Alpennino 2014 n 4

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Notiziario trimestrale delle Sezioni del Club Alpino Italiano di Alessandria, Acqui Terme, Casale Monf., Ovada, San Salvatore Monf., Tortona, Valenza. Autorizzazione Trib. di Casale n. 155 del 27.2.1985 - Direttore Responsabile Diego Cartasegna - Direzione e Amministr. Via Rivetta, 17 Casale Monferrato. Redazione e Stampa Tipografia Barberis snc San Salvatore Monferrato “Spedizione in a. p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Alessandria” Anno XXV - Num. 4 - OTTOBRE 2014

La scalata

CORAZÓN, CARACTER Y PASIÓN Dietro queste tre qualità si nasconde per me l’arte di scalare. Ecco quindi che, se te ne manca solo una, non hai mai scalato. Tutti quelli che scalano hanno cuore, carattere e passione? No, non lo credo. Amo spendere giornate in verticale, sia sulla roccia sia su ghiaccio, in falesia come in montagna, d’estate come d’inverno. Ma sebbene di giorni in verticale io ne abbia ormai spesi tanti, di scalatori ne ho incontrati sempre pochi. Quelli che ho avuto la fortuna di conoscere li ho presi ad esempio. Quelli a cui ho avuto l’onore di legarmi sono Amici formidabili e fanno parte di me sempre e comunque. Scalare per me non è progredire in verticale. Di “progressisti verticali”, senza scomodare Berlinguer, allora si, ne ho incontrati parecchi. Puoi incontrarli facilmente. Li incontri anche al bar.

L’autore sul traverso di “Voyage selon Gulliver”, Gran Capucin, Monte Bianco Ma cosa vuol dire scalare, ve lo siete mai chiesti? Scalare può essere inteso come sinonimo di una moltitudine di altre parole e concetti dal significato assai elevato; contemporaneamente espressione e metafora di vita vissuta. Scalare è sognare. Scalare è concepire un progetto, porsi un obiettivo. Scalare è impegnarsi, sul serio, tutti i giorni. Scalare è volontà e motivazione nel migliorarsi. Scalare è prendere continuamente degli schiaffi in faccia, che ti fanno male ma che piantano in te il seme dell’umiltà. Scalare è non mollare. Scalare è non fermarsi mai, è crederci sempre, è non voltarsi indietro. Scalare è scalare se stessi e dunque arrivare in cima al proprio sogno. Se è vero che qualcuno lo puoi trovare in parete, certamente è altrettanto vero che ci sono degli Scalatori che non si sono mai legati ad una corda… E non hanno fatto free solo. Scalano in ospedale, come paziente o come professionista. Scalano sul loro lavoro ma non sempre fanno carriera. Tutti questi sono Scalatori perché non mollano mai. Continuano tosti e fieri perché hanno un obiettivo da raggiungere. Hanno una determinazione incrollabile nel perseguimento del loro obiettivo. Traggono le loro inesauribili segue a pag 3 ➤

Trail, ultra trail, chilometri verticali e dintorni

IN MONTAGNA... DI CORSA Può sembrare insolito parlare di corsa su una rivista che tratta di montagna ma, a ben pensarci, se la corsa si svolge lungo sentieri montani, non è poi così fuori luogo. Io pratico alpinismo in tutte le sue forme da parecchi anni, mentre ho iniziato a dedicarmi alla corsa da relativamente breve tempo, diciamo 7-8 anni, tolto un’iniziale pratica che risale ancora ai tempi delle scuole elementari/medie (è la dimostrazione che le passioni si possono assopire, ma mai spegnere). La rapida evoluzione di questa mia “seconda” passione è stato il passaggio dalle corse in pianura e sulle colline nostrane (comunque già belle), alle corse in montagna. Tale interesse è nato dall’esigenza di poter fare attività aerobica quando sono già sazia e appagata di arrampicata, soprattutto d’estate quando non c’è lo scialpinismo a compensare; o anche quando per il brutto tempo non è consigliabile praticare alpinismo; devo anche dire, in realtà, che quando mi scattano la voglia e la convinzione, attirata da un bel percorso in un altrettanto bel posto, mi lancio nella sfida indipendentemente da tutto il resto. Premesso che la corsa in montagna si svolge su percorsi prevalentemente fuori strada, su sentieri caratterizzati per lo più da terreni sconnessi, che possono comprendere tratti innevati, la cui difficoltà alpinistica non supera il 2° grado e la pendenza il 40%, questo ormai complesso mondo si può, semplificando, suddividere in due branche: le sky race (o trail per i sentieri in natura non solo montani): queste si sviluppano su lunghezze non sotto i 20 km, fino ad arrivare a 70-80 o anche di più per le sky marathon e gli ultra trail, con dislivelli variabili; i km verticali: sono corse molto brevi (max 5 km di sviluppo) che affrontano 1000 m di dislivello, quindi con una sostanziale pendenza. In comune le due specialità hanno l’ambiente in cui si svolgono (a volte anche a quote elevate), gli aspetti etici e lo spirito con cui vanno affrontate,

cioè in armonia con la natura e con gli altri, all’insegna della semplicità, della convivialità, del rispetto per la natura, per gli altri concorrenti e per se stessi e dell’umiltà (accettando i propri limiti); il tutto con il piacere di muoversi in ambienti incontaminati e con panorami mozzafiato, concentrati prima su questo piuttosto che sull’aspetto puramente competitivo. Insomma: un po’ gli stessi valori che lo Statuto del CAI insegna! Personalmente, quando partecipo a queste gare, l’emozione che provo non si discosta poi molto da

quella che provo quando arrampico: è soprattutto un senso di libertà, il pensiero concentrato su quello che sto facendo, sulle mie sensazioni fisiche e su ciò che mi circonda. Questo per me è anche un buon metodo per scaricare tutte le ansie (lavorative e non solo) accumulate nell’arco della settimana; così, al termine della gara, indipendentemente dal risultato ottenuto, mi sento completamente rilassata e appagata. Devo dire che, pur non allenandomi specificatamente in questo sport, i risultati non sono neanche così mediocri, anzi… spesso finisco sul podio e in questi casi l’emozione è ancora più forte! Sarà il naturale allenamento che già mi deriva dall’andar per segue a pag 2 ➤

Il problema

MOTO SUI SENTIERI: NIENTE SCONTI L’editoriale di Montagne 360 di settembre è dedicato ad un problema fondamentale per la tutela dell’ambiente, la manutenzione dei sentieri e la loro fruizione da parte degli escursionisti: l’utilizzo di sentieri e sterrati da parte dei mezzi motorizzati a scopo ludico. Segue un articolo che analizza la situazione nelle diverse Regioni, ottimale solo nelle Province Autonome di Trento e Bolzano ed in Val d’Aosta, rilevando le diffuse criticità attraverso le testimonianze dei diversi Gruppi Regionali CAI. Sembrerebbe il preludio ad una forte azione della dirigenza centrale volta ad ottenere ciò che da più parti viene richiesto: una legge nazionale che vieti l’uso a scopo ludico dei percorsi sterrati, salvo quelli che servono borgate abitate, come avviene in alcune Regioni dove il ricorso all’asfalto è sta-

to meritoriamente limitato. Lascia assai perplessi invece l’intervista al presidente della Federazione Motociclistica Italiana, che parla di un incontro con il Presidente Nazionale Martini, preludio ad una sorta di Protocollo di Intesa che non potrebbe che prevedere l’utilizzo delle sterrate per manifestazioni Motoristiche. Ricordiamo che, all’Assemblea LPV di Biella, due anni fa l’Intersezionale Alpi del Sole presentò una mozione che impegnava la dirigenza ad operare per ottenere il bando di tutte le attività ludiche con mezzi motorizzati (elicotteri compresi) dalle nostre montagne. Sarebbe il caso di riprendere l’argomento nella prossima assemblea di Valenza e chiedere che le iniziative di questa presidenza tornino ad essere in sintonia con il Corpo Sociale.


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IN MONTAGNA... DI CORSA

monti scalando e facendo gite di scialpinismo? Sicuramente è così: fatto sta che quando mi chiedono da dove vengo e cosa faccio, rimangono sempre un po’ stupiti e fanno la battuta: “chissà se ti allenassi solo su questo!”. A chi pensa che l’andar veloci per monti non abbia molto a che fare con lo spirito dei “montagnini”, posso ribattere: non importa la velocità con cui si assaporano i piaceri della montagna, ma la qualità e lo spirito che ci accompagna; del resto, i risultati in termini d’umore (come dicevo prima) me lo confermano. In quei momenti, quando la fatica si fa sentire parecchio, lo sconforto non prende mai il sopravvento, sono anzi ancora più spronata a raggiungere la meta, che può essere una cima o semplicemente il traguardo, proprio come quando scaliamo su una via; e, come sempre, mi rendo conto di avere forze che non pensavo di avere, scatta quella grinta che solo in certe occasioni si manifesta. Fare un elenco delle corse in montagna finora fatte sarebbe lunghetto e forse anche un po’ noioso per i non appassionati. Qualche sprazzo di ricordi, qua e là, vale però la pena condividerlo: - primo km Verticale (la Salita al Pavillon da La Palud, Courmayeur): allora mi era sembrato durissimo (l’ho poi ripetuto altre volte e direi: fattibilissimo); - il Tour Gran Paradiso (rilassante giro in Valnontey e dintorni): affrontato col ginocchio fresco di operazione al legamento crociato (rotto per altro cadendo sugli sci), mi era sembrata un’impresa; - la prima sky race (la 3 Rifugi dal Pian delle Gorre, passando dal laghetto del Marguareis, Rifugio Garelli, Rifugio Mondovì, Rifugio Mettolo Castellino): su e giù

per 26 km e 2050 m di dislivello di puro piacere; la mitica Biella-Monte Camino: 23 km con 2300 m di dislivello, corsa lunga ma ambiente ed atmosfera super; - la Sky Race Aosta-Becca di Nona: veramente tosta, deviata sul tratto finale causa meteo assolutamente inclemente (pioggia dall’inizio alla fine), sicuramente non settembrino; penso di non aver mai patito così tanto freddo come quella volta, neanche sulle goulotte in quota in pieno inverno!; diciamo che me la sono goduta molto di più questa primavera con gli sci!; - le emozionanti esperienze in Valle dell’Orco, col Royal Vertical (9,1 km, 1172 m di dislivello) da Noasca alla Casa di Caccia del Gran Piano e il km verticale da Ceresole Reale al Casotto del Guardiaparco: mi hanno regalato buoni piazzamenti… in mezzo agli stambecchi del Parco; - il tanto agognato Scarpone d’Oro: km verticale che dovrebbe portare al Monte Mongioie (a cui sono molto affezionata) dal Rifugio omonimo ma, dato il sempre inclemente meteo, deviato sul finale (mi toccherà riprovarci?); - i più “marini” Trail di Bergeggi e del Monte Picaru (Val Pennavaire): direi che non hanno nulla da invidiare alle valli alpine; - il simpatico km verticale dal Rifugio Chionea a poco sotto il Pizzo d’Ormea (altra cima a me famigliare con gli sci): per meno di 1’ mi vedeva trionfare… peccato; - passando per le classiche a noi più vicine: Alpicella-Monte Beigua e Arrampicata alla Bocchetta, due gare apparentemente ben corribili… ma comunque sempre dure (qui ci vuole proprio un buon passo!); il bel mini trail di Voltaggio, che transita sotto il Tobbio; la Salita alla Guardia (di Genova), originale percorso sul tracciato dell’ex guidovia; il

da me tanto amato Cross di Caldirola, che passa dal Rifugio Orsi, Ebro, Chiappo e Giarolo, e che mi vede da 2 anni abbonata alla piazza d’onore; il tecnicissimo km verticale alla Punta Martin (qui si usano anche le mani, finalmente!), dove ho ottenuto un insperato secondo posto a pochi secondi dalla prima (tosta). Basta, non mi dilungo più, altrimenti faccio addormentare qualcuno. Chissà se ho stimolato qualche nuova voglia o l’ho fatta scappare del tutto? Comunque, una cosa è certa: qualsiasi fatica fatta in montagna, ripaga ampiamente e ben lo sa chi la frequenta. E se poi capita, come alla StrAlessandria di quest’anno (dove anche il nostro gruppo CAI si è fatto onore), di ottenere un buon piazzamento anche in pianura, allora… ben venga l’allenamento delle salite! Se ripenso a tutto quello che ho fatto finora, mi sembra di aver compiuto delle grandi imprese: in realtà sono solo semplici corse ricche di soddisfazione, ma fatte col cuore… il cuore di una piccola alpinista anche un po’ podista! Patrizia Mutti - CAI Alessandria

La cresta sud del pizzo Tignaga in Val Sesia

UNA VIA D’ALTRI TEMPI

Su una recente Rivista del CAI (dal 2013, 150° di fondazione dell’Associazione inopinatamente denominata con un generico “Montagne 360”) è comparso un interessante articolo: “La scomparsa dell’alpinista medio” di Lorenzo Cremonesi, giornalista che collabora al settimanale “Sette”. Dopo un’estate passata tra sentieri e rifugi per una serie di articoli sul tipo di frequentazione della montagna, l’autore constata che per la grande maggioranza dei frequentatori il rifugio è la meta, magari con il premio di una gustosa polenta; gli altri, quelli per cui il rifugio costituisce la base di partenza, in gran parte stranieri oppure Italiani superatleti, con tute attillate, zaini ridotti, bastoncini di carbonio, come se nel nostro Paese fosse scomparsa un’intera categoria di alpinisti, quelli che con discreta tecnica e buon allenamento, salgono in autonomia le normali delle nostre grandi montagne, dal Cervino al Bianco, o si cimentano su vie classiche di roccia sul IV, magari V grado. D’altra parte la nostra stessa Rivista, accodandosi al sensazionalismo dei media, dedica ampi servizi al record di salita del Cervino o alla

salita in giornata delle tre grandi Nord, ai 9a di Adam Ondra, exploit fisici e tecnici sicuramente sensazionali che però, a nostro avviso, hanno poco a che vedere con lo spirito dell’alpinismo. Eppure, se solo si prova ad uscire dai luoghi più frequentati l’alpinismo classico può regalare , nel contatto con la natura integra, nella difficoltà della ricerca della via, nell’isolamento dal mondo abitato, sensazioni non molto distanti da quelle provate dai primi frequentatori delle Alpi. Per questo non serve necessariamente volare verso altri Continenti, addentrarsi nelle grandi catene montuose Asiatiche o Americane, che sicuramente stimolano il desiderio di ognuno di noi; con un po’ di fantasia e piacere della scoperta può bastare un breve tragitto in auto, ad esempio quello da noi compiuto in una delle poche belle giornate di questa tarda estate per raggiungere Carcoforo, in Val Sesia. Già il percorso in auto della Val d’Egua, scavata tra ripidi versanti montuosi ci introduce in un mondo antico fatto di freddo, solitudine e duro lavoro, sono le 7 ma la ricerca di un bar per il tradizionale caffè e brioche è ardua. Finalmente a Carcoforo la valle si allarga mostrandoci le cime della testata; scesi dall’auto nella piazza ci appare un netto sperone di roccia, non può essere che la cresta sud del Pizzo Tignaga, che dalla relazione in nostro possesso risulta aperta a fine anni 90, la nostra meta. Iniziamo il lungo avvicinamento, circa 1.100 metri su una bella mulattiera che ci accompagna al rifugio CAI Boffalora. Da qui l’unico sentiero che vediamo è quello per il Colle d’Egua che ci porterebbe fuori strada, per il resto i sentieri sono solo sulla cartina; si va a intuito per ripidi prati, un tempo ricchi pascoli, ormai abbandonati anche dalle mucche, dove l’appoggio per il piede è sempre scomodo. Raggiungiamo con fatica l’Alpe Ruse, due baite su una terrazza panoramica sotto la verticale della nostra cresta. Ci rimangono ancora 400 m di erba che nasconde massi e buche, poi finalmente solo blocchi di roccia e siamo all’attacco, che ovviamente

richiede un’attenta ispezione per trovare il punto più logico. Fin dall’inizio, un diedro appoggiato su placca liscia con fessura che si presta ad una dulfer, le difficoltà sono abbastanza costanti sul IV/IV+, inframezzate da alcuni gradoni erbosi che rendono più delicata la progressione, e così si continua per sette tiri sui 40/45 metri, su cui abbiamo trovato un unico chiodo (per la verità sono 2, uno vecchio e uno nuovo a mezzo metro di distanza). Ma attenti a seguire la via più logica, sulla cresta a tratti articolata. Poi l’ultimo tiro facile, la vetta con l’imponente panorama sulla Est del Rosa e l’immancabile autoscatto con i compagni di cordata Stefano Grande e Gianni Scarrone. Si è fatto tardi, tempo di scrivere i nomi sul libro di vetta e scoprire che prima di noi solo tre cordate sono salite quest’anno, le nostre due cordate le uniche a salire dalla cresta Sud. Ma non è finita: seguiamo alcuni ometti sulla cresta Est alla ricerca di un canalone erboso in cui la cartina segna un ripido sentiero. Gli ometti finiscono, la cresta si fa più affilata, i passaggi più delicati e sempre più evidente è un salto di roccia sopra un intaglio. Torniamo sui nostri passi a ritrovare l’ultimo ometto; sotto un canalone precipita sulla morena fra tratti di erba ripida e brevi salti di roccia, aiutiamo i compagni meno esperti a scendere in sicurezza e finalmente arriviamo a ripercorrere lo scomodo e a tratti insidioso percorso di avvicinamento. Le giornate ormai decisamente più corte ci portano all’auto nelle prime ombre della sera, con la soddisfazione di aver salito una via d’altri tempi, seppur aperta da pochi anni. Attilio Lagostina, CAI Alessandria Enrico Bruschi, CAI Casale Monferrato


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CORAZÓN, CARACTER Y PASIÓN

➤ segue da pag 1 energie da loro stessi oppure utilizzano grandi esempi come fonte dalla quale abbeverarsi. Ecco perché scalare non è solo uno sport ma è un’arte. L’arte di saper interpretare la vita in tutta la sua magnificenza e trascendere la mera chiacchiera mantenendo la parola data. Al contrario non scala e forse non ha mai scalato chi si lamenta. Non può dirsi scalatore infatti chi si commisera e non reagisce. Chi si arresta e getta la spugna. Chi non ha voglia di fare fatica, chi non è disposto a mettersi in gioco e dunque pecca di presunzione. Chi trova sempre una scusa perché così, più dolce è il sapore della sconfitta. Chi mente e tradisce se stesso. E ancora quelli che: “eh ma non hanno tempo”, “sono stanchi”, “non sono motivati” e “non incalzano se stessi con obiettivi chiari”. E dire che lo diceva anche Seneca qualche anno addietro “ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est”, perché se non sai dove vuoi andare non andrai distante. Tu che leggi ti senti meno scalatore ora? Sei infastidito da cotanta saccenteria? Non prendertela, sii umile e accetta che qualche volta tu abbia magari scalato e qualche altra volta un po’ meno. Nel malaugurato caso in cui tu ti senta come non lo avessi mai fatto, non disperare. In realtà, è un buon segno, almeno dal punto di vista dell’umiltà. Sarei invece più preoccupato per coloro che si sentono immuni da questi spunti di riflessione.

Veronica Rendo alle prese con le fessure della “Contamine”, Punta Lachenal, Monte Bianco Alex Zanardi è uno che, a parer mio, scala forte. No, non lo fa il 7c a-vista. Probabilmente, non ha mai calzato un paio di scarpette ne sa tantomeno che cos’è il nodo a 8. Statene pur certi però, uno come lui, col suo cuore, se iniziasse a scalare garantirebbe gran lezioni di umiltà a tanti climber che gongolano solo perché han fatto un 8, non il nodo stavolta. Se non hai ancora capito cosa vuol dire aver cuore, pensa a Zanardi e lo capirai. Vuol dire “andare oltre”, vuol dire affrontare con la fierezza di un guerriero qualunque sfida la vita ti ponga. A 14 anni costruisce il suo primo go-kart, con ruote, bidoni e tubi rifusi e dimostra così, già allora, la sua passione per le corse. Nel 1995, arriva negli Stati Uniti per cimentarsi nel Champ Car Series, dove solo un anno dopo guadagna il titolo di Champ Racing Rookie of the Year, e dove si riconferma campione per altri due anni. Ma la più grande sfida deve ancora arrivare. Nel Settembre 2001, al EuroSpeedway Lausitz, sorpassa un concorrente per dominare la gara negli ultimi giri, finché deve fare una sosta ai box; nel rientro in pista perde sfortunatamente il controllo della vettura, finendo nel mirino di Tagliani in arrivo, della squadra Forsythe. L’urto è violentissimo e Zanardi porta la sua vita al limite. Negli anni successivi all’incidente, la determinazione e, secondo Zanardi stesso, la fantasia, lo aiutano ad adattarsi alla sua nuova condizione di vita senza entrambe le gambe. C’è chi dice che non avrebbe gareggiato mai più. Ma Zanardi risponde alzandosi in piedi davanti alla

folla dei suoi fan, dicendo: “Mi sono spezzato, ma non mi piego. È una gara dura, ma faccio il massimo per vincerla.” E vince sì, realizzando la sua più grande ambizione. Ricostruisce e “personalizza” le sue gambe e torna in pista, proprio a Lausitz nel 2003. Solo due anni dopo, Alex vince la prima gara di World Series. Ma non finisce qui, la sua ambizione e la sua determinazione lo portano a spingersi ancora oltre. Dopo due anni di allenamento atletico intensivo, nel 2012, partecipa ai Giochi Paraolimpici di Londra: vince due medaglie d’oro e una d’argento nella disciplina dell’handcycling. Alex Zanardi ha realizzato se stesso, realizzando la propria ambizione. Tommy Caldwell, a parer mio, è uno che “tienes dos huevos così”; leggasi una forza di carattere straordinaria. Questo scala davvero nel senso più crudo del termine. Perché dunque è un esempio di determinazione incrollabile? Ma, perché se sei uno che scala sull’8, ti amputano il dito indice della tua mano sinistra e dopo l’infortunio torni più forte di prima, o ti chiami Tommy Caldwell o hai anche tu una volontà d’acciaio e una morale fatta di polvere di diamante. Tommy si è accidentalmente segato gran parte del suo dito con una sega circolare nel 2001. Subito dopo l’incidente i medici sono riusciti a riattaccare la parte staccata, ma Tommy chiese ben presto che gli fosse rimossa, in modo da non ostacolare la sua carriera alpinistica. Dopo anni passati nella Yosemite Valley ed in particolare su El Capitan, big wall per eccellenza, nel 2010 si prefigge come obiettivo di salire, in libera, Magic Mushroom. Una via che era stata scalata sino ad allora solo in artif. Non era dunque certo che si potesse salire senza ausili artificiali. Ma lui ci ha creduto. Si è allenato, è partito e ci ha provato. Dopo innumerevoli tentativi, tiro per tiro, a più riprese, è convinto che si possa riuscire. Parte per la libera, scala 950 m di parete in 5 giorni, tutta in libera, con difficoltà sino all’8b+. Prosegue… Ultimo tiro duro. Parte, ne scala i primi 30 metri, ne mancano solo una manciata, ma cade. Poco male, si può calare e ripartire sullo stesso tiro. D’altra parte non c’è fretta, hanno anche il portaledge. L’ultimo tiro. “Posso farcela e sarà FFA (First Free Ascent) di Magic Mushroom la big wall più dura del mondo in libera” questo avrà pensato. Dopo innumerevoli tentativi, Tommy sfinito, abdica. Sale quegli ultimi metri in artif ed è in vetta a El Capitan. Riscende a valle. Ora secondo voi cosa fa Tommy? Pensate cosa vuol dire stare 5 giorni su una parete come quella di El Capitan, dove il vuoto ti logora alla nausea, farsi 28 tiri in libera di quella portata e non riuscire per una manciata di metri. Beh, lui riposa 2 giorni e riattacca Magic Mushroom con lo stesso intento. Attenzione però, mica vale salire tutti e 27 tiri prima dell’ultimo in artif per poi provare la libera solo di quello incriminato e lasciato in sospeso. Non sarebbe FFA. Allora, Tommy riparte e li ri-scala tutti in libera. Tutti dal 7b+ all’8b+… sì, avete capito bene. Arriva là. Questa volta trova la forza interiore di non mollare. Scala in libera anche l’ultimo tiro duro, fa 8b+ ancora! Carattere, dicono. Se parliamo di passione, mi piace ricordare un amico che per “volume” di tal virtù è, a torto, poco conosciuto. La passione è un qualcosa che ti rapisce e a cui diventi devoto senza accorgertene. Passano gli anni ma lei rimane inalterata sempre giovane e potente più che mai. È un qualcosa che ti fa star bene, talvolta è gioia altre dolore ma sempre, non ne puoi fare a meno. Andrea Bisio ha sicuramente trovato la sua passione: la roccia. Definirlo climber, anche se scala forte, non è corretto. Dinda, come lo chiamano tutti, non solo la roccia la scala ma in un certo qual modo la disegna. Lui le vie sportive

Patrizia Mutti impegnata sulla fantastica falesia di Red-Up, Valpennavaire, Albenga le “vede”, le chioda e poi le scala. Immaginatevi di avere la passione per arrampicare, di essere anche bravi ma di essere un po’ stufi dei soliti posti, perché sino ad allora (fine anni ’90) nella Liguria di ponente praticamente esisteva solo Finale. E così un giorno, dopo che per allenamento avevate ripetuto, in giornata, per la 20esima volta Dolce tabù a Cucco, decidete che è l’ora di provarci. Poco oltre Finale c’è una valle, la Pennavaire, dove è già stato chiodato qualche tiro (all’antro di Castelbianco e al Bauso di Veravo) ma potrebbe esserci un buon potenziale di espansione. È qui che Dinda prima per gioco si è improvvisato chiodatore e poi per passione è diventato uno dei più prolifici e bravi d’Italia. In Valpennavaire lo stile di arrampicata è per lo più atletico perché i muri sono al di là della verticale. La roccia, pur essendo sempre calcare, non è come quella di Finale e richiede un enorme impegno di pulizia e sistemazione prima di essere pronta per la scalata. Chiodare tiri in forte strapiombo con queste caratteristiche è tecnicamente impegnativo e, oltre alla pazienza, bisogna avere un gran spirito di abnegazione per riuscire. Se lo fai poi solo nel tempo libero, dopo il lavoro, trovandoti tutti i sabati e le domeniche mattine ad andare su e giù con la jumar da oltre 10 anni significa che sei “malato”. Si, sei affetto da un’inguaribile malattia che si chiama roccia, arrampicata, linea, gesto e altro ancora. La Valpennavaire oggi conta più di 1.000 vie sportive, in una moltitudine di falesie in giro per la valle e le difficoltà raggiungono anche i massimi livelli. L’intera economia della valle è stata rivoluzionata dall’opera creativa di Dinda. I bar alla sera sono pieni, le vecchie stalle sono diventate dei B&B che ospitano una moltitudine di climber provenienti da tutto il mondo e hanno aperto anche un negozio specializzato. La valle oggi è diventata il terzo polo di arrampicata in Italia, per numero di itinerari e frequentazione, dietro solo Arco e Finale ed è ancora in espansione! Dinda da poco tempo ha anche fondato una piccola associazione no-profit (Rocpennavaire) per ricevere qualche contributo volto alla gestione di questo immenso parco giochi. Dicono passione. Cuore, carattere e passione sono la stessa cosa o declinazioni diverse di una solidità morale bronzea. Poco importa. Riflettete e siate umili. Scalare una parete è una metafora della vita e non importa che sia di roccia o ghiaccio… ciò che fai lì dimostra chi sei veramente, anche nella vita. Se non hai cuore sarai un perdente, non perché sei tornato indietro (azione più che dignitosa in certi casi) ma perché non sai cosa vuol dire combattere. Se non hai carattere, poveri sono i tuoi compagni di corda perché in te hanno riposto male la loro fiducia. Se non hai una passione genuina, lascia perdere i gradi e fai presto a trovarne una che ti si addica di più perché la vita è vuota senza. Emanuele Camera - sezione di Ovada


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Esperienze alpinistiche

MONTE BIANCO FRA SOGNO E REALTÀ Patrizia tutte le mattine si sveglia, si alza, scende a far colazione, si veste e apre il garage. Mette in moto l’auto e si dirige verso la scuola dove lavora. Lei è un’insegnante di lettere, una professione che ama e che esercita con scrupolo e creatività. Oggi però la giornata per lei è incominciata in modo strano. Si è svegliata ed era completamente buio, si è alzata ed è stata invitata a non fare troppo rumore, è scesa a far colazione e ha trovato un tavolo con un nome, un numero e una tazza di tè. È uscita, ha acceso la frontale che ha illuminato lo zaino, ha calzato i ramponi, si è legata all’imbrago e si è messa a camminare sul ghiacciaio… A quasi due anni dall’inizio dell’attività in montagna, può annoverare esperienze che mai avrebbe pensato di poter fare, soprattutto considerando che non ha frequentato alcun corso base di alpinismo e che, come qualche amico meravigliato sostiene, proviene dalla pianura! Tutto per lei ha avuto origine a partire da una forte scarica di adrenalina, seguita da grande gioia e senso di benessere, che dalla prima salita non l’hanno più lasciata. Man mano che i weekend passavano e i tiri in falesia aumentavano, crescevano il piacere e il desiderio di cimentarsi lungo vie firmate dai grandi dell’alpinismo. Frattanto cominciava a leggere molti racconti e libri scritti da coloro che del Bianco hanno fatto la storia. Un conto, però, è riviverle nel comfort della propria casa, ben diverso è compierle in prima persona, e lei lo sa bene o, quantomeno, lo ha imparato presto. In gioco, infatti, ha dovuto mettere tutto: resistenza fisica, emotività, forza interiore, aspettative, eccitazione e paura. Sì perché ogni uscita ha rappresentato e continua a rappresentare una nuova sfida con se stessa e un ritorno atavico alla natura, con cui non si scherza. Se da un lato occorre conoscere bene il proprio corpo, dosare le energie e sapersi nutrire per poter andare avanti, dall’altro non si possono trascurare gli umori del cielo né i segnali della montagna. Ecco cosa le hanno insegnato ascensioni,

cascate, goulottes o vie di roccia che fossero. Ma ancor di più sono stati preziosi per lei gli autentici rapporti di amicizia, le parole gentili e il conforto trovati in persone, a volte sconosciute, per le quali non è una perdita di tempo scambiare un saluto o compartecipare a una passione comune, predisposizione questa ormai rara. La fortuna di poter condividere tali esperienze con un compagno di scalate e di vita è alla base del suo esordio nel mondo dell’alpinismo. Così ogni cosa diventa un piacere, dai piccoli gesti di una routine ormai consolidata, come la preparazione di materiale e zaini, fino agli aspetti più profondi e significativi; già perché il condividere gli stessi patimenti per il freddo, il farsi forza a vicenda, l’euforia per la conquista e la felicità contemplata nel volto dell’altro costituiscono momenti unici di incommensurabile bellezza. Perciò a partire dalla Contamine alla Pointe Lachenal, passando per il Dente del Gigante, la goulotte Cheré, la Gervasutti e la Salluard al Pic Adolphe Rey, la Bonatti alla Chandelle du Tacul, fino ad arrivare alle ascensione su Gran Paradiso, Lyskamm, Monviso e Bianco si può dire che siano state tante le incertezze, che l’hanno colta, la paura di non farcela, la fatica estrema nel salire (vista la tecnica poco affinata), così come altrettante sono state la gioia, la soddisfazione e la liberazione, che ha provato ogni volta che è arrivata in cima, trovando un compiaciuto sguardo d’intesa, riflesso del suo.

Il coronamento di un percorso relativamente breve, ma alquanto intenso è stato proprio il Bianco, ovvero la sua ascensione per la via dei Trois Monts. Durante la salita, sentiva il rumore della neve che cedeva ad ogni suo passo, mentre l’aria gelida, che precede l’alba, le accarezzava il viso arrossandolo. I suoi occhi cercavano di scorgere la traccia a tratti levigata dal vento e in parte inesistente. Una buona dose di determinazione e incoscienza l’accompagnavano, intanto che attraversava i crepacci del Tacul e zigzagava fra i seracchi del Maudit. Ad un tratto i primi raggi del sole illuminano la vetta, che da rosa diventa giallo intenso. Tutto intorno a lei si trasforma in un paesaggio lunare e il panorama che le si profila dal Colle della Brenva è indescrivibile. La spossatezza, l’aver dormito poco (o niente) e la quota si fanno sentire; tuttavia la montagna la chiama e ogni metro conquistato così faticosamente la spinge a proseguire, mentre nella sua mente recita un mantra completamente suo (pommes de terre, pommes de terre, alé alé….e via discorrendo). Alla fine è in coppa. 4810 metri! Sulla cima, prima la mano, poi un bacio che dovrebbe svegliarla dal sogno. Patrizia apre gli occhi, come qualsiasi altra mattina, e si accorge che è tutto vero. Ah, quasi dimenticavo….Patrizia sono io! Patrizia Ciotti

Sezione di Ovada

UN’ESTATE COSÌ COSÌ L’attività estiva della sezione ha pesantemente risentito del meteo sfavorevole. Gite rinviate, recuperate e poi definitivamente cancellate. Questi gli effetti dell’estate pazza sui programmi a suo tempo predisposti. Qualche obiettivo comunque è stato raggiunto, anche se talvolta si è dovuto ridimensionare gli itinerari, come nel caso del week end sulle Grigne della fine di agosto. In questa circostanza c’è stata

la rinuncia alla vetta della Grignetta a causa della pioggia, per cui il programma si è ridotto ad un anello dal rifugio Porta al rifugio Rosalba per la direttissima con rientro al rifugio Porta per il sentiero delle Foppe. Meglio è andata la salita al mont Fallere in val d’Aosta. Già programmata per il 20 luglio la gita è stata rinviata causa maltempo al 27. In quella data per fortuna c’è stata una “finestra” meteo favorevole che ha consentito ad una dozzi-

na di ovadesi di arrivare ai 3069 metri della vetta. Nessun problema invece per i partecipanti alla gita del 14 settembre alla ferrata di Rocca Candelera in quel di Usseglio. Ugualmente fortunati sono stati i soci che hanno soggiornato per una settimana nella Baita in Val Veny della sezione di Alessandria. Il poco sole di quel mese si è concentrato proprio in quei giorni consentendo agli ovadesi diverse escursioni.


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Alpinismo Giovanile

COI RAGAZZI A SANT’ANNA DI VINADIO

Il 6 settembre scorso, alle ore 7, partenza dei ragazzi partecipanti al Corso organizzato dalla Scuola di Alpinismo Giovanile delle sezioni CAI di Acqui, Ovada e Novi. La speranza dei loro Accompagnatori è di passare i due giorni previsti, in montagna, a Sant’Anna di Vinadio, accompagnati dal bel tempo. Così è stato. Sabato il programma prevedeva, dopo esserci riuniti con i ragazzi delle Sezioni del CAI di Novi e di Ovada, di raggiungere una palestra di arrampicata al colle della Lombarda: alle 11 tutte le ragazze e i ragazzi del Corso arrampicavano, assicurati dai loro accompagnatori, in pieno sole su una bella struttura ottimamente attrezzata con una roccia splendida. La giornata è passata senza problemi e si è conclusa con una

cena intorno ad un camino nel Rifugio Gran Baita del Santuario di Sant’Anna di Vinadio. Ridere, giocare, vivere insieme i tempi dilatati dei rifugi, anche questo fa parte del Corso. Anzi è forse questa la componente più importante che consente di far gruppo e prepararsi alle attività con lo spirito giusto. Le attività che hanno visto i ragazzi e i loro accompagnatori impegnati nella giornata di domenica sono state due. La prima ha visto impegnati i ragazzi del Corso Base in un percorso di circa 5 ore: il Giro ad Anello dei laghi e dei colli di S.Anna di Vinadio. I più esperti del Corso Avanzato, invece, hanno arrampicato su una via di più tiri, la “via delle placche”, che li ha portati a raggiungere il sentiero percorso dai ragazzi del Corso Base. Le urla di gioia dei ragazzi del Corso Base, quando hanno individuato i loro amici che uscivano dalla via di arrampicata, è stato forse il momento più bello ed emozionante della giornata. Le attività del Corso proseguiranno con ancora due uscite: la

prima in grotta, la seconda ci vedrà impegnati nella tradizionale chiusura del Corso a Capanne di Marcarolo alla Baita del Mulino Nuovo. Ma l’organizzazione va già pensando al programma del Corso 2015. La formazione di un nutrito gruppo di Accompagnatori Sezionali consentirà alla nostra Sezione di far fronte ad un aumento del numero dei ragazzi partecipanti che comunque sarà mantenuto basso per consentirci di seguirli con attenzione. Il Corso sarà preceduto dall’ormai classico appuntamento sulle piste di Sci con i Maestri che quest’anno è nuovamente aperto anche ai ragazzi che non hanno mai indossato gli sci. La novità del 2015 sarà l’inizio di una nuova attività con i ragazzi dell’AG: lo sci da fondo. La sezione del CAI ringrazia i ragazzi, i loro genitori e gli Accompagnatori. CAI Sezione Acqui Terme

Sezione di Valenza

ULTIME INIZIATIVE PER IL QUARANTENNALE L’ultimo trimestre dell’anno 2014 vedrà la realizzazione delle iniziative finali del programma che la Sezione di Valenza ha previsto per celebrare i quarant’anni della sua fondazione. Il 9 ottobre la palestra, uno dei fiori all’occhiello del CAI valenzano, sarà la protagonista di una giornata interamente dedicata alla arrampicata. Le scuole valenzane hanno aderito a un progetto che vede protagonisti i giovani studenti, suddivisi in turni per gruppi, che saranno accolti nella nostra Sede. Potranno cosi assistere all’esibizione di esperti climber che presenteranno le varie tecniche nei diversi gradi delle vie di arrampicata. Quindi gli studenti, con l’assistenza e l’aiuto di soci CAI, avranno la possibilità di provare esperienze dirette di arrampicata e gustare le emozioni che questa pratica trasmette in abbondanza. Un’altra giornata piena sarà l’11 ottobre: la nostra Sezione, con il Palaguerci che la ospita, ha invitato istituzioni, associazioni, scuole, cittadini, a visitarla. Verrà svolto un programma che prevede, nel corso della giornata, dimostrazioni di tecniche alpinistiche, consigli pratici per escursioni in montagna ed anche nel territorio valenzano, presentazione di filmati escursionistici ed alpinistici, momenti di lettura di libri sulla montagna e sulla natura. Dopo l’Assemblea Generale LPV che vedrà domenica 26 ottobre 2014 riuniti a Valenza i dirigenti CAI di Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, un grande evento concluderà il programma 2014 del quarantennio della Sezione: sarà presente a Valenza Hervè Barmasse, uno dei massimi esponenti delle nuove generazioni dell’alpinismo. L’evento si svolgerà il 5 novembre alle ore 21,15 al Centro Polifunzionale San Rocco in piazza Statuto a Valenza. Con Hervè, sarà presente il padre, Marco Barmasse grande Guida Alpina e scalatore, con il Presidente delle Guide del Cervino Gerard Ottavio.

Roberto Mantovani, scrittore, giornalista, condurrà la serata. Originario di Valtournenche e figlio d’arte - suo padre Marco Barmasse è uno degli alpinisti valdostani più in vista - Hervé rappresenta la quarta generazione di guide della sua famiglia. Maestro di sci dal 1996 e di snowboard dal 1997, guida alpina del Cervino dal 2000 e istruttore nazionale delle guide alpine dal 2007. Inizia la sua carriera d’alpinista sulla montagna di casa, il Cervino, aprendo e ripetendo diverse vie prestigiose. È proprio sulla montagna che l’ha visto crescere che Hervé diventa protagonista di diverse solitarie estreme. La ricerca, l’esplorazione di pareti inviolate lo portano oltre il confine delle Alpi e nel 2004 in Pakistan apre due nuove vie, una sullo Scudo del Chogolasia (5700 m) “Luna caprese” e un’altra sullo Sheep Peak (6300 m). Nell’estate del 2008 Hervé sale in stile alpino, insieme al compagno di cordata Simone Moro, il Beka Brakai Chhok, una montagna del Karakorum (Pahistan) alta 6940 metri tentata più volte da diverse spedizioni. Il 17 marzo 2010, apre insieme al padre Marco una via nuova sulla Parete sud del Cervino il Couloir Barmasse 1200 m. Nell’estate del 2010 sale in due giorni e in stile alpino insieme a Da-

niele Bernasconi e Mario Panzeri una cima inviolata di 6300 metri, Venere Peak difficoltà ED (Cina). Il 2011 è l’anno del progetto “Exploring the Alps”, una trilogia che aveva come obiettivo l’apertura di tre nuove vie sulle montagne più importanti della sua Valle, tra le più alte delle Alpi: Monte Bianco, Monte Rosa e Cervino. Il progetto inizia con l’apertura di una nuova via in solitaria sulla Parete Sud Est del Cervino, al Picco Muzio, conclusa nei primi giorni di aprile del 2011. La seconda fase del progetto prosegue sul Monte Bianco, sul versante del Brouillard. Qui Hervé, a fine luglio apre, insieme ai fratelli baschi Iker ed Eneko Pou, una via a cui viene dato nome “La Classica Moderna”. Con la nuova via sul Monte Rosa, si conclude il progetto Exploring The Alps . Quest’ ultima salita, dove ad accompagnare Hervè c’era suo padre Marco, voleva simboleggiare un passaggio di consegne dell’alpinismo classico, tra passato e futuro, sempre vissuto sulle Alpi, dove l’alpinismo nacque. La via è stata chiamata “ Viaggio nel Tempo”. I due alpinisti hanno tracciato un itinerario sulla parete sud-est della punta Gnifetti nella parte più alta della cosiddetta parete Valsesiana del Monte Rosa. Il 13 marzo 2014 è ancora Cervino, dove realizza il primo concatenamento invernale delle sue 4 creste, salendo prima la Cresta di Furggen (realizzando così anche la prima solitaria invernale della Via degli Strapiombi) e scendendo per la Cresta Hornli, per poi risalire dalla Cresta di Zmutt e ridiscendere dalla Cresta del Leone, il tutto in 17 ore. L’appuntamento del 5 novembre vuole essere un importante riconoscimento alle Guide del Cervino, alla città di Valtournenche, che hanno rappresentato per Valenza un riferimento importantissimo, con un lungo, bellissimo rapporto. Giorgio Manfredi - CAI Valenza


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Sezione di Casale Monferrato

Riflessioni... pseudo alpinistiche

Franca non era un’escursionista forte, né aveva particolare predisposizione per la fatica. Certo anche lei subiva il fascino della montagna, ma probabilmente partecipava alle uscite soprattutto per star vicina a Beppe ed assecondare la sua grande passione. Eppure è stata una persona importante per la nostra Sezione: le sue sontuose cene in cascina a Zenevreto con i “vecchi” hanno contribuito a cementare la nostra amicizia e a far sì che i nostri incontri sui sentieri di montagna, in sede il giovedì sera o anche semplicemente quando ci si incrocia in città, siano sempre un piacevole momento di gioia, così come la sua mancanza lascia un altro doloroso vuoto in questo anno particolarmente triste per la nostra Sezione. Un abbraccio a Beppe e Paola da tutti gli amici del CAI.

Criticate, snobbate, deplorate. Malgrado tutto, però, le vie ferrate restano popolari e soprattutto assai frequentate. Preso atto di ciò, va detto che negli ultimi anni il loro numero è cresciuto notevolmente (in modo abnorme, secondo i detrattori). E, soprattutto, sono cambiate le loro caratteristiche. Se una volta il cavo d’acciaio (corroborato da qualche scaletta e qualche gradino metallico nei punti più ostici) seguiva, come una normale via di roccia, una linea di salita, corrispondente spesso al “punto debole” della parete, oggi invece presenta sovente un percorso più fantasioso, volto alla ricerca del passaggio difficile, aereo, strapiombante, del “gesto atletico” (in una ferrata? Mah …). E poi, come ciliegina sulla torta, non può mancare il ponte tibetano. Ovviamente per fare tutte queste belle (?) cose, occorre utilizzare una quantità di metallo decisamente superiore al passato. E qui nasce il

RICORDO DI LAURA TROPPO FERRO IN FERRATA?

Sezione di Casale Monferrato

RIAPRE IL MURO ARRAMPICATA

problema dell’impatto ambientale, che risulta per forza di cose più pesante. Ma c’è dell’altro: con tutti quei gradini piazzati sul verticale (o sugli strapiombi), la salita diventa un puro esercizio ginnico, simile al quadro svedese di una palestra. Non si arrampica più; si fa semplicemente ginnastica. Ovviamente è sempre una cosa simpatica e salutare, ma non ha più niente di “alpinistico” (o pseudo alpinistico, dipende dai punti di vista). Ma non tutte le nuove ferrate sono così. Per esempio quella di Rocca Candelera, in val di Viù, nei pressi di Usseglio (realizzata di recente: se non andiamo errato, nel 2009), presenta un percorso logico, classico, lineare. C’è del ferro, ma non troppo. C’è qualche passaggio duro, ma non è “cercato”: sta lì, sulla linea di salita, proprio come capita sulle ferrate storiche delle Dolomiti. Diego Cartasegna

Giovedì 2 ottobre riapre il muro di arrampicata al Palazzetto dello sport di Casale Monferrato. Completamente rinnovate la prese della palestra boulder, anche in previsione della gara che si terrà giovedì 13 novembre.Si provvederà inoltre ad ampliare le linee di salita della parete aggiungendo due nuove soste. Rimane invariato l’orario di apertura, martedì e giovedì dalle 18,30 alle 22,30, cosi come invariato è il biglietto di ingresso. Per chi accede per la prima volta l’ingresso è gratuito e per chi non ne dispone, viene messa a disposizione l’attrezzatura.

I NUOVI ASAG

Si è concluso nel luglio scorso con la verifica finale il Corso 2014 per Accompagnatore Sezionale di Alpinismo Giovanile (ASAG), diretto dall’ANAG Gian Carlo Berchi, direttore della Scuola Intersezionale “La cordata” e membro della Scuola AG LPV; il ruolo di tutor del corso è stato svolto dall’ANAG Fabrizio Masella, direttore della Scuola AG LPV. Gli allievi che hanno superato il corso, ottenendo la qualifica di ASAG, sono i seguenti: Valter Guido Barberis, Giovanni Bruno, Alessandra Costa, Antonino Di Marco, Pierangelo Ferro, Maurizio Levo, Luca Pronzato, Gianluca Scaramuzza, Nunzio Sciammacca e Ferdinando Zunino della sezione CAI di Acqui Terme; Elisa Berchi e Marcella Caneva della sezione di Ovada; Riccardo Bozzi, Giovanni Brocca, Maria Teresa Camera ed Elisabetta Lo Schiavo della sezione di Novi Ligure; Stefano Grande e Antonio Moscato della sezione di Alessandria.

AVVISO AI LETTORI

@

Da questo numero di Alpennino è attiva una casella postale. Chi volesse contribuire alla realizzazione della rivista con interventi, contributi, suggerimenti può farlo inviando testi e foto all’indirizzo redazionealpennino@libero.it

ALPENNINO IN UN SOLO CLIC Nello scorso inverno è stato portato a termine l’archivio online del nostro periodico, realizzato dal socio della Sezione di Valenza Giovanni Omodeo, con l’ausilio del nipote Federico. Si tratta di un vasto archivio, che comprende tutti i numeri dal 1988 al 2014, ed è liberamente consultabile presso il sito del CAI Valenza nella sezione “Alpennino” (www.caivalenza.altervista.org/archivio-alpennino/ ). I numeri della rivista possono essere sfogliati virtualmente online e anche essere scaricati in formato PDF sul proprio computer e stampati. Per fare ciò basta semplicemente cliccare la scritta “DOWNLOAD ALPENNINO... N...” presente in fondo ad ogni Alpennino ed il download partirà in automatico dopo pochi istanti. Allo stesso modo saranno disponibili tutti i prossimi numeri. Ora tutti hanno la possibilità di accedere alla “storia” di Alpennino, che è anche una parte della storia delle sezioni della nostra provincia, una storia che riflette il costante amore dei soci CAI per la montagna.


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PROGRAMMA ATTIVITÀ SEZIONALI PROGRAMMA ALESSANDRIA

ESCURSIONISMO SAN SALVATORE 12 OTTOBRE TRAVERSATA SESTRI P. - MADONNA DELLA GUARDIA PONTEDECIMO (E) - D.G. Accornero, Modica 19RACCHETTE DA NEVE OTTOBRE CASTAGNATA AL MOLINO NUOVO Capanne di Marcarolo (T) 2615 OTTOBRE DELLA FORESTA DELL’ADELASIA GENNAIO ANELLO In località da destinarsi. (E)destinarsi. - D.G. Accornero, Modica 29 GENNAIO Alta Val In Bormida località da 912 NOVEMBRE DAda GHIFFA A OGGEBBIO FEBBRAIO TRAVERSATA In località destinarsi. Lago Maggiore (E) - D.G. Barbieri, Fei 21ESCURSIONISMO NOVEMBRE CENA SOCIALE 26 FEBBRAIO in località VARIGOTTI - CAPO NOLI (E) da destinarsi 4 MARZO BORGIO VEREZZI DA PIETRA LIGURE IN SEDE conDI visita alle grotte 19 DICEMBRE AUGURI NATALE IN SEZIONE 18 MARZO dalle ore VAL GARGASSA anello nel Parco del Beigua (E) 21:00 1 APRILE RIFUGIO FORTE DEI MARMI Ferrata facoltativa Monte Procinto, m 1039 ACQUI TERME 15 APRILE FORTI DI GENOVA (T) 22 APRILE GIRO DELLE CINQUE TORRI (10a edizione) ESCURSIONISMO (E) Org. CAI Acqui Terme 26 OTTOBRE I SENTIERI DELLA TORRE DI VISONE 25 APRILE SENTIERO DEI SANTUARI 7 DICEMBRE GITA NEL PONZONESE: IL BRIC DI MONTADO San Salvatore - Crea, km 39 (T) ALPINISMO 6 MAGGIO RAMA - Via normale 1720OTTOBRE MAGGIO AVVICINAMENTO SENTIERO ALL’ARRAMPICATA DEGLI ALPINI (E) E ALL’ALPINISMO - Teoria 19ALPINISMO OTTOBRE AVVICINAMENTO ALL’ARRAMPICATA E ALL’ALPINISMO - Pratica 1 APRILE FERRATA MONTE PROCINTO 6 MAGGIO RAMA - Vie di arrampicata MTB GIUGNO GIRO FERRATA DEL REOPASSO (A) 123OTTOBRE DEI DUE BRICCHI SCI 29 NOVEMBRE PERFEZIONAMENTO SCI PER RAGAZZI OVADA 6-13-14 DICEMB PERFEZIONAMENTO SCI PER RAGAZZI VARIE 22ESCURSIONISMO NOVEMBRE CENA SOCIALE GENNAIO SERATA GITA IN RIVIERA 1915DICEMBRE DEGLI AUGURI IN(E) Org. SEDE Piana, Piccardo 12 FEBBRAIO I CAMPANILI DI LEIVI (Riviera Ligure di Levante) (E) Org. Rolando, Barisione TORTONA 4 MARZO GIORNATA NAZIONALE FERROVIE DIMENTICATE (E) Org. Bruzzone, Caneva ESCURSIONISMO APRILE PASQUETTA CON IL CAI (E) Org. Cons. Dir. 129OTTOBRE APPENNINI LIGURI, SESTRI LEVANTE: 22 APRILE GIRO DELLE870 CINQUE TORRI (10a edizione) ANELLO TREGGIN m - ROCCAGRANDE 970 m (E) Org. Terme - PORCILE 1249CAI m -Acqui VERRUGA 1207 m (E) APRILE PARCO DEL BEIGUA, ACQUABIANCA (E) 1229OTTOBRE INAUGURAZIONE SENTIERO DEI BALZI ROSSI Org. Piccardo, Alloisio organizzata dal CITAM/PV (T) MAGGIO APPENNINI MAREMMA, 264-6 OTTOBRE LIGURI: VAL ALTA DI VIACORNIA MONTI LIGURI (E) (E) Org. Bruzzone, Caneva 9 NOVEMBRE APPENNINI LIGURI: ALTA VIA MONTI LIGURI (E) 20 MAGGIO INTERSEZIONALE ALpubblicate MULINO sul NUOVO Altre escursioni in programmazione verranno sito. (E) Org. Consiglio Direttivo MTB 8-9 GIUGNO PASSO DELLO SPLUGA Val Chiavenna 2 NOVEMBRE LE GOBBE DEL CAMMELLO - VAL CURONE (EE) Org. Bruzzone

SCI FONDO ESCURSIONISMO - RACCHETTE

VALENZA

28 GENNAIO LOCALITAʼ DA DEFINIRSI ESCURSIONISMO Org. Ferrando, Barisione 1226OTTOBRE CARMO (da Verzi) (E) FEBBRAIO MONTE LOCALITAʼ DA DEFINIRSI 9 NOVEMBRE GRAFFITI NEL FINALESE Org. Bruzzone, Caneva un museo storico all’aria aperta (E) Org. Bello 18 MARZO LOCALITAʼ DA DEFINIRSI 23 NOVEMBRE SUI COLLI ACQUESI ALPINISMOin collaborazione con CAI Acqui Terme (E) 713DICEMBRE (T) DEI CAMPANILI MAGGIO CALDIROLA CANALE Valle Po, Viso Mozzo m 3019 (PD) VARIE Org. Paravidino, NOVEMBRE ASSEMBLEA DELEGATI Timossi LPV A VALENZA (presso Mostra Orafa) IN SEDE 14 DICEMBRE PRANZO SOCIALE 30 MARZO ASSEMBLEA 31 DICEMBRE CAPODANNO CAI DEI SOCI

ATTIVITAʼ CASALE MONFERRATO

ESCURSIONISMO ACQUI TERME 12 OTTOBRE CAMMINO DI SAN CARLO seconda tappa: Pella - Varallo Org. Piotto, Rossi ESCURSIONISMO Al termine CASTAGNATA e MERENDA SÏNOIRA GENNAIO SENTIERO GITA NEL NOCCIOLA FINALESEOrg. Piotto, Rossi 2615 OTTOBRE DELLA 19 FEBBRAIO CAMOGLI - S. MARGHERITA 9 NOVEMBRE IL SENTIERO DEI MURION Org. Piotto, Rossi 23 NOVEMBRE BOSCOSentiero DEL VAJdelle Org. Batterie Laura e Danilo Chiadò 4 MARZO DA SESTRI LEVANTE A MONEGLIA CICLOESCURSIONISMO 18 MARZO MONTE CARMO 5 OTTOBRE GIRO DEL MONTE SION (MC/MC) Org. Bardone 23-25 MARZO LES CALANQUES - CASSIS (FRANCIA) ALPINISMO 22 APRILEGIOVANILE GIRO DELLE CINQUE TORRI (10a edizione) Gruppo guide: 5-6 MAGGIO ACQUI - MADONNA DELLA GUARDIA 1920 OTTOBRE - MONTE ZUGHERO escursione MAGGIO MOTTARONE GITA INTERSEZIONALE - CAI Ovada Gruppo trekker: 19MTB OTTOBRE CAPRIE via ferrata 1 MARZO IL PALAZZETTO PRESENTAZIONE PROGRAMMA MTB NOVEMBRE 1 APRILE GIRO DEL GORREI VARIE 22 APRILE LA CASTAGNATA GIRO DELLE CINQUE TORRI (10a edizione) OTTOBRE 13 MAGGIO SUISOCIALE CALANCHI DI MERANA 21 NOVEMBRE LA CENA 18FERRATA DICEMBRE GLI AUGURI IN SEDE 27 MAGGIO FERRATA CAPRIE Il Consiglio Direttivo, ai sensi degli articoli 14, 15 e 16 dello Statuto Sezionale convoca presso la sala riunioni della sede sociale al civico 17 di Via Rivetta in TO R TO N A Casale Monferrato, la

ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI

perESCURSIONISMO il giorno 29 ottobre 2014 alle ore 0,15 in prima convocazione e, mancando 12 FEBBRAIO MONTE E MONTE il numero legale, per il giorno 30 TOBBIO ottobre 2014, alle oreFIGNE 21 in seconda convo18 MARZO TORTONA - SERRA DEL MONTE 25 km cazione. 22 APRILE VIA FRANCIGENA (MORTARA-GARLASCO) Ordine del giorno 13 MAGGIO SELVAPIANA-CAPANNE DI COSOLA 1. Relazione del Presidente; MTB 2. Elezione di un membro del Collegio dei Revisori; 15 GENNAIO 3. Presentazione SANTUARIO DI MONTALLEGRO del Bilancio Preventivo; DA RAPALLO 19 FEBBRAIO4. Determinazione FINALE LIGURE delle quote associative 2015; 18 MARZO RIVE ROSSE (BIELLA) 5. Varie ed eventuali. 15 APRILE BONASSOLA 20 MAGGIO VAL CURONE - SENTIERO DELLE GINESTRE

ARRAMPICATA

OVADA

29 GENNAIO MONTESTRUTTO ESCURSIONISMO FEBBRAIOGITA CON LA FALESIA DE CROVEO 3026 NOVEMBRE PRANZO SOCIALE (E) Coord. Cartasegna 8 DICEMBRE PRESEPE SUL MONTE TOBBIO SCI CLUB VERDEFONDO (E) Coord. Arecco, Dagnino 2415 DICEMBRE FIACCOLATA NOTTURNA GENNAIO BRUSSON (AO) A SAN LORENZO (E) Coord. Bello, Piana 22 GENNAIO PRAGELATO (TO) SPELEOLOGIA 29 GENNAIO AISONE (CN) 19 OTTOBRE IN GROTTA(CN) Coord. Gruppo Anveria 5 FEBBRAIOUSCITAVALMALA ALPINISMO GIOVANILE 12 FEBBRAIO CERESOLE REALE (TO) 2619 OTTOBRE CASTAGNATA MULINO NUOVO FEBBRAIO COGNEAL (AO) Coord. Cartosio, Rolando 24-26 FEBBRAIO DOBBIACO (BZ) IN 4 SEDE MARZO S. MICHELE IN VAL FORMAZZA (VCO) 1911 DICEMBRE MARZO VIDEOPROIEZIONI: ARPY (AO) UN ANNO DI ATTIVITÀ Coord. Consiglio Direttivo 18 MARZO BAGNI DI VINADIO (CN) 25 MARZO RHEMES NOTRE DAME (AO) SAN SALVATORE Il programma delle gite potrà subire variazioni in base allʼinnevamenESCURSIONISMO to delle località sciistiche. In ognuna di esse ci sarà la possibilità di 26affittare OTTOBRE GITA SOCIALE La partenza delle gite avverà a lato del tutta lʼattrezzatura. 25piazzale DICEMBRE NOTTURNA TOBBIO PactoSALITA in Spalto marengoAL adMONTE Alessandria alle(E)ore 7. La scuola di sci di fondo sarà tenuta dal nostro maestro FISI e articolata su 4 VARIE alternatoCASTAGNATA e skating base; alternato e skating perfezionamento. 12livelli: OTTOBRE informazioni: GiovannaDEI 0131 343479; www.verdefondo.it 25Per NOVEMBRE ASSEMBLEA SOCI

APERTURA SEDI ACQUI TERME Via Monteverde, 44 Venerdi 21,00 - 23,00 ALESSANDRIA Via Venezia, 9 Tel. 0131 254104 cai.alessandria@libero.it alessandria@cai.it www.caialessandria.it Martedi, Venerdi 21,30 - 23,00 Mercoledi e Venerdi 18,30 - 19,30

CASALE MONFERRATO Via Rivetta 17 - Tel. 0142 454911 www.monferrato.net/cai/ Giovedi 21,30 - 23,00 NOVI LIGURE Corso Marenco 21 Mercoledi e Sabato 18 - 19,30; Venerdi 21,00 - 23,00 OVADA Via Gilardini, 9 - Tel. 0143 822578 Mercoledi e Venerdi 21,00 - 23,00

SAN SALVATORE Piazza Carmagnola, 2 info@caisansalvatore.it www.caisansalvatore.it Martedi 21,00 - 23,00 TORTONA Via Trento 31 (c/o Palestra Fausto Coppi) - C.P. 153 info@caitortona.net www.caitortona.net Giovedi 21,00-23,00 VALENZA Giardini Aldo Moro - Tel. 0131945633 - 3409882624 cai@valenza.it - Martedi e Venerdi 21,00 - 23,00


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Una giornata, una vetta...

MONTE SACCARELLO m 2200 Valle Arroscia- Valle Tanaro Il Saccarello è al tempo stesso la cima più alta della Liguria ed il monte dal quale nasce il Tanaro, principale affluente di destra del Po, intimamente legato alla storia di quella parte del Piemonte che ha nelle Langhe e nel Monferrato il proprio cuore. La vetta del Saccarello è pure punto d’incontro di ben tre regioni: Piemonte, Liguria e Provenza si toccano sulla sua sommità, unendosi in un abbraccio che accomuna territori con vicende storiche intimamente legate. La montagna è dunque geograficamente importante, ma non solo; il Saccarello ha qualcosa da dire anche dal punto di vista paesaggistico: il punto culminante offre infatti ampia vista sulle più importanti cime delle Alpi Liguri, dall’Antoroto al Marguareis verso settentrione, verso il Toraggio ed il Pietravecchia in direzione sudovest; interessante anche il vasto panorama sulla valle Roya, nella parte alta della quale spiccano celebri cime delle Marittime. La via più facile per raggiungere la vetta parte da Monesi di Triora e si sviluppa per una carrareccia ex-militare; l’itinerario prescelto sale invece dalla strada per la colla Garezzo, in valle Arroscia, e si sviluppa in buona parte lungo la cresta spartiacque con la valle Tanaro, passando in prossimità del rifugio Sanremo. Si tratta di un percorso più panoramico e più adatto a chi preferisce salire su sentiero. Il tracciato descritto presenta anche alcuni elementi che rappresentano un valore aggiunto, come la possibilità di ammirare la fioritura della Fritillaria, dalle curiose campane gialle ricurve punteggiate in bourdeaux, abbondante nella tarda primavera in prossimità del colle del Frontè, nonché la presenza di sinistri resti di fortificazioni militari che si succedono lungo la dorsale spartiacque fino alla meta. Raggiunto il punto culminante, è il Redentore ad attirare immediatamente l’attenzione: il fatto curioso è che la scultura è parte di un’insieme ideale di statue accomunate dal fatto di essere state collocate sulla cima più alta di ogni regione italiana in occasione del primo centenario dell’Unità d’Italia. Caratteristiche dell’escursione Dislivello: 830 m circa, comprese le perdite di quota (110 m circa all’andata e altrettanti al ritorno) Esposizione: in prevalenza sud fino al colle del Frontè, quindi cresta orientata principalmente est-ovest con alcuni brevi traversi spostati su versanti settentrionali. Difficoltà: E; il primo tratto si sviluppa su sentiero poco evidente, con difficoltà in caso di nebbia. Descrizione del percorso Da San Bernardo di Mendatica ci si dirige per la Colla Garezzo, seguendo le indicazioni stradali che invitano a seguire una stradina, asfaltata per circa 1 km, quindi sterrata. Raggiunta la borgata Case Penna, si continua lungo la carrareccia

per altri 500 m circa, fino a quando lo sterrato oltrepassa un costone che scende dalla cima Omo dell’Alpetta: si lascia l’auto in prossimità del sentiero che scende a Pollarocca (indicato in zona come Puarocca), a circa 1590 m di quota. Si inizia quindi a camminare imboccando un piccolo sentiero, che sale con decisione lungo la già citata costa prativa; purtroppo la traccia pare presto perdersi nell’erba: in realtà, percorsi un centinaio di metri lineari, il sentiero torna evidente e si allunga con pendenze moderate in costa al versante meridionale della cima Garlenda: sono presenti alcuni segni biancorossi dell’Alta Via dei Monti Liguri, che facilitano appena l’individuazione del percorso. Le difficoltà in cui s’incorre in questa parte dell’itinerario sono dovute soprattutto al fatto che il sentiero si identifica con il tracciato di una vecchia strada militare, ormai inerbita e spesso non evidente: a questo proposito, occorre tuttavia ricordare che il punto di passaggio appare spianato, interrompendo il normale profilo del pendio, fatto che aiuta nell’individuazione della via; inoltre in alcuni punti la traccia principale si divide in varie tracce parallele, rendendo non immediata la scelta del percorso. In qualunque caso si cammina mirando il monte Frontè, facilmente individuabile per la presenza di una grande statua bianca posta sulla sua vetta: si tratta di una Madonna, che in tempi recenti è stata gravemente danneggiata dal fulmine. Raggiunto il fondo di un valloncello che pare unire il colle del Frontè all’alpeggio omonimo, in prossimità del rio che lo percorre, a circa 1910 m di quota, si nota un bivio segnalato da un ometto di pietre e da una freccia dipinta su un sasso, dove si volge a destra, risalendo l’erto pendio sudest della cima Garlenda. Saliti a circa 2030 m si piega decisamente a sinistra tornando a mirare il colle del Frontè (m 2090) ed ignorando la traccia che prosegue verso oriente. Giunti finalmente al valico, s’incontrano subito i ruderi di alcune casermette militari, mentre il panorama si apre verso le montagne dell’alta valle Tanaro: a sinistra, vicinissimo, appare il Frontè (m 2153), raggiungibile con una breve deviazione. Non manca di stupire la vista della lunga cresta che conduce al Saccarello, lungo la quale si nota il rifugio San Remo. Si prosegue lungo l’ampia cresta erbosa, su evidente sentiero, fruendo a lungo del tratto più piacevole dell’escursione. Scesi

L’ampia cresta che conduce al rifugio San Remo

al passo della Garlenda (m 2012), con una perdita di quota di circa 70 m, si ha l’occasione di osservare altri ruderi di casermette militari. Superate alcune ondulazioni del terreno, che costringono a perdere circa 30 m di quota, si affronta una modesta salita che conduce al Rifugio Sanremo, oltre il quale il sentiero confluisce su un’ampia

Ruderi di postazioni ex-militari e vetta del Saccarello

mulattiera, di fatto ciò che resta di una strada ex-militare. Poco prima della meta, in prossimità di quella che fu una stazione di arrivo di un impianto a fune, si perdono altri 10 m di quota, prima di raggiungere il Redentore, alla base del quale è presente una chiesetta-rifugio. Un breve tratto di strada sterrata conduce infine al punto culminante, passando in prossimità di altri resti di postazioni militari: il punto culminante ospita un cippo commemorativo risalente al 1891. Claudio Trova Postazioni militari


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