Fiaba dell’uomo che riesumò la vecchia Illustrazioni di Emanuele Cantoro
Questa storia inizia con un re che non era sposato, ma aveva una madre anziana, e con un uomo e una donna che vivevano in una povera casetta. Il re possedeva una tale quantità di bestiame che mainava a pascolare un numero di manzi pari alle pecore che avrebbe potuto vantare un fattore benestante. Tra i suoi bovini c’era un toro che spiccava fra tutti gli altri per fattezze e dimensioni. Una volta durante l’estate, mentre si trovava nei campi, la donna della casetta cominciò a sentire un gran freddo. “Ma che dispiacere” esclamò il marito, “sapere che tu hai tanto freddo, con tutti i buoi che il re possiede in queste terre desolate; andrò a prenderne uno.”.“Si, bravo, scherza col fuoco, così poi ci rimetti la vita”, ribatte la moglie. “No, no, non preoccuparti”, la rassicurò l’uomo, “me la caverò”.
Allora si mise in cammino, trovò i buoi al pascolo, si avventò sul più massiccio e lo condusse nella sua casetta, dove lo macellò. Così se lo mangiò di gusto insieme alla moglie. Durante l’autunno il re mandò i servi a radunare i suoi buoi e si accorse che gli mancava il migliore. Lo fece cercare, ma non si riuscì a trovarlo da nessuna parte. Il sovrano pensò che glielo avessero rubato, così sua madre gli suggere di raccogliere delle prove per capire se ci fosse di mezzo il pover’uomo della casetta.
“Mettimi dentro il cassone più grande” gli disse, “e lasciami provviste sufficienti per tutto l’inverno. Poi chiedi all’uomo di custodire per te il cassone a casa sua, perché tu non hai abbastanza spazio.” Al re piacque molto il consiglio, così uscì di casa a grandi passi trascinando il cassone e chiese al povero contadino di custodirglielo. Lui accettò volentieri.Ebbe inizio l’inverno, con giorni di forte gelo. Una sera alla donna prese un gran freddo e il marito le disse: “Perché te ne stai lì a patire? Piuttosto va’ a cucinare un pezzo del manzo che ho preso al re la scorsa estate.” La donna ubbidì e poi si accomodò a tavola a gustare quel ricco pasto insieme al marito. Mentre stavano mangiando l’uomo sentì dei colpi di tosse provenire dal cassone. Si allontanò di scatto dal piatto e si gettò sul baule per aprirlo, così vide che cosa conteneva. “Vergognati” gli disse la madre del sovrano, “venire a curiosare qui dentro, dopo che hai rubato il miglior toro di mio figlio.” “Si, ma tu non andrai a raccontarlo in giro”, ribatte il contadino, e le corse l’osso del collo. Dopo di che le mise in bocca una buccia di formaggio rinsecchita e richiuse il cassone cantando vittoria.
Verso la fine dell’inverno il re volle andare a controllare il suo cassone, così lo fece trasportare fuori sull’aia. Quindi lo aprì dicendo “Adesso sapremo se ha scoperto qualcosa”, ma vide subito che sua madre era morta, e sicuramente di stenti, perché aveva una buccia di formaggio rinsecchita in bocca e accanto a lei non era rimasta più una briciola del cibo. Il contadino esclamò: “Che tragedia che non mi abbiate detto che cosa conteneva il cassone, avrei di certo potuto fare qualcosa per aiutarla.”
Il re tornò a casa con il cadavere, fece scavare una fossa e chiese all’uomo di fargli da becchino, e l’uomo accettò. L’anziana donna venne sepolta e il re richiese che insieme a lei venisse interrata una gran quantità di cibo, perché voleva che sua madre lo ricordasse insieme a dovizia di ricchezze, benché fosse morta di fame, e così fu fatto.
Il contadino fece poi ritorno alla sua casupola, dove trovò la moglie in preda ai brividi. “Ma che pena vederti tremare così di freddo e sapere di tutto il ben di dio che hanno sepolto oggi insieme a quel vecchio demonio della madre del re. Vado a riesumarla.” “andrà a finire che ci rimetterai le penne”, gli disse la donna. “me la caverò”, rispose lui e simile in marcia. Dissotterrò la vecchia e tirò fuori tutte le scorte di cibo che erano state sepolte insieme a lei e le portò a casa non sé, poi prese la vecchia, la mise in una cassa e la sistemò nella vecchia cappella reale, dove il sovrano era solito andare a recitare le sue preghiere del mattino, e infine fece ritorno a casa. Il mattino dopo il re entrò nella sua cappella. Quando alzò lo sguardo si accorse che c’era anche sua madre ed esclamò: “Lo sospettavo” Andò con i suoi uomini a controllare nella tomba, ma non vi trovò niente di tutto ciò che era stato sepolto insieme alla donna. Così mandò a chiamare il contadino perché la seppellisse di nuovo e gli ordinò di depositarvi molto più cibo e ricchezze della prima volta.
Dopo di che il contadino tornò nella sua casetta. Ma non passò molto tempo che alla moglie vennero i brividi per il freddo. L’uomo non poté fare a meno di dire: “Ma che pena vederti tremare dal freddo e sapere cosa è stato sepolto l’altro giorno con quella vecchia megera della madre del re. La dissotterrerò ancora un’altra. Volta.” “Ti caccerai nei guai”, ribatté la moglie, “e finirai ammazzato”. “Non preoccuparti”, rispose lui, “me la caverò.” Poi uscì di casa mentre tutti dormivano, riesumò la vecchia, la trasportò fino alla più alta torre e la sistemò proprio davanti alla porta, quella da cui passava sempre il re appena scendeva dal letto. Dopo di che andò a prelevare tutto quello che di valore c’era dentro la fossa e lo portò a casa con sé.
Al mattino, quando il re uscì dal le sue stanze, gli capitò di girare lo sguardo e disse a tutti gli uomini presenti: “Guardate, garzoni! Un angelo seduto!” E prese a strepitare: “Scendi sulla terra, Signore mio!” Poi d’un tratto s’interruppe, ci pensò un attimo ed esclamò: “Ma è mia madre! Servitori miei, andate subito a seppellirla di nuovo, e chiamate il contadino della casetta, voglio che ci sia anche lui. Stavolta mettete nella fossa oro e argento in quantità, viveri e gli oggetti più preziosi che ho da offrirle, in modo che la sua fame nei miei confronti possa placarsi.” E così fu fatto. Dopo di che il contadino fece ritorno a casa e per qualche tempo visse nell’opulenza.
Un giorno però la donna tornò ad essere scossa da profondi brividi, fino a tremare tutta e a battere i denti per il freddo. Il marito se ne accorse e le disse: “Ma che pena vederti, ti porterò qualcosa che possa riscaldarti, Andrò a disseppellire la madre del re, perché insieme lei sono state interrate quantità incredibili di oro e argento, vivande e altri beni.” “Te l’ho già detto”, ripeté la donna, “ti caccerai nei guai, e alla fine ci rimetterai la vita.” “Me la caverò”, disse lui. Allora si mise in marcia, la riesumò, recuperò un cavallo selvaggio e gliela sistemò sulla groppa, poi prese tutte le chiavi della fortezza e le assicurò addosso alla donna. Il cavallo non tollerava i finimenti e così cominciò a saltare e a scalpitare con la vecchia in groppa per poggi e per colline. Quando il re fece ritorno dal suo solito giro, vide la scena e sospettò subito di che co sa potesse trattarsi, perciò chiese ai suoi uomini di rincorrere quel destriero e fermarlo.
Ma nessuno ce la fece e alla fine il cavallo saltò giù dalla scogliera, con la vecchia sulla groppa, e morì. Da allora l’uomo della casetta visse nel lusso insieme alla moglie e non si sentì più dire da lei che il freddo l’avesse tormentata ancora. Con tutto ciò il re si ridusse invece in completa povertà. E così si conclude questa fiaba sostanziosa. Vorrei illustrare questo testo in maniera da affrontare la realtà macabra e cruda delle fiabe islandesi.