La casa dell’amico Educazione Interculturale tra Cinema e Fiabe
REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA Assessorato Pubblica Istruzione
PROVINCIA DI CAGLIARI Assessorato Beni Culturali
Centro Regionale di Documentazione Biblioteche per Ragazzi
Pubblicazione realizzata dal Centro Regionale di Documentazione Biblioteche per Ragazzi in collaborazione con la Scuola Elementare di Dolianova e il Centro Servizi Interculturali “Fairuz”.
Disegni realizzati dai bambini delle classi 3aB e 3aC della Scuola Elementare di Dolianova nell’anno scolastico 2003/2004.
Progetto grafico Broken Art, Cagliari finito di stampare in maggio 2005 presso GRAFICHE SAINAS, Cagliari per conto della PROVINCIA DI CAGLIARI
Copyright © 2005 Provincia di Cagliari
La casa dell’amico Educazione Interculturale tra Cinema e Fiabe
a cura di Imad Hamdar e Francesca Saba con la collaborazione di Rossana Copez
PROVINCIA DI CAGLIARI
Indice Il Centro Regionale di Documentazione Biblioteche per Ragazzi
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Il Centro Servizi Interculturali “Fairuz”
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L’esperienza di Dolianova — di Imad Hamdar
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CINEMA — di Imad Hamdar
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FIABE — di Francesca Saba
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Kan yama kan fy qadim az-zaman (c’era, e chissà poi se c’era nel lontano passato) — Carolina Petretto, Francesca Saba, Anna Virdis
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Parola di ginn... — di Rossana Copez
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PARLIAMO IN ARABO
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uesto volume nasce dall’esigenza di far conoscere agli operatori culturali e agli educatori i risultati di una sperimentazione educativa interdisciplinare, in un settore come quello dell’educazione interculturale che nella realtà sarda non abbonda certo di pubblicazioni e momenti di scambio, né riceve le dovute attenzioni. La presente pubblicazione tenta soprattutto di offrire, oltre alle indicazioni metodologiche, un’ampia visione dei lavori svolti e dei riscontri ottenuti durante le attività realizzate nella Scuola Elementare di Dolianova in due classi terze, nell’anno scolastico 2003/04. Sono stati la risposta degli allievi, l’entusiasmo e la qualità dei loro elaborati, un ulteriore motivo che ci ha spinto a pubblicare questo volume. Alla realizzazione dell’intera esperienza hanno concorso diversi attori, a tutti loro indirizziamo i nostri ringraziamenti: ai dirigenti scolastici Prof. Francesco Manconi e Prof. Sergio Pisano che si sono succeduti in questi ultimi anni alla direzione della Scuola Elementare di Dolianova, in quanto hanno garantito il sostegno necessario affinché le attività si svolgessero nel modo migliore; all’Assessorato alla Cultura del Comune di Dolianova che ha sostenuto l’attività dei laboratori e dei corsi di aggiornamento per gli insegnanti della scuola elementare sul tema dell’educazione interculturale con gli audiovisivi; all’Assessorato alla Cultura della Provincia di Cagliari che, vista l’importanza dell’esperienza, ha consentito la pubblicazione di questo volume.
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l Centro Regionale di Documentazione Biblioteche per Ragazzi è nato nel 1999 da un protocollo d’intesa tra la Regione Autonoma della Sardegna, la Provincia di Cagliari ed altri quattro enti. Il progetto, riferendosi esplicitamente al “Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche”, si fonda sul ruolo svolto dai libri e dalle biblioteche nell’educazione dei ragazzi in quanto strumenti di crescita e mezzi per l’educazione alla tolleranza verso gli altri.
Centro Regionale di Documentazione Biblioteche per Ragazzi • BIBLIOTECA E MEDIATECA • CATALOGAZIONE E NEWS • MOSTRE • FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO • VISITE GUIDATE • ATTIVITÀ DI PROMOZIONE DELLA LETTURA.
Nella nuova concezione della biblioteca pubblica, infatti, emerge con forza l’importanza che essa ha nel favorire e incoraggiare il dialogo interculturale e nel valorizzare la diversità, anche in relazione alle minoranze linguistiche, etniche e culturali sempre più presenti nella comunità. I principi che stanno alla base del Centro sono: • l’individuazione delle biblioteche per ragazzi come settore strategico della politica culturale e bibliotecaria; • il riconoscimento delle specificità e del diverso ruolo delle biblioteche comunali rispetto a quelle scolastiche; • la necessità della interazione delle biblioteche comunali con il proprio bacino di riferimento e, in primo luogo, con le scuole. Il Centro è stato istituito presso i Servizi Bibliotecari dell’Assessorato Beni Culturali, Turismo e Sport della Provincia di Cagliari, con funzioni di coordinamento e programmazione delle attività rivolte al miglioramento del settore ragazzi delle biblioteche. Esso si pone come compiti primari: • la realizzazione di una struttura che analizzi e documenti l’offerta editoriale per bambini e ragazzi nelle varie forme presenti sul mercato; • la catalogazione del materiale raccolto e la diffusione dell’informazione presso le biblioteche del territorio regionale;
8 • la formazione del personale in servizio nelle biblioteche per quanto riguarda il settore ragazzi; • il coordinamento a livello provinciale e, in prospettiva, regionale, delle iniziative di promozione della lettura.
DOVE SIAMO
Tra le iniziative svolte in quest’ultimo ambito, è stata curata con particolare attenzione la realizzazione e la diffusione di mostre bibliografiche itineranti che affrontano, con differenti linguaggi, le tematiche multiculturali.
Tel. 070 4092746 – Fax 070 4092808 E-mail: centrore@provincia.cagliari.it
Uno spazio privilegiato è stato riservato ai libri bilingui – forma scelta anche per questa pubblicazione – in quanto individuano una modalità di approccio immediata e accattivante, che fa perno sul rapporto tra culture diverse: da una parte il bambino (e, insieme, la sua famiglia) ritrova aspetti e tradizioni del proprio paese, dall’altra è invitato alla scoperta di luoghi, personaggi e punti di vista sconosciuti. Ma la multiculturalità non riguarda solo le raccolte delle biblioteche: ne investe, invece, tutti gli aspetti e i servizi, integrandosi con le iniziative presenti nel territorio, per incidere su di un contesto sociale dove spesso permangono pregiudizi, stereotipi e intolleranza. Su questi presupposti si basa il rapporto con l’Associazione Culturale Fairuz e con gli insegnanti della Scuola Elementare di Dolianova che hanno sperimentato nuovi percorsi interculturali finalizzati a promuovere occasioni di conoscenza e confronto tra culture diverse. La loro esperienza, descritta in questa pubblicazione, si propone come stimolo e incoraggiamento per molte altre iniziative che in Sardegna, come nelle altre regioni italiane, si vanno organizzando.
Il CRDBR ha sede presso il Centro Servizi Bibliotecari della Provincia di Cagliari via Cadello 9/b – 09121 Cagliari
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Ruolo e attività del Centro Servizi Interculturali “Fairuz”
• SPORTELLO INFORMATIVO DI SOSTEGNO AGLI IMMIGRATI • BIBLIOTECA • VIDEOTECA • RASSEGNE DI INCONTRO CON LE ALTRE CULTURE, RASSEGNE CINEMATOGRAFICHE, MUSICALI, DI ARTI LOCALI • CORSI DI LINGUA ARABA • LABORATORI DI EDUCAZIONE INTERCULTURALE PER LE SCUOLE • CORSI DI AGGIORNAMENTO SULLA EDUCAZIONE INTERCULTURALE PER GLI INSEGNANTI.
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l Centro Servizi Interculturali “Fairuz” nasce nel 1998 come intervento di sostegno culturale agli immigrati nell’ambito dei piani d’intervento dell’Ufficio Immigrati della Regione Autonoma della Sardegna, con l’obiettivo di dare maggior spazio al tema dell’integrazione nella programmazione delle attività culturali nel territorio. Con le attività di scambio culturale, le rassegne cinematografiche e musicali, con la biblioteca e con la videoteca, i seminari e i laboratori di educazione interculturale nelle scuole, il Centro crea occasioni di conoscenza della specificità delle varie culture e momenti di riflessione sui limiti dei singoli modelli culturali. Per gli immigrati in particolare favorisce la continuità con la propria cultura di provenienza creando delle occasioni e degli stimoli che possano limitare il disagio dello sradicamento da una parte, e dall’altra promuovere il proprio riconoscimento attraverso forme le più aperte e le più laiche di negoziazione dell’integrazione culturale. Il Centro Servizi Interculturali “Fairuz” ospita gruppi di lavoro, di studio e classi per incontri di approfondimento o per la consultazione dei materiali disponibili. Gli operatori del Centro svolgono inoltre un servizio di consulenza tecnico-metodologica per la realizzazione di ricerche, rassegne, seminari e attività di mediazione e educazione interculturale rivolto ad associazioni, enti, scuole e operatori sociali. BIBLIOTECA E VIDEOTECA La biblioteca del Centro Interculturale “Fairuz” conta attualmente circa duemila titoli, essa si propone di raccogliere e diffondere del materiale librario sul tema dell’interculturalità, della diaspora e dell’integrazione culturale delle minoranze etniche, religiose e linguistiche, nonché sulla cultura d’origine delle comunità degli immigrati presenti sul territorio, anche in lingua originale. La biblioteca contiene le fiabe del mondo, la letteratura del Maghreb, dell’Africa e del Medio-Oriente (anche in lingua araba), la
10 saggistica, la pedagogia e le ricerche sul fenomeno dell’immigrazione. Il Centro Servizi Interculturali “Fairuz” dispone di audiovisivi, film a soggetto e documentari, anche in lingua originale e sottotitolati, disponibili per la visione. Il patrimonio audiovisivo conta attualmente circa quattrocento titoli. Questa pubblicazione fa seguito alla produzione del catalogo ragionato del cinema interculturale, edito dal Centro Servizi Interculturali Fairuz nel 2002, nel quale sono state riportate le schede di alcuni film, utili alla realizzazione di percorsi diversificati di educazione interculturale, che il Centro mette a disposizione.
DOVE SIAMO Il centro “FAIRUZ” si trova a Cagliari, in via Montesanto, 28 Tel. e Fax 070 272458 Cell. 339 / 8467495 www.fairuz.it E-mail: fairuz@tiscali.it
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L’esperienza di Dolianova Educazione interculturale e cultura locale di Imad Hamdar
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innanzi al crescente dislivello economico Nord-Sud, all’inasprirsi delle condizioni di vita in molti paesi del terzo mondo, causati dalla povertà, dagli squilibri ambientali o dai conflitti locali, con la conseguente crescita delle spinte migratorie da una parte e degli atteggiamenti di intolleranza e di razzismo dall’altra, occorre moltiplicare le occasioni di conoscenza del fenomeno migratorio, delle sue ragioni e conseguenze. La società civile, la scuola e le associazioni devono impegnarsi per promuovere nuovi modi di ragionamento e di atteggiamento sia individuali che collettivi rispetto alla percezione del fenomeno, e in prospettiva più ampia rispetto alle altre culture in generale: ripensare l’accoglienza accordata alle altre culture come possibilità di integrazione tra culture diverse e quindi riflettere sulle possibili modalità attraverso cui si costruiscono le relazioni e la convivenza. L’attuale realtà dei paesi del Nord con le già costituite società multiculturali (società complessa), insieme ai fenomeni di globalizzazione e di interdipendenza, suggeriscono la necessità di elaborare strategie educative interculturali, una pedagogia e una pratica didattica che favoriscano l’incontro positivo con le altre culture, e che abituino lo studente ad affinare un metodo di ricerca e di ragionamento fondato sul concetto di complessità. In questo volume vengono evidenziate, con una esauriente sintesi delle procedure, le metodologie, le finalità, gli obiettivi specifici e la loro applicazione pratica nel contesto di un intervento scolastico, quale quello realizzato nella Scuola Elementare di Dolianova. Le modalità di in-
tervento, linguaggio e contenuto, seppure sistematizzate in un metodo “standard” da “Fairuz” nel corso delle sue attività, vengono di volta in volta adattate alla capacità di ricezione delle classi in cui si va ad operare. Negli anni precedenti la collaborazione con Fairuz, le insegnanti della scuola hanno svolto varie attività, che hanno accompagnato gli allievi a partire dalla classe prima, nelle quali sono state sperimentate diverse modalità didattiche interdisciplinari congruenti con i contenuti dell’educazione interculturale. Uno sguardo all’insieme delle attività finora svolte dalle insegnanti permette di evidenziare diversi approcci interdisciplinari, adattati al grado di crescita e alla capacità di apprendimento degli allievi. Tali approcci sono stati rielaborati di volta in volta in funzione dell’educazione interculturale, nella quale le analogie e le differenze hanno costituito il filo conduttore della ricerca. Le prime attività sperimentate hanno avuto un’impronta prevalentemente ludica, come quella iniziale di recupero dei giochi motori tradizionali sardi e stranieri. In questa prima fase l’obiettivo era quello di dare la possibilità ai bambini di sperimentare giochi che mantengano un rapporto autentico con le tradizioni e le culture sia del proprio paese, sia di altre realtà lontane e in modo particolare di quelle di provenienza degli studenti delle comunità straniere insediate di recente nel paese. Da questa prima esperienza sono nate ricerche, descrizioni e riproduzioni degli schemi di diversi giochi, realizzati sia a scuola sia nei locali del Centro Sociale del paese: ciò, quindi, ha permesso il coinvolgi-
12 mento degli alunni stranieri nell’uso degli spazi di aggregazione sociale del paese. Alla proposta dei giochi tradizionali è seguita l’attività di costruzione di alcuni giocattoli. In questa seconda esperienza si è mostrato agli alunni come l’abitudine a utilizzare materiale di riciclo tuttora molto diffusa tra i bambini in tanti paesi del mondo, sia stata una modalità utilizzata fino a tempi non molto lontani anche dai bambini sardi, magari dai loro stessi genitori. Questa attività è stata accompagnata dalla visita guidata alla mostra del giocattolo africano organizzata a Cagliari in quello stesso anno scolastico. Come ultima attività, in collaborazione con Fairuz, è stato realizzato durante l’anno scolastico 2003-04, il laboratorio di Educazione Interculturale e Cultura Locale, oggetto di questa pubblicazione. Nella sua articolazione, questo laboratorio ha dato alle insegnanti lo spazio per l’applicazione dell’insieme di procedure metodologiche e operative trattate durante il corso di aggiornamento “educazione interculturale con gli audiovisivi” che ha preceduto l’avvio del laboratorio, tenuto dagli stessi operatori di Fairuz. Sia nell’ambito del corso di aggiornamento, che nell’ambito del laboratorio rivolto agli alunni, il lavoro si è basato soprattutto sull’analisi testuale di racconti e di film significativi nell’ambito della educazione interculturale. Nelle attività realizzate a Dolianova, il gruppo di lavoro (Fairuz e le insegnanti coinvolte nel progetto) ha deciso di inserire una sezione di approfondimento incentrata sul versante della cultura popolare locale, sperimentando così un’integrazione all’approccio multiculturale dei progetti fino ad allora realizzati da Fairuz. La scarsità di materiale cinematografico sardo specifico per l’infanzia ha fatto sì che si cercasse in altre forme espressive della cultura sarda, soprattutto nelle fiabe e in altri racconti popolari, materiali per un percorso interculturale. La scelta delle fiabe popolari, per la loro brevità e struttura narrativa, ha permesso di proseguire il lavoro di analisi del testo previsto nella prima sezione dedicata alla analisi dei testi filmici. Questa sezione è stata svi-
luppata senza eccessiva mediazione di strumenti, linguaggi e analisi precedentemente utilizzati con i film. Infatti, nella modalità di lavoro prevista nella seconda sezione abbiamo privilegiato momenti di immediato coinvolgimento, a pelle, come si suol dire: letture in sardo e in arabo delle fiabe scelte, accompagnate da alcune immagini significative con l’utilizzo della lavagna luminosa, presentazione dell’alfabeto e delle forme di saluto arabi, concludendo alla fine con la traslitterazione dei nomi degli alunni nell’alfabeto arabo. Il registro fiabesco di alcuni film visionati e discussi nella prima parte del laboratorio, ha successivamente facilitato la comprensione della costruzione narrativa e dei codici specifici dell’espressione sia testuale che per immagini delle fiabe. Grazie a ciò, il lavoro sulle fiabe ha trovato ambiti applicativi strutturati sia in funzione dello studio e dell’analisi, sia in funzione della elaborazione di una vera e propria riduzione cinematografica del testo fiabesco. Gli elementi di questa riduzione, grazie alle conoscenze acquisite durante il lavoro sui film, sono stati realizzati sostanzialmente dagli stessi studenti in due versioni, italiana e sarda. Questa ultima attività ha dato luogo alla produzione di due film, ma la scarsa disponibilità di tempo non ha consentito di rendere gli allievi partecipi di tutte le fasi della loro realizzazione. La loro partecipazione alla regia si è limitata al dare voce ai vari personaggi della fiaba da loro realizzati col disegno, e alla voce fuori campo nella fase delle riprese. Solamente in alcune poche situazioni, quando il tempo lo permetteva, alcuni di loro hanno potuto partecipare come operatori di ripresa, mentre per quanto riguarda la sonorizzazione e il montaggio dei filmati, essi sono stati realizzati dall’operatore fuori dall’ambito scolastico. Tuttavia il ciclo formativo degli allievi prevede un’attività finalizzata alla realizzazione di un breve prodotto audiovisivo in programma per l’anno scolastico 2004/05; con questa attività si intende veicolare metodologie e conoscenze tecniche che permettano lo-
13 ro di mettere in pratica le competenze finora raggiunte e tradurre, quindi, la capacità di analisi della comunicazione audiovisiva nella capacità di ideare, organizzare e realizzare una propria produzione. Articolazione contenuti e metodologie L’organizzazione complessiva dell’attività ha previsto un incontro settimanale della durata di tre ore, per dieci giornate, alle quali hanno partecipato le due classi congiunte. Le consegne per le elaborazioni collettive o individuali sono state eseguite nell’ambito delle classi in sede separata. Gli elaborati prodotti sono stati ordinati dagli studenti in un quaderno dedicato esclusivamente alle attività interculturali, nel quale sono state annotate tutte le attività svolte nelle diverse sezioni. In conclusione del laboratorio sono stati distribuiti dei questionari, riguardanti il funzionamento dell’intero progetto, rivolti sia agli alunni sia ai genitori. Dalle rilevazioni si è riscontrato da parte degli alunni un alto indice di gradimento riguardante in modo particolare l’attività di realizzazione dell’audiovisivo, mentre per quanto riguarda i genitori si è notato un forte interesse per i lavori svolti in lingua sarda. Per una descrizione esauriente della fase operativa si rimanda alle due sezioni cinema e fiabe di questo volume; mentre per quanto riguarda le finalità generali, gli obiettivi specifici e la metodologia di lavoro, questi possono essere sintetizzabili nel modo seguente: FINALITÀ • favorire l’avvicinamento degli studenti a realtà culturali diverse, prossime o lontane colte nella loro complessità e diversità; • riconoscere i valori della cultura di appartenenza e di altre culture in diverse prospettive; • sviluppare la capacità di assumere il punto di vista di qualcuno riconosciuto come “diverso”; • individuare tipologie ricorrenti e significative di stereotipi e pregiudizi sociali riguardanti la diversità e proporre alcune strategie per la loro destrutturazione;
OBIETTIVI EDUCATIVI • fornire strumenti di analisi di testi (film, fiabe, ecc.) significativi per promuovere un percorso didattico interculturale. I concetti su cui si basa l’itinerario sono quelli di identità/differenza/complessità; • conoscere il concetto di cultura, conoscere la relazione cultura-società. • collaborare con altri e lavorare in gruppo per uno scopo concreto. OBIETTIVI SPECIFICI Laboratorio cinematografico • acquisire abilità terminologiche; • rafforzare la capacità di lettura critica delle immagini e di conoscenza del linguaggio cinematografico; • riconoscere le parole-chiave di un film; • sviluppare da una parola chiave una serie di domande che ne inneschino altre a catena; • costruire uno schema sul tema trattato; • individuare esempi tratti dalla propria esperienza per spiegare i concetti acquisiti. Laboratorio di ascolto e lettura delle fiabe • sperimentare il piacere dell’ascolto della fiaba in lingua originale; • riconoscere gli elementi costitutivi di una fiaba; • comprendere il ruolo dei personaggi; • riconoscere elementi comuni tra fiabe di diversa provenienza geografica; • individuare personaggi specifici di alcune tradizioni culturali; • individuare personaggi comuni a più culture; • ricostruire la fiaba rappresentando personaggi e situazioni e ambientandoli in scene-sequenza.
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Metodologia e attività SEZIONE CINEMA
SEZIONE FIABE
• Breve presentazione del film; • Visione del film; • Breve discussione guidata;
• Ascolto della fiaba in lingua originale e in italiano; • Lettura ad alta voce della fiaba sarda; • Analisi della fiaba e delle sue componenti (tempo, luogo, personaggi); • Ricostruzione del testo e rappresentazione grafica della sequenza narrativa;
• Discussione approfondita, ricostruzione del testo cinematografico e rappresentazione grafica della sequenza narrativa; • Analisi comparata dei film visionati; • Realizzazione collettiva della scheda cinematografica di ogni singolo film; • elaborazione della lettura di alcuni particolari rilevanti e di una lettura d’insieme delle immagini.
Modalità di lavoro: • Laboratorio di produzione collettiva; • Attività individuali e piccoli gruppi.
• Analisi comparata di fiabe di diversa provenienza geografica alla ricerca di elementi specifici e comuni; • Realizzazione di un cartellone di sintesi; • Riduzione cinematografica della fiaba: rielaborazione della fiaba sarda Su pilloni Fuiu attraverso l’inserimento di nuovi personaggi, l’elaborazione collettiva dei dialoghi in italiano e in sardo e l’assegnazione ad ogni alunno di un personaggio da drammatizzare.
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16 SEZIONE CINEMA PERCORSO DIDATTICO ell’ambito tematico della Educazione Interculturale si è identificato come tema specifico “la diversità”. Questo tema è stato posto al centro di un itinerario variegato, attraversato da altri temi che hanno concorso ad evidenziare di volta in volta i valori e le dinamiche che marcano sia le tendenze all’inclusione che all’esclusione dell’altro nei diversi contesti. In particolare si è privilegiato il discorso sociale sulla diversità nei suoi risvolti domestici, ristretti agli ambiti più familiari dell’età infantile: la famiglia, gli amici, la scuola, ecc. Intorno a questa scelta si è sviluppata un’esperienza didattica che contiene forti elementi di pratica interculturale la quale ha implicato una caratterizzazione interdisciplinare di tutto il lavoro. L’analisi di differenti modelli culturali elaborati in seno alle società miranti a regolare la relazione con le diversità, è avvenuta attraverso una vera e propria attività di osservazione e di destrutturazione del racconto che hanno favorito lo sviluppo della capacità di relativizzare contenuti e punti di vista. Questo procedimento si è trasformato in occasione di educazione all’immagine, nei suoi differenti codici testuali e visivi. In base a questi ultimi si è operata una scelta metodologica che ha voluto adottare una molteplicità di strumenti: il film, le fiabe, l’animazione, la discussione in gruppo. Inoltre, si è dato spazio all’elaborazione collettiva e individuale dei temi e delle rappresentazioni pittoriche, con l’utilizzo di colori e tecniche diverse (collage, tempera, pastelli, ecc.) finalizzati ad evidenziare meglio ambienti, personaggi e intrecci. Nella costruzione dell’itinerario di lavoro attraverso il cinema la scelta dei film è avvenuta secondo due criteri di base: 1. film “interculturali” che avessero al centro del racconto l’età dell’infanzia. 2. Un calendario di proiezioni dei film di graduale e progressiva difficoltà.
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Ogni film ha rappresentato una sezione di lavoro autonoma. Ogni sezione di lavoro è stata articolata in quattro fasi: presentazione del film, visione dell’opera e
breve discussione, discussione articolata ed elaborazione dei contenuti, realizzazione degli elaborati. ASPETTI METODOLOGICI: PRESENTAZIONE, DISCUSSIONE GUIDATA DEL FILM ED ELABORAZIONI. La presentazione La presentazione del film ha la funzione precisa di sostegno alla visione e di acquisizione di conoscenze propedeutiche, di tipo geografico, storico, ecc., in modo che il ragazzo abbia i riferimenti necessari per una migliore fruizione dei contenuti del film. Gli altri interessi di tipo cinematografico, informativo o tematico, vengono di volta in volta introdotti in base alle necessità che emergono durante il percorso complessivo di lavoro o allo scopo di stimolare la curiosità degli alunni. Inoltre questo spazio viene utilizzato normalmente per fare una sintesi del percorso svolto fino alla fase attuale: si ricordano assieme i titoli dei film visionati fino a quel momento, si concludono argomenti rimasti in sospeso, si vedono assieme i lavori svolti dagli allievi come ad esempio le schede collettive del film già elaborate. La discussione guidata: partire dalla ricerca delle “Parole chiave” Inizialmente, gli alunni giungono ad una prima comprensione del film generalmente in modo indipendente dalla loro capacità di sintetizzare il racconto attraverso alcune parole chiave. Quest’ultima capacità si acquisisce meglio dopo uno o più incontri, anche a seconda del grado di fruibilità dei film utilizzati. Non si tratta ovviamente di proporre attraverso questo procedimento uno schema esaustivo di analisi del film. Semmai esso ha la funzione pratica di dare un ordine alla discussione e di tracciare una bozza iniziale di un percorso conoscitivo condiviso con gli alunni. Infatti l’individuazione di alcuni temi che emergono da una prima discussione in classe attraverso una “tempesta di idee”, vengono poi sintetizzate in un unico concetto (parola chiave), che può essere più articolato o più generalizzato a seconda delle argomen-
17 tazioni sostenute dalla discussione della classe. Generalmente lo scopo della prima discussione è quello di stabilire e condividere una modalità di lavoro. Tale metodo viene efficacemente compreso e condiviso dagli alunni nella misura in cui esso scaturisce dalla loro attiva partecipazione. Per raggiungere questo obiettivo si può opportunamente partire dalla richiesta delle prime impressioni circa il film visionato, aiutando gli alunni a formulare le proprie opinioni e ad argomentarle, innescando interrogativi che implicano la necessità di raccontare i contenuti di alcune scene utili ad illustrare i punti di vista. Attraverso il riassunto finale degli argomenti analizzati durante la discussione, emerge una sintetica mappa dei contenuti codificabili attraverso delle parole chiave. La mappa mentale Ogni discussione guidata si sviluppa attorno a una griglia interpretativa, elaborata precedentemente in base ad alcuni temi scelti tra quelli trattati dal singolo film visionato. Si tratta in sostanza di focalizzare l’attenzione sullo sviluppo della trama del film o su alcuni singoli concetti (parole chiave) attraverso l’individuazione di momenti cruciali, immagini o espressioni significative emerse nel film. Il lavoro dell’operatore consiste nel mantenere costante, attraverso domande finalizzate a questo scopo, un rapporto dialettico tra episodi o aspetti particolari del racconto, rilevati dagli alunni, con una interpretazione dei contenuti che riconduca a temi generali propri della educazione interculturale. In tale senso la discussione guidata prende la forma di una ricerca coordinata dall’operatore, una ricerca il cui ambito di indagine viene riconfermato collettivamente dagli alunni attraverso la condivisione delle parole chiave. L’operatore invita gli alunni a indicare le scene nelle quali si parla di un determinato argomento: un rapporto, un personaggio, un intreccio narrativo, un tema, ecc. Isolando e reintegrando tra loro gli elementi filmici, gli argomenti, gli intrecci, i ruoli e le soluzioni, si opera una ricostruzione dell’opera filmica arricchito dai punti di vista degli alunni. L’esercizio della ricerca e della interpretazione viene continuamente vincolato ai conte-
nuti del film, così come le interpretazioni e i suoi esiti devono fornire il contesto di riferimento per il percorso di educazione interculturale che si intende intraprendere. Comprensione Per quanto riguarda la fase della comprensione del film, essa va affrontata sia in linea con l’analisi del testo cinematografico, sia in relazione alla sua congruenza con gli obiettivi dell’educazione interculturale. In forza di questo la scelta dei film dev’essere dettata dalla necessità di limitare al minimo gli “scarti” di analisi cinematografica, utilizzando opere che affrontano in maniera diretta e lineare il tema della diversità. Nell’esperienza di Dolianova, mentre per i primi tre film si è potuto discutere in maniera esauriente l’intero registro narrativo, nel caso dell’ultimo film il ragazzo dai capelli verdi si è scelto di trascurare una complicata e prematura discussione del registro psicologico del protagonista. La mancanza di questo piano di lettura non ha tuttavia influenzato o limitato l’accesso ai vari codici interpretativi dell’intera opera. Il tema della comprensione nell’ambito dell’analisi testuale del film, tema al quale si è ispirato il lavoro col cinema in questo laboratorio, trova una efficace sintesi nelle parole del saggio di Salvatore Pinna1: «La comprensione è la fase preliminare, la condizione stessa dell’analisi. L’omissione del carattere cruciale di questo livello di lettura ha delle conseguenze particolarmente negative in ambito formativo. La difficoltà di comprensione, spesso presupposta ma non verificata, produce serie barriere nella comunicazione ed è causa dell’esclusione dei membri del gruppo più insicuri e meno informati come pure di quelli più critici e problematici. Le condizioni preliminari della comprensione del testo filmico si realizzano a tre livelli. Il primo riguarda la mera ricostruzione delle informazioni essenziali in esso con_______________________________________________________________ 1 SALVATORE PINNA, Analisi del testo filmico come esperienza interculturale, saggio pubblicato nel Catalogo del cinema interculturale del Centro interculturale Fairuz, 2002.
18 tenute, la sua prima impalcatura.[…] Un secondo livello riguarda la conoscenza del mondo in generale, la conoscenza delle situazioni sociali narrate nel film e dei ruoli dei personaggi. Il terzo livello è rappresentato da una gamma di conoscenze che vanno da quelle del linguaggio del cinema, a quelle narratologiche, a quelle sulla storia del cinema». Da questo si può trarre che la discussione guidata per i bambini della scuola elementare deve prevedere una serie di integrazioni quantitative e qualitative di tipo linguistico, cinematografico, concettuali, ecc. In funzione di questo, con la mappa mentale strutturata si opera una specie di riduzione cinematografica di seconda mano del racconto che permette ulteriori piani semplificativi di lettura del testo. La quantità e la qualità degli approfondimenti devono essere convalidati dallo stesso funzionamento della discussione: la partecipazione, il coinvolgimento, il livello di attenzione, la condivisione delle soluzioni, ecc. Nel resoconto sintetico che viene riportato di seguito, si è cercato di evidenziare alcuni procedimenti delle discussioni guidate svolte: alcune domande e suggerimenti utili per centrare le risposte poste dall’operatore e, di seguito, le conclusioni
condivise dalla classe, supportate da una lettura dei dettagli del film. Nel resoconto, le conclusioni vengono riportate in corsivo. Elaborazione In generale, questa fase trova la sua attuazione pratica all’interno dell’orario extralaboratoriale. La sua prima funzione è quella di massimizzare il coinvolgimento degli alunni nella fase espressiva di lavoro. Il criterio di assegnazione dei “compiti” segue generalmente una linea di impegno “ludico”. Mentre per quanto riguarda le caratteristiche degli elaborati si cerca di “sfruttare” e rielaborare in varie forme gli elementi di rilievo di ogni singolo film, sia dal punto di vista contenutistico che dal punto di vista formale. Alcuni tra gli elementi trattati durante le discussioni guidate darebbero gli spunti per gli elaborati, successivamente coordinati in modo autonomo dalle insegnanti. I risultati perseguibili attraverso tale attività dipendono in gran misura dal coordinamento tra gli interventi dell’operatore esterno con quelli che le insegnanti del modulo realizzano in un arco di tempo più adeguato alle esigenze degli alunni. Imad Hamdar
Quadro sintetico degli obiettivi educativi e delle congruenze con l’educazione interculturale Obiettivi educativi
Congruenza con l’educazione interculturale
1. Conoscere e osservare altre realtà, altre culture. 2. Usare categorie temporali nella ricostruzione del racconto. 3. Individuare i ruoli all’interno di un racconto e di una realtà. 4. Descrivere una realtà, un ambiente, un personaggio.
1. Scoperta di analogie, di differenze, di bisogni comuni, “spiazzamento” culturale. 2. Scoperta e percezione della differenza. 3. Decentramento: mettersi dal punto di vista degli altri, valorizzazione della diversità. 4. La cultura come conoscenza, possibilità di relazione e integrazione.
FASE OPERATIVA I film visionati:
• Kirikù e la strega Karabà, Francia/Belgio, 1998, 74’ – Michel Ocelot • Bashù il piccolo straniero, Iran 1989, 118’ – Bahram Beizaii • La Gabbianella e il gatto, Italia 1999, 88’ – Enzò D’Alò • Il ragazzo dai capelli verdi, USA, 1949, 82’ – Joseph Losey
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Kirikù e la strega Karabà Regia: Michel Ocelot; seceneggiatura: Michel Ocelot; musiche: Youssu N’Dour; origine: Francia/Belgio, 1998; durata: 75 min.
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l piccolo Kirikù nasce in un villaggio africano che vive da tempo nel terrore. La perfida strega Karabà ha divorato tutti gli uomini, pretende dalle donne ori e gioielli e ha fatto prosciugare la sorgente d’acqua, rendendo difficile il lavoro e la vita quotidiana. Anche se è neonato, Kirikù dice che questo sortilegio deve finire, lui non ha paura e annuncia di voler partire per sfidare la strega e il segreto della sua perfidia. Dopo aver superato ostacoli e pericoli, Kirikù arriva finalmente alla Montagna Proibita. Qui il nonno, conosciuto come il Saggio della Montagna, lo accoglie, lo elogia per il suo coraggio e quindi gli rivela la verità: Karabà non ha mai mangiato uomini e non è malvagia, fa del male perché soffre, ha una spina avvelenata nel corpo che le dà i poteri di strega e lei non vuole perderli.
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Racconta la storia di kirikù con una sequenza di disegni, Poi scrivi una breve didascalia per ogni disegno.
Prima fase: presentazione del film
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l lavoro con le due classi coinvolte è iniziato con la presentazione complessiva dell’intero progetto e delle attività che si sarebbero svolte durante il laboratorio. In sintesi si sarebbe trattato di: visionare e discutere i film, realizzare degli elaborati collettivi e individuali su consegna.
2) Nasce Kirikù, un bambino speciale, si lava da solo, parla e fa tante domande: chiede della sua famiglia e la mamma gli risponde che sono stati tutti uccisi dalla strega Karabà.
1) Siamo in Africa, una donna sta per partorire il suo bambino.
Dopo avere verificato che il primo film in programma non era stato visto da nessuno degli alunni, si è proceduto chiedendo loro di ricordare i titoli di altri film che hanno amato di più e di specificare dove e con chi li avessero visti. Dalle risposte si è evidenziato che il principale supporto per la fruizione dei film sono stati la tv o il videoregistratore, solamente pochi tra di loro avevano avuto l’occasione di vedere i film in una sala cinematografica. I titoli citati dagli allievi facevano risalire il loro bagaglio di film conosciuti a un campionario dell’animazione “disneyano” e giapponese, per intenderci il genere delle avventure mozzafiato e ultradinamiche delle più recenti produzioni, oltre ovviamente ai classici fiabeschi. Degno di nota comunque il fatto che un numero non indifferente di allievi avessero già visto il film “La Gabbianella e il gatto”, film previsto nel nostro programma. Da segnalare inoltre un sentito stato di eccitazione di fronte alla prospettiva di vedere il film su uno schermo grande, assieme ai compagni di classe. Anticipando alcuni dati sul film, è stato detto agli alunni che esso era tratto da una antica fiaba afri-
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3) Kirikù salva i bambini del villaggio dall’albero stregato inviato dalla cattiva strega Karabà.
cana, rispetto alla quale il film diverge per alcuni aspetti. Successivamente, si è richiamata la loro attenzione sul tema della fiaba, lo schema (introduzione, nodo, conclusione), i suoi contenuti (il contrasto tra bene e male, l’avventura, la sfida dei piccoli al mondo degli adulti, i pericoli, la paura, il coraggio, ecc.); la sua struttura e il suo epilogo (il lieto fine).
Tutti questi elementi erano stati analizzati precedentemente con le insegnanti nella fase preparatoria al laboratorio. Seconda e terza fase: discussione guidata A conclusione della visione, la discussione prende avvio con la domanda se il film è piaciuto e perché, chiamando gli studenti a pronunciarsi e ad argomentare le risposte. La generalizzata ammirazione del coraggio e della saggezza di Kirikù non sono bastati a fare scemare una certa loro perplessità rispetto alla “godibilità” di un film insolito. La dinamica del film è stata poco rispondente alle loro aspettative, soprattutto riguardo gli aspetti visivi. La prima domanda ha innescato la possibilità di discutere e analizzare la differenza tra questo film e i film disneyani suggerendo punti d’osservazione diversi: il disegno, i colori, i movimenti, i dialoghi, il finale, ecc. Le differenze rilevate fanno ritenere che si tratti di un film che non vuole per forza assomigliare agli altri ai quali i bambini sono oramai abituati. Sia il
5) Kirikù vuole sapere perché Karabà è così cattiva e lo chiede alla sua mamma. Lei gli consiglia di parlare col nonno: un uomo molto saggio.
4) Kirikù fa riavere l’acqua al villaggio uccidendo il mostro che stava dentro la sorgente.
disegno con il segno marcato e geometrico, sia i colori pastello sono stati scelti dal regista per essere visti e maggiormente notati, altrimenti non ci si sarebbe soffermati. Ma anche il fatto che i movimenti dei personaggi un po’ trascinati che sembrano portare un
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8) Kirikù riesce a togliere dalla schiena della strega la spina che la fa tanto soffrire, e quando Karabà smette di soffrire ritorna a essere buona e tutto intorno a lei si trasforma.
6) Kirikù si mette in viaggio per raggiungere il nonno e supera molte prove.
passo indietro il livello dell’attuale animazione, suggerisce che non bisogna necessariamente riprodurre modelli di film già esistenti, ma bisogna sperimentare altri stili narrativi che permettano di recuperare il gusto di raccontare e far conoscere una determinata realtà in un modo un po’ più autentico. Esiste comunque una intrinseca relazione tra i colori utilizzati, l’ambiente, il paesaggio e gli stati d’animo dei personaggi. Questa constatazione messa nella forma di domanda ha permesso di introdurre meglio alla realtà nella quale è ambientato il film. Il paesaggio africano battuto dal sole, sottolineato dal colore giallo marrone prevalente, il colore blu e bianco che domina la scena dell’incontro con il nonno saggio, il rosso della strega e le esche colorate usate per catturare i bambini; sono tutti elementi della relazione tra paesaggi naturali e paesaggi interiori.
7) Finalmente incontra il nonno che gli spiega perché la strega è cattiva e anche come liberarla dalla sua cattiveria.
Si è chiesto ai ragazzi di descrivere il villaggio e i personaggi che riuscivano a ricordare meglio. I vari personaggi ricordati sono tutti legati all’avvenimento principale nel quale è coinvolto il paese: lo zio, la madre, il vecchio affabulatore che intrattiene i
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9) Kirikù bacia Karabà e diventa grande.
10) Nel villaggio si fa una grande festa, arriva anche il nonno con gli uomini che non erano stati uccisi da Karabà ma solo trasformati in feticci.
bambini, il gruppo dei bambini, il gruppo delle donne e Kirikù. La loro apparizione nel racconto è strettamente circoscritta ad evidenziare l’atteggiamento che ha ognuno di fronte all’incombente disastro nel quale si svolge la vita nel villaggio. Atteggiamenti che oscillano tra la rassegnazione (le donne, il vecchio) e la poca determinazione (lo zio), dei quali abbiamo miglior informazione di fronte alla intraprendenza di Kirikù. Nel villaggio si distinguono Kirikù e la madre. Lui pone una domanda (perché la strega è cattiva?), alla quale non trova risposta nel villaggio, con lo scopo innanzitutto di conoscere la verità, non tanto per vendicarsi, o per cercare il padre o i parenti scomparsi. La madre che, rimanendo fuori dal chiacchiericcio del villaggio, gli racconta l’accaduto, lo aiuta, lo difende, gli passa la consegna e gli indica la strada per tentare di trovare la risposta. Loro due parlano la lingua di chi non vuole sfuggire la realtà.
scirono a Kirikù con semplici strumenti, già prima di trovare presso il nonno saggio la risposta alla sua domanda. Perché lui ci è riuscito? Ma gli altri abitanti del villaggio avevano provato prima di lui a sfidare il mostro e liberare e ripristinare l’uso dell’acqua? E gli uomini persi, questi come erano? Come lo zio, poco sveglio!!! E i bambini che non diffidano delle trappole colorate neanche dopo averne sperimentato la prima? E come reagiscono le donne di fronte alle azioni di sfida di Kirikù? E il vecchio del villaggio cosa va raccontando ai bambini? Cos’è che rende la gente del villaggio così restìa a reagire nel modo giusto? Ma non sarà che anche loro non sono d’aiuto a se stessi per liberarsi dalla cattiva strega? Hanno mai cercato la verità di quello che succede, o si sono tenuti prigionieri delle loro stesse superstizioni?
Si è chiesto dove portasse la strada per trovare le risposte alle domande che Kirikù poneva. Sulla strada che porta fuori dal paese si trovano la strega Karabà e il nonno saggio. Fuori dal paese si trovano causa e soluzione del problema? Per la verità alcune soluzioni contro la magia della strega riu-
Un’altra domanda è stata quella di descrivere il viaggio di Kirikù. Per giungere alla montagna sacra e scoprire la verità Kirikù deve scavare un tunnel per sfuggire agli agguati di Karabà. È un viaggio che metterà alla prova la sua determinazione, il suo coraggio e la sua abilità nella sopravvivenza. Solo nel buio del tunnel, poi, di fronte alla natura e gli animali, lui riesce a
24 trovare il modo di sfruttare gli elementi dell’ambiente e per fare ciò stabilisce amicizie e scambi di favori che gli torneranno utili. In questo viaggio ogni tappa è distinta dalla luce e dai colori diversi.
Descrivi i personaggi del film “Kirikù e la strega Karabà” compilando una breve carta d’identità per ciascuno di loro.
Si è chiesto di commentare la verità scoperta e di indicare tutte le vittime del racconto. L’elenco delle vittime comprende anche Karabà, vittima a sua volta sia della stregoneria di altri, sia delle sue stesse paure. Ognuna delle vittime, si potrebbe dire, condivide una parte di responsabilità rispetto alla disastrata situazione del villaggio. Kirikù è l’unico che si ribella perché non vuole essere una vittima e che si prodiga per aiutare la gente del villaggio. In certi casi è importante sapere porre le domande giuste, le cui risposte possono contenere una parte importante di verità: “Mamma, mamma perché la strega è cattiva?” Chiedeva Kirikù. Ma allo stesso tempo il suo porre domande non rimaneva una semplice curiosità, ma lo portava ad avvicinarsi agli altri e ai loro problemi. Quarta fase Proposte di lavoro e attività di elaborazione. Sulla base di alcune immagini/stimolo – fotogrammi del film – consegnati dall’insegnante agli alunni, essi hanno cercato di ricostruire la storia rappresentando per immagini, con diverse tecniche grafico-pittoriche, accompagnate da brevi didascalie, i momenti più importanti, rispettando la sequenza narrativa del film. Si è proceduto poi all’individuazione delle caratteristiche specifiche degli ambienti e alla loro rappresentazione con l’uso appropriato del colore. Un’altra proposta fatta agli alunni è stata la creazione della carta d’identità di Kirikù e di Karabà, accompagnate dal disegno.
PERSONAGGIO: KIRIKÙ CARATTERISTICHE FISICHE: piccolo, robustello, pelle marroncina, pochi capelli in testa. COMPORTAMENTO: agile, velocissimo, astuto e generoso. RUOLO: protagonista.
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Bashù Bashù, il piccolo straniero regia: Bahram Beizaii; interpreti: Susan Taslimi, Adnan Afravian, Parviz Purhosseini, Akbar Dudkar, Reza Husmand. origine: Iran; 1989; durata: 118 min.; versione: farsi (sottotitolato in italiano).
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nfuria la guerra Iran-Iraq nel sud del paese. Un’incursione aerea distrugge casa e famiglia del piccolo Bashù. Il bambino di pelle scura fugge dal sud riparando nella regione del Gilan, nel nord dell’Iran, dove la guerra non è stata quasi avvertita. In questo nuovo ambiente, dove il colore della pelle di Bashù è diverso e dove si parla anche una lingua diversa dalla sua, tutto gli è estraneo. Naii, una donna, madre di due figli, il cui marito è lontano, trova il piccolo profugo nella sua fattoria e gli offre ospitalità. Naii decide di tenere con sé il bambino nonostante l’opposizione dei parenti e dei vicini. La donna, per lettera, informa anche il marito della sua decisione ma non ne riceve risposta. Un giorno, improvvisamente, l’uomo, che senza mai averlo scritto alla moglie e ai figli, combattendo al fronte aveva perso un braccio, ritorna al villaggio: i timori di Naii svaniscono, perché l’uomo accetta Bashù come figlio e Bashù lo accoglie come padre.
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l film di Beizaii riveste nell’ambito dei laboratori di Educazione Interculturale un’importanza particolare. È stato il film più utilizzato da Fairuz negli ultimi cinque anni, nelle scuole di ogni grado (elementari, medie, licei, istituti tecnici, ecc.) che hanno ospitato attività di educazione interculturale. È un film “completo”, nel senso che permette approfondimenti su tutti i piani dell’analisi contenutistica, formale, e di argomento interculturale.
Spostamento – spiazzamento culturale Si è chiesto di ricordare il viaggio del bambino nascosto dentro il camion e di descrivere il paesaggio attraversato. Le uniche informazioni che la lunga scena del viaggio ci offre sono quelle relative al paesaggio desertico attraversato, e al progressivo allontanarsi dal teatro della guerra. Bashù si rivedrà nuovamente in conclusione della scena.
Prima fase: Presentazione del film Nella presentazione di questo film è stato necessario fare una premessa, di tipo storico-geografico in assenza della quale gli allievi avrebbero potuto trovarsi nella difficoltà di comprendere alcuni passaggi rilevanti per la comprensione del film. Si è proceduto ricordando agli studenti che esiste una grande differenza tra la lingua persiana scritta, lingua nazionale dell’Iran, e i vari dialetti praticati nelle diverse regioni del paese. Il persiano è la lingua ufficiale, la lingua usata nell’istruzione scolastica, il suo utilizzo presso le popolazioni iraniane non persiane rimane circoscritto all’ambito scolastico e ufficiale. La differenza tra i dialetti e l’incontro tra persone che appartengono a delle realtà marginali del paese (Bashù che proviene dal sud e la gente del villaggio del nord) determinano la difficoltà di comunicazione “verbale” narrata dal film. Si ricorda che il film era stato girato negli anni di guerra che opponevano l’Iran all’Iraq, lungo la frontiera del sud. In conclusione gli studenti vengono informati che vedranno il film in due puntate, data la sua lunghezza.
Si chiede di ricordare la scena che segna la fine del viaggio di Bashù e gli elementi che caratterizzano il nuovo ambiente dal punto di vista naturalistico.
Seconda fase Si procede a una breve discussione lasciando aperta ogni conclusione: Guerra Si parte dalla scena che apre il film – la guerra – e si prova a ricostruire gli episodi che si riferiscono ad essa. La guerra appare attraverso i ricordi dolorosi del bambino, l’assenza dei giovani nel paese fino all’apparizione, quasi alla fine del film, del marito di Naii, mutilato di un braccio. Dal punto di vista qualitativo la guerra appare soprattutto attraverso i suoi effetti disastrosi, ma non viene spiegata, né giustificata.
Nel momento in cui Bashù solleva la coperta del camion per vedere fuori noi ci troviamo a guardare attraverso i suoi occhi, questi si soffermano sulle case, sugli alberi rigogliosi, sul verde, ambiente fino a quel momento a lui sconosciuto. Si rimanda la conclusione del lavoro al successivo appuntamento chiedendo agli studenti di provare ad immaginare una conclusione del film. Terza fase Prima della ripresa della visione, si è chiesto ai ragazzi di ricordare la scena dove si era interrotta la narrazione filmica. In conclusione si procede con una veloce lettura dei lavori prodotti riguardanti la conclusione del film immaginata dagli stessi studenti confrontandoli con il finale appena visto. L’operatore guida la discussione riprendendo i temi precedentemente affrontati, introducendo nuovi elementi di riflessione. Naii e Bashù Si chiede di ricordare quale è stato il primo impatto di Bashù con il nuovo ambiente, con il resto del villaggio e con Naii. Nonostante la diffidenza di Naii alla vista del bambino, ella non manca di lasciargli del cibo in vista perché si nutra. Lui è spinto, perché non sa cosa altro fare, a seguirla, a distanza. La sua presenza nel villaggio sollecita immediate reazioni di rifiuto, dovuto alla sua pelle scura, che emergono in modo immediato. Solo più avanti verranno sostenute delle argomentazione con le quali i paesani tenteranno di giustificare la loro avversione a Bashù.
27 Si chiede di descrivere Naii, il suo rapporto con i figli, con il lavoro, con la natura, con la gente del villaggio e infine con Bashù. Lei vive come se fosse una parte della natura, parla con gli animali, canta per le piante, ella offre nutrimento a tutto ciò che la circonda. Per lei essere madre è la cosa più importante. Ciò l’aiuta a comprendere ed accogliere lo sconosciuto Bashù nonostante l’avversione del paese e del marito. Si chiede di descrivere Bashù, il suo rapporto con i traumi del passato, con Naii e con la madre naturale deceduta durante il bombardamento. Lui non sa bene dove si trova, né viene aiutato dalle circostanze a capirlo. In questo luogo nuovo, lui si porta dietro i ricordi del passato che riaffiorano continuamente, basta la vista del fuoco o il rumore di un aereo perché lui si ricordi del bombardamento e si spaventi. Naii invece gli ricorda la madre e il rapporto con lei diventa sempre più intenso con l’andare dei giorni. Ruolo della natura Si chiede di ricordare la scena di avvicinamento di Bashù alla casa di Naii la prima notte. Si chiede di ricordare l’atmosfera di quella notte e se è possibile attribuire un ruolo alla natura che spinge il bambino dentro la stalla di Naii. Si ricordano la paura del bambino, le voci degli animali, i rumori della campagna, i tuoni minacciosi che spinsero il bambino verso la luce usata da Naii come esca. Si chiede successivamente di ricordare un’altra scena dove la natura svolge un ruolo attivo per il nuovo incontro tra i due. Si suggerisce di ricostruire la scena della fuga e del ritrovamento di Bashù da parte di Naii. Si conviene sul fatto che la natura svolge un ruolo attivo, determinante, ogni volta che risulta necessario trovare il bambino e proteggerlo: il vento avverte della sua fuga e conduce poi sulle sue tracce, mentre la pioggia aiuta infine a localizzare il suo rifuggio. Le madri Si chiede di ricordare le scene dove appare la madre morta, si cerca di ricostruire il rapporto tra Bashù, Naii e la madre naturale attraverso le diverse fasi di questo rapporto: quante volte è apparsa la madre naturale a Bashù? Quante volte è apparsa a Naii e quando? Emerge che se nelle prime scene ricordate il ruolo della madre si presentava come contrapponentesi a Naii in
quanto possibile nuova madre, nella scena ultima di apparizione è la madre naturale che appare direttamente a Naii, rinsaldando un rapporto tra le due finalizzato alla protezione del bambino. È il ruolo che competerà da quel momento in poi a Naii. Razzismo Si chiede di ricordare le difficoltà di Bashù nel nuovo ambiente. Difficoltà oggettive che nascono dalla difficoltà di comunicazione linguistica e dallo spiazzamento culturale, e difficoltà che nascono dall’intolleranza e dal razzismo della gente del nord. Di fronte alla diffidenza iniziale e nonostante l’impossibilità di capire e di farsi capire, Naii, donna e madre, possiede una “naturale” propensione ad accogliere il bambino. Si chiede di ricordare una frase di Naii che spieghi perché non si può non accogliere un bambino, perché non si può essere e non si deve essere razzisti. Si ricorda che lei fece scrivere al marito che i bambini, tutti i bambini sono figli del sole e della terra, figli della natura fertile con la quale lei agisce in sintonia-simbiosi, la natura di cui tutti i bambini sono figli legittimi, al di là del colore della pelle e della lingua parlata. In conclusione della discussione si fa un elenco complessivo dei temi discussi: guerra, famiglia, diversità, razzismo, amicizia, ecc. Precisando che ognuno dei temi citati rappresenta una parola chiave del film e che questi temi verranno affrontati anche nelle visioni successive. Quarta fase In conclusione della prima parte del film si chiede ad ognuno di completare la storia attraverso l’invenzione di un finale. In conclusione della seconda parte si chiede di raccontare la storia di Bashù assumendo i punti di vista di alcuni personaggi del film sia quelli principali sia quelli secondari. Si chiede che vengano rappresentate con una produzione collettiva sia la scena iniziale che quella conclusiva del film.
28 Immagina di essere uno dei personaggi del film “Bashù, il piccolo straniero”, racconta la storia dal tuo punto di vista.
Bashù
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iao sono Bashù, non abito più nel mio villaggio perché è stato bombardato; sono solo perché mamma e papà sono morti. Durante il bombardamento è passato un camion e si è fermato, io ho fatto in tempo a salire. Mi sono ritrovato in un luogo nuovo, ho sentito delle mine che esplodevano e sono scappato verso un villaggio. Arrivato al villaggio due bambini mi videro e chiamarono la loro mamma. La mamma, Naii, prese un bastone per farmi uscire dal mio nascondiglio, ma poi si affezionò a me e mi chiese: – Come ti chiami? – Io risposi: – Mi chiamo Bashù. Lei mi diede un pezzo di pane e mi fece il bagno, ma io non volevo! I parenti di Naii mi presero in giro e lei mi difese e li mandò via. Io uscii di casa e i parenti mi rincorsero, durante la corsa sono caduto in acqua e Naii mi ha ripescato con una rete. Finalmente tornò il marito di Naii che era andato via per cercare un lavoro, però era senza un braccio. Io mi misi a piangere e lo abbracciai. Andrea, III C
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Naii
Mi chiamo Naii e ho due figli: un bambino e una bambina; sono una donna abbastanza giovane, alta, ho la testa coperta da un velo e un vestito lungo fino ai piedi. Mio marito è andato a cercare lavoro fuori e io abito in un villaggio insieme ai miei parenti. Un giorno i miei figli videro un bambino di circa dieci anni, molto impaurito, e mi chiamarono subito, quando arrivai anch’io lo vidi: era scuro di carnagione e mi sembrava un po’ perso; io gli dissi: - vieni qui! esci, non senti? - Allora visto che non voleva uscire presi per mano i miei figli e me ne andai lasciandogli un pezzo di pane sopra un paletto. Un giorno io gli dissi il nome di alcuni oggetti nella mia lingua e lui me li ripeté nella sua, poi io gli dissi: - Io mi chiamo Naii e tu? Lui mi rispose: - Io mi chiamo Bashù. Per ben due volte invitai i miei parenti a casa a prendere il tè e mia cognata mi disse sempre di cacciarlo via, di abbandonarlo. È davvero una grande antipatica lei! Bashù mi aiuta molto, conosce molto bene il pallottoliere. Per sentirci con mio marito ci spedivamo delle lettere, fino a poco tempo fa me le scriveva il dottore del villaggio, ma adesso me le scriveva Bashù. All’inizio vi avevo detto che Bashù è scuro di carnagione, lo so perché io un giorno ho provato a lavarlo. Maria, III C
Il marito di Naii
Sono il marito di Naii. Sono tornato a casa e ho subito incontrato un bambino scuro che suonava e ho pensato: quello è Bashù, il bambino di cui mi ha parlato nelle lettere mia moglie Naii. Io ho due figli, un maschio e una femmina, ma penso che diventeranno tre. Bashù ha circa dieci anni, mio figlio sette, mia figlia quattro, io ho ventinove anni, Naii ne ha ventisette. Quando sono tornato ho sentito un cinghiale nel campo e tutti siamo corsi per scacciarlo con bastoni e pietre. Bashù e gli altri giocavano nell’erba rotolandosi e saltellando. Sono molto contento di essere tornato! Giada, III C
30 Spesso si metteva piangere, ma noi non sapevamo perché piangeva, allora la mamma si preoccupava e diceva: – perché questo bambino piange? Ogni giorno a casa venivano delle persone e dicevano: – questo bambino è nero! Lui sentiva e ci restava male. Mamma gli dava del cibo senza sapere ancora chi fosse e da dove venisse, noi continuavamo a chiederlo ma era sempre la stessa minestra! Non rispondeva e non parlava mai. La mamma, io e il mio fratellino però prendevamo un po’ più confidenza con questo bambino e, a poco a poco, anche lui cominciò a capire che nostra madre non gli voleva fare del male, ma che anzi volevamo accoglierlo in casa e diventare con lui una buona e numerosa famiglia. Veronica, III B
Un bambino del villaggio
La figlia di Naii
Sono Golbesar, la figlia di Naii, vivo in una casa di legno con la mia mamma e il mio fratellino, mio padre è andato a cercare lavoro. Un bel giorno io e mio fratellino siamo andati ad avvisare la mamma perché abbiamo visto un bambino nascosto tra le foglie. La mamma lo chiamava ma lui aveva paura di noi e non si avvicinava. Questo bambino non parlava e noi non conoscevamo la sua lingua; la mamma gli parlava ma lui non rispondeva. La mamma cercava di avvicinare questo bambino, lui era nero e la mamma diceva: – sicuramente neanche lo lavano! Quando la mamma ci faceva il bagno in un lago che c’è nel nostro villaggio lui veniva piano, piano e ci guardava.
Da qualche tempo nella casa della signora Naii è arrivato un bambino di nome Bashù; all’inizio io e i miei amici lo prendevamo in giro, ma stavamo attenti alla presenza di Naii che ci prendeva a bastonate e ci cacciava via. Secondo me Bashù era impaurito perché, sfortunatamente, è arrivato da un paese in guerra, però è stato anche coraggioso perché ha affrontato un lungo viaggio per arrivare da noi; con Naii, poi, era anche affettuoso perché ha chiamato il dottore quando lei era malata. Noi lo prendevamo in giro perché era scuro di carnagione (quindi di un altro paese!). Bashù, un giorno, mentre litigavamo, ha letto un libro che noi usavamo a scuola, e abbiamo capito che anche lui è Iraniano. Un giorno io e i miei amici abbiamo sentito un rumore, era Bashù che cantava in mezzo al grano. Ci siamo avvicinati per fare amicizia, io gli chiesi: – ehi Bashù! Che fai? – rispose: –
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canto così cresce meglio! – noi ci siamo uniti alla cantilena, alcuni di noi imitavano il taglio del grano, altri ballavano e cantavano, altri ancora imitavano i cinghiali. Ci siamo divertiti molto! Qualche giorno fa mentre stavo
rientrando con cavallo e asino ho incontrato Bashù e gli ho chiesto: – dov’è Naii? Volevo farle sapere che è tornato il marito. Chissà se ora che il marito di Naii è tornato lo accetterà? Marco, III B
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La Gabbianella e il Gatto
Regia: Enzo D’Alò; origine: Italia, 1998; Durata: 75 min.
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gabbiani sorvolano la foce dell’Elba, nel mare del nord. “Banco di arringhe a sinistra” stride il gabbiano di vedetta, e Kengah si tuffa, insieme agli altri. Ma quando riemerge, il resto dello stormo è volato via, e il mare è una distesa di petrolio. A stento Kengah spicca il volo, raggiunge la terra ferma, poi stremata precipita su di un balcone di Amburgo. C’è un gatto, su quel balcone, un gatto nero grande e grosso di nome Zorba, cui la gabbiana morente affida l’uovo che sta per deporre, non prima di avere ottenuto da lui tre solenni promesse. E se per mantenere le prime due sarà sufficiente l’amore del gatto, per la terza ci vorrà una grande idea e l’aiuto di tutti soprattutto perché non sarà facile insegnare a volare alla piccola gabbianella fortunella che da quando è nata si crede un gatto. In questo film tratto dal racconto Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (1996) di Luis Sepulveda, che ha la grazia di una fiaba e la forza di una parabola, il grande scrittore cileno tocca i temi a lui più cari: l’amore per la natura, la solidarietà, la generosità disinteressata. Il racconto è soprattutto un’intelligente favola sulla tolleranza e il rispetto dei diversi e dell’ambiente.
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a lettura dei particolari del film Bashù, abbondantemente realizzata negli incontri precedenti, servirà da modello allo studio delle immagini, della lettura dei particolari e della lettura d’insieme, e di conduzione della discussione. Prima fase Dopo una breve presentazione nella quale si è fatto il punto della situazione, ricordando i titoli e gli argomenti dei film precedentemente visti, si procede ad una breve presentazione del film previsto per la giornata. Durante la presentazione si forniscono dati “tecnici” riguardanti la produzione del film di D’Alò: quantità dei disegni, numero degli artisti impegnatesi nel lavoro, numero di matite consumate, ecc. Seconda e terza fase In conclusione della visione si chiede agli allievi di indicare le parole chiave del film appena visto. Immancabilmente sono piovute tante risposte. Nella “gara” delle risposte si capiva facilmente che non sempre la risposta era frutto dell’esperienza con la visione del film di oggi. Alcuni hanno proposto parole chiave dei precedenti film. Era importante a questo pun-
to stabilire una “reale” corrispondenza tra le parole chiave indicate e il film visionato. Si è chiesto di operare una sintesi che integrasse le parole chiave proposte: amicizia, guerra, lotta, razzismo, orfano, colore, fiaba, natura, migrazione, furbizia, ecc., La selezione concordata è stata sufficientemente ragionata e motivata dagli spunti che il film offre, quindi si procede con la ricerca.
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Il cartone animato Diversi allievi sapevano già, per averlo visto precedentemente, che il film di oggi era diverso dai soliti cartoni animati “disneyani”, un po’ come nel film precedente Kirikù. Gli animali di questo film seppur umanizzati negli atteggiamenti e nei sentimenti conservano comunque intatti le loro fisionomie, e il loro modo di vivere. In modo particolare ci si sofferma su alcune caratteristiche umane dei protagonisti: la lealtà, la responsabilità, il rispetto di sé e degli altri, ecc., qualità preziose nelle dinamiche di gruppo.
Natura e ambiente Si procede chiedendo di confrontare l’ambiente naturale descritto nei due film, la Gabbianella e il gatto e Bashù il piccolo straniero. Gli alunni ricordano la natura inquinata dall’uomo come la causa della morte della madre Gabbiana Kengah, ricordano che il film la Gabbianella e il gatto si svolge in un ambiente urbano, che è la città di Amburgo, ricordano poi l’inquinamento dello stesso ambiente urbano infestato dai topi ai quali si opponeva il gruppo dei gatti. La natura fertile e rigogliosa,
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che nel film Bashù il piccolo straniero si completava con la giovane donna Naii nel loro ruolo di madri protettrici e allevatrici del bambino Bashù, nel film di oggi appare come sofferente e minacciata. Guerra e lotta dal punto di vista qualitativo e dinamiche di gruppo Si chiede di ricordare i vari personaggi del film. Alla conta degli alunni non sfugge nessuno dei personaggi: Colonnello, Zorba, Bubilina, Pallino, Fifi, Rosa dei venti, Diderot, il Segretario, il Gran Capo dei topi e il suo secondino, i due topi spie. Si cerca di inquadrare i gruppi e i personaggi da diversi punti di vista, si chiede di descrivere i due gruppi in lotta. Degno di nota è il fatto che a nessuno degli allievi è sfuggito il motivo della lotta dei gatti per impedire che i topi si impadroniscano della città. A differenza del film Bashù il piccolo straniero la guerra è in questo film una lotta nobile che viene mostrata e della quale si conoscono gli eroici protagonisti. Il gruppo dei gatti: i vari personaggi del gruppo si distinguono per competenze e saperi, e sono tutti ugualmente responsabili delle decisioni. Sanno coinvolgere e motivare gli altri quando è necessario.
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Il Colonnello: gode di una certa autorevolezza che deriva dai tempi della lotta di liberazione contro i cani. Nonostante la sua autorevolezza non manca di accettare l’ironia del gruppo. I topi: a parte il Gran Capo e in un certo senso anche il suo secondino, il gruppo dei topi si presenta come una massa anonima indistinta e irreggimentata, dal procedere veloce con passo militare. Il Gran Capo dei topi: autoritario e violento, accaparra diritti su tutto e tutti, non manca di mostrarsi stupido e vigliacco, non manca di raccontare fandonie ai suoi subordinati.
Diversità e natura Si chiede di ricordare il tipo di accoglienza che i gatti hanno accordato alla piccola Gabbianella. La protezione e l’entusiasmo con i quali fu salutato il suo ingresso nel gruppo non avrebbero giustificato la cancellazione della sua diversità. Infatti fu Zorba a ricordarle la necessità di rispettare la sua vera natura d’uccello e di recuperare quelli che sarebbero stati le sue naturali capacità: il volo. In questo gruppo di amici i rapporti funzionavano in un certo modo già prima dell’arrivo della piccola gabbianella: ognuno aveva una sua personalità, ognuno aveva un ruolo, ognuno valorizzava il suo ruolo all’interno del gruppo attraverso le sue doti perso-
37 nali, le sue conoscenze e esperienze, le competenze di ognuno erano utili per tutto il gruppo. Sapevano stare tra diversi. Quarta fase La sezione di lavoro sul film si conclude invitando gli allievi a scegliere liberamente e a rappresentare alcune scene di massa nel film. A scegliere e rappresentare una scena di gruppo dei gatti protagonisti del racconto. Si chiede che vengano rappresentati alcuni momenti ritenuti importanti nella storia con l’utilizzo di tecniche diverse: collage, tempera, pastelli.
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Il ragazzo dai capelli verdi Il ragazzo dai capelli verdi (The Boy with Green Hair); regia: Joseph Losey; Interpreti: Pat O’brien, Robert Ryan, Dean Stockwell, Barbara Hale, Richard Lyon, Walter Catlett, Samuel S. Hinds; origine: Usa, 1948; durata: 82 min.
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iero, un bambino di dieci anni orfano di guerra, dopo essere stato sballottato da un parente all’altro, si ritrova a vivere con un conoscente anziano, amico di famiglia (che si fa benevolmente chiamare “nonno”) e un bel mattino si risveglia con i capelli verdi, così la sua vita cambia di colpo. Scoperta la vera fine dei suoi genitori (medici che, per salvare altri bimbi come lui, hanno scelto di restare in un ospedale, sotto l’inferno del cielo londinese illuminato dalle bombe, già allora obiettivo strategico per i militari) durante una colletta scolastica organizzata per gli orfani di guerra, viene emarginato dai compagni di scuola, che tentano addirittura di tagliargli i capelli per paura che il loro colore sia contagioso. Dopo un incontro onirico con i bimbi orfani dei manifesti della mostra scolastica, Piero decide di fuggire dall’ottusità della gente del paese, che non riesce a convincersi che il colore dei suoi capelli sia una sorta di premio, un “diploma” per ricordare a tutti il valore della speranza e della pace. Ritrovato dalla polizia, egli può raccontare la propria storia ad un medico “specialista di bambini”, il quale è il primo a capire che la sua diversità può essere positiva per lui e per gli altri.
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L
a scelta di utilizzare il bel film di Losey è stata adottata non senza qualche iniziale perplessità. Date le caratteristiche tecniche della “vecchia” copia si era preoccupati di suscitare un basso “indice di gradimento” che potesse influenzare poi negativamente il livello di attenzione e di partecipazione ai lavori degli alunni. Per la verità l’unico problema sorto è stato quello di non avere previsto nella fase di presentazione del film un lavoro specifico sul tema del “simbolo”. Di questa necessità il gruppo di lavoro si è reso consapevole non appena si è verificata la
difficoltà di fare comprendere il concetto della “testimonianza” per la pace che la “diversità” di Piero intendeva affermare. Prima fase Si procede ricordando l’anno di uscita del film, subito dopo la Seconda Guerra mondiale. Si ricorda loro inoltre che il film di oggi è stato molto probabilmente visto da molti dei loro genitori o nonni, i quali, forse, ricorderanno la canzone che il film ha reso celebre: Hip hip cavallin.
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Seconda e Terza fase In conclusione della visione si procede chiedendo di indicare alcune parole chiave del film. La raccolta è sufficientemente articolata e adeguata a tracciare i temi del film: pace, guerra, bambino, orfano, amicizia, famiglia, maestra, il colore verde, ecc. Si chiede di paragonare il protagonista con i protagonisti dei film precedentemente conosciuti. Emerge che Piero il protagonista di questo film è come Bashù, protagonista dell’omonimo film, egli è vittima di una guerra che viene mostrata attraverso i suoi effetti disastrosi, né qualificata né giustificata. Come Bashù anche Piero si trova a doversi inserire in un nuovo contesto fino ad allora sconosciuto,
Piero trova l’aiuto del nonno. Ancor di più, Piero è uno che reagisce, non si lascia trattare da bambino mansueto, ha una ricca fantasia, si difende. Nel suo sviluppo il racconto è basato sui continui flash-back, esso evidenzia momenti cruciali sottolineandoli col segno del prima e il dopo. La mappa della discussione guidata ha potuto utilizzare la stessa costruzione narrativa risultata efficace in quanto semplice. In effetti si decide di riportare gli avvenimenti dentro una scansione temporale che metta in evidenza le dinamiche sottolineate dal film.
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Guerra e pace, la cultura della guerra e la cultura della pace Si procede chiedendo di ricordare le scene che fanno riferimento alla guerra. Vengono ricordati: La raccolta dei vestiti per gli orfani, i manifesti della compagnia di aiuto agli orfani di guerra dentro la scuola, la conversazione tra le due signore nel negozio dove lavora Piero, ecc. Si chiede di ricordare la conversazione tra le due signore. In essa una di loro crede nell’inevitabilità di una guerra prossima ventura, l’altra sostiene che pro-
prio il credere nell’ineluttabilità della guerra la rende inevitabile. Ella crede che è necessario un discorso di pace come antidoto alla guerra. La diversità Si procede chiedendo di descrivere la giornata di Piero precedente alla scoperta dei capelli verdi. Gli elementi che emergono sono: la scoperta di essere orfano, la paura di una prossima guerra, il discorso del nonno a proposito della pianta “sempreverde” come simbolo della speranza.
42 Il valore della diversità Si chiede di descrivere la prima reazione di Piero dopo aver scoperto che i suoi capelli sono diventati verdi. La sua originale situazione viene inizialmente vista con entusiasmo, presto si trasforma però in un problema, non appena gli altri non la considerano pericolosa. Sono gli altri che attribuiscono un valore negativo alla diversità di Piero. Si chiede di descrivere la reazione della maestra. Si chiede di descrivere la spiegazione del dottore. Mentre la scienza non riesce a spiegare il caso, la maestra tenta un ragionamento sulla diversità con la classe. la conclusione del ragionamento è che la classe è fatta da tanti studenti diversi, tanti quante sono le sfumature del colore dei capelli: il nero, il castano, il rosso ecc., Il mistero dei capelli verdi Inevitabilmente il mistero dei capelli diventati verdi non trova una spiegazione che sia soddisfacente per gli studenti. Questo “scherzo” della natura o meglio della psiche, o forse uno degli effetti della guerra come la contaminazione radioattiva, è altrettanto misterioso tanto per Piero quanto per gli altri nel paese: il nonno, il medico, la maestra, ecc. Il “medico dei bambini”, lo psicologo incaricato di interrogare Piero, lui che conosce le tecniche per farlo parlare, è piuttosto scettico sul racconto di Piero, ma è altrettanto soddisfatto nel vedere ricomporsi in ultimo il rapporto tra Piero e gli altri in una situazione protettiva per il ragazzo. Si chiede di descrivere il momento nel quale Piero accetta i suoi capelli verdi. Solamente quando gli orfani ritratti nei poster, memoria dei disastri della guerra, si materializzano sono in grado di offrire una soluzione convincente per il bambino. Piero deve fare qualcosa di più degli orfani di quei poster, deve rendersi più visibile, deve fare sapere a tanta più gente possibile cosa ha lasciato la guerra dietro di sé: tanti orfani come lui, che vorrebbero essere gli ultimi orfani.
Quarta fase Si chiede che venga compilata una scheda, preparata precedentemente. In essa si chiedeva di ricordare tra le scene importanti, quelli che rappresentano un punto di passaggio tra una fase e l’altra del racconto. Si chiede di descrivere Piero scegliendo tra le seguenti qualifiche: Piero è una vittima, è un testimone, è un ribelle, è un bambino qualsiasi ma che ha i capelli verdi. Si chiede di ordinare i fatti come si sono succeduti nel racconto e nella realtà, utilizzando i numeri. I fatti Piero nella sezione della polizia; L’arrivo a casa del nonno; La scoperta di essere orfano; La scoperta dei capelli verdi; Piero rifiuta di proseguire il racconto.
Nel racconto
Nella realtà
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Kan yama kan fy qadim az-zaman (c’era, e chissà poi se c’era nel lontano passato)
Percorso di educazione interculturale attraverso le fiabe arabe e sarde
“C
’era una volta...”, era questa la formula magica che da bambini ci spingeva a seguire la narrazione in silenzio, quasi sospesi nell’immaginare tempi e luoghi sconosciuti. Ascoltare una fiaba era per noi un modo di viaggiare, di conoscere mondi diversi, quasi sempre irreali, popolati da personaggi di ogni tipo. Scoprire, attraverso la realizzazione delle attività del laboratorio interculturale con i nostri alunni, che le fiabe conservano ancora la possibilità di catturare l’attenzione dei bambini e di stimolare la loro fantasia, anche in un mondo come quello attuale dominato dai moderni mezzi audiovisivi, è stato per noi docenti abbastanza sorprendente e allo stesso tempo incoraggiante. Le fiabe rappresentano però anche un mezzo efficace per trasmettere i valori culturali di una popolazione, perciò nella didattica interculturale sono una fonte preziosa per conoscere un popolo, per capire la sua storia, per entrare in sintonia con le sue tradizioni. In un percorso indirizzato ad alunni della scuola elementare la conoscenza di fiabe tradizionali di diversa provenienza geografica occupa un posto privilegiato in quanto permette un efficace lavoro di analisi sugli aspetti culturali e religiosi di un popolo con attività che riescono a coinvolgere emotivamente i bambini senza mai annoiarli. Da queste considerazioni è nata la scelta di utilizzare il linguaggio fiabesco accanto a quello cinematografi-
co per delle attività di confronto e approfondimento di alcuni aspetti della cultura locale e di quella arabo-islamico-mediterranea. Il progetto educativo ha avuto carattere interdisciplinare e ha coinvolto le tre docenti del modulo ed un esperto esterno, che oltre a curare la proposta dei film e le attività legate alle proiezioni, ha raccontato le fiabe arabe in lingua originale, ha tenuto delle brevi lezioni di arabo proponendo l’alfabeto e alcune semplici forme di saluto, ha infine realizzato con i bambini la versione filmata di una fiaba sarda. Il suo contributo è risultato estremamente importante per tutti i bambini, ma ha assunto un particolare significato per l’alunno proveniente dal Marocco, le attività realizzate hanno infatti suscitato l’interesse degli alunni e dei loro genitori e hanno rappresentato per Soufian un’occasione per veder riconosciuto anche nel contesto scolastico il valore della sua cultura d’origine. Le fiabe sono state scelte con criteri particolari; poiché uno dei principali obiettivi dell’intero progetto era insegnare ai bambini a riconoscere e ad apprezzare i valori e gli apporti delle diverse culture individuando differenze e analogie, sono state proposte delle storie che contenevano nell’intreccio narrativo, nei caratteri dei personaggi e nella morale del racconto aspetti comuni alle due culture: sarda e araba. Nella fiaba araba “Giuhà e il ladro stupido”, ad esempio, il protagonista rappresenta un personaggio “ponte” fra culture, lo ritroviamo infatti nella tradizione letteraria di molti paesi del Mediterraneo. Inoltre alcuni aspetti nel comportamento di questo personaggio: la furbizia unita alla semplicità, la capacità di districarsi anche nelle situazioni più critiche riuscendo spesso a superare in scaltrezza le persone più importanti e potenti, lo rendono abbastanza simile ad un personaggio della fiaba “Su pilloni fuiu”, tratta dalla raccolta “Fiabe sarde” di Atzeni e Copez. Questo racconto, scritto in lingua campidanese e quindi abbastanza comprensibile per i bambini di Dolianova che hanno la possibilità di esprimersi in questa lingua abitualmente in famiglia e talvolta anche a scuola, ha reso possibile un lavoro di analisi e di confronto con la fiaba araba facendo scoprire ai bambini come gli intrecci narrativi e i personaggi si ripetano nelle fiabe indipendentemente dallo loro provenienza geografica o culturale.
45 Tutte le attività sono state decise collegialmente dalle docenti delle classi e dall’esperto esterno e si sono svolte secondo un percorso che può essere sintetizzato nei punti che seguono queste note. La descrizione che segue non ha certo la pretesa di essere esaustiva dal punto di vista didattico, semplicemente permette alcune riflessioni su un’esperienza che si è rivelata interessante e ricca di scoperte per gli alunni e i docenti coinvolti. Le fiabe sono state narrate prima in lingua originale poi in italiano; l’attività di ascolto si è svolta in uno spazio della scuola più ampio e comodo di quello dell’aula per offrire agli alunni un’atmosfera più distesa e favorire la concentrazione. Per aiutare la comprensione di alcune fiabe arabe la narrazione è stata accompagnata da alcune immagini in bianco e nero proiettate dalla lavagna luminosa. Dopo la lettura o il racconto sono state realizzate alcune attività linguistico-espressive: ai bambini è stato distribuito il testo nella doppia versione, in lingua originale e in italiano, sono stati poi guidati nella comprensione della storia con domande mirate allo scopo di far emergere da loro stessi le risposte e le spiegazioni, senza fornirgli definizioni precostituite. In alcuni casi nel lavoro di analisi si è partiti, come sperimentato precedentemente nell’attività di approfondimento dei film, dall’individuazione di parole chiave, altre volte si è proceduto con la ricerca e il riconoscimento degli elementi costitutivi della fiaba (tempo, luogo, personaggi, elementi magici ecc.). La fase di ricostruzione e di sintesi della storia è stata accompagnata dalla realizzazione di un vero e proprio “laboratorio di immagini”; dopo aver individuato la sequenza narrativa i bambini hanno rappresentato i momenti più significativi del racconto, utilizzando diverse tecniche grafico-pittoriche e lavorando in piccoli gruppi o individualmente. I disegni sono stati poi ordinati nella giusta sequenza e accompagnati da brevi didascalie. Attraverso la produzione dei disegni sui personaggi, gli ambienti e le situazioni si è cercato di sviluppare nei bambini la capacità di raccontare con le immagini superando gradualmente alcuni stereotipi nelle rappresentazioni.
Accanto a queste attività linguistico-espressive ne sono state realizzate altre a carattere più segnatamente interculturale. La presenza dell’esperto esterno, che in questo caso ha assunto il ruolo di “mediatore culturale”, ha consentito ai bambini non solo di avere una testimonianza diretta sugli usi e le tradizioni del paese di provenienza delle fiabe ma anche di sperimentare in forma ludica un approccio alla lingua araba. Dopo l’ascolto della fiaba è stata distribuita una scheda con parole arabe di saluto e presentazione e i bambini sono stati invitati a utilizzarle rivolgendosi ai compagni e alle insegnanti; in seguito hanno ricopiato sul quaderno “interculturale” i loro nomi e quelli dei compagni scritti alla lavagna con i caratteri dell’alfabeto arabo e hanno preparato un cartellone finale disegnando i volti dei compagni accanto ai nomi scritti nelle due versioni. Tra le tante attività di approfondimento che hanno accompagnato l’ascolto e la lettura della fiaba “Su pilloni fuiu” quella che ha registrato il maggior coinvolgimento dei bambini è stata la realizzazione di una versione filmata della storia con l’utilizzo dei disegni e l’elaborazione dei dialoghi in italiano e sardo. L’esperienza del laboratorio interculturale non si è conclusa con queste attività, proseguirà certamente nei prossimi anni con un progetto educativo che prevede il coinvolgimento delle famiglie e degli operatori dei servizi sociali e culturali del territorio. Siamo infatti convinte che l’educazione interculturale non possa essere circoscritta nello spazio di un’aula ma debba far parte di un progetto pedagogico complessivo che riguardi l’intera comunità. Carolina Petretto Francesca Saba Anna Virdis Docenti delle classi terze B-C di Dolianova
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Per un canarino in libertà
C’
era una volta un re che aveva un bellissimo canarino, di rara specie e di fantastici colori. Gli voleva bene più che ai suoi figli, e gli aveva messo a disposizione un servo, perché lo accudisse in tutto, gli desse da mangiare e soprattutto stesse attento a non farlo fuggire. Ma un bel giorno (bello, cioè, solo per l’uccellino), Vanni, questo era il nome del servo, dimenticò per un attimo (proprio uno, non di più) lo sportellino della gabbia aperto e... il canarino riprese la sua libertà. «Oh povero me – gemette Vanni accortosi della fuga – il re andrà su tutte le furie. Forse mi farà impiccare. Amava quell’uccello più del suo denaro!» A parte l’impiccagione, che non avvenne, il servo aveva visto proprio giusto: il re, saputo dell’accaduto, dopo aver urlato tanto da far dondolare fortemente, per lo spostamento d’aria, la gabbia ormai vuota, licenziò in tronco l’ex guardiano del canarino. Ma Vanni, che aveva famiglia da sfamare, cominciò a piangere e a implorare pietà. Il re, che aveva imparato a voler bene al servitore, forse perché a furia di stare col canarino ne aveva preso addirittura l’odore, e la sua stessa voce sembrava un cinguettio, si impietosì.
«Ascolta! – tuonò – se vuoi salva la paga, devi rispondere a due domande che io ora ti farò. Ma se non ci riuscirai assaggerai le pedate dei miei soldati». «Dite pure maestà – rispose Vanni con un filo di speranza – sono pronto a tutto». Con fare solenne, il re sentenziò: «Entro domani, devi sapermi dire qual è la distanza dalla terra al cielo e quante pietre ci sono volute per fabbricare il mio palazzo». Il servo, con l’aria sicura sul viso, ma con la disperazione nel cuore, promise: «Sciocchezzuole. Ben altro ci vuole per mettermi nei pasticci. Domani avrete la risposta». Uscito dal palazzo, cominciò ad arrabattarsi il cervello. Piangeva come un bambino e camminava senza sapere dove i piedi lo portassero. Per strada incontrò Pasquale, suo compare di battesimo. Questo Pasquale era un tipo piuttosto originale. Basso basso, aveva la pancia grande come un’anguria, perché mangiava più che parlare. Aveva il naso rosso come un peperone, perché beveva più che mangiare. Ma le rare volte che apriva bocca diceva cose sagge. Sapeva far lavorare bene, oltre lo stomaco, il cervello. Un caso più unico che raro.
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Si accorse da lontano che il compare stava piangendo e, avvicinatosi, gli chiese spiegazioni. Sempre in preda alla disperazione, Vanni, tra un singhiozzo e l’altro, gli raccontò tutte le disgrazie. «Ih – gli disse il compare – ti spaventi per così poco? Stammi bene a sentire: la soluzione non è difficile». Sedettero tutti e due su un muretto, e il servo, in religioso silenzio, ascoltò i consigli. «Prendi un rotolo di spago molto grande – cominciò Pasquale – e dì al re che la lunghezza dello spago è uguale alla distanza che c’è dalla terra al cielo. Ma bada: il rotolo deve essere proprio molto grosso». «E per il numero di pietre – chiese Vanni con ansia – che cosa gli dico?» «Per le pietre – rispose il compare – è molto più facile. Digli che ce ne sono due milioni. Se poi il re avesse qualche dubbio e ti dicesse che non è vero, ebbene, tu digli che misuri lui la distanza dalla terra al cielo e che conti lui stesso le pietre». Questi furono i consigli di Pasquale che, data una pacca sulle spalle al compare per incoraggiarlo, se ne ritornò per i fatti suoi. Il servo, tutto contento, la notte non dormi (tanto più che non aveva avuto il coraggio di tornare a casa) e all’alba stava già sotto il palazzo reale.
All’ora stabilita si presentò al re. «Ebbene – gli disse il re – hai trovato la soluzione ai problemi?» Con l’aria di chi la sa lunga, Vanni disse: «Ecco la distanza che c’è dalla terra al cielo» – e mostrò un enorme rotolo di filo, tanto grande che aveva dovuto trasportarlo su una carriola. Il re dapprima rise, poi serissimo disse: «Non è vero, non è questa». E il servo: «Misuratela voi stesso, di persona, e vedrete se ho ragione». Il re restò dapprima un po’ impacciato, quindi chiese: «Come potrò farlo?» «Con la sinistra – cominciò Vanni (ridendo sotto i baffi) tenete ben fermo il capo della matassa. Nello stesso tempo applicate all’altro capo del filo un bell’amo da pesca, che funzioni da àncora. Allora potrete lanciare il rotolo verso il cielo. L’amo si aggancerà a quella nuvoletta che sta proprio sopra di voi». Il re si fece portare subito un grosso amo e seguì le istruzioni del suo ex-guardiano. Dopo vari tentativi mal riusciti, l’amo si agganciò, non a quella nuvoletta, ma soltanto ad un ramo di pesco che c’era nel giardino. A quel punto il sovrano si rese conto dell’astuzia di Vanni.
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Ma non volle dargliela vinta e passò all’altro quesito: «E le pietre che ci sono nel mio palazzo, eh? quante sono, quante sono?» Il servo, ormai più spavaldo, disse: «Due milioni». «Ah, ah, – fece eco il re, scoppiando in una risata – questa poi non è assolutamente la verità». «Sì, sì – insisté Vanni – è verissimo. Contatele di persona, voi stesso, e vedrete se ho detto bugie». Il re, meravigliato dalla prontezza di spirito del servitore, non solo non lo scacciò dal palazzo, ma gli diede in premio una grossa somma di danaro.
Vanni corse subito a dividere il premio con compare Pasquale. Mangiarono e bevvero a sazietà per giorni e notti. Dell’uccellino non si seppe più nulla. Un tordo che l’ha conosciuto ci ha raccontato di averlo visto: ha detto che si divertiva un mondo a giocare con le lucertole e a saltellare sui rami e che aveva imparato a cantare in maniera straordinaria. Effetto della libertà.
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Su pilloni fuiu
U
na borta ci fiada unu rei chi teniada unu bellissimu canarieddu, e du stimada meda, e iad’ incarrigau apposta unu serbidori po di donai a pappai e po d’attendi in tottu, po chi no si fuessidi. Ma una bella dì, in d’unu momentu chi su serbidori iada lassau su sportellitu de sa cabbia obertu, su canarieddu si ’nci fiada fuiu. Su serbidori fiada disperau, puita scidiada chi su rei chi boliada beni a su canariu, no iad’ a porri sunfri ch’issu ’nci d’essidi lassau fuì. Infatti, benniu su rei e scipiu su fattu, iada donau s’ordini chi ’nc’essinti bogau po sempri su serbidori de su palaziu. Su serbidori iada cumenzau insaras a prangi, e a domandai perdonu e grazia, po sa famiglia manna chi teniada, promittendi e giurendi chi una simili mancanza non d’iada a essi fatta prusu. Insaras su rei moviu a cumpassioni, d’ia ’fattu zerriai a sa presenzia sua, e d’iada nau: «Ascurta: si tui mi spiegas duas cosas chi deu ti domandu, t’appu a lassai in su palaziu miu; si no, ti ’nci fazzu bogai de mala manera». «Neridi, Maestadi – iada arrispostu su serbidori – deu seu prontu a tottu». «Ebbeni tui deppisi nai crasi sa distanzia ch’inc’esti de innoi a su xelu, e cantu perdas ci funti boffìas po fabbricai su palaziu miu». Su serbidori promittidi chi iad’a essi arrispostu a sa domanda, mancai in su coru suu scidessidi de no essi bonu. Infatti ’nci fiada bessiu prangendi de su palaziu, e iada agattau in s’arruga un goppai suu chi bidendiddu prangi, d’iada’ domandau su mo-
tivu. E issu d’iada contau su fattu. «Esti po cussu chi si disperais? – d’iada nau su goppai – sa risposta è facili a d’agattai, e deu si da nau subitu. Pigai un rotulu de ’spagu mannu mannu, e narai a su rei chi cussa è sa distanza chi ’nc’esti de sa terra a su xelu, e po sa cantidadi de is perdas, naraiddi chi ’nci ’ndi funti dus milionis. Si issu circada de fai osservazionis, naraiddi chi misuridi sa distanza, e chi contidi is perdas». Su serbidori si ’ndi fiada andau tottu cuntentu, e s’uncrasi si fiada presentau a su rei. «Ebbeni – d’ia ’nau su rei – ita basi fattu po su chi t’happu ordinau?». «Eccu, Maestadi, sa risposta: sa distanza chi ’nc’esti de sa terra e su xelu è custa». E di presentada su rotulu. Su rei iada nau: «No, no esti berus, no esti custa». E su serbidori: «Misurididda, e ad’a bi’ si happu a tenni arresgioni». Su rei insaras si fia’ cittiu, poita no ’scidiada ita arrispondi. «E is perdas chi funti in su palaziu miu?» iada nau su rei. «In su palaziu suu ci funti dus milionis de perdas». «Oh – arrispondi su rei – custu poi no è berus assolutamenti». «Sì, sì – iada nau su serbidori – custu è berissimu, fezadiddas contai, e ad’a bi’ si appu nau sa beridadi». Su rei, meravigliau su spiritu de su serbidori, non solu d’iada tentu in domu sua, ma d’iada donau una summa de dinai, chi su serbidori iada dividiu cun su goppai, poita d’iada cunzillau su modu de si ’ndi bessì de impicciu. La fiaba “Per un canarino in libertà” è in Fiabe sarde, di ATZENI-COPEZ, Edizioni Condaghes, Cagliari 1996
50 Riassumi il testo, e cerca di tradurlo in sardo.
Su Pilloni fuiu C
i fiada una borta unu rei chi teniada unu bellissimu canarieddu. D’oliada tanti beni e iad’incarrigau unu serbidori po d’attendi.
C’
Ma una bella dì, su serbidori Vanni iada lassau su sportellittu de sa gabbia obertu e su canarieddu sinci fiada bollau.
Ma un bel giorno il servo Vanni lasciò aperto lo sportellino della gabbia e il canarino volò via.
Su rei sind’i fiada acatau e iada bogau su serbidori.
Il re se ne accorse e mandò via il servo.
Ma Vanni chi teniada una famiglia de pesai iada cumenzau a prangi e domandai piedadi a su rei. A su rei ndi di fiada partu mali e d’iada postu duas preguntasa: sciri su trattu tra sa terra e su xelu e sciri cantu perdasa abisongianta po fabbricai su palaziu. Su serbidori iada cumenzau a prangi poita no sciriada arrespundi in s’arruga iada adobiau a Pasquali, unu gopai su e d’iada contau su problema cosa sua.
era una volta un re che aveva un bellissimo canarino. Gli voleva tanto bene e aveva incaricato un servo per accudirlo.
Ma Vanni, che aveva un famiglia da sfamare, cominciò a piangere e chiedere pietà al re. Il re si impietosì e gli propose di rispondere a due domande sapere la distanza fra la terra e il cielo e sapere quante pietre erano necessarie per fabbricare il palazzo. Il servo iniziò a piangere perché non sapeva le risposte, ma per strada incontrò Pasquale, un suo compare al quale raccontò il problema.
51 Pasquali d’iada ascurtau e apustis d’iada donau sa risposta de su problema.
Pasquale lo ascoltò e poi gli diede la soluzione del problema.
Su serbidori totu cuntentu si fiada presentau a su rei e fiada arrenesciu a superai is provas grazias a is conzillus de su gopai.
Il servo, tutto contento, si presentò al re e riuscì a superare le prove grazie ai consigli del compare.
Su rei meravigliau no solu d’iada tentu in domu sua ma d’iada donau una summa de dinai po d’arricumpenzai.
Il re, meravigliato della furbizia mostrata da Vanni, gli permise di rimanere al palazzo e gli diede in premio una grossa somma di denaro.
Vanni iada dividiu su dinai con su gopai e fianta abarrausu impari a tottu dì e a tottu notti po’ si spassai. De su canarieddu no s’indi fiada scipiu prus nudda.
Vanni divise il premio con il compare e insieme rimasero giorni e notti a divertirsi. Del canarino non si seppe più nulla.
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Giuha e il ladro stupido Un giorno, un ladro decise di derubare la casa di Giuha. Durante una notte di luna piena si arrampicò sul tetto e si preparò ad introdursi nella casa. Ma Giuha che stava dormendo accanto a sua moglie udì il rumore del ladro, si svegliò e svegliò sua moglie. Giuha sussurrò alla moglie: «credo che ci sia un ladro sul tetto della nostra casa». La moglie impaurita disse: «dobbiamo liberarcene, ma come fare o Giuha?» Dopo un attimo di riflessione, Giuha le disse: «fai come ti dico: fai finta di svegliarmi dal sonno per chiedermi da dove ho avuto tutti questi soldi che possiedo». La donna disse ad alta voce per essere sentita dal ladro: «svegliati Giuha, svegliati, cosa sono tutti questi soldi? e come hai fatto a raccogliergli?». Lui le rispose sbuffando: «mi svegli a questa ora tarda della notte per chiedermi il segreto della mia ricchezza?». Poi aggiunse: «nonostante ciò ti racconterò. Quando ero giovane derubavo le case...». Giuha proseguì dicendo: «mi arrampicavo sui tetti delle case nelle notti con la luna piena e aspettavo finché apparisse la luna...».
Ricostruisci la storia rappresentando con il disegno i momenti più importanti.
53 La moglie chiese meravigliata: «cosa c’entra la luna con i furti?». Giuha rispose: «attendevo la luna per appendermi alla luce che penetrava nelle case dal cortile mentre dicevo shulam bulam per sette volte». La moglie disse: «e perché questo Giuha?». Giuha rispose: «abbracciavo fortemente la luce e la usavo per calarmi dentro le case, rubavo ciò che potevo e poi risalivo senza che nessuno degli abitanti se ne accorgesse». Il ladro udì la conversazione tra i due sposi e pensò: «che gran bel bottino, è una notte fortunata, quanto sei stupido Giuha! Perderai tutti i tuoi soldi». Il ladro guardò il cielo e quando penetrò la luce della luna dentro la casa di Giuha l’abbracciò dicendo: Shulam Bulam sette volte poi si lasciò cadere lungo il fascio della luce. Il ladro precipitò a terra, si ruppe le ossa e prese a lamentarsi e a urlare dal dolore. Giuha si affrettò verso di lui gridando alla moglie di accendere la luce prima che scappasse il ladro. Il ladro sofferente disse a Giuha: «dove diamine hai imparato questo metodo ingannevole? Io con la mia mentalità stupida dove vuoi che scappi da te?».
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Parola di ginn... di Rossana Copez
D
opo mille avventure e disavventure nella sua isola, alle prese con cavallini verdi, janas e folletti i più strani, Basuccu, personaggio stralunato e un po’ tontolone delle Fiabe Sarde, arriva al porto di Cagliari, dove vede il mare per la prima volta e ne resta incantato. Fa conoscenza col furbo pescatore Strumingiu che lo abbindola e lo imbroglia... “Fecero uno scambio: al pescatore la pentola d’oro e allo sciocco la barca, la vela e la rete. Basuccu s’imbarcò in un attimo. Sollevò la vela e si allontanò oltre l’orizzonte. Nessuno l’ha più visto tornare”. Certamente i vecchi ubriachi delle osterie del porto di Cagliari hanno raccontato, nel tempo, un sacco di storie sulla fine di Basuccu, ma non vale la pena di prestargli molta fede: è più la forza del vino che quella della memoria. Ma dove è andato a finire, davvero, Basuccu? Quale è stata la sua sorte? Di versioni me ne sono state raccontate tante, ma quella che preferisco è questa:
“Q
uella sera, appena in alto mare, si alzò un forte vento di maestrale, che spira da nordovest e porta al largo, verso l’Africa. Tutta la notte la barca di Basuccu venne sballottata nel Mar Mediterraneo, come fosse guscio di noce. Il nostro poveretto si sentiva smarrito, terrorizzato da quelle onde alte e minacciose. Si aggrappava all’unico albero dell’imbarcazione e un po’ malediceva Strumingiu che lo
aveva preso in giro ed ingannato, un po’ invocava il Padreterno e tutti i Santi del Paradiso, spesso inventando i nomi perché non ricordava il vero santo protettore dei naviganti e dei derelitti come lui. Qualcuno, forse San Cristoforo o la stessa Madonna di Bonaria in persona, lo ascoltò, evidentemente, perché... come per incanto, il mare si placò, e Basuccu si ritrovò nelle acque calme di un porto dove lavoravano uomini di carnagione appena più scura della sua, che parlavano una lingua per lui incomprensibile. Gettò l’ancora e si fermò poco distante da quella gente, da quella terra che non conosceva e di cui aveva una paura tremenda. Ma, nonostante la paura, stanco come mai si era sentito, si abbandonò, si stese sul fondo della barca e si lasciò dondolare dolcemente. Ad un tratto, appeso all’albero della randa, gli apparve uno strano figuro, che pareva beffardo ma gli sorrideva amico. “Altri porti, altre città e paesi tu incontrerai, amico mio, che si affacciano su questo mare, che è lo stesso su cui si affaccia la tua isola, che è appena là... dietro di te”. “Chi sei?” chiede Basuccu svegliatosi di soprassalto. “Io? Sono un ginn – disse quello, disegnando un grande inchino con l’unica mano libera – parente lontano delle janas, parente vicino di Maschinganna e del folletto delle 7 berrette. Io ti conosco, sai? Tu sei il fratello gemello di Giuha”.
55 “Cosa vuoi da me?” chiede l’altro ormai sfinito e pronto a tutto. “Cosa voglio? Una cosa, una cosa soltanto. Spiega la tua vela al vento, e affronta ancora il mare, tenendo sempre d’occhio la costa. Toccherai un paese dopo l’altro, un porto dopo l’altro, come tante perle a formare una collana. Fermati ogni volta e fai, se ci riesci, la cosa più difficile per la maggior parte delle persone”. “Ma io sono Basuccu – piagnucola quello – come faccio a fare una cosa così difficile?”. “Per riuscirci occorre avere un dono, Basuccu: curiosità e animo libero”. “E cos’è, dimmelo, cos’è questa cosa difficile che devo fare?”. Il ginn fece una giravolta continuando a tenersi con una mano all’albero della vela e poi sottovoce disse: “Taci e ascolta. Porgi il tuo orecchio a tutto ciò che ogni luogo e ogni porto ti racconterà. Sentirai storie di folletti, di fate e di streghe. Ognuno di essi ha nomi diversi, ma scoprirai che sono parenti stretti, strettissimi, di quelli che conosci già. Solo così quei paesi e quei porti ti saranno più familiari, meno estranei”. “Ma come è possibile? Quelli che io conosco sono troppo lontani, tantissime notti di veleggiate e di vomiti fa”. “Questo mare, lo vedi Basuccu questo mare? È come un grande lago, e qui sono nati tutti: i tuoi folletti, le tue janas, i ginn e anche Giuha, il tuo fratello gemello, che dagli amici intimi si fa chiamare anche Giufà. Per tanto tempo i mercanti, ma anche i pirati, che andavano con le loro vele e i loro remi di porto in porto, di paese in paese hanno raccontato le storie dell’uno nei luoghi dell’altro, capisci, Basuccu? Se tu ascolterai bene e se riuscirai a tornare nella tua isola, sarai un gran signore, che nes-
suno più ingannerà e tutti, dico tutti, staranno intorno a te ad ascoltare a bocca aperta le storie che hai appreso. Sarai perfino considerato saggio, ricco di conoscenza e di avventure”. Un’altra giravolta e il ginn sparisce, lasciando Basuccu a bocca aperta. E il nostro amico, dopo una bella dormita, spiegò le vele e riprese il mare continuando, con la sua barca, a veleggiare per i paesi e i porti del Mediterraneo. Non si deve essere ancora stancato di ascoltare storie e racconti di quei popoli, perché ancora la sua vela non si vede rientrare nel porto di Cagliari. “Ricco di conoscenza e di avventure”. PAROLA DI GINN. Mi sembra, in fin dei conti, proprio questa la motivazione e la finalità insieme di un percorso educativo che contribuisce alla crescita di una coscienza multiculturale delle giovani generazioni. La parola d’ordine del secolo XXI è “multiculturalismo”: la vera scommessa della scuola del futuro. “Persone di radici culturali diverse possono coesistere; si può imparare a leggere la banca immagini di altre culture, si può imparare a pensare sullo sfondo di una società plurale. Anche la conoscenza è un ibrido, è il frutto di logiche combinatorie, di mescolanze, di incroci, di strappi. Questo afferma il multiculturalismo” così sostiene Vinicio Ongini nella premessa al suo libro “Lo scaffale multiculturale” edito da Mondadori nel 1999. E noi con lui. Quel vasto anfiteatro che è il Mare Mediterraneo ha visto sulla scena per secoli e secoli lo stesso repertorio: incontri e scontri, aspri conflitti e grandi alleanze. In compenso il suo genio ha saputo, in ogni epoca, riaffermare la sua creati-
56 vità, rinnovare la sua fabulazione a nessun’altra uguale. Su ogni sponda bagnata da questo Mare Nostrum esistono modi di essere e maniere di vivere comuni o avvicinabili, a dispetto delle scissioni e dei conflitti esistenti. Non esiste una sola cultura mediterranea, ce ne sono molte in seno ad un solo Mediterraneo, ma qualcosa, come un filo sotteso le sostiene e le alimenta, perché, nei secoli, gli uomini si sono mescolati e con essi le loro credenze, i loro miti, e le loro storie. Proprio le storie e i racconti favolistici, figli diretti dei miti, hanno tenuto compagnia a quegli antichi naviganti e mercanti e li hanno fatti sentire un po’ a casa propria quando li raccontavano in porti e posti lontani ed estranei. Le merci e le storie hanno sempre viaggiato insieme nelle stesse navi. Ecco perché è da quelle storie, che hanno tratti in comune pur nella diversità, che si deve partire per creare una sensibilità e una educazione multiculturale. La fiaba, figlia del mito, è ancora oggi, e non solo per i più giovani, il punto di partenza e di arrivo e di incontro. Maghe, streghe e stregoni, spiriti del mare e della terra, animali fatati, mostri e fantasmi raccontano di un luogo che è terra e mare insieme, ci parlano di pescatori e agricoltori impegnati in una lotta quotidiana per la sopravvivenza, di pericoli e di imprese, di magie e sortilegi e dell’onnipresenza della morte. Memoria e tradizione ne assicurano la sopravvivenza, ma è la magia della parola, il potere evocativo di chi narra che ne prolunga l’esistenza e ne rinnova l’efficacia. Il nostro Basuccu, o Giufà che dir si voglia, o Giuha, è sempre lui: tontolone, a volte furbetto, e sempre pronto a nuove avventure.
Che bello questo lavoro della scuola elementare di Dolianova! I bambini, guidati opportunamente, hanno usato i diversi mezzi d’espressione artistica: il disegno, la pittura, il cinema, la scrittura. Per rappresentare storie del loro paese e degli altri paesi, hanno creato un tessuto di mille colori e ogni colore è un personaggio, una fiaba, la visione della vita di un altro popolo. Per poter fare tutto il lavoro che è presente, peraltro, in questa pubblicazione, hanno dovuto, però, innanzitutto, fare una cosa, una cosa molto difficile ai giorni nostri: l’ascolto degli altri. Per riuscirci occorreva avere un dono: tanta curiosità e un animo libero. Lo avevano, evidentemente. E hanno ascoltato. Hanno prestato orecchio a ciò che ogni luogo ha raccontato. Hanno sentito storie di fate e di folletti e di streghe. E hanno scoperto, davvero, che pur avendo nomi diversi erano parenti stretti strettissimi. Hanno scoperto che la vera essenza di un popolo, di ogni popolo, in fondo, è comune a tutti gli altri. Nel percorso dell’evoluzione di ogni bambino del mondo, infatti, c’è una, due, mille fiabe. Anzi mille e una. E poi hanno giocato. Hanno scritto in una lingua diversa, tanto diversa da essere ritenuta la più difficile per eccellenza: “sembra arabo” si dice di una cosa incomprensibile. E loro, i ragazzini, con la giusta guida e il giusto animo hanno, non scritto, ma “disegnato” i propri nomi, perché ogni scrittura, in fondo è un vero disegno. ■
57 Descrivi le attività svolte durante il laboratorio interculturale.
Durante il laboratorio interculturale abbiamo fatto tante attivita’ diverse: proiezioni di film, ascolto e lettura di storie arabe e sarde, preparazione di cibi arabi e sardi. Un signore libanese chiamato Imad ha proiettato dei film provenienti da paesi diversi: Iran, Africa, Italia, Stati Uniti. Dopo la proiezione il film veniva spiegato e approfondito da noi e da Imad. Per tutti i film abbiamo lavorato con testi e disegni. La parte del corso che mi ha interessato maggiormente e’ stato il lavoro con la fiaba sarda “Su pilloni fuiu”. Abbiamo letto la fiaba in sardo e in italiano, abbiamo fatto dei disegni che rappresentavano i momenti piu’ importanti della storia, abbiamo inventato i dialoghi e poi abbiamo dato la nostra voce ai personaggi realizzando una video fiaba. Marco terza C Quest’anno abbiamo realizzato delle attivita’ interculturali che mi sono piaciute molto: proiezioni, discussioni sui film visti, disegni, cartelloni, lezioni di arabo, lezioni di cucina, lettura di fiabe. Ogni film era ambientato in un paese diverso: Kiriku’ in Africa, Bashu’ in Iran, La gabbianella in Europa, Il ragazzo dai capelli verdi in America. Vittorio terza B
ha incuriosito molto sentire una storia in una lingua che io conosco poco, le fiabe arabe perche’ e’ stato bello riascoltare qui in Italia un racconto con un personaggio, Giuha’, che io conoscevo gia’ quando stavo in Marocco. Dei personaggi dei film Bashu’ e’ quello che mi ha colpito di piu’ perche’ anche lui come me si e’ trovato in un paese dove all’inizio non poteva parlare con nessuno perche’ non lo capivano e lui non capiva la loro lingua. Soufian terza B L’attivita’ che mi e’ piaciuta maggiormente durante il corso d’intercultura e’ stata la realizzazione della videofiaba perche’ era un attivita’ completamente nuova. Dei personaggi delle fiabe mi ha colpito molto il canarino della fiaba “Su pilloni fuiu” era piccolo e colorato e sicuramente molto intelligente perche’ ha preferito la liberta’ alla prigione in una gabbia d’oro. Simona Terza C Di tutte le attivita’ svolte quella che preferisco e’ vedere i film insieme ai miei compagni nella sala di proiezione perche’ e’ la prima volta che posso vedere un film al cinema insieme ai miei amici. Cristian terza B
E’ stato bello assistere alla proiezione del film “Kiriku’ e la strega Karaba’”, mi e’ piaciuto personaggio di Kiriku’ perche’ era un bambino Tra le attivita’ del laboratorio interculturale cio’ ilintelligente e velocissimo. che mi e’ piaciuto di piu’ e’ stato ascoltare le Simone terza C fiabe sarde e arabe, le fiabe sarde perche’ mi
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Ciao Benvenuto
Piacere
Lei è Sara
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Io sono Karim, e tu?
Io sono Marco e lui è Carlo
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