area presa in esame: il tessuto rossettiano e il parco delle mura. Qui è prevista la realizzazione di due corridoi verdi configurati in modo da penetrare l’intera area 98

da levante a ponente, che stabiliscano una struttura all’area


attualmente carente di gerarchie e proporzione tra gli spazi. Le due fasce creano dei vuoti prospettici che offrono molteplici punti in cui si stabiliscono relazioni fisico-visive tra gli spazi più interni all’area e il margine delle mura. Nello specifico la morfologia delle due “fasce verdi” si differenzia per il contesto in cui si inseriscono e per le funzioni previste. La fascia nord si distende dalle mura verso la città intersecando la struttura ospedaliera ad anello in modo da aprire nuovi coni visivi e valorizzare il peculiare parallelismo dei padiglioni, scandito dal ritmo misurato dei prospetti. La fascia sud raccoglie il verde interno all’area connettendolo con il parco delle mura attraverso un rampa che supera la barriera stradale costituita da via rampari di S.Rocco. Complessivamente il parco prevede : -funzioni di carattere ecologico ambientale, per favorire la rigenerazione della vegetazione e ricostruire habitat favorevoli alla microfauna urbana, oltre che a ridurre l’inquinamento e migliore il microclima;

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-funzioni sociali e ricreative, in relazione alla domanda di socializzazione e ricreazione che i giardini, i viali e gli spazi alberati possono soddisfare; -funzioni culturali e didattiche, in relazione al significato culturale che che il viale conservato rappresenta per la memoria del luogo; -funzioni sportive, in relazione alla pratica dell’attività sportiva consentita nelle aree adibite a verde soprattutto se dotate di opportune attrezzature; -funzioni rappresentative, ornamentali, paesaggistiche ed

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estetiche, con l’obiettivo di migliorare il paesaggio urbano e favorire l’integrazione tra spazi pieni e vuoti e tra aree verdi e costruite; -funzioni sanitarie e terapeutiche, sfruttando la capacità del verde di contribuire al benessere psicofisico , e di favorire la convalescenza.

fascia nord sezione longitudinale

fascia sud sezione longitudinale

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fascia nord

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fascia sud


soleggiato ombreggiato boschivo prato vegetazione ornamentale sosta pedonale ciclabile

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RILETTURA DI UN BRANO DELLA CITTÀ STORICA

Fabio Grilli - Antonio Marseglia

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